De bello gallico
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(LA)
« Gallia est omnis divisa in partes tres [...]. »
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(IT)
« Nel suo insieme la Gallia è divisa in tre parti [...]. »
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(Famosissimo incipit del De bello gallico.)
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Il De bello gallico (in latino "la guerra gallica") è lo scritto sicuramente più conosciuto di Gaio Giulio Cesare, uomo politico e scrittore romano del I secolo a.C. In origine, era probabilmente intitolato C. Iulii Caesaris commentarii rerum gestarum, mentre il titolo con cui è oggi noto è un'aggiunta successiva, finalizzata a distinguere questi resoconti da quelli degli eventi successivi. Cesare visse in prima persona tutta la vicenda della grande campagna di Gallia. Uomo di grande cultura, appassionato di arte e filosofia, descrisse minuziosamente la sua campagna militare, inserendo nella narrazione molte curiosità sugli usi e dei costumi delle tribù barbariche con cui veniva a contatto, e persino elementi di propaganda e di difesa del suo operato. Un'opera rigorosa dal punto di vista storico, descrittiva, autobiografica, nonché raccolta burocratica di rapporti al Senato delle sue vicende.
L'opera è stata scritta fra il 58 e il 50 a.C. e si divide in otto libri:
- I primi sette, dettati da Cesare ai suoi luogotenenti, partono da una descrizione etnico-geografica non solo della Gallia ma anche della Germania prossima al Reno e della Britannia, e si concludono con la narrazione della battaglia di Alesia, presso Digione, vinta contro Vercingetorige re degli Arverni (tribù stanziata nell'odierna Alvernia, Francia centrale).
- L'ottavo libro, scritto da Aulo Irzio, narra gli eventi successivi alla guerra.
Per approfondire, vedi la voce Conquista della Gallia. |
Il De bello gallico fu redatto da Cesare, in terza persona, come diario di guerra, con chiaro intento apologetico della propria condotta, osteggiata a Roma da molta parte del Senato romano. L'ambizione e le capacità politiche del condottiero erano infatti eccezionali e assai temute da una corporazione politica indebolita dal volgere degli eventi e dai mali di sempre: corruzione, interesse personale nell'attività pubblica e vendette di fazioni.
Indice |
[modifica] Contesto storico
L'azione si svolge a partire dall'anno in cui Cesare, governatore delle Gallie e dell'Illiria, si trova a dover fronteggiare la decisione presa dalle quattro principali tribù elvetiche, dimoranti in regioni nell'odierna Svizzera, di divenire nomadi a causa di difficoltà contingenti. Cesare contrasta tale iniziativa per proteggere dai saccheggi la Provenza, già dominata da Roma, e le popolazioni vicine, indipendenti ma alleate di Roma. Tuttavia il problema posto dagli Elvezi è solo la punta di un iceberg: dal nord-est, alle due rive del Reno, le incursioni dei popoli germani rendono inquieta la vita delle popolazioni stanziali nella Gallia Transalpina.
Dalla lontana Britannia (l'odierna Inghilterra, sulle cui coste i romani fino a quel tempo non erano mai sbarcati se non forse per sporadici contatti commerciali) giungono rinforzi alle tribù ostili a Roma. Ben presto la guerra dilaga in focolai che costringono il governatore a spostare di continuo il campo di battaglia e a farsi prorogare il mandato. Cosa questa che in verità non gli dispiace affatto, dato che la guerra era, allora come oggi, un'opportunità per il vincitore finale, e Cesare non mancò certo né di fiducia in sé stesso né di coraggio, e tanto meno di curiosità sufficiente a fargli sperimentare nuovi sistemi di battaglia, a parlamentare con il capo dei temuti e sconosciuti germani, a raccogliere informazioni geografiche ed etnografiche sui territori che deve affrontare, fino a sbarcare con un esercito nella sconosciuta Inghilterra.
Il fantasma della guerra alle porte di Roma, con il quale l'aristocrazia romana aveva giocato fin dai tempi della prima Repubblica (si vedano gli scritti di Livio a proposito delle chiamate alle armi nelle guerre contro gli Equi), viene ora usato da Cesare contro l'aristocrazia stessa. In molte pagine dei Commentarii si riesce ad intuire un certo tono di divertimento, nel condurre il gioco intellettuale del ricatto contro gli uomini del Senato che da Roma potrebbero stroncarlo ma non riescono neppure a contrastarne le decisioni con una semplice revoca del mandato, contro i falsi amici che lo hanno seguito per meritarne la benevolenza senza avere il coraggio di seguirlo fino in fondo nelle sue decisioni.
Si avverte la tensione vibrante dei momenti decisionali, resa tollerabile dall'atteggiamento razionale, di chi vuol conoscere il nemico, la sua personalità, i suoi mezzi tecnici, le sue abitudini e i punti di forza per evitare passi falsi. La fortuna e l'organizzazione poderosa dell'esercito romano fanno il resto, e alla fine della lunga campagna la Gallia è completamente sottomessa a Roma.
Dopo la battaglia di Alesia la resistenza dei Galli Transalpini è ridotta a disperati focolai di rivolta che vengono soffocati con una durezza ignota alle precedenti fasi belliche.La conquista della Gallia costò in tutta la campagna militare ben 2 milioni di vittime fra gli indigeni. La battaglia di Alesia è per secoli rimasta una pagina di strategia militare esemplare per il modo con cui venne condotto l'assedio, per la sorprendente opera di fortificazione fatta eseguire attorno alla città sacra della Gallia indipendente da Roma.
[modifica] Voci correlate
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Gaio Giulio Cesare (100 ~ 44 a.C.) | ||
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