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Vandali - Wikipedia

Vandali

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Il regno dei vandali (in arancio) nel 457-461
Il regno dei vandali (in arancio) nel 457-461

I Vandali, il cui nome prima di essere romanizzati era Wandili, erano una popolazione germanica (luogo di origine non è chiarito), aree geografiche da cui provenivano anche i Burgundi (poi insediatisi in Francia), i Goti e i Winili, cioè i Longobardi. Dopo una migrazione nei territori attualmente polacchi, sotto la pressione di altre tribù e dopo aver combattuto, vinto e sottomesso i Galli Boi, si stanziarono nel territorio oggi occupato dalla Slesia e dalla Boemia, creando a una lega di tribù comprendente Burgundi, Rugi e Silingi, detta dei Lugi (compagni). Nel suo Germania, scritto nel 98, Tacito pone i Vandali fra le genti di origine germanica, accennandone in questi termini:

« [...] si celebra il dio Tuitone. Suo figlio Manno è il progenitore e il fondatore della loro stirpe. [...] Alcuni, autorizzati dall'antichità dei tempi, dicono che Manno ha avuto anche altri figli e quindi sono più numerose anche le denominazioni dei popoli: si tratta dei Marsi, dei Gambrivii, degli Svevi, dei Vandali. »
(Publio Cornelio Tacito, De origine et situ Germanorum liber, II., Newton Compton, Roma, trad.: G.D. Mazzocato)

Altra citazione interessante proviene da Paolo di Warnefrit, il longobardo storico del suo popolo, il quale nella sua Historia Langobardorum, scritta verso la fine dell'VIII secolo, narra di come i due popoli fecero reciproca conoscenza:

(LA)
« Igitur egressi de Scandinavia Winili, cum Ibor et Aione ducibus, in regionem quae appellatur Scoringa venientes per annos illic aliquot considerunt. Illo itaque tempore Ambri et Assi Wandalorum duces vicinas quasque provincias bello premebant. Hi iam multis elati victoriis, nuntios ad Winilos mittunt, ut aut tributa Wandalis persolverent aut se ad belli certamina praepararent. »
(IT)
« Usciti dunque dalla Scandinavia, i Winili, sotto la guida di Ibore e Aione, giunti in una regione chiamata Scoringa, vi si fermarono per alcuni anni. In quel tempo Ambri ed Assi, condottieri dei Vandali, incalzavano con la guerra tutte le province vicine. Imbaldanziti dalle molte vittorie, mandano ai Winili messaggeri: che paghino i tributi ai Vandali o si preparino a combattere. »
(Paolo Diacono, Historia Langobardorum, I, 7., Rizzoli, Milano, trad.: A. Zanella)

Sempre secondo Paolo Diacono fu proprio in questa occasione che ai Winili venne fatto cambiare il nome in Longobardi. Ma questa è storia dei Longobardi, a cui si rimanda.

Indice

[modifica] II e III secolo

Per approfondire, vedi le voci Guerre marcomanniche e Invasioni barbariche del III secolo.
Mappa semplificata delle invasioni dei vandali (in blu), attraverso Dacia, Gallia, Iberia e nord Africa, fino ai raid nel Mediterraneo ed al sacco di Roma del 455
Mappa semplificata delle invasioni dei vandali (in blu), attraverso Dacia, Gallia, Iberia e nord Africa, fino ai raid nel Mediterraneo ed al sacco di Roma del 455

La popolazione vandala era divisa fra due etnie principali: I Vandali Hastingi (dal nome della casata principale) e i Silingi. Il II Secolo vede i Vandali Hastingi muovere verso sud est guidati dai re Raus e Rapt. Dopo aver attaccato i Romani e aver stipulato un trattato di pace, si stanziarono fra la Dacia (Romania) e la Pannonia (Ungheria) diventando alleati dei romani nelle incessanti guerre a est del limes della Pannonia contro i Sarmati e i Daci. Nel 170, un tentativo di penetrazione entro il limes li vede sconfitti, assieme ai Marcomanni, dalle legioni di Marco Aurelio che proprio in quell'occasione ebbe a morire, a Vindobona. La sconfitta segnò una svolta nella storia dei Vandali che dovettero così fornire armati all'Impero Romano (e un'unità di cavalleria vandala viene inviata in Egitto). La gioventù vandala iniziò a frequentare sempre più le terre romane assorbendone conoscenze e informazioni. Fra questi giovani, duecento anni dopo, si troverà il padre di Stilicone il generale romano dell'imperatore Onorio che sarà costretto a combatterli.

[modifica] III e IV secolo

Con l'ascesa di Costantino il Grande nel 335 riuscirono a entrare nei territori dell'impero, sulla riva destra del Danubio, come foederati mantenendo la loro mansione di cuscinetto fra l'impero e le altre tribù barbare della pianura Sarmatica.

[modifica] V secolo

I Vandali Asdingi lasciarono la Pannonia intorno al 400, spinti alla colonizzazione di nuove terre dall'avanzata delle truppe unne.
Nel 401, sotto la spinta di altri popoli Germanici, gli Asdingi, che già si erano convertiti all'arianesimo, si spinsero sino alla Rezia. Stilicone li fermò e gli concesse di stabilirsi nel Norico e nella Vindelicia, come foederati.
Nel 405, gli Asdingi, insieme ai Quadi ed agli Alani, si unirono agli Ostrogoti di Radagaiso e invasero l'Italia arrivando sino a Firenze dove furono sconfitti da Stilicone.

L'anno dopo (406), assieme agli Alani ed ai Suebi o Svevi (probabilmente da identificare coi Quadi) i Vandali Asdingi iniziarono a spostarsi lungo il limes a nord delle Alpi vicino Augusta in direzione del fiume Meno, dove a loro si unirono i Silingi (Vandali che si erano uniti ai Burgundi, nel III secolo) e da qui raggiunsero il Reno, dove i Vandali furono affrontati dai Franchi, che come federati dei Romani, presidiavano il confine dell'impero; i Franchi provocarono gravi perdite nelle file dei Vandali, ma sopraggiunsero gli Alani che capovolsero le sorti della battaglia. Il capo dei Vandali Asdingi, Godigisel perse la vita nel corso della battaglia, avvenuta presso la città di Treviri, poco prima che la sua tribù, con l'aiuto degli Alani, sconfigesse i Franchi.

[modifica] In Gallia (406-409)

A Godigisel successe il figlio Gunderico che guidò i Vandali della tribù degli Asdingi oltre il Reno, il 31 dicembre del 406, a Magonza, che fu rasa al suolo, e poi attraversarono rapidamente la Gallia, razziando i villaggi e le città che incontravano lungo il loro cammino, sino ad arrivare ai Pirenei, dove si fermarono di fronte ai passi fortificati e si riversarono nella Gallia Narbonense.
L'avanzata divenne un'invasione, scatenando il caos. Assieme alle tribù vandale degli Hastingi e di parte del Silingi (il resto dei Silingi era rimasto nelle terre ancestrali della Pannonia e della Slesia finendo per fondersi con gli Slavi) si scatenarono sul territorio gallico anche Svevi, Alani, seguiti da Burgundi e Alemanni.
Mentre questi ultimi si stanziavano in Gallia, i Vandali con Alani e Svevi ritornarono verso i Pirenei per superarli, nel corso del (409).

[modifica] Nella penisola iberica (409-429)

Nell'autunno del 409, assieme a Svevi, Alani e Silingi, probabilmente con la complicità del governatore romano della penisola iberica, Geronzio, che mirava a crearsi uno stato indipendente, attraversarono i Pirenei dove per circa due anni portarono distruzioni e saccheggi.
Per due anni le popolazioni barbare che erano giunte nella penisola iberica, tre di origine germanica, i Vandali asdingi, i Vandali silingi ed i Suebi, e una non germanica, gli Alani, si aggirarono per le fiorenti campagne iberiche, abbandonandosi al saccheggio ed alle devastazioni. Dopo aver adottato un atteggiamento più pacifico furono convinti dal generale Costanzo, (promettendo che un terzo delle proprietà dei Romani sarebbe passato a loro), a trovare un accordo con l'imperatore Onorio: ottennero da Roma lo status di foederati, in cambio del giuramento di fedeltà all'imperatore (410). Nel 411, l'imperatore assegnò loro delle terre, tramite sorteggio; ai Suebi ed ai Vandali asdingi toccò la Gallaecia, ai Vandali silingi la Betica[1] ed agli Alani, la fazione più numerosa, la Lusitania e la Chartaginensis (con capitale Cartagena).

La pace durò solo pochi anni e già nel 416, il re dei visigoti, Walia si presentò, a nome dell'imperatore, nella penisola iberica con un possente esercito per liberarla dai barbari; attaccò, per primi, i vandali silingi che, dopo diversi scontri, nel 418, furono annientati ed il loro re, Fredbal, fu inviato prigioniero a Ravenna, dall'imperatore; i pochi superstiti si unirono ai Vandali Asdingi.
Quindi furono presi di mira gli Alani, e sempre nel 418, Attaco, re degli Alani, morì in una sanguinosa battaglia contro i Visigoti, guidati da Walia. Gli Alani, gravemente sconfitti, rinunciarono ad eleggere un nuovo re e molti dei sopravvissuti chiesero protezione ed al contempo offrirono la corona degli Alani al re dei Vandali, Gunderico, che la accettò, diventando da allora rex vandalorum et alanorum, re dei Vandali e degli Alani.
Prima che Walia, alla fine del 418, si scatenasse contro Suebi e Vandali asdingi, fu richiamato in Gallia dal generale romano Flavio Costanzo.

I Vandali, scampato il pericolo, si volse contro i Suebi, che si ritirarono sui monti asturiani e cantabrici e si arroccarono sulla Cordigliera Cantabrica; intervennero però le milizie romane, in soccorso dei foederati Svevi, che, nel 419, costrinsero i Vandali ad arretrare sino alla provincia loro assegnata, la Betica.

Alcuni anni dopo, sia nel 421 che nel 422, le orde vandale, guidate da Gunderico, riportarono una grande vittoria, grazie alla slealtà dei visigoti nei confronti dei Romani, contro un esercito romano-gotico guidato da Castino; in seguito a queste vittorie, molti porti iberici furono conquistati, e le galee requisite dai vincitori. I Vandali diventarono così la prima popolazione teutonica a sviluppare una propria marina e a darsi alla pirateria, con la quale arrivarono poco dopo, nel 425, a sbarcare e razziare in Mauritania e sulle Baleari.
In quegli stessi anni caddero anche gli ultimi due baluardi romani nel sud della penisola iberica: Cartagena e Siviglia.

Dopo la morte di Gunderico, avvenuta intorno al 428 a Siviglia, venne eletto nuovo sovrano il figlio illegittimo di Godigisel, il re dei Vandali Asdingi, Genserico, che cresciuto all'ombra del fratellastro, Gunderico, e versato nell'arte militare, iniziò subito ad accrescere il potere e la ricchezza del suo popolo, in Betica, nel sud della penisola iberica. Dato che i Vandali avevano subito numerosi attacchi da parte dei Visigoti, Genserico, poco dopo essere salito al trono, decise di lasciare loro la penisola iberica per volgersi alla conquista dell'Africa romana. Infatti, sembra che avesse iniziato a costruire una flotta ancora prima di essere asceso al potere.

Nel 429 Genserico guidò il suo popolo (circa 80.000 persone, di cui 15.000 in armi, i vandali erano valutati circa 50.000) nell'Africa, richiamatovi dalla situazione di caos venutosi a creare per la rivolta dei Mauri, che l'autorità imperiale non riusciva a controllare e forse chiamato dal generale romano Bonifacio caduto in sospetto presso la corte romana e vicino alla resa dei conti con il generale Ezio e l'imperatore Valentiniano III.
E mentre la popolazione si radunava al porto di imbarco di Julia Traducta, sulla punta più meridionale della penisola iberica, Genserico si volse contro i Suebi che, approfittando della partenza dei rivali, avevano invaso la Lusitania, e li sbaragliò.

[modifica] Alla conquista del Nordafrica (429-440)

Portata a termine la traversata (di circa 15 km) i Vandali si riversarono in Mauritania (l'odierno Marocco e l'attuale Algeria nordoccidentale), dove conquistarono Caesarea (l'attuale Cherchel, vicino ad Algeri) e l'attraversarono tutta. Giunti in Numidia Cirtensis o Cirtana (l'odierna Algeria orientale), sconfissero i Romani, e la conquistarono, nel 430. I Romani si erano però asserragliati nelle città, in particolare a Cirta ed Ippona; Bonifacio si era chiuso in Ippona, cui i Vandali posero l'assediò (durante l'assedio, il 28 agosto 430, morì sant'Agostino), ma, mancandogli le tecniche ed i macchinari per l'assedio, non riuscivano a prenderla; nel frattempo, inviato dall'imperatore d'Oriente, Teodosio II, era giunto, guidato da Aspar, un contingente militare che unitosi alle truppe di Bonifacio, attaccò i Vandali, che ripetutamente, nel 431, li sconfissero, costringendo Aspar a rientrare a Bisanzio e Bonifacio a rinchiudersi nuovamente a Ippona, che, finalmente cadde e fu conquistata dai Vandali di Genserico.

Dato che Bonifacio era stato richiamato in Italia (432), Genserico invase la Numidia proconsolare (le province di Zeugitana e di Byzacena). La guerra cominciava a pesare perché i Vandali avevano subito molte perdite e, a parte Ippona, non avevano conquistato le città ed infine si profilava una nuova spedizione imperiale guidata da Aspar, per cui furono intavolate trattative con l'imperatore Valentiniano III; il trattato di pace fu firmato ad Ippona l'11 febbraio 435 che riconobbe i Vandali al servizio dell'impero romano, come foederati, per il proconsolato di Numidia Cirtana, con capitale Ippona, senza la cessione formale di alcun territorio.

Genserico cominciò a comportarsi come un sovrano autonomo, destituendo sacerdoti ortodossi, che si opponevano all'arianesimo dei Vandali che, dal 437, cominciarono ad esercitare la pirateria; pirati vandali, unitisi ai pirati Berberi, in quell'anno, razziarono le coste siciliane.

Il 19 ottobre 439 conquistarono Cartagine, senza colpo ferire; ci fu saccheggio con atti di violenza, ma, stando alle cronache dell'epoca, nessun edificio fu deliberatamente distrutto o danneggiato; il clero cattolico e la nobiltà vissero il dramma della schiavitù o dell'esilio e tutte le proprietà ecclesiastiche vennero trasferite al clero ariano.

Essendosi impadroniti di una parte della flotta navale romana d'occidente, ormeggiata nel porto di Cartagine, nel 440, organizzarono incursioni in tutto il Mar Mediterraneo, sopratutto in Sicilia e Sardegna, i due granai dell'impero d'occidente, Corsica e le isole Baleari. Nel 441, essendo la flotta romana d'occidente incapace di difendersi dagli attacchi dei Vandali, arrivò nelle acque siciliane una flotta orientale, inviata da Teodosio II; i suoi navarchi però indugiarono senza agire, e quando i Persiani e gli Unni, sembra entrambi pagati da Genserico, attaccarono l'impero d'oriente, la flotta rientrò a Costantinopoli.

[modifica] Il regno vandalo in Africa

Cartina dell'Europa e dell'area mediterranea, dove sono messe in evidenza le popolazioni germaniche all'interno dell'impero romano
Cartina dell'Europa e dell'area mediterranea, dove sono messe in evidenza le popolazioni germaniche all'interno dell'impero romano

L'imperatore d'occidente Valentiniano III, nel 442, venne a patti con Genserico riconoscendo ai Vandali l'indipendenza e la sovranità sulle terre e sui popoli da loro conquistati, cioè la Mauretania Tingitana (attuale Marocco, donde si controllava lo stretto di Gibilterra), la Numidia Cirtensis, la Zeugitana e la Byzacena (l'insieme delle tre costituisce l'Algeria orientale e la Tunisia attuali). In questo modo fu raggiunta la pace.

Questo trattato segnò la fine delle migrazioni del popolo vandalo, che si stabilì nelle ricche terre della Zeugitana, costringendo i precedenti proprietari o a trasferirsi in altre località o a lavorare per i nuovi padroni in posizione subordinata. La stessa sorte toccò anche ai sacerdoti ortodossi che risiedevano nelle zone della cosiddetta "assegnazione vandalica".

Cartagine divenne la capitale del regno vandalo e Genserico approvò una nuova datazione che partiva dal 19 ottobre 439, data della presa di Cartagine. Per i successivi trent'anni, i Vandali compirono scorrerie nel Mediterraneo. Ciò nonostante le relazioni tra Genserico e l'impero si mantennero buone sino al 455.

[modifica] Sacco di Roma (455)

Saccheggio di Roma, di Heinrich Leutemann, del 1870
Saccheggio di Roma, di Heinrich Leutemann, del 1870

Nel 455, il 16 marzo, l'imperatore Valentiniano III, responsabile dell'uccisione di Ezio, fu a sua volta assassinato dai seguaci di Ezio.I Vandali, non riconoscendo l'usurpatore Petronio Massimo (che sembra fosse coinvolto in entrambi gli omicidi) ritennero decaduto il precedente trattato stipulato con Valentiniano. Da qui il pretesto per salpare alla volta dell'Italia (una leggenda narra che fosse l'imperatrice, Licinia Eudossia, a chiamarli); sbarcati a Porto, i Vandali affiancati da guerrieri Mauri marciarono su Roma, i cui abitanti si diedero alla fuga; Massimo, invece di combattere, si preparava anche lui alla fuga, ma fu ucciso da un soldato della sua guardia. Alla porta Portuense papa Leone I si fece incontro a Genserico e lo implorò di risparmiare la città e la sua popolazione. Genserico accettò e venne quindi accolto in città con il suo esercito. Sebbene la storia parli del violento saccheggio della città eterna da parte dei vandali (da qui la parola vandalismo), in realtà Genserico onorò il suo giuramento: non vi furono né eccidi, né incendi, né dissennate distruzioni e i suoi uomini non devastarono Roma, rispettando le chiese cristiane. Comunque il saccheggio iniziò il 2 giugno 455; fu il terzo Sacco di Roma dopo i Galli di Brenno (390 a.C.) e i Goti di Alarico (410). In questo frangente i Vandali portarono via denaro e tesori (furono spogliati il palazzo imperiale, il tempio di Giove Capitolino, col suo tetto aureo, scomparvero i tesori del Tempio di Gerusalemme portati a Roma da Tito dopo la vittoria del 70 sugli ebrei ed altro ancora), mentre Genserico condusse con sé la vedova di Valentiniano, Licinia Eudossia, e le sue figlie, Eudocia (che, giunta a Cartagine, fu data in moglie a Unerico, il figlio di Genserico) e Placidia ed il figlio di Ezio, Gaudenzio e molti notabili romani, che al rientro a Cartagine furono divisi, come schiavi, tra i partecipanti alla spedizione.

[modifica] Guerre con l'Impero romano

Avito, nuovo imperatore d'occidente dal 9 luglio 455, cercò, senza risultati, l'adesione dell'imperatore d'oriente, Marciano, per un'offensiva comune contro i Vandali, che nel frattempo, avevano occupato le restanti province della Mauretania (l'attuale Algeria centro-occidentale), con i Mauri pronti a riconoscere l'autorità vandalica.

All'inizio del 456, i Vandali conclusero un'alleanza con i Suebi di Rechiaro, che, rotto il trattato con l'impero, invase i territori della provincia Tarraconense, mentre, nello stesso tempo, Genserico attaccò le coste calabresi e siciliane. Sbarcati ad Agrigento, però i Vandali vennero sconfitti dal generale Ricimero, che, preso il mare incrociò la flotta vandala in Corsica e la sconfisse, sempre nel 456.

Gianserico saccheggia Roma nel 455
Gianserico saccheggia Roma nel 455

Nel 458, i Vandali tentarono di formare, in Gallia, una coalizione anti-imperiale con Burgundi e Visigoti, ma l'imperatore, Maggioriano, recandosi nel mese di novembre in Gallia la fece fallire, e poi passati i Pirenei, avanzò su Saragozza e poi sul porto di Cartagena. Da qui, nel maggio del 460, raggiunse il regno dei Vandali, sbarcando in Mauretania, mettendo paura a Genserico che inviò emissari per poter ottenere la pace; al rifiuto di Maggioriano, i Vandali devastarono la provincia e ne avvelenarono i pozzi, per rallentarne l'avanzata dell'esercito imperiale; i Vandali, non solo raggiunse lo scopo, ma, con l'aiuto di alcuni traditori, si impadronirono della flotta romana, ancorata a Illici Augusta a sud dell'odierna Alicante. Maggioriano allora venne a patti, concordò un armistizio e al suo rientro in Italia, a Tortona, perse la vita in una battaglia contro Ricimero il 7 agosto 461; in quello stesso anno sembra che i Vandali liberarono, dietro il pagamento di un riscatto, Licinia Eudossia e la figlia Placidia.

Tra la fine del 463 ed il 464, essendo ancora in guerra con l'impero perché non riconosceva il nuovo imperatore, Libio Severo, e poi perché non veniva accolta la sua richiesta di elevare al trono imperiale Anicio Olibrio, che, avendo nel frattempo sposato Placidia, era genero di suo figlio Unerico, fece un accordo col titolare del comando indipendente della Gallia del nord, Egidio, per attaccare contemporaneamente l'Italia; ma la cosa sfumò per l'improvvisa morte di Egidio. Comunque la situazione tra i Vandali e l'impero d'occidente rimase tesa.

Nel 467, l'imperatore d'oriente, Leone I, nominò il nuovo imperatore d'occidente, Antemio e lo fece scortare a Roma dal governatore indipendente dell' Illyricum, Marcellino, che avrebbe poi dovuto proseguire ed attaccare Cartagine; ma la mancanza di venti favorevoli abortì il tentativo; Genserico, seccato, sia per la mancata nomina ad imperatore d'occidente di Olibrio, che per l'ordine di Leone I di aggredire il suo regno, cominciò da quell'anno ad attaccare anche le coste dell'Illiria, dell'Epiro e della Grecia, non risparmiando neppure Alessandria.

Nel 468 il regno dei Vandali fu l'obiettivo dell'ultimo sforzo militare congiunto delle due parti dell'Impero, teso a sottometterli. Ma mentre i Vandali, venivano sconfitti dai generali Bizantini, in Tripolitania, e perdevano la Sardegna ad opera di Marcellino con parte della flotta, Genserico, sorprese ed incendiò il grosso della flotta nemica al comando del generale romano d'Oriente Basilisco a Capo Bon; meno della metà delle navi imperiali scamparono in Sicilia. Mentre Marcellino, riunite la sua flotta con quella rifugiatasi in Sicilia, si accingeva a salpare per Cartagine, nell'agosto dello stesso anno, fu assassinato da un suo subalterno (forse un sicario di Ricimero).
I Vandali rimasero signori incontrastati del Mediterraneo occidentale dallo stretto di Gibilterra alla Tripolitania.

Nel 474 fu stipulata la pace perpetua con l'imperatore Zenone, dell'Impero romano d'Oriente, i Vandali concessero completa libertà di culto agli ortodossi e permisero la nomina di un nuovo titolare alla carica vescovile di Cartagine (vacante dal 457). Da parte sua, Zenone, nel 476, confermò ai Vandali il possesso di tutta la provincia d'Africa (dallo stretto di Gibilterra alla Tripolitania), le isole Baleari (comprese le isole Pitiuse), la Corsica, la Sardegna e la Sicilia (quest'ultima, eccettuata la città di Lilibeo, di interesse strategico, fu ceduta ad Odoacre in cambio di un tributo annuo).

[modifica] Morte di Genserico e persecuzione dei Cattolici

In politica interna Genserico dette libertà di religione ai cattolici, ma volle che tutti i suoi stretti collaboratori si convertissero all'arianesimo. Durante il suo regno le tasse gravarono soprattutto sulle spalle delle ricche famiglie romane e del clero cattolico.
Sembrava che nulla potesse fermare la potenza dei Vandali, ma con la scomparsa di Genserico sembrò scomparire la capacità combattiva dei Vandali.
Genserico morì il 25 gennaio del 477, all'età di 87 anni (77 secondo alcune fonti), a Cartagine e, alla sua morte, divenne re il figlio Unerico.

Nonostante di fede ariana, come la maggior parte dei Vandali, Unerico si dimostrò all'inizio del suo regno tollerante con coloro che professavano la religione secondo il credo niceno, arrivando a permettere l'elezione di un nuovo vescovo di Cartagine nel 481, su richiesta dell'imperatore Zenone. Perseguitò inoltre gli adepti dell'eresia manichea.

Presto però iniziarono le persecuzioni anche contro i cattolici punendo tutti coloro che di etnia vandala che si erano convertiti al cattolicesimo, cercando di incamerare tutti i loro possedimenti. Comunque un gran numero di individui fu esiliato a causa del loro credo religioso. La politica nei confronti della religione era contraddittoria al punto che, dopo aver permesso il 1° febbraio 484 un concilio tra vescovi ariani e cattolici il 24 febbraio dello stesso anno emanò un decreto in cui ai sacerdoti cattolici fu proibito di esercitare qualsiasi funzione e di abitare sia in città che nei villaggi, tutte le chiese cattoliche e le loro proprietà passavano al clero ariano; i funzionari regi di fede ortodossa erano privati della loro carica e tutti i cittadini di fede ortodossa erano multati e se perseveravano nella loro fede, qualora non avessero abbracciato la dottrina ariana, entro il 1° giugno dello stesso anno sarebbero stati dichiarati eretici, gli sarebbero stati confiscati i loro beni e sarebbero stati deportati. Al loro deciso rifiuto migliaia di cattolici furono allora esiliati in Corsica e in veri e propri campi di concentramento nell'entroterra africano, dove morirono a centinaia per le condizioni di vita estreme e per la disidratazione.
Il decreto del 24 gennaio 484, in cui ai sacerdoti cattolici fu proibito di esercitare qualsiasi funzione e di abitare sia in città che in campagna, tutte le chiese cattoliche e le loro proprietà passavano al clero ariano. I funzionari regi di fede ortodossa erano privati della loro carica e tutti i cittadini di fede ortodossa erano multati e se perseveravano nella loro fede gli venivano confiscati i loro beni e venivano deportati. I più fortunati furono rimossi dagli uffici divini ma fu permesso loro di rimanere presso le precedenti diocesi, ma molti, torturati e bruciati vivi sul rogo, subirono il martirio in quella che fu una delle più crudeli persecuzioni della storia della cristianità.

Mentre in quel periodo i Vandali, rafforzando ulteriormente la marina, mantennero il controllo delle isole del mediterraneo occidentale, nell'entroterra africano tuttavia i Berberi iniziarono la conquista della regione corrispondente grossomodo all'odierna Algeria, creando ai Vandali non pochi problemi logistici a causa dei loro continui attacchi che minacciavano i collegamenti e le comunicazioni tra i possedimenti di Cartagine e Tangeri.

Unerico, che fu il primo Vandalo a fregiarsi del titolo di Re dei Vandali e degli Alani, fu colpito alla fine del 484 dalla peste (considerata dai cattolici una punizione divina per le sue persecuzioni) e morì dopo pochi giorni il 23 dicembre del medesimo anno. Gi successe il nipote Gutemondo.

In quegli anni, i più potenti rivali dei Vandali, cioè Visigoti, Ostrogoti e Impero Bizantino, erano impegnati in lunghe e sanguinose guerre, che impedirono loro di dedicarsi alla conquista del Regno Vandalo che, dopo aver toccato il suo apogeo sotto Genserico, iniziava ora un rapido declino. La persecuzione contro i Cattolici fu attenuata, e, nel 487, la maggior parte delle chiese ortodosse erano riaperte e gli ecclesiastici esiliati stavano rientrando. Stabilizzò quindi la situazione economica interna, che sotto Unerico era arrivata sull'orlo del collasso.
Approfittando del conflitto tra Odoacre e Teodorico, i Vandali cercarono di riappropriarsi della Sicilia, ma le truppe spedite sull'isola, nel 491, furono ricacciate dagli Ostrogoti e così fu perso il contributo che Odoacre versava al re dei Visigoti, dal 476, per il possesso dell'isola.

[modifica] VI secolo

[modifica] Decadenza del regno

A Guntemondo successe il fratello, Trasamondo, descritto dagli storici del tempo come un sovrano poco capace, un sovrano inadatto al suo ruolo. Sotto la sua guida il Regno dei Vandali subì continui attacchi dalle popolazioni berbere e dei Mauri che portarono alla perdita di quasi tutto il territorio che oggi fa parte dell'Algeria. Negli ultimi anni del suo regno inoltre l'importante città portuale di Leptis Magna, sulla costa mediterranea, fu saccheggiata e distrutta dai Berberi mettendo in risalto l'estrema debolezza in cui si trovava il Regno dei Vandali. Riuscì tuttavia a mantenere e consolidare una forte presa su quello che è considerato il "cuore" del Regno, oggi corrispondente al territorio tunisino, alla parte più orientale dell'Algeria e alla Tripolitania; le tribù di Tripoli però, negli ultimi anni di regno, si resero indipendenti e lo sconfissero duramente.

In politica interna, Trasamondo continuò la politica del fratello che aveva messo fine alle persecuzioni contro i cattolici, iniziate dallo zio Unerico, pur riprendendo una politica anticattolica, evitando però i metodi violenti, ripresero gli esili tra il clero cattolico, tra cui il vescovo di Cartagine, usandogli però i dovuti riguardi; questa politica gli permise di far progredire significativamente le relazioni con l'Impero Bizantino.

I Vandali fecero un'alleanza con gli Ostrogoti, e nel 500, in seconde nozze, Trasamondo sposò la sorella del loro re, Teodorico, Amalafrida, che portò in dote la città siciliana di Lilibeo ed il suo circondario (l'estremità occidentale della Sicilia). L'alleanza scricchiolò, tra il 510 ed il 511, quando i Vandali aiutarono il re dei Visigoti, Gesalico, figlio illegittimo di Alarico II che Teodorico considerava un usurpatore del trono a scapito del figlio legittimo di Alarico II, Amalarico, che per parte di madre era nipote di Teodorico; abbandonato Gesalico al suo destino, l'alleanza tra Vandali e Ostrogoti tornò solida.

A Trasamondo successe il cugino Ilderico, di circa sessant'anni, figlio primogenito di Unerico e di Eudocia, che tra il 484 e il 523, aveva vissuto per quasi quarant'anni a Costantinopoli, al seguito di Eudocia quando fu ripudiata, e che era rimasto in ottimi rapporti con i membri della corte imperiale, specialmente con Giustiniano I, che governava per conto dell'imperatore Giustino I. I Vandali non lo amarono poiché, invece di praticare l'arianesimo come i suoi predecessori, indotto dalla madre, si era da tempo convertito al cattolicesimo. A renderlo ulteriormente impopolare di fronte alla propria gente fu il suo carattere imbelle e la sua omosessualità, considerata dai Vandali come estremamente riprovevole.

Ilderico, richiamò gli esuli, restituì le chiese agli ortodossi e permise la nomina di un nuovo vescovo cattolico a Cartagine, e facilitò la conversione al cattolicesimo di molti Vandali, che allarmò la nobiltà vandala, e Amalafrida, la vedova del suo predecessore Trasamondo, ed la sua guardia ostrogota si ribellarono; i Goti finirono massacrati e l'ex regina in carcere. Il re degli Ostrogoti, Teodorico, nel 526, allestì una flotta per vendicare l'affronto, ma, prima di salpare, morì.

Ilderico si disinteressò completamente delle operazioni belliche dei Vandali e delegò per esse il proprio cugino Hoamer.
I Vandali dovettero contrastare la ribellione dei Mauri, iniziata con Trasamondo, che ormai controllavano la Mauritania Tingitana, la Mauritania Sitifense e la Numidia meridionale e dal 525 anche la Mauritania Cesariense, esclusa la capitale, Cesarea; inoltre nei suoi sette anni di governo l'esercito Vandalo subì numerose sconfitte da parte dei Berberi che strapparono al Regno la Tripolitana.

Dopo che, nel 530, un esercito inviato in soccorso a Cesarea fu battuto un colpo di stato, depose Ilderico, lo incarcerò e al suo posto fu eletto il capo della rivolta, Gelimero, cugino di Ilderico.

[modifica] Fine del regno

L'imperatore d'oriente Giustiniano I, che appoggiava Ilderico, intimò a Gelimero di esercitare pure il potere ma di rimettere almeno formalmente sul trono il vecchio re Ilderico. Gelimero rifiutò. Allora Giustiniano, che voleva restaurare l'impero nel Nord Africa, siglata la pace coi Persiani, nel 532, l'anno dopo, dichiarò guerra ai Vandali, considerati i tre fattori favorevoli:

  • il regno ostrogoto rimase neutrale permettendo ai bizantini l'approvvigionamento in Sicilia
  • il governatore vandalo della Sardegna si era ribellato
  • la popolazione romana d'Africa aveva promesso che avrebbe appoggiato i Bizantini.

Nell'estate del 533, al comando di Belisario, l'esercito bizantino sbarcò sul promontorio di Caput Vada. L'esercito vandalo oppose una grande resistenza, il 13 settembre, nella battaglia di Ad Decimum; dopo un iniziale vantaggio, alla morte di Gibamondo, nipote di Gelimero, i Vandali si scoraggiarono e furono sconfitti.
Belisario allora marciò su Cartagine che si consegnò ai Bizantini. Il 15 ottobre 533, domenica, Belisario, accompagnato dalla moglie Antonia, fece il suo formale ingresso a Cartagine risparmiandole saccheggio e massacro.
I Vandali assediarono la città, anche dal mare, ma dato che i rinforzi dalla Sardegna non arrivarono, tolsero l'assedio e a metà dicembre vi fu lo scontro decisivo; il 15 dicembre 533 Vandali e Bizantini si scontrarono nuovamente alla battaglia di Ticameron, a circa 30 chilometri da Cartagine. In questo combattimento morì Tzazo, fratello di Gelimero e fu il segnale della sconfitta, dove i tesori e la famiglia reale furono catturati dai Bizantini. Belisario puntò su Ippona, seconda città vandala ed in poco tempo occupò tutte la città del regno dei Vandali.

Nel marzo del 534, circondato sul monte Pappua, Gelimero si arrese a Belisario.
Secondo Procopio (La guerra vandalica, II, 9) Belisario portò parte della popolazione vandala a Costantinopoli, dove l'imperatore donò a Gelimero delle terre in Galazia, dove visse come un pensionato imperiale.
Ma il regno dei Vandali era scomparso per sempre.

Il regno vandalo d'Africa, incluso le isole, Sardegna, Corsica e Baleari venne riconquistato dai Bizantini. Ma alla caduta del regno vandalo si erano ribellate le tribù berbere ed i Mauri, che tennero impegnate le truppe Bizantine per circa quindici anni. La nuova provincia d'Africa si poté considerare definitivamente pacificata solo nel 548.
Dei Vandali però non rimasero molte tracce.

[modifica] Casata degli Asdingi

Nome Nascita Inizio Regno Fine Regno Morte
Godigisel 359  ?? 406 406
Gunderico 379 406 428 428
Genserico 389 ca 428 477 25 gennaio 477
Unerico  ?? 477 484 23 dicembre 484
Gutemondo 450 ca 484 496 496
Trasamondo 450 496 523 523
Ilderico 460 523 530 533
Gelimero 480 530 534 553

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti


[modifica] Bibliografia

  • Ludwig Schmidt e Christian Pfister, I regni germanici in Gallia «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 275-300
  • Rafael Altamira, La Spagna sotto i Visigoti «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 743-779
  • Peisker, Ludwig Schmidt e F.G.M. Beck, I popoli asiatici e Attila. La conquista germanica della Britannia in «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999 pp. 320-372
  • Ernest Barker, L'Italia e l'occidente dal 410 al 476 «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 373-419
  • Maurice Domoulin, Il regno d'Italia sotto Odoacre e Teodorico «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 420-444
  • E.W. Brooks, Le province dell'oriente da Arcadio a Anastasio in «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 445-479
  • Charles Diehl, Giustiniano. La restaurazione imperiale in occidente «Storia del mondo medievale», vol. I, 1999, pp. 572-596.
  • G. Berndt/R. Steinacher, Das Reich der Vandalen und seine (Vor-)geschichten (Forschungen zur Geschichte des Mittelalters 13, OeAw Denkschriften der phil.-hist. Klasse 366, Wien 2008).


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