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Dialetto toscano - Wikipedia

Dialetto toscano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, si è deciso a seguito di discussioni di usare nella nomenclatura delle pagine il termine lingua per quelle riconosciute come tali nella codifica ISO 639-1, ISO 639-2 oppure ISO 639-3, approvata nel 2005. Per gli altri idiomi viene usato il termine dialetto.

Dialetto toscano ()
Creato da: {{{creatore}}} nel {{{anno}}}
Contesto: {{{contesto}}}
Parlato in: Italia, e come variante in Francia
Regioni:Parlato in: Toscana, e come variante Corsica
Periodo: {{{periodo}}}
Persone: ~3.000.000
Classifica: Non nei primi 100
Scrittura: {{{scrittura}}}
Tipologia: {{{tipologia}}}
Filogenesi:

Indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-orientali
    Dialetto toscano
     
      
       
        
         
          
           
            
             
              

Statuto ufficiale
Nazioni: -
Regolato da: nessuna regolazione ufficiale
Codici di classificazione
ISO 639-1 {{{iso1}}}
ISO 639-2 -
ISO 639-3 {{{iso3}}}  (EN)
SIL {{{sil}}}  (EN)
SIL {{{sil2}}}
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
Il Padre Nostro
Traslitterazione
{{{traslitterazione}}}
Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica
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Il dialetto toscano è, tra i dialetti italiani, quello che dal latino si è discostato di meno e comunque si è evoluto in maniera lineare ed omogenea. È alla base della lingua italiana grazie agli scritti di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio anzitutto, ma anche di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini, che conferirono a tale dialetto la dignità di "lingua letteraria" della penisola.

Al momento dell'unificazione dell'Italia fu scelto come lingua da adoperare mettendo fine ad una secolare discussione, a cui aveva partecipato anche Dante (nel De vulgari eloquentia), che vedeva due fazioni principali, una che sosteneva la nascita di una lingua italiana sulla base di un dialetto ed un'altra che si proponeva di creare una nuova lingua che prendesse il meglio dai vari dialetti. Prese piede agli inizi del XIX secolo proprio la prima corrente, soprattutto grazie al prestigioso parere di Alessandro Manzoni (molto nota è la vicenda relativa alla scelta della lingua per la stesura de I promessi sposi e i panni sciacquati in Arno), ma non poche furono le critiche mossegli da chi sosteneva (in primo luogo il glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli) che il toscano era un dialetto come gli altri e una vera lingua nazionale sarebbe potuta nascere solo dopo l'incontro tra le varie culture del paese.

Indice

[modifica] Locutori

Il numero di locutori che parla un dialetto di "tipo" toscano si aggira intorno ai 3.000.000 di persone, contando gli abitanti della Regione, escludendo la provincia di Massa-Carrara in cui viene parlato un dialetto settentrionale ed includendo l'area della Corsica settentrionale dove viene parlato il dialetto cismontano.

Virtualmente ogni italiano è in grado di parlare toscano perché proprio questo dialetto sta alla base dell'italiano moderno, ad eccezione delle particolarità fonetico-morfologiche tipiche solo dei dialetti toscani.

[modifica] Caratteristiche del dialetto

Il dialetto toscano presenta caratteristiche uniformi all'interno di se stesso ma mostra anche alcune discrepanze che danno vita ai vari subdialetti.

[modifica] Fonetica

[modifica] Gorgia toscana

Per approfondire, vedi la voce Gorgia toscana.

La gorgia toscana indica un passaggio delle consonanti occlusive sorde /k/ /t/ e /p/, che passano a fricative in posizione intervocalica. Un esempio tipico è la cosiddetta "aspirazione" (in realtà spirantizzazione) della 'c' in posizione intervocalica.


[modifica] Indebolimento di G e C

Un fenomeno fonetico importante è l'indebolimento intervocalico di g dolce IPA [ʤ] e di c dolce IPA [ʧ], noto come attenuazione.

Tra due vocali (e in assenza di rafforzamento fonosintattico), la consonante (scempia) affricata palatoalveolare sonora passa a fricativa postalveolare sonora:

[ʤ][ʒ].

Questo fenomeno è evidente e si può chiaramente sentire nel parlato (ed è diffuso -seppure non con la stessa sistematicità- anche in Umbria): la gente, in italiano standard /la 'ʤɛnte/ [la 'ʤɛn:te], si realizza in toscano come [la 'ʒɛn:te].

Analogamente, la consonante affricata palatoalveolare sorda passa a fricativa postalveolare sorda tra due vocali:

/ʧ/[ʃ].

Così, la cena, in italiano standard /la 'ʧena/ [la 'ʧe:na], in toscano diviene [la 'ʃe:na].

[modifica] Affricazione di S

Un fenomeno comune a tutta la Toscana (ad eccezione delle zone di Firenze e Prato) è la trasformazione della s sibilante dalla fricativa dentale IPA [s] all'affricata dentale IPA [ʦ] quando preceduta da /r l n/.

/s/[ʦ].

Ad esempio, "il sole", che in italiano standard si pronuncia [il 'sole]/, in toscano non-fiorentino suona [il 'ʦole]; il fenomeno è presente anche in mezzo alla parola, come in "falso". Si tratta di un fenomeno diffuso in tutta l’Italia centromeridionale, in alcune parti della quale si può avere anche sonorizzazione di /ʦ/.

[modifica] Monottongazione di

Questo fenomeno coinvolge il dittongo (ascendente, accentato, finale di sillaba) (IPA /'##/), che proviene da un fonema latino unico ŏ /ɔ/ e che si monottonga a sua volta in toscano moderno, così che:

/ɔ/ [ɔ] → (// [wɔ:] →) /ɔ/ [ɔ:].

Così:

Il latino bŏnum /'bɔnʊ̃/ diventa in (fiorentino trecentesco e quindi in) italiano buono /'bwɔno/, ma in toscano (moderno) torna a ridursi a bôno /'bɔno/ (in realtà, la forma ridotta, in toscano, è sempre coesistita a livello popolare con quella dittongata).

[modifica] Sintassi

Non si riconoscono nel dialetto toscano fenomeni sintattici particolari diversi dall'italiano standard.

[modifica] Morfologia

[modifica] Tu e Te

In toscano è d'uso corrente il pronome te anche al nominativo/soggetto, in luogo dell'italiano standard tu.

  • in italiano standard: tu andresti?
  • in toscano: te c'andresti?

Nel fiorentino viene usato il pronome tu molto spesso nelle frasi.

  • in italiano: ma che fai?
  • in toscano fiorentino: ma che tu fai?, o anche: ma i'che tu fai?

Si dà inoltre il caso di due pronomi soggetto, in cui il primo è forma libera, il secondo un clitico: te tu devi fare....

[modifica] Doppio pronome dativo

Fenomeno morfologico, citato anche da Alessandro Manzoni nel suo "I promessi sposi", è il raddoppiamento del pronome personale dativo.

Nel porre un pronome personale al complemento di termine (a qualcosa, a qualcuno), chiamato anche caso dativo con un verbo, l'italiano standard si serve di una preposizione + pronome, a me, o di una forma sintetica di derivazione latina, mi. Il toscano si serve di entrambi nella frase come rafforzamento del dativo/complemento di termine:

  • in italiano: [a me piace] o [mi piace]
  • in toscano: [a me mi piace]

Questa forma è diffusa in tutto il Centro-Sud, non solo in Toscana, e fino a non a molto tempo fa veniva considerata ridondante se non addirittura scorretta in italiano standard, poiché una forma del pronome rende inutile l'altra. Tuttavia, oggigiorno i grammatici tendono a rivalutare questo costrutto, che non viene considerato nemmeno più un pleonasmo. Si veda in proposito questa scheda dell’Accademia della Crusca.

In alcuni dialetti si può sentire anche il doppio pronome accusativo (me mi vedi), ma è una forma antiquata e di scarso uso comune.

[modifica] Noi + Si impersonale

Un fenomeno morfologico diffuso nell'intero dialetto toscano è l'uso personale del Si in forma impersonale (da non confondersi con il Si passivante ed il Si riflessivo)

In particolare, oltre alla forma regolare di prima persona plurale per tutti i verbi, è possibile usare anche la costruzione Si + Verbo in terza persona singolare, a cui può venire preposto anche il pronome soggetto di prima persona plurale Noi, poiché il "si" viene sentito ormai come parte integrante della coniugazione del verbo.

  • italiano: [Andiamo a mangiare], [Noi andiamo là]
  • toscano: [Si va a mangià], [Noi si va là]

Il fenomeno avviene in tutti i tempi verbali, compresi quelli composti. Qui, la sostituzione di noi con si porta con sé l'uso del verbo essere come ausiliare, anche se il verbo richiederebbe avere come ausiliare. Inoltre il participio passato deve accordarsi col soggetto in genere e numero se il verbo di per sé avrebbe avuto essere come ausiliare, mentre non si accorda se in genere avrebbe richiesto il verbo avere.

  • italiano: [Siamo andate a sciare], [Abbiamo mangiato al ristorante]
  • toscano: [S'è andate a scià], [S'è mangiato al ristorante]

Generalmente Si diventa S' davanti ad è.

[modifica] "Fare" ed "Andare"

Un altro fenomeno morfologico molto presente nel toscano è l'abbreviazione delle prime persone singolari al presente di fare, andare.

  • Fare: faccio = fo
  • Andare: vado = vo

Queste abbreviazioni dei verbi sono dovute al continuo uso di queste forme nella lingua parlata, fatto che ha provocato una perdita dei suoni interni tra la prima consonante e la desinenza personale -o nel caso di vado, e poi regolarizzazione del paradigma per faccio, presumibilmente sul modello:

  • Latino: sapio → Italiano so

Inoltre ha presumibilmente influito l'analogia con le forme della seconda e della terza persona singolare degli stessi verbi, che presentano forme ridotte rispetto al resto della coniugazione del verbo:

  • Fare: ...fai, fa...
  • Andare: ...vai, va...

[modifica] Aggettivi possessivi

Altro fenomeno morfologico prevalente nel toscano è la perdita delle desinenze di genere e numero degli aggettivi possessivi delle tre persone singolari in posizione proclitica:

  • mio, mia, miei, miemi',
  • tuo, tua, tuoi, tuetu',
  • suo, sua, suoi, suesu'.

Il fenomeno appare come simile a quello che ha portato alla formazione degli aggettivi possessivi spagnoli (che hanno forma identica).

I pronomi possessivi non risentono di questo fenomeno, come gli aggettivi stessi se posti dopo il verbo o il nome:

In toscano, quindi: la casa è mia, a casa mia, ma la mi' casa.

Tuttavia quando l'aggettivo possessivo viene usato in funzione prepositiva, o come pronome possessivo dopo il verbo, la forma plurale presenta forme alternative:

  • italiano standard : Queste cose sono mie
  • toscano: Queste cose sono mia
  • italiano standard: Non sono affari tuoi
  • toscano: Un' sono affari tua

L'origine di queste forme plurali alternative è da attribuire alla forma latina neutra plurale, mea, tua, sua, che in italiano standard scompare mentre in toscano è sopravvissuta; forme di altro tipo sono da attribuire all'analogia con altre forme.

[modifica] Perdita di "-re"

Un altro fenomeno morfologico, di origine dubbia ma quasi sicuramente non toscana, è la perdita della desinenza -re dell'infinito.

  • andàreandà
  • pèrdereperde'
  • finìrefinì
  • mangiàremangià

Caratteristica importante di questa perdita è che l'accento rimane sulle posizioni precedenti, e non si sposta sulla nuova penultima sillaba, differenziando spesso la nuova forma dalla terza persona singolare dell'indicativo presente.

Le forme risultanti sono cogeminanti quando ultimali (i.e. quando l’accento d’intensità cade sull’ultima sillaba), il che si spiega postulando una forma intermedia in -r.

Questo fenomeno non si riscontra nelle zone di Firenze e Prato tranne che all’interno di frase.

Nel verbo all'infinito seguito da particella pronominale la r finale del verbo sparisce e raddoppia la lettera iniziale del pronome.

  • lavarsilavassi
  • lavarmilavammi
  • lavartilavatti
  • lavarcilavacci


[modifica] Lessico

Le differenze dialettali più grandi riguardano il lessico, che distingue anche tra i vari subdialetti.

Il lessico toscano condivide con l'italiano standard la quasi totalità dei vocaboli, ma presenta comunque un organico di termini a base esclusivamente regionale abbastanza ricco.

Alcuni esempi:

  • babbo per "papà"
  • bazza per "mento"
  • bischero sinonimo di "stupido" e di utilizzo scherzoso ed ironico (leggendariamente derivato dalla famiglia Bischeri)
  • cacio per "formaggio"
  • chetassi per "fare silenzio", "stare zitto/a"
  • cocomero per "anguria"
  • codesto utilizzato per indicare un oggetto vicino all'interlocutore
  • ganzo usato per indicare una persona o qualcosa di divertente, ma anche come sinonimo di "amante"
  • garbà per "piacere"
  • gota per "guancia"
  • piglià per "prendere"
  • popone per "melone"
  • sciocco per "stupido"
  • spenge' per "spegnere" (pare che spengere sia più vicino al latino "ex-pingere"[citazione necessaria]).

[modifica] Subdialetti

Il dialetto toscano è un insieme di dialetti minori locali, con differenze minime tra di essi ma comunque sufficientemente evidenti.

Una prima suddivisione viene fatta tra dialetti toscani settentrionali e dialetti toscani meridionali.

I dialetti toscani settentrionali sono (da est a ovest):

  • il fiorentino, dialetto principale della città di Firenze, del Chianti e del Mugello, parlato inoltre (con varianti) lungo il fiume Arno fino a San Miniato anche se si trova già in provincia di Pisa e ad esclusione del comune di Fucecchio che pur essendo in provincia di Firenze ha una parlata pisana(escluso però il Casentino).
  • il pratese, parlato nella città laniera e nei dintorni, considerato talvolta come subdialetto o parte integrante del fiorentino.
  • il pistoiese viene citato come subdialetto a sé[1], oppure parte integrante del dialetto fiorentino o, ancora, come parte dei dialetti toscano-occidentali assieme al lucchese e al pisano[2].
  • il pesciatino o valdinievolino, parlato in Valdinievole (alcuni non lo considerano indipendente ma parte del dialetto lucchese).
  • il lucchese, parlato a Lucca e nei dintorni (nella cosiddetta Lucchesia).
  • il viareggino, parlato a Viareggio e nella Versilia centro-meridionale.
  • il versiliese parlato nella Versilia storica, chiaramente toscano ma con una certa tendenza al dialetto massese specialmente nelle zone più settentrionali.
  • il pisano parlato a Pisa, nei confini della città, è generalmente più duro e definito del livornese, meno cantilenato e più classicamente toscano. Il tutto intercalato da un utilizzo frequente di topics indigeni (, boia). Mentre oltrepassando il comune di Cascina (in direzione di Firenze) si parla di "dialetto della piana", più schietto e calcato (gào)
  • il livornese parlato a Livorno, molto aperto e allungato sulle consonanti, il tono è generalmente alto e molto caratterizzato da una serie di intercalari tipici (, boia).
  • il corso cismontano, parlato in una vasta area della Corsica settentrionale, deriva dalla lingua toscana medievale e conserva molti elementi comuni ai subdialetti toscani occidentali.

I dialetti toscani meridionali sono (da est ad ovest):

Una nota a parte meritano i dialetti parlati nella zona settentrionale ed orientale della provincia di Arezzo:

  • il casentinese parlato nel Casentino, una variante dell'aretino con lievi influenze del dialetto fiorentino che tendono a perdere di importanza scendendo da nord a sud
  • il dialetto altotiberino, parlato nella Valtiberina toscana, con importanti influenze umbre (e romagnolo-marchigiane nei comuni che si affacciano sul versante adriatico)

Secondo un'altra classificazione, gli stessi dialetti locali vengono invece suddivisi in quattro gruppi:

  • Dialetti toscani settentrionali: fiorentino, pratese, pistoiese, pesciatino, lucchese, versiliese.
  • Dialetti toscani orientali: casentinese, altotiberino.
  • Dialetti toscani meridionali: aretino-chianino, senese, grossetano.
  • Dialetti toscani occidentali: viareggino, pisano, livornese, còrso cismontano.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Note

  1. ^ G. Gabrielli, L. Gori, S. Lucarelli, "Vocabolario Pistoiese", Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia, 2000, pp. 16 - 17
  2. ^ Giulio Bertoni, "Italia dialettale", Cisalpino Goliardica, Milano, 1986, pp. 128, ss.
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