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Storia della Francia - Wikipedia

Storia della Francia

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Storia della Francia
Localizzazione della Francia
Voci principali

Ordine cronologico

Preistoria ed età antica

Medioevo

Età moderna

Età contemporanea

Il dopoguerra


Ordine tematico

Categoria: Storia della Francia

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Dalla preistoria sino ai nostri giorni, la storia della Francia può essere suddivisa in molti periodi distinti, soprattutto in funzione dei successivi avvicendamenti dinastici e di regimi politici.

Nonostante la Francia sia una tra le nazioni più antiche d'Europa, essa non si configura in quanto tale se non a partire dal Medioevo, peraltro senza che sia possibile individuarne una data di nascita precisa e irrefutabile. Tradizionalmente, la fondazione della Francia si fa risalire al 486, quando il re dei Franchi Clodoveo conquistò la maggior parte della Gallia. Il termine Francia venne impiegato ufficialmente per la prima volta a partire dal 1190, quando per definire Filippo Augusto nei documenti, venne usata la formula rex Francie invece di rex Francorum. Il termine "Francia" era peraltro già stato usato nella Chanson de Roland, scritta un secolo prima.

Indice

[modifica] Protostoria

Le prime fonti scritte sui popoli insediati nei territori che divennero l'odierna Francia sono di origine greca. Se Tucidide dedica appena una quindicina di righe della sua ponderosa Storia delle guerre del Peloponneso in 8 libri alla fondazione di Marsiglia avvenuta due secoli prima,[1] il suo contemporaneo Erodoto si dimostra più attento alle vicende della Gallia dedicandovi diverse pagine delle sue Storie.

Com'è ovvio, la cultura di provenienza dell'autore fa sì che la fondazione greca sia l'elemento centrale della narrazione; le rare citazioni che trattano del resto della Gallia dimostrano la scarsa conoscenza di tali luoghi e delle popolazioni che li abitavano da parte degli antichi greci. Erodoto si sbilancia nella citazione di varie tribù, ad esempio dei Liguri nella regione marsigliese,[2] ma in generale lo fa senza dare riferimenti precisi sulla loro collocazione; fanno eccezione proprio i Liguri appena citati.

Gli scavi archeologici realizzati a Marsiglia hanno dimostrato che in realtà il sito era attivo anche in epoca antecedente alla "fondazione" greca, ma le attese vestigia "liguri" hanno dovuto cedere il posto ai ritrovamenti di origine celtica che sono stati messi in luce da tali campagne. È ormai noto che il bacino del Mediterraneo presentava già un'attività fervente e che i Focesi non erano né i primi, né i soli a operare in quell'area. I Fenici avevano messo piede sulle coste della Gallia già da alcuni secoli, ma la caratteristica discrezione di questo popolo di commercianti ridusse al minimo le tracce del loro passaggio. Eppure oggi è noto che i fenici erano in grado di sfruttare solide vie commerciali in Gallia e che probabilmente potevano contare anche su punti di scambio nella Gallia interna. Per quanto il dibattito storico in proposito abbia ancora toni abbastanza burrascosi, una cosa è certa: furono i Fenici a introdurre in Gallia l'alfabeto e la scrittura, innovazioni che i Galli decisero di non utilizzare.

'Platone e Aristotele', particolare della formella del Campanile di Giotto di Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze
'Platone e Aristotele', particolare della formella del Campanile di Giotto di Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze

È necessario attendere Aristotele, allievo di Isocrate e Platone (tra il 384 e il 332 a.C.), per trovare nelle fonti la prima menzione dei costumi dei Celti (dal greco Κελτοί, Keltoi), abitanti della regione celtica compresa tra il Rodano e le Alpi. Come la maggior parte degli storici antichi precedenti alla conquista romana, anch'egli insiste soprattutto sulle leggendarie ricchezze del luogo, sul grande valore dei suoi soldati e sui costumi barbari (intesi in senso moderno) di alcuni celti. Si tratta di fonti copiose[3] che continuano tuttavia a mettere in evidenza la scarsa conoscenza della Gallia nel mondo greco. Sia che si tratti di storici che di geografi, gli autori di questo periodo traggono infatti la loro ispirazione da testi già esistenti e non sottopongono mai a una verifica sul campo, attraverso i viaggi, le affermazioni tramandate dai loro predecessori.

[modifica] I principati della prima Età del ferro (dall'850 al 450 a.C.)

Le indagini archeologiche consentono di intuire il manifestarsi di disordini di carattere militare e sociale nelle società relativamente stabili del tardo neolitico e dell'Età del bronzo. Tali disordini si possono far risalire circa all'850 a.C. ovvero all'inizio della Età del ferro, come indica il terminus postquem (la data di abbandono definitivo) per molti siti.

Le caratteristiche salienti del periodo sembrano legate al dominio di principati di dimensioni relativamente estese, retti da un'aristocrazia di stampo guerriero. Questi principi e principesse della celtica[4] organizzavano le proprie sepolture con armi e carri cerimoniali, come nel caso della Tomba di Vix nella Côte-d'Or (Borgogna) e di Hochdorf nel Württemberg. La scoperta delle tombe ha inoltre rivelato la presenza di oggetti di lusso provenienti da vari Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, tra cui l'Egitto, il che testimonia il carattere commerciale della ricchezza di tali ceti aristocratici.

Intorno al 600 a.C. sulla costa del Mediterraneo, in un'ansa del fiume Lacydon, venne fondata la colonia commerciale di Massalia (Marsiglia) ad opera di marinai originari di Focea, città greca dell'Asia Minore. Prima e dopo tale data videro la luce altre colonie dello stesso tipo, in particolare nella zona costiera (Antibes è del 680 a.C.). Marsiglia assunse tuttavia un ascendente decisivo sulle città rivali intorno al 550 a.C., grazie all'afflusso massiccio di esuli focesi conseguente alla presa di Focea da parte dei Persiani. Rafforzata da tale sostegno, la città tentò per diversi secoli di mantenere un proprio ruolo autonomo tra vicini pericolosi quali i Celti, i Cartaginesi, gli Etruschi e infine i Romani. Dopo qualche illusione iniziale, fu però presto soverchiata dagli avversari e già dal IV secolo a.C. rientrò nei ranghi accontentandosi di un ruolo del tutto subalterno a Roma.

[modifica] I Celti (dal 450 a.C. al II secolo a.C.)

Per approfondire, vedi le voci Celti e Galli.

Tra il 450 e il 400 a.C. ebbero nuovamente luogo dei cambiamenti importanti in campo artistico e probabilmente anche politico. In tale periodo, che viene tradizionalmente considerato l'inizio della fase gallica in senso stretto, fece la sua comparsa nello spazio geografico francese la cultura di La Tène propriamente detta. Pur essendo ancora vivo il dibattito sulla interpretazione dei cambiamenti rilevati dalle indagini archeologiche, è tuttavia molto poco probabile che tale evoluzione sia da attribuirsi a una forma di "invasione", in quanto tale periodo è segnato in particolare dalla potenza militare dei Galli. Questi gruppi di conquistatori, in particolare Brenno (da non confondersi con l'omonimo del secolo precedente, autore del sacco di Roma), si spingevano con incursioni sino in Grecia (con il cosiddetto sacco di Delfi, nel corso delle spedizioni celtiche nei Balcani) e in Asia Minore (l'odierna Turchia), dove i Galati si stabilirono nella regione che prese nome Galazia, ove fondarono la città di Ancyra (Ankara). Si tratta del noto "Metus gallicus" che gelava il sangue nelle vene dei Romani... Le incursioni galliche avevano un carattere violento e terminavano con il pagamento di un forte riscatto: "Vae victis!" (Guai ai vinti!) era la frase attribuita al capo gallico Brenno. La stessa Roma, cittadina ancora modesta, venne colpita nel 387 o nel 390 a.C., dopo la battaglia del fiume Allia, da un'incursione nota come sacco di Roma. Marsiglia, che era alleata di Roma, contribuì al pagamento di una parte del riscatto preteso da Brenno.

Si trattava inoltre di un periodo di espansione, destinato a portare vari popoli gallici a imporsi in Gran Bretagna, in Spagna e nell'Italia settentrionale. Si ritrovano infatti gli Atrebati (da Arras) nel Sussex, dei Parisi (nella zona di Lutetia, l'attuale Parigi) nello Yorkshire, dei Senoni (da Sens) sull'Adriatico, dei Cenomani (da Le Mans) in Lombardia, dei Lingoni (da Langres) lungo il Po. Non è dato sapere se tali coincidenze nei nomi sono legate a movimenti migratori oppure ad attività di conquista da parte di piccoli gruppi che impongono il proprio nome alle popolazioni locali. Tali toponimi rimarranno legati ai territori e ai capoluoghi delle città galliche sino ai giorni nostri. La grande maggioranza delle città gallo-romane del basso impero assunse nuovamente il nome del popolo di cui era un tempo capitale; tale nome è ancora conservato nella forma francese moderna, sia per le città che per il territorio in cui si trovano: Biturigi (da Bourges): Berry, Petrocori (da Périgueux): Périgord, Namneti (da Nantes): Nantais, Bellovaci (da Beauvais): Beauvaisis, Turoni (da Tours): Touraine, Abrincati (da Avranches): Avranchin, Ruteni (da Rodez): Rouergue, e così via.

Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (recto)
Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (recto)
Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (verso)
Moneta gallica: statere in oro rinvenuto presso Parigi (verso)

I territori di queste città formarono la struttura amministrativa di base dell'impero romano in Gallia. Anche le diocesi cristiane ne ripresero i nomi e i confini senza modifiche rilevanti fino alla Rivoluzione francese.

Contrariamente all'immagine tradizionale, ereditata dagli autori antichi, e all'immagine moderna che si è per molto tempo appiattita sulla considerazione dei Galli come barbari, le conoscenze odierne sembrano mostrare che la civiltà gallica, e più in generale, celta, nel suo periodo di massima espansione fosse particolarmente florida. Indicazioni come l'apparizione di vere e proprie città fortificate (oppida) di dimensioni di gran lunga superiori alle fortezze dei periodi precedenti, o ancora l'uso della moneta, sono dei tratti caratteristici di una civiltà non poi così lontana da quelle presenti in gran parte della penisola italica attorno al V o al IV secolo a.C.

[modifica] Il periodo dell'indipendenza gallica (II - I secolo a.C.)

Per approfondire, vedi la voce Gallia.

La prima attestazione del termine latino Galli in riferimento alle popolazioni galliche risale a Catone (ca. 168 a.C.), che se ne servì per indicare gli abitanti della Celtica che avevano invaso la pianura padana, Ovvero gli abitanti della Gallia cisalpina. Secondo tali fonti latine, in quel periodo le monarchie e oligarchie galliche sembrano cedere il potere a dei magistrati di origine elettiva detti vergobret. Le istituzioni galliche sembrano tuttavia ben più antiche.

I contributi che la Gallia ha apportato alla civiltà romana della tarda repubblica e poi dell'Impero non furono numerosi sotto il profilo linguistico ma piuttosto consistenti nell'artigianato e nell'arte militare (ad esempio, ne fanno parte la botte, la spada, la cotta di maglia e il sapone). Se si considerano l'anfora, la toga drappeggiata e le terme come altrettanti pilastri dell'Antichità, si nota che essi furono affiancati, in tarda età imperiale, dal barile, dal pantalone e dal sapone gallici.

[modifica] Antichità

[modifica] La fine dell'indipendenza gallica (dal 125 al 51 a.C.)

Le regioni sud-orientali della Francia, in particolare la Linguadoca e la Provenza, che erano chiamate "Gallia togata" in ragione dell'avanzato stato di romanizzazione alla fine dell'indipendenza, vennero conquistate dai Romani già prima della fine del II secolo a.C. Si tratta della provincia romana detta Gallia Narbonese, che si stende dai Pirenei alle Alpi passando per la valle del Rodano. Tali territori furono posti sotto il controllo di Roma in seguito all'atteggiamento ambiguo tenuto dai Galli nel corso delle guerre puniche, teatro dello scontro tra Roma e Cartagine.

Con il pretesto di fornire aiuti militari a Marsiglia, il generale romano Sestio Calvino conquistò i territori dei Salluvi costringendone il re alla fuga. Il nome romano si conserva oggi in quello della città di Aix-en-Provence (in latino Aquae Sextiae, "le acque di Sestio"), mentre quello della capitale dei Salluvi (che domina la città, sita sull'altopiano di Entremont, verso Nord) è andato perduto.

Nell'agosto del 121 a.C. i Romani, guidati dal console Fabio Massimo si scontrarono con un'alleanza di Arverni e Allobrogi presso la confluenza dell'Isère. Il pretesto dell'attacco verso questi ultimi, in effetti, fu proprio quello di aver dato asilo al re dei Salluvi. Il sovrano arverno Bituito venne fatto prigioniero e portato a Roma per partecipare al trionfo. Nello stesso momento gli Edui, un altro popolo gallico che si opponeva alla egemonia arverna, venivano ricevuti presso il Senato romano e proclamati "amici di Roma". Dopo questa sconfitta dei Galli, il resto dei territori situati a Sud e a Est dei monti Cévennes vennero sottomessi in breve tempo.

Intorno all'80 a.C., tuttavia, un capo gallico chiamato Celtillo, padre del futuro Vercingetorige, tentò di restaurare un potere dinastico nei confronti degli Arverni, analogo a quello del periodo di Luernio e Bituito. Il tentativo fallì e Celtillo venne arso vivo per mano dell'aristocrazia arverna. Il fratello di questi, Gobannitio, sembra essere stato il principale oppositore di questa manovra; è noto, infatti, che dopo la morte di Celtillo egli acquisì il predominio presso il suo popolo.

[modifica] Le Guerre galliche

Per approfondire, vedi la voce Conquista della Gallia.

È necessario attendere il 58 a.C. perché l'ambizione personale di Giulio Cesare e la minaccia della pressione germanica sui Galli portino a un nuovo sconvolgimento degli equilibri politici. Il pretesto dell'intervento romano, in questo caso, fu la migrazione degli Elvezi; tali popolazioni, messe in fuga dalle incursioni dei Germani, tentarono di stabilirsi in Gallia (nel territorio dell'odierna Vandea) scatenando la collera di altri popoli gallici tra i quali gli Edui. Giulio Cesare, nominato poco tempo prima proconsole delle Gallie, fece quindi irruzione a Nord del Rodano al comando delle proprie legioni. Per legittimare la propria azione, fece ricorso a un senatoconsulto del 61 a.C. in cui si prometteva assistenza al popolo eduo.

[modifica] La rivolta gallica e la vittoria di Cesare ad Alesia
Per approfondire, vedi le voci Vercingetorige e Battaglia di Alesia.

La guerra fu lunga e cruenta; nel gennaio del 52 a.C., con l'avvento al potere di Vercingetorige, gli Arverni e i popoli loro clienti si sollevarono contro l'esercito del proconsole. Giulio Cesare si trovò in una situazione di grave crisi di fronte alla determinazione dei Galli, la cui sollevazione aveva ormai assunto un carattere quasi generale. La vittoria romana venne conseguita grazie a una politica di assedi, incendi e più in generale di "terra bruciata" che riuscì a fiaccare l'impeto disorganizzato dei popoli gallici.

La Gallia comata conquistata da Giulio Cesare con le guerre galliche tra il 58 e il 51 a.C., data in cui cadde l'oppidum di Uxellodunum, ci è nota soprattutto attraverso l'opera del più autorevole protagonista del campo romano, lo stesso Giulio Cesare: il De bello gallico. Si tratta tuttavia di un testo da valutare con le dovute precauzioni, in quanto costituisce prima di tutto un manifesto politico. Fu proprio grazie al trionfo sul terror gallicum e alla capacità di sfruttare alla perfezione tale vittoria storica in termini politici che Giulio Cesare divenne "la" personalità principale dell'antichità.

[modifica] La Gallia romana

Per approfondire, vedi le voci Gallia Narbonense (provincia romana), Aquitania (provincia romana), Gallia Lugdunense (provincia romana) e Gallia Belgica (provincia romana).
Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71 d.C. per celebrare la vittoria nella prima guerra giudaica; il rovescio della moneta reca la scritta IVDAEA CAPTA, "Giudea conquistata"
Sesterzio di Vespasiano, coniato nel 71 d.C. per celebrare la vittoria nella prima guerra giudaica; il rovescio della moneta reca la scritta IVDAEA CAPTA, "Giudea conquistata"

I processo di romanizzazione e di pacificazione sembrano essere stati relativamente rapidi, quantunque non facili. Lo storico latino Giuseppe Flavio, anch'egli convertito allo stile di vita romano, porta i Galli ad esempio in questo settore, facendo notare che essi avrebbero avuto le risorse militari adeguate a cacciare i Romani.

La romanizzazione delle élite fu pressoché immediata; il fenomeno fu reso più forte dalla redazione delle Tavole di Lione, con le quali l'imperatore Claudio garantì ai Galli l'accesso al Senato romano. Anche alcune testimonianze epigrafiche suggeriscono che vari druidi divennero romani dopo la conquista, forse per opportunismo o per paura di rappresaglie, essendo stata vietata la loro dottrina. In ogni caso, il sincretismo romano diede origine a una vera e propria "Gallia romana". Gli archeologi e gli storici hanno quindi adottato il termine gallo-romani per indicarne gli abitanti nel periodo successivo alla conquista, benché tale termine non sia mai stato utilizzato dai contemporanei, che continuarono a identificarsi come "Galli".

Nel 21 d.C. l'imposizione di nuove misure fiscali spinse alla rivolta diversi popoli gallici, tra cui gli Andecavi e i Turoni. Un eduo di nome Julius Sacrovir si mise alla testa dei contadini insorti nella regione di Nevers e fronteggiò le truppe romane con gli ausiliari galli di cui era al comando. Sconfitto, si diede la morte immolandosi.

Nel 69 il batavo Civilis sollevò le sue truppe in Belgio, durante la lotta per l'Impero che opponeva Vitellio e Vespasiano. Il lingone Julius Sabinus, un ufficiale gallo assistito da due ufficiali treveri, riuscì a sconfiggere tre legioni romane di stanza lungo il Reno. Dopo aver spezzato le Tavole di Lione, si fece proclamare "Cesare" ma venne ben presto sconfitto dai Sequani. Catturato dai romani dopo essersi dato alla macchia per nove anni, venne ucciso mediante supplizio insieme alla sua sposa.

Questo episodio che testimonia di un'opposizione tra diversi popoli gallici - Sabinus era anch'egli alleato di alcuni Germani - è da intendersi più come una indicazione di disordini interni che non della volontà di mettere fine a una qualsiasi dominazione romana. La pace che seguì tali sollevazioni - se si trattò di "pace armata" - venne mantenuta sino ai disordini della metà del III secolo.

Aulo Vitellio Germanico, imperatore romano, raffigurato in una moneta del 69 d.C.
Aulo Vitellio Germanico, imperatore romano, raffigurato in una moneta del 69 d.C.

Queste "rivolte" sono state in effetti per lungo tempo presentate in chiave nazionalista; è probabile che dopo gli orrori della guerra (che potrebbe aver causato fino a un milione di morti) la maggior parte dei popoli gallici aspirasse alla pace, di cui i Romani erano i nuovi garanti. Inoltre, il regime era relativamente piacevole per le élite galliche, che seppero approfittare con rapidità dei benefici legati alla romanità (divertimenti, cultura, agi, ecc.) vedendo al contempo confermate le proprie prerogative al servizio di Roma.

Lo storico Michel Reddé[5] mostra come la tradizione guerriera dell'aristocrazia gallica sia stata utilizzate con profitto, dapprima per assicurare la pace interna (gli equites della rinomata cavalleria gallica conservarono i propri equipaggiamenti e le proprie tradizioni, mantenendo l'uniformità di reclutamento all'interno di uno stesso popolo per ciascuna delle ali e riconoscendo ad alcuni capi il privilegio di battere moneta, come accadde per il sequano Togirix), in seguito nell'ambito dell'impresa che porterà alla conquista della Germania.

In effetti, le truppe romane destinate alla pacificazione della Gallia vennero trasferite a guardia del limes (lungo il Reno e il Danubio) che protesse efficacemente la Gallia per ben tre secoli; già verso il 12 a.C. l'esercito romano non era più presente entro i confini della Gallia.

[modifica] Le crisi del III secolo

Per approfondire, vedi le voci Crisi del terzo secolo e Invasioni barbariche del III secolo.

Mentre in vari luoghi dell'Impero la crisi del terzo secolo consentiva alle spinte secessioniste di coagularsi, verso la metà del III secolo Franchi e Alamanni varcarono il Reno per darsi al saccheggio della Gallia (258). Per quanto effimero e privo di carattere nazionale, in questo contesto vide la luce il cosiddetto Impero delle Gallie ad opera del generale Postumo (260). Questi fu però ben presto ucciso dalle sue stesse truppe (268) e la secessione delle province galliche venne repressa da Aureliano nel 273.

Nello stesso periodo, lo stato di crisi economica e sociale spinse delle bande di bagaudi in rivolta contro l'autorità imperiale a rifugiarsi nelle regioni boscose o meno popolate. L'Impero romano riuscì a superare la crisi e presentarsi con maggior forza sotto Diocleziano (284 - 313 o 316) grazie all'istituzione della Tetrarchia e la resistenza dei bagaudi gallici venne fiaccata proprio da Massimiano, generale di Diocleziano e futuro imperatore.

[modifica] Le invasioni germaniche (406 - VI secolo)

Per approfondire, vedi le voci Invasioni barbariche e Storia della Gallia tardo-antica e alto-medioevale.
Il regno dei Vandali nel 457-461
Il regno dei Vandali nel 457-461

Nella notte del 31 dicembre 406 l'Impero romano subì una importante invasione; favoriti dal gelo che aveva chiuso nella sua morsa le acque del fiume, gruppi di Vandali, Suebi, Alani e altri popoli germanici varcarono in massa il limes imperiale attraversando il Reno ghiacciato.

Nonostante gli sforzi e i buoni risultati militari di Flavio Ezio contro gli invasori, il potere imperiale in Gallia continuò a perdere terreno e i quadri dell'Impero a disgregarsi fino al trasferimento del potere politico nelle mani dei "re"; questo processo proseguì sino alla caduta dell'Impero romano d'Occidente (476)

Nel frattempo, sin dalla metà del III secolo altri popoli barbari avevano iniziato a stabilirsi nei territori imperiali. Durante il IV secolo, erano presenti in Gallia con status diversi - talvolta sotto forma di federazione (fœderati), talvolta come coloni (laeti). Fu in particolare l'esercito romano a subire l'influenza barbara: i ricchi possidenti gallo-romani dovettero venire a patti con i capi barbari delle fazioni rivali già da prima della scomparsa del potere imperiale romano.

Nel V secolo Childerico, uno di tali barbari divenuto re (rex) dei Franchi salii, consolidò in modo stabile il potere militare del suo popolo sui territori situati a Nord della Loira mediante delle campagne militari al servizio del nuovo magister militum Egidio contro i Visigoti, poi al fianco del suo successore Paolo contro i Sassoni e infine contro gli Alamanni, rafforzando il regno dei Franchi. Alla morte di Paolo, Childerico sembrò conquistarsi un ruolo di difensore del clero cattolico, forse grazie ai rapporti che stabilì a Parigi, dove risiedette spesso, con santa Genoveffa.

Nel 464, alla morte di Egidio, gli successe il figlio Siagrio "mantenendo in tal modo questa porzione distaccata dell'Impero come bene personale e facendosi attribuire il titolo di re dei Romani".[6] Childerico tornò allora in Belgio per difendere la frontiera dagli attacchi degli Alemanni. Alla sua morte, nel 481, divenne re dei Franchi Clodoveo, il suo unico figlio.

[modifica] Medioevo - (476 caduta dell'Impero romano d'Occidente)

Per approfondire, vedi la voce Francia medioevale.

[modifica] I Merovingi (V - VII secolo)

Per approfondire, vedi la voce Merovingi.
San Remigio battezza Clodoveo
San Remigio battezza Clodoveo

Il nome della regione francese deriva naturalmente dai Franchi. Dopo la scomparsa dell'ultimo imperatore d'Occidente nel 476, i successi militari e politici di questo popolo germanico e la conversione al Cristianesimo del suo re Clodoveo (ca. 496-498) consentirono ai Franchi occidentali di conquistare praticamente tutta la Gallia. Uno dei fattori del loro successo fu l'adesione dei sovrani alla religione cattolica, condivisa dalla potente aristocrazia gallo-romana; viceversa, gli altri popoli barbari stabilitisi nell'Europa occidentale (quali ad es. Burgundi e Visigoti) professavano l'arianesimo. Si tratta tuttavia di un concetto da affrontare con prudenza. La conversione eccezionale di Clodoveo venne sfruttata dai Capetingi, in epoca molto successiva, per attribuire alla Francia il titolo di "figlia primogenita della Chiesa".

Contrariamente a un'idea diffusa, Clodoveo non tentò di germanizzare la Gallia; fece al contrario leva sulle attribuzioni che gli derivavano dall'autorità romana, come i titoli di patrizio e di console. Il suo titolo di re venne confermato dall'imperatore di Bisanzio e dal papa.

Le ricerche storiche sulla data di inizio del Medioevo, almeno negli ultimi trent'anni, si stanno orientando verso il riconoscimento dell'esistenza di una età tardo-antica, un periodo di transizione durante il quale si mantengono i tratti principali della civiltà della fine dell'Antichità, almeno sino al IX secolo. Il luogo elettivo per tale prosecuzione dell'Antichità è proprio la Francia, che non conobbe le "età oscure" che affrontarono ad esempio i Britanni sotto gli attacchi degli Irlandesi e poi degli Anglosassoni. Simbolo della simbiosi tra Gallo-Romani e Franchi, tra il 508 e il 510 Clodoveo fa adottare una legge che stabilisce una rigida eguaglianza tra le due componenti del suo popolo; inoltre, pone fine alla schiavitù in senso antico.

La geografia politica del territorio evolve in funzione di guerre, crisi e successioni: il regno di Clodoveo viene presto diviso tra Neustria e Austrasia, che diventano con la Borgogna passata ai Franchi le forze politiche principali della "Gallia" nel VI secolo. Il popolo franco si espande a oriente.

Grazie agli sforzi della propaganda carolingia, che si adoperò con forza per sminuire il ruolo dei Merovingi, si è creduto per molto tempo che questo periodo corrispondesse a un'epoca di decadenza; in particolare, la fase finale del periodo merovingio è associata al mito dei "re fannulloni". In realtà a partire dal principio del VII secolo il potere reale s'indebolisce a favore dell'aristocrazia franca, in particolare dei "maestri di palazzo" di entrambe le regioni del regno. Tra di essi il più noto fu Carlo Martello, che sconfisse nel 732 un esercito musulmano nei pressi di Poitiers. Con questa vittoria, i Franchi misero fine alla conquista musulmana in Europa e sfruttarono la confusione esistente nel Sud del paese per instaurare o rafforzare la propria autorità sull'Aquitania, sulle regioni a Sud di Lione e di Clermont-Ferrand.

[modifica] I Carolingi (VII - X secolo)

Il regno dei Franchi sotto Carlo Magno.
Il regno dei Franchi sotto Carlo Magno.
Per approfondire, vedi la voce Carolingi.

I Carolingi o Pipinidi furono una famiglia di origine austrasiatica alla quale appartennero diversi maestri di palazzo dei sovrani merovingi, tra cui Carlo Martello, prima della conquista della corona franca, avvenuta con Pipino il Breve (751). Pipino stabilì un regno di grandi dimensioni intervenendo anche al di là delle proprie frontiere, dando origine tra l'altro allo Stato della Chiesa dopo una campagna contro i Lombardi.

Il regno dei Franchi (regnum francorum) unificato dai primi sovrani carolingi conobbe la sua maggiore espansione sotto Carlo Magno il quale, dopo essere stato eletto dei suoi pari, si fece incoronare dal Papa "imperatore dei Franchi e dei Romani" nel giorno di Natale dell'800. Nella cerimonia viene esaltata tutta la magnificenza della Roma antica, dallo sfarzo dei paramenti alla ricchezza dei titoli al potere dei simboli; nulla fu risparmiato per rafforzare l'autorità dell'Imperatore d'Occidente.

Statua di Carlo Magno davanti al Museo Storico di Francoforte sul Meno
Statua di Carlo Magno davanti al Museo Storico di Francoforte sul Meno

Carlo Magno estese i confini del regno verso Est fino alla Sassonia (dilatatio regni), verso la Bretagna a Ovest e fino ai Paesi baschi verso Sud. Il suo regno, benché ristabilisse la pompa imperiale romana, segnò la fine dell'Antichità tardiva. Nonostante le attività di propaganda molto efficaci, l'attuale giudizio storico su questo "Impero" in gran parte virtuale è piuttosto critico.

Fu tuttavia necessario circa mezzo secolo perché la Francie (termine che indicò in primo luogo i territori originali del regno franco) potesse dare i natali alla France (Francia). Quest'ultima venne in un primo tempo indicata con il nome di Francie occidentale per contrapporla alla Francie orientale, sotto il regno di Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno. Il giuramento di Strasburgo dell'842 e il trattato di Verdun dell'843 completarono la distinzione tra i territori destinati a diventare le odierne nazioni francese e tedesca.

Nell'845 Nominoë, missus dominicus di Bretagna (Princeps Veneticae civitatis) disperse l'esercito franco nella battaglia di Ballon, obbligando Carlo il Calvo a riconoscere l'indipendenza della regione bretone. I Franchi persero Rennes, Nantes e la regione di Rezé (pays de Retz). Nell'856, con il trattato di Louviers, Erispoë assunse ufficialmente il titolo di Re di Bretagna. Successivamente, il trattato di Entrammes (863) riconobbe alla Bretagna la Maine e una parte dell'Angiò; nell'868, il trattato di Compiègne ne affermò i diritti sulla penisola del Cotentin et sulla regione di Avranches.

[modifica] I primi Capetingi (XI - XII secolo)

Per approfondire, vedi la voce Capetingi.

Succeduti agli ultimi Carolingi, i primi Capetingi avevano poteri limitati sui loro vassalli più potenti, che erano a capo di interi principati. Viceversa, il dominio reale era ridotto in pratica alla sola regione dell'Île-de-France, una mera vestigia del ducato di Francia di Roberto il Forte. Nonostante ciò, i Capetingi furono in grado di rendere ereditaria la successione (contrariamente agli ultimi Carolingi) grazie all'associazione dei propri discendenti alla corona quando il sovrano era ancora in vita, una pratica che venne mantenuta fino a Filippo Augusto. Grazie a un'abile politica praticata da molti esponenti della dinastia, garantirono inoltre l'espansione del dominio reale originario sino a trasformarlo in uno dei regni più potenti d'Europa.

Occorre tuttavia sgombrare il campo da equivoci sulla natura di tale dominio. Nel sistema feudale tutti i grandi feudatari del regno sono tenuti all'omaggio nei confronti del sovrano. I vassalli più prestigiosi del re di Francia erano i sovrani di Angiò e d'Inghilterra. Questo cosiddetto "Impero plantageneto" aveva raggiunto dimensioni ragguardevoli, estendendosi dai Pirenei alla Scozia passando per l'Aquitania, l'Angiò, la Normandia e l'Inghilterra. Considerando i soli domini posti sotto la sua amministrazione diretta il re di Francia era più debole, ma in termini di vassallaggio si trovava effettivamente al vertice del potere feudale. Questa situazione divenne presto intollerabile per i sovrani anglo-angioini, tanto che il contrasto sfociò in non meno di due guerre dei cent'anni. Nonostante ciò, occorre chiarire che i re d'Inghilterra erano vassalli del re di Francia unicamente per i territori che da tale regno dipendevano. Erano invece gli unici signori del regno d'Inghilterra, semplice provincia dell'Impero plantageneto il cui cuore era nell'Angiò; i monarchi "inglesi" di questo periodo nascevano, trascorrevano la loro vita e venivano sepolti sul continente.

[modifica] Il Consolidamento dello stato francese (fine del XII - XIII secolo)

Appena salito sul trono, Filippo II dovette fare i conti con una coalizione ostile che raggruppava la Champagne e la Fiandra, questione che venne risolta nel luglio 1185 con la firma del trattato di Boves. Ciò consentì a Filippo di dedicarsi interamente ai suoi obiettivi primari: la cacciata degli anglo-angioini dal territorio francese e la modernizzazione dello Stato. A quell'epoca, i rappresentanti dei Plantageneti erano Riccardo Cuor di Leone e il fratello Giovanni Senzaterra. Il primo morì nel 1199 lasciando solo al potere il secondo, sul quale si addensarono le nubi di una ventilata invasione dell'Inghilterra (1213), destinata a non avere seguito.

Benché in posizione di debolezza, Giovanni tentò di reagire formando una coalizione con l'imperatore tedesco Ottone IV e il conte di Fiandra, che era anche re del Portogallo. La marina inglese affondò in effetti la flotta francese nel maggio 1213, ma le sorti del conflitto si decisero a terra, a Bouvines. Il 27 luglio 1214 Filippo II ottenne una decisa vittoria sulla coalizione nella battaglia di Bouvines, segnando una svolta cruciale nella storia dell'Occidente. A partire da quel momento, infatti, mentre la Francia si avviò con decisione sulla via della centralizzazione, in Inghilterra i grandi baroni pretesero e ottennero l'adozione della Magna Carta con una forte limitazione delle prerogative reali e in Germania l'estrema frammentazione dei domini controllati dall'Imperatore si protrasse fino alla metà del XIX secolo.

Nel viaggio di ritorno verso Parigi, il popolo francese rese vivaci omaggi al re vincitore, e l'accoglienza di quest'ultima fu degna dei trionfi della Roma antica. Si tratta della prima espressione di un sentimento nazionale francese. In seguito ai trionfi e alle conquiste territoriali a Filippo II venne tributato l'appellativo romano di Augusto, prendendo quindi il nome di Filippo Augusto.

Dopo la battaglia di Bouvines, che segna la fine della prima guerra dei cent'anni combattuta contro gli inglesi, la Francia di Filippo Augusto conobbe un secolo di pace. Inoltre, il clima più clemente del XIII secolo, con estati calde, pochi inverni rigidi (1219, 1225, 1234, 1235, 1276 e 1292) e scarsa diffusione delle epidemie, favorì un consistente aumento della popolazione, che arrivò a 16 milioni di abitanti a fronte degli 8 della Germania e dei 2 dell'Inghilterra. Solo nel 1225 si ebbe una carestia di ampie proporzioni.

[modifica] Crisi e mutazioni del basso Medioevo (XIV - XV secolo)

Per approfondire, vedi la voce Guerra dei cent'anni.

La dinastia capetingia s'interruppe in modo tumultuoso, con il regno successivo di tre dei figli di Filippo IV. Gli scandali legati alle infedeltà coniugali delle nuore del re minarono gravemente il prestigio della monarchia. Il primogenito e successore di Filippo, Luigi X, morì prematuramente lasciando un erede postumo che visse solo per pochi giorni, Giovanni I. Il fratello di Luigi, sino allora reggente, divenne quindi re con il nome di Filippo V. Morto anche quest'ultimo senza eredi, la corona passò infine al terzo fratello, Carlo IV.

In mancanza di eredi maschi in linea diretta per l'ultimo dei Capetingi, il potere venne trasferito al ramo cadetto della Casa di Valois. Questa scelta si scontrava con le ambizioni di un altro pretendente, Edoardo III, re d'Inghilterra la cui discendenza da Filippo il Bello era attraverso la linea materna. La Legge salica, già invocata in passato da Filippo V per escludere dalla successione la figlia di Luigi X, venne usata anche in questo caso dai maggiori feudatari per allontanare la pretesa del re inglese, vista come un grave pericolo per la loro indipendenza. Tale contesa fu la causa diretta della guerra dei cent'anni.

Questo periodo segna definitivamente il distacco tra i due Stati, avviati su percorsi diversi in campo sociale ed economico. La Francia, ricca di acqua e più soleggiata, si presta meglio all'agricoltura. Si orienta quindi verso una società rurale, religiosa e feudale, guidata da un potere centralizzato e indicato da Dio (grazie a Giovanna d'Arco), accettato dal popolo a condizione che garantisca sicurezza e benessere materiale. L'élite deve quindi assumere un comportamento coerente con il codice cavalleresco per giustificare il proprio stato. Viceversa l'Inghilterra, dal clima piovoso, è più adatta allo sviluppo della pastorizia, in particolare di quella ovina. Lo sviluppo si concentra nelle città e nell'artigianato. Le esigenze della libertà d'impresa si fanno sentire, l'efficienza assume un valore prioritario.

Durante questo interminabile conflitto, il territorio francese fu il campo chiuso di combattimenti sporadici ma accaniti tra i re di Francia e d'Inghilterra. Gli inglesi erano privilegiati dalla superiorità tattica del proprio esercito (in particolare degli arcieri) e furono in grado di infliggere alla cavalleria francese, nonostante un forte squilibrio numerico, due cocenti sconfitte a Crécy e Poitiers. Carlo V ebbe la capacità di evitare le grandi battaglie preordinate e affidò a valorosi condottieri come Bertrand du Guesclin la riconquista del territorio, riprendendo una a una le piazzeforti nemiche con una strategia di assedi successivi.

Nel 1337 agli inglesi restava il controllo unicamente della Guyenne e di Bayonne, Calais e Cherbourg. Durante il regno di Carlo VI, colpito da pazzia nel 1393, i grandi del regno stabilirono alleanze in funzione delle proprie strategie personali e la situazione divenne molto difficile. I parenti più prossimi del re, il fratello Luigi I d'Orléans e il potente duca di Borgogna Giovanni senza paura intesero cogliere l'occasione per estendere il proprio potere; ne scaturì un'aspra rivalità culminata nell'assassinio di entrambi i protagonisti e nel tentativo di modificare la successione per scalzare il delfino Carlo VII. Questi venne infatti costretto alla fuga da Parigi, meritandosi l'appellativo sprezzante di "piccolo re di Bourges" dopo l'assassinio di Giovanni senza paura, mentre gli inglesi riuscirono a far nominare il proprio sovrano grazie all'appoggio dei Borgognoni.

Ma la chiave del conflitto risiedeva nella scelta della nazionalità. A causa delle strategie di saccheggi e scorrerie (le cosiddette cavalcate), gli inglesi erano odiati dal popolo e sostenuti principalmente dagli artigiani e dagli universitari delle città. Il ruolo di Giovanna d'Arco fu in questo contesto più politico che militare, agendo da catalizzatore di questa volontà "di ricacciare gli inglesi fuori dalla Francia".

Giovanna partecipò all'assedio di Orléans e dopo la battaglia di Patay insistette affinché l'incoronazione di Carlo VII si tenesse a Reims (collocazione dal grande valore simbolico e che fu interpretata all'epoca come un ulteriore segnale divino, in quanto Reims era al centro del territorio borgognone). La sua azione consentì di rilegittimare la nascita del re, mettendo a tacere le voci che lo indicavano come figlio naturale del duca d'Orléans e rendendone possibile l'ascesa al trono. A sua volta, questo fatto spianava la strada verso la riconquista del territorio francese.

Viceversa, il ruolo militare di Giovanna d'Arco fu modesto: nell'inverno del 1429, dopo aver conquistato il villaggio di Saint-Pierre-le-Moûtier venne bloccata davanti al borgo di La Charité-sur-Loire prima di essere fatta prigioniera di fronte a Compiègne (24 maggio 1430). La fine del conflitto era ormai vicina: dopo che Carlo VII si fu rappacificato con i duchi di Borgogna (Trattato di Arras, 1435) gli inglesi si trovarono privi di un potente alleato e del sostegno necessario sul terreno, venendo obbligati ad abbandonare la Francia nel 1453.

La Francia alla fine del XV secolo.
La Francia alla fine del XV secolo.

I re di Francia tornarono allora a godere di prestigio e autorità, anche se si trovarono comunque a fronteggiare avversari temibili quali i duchi di Borgogna, i Granduchi d'Occidente Filippo il Buono e Carlo il Temerario, principali rivali di Carlo VII e del figlio di questi Luigi XI. Ai possedimenti in Borgogna si sono infatti aggiunti i Paesi Bassi, arrivando a costituire uno dei regni più potenti d'Europa. Alla morte di Carlo il Temerario (1477), però, una parte dei suoi possedimenti andò in eredità alla figlia Maria di Borgogna, moglie di Massimiliano d'Austria, aprendo un nuovo fronte di pericolo.

Con la conclusione del Medioevo ebbe termine anche l'epoca dei grandi principati: prima il ducato di Borgogna (1482) e poi quello di Bretagna, sconfitto nel 1488 e unito al regno di Francia nel 1532.

[modifica] La Francia in età moderna

Per approfondire, vedi la voce Guerre d'Italia.

Uscito provato dalla guerra dei Cent'anni, il regno di Francia fu contraddistinto, durante il XVI secolo, da una notevole compattezza territoriale e solidità. Tale solidità consentì a Francesco I di Valois di condurre una lunga serie di guerre contro l'Imperatore Carlo V, che minacciava di sottomettere l'Europa al suo dominio (1520 - 1559).


Per approfondire, vedi la voce Ugonotti.

Allontanata la minaccia dell'impero, nel 1562 anche la Francia viene investita dalla crisi portata dalla frattura del cristianesimo: la riforma protestante. In Francia si è diffuso il calvinismo (i cui seguaci sono conosciuti come ugonotti), e la politica di moderazione di Carlo IX e della madre, Caterina de Medici, fallisce. Il regno francese viene sconvolto, dal 1562 al 1598, da otto guerre di religione che vedono due fazioni, il partito cattolico e gli Ugonotti, contrapposti. In questa fase la Francia conosce pesanti massacri (particolarmente impressa nella memoria la Notte di San Bartolomeo), intromissioni da parte degli eserciti di potenze straniere (in particolare della Spagna di Filippo II) e la corona è messa fortemente in pericolo.

La pace e la riconciliazione arrivano quando Enrico IV, ugonotto e legittimo pretendente al trono, accetta di convertirsi al cattolicesimo per poter esser riconosciuto re ed entrare a Parigi. L'editto di Nantes del 1598 chiude, temporaneamente, la repressione degli ugonotti e i laceranti scontri che avevano insanguinato la società francese.


Per approfondire, vedi la voce Assolutismo.

Sotto la nuova dinastia dei Borboni la Francia, in particolare ad opera di Luigi XIV, conosce una fase di assolutismo monarchico, che durerà per tutto il XVIII secolo, con il trasferimento del potere dagli Stati generali e provinciali e dai nobili al sovrano.

La potente monarchia assoluta però soffrì di una grave decadenza finanziaria che verso la fine del secolo riportò in auge gli Stati generali del regno. La crisi della monarchia assoluta e della società francese, alla fine del XVIII secolo, si manifestò con la rivoluzione.

[modifica] La Francia nel periodo rivoluzionario (1789-1815)

Per approfondire, vedi la voce Rivoluzione francese.

Napoleone Bonaparte prese il controllo della Repubblica nel 1799, autoproclamandosi Imperatore. Le sue armate si impegnarono in diverse guerre attraverso l'Europa, conquistarono molte nazioni e fondarono nuovi regni, guidati dai familiari di Napoleone.

[modifica] La Restaurazione e la "Monarchia di luglio"

A seguito della sua sconfitta nel 1815, la monarchia dei Borboni venne restaurata in Francia. Luigi XVIII divenne re l'8 luglio 1815. A lui succedette nel 1824 il fratello Carlo X. Nel 1830 scoppiarono delle sommosse che condussero alla rivoluzione di luglio; Carlo X abbandonò Parigi ma la monarchia sopravvisse, con l'arrivo al regno di Luigi Filippo d'Orléans, esponente di un ramo cadetto dei Borboni e considerato di orientamento liberale.

[modifica] La Seconda Repubblica

Nel 1848 il regno di Luigi Filippo, al termine di una lunga crisi, cadde travolto dalle proteste popolari; abdicò fuggendo in Inghilterra e lasciando il regno al nipote Luigi Filippo II, che aveva appena dieci anni. Il Parlamento però decise di proclamare la Repubblica; aveva così inizio la Seconda Repubblica francese. Essa ebbe breve vita, in quanto Luigi Bonaparte, nipote di Napoleone, eletto a sorpresa presidente della Repubblica nel 1848, solo tre anni dopo, con un colpo di stato, scioglie l'Assemblea Nazionale, si assicura i pieni poteri e fa quindi votare un plebiscito che ratifica la nascita del Secondo Impero.

[modifica] Il Secondo Impero

Napoleone III regnò fino al 4 settembre 1870, quando subì la disfatta di Sedan, durante la guerra franco-prussiana, in cui fu anche fatto prigioniero. Si formò un governo provvisorio di "salute pubblica", con a capo Léon Gambetta prima e Adolphe Thiers poi, che portò all'armistizio con la Prussia e alla repressione della Comune di Parigi. Le prime elezioni, tenutesi nel 1871, videro il successo delle fazioni monarchiche, che però erano divise tra di loro su chi scegliere come re. Dopo 4 anni di incertezza istituzionale, finalmente nel 1875 fu proclamata la Terza Repubblica.

Napoleone attraversa le Alpi, Jacques-Louis David
Napoleone attraversa le Alpi, Jacques-Louis David

[modifica] La Terza Repubblica

La Terza Repubblica francese fu il sistema politico in vigore per quasi settant'anni, dal 1871 (ma ufficialmente dal 1875) alla disfatta del 1940. Era un regime parlamentare, con una presidenza della Repubblica dai pochi poteri, un Parlamento privo di partiti organizzati e caratterizzato dalla breve durata dei governi.

[modifica] La Francia nel ventesimo secolo (1914-presente)

Anche se vincitrice nella prima e nella seconda guerra mondiale, la Francia soffrì gravi perdite in termini di vite, impero, benessere, forza lavoro e grado di nazione dominante. Dal 1958, ha costruito una democrazia presidenziale (nota come Quinta Repubblica) che non ha ceduto alle instabilità sperimentate nei precedenti regimi parlamentari.

Negli ultimi decenni, la riconciliazione e la cooperazione della Francia con la Germania si è rivelata centrale per l'integrazione economica dell'Europa, compresa l'introduzione dell'Euro nel gennaio 1999.

Oggi, la Francia è in prima fila tra gli stati europei che cercano di sfruttare lo slancio dato dall'unione monetaria per portare avanti la creazione di un apparato politico, di difesa e di sicurezza europeo più unificato ed efficace.

[modifica] Note

  1. ^ Tucidide, Storia delle guerre del Peloponneso, I, 13
  2. ^ Erodoto, Storie, V, 9.
  3. ^ Cfr. Edme Cougny (a cura di), Extraits des auteurs Grecs concernant l'histoire et la géographie des Gaules. Parigi: Renouard, 1878-1892.
  4. ^ Cfr. Patrice Brun, Princes et princesses de la celtique. Le Premier âge du fer en Europe, 850-450 av. J.-C.. Parigi: Errance, 1987.
  5. ^ Michel Reddé, L'armée romaine en Gaule. Parigi: Errance, 1996. ISBN 2877721191
  6. ^ Ivan Gobry, Les premiers rois de France: La dynastie des Mérovingiens. Parigi: Tallandier, 1998. ISBN 2235021719

[modifica] Bibliografia

  • Alain Decaux raconte l'Histoire de France aux enfants, Perrin, 1995

[modifica] Altri progetti

Europa
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