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I promessi sposi - Wikipedia

I promessi sposi

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I promessi sposi
Titolo originale
La copertina dell'edizione del 1840 del romanzo.
Autore: Alessandro Manzoni
Anno
(1ª pubblicazione):
1823 poi 1827 poi 1840 e 1842
Genere: romanzo
Sottogenere: storico
Ambientazione: Nord Italia
Anno di ambientazione: 1628 - 1630
Protagonista: Renzo Tramaglino e Lucia Mondella
Coprotagonisti:
Antagonista: Don Rodrigo. Conte Attilio, Conte Zio
Personaggi secondari: Don Abbondio, Innominato, Padre Cristoforo, Padre Provinciale
Serie:
Preceduto da:
Seguito da:
EDIZIONE RECENSITA
Anno:
Editore:
Edizione:
Traduzione:
Collana:
Pagine:
Capitoli
ISBN
ISSN
Progetto Letteratura

I promessi sposi è un romanzo storico, scritto dal massimo esponente del panorama letterario milanese ottocentesco, Alessandro Manzoni, pubblicato fra il 1840 e il 1842, nel pieno Risorgimento italiano. Questo era un periodo in cui la letteratura veniva usata come uno strumento, attraverso il quale si diffondevano i valori culturali della società italiana:

  • Senso dello Stato
  • Senso della Società
  • Senso della Religione

È considerato l'opera più rappresentativa del Risorgimento e del romanticismo italiani e una delle massime opere della letteratura italiana. Dal punto di vista strutturale è il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana. L'opera ebbe anche un'enorme influenza nella definizione di una lingua nazionale italiana.

Indice

[modifica] L'opera

La prima idea del romanzo risale al 24 aprile 1821, quando Manzoni cominciò la stesura del Fermo e Lucia, compose circa in un mese e mezzo, i primi due capitoli e la prima stesura dell'Introduzione; interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimento dell'Adelchi e al progetto, poi accantonato, di un'altra tragedia, Spartaco. Dall'aprile del 1822 il Fermo fu ripreso con maggiore lena e portato a termine il 17 settembre 1823 (sarebbe stato pubblicato nel 1915 da Giuseppe Lesca col titolo "Gli sposi promessi"). In questa prima edizione è presente, in nuce, la trama del romanzo e tuttavia, Il Fermo e Lucia non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una struttura interna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore. Rimasto per molti anni inedito, il Fermo e Lucia viene oggi guardato con grande interesse. Seppure la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de I Promessi Sposi, nei quattro tomi del Fermo e Lucia si ravvisa un romanzo irrequieto a causa delle scelte linguistiche dell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza ed ultima scrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove s'intrecciano e si alternano tracce di lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva. Sullo sfondo la Lombardia del XVII secolo è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, la cui ragione (come insegna La Fontaine) è sempre la migliore. Di fronte alle storture del potere spagnolo, l'autore stende la luminosa esperienza della Repubblica di Venezia, cui Fermo, e successivamente Renzo, giunge dopo la fallimentare esperienza della rivolta del pane.

Una seconda edizione dell'opera (la cosiddetta Ventisettana) fu pubblicata da Manzoni nel 1827, con il titolo I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni, e riscosse notevole successo.

Manzoni non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché ancora il linguaggio dell'opera era troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso 1827 egli si recò, perciò, a Firenze, per risciacquare - come disse - i panni in Arno, e sottoporre il suo romanzo ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice. Ciononostante non sono pochi i lettori del romanzo a preferire la ventisettana per la ricchezza delle sue scelte lessicali, e per il retrogusto ancora schiettamente lombardo, che rendono questa versione decisamente più viva rispetto a quella successiva che viene, normalmente, stampata e di solito studiata a scuola.

Tra il 1840 e il 1842, Manzoni pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de I promessi sposi, la cosiddetta Quarantana, cui oggi si fa normalmente riferimento. Fondamentale, all'interno dell'economia dell'opera, il ruolo che assumono le illustrazioni del piemontese Francesco Gonin, cui l'autore stesso si rivolge per arricchire il testo di un apparato iconografico. Il rapporto fra Manzoni e Gonin è di grande intesa, lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questi quadretti. La forza espressiva delle litografie del Gonin è impressionante, al lettore si rivela un mondo vastissimo di volti e fisionomie, sempre varissime; personaggi che passano dal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che non trascura mai quella certa, accattivante, ironia che ogni lettore del romanzo ben conosce. Su quest'ultimo punto si consideri, ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stesso scrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti ad un rassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resoconto secentesco della vicenda, quanto il romanzo che, chi legge ha sotto gli occhi in quel momento. La più recente critica manzoniana, si pensi solamente a Ezio Raimondi o a Salvatore Silvano Nigro, ha lungamente sottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio paratesto alla narrazione delle vicende matrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa anastatica, privano i lettori di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzoni che uno dei nodi principali de I Promessi Sposi consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.

Secondo un tipico cliché della narrativa europea fra sette e ottocento, il narratore prende le mossa da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo e Lucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda, e non si esclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo, della sua storia. Il topos della trascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere un componimento di fantasia che, spesso, non disdegna di proporsi ai sui lettori come documento storico reale ed affidabile.

In appendice al testo c'è la Storia della Colonna infame; in cui Manzoni ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui si svolgevano gli assurdi processi contro gli untori, al tempo della peste raccontata del romanzo .

[modifica] Trama

I due protagonisti sono Renzo e Lucia, due giovani col desiderio di sposarsi ma a causa di Don Rodrigo che si è invaghito di Lucia, tutto va all'aria. Don Abbondio, il curato che deve celebrare il matrimonio, è minacciato dai bravi e per paura si sottrae al suo impegno. Per un caso fortunato, Lucia sfugge ad un rapimento ordinato da don Rodrigo e con l'aiuto di Fra Cristoforo si rifugia a Monza, in un convento. Qui la potente suor Gertrude,la inganna, e permette che venga rapita dagli uomini di un criminale, l'Innominato, a cui si è rivolto don Rodrigo. Portata al castello dell'Innominato, Lucia è inquietata e spaventata, per questo motivo opera un voto di castità alla Madonna pregandola di farla uscire sana e salva dalla faccenda, inoltre, la giovane donna riesce a commuovere l'animo di quell'uomo, facendolo convertire da cattivo a buono, grazie anche al perdono da parte del cardinale Borromeo. Grazie al nuovo buon animo dell’Innominato, Lucia è libera e, più avanti, viene ospitata nella casa di don Ferrante a Milano. Nel corso di questi avvenimenti Renzo, che ha raggiunto Milano, viene coinvolto in una protesta contro la mancanza di pane e sta per essere arrestato, ma la folla lo aiuta a fuggire. Riesce poi ad arrivare a Bergamo e a trovare ospitalità e lavoro presso un cugino, Bortolo. Intanto agli orrori della guerra si aggiungono quelli della peste: le truppe mercenarie dell'esercito imperiale, i lanzichenecchi, diffondono il contagio. Renzo e Lucia si ammalano ma riescono a guarire. Finalmente dopo tante tragiche vicende, i due promessi sposi si incontrano nel Lazzaretto di Milano, il luogo dove vengono portati i malati di peste e dove Renzo, disperato, è andato a cercare Lucia. Con l'aiuto di frate Cristoforo, che scioglie il voto alla Madonna, fatto in precedenza da Lucia, i due innamorati possono ancora amarsi. I due riusciranno a sposarsi solo quando don Rodrigo muore di peste e il suo successore è un marchese conosciuto per la sua benevolenza. Si stabiliscono, infine, in un paese del Bergamasco e la loro vita diviene “da quel punto in poi, una delle vite più tranquille, delle più felici e delle più invidiabili”. Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Le peripezie hanno insegnato a Lucia che non basta essere buoni e pii per tenersi al riparo dal male, Renzo, invece ha appreso che bisogna confidare nel futuro e non aver fretta di farsi giustizia da sè. Nel dialogo finale dei due protagonisti traspare la concezione manzoniana di Provvida Svenura,infatti il dolore può farci crescere e renderci più consapevoli, migliori.


[modifica] "Questo matrimonio non s'ha da fare..."

Renzo e Azzecca-garbugli
Renzo e Azzecca-garbugli

La vicenda è ambientata in Lombardia tra il 1628 e il 1630, al tempo della dominazione spagnola.I due protagonisti principali sono Renzo e Lucia,due giovani che vivono in un non identificato paesino nei pressi del Lago di Como, allo sbocco del fiume Adda (forse Pescarenico, forse Olate, forse Acquate, oggi sobborghi di Lecco). Ogni cosa è pronta per il loro matrimonio quando un signorotto del luogo, il potente Don Rodrigo, scommette con il cugino che riuscirà ad impossessarsi di Lucia Mondella. Perciò il curato del paese, don Abbondio, durante la sua solita passeggiata serale, viene minacciato da due bravi di don Rodrigo, affinché non celebri il matrimonio tra lei e Renzo Tramaglino. Spaventatissimo, don Abbondio cede subito. Il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, approfittando della sua ignoranza.

L'incontro tra fra Cristoforo e don Rodrigo
L'incontro tra fra Cristoforo e don Rodrigo

Renzo però, parlando con Perpetua, donna che si prende cura di don Abbondio, capisce che qualcosa non quadra e costringe il curato a rivelare la verità. Si consulta così con Lucia e con la madre di lei, Agnese, e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato, tale Azzecca-garbugli, che però si rivela essere in malafede. Così si rivolgono a padre Cristoforo, loro "padre spirituale", cappuccino di un convento poco distante. Fra Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo, e si reca al suo palazzo, ma è un insuccesso: il signorotto accoglie con malumore il frate, intuendo il motivo della visita; il frate tenta di farlo recedere dal suo proposito, ma viene cacciato via in malo modo.

[modifica] La notte degl'imbrogli e de' sotterfugi

Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa, pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni. Con molte riserve da parte di Lucia, il piano viene accettato, quando fra Cristoforo annuncia il fallimento del suo tentativo di convincere Don Rodrigo. Intanto don Rodrigo medita il rapimento di Lucia, e una sera dei bravi irrompono in casa sua, che però trovano deserta: Lucia, Agnese e Renzo sono a casa di don Abbondio per tentare di sorprenderlo, ma falliscono, e devono riparare al convento di fra Cristoforo, perché frattanto vengono a sapere del tentato rapimento.

[modifica] La fuga

I promessi giungono al convento di padre Cristoforo, il quale espone loro i suoi progetti. Infatti ha già deciso di far fuggire Renzo e Lucia, rispettivamente a Milano e a Monza e ha già scritto due lettere, una al padre Bonaventura del convento dei cappuccini di Milano e l'altra alla monaca di Monza per fare in modo che questi ospitino i due fuggitivi. Quindi, dopo aver pregato anche per don Rodrigo, i due si incamminano per poi separarsi il giorno dopo.

[modifica] L'Addio ai monti

La fuga in un'illustrazione dell'edizione del 1840
La fuga in un'illustrazione dell'edizione del 1840

Secondo quanto padre Cristoforo ha preordinato, Renzo, Lucia e Agnese scendono alle rive dell'Adda e salgono su una piccola barca. Qua i pensieri di Lucia sono trascritti dal Manzoni in pochi paragrafi, tuttavia riassumono perfettamente lo stato d'animo dei personaggi. Si ha un climax di sentimenti, la malinconia si fa sentire molto forte e suscita nel lettore un moto di compassione verso i personaggi.

[modifica] I tumulti di Milano

Renzo, a Milano, non potendo ricoverarsi nel convento indicatogli dal padre Cristoforo, dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, rimane coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso dove critica la giustizia, che stava sempre dalla parte dei potenti. È tra i suoi ascoltatori un birro in borghese, che cerca di condurlo in carcere ma Renzo, stanco, si ferma in un'osteria, dove il birro viene a conoscenza, con uno stratagemma, del suo nome. Andato via costui, Renzo si ubriaca e fa nuovi appelli alla giustizia con gli altri avventori. L'oste lo mette a letto e corre a denunciarlo. Il mattino dopo Renzo viene arrestato ma riesce a fuggire e ripara a Bergamo, nella Repubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro. Intanto la sua casa viene perquisita e viene fatto credere che sia uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo, cosa che il conte ottiene dal padre provinciale dei cappuccini.

[modifica] L'Innominato

L'Innominato
L'Innominato

Don Rodrigo chiede aiuto all'Innominato, potentissimo e sanguinario signore, che però da qualche tempo sta maturando una crisi di coscienza. Costui fa rapire Lucia da Egidio, con la complicità di Gertrude, sua amante, e Lucia viene portata al castello dell'Innominato. Lucia, terrorizzata, prega e supplica l'Innominato di lasciarla andare via e lo esorta a lasciarla libera e a redimersi dicendo che "Dio perdona molte cose per un atto di misericordia". La notte che segue è per Lucia e per l'Innominato molto intensa. La prima fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo. Il secondo trascorre una notte orribile, piena di rimorsi, e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa per la cittadina), che il cardinale Federigo Borromeo è in paese. Così la mattina si presenta in Chiesa per parlare con il cardinale. Il colloquio sconvolge l'Innominato, che si impegna a cambiare vita e per prima cosa libera Lucia, che viene ospitata da signori milanesi amici del Borromeo. Intanto il cardinale rimprovera duramente don Abbondio per non aver celebrato il matrimonio. Poco dopo scendono in Italia i lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, che mettono a sacco il paese di Renzo e Lucia e diffondono il morbo della Peste. Molti, tra cui don Abbondio, Perpetua e Agnese, trovano rifugio nel castello dell'Innominato, che si è fatto fervido campione di carità.

[modifica] La peste

Con i lanzichenecchi entra in Italia la peste: se ne ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi - che non godrà dei frutti del suo tradimento, contagiato anch'egli dalla peste. Renzo, guarito, torna al paese per cercare Lucia, preoccupato dagli accenni fatti da lei per lettera a un suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, ma non la trova, e viene indirizzato a Milano, dove apprende che si trova nel lazzaretto, il luogo in cui venivano isolati gli appestati. Qui trova anche padre Cristoforo, che scioglie il voto di Lucia e invita Renzo a perdonare don Rodrigo, ormai morente.

La peste, una della maggiori piaghe dell'umanità, viene descritta in maniera scrupolosa e nei minimi particolari nelle sue prime manifestazioni, nelle reazioni suscitate, negli interventi positivi e negativi degli uomini chiamati ad occuparsene (dai medici, ai politici, alla chiesa). Agli errori delle autorità, alla voluta disinformazione si somma l'ignoranza superstiziosa della popolazione. Ne deriva uno sconvolgimento drammatico della città intera, attraversata da Renzo, ormai guarito, come un luogo infernale pieno di pericoli e di insidie mortali. La parte più drammatica di questa descrizione avviene nel capitolo 34, con una delle più celebri frasi della letteratura italiana:

« Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato. »

In tale capitolo si parla anche di Cecilia, "di forse nov'anni", che, ormai morta, è posta sul carro dei monatti dalla madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore, e chiede poi di tornare dopo a riprendere lei "e non lei sola". Da notare il fatto che questo breve passo, dedicato alla madre di Cecilia, è pura lirica. Nel romanzo infatti non è una novità, essendo un genere letterario che può contenere altri generi, quali la lirica, la commedia o la tragedia.

[modifica] Conclusione

Infine i due promessi tornano al paese, si sposano e si trasferiscono nel Bergamasco, Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna.

[modifica] Personaggi

  1. Tipo/ruolo: personaggio principale, per codardia si trasforma in aiutante dell'antagonista (simboleggia chi, pur investito di responsabilità istituzionali, si piega al più forte)
  2. Caratteristiche socio-economiche: curato del paese, vocazione non spirituale ma di convenienza, umile e povero.
  3. Psicologia: pavido, egoista, pauroso e codardo, "scansare tutti i contrasti e cedere a quelli che non può scansare"
  4. Comportamento: Don Abbondio è succube del suo tempo, della sua epoca e delle ingiustizie presenti in essa; non riuscendo ad affrontarle tenta di scansarle, anche se inevitabilmente rimane travolto dalla vicenda
  1. Tipo/ruolo: personaggio minore (simboleggia la sincerità, la genuinità)
  2. Caratteristiche socio-economiche: domestica di don Abbondio
  3. Psicologia: pragmatica
  4. Comportamento: sa ubbidire e comandare, tollerare e imporre, non sa mantenere i segreti, poiché ha un animo abbastanza semplice, e "rozzo".
  1. Tipo/ruolo: protagonista (simboleggia gli ingenui volenterosi)
  2. Caratteristiche socio-economiche: operaio tessile e contadino, condizioni economiche medie, orfano, fidanzato di Lucia
  3. Psicologia: animo buono, dai valori morali semplici e onesti; ma anche ingenuo e impulsivo, e per questo capace di cacciarsi nei guai, come accade a Milano.
Lucia in un'illustrazione del 1840
Lucia in un'illustrazione del 1840
  1. Tipo/ruolo: protagonista, vittima (simboleggia l'innocenza, i valori puri del cattolicesimo)
  2. Caratteristiche socio-economiche: tessitrice, orfana di padre vive con la madre Agnese, fidanzata di Renzo
  3. Psicologia: timorata di dio, dotata di una morale solida, ma anche capace di sottili astuzie; come quando dà a fra Galdino una gran quantità di noci perché concluda prima la questua e torni presto al convento a chiamare Fra Cristoforo; o come quando, vedendo che l'Innominato comincia a commuoversi, esplode in accenti ancora più accorati, che lo inducono a capitolare.
  4. Comportamento: umile, riservato, pudico, ingenuo. Lucia appare più equilibrata e coerente di Renzo e di Agnese, anche se talvolta cede alle loro pressioni e si lascia convincere ad agire contro i propri principi, come quando accetta di partecipare al matrimonio a sorpresa.
  1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti (simboleggia i valori pragmatici e materni)
  2. Caratteristiche socio-economiche: tessitrice, madre di Lucia
  3. Psicologia: pragmatica, sicura di sé, dotata di furbizia "di paese"
  4. Comportamento: materno, protettivo, impulsivo
  1. Tipo/ruolo: aiutante dell’antagonista (simboleggia la manipolazione della legge a difesa dei privilegi)
  2. Caratteristiche socio-economiche: avvocato trasandato
  3. Psicologia: meschino
  4. Comportamento: al servizio dei potenti, comicità di gesti e smorfie
  1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo coraggioso, capace di prendere posizione in difesa dei più deboli)
  2. Caratteristiche socio-economiche: padre cappuccino, di benestante famiglia di mercanti
  3. Psicologia: irrequietezza interiore, disciplina d’umiltà, somma spiritualità religiosa
  4. Comportamento: costante astinenza, autocontrollo, senso della giustizia, determinazione e coraggio
  1. Tipo/ruolo: antagonista, incapricciato di Lucia (simboleggia i prepotenti)
  2. Caratteristiche socio-economiche: nobiluomo
  3. Psicologia: orgoglioso, maligno
  4. Comportamento: prepotente, capriccioso, offensivo, sarcastico, violento
  1. Tipo/ruolo: aiutante dell'antagonista (simboleggia la violenza gratuita)
  2. Caratteristiche socio-economiche: capo dei bravi
  3. Psicologia: opportunista
  4. Comportamento: prepotente, violento
  1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista, poi dell'antagonista, personaggio storico (suor Maria Virginia de Leyva) (attraverso il racconto delle sue vicende, Manzoni denuncia la monacazione forzata)
  2. Caratteristiche socio-economiche: figlia di un potente signore di Milano, secondo Manzoni è sempre stata indirizzata alla vita in convento, anche se ciò andava contro la sua natura
  3. Psicologia: frustrata, rancorosa, debole, indecisa, ambigua
  4. Comportamento: autoritario, capriccioso, enigmatico
  1. Tipo/ruolo: aiutante dell'antagonista (simboleggia la classe dei potenti e corrotti)
  2. Caratteristiche socio-economiche: potente rappresentante della famiglia, membro del Consiglio Segreto, zio del conte Attilio (cugino aiutante dell'antagonista don Rodrigo, cinico e amorale)
  3. Psicologia: risoluto
  4. Comportamento: serio, paternalistico, consapevole del suo potere
  1. Tipo/ruolo: aiutante dell'antagonista, poi dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia il pentimento, la conversione, la redenzione, valori base del cristianesimo)
  2. Caratteristiche socio-economiche: nobile, potente fuorilegge
  3. Psicologia: crudele, risoluto, inquieto, introspettivo, sensibile
  4. Comportamento: dapprima violento, "aspro, dominante e ostile" (v. valle); poi, a seguito del pentimento, umile e desideroso di espiazione
  • Oste
  1. Tipo/ruolo: aiutante dell'antagonista (simboleggia mentalità cittadina)
  2. Caratteristiche socio-economiche: oste
  3. Psicologia: opportunista, prudente, egoista
  4. Comportamento: teso al proprio interesse e alla propria sicurezza
  1. Tipo/ruolo: aiutante del protagonista (simboleggia valori familiari)
  2. Caratteristiche socio-economiche: tessitore, cugino di Renzo
  3. Psicologia: altruista
  4. Comportamento: disponibile, pragmatico
  1. Tipo/ruolo: aiutante dei protagonisti, personaggio storico (simboleggia un cristianesimo puro e ispirato)
  2. Caratteristiche socio-economiche: da facoltosa famiglia lombarda, arcivescovo di Milano
  3. Psicologia: autentica e profonda spiritualità cristiana
  4. Comportamento: puro, umile, caritatevole, altruista, disponibile, pacato
  • Sarto
  1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista (simboleggia l'uomo umile, il buon cristiano)
  2. Caratteristiche socio-economiche: sarto
  3. Psicologia: altruista
  4. Comportamento: disponibile, goffo e imbarazzato
  1. Tipo/ruolo: aiutante ambigua della protagonista (simboleggia il bigottismo)
  2. Caratteristiche socio-economiche: nobildonna milanese, moglie di don Ferrante
  3. Psicologia: benefattrice bigotta, dalla carità e dalla morale malintesa, pregiudizi arroganti e autoritari
  4. Comportamento: disponibile ma intrigante, autoritario, malizioso
  1. Tipo/ruolo: aiutante della protagonista (simboleggia l’ottusa cultura erudita e accademica)
  2. Caratteristiche socio-economiche: uomo di cultura, marito di donna Prassede
  3. Psicologia: vuota erudizione
  4. Comportamento: non comanda né ubbidisce, studia tutto il giorno con rabbia e compiacenza della moglie, professore di cavalleria, quotato consigliere su questioni d'onore
  1. Tipo/ruolo: aiutante di Don Rodrigo, di cui è il cugino
  2. Caratteristiche socio-economiche: nobile proveniente da Milano, sembra più importante di Don Rodrigo
  3. Psicologia: dal carattere molto semplice
  4. Comportamento: sa trasformare il suo comportamento, scherzoso con Don Rodrigo, serioso e truffaldino con il conte Zio
  • Tonio
  1. Tipo/ruolo: aiutante di Renzo
  2. Caratteristiche socio-economiche:Compaesano di Renzo, lo aiutera nel tentativo di matrimonio per sorpresa venendo a far da testimone (ovviamente sotto compenso)
  3. Psicologia: Furbo e acuto, si dimostra molto affettuoso nei confronti del fratello Gervaso, che definisce "un sempliciotto", mentre in realtà egli é un disabile mentale.

[modifica] Citazioni

I Promessi Sposi ha dato origine a diverse frasi ed espressioni che in Italia sono entrate nell'uso comune. Alcuni esempi: Da "Questo matrimonio non s'ha da fare" a "Perpetua", che ora identifica per antonomasia le collaboratrici dei parroci; da "latinorum" a "Carneade", per definire un illustre sconosciuto, e ancora ad "Azzecca-garbugli" per definire un avvocato di scarsa etica professionale.

Sono spesso citati inoltre interi brani del romanzo che vengono tuttora imparati a memoria e recitati, come "Addio monti sorgenti dall'acque..." e "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...", tutti riferimenti al paesaggio dei dintorni lecchesi.

Dino Buzzati, autore del '900, ha scritto, sulla base del capitolo manzoniano sulla malattia di don Rodrigo, il racconto La peste motoria, vivace trasposizione in cui la malattia aggredisce non più gli uomini ma le autovetture, e i monatti sono dipendenti degli sfasciacarrozze.

[modifica] Opera lirica

Versioni operistiche:

[modifica] Cinema

Versioni cinematografiche:

[modifica] Sceneggiati

Versioni televisive:

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni


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