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Impero romano - Wikipedia

Impero romano

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Impero romano
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Impero romano - Bandiera
Impero romano - Stemma
(dettagli) (dettagli)
Motto: Senatus PopulusQue Romanus
Il Senato e il Popolo Romano

Descrizione generale
Nome completo: Impero romano
Nome ufficiale: IMPERIVM ROMANVM
Lingue: latino e greco
Capitale: Roma
Altre capitali: Treviri, Milano, Nicomedia,Sirmio, Ravenna, Londra (Londinium) e Costantinopoli
Forma politica
Forma di governo: Principato, Dominato
Imperatore (Cesare e Augusto): Elenco
Organi deliberativi: Senato romano
Nascita: 16 gennaio 27 a.C. con Augusto
Causa: Guerre civili
Fine: 17 gennaio 395 con Teodosio I
Causa: Divisione tra gli eredi al trono Onorio e Arcadio
Territorio e popolazione
Bacino geografico: Europa e Mediterraneo
Territorio originale: Italia
Province: elenco
Massima estensione: 2,3 milioni di miglia quadrate nel II secolo
Popolazione: tra 55 milioni e 120 milioni nel IV secolo
Economia
Moneta: Solido, aureo, denario, sesterzio, asse
Risorse: oro, argento, ferro, stagno, ambra, cereali, pesca, ulivo, vite, marmi
Produzioni: vasellame, oreficeria, armi
Commerci con: Parti, Africa subsahariana, India, Arabia, Ceylon, Cina
Esportazioni: oro
Importazioni: schiavi, animali, seta, spezie
Religione e Società
Religioni preminenti: religione greca, religione egiziana, mitraismo
Religione di stato: religione romana sino al 27 febbraio 380, quindi religione cristiana
Religioni minoritarie: religione ebraica, druidismo
Classi sociali: cittadini romani (patrizi e plebei), liberi e schiavi

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Evoluzione storica
Preceduto da:
Succeduto da:
Repubblica Romana Impero Romano d'Occidente e Impero Romano d'Oriente
Cambiamenti nel tempo dell'estensione dei domini della Repubblica di Roma, dell'Impero romano e della sua prosecuzione nell'Impero bizantino
Cambiamenti nel tempo dell'estensione dei domini della Repubblica di Roma, dell'Impero romano e della sua prosecuzione nell'Impero bizantino

Con il termine di Impero romano (latino: Imperium Romanum) è indicato lo Stato romano così come consolidatosi nell'area euro-mediterranea tra il I secolo a.C. e il IV secolo.

Le due date che convenzionalmente identificano l'inizio e la fine dell'impero sono il 27 a.C., anno d'inizio del principato di Ottaviano, con il conferimento del titolo di Augusto, e il 395, quando alla morte di Teodosio I l'impero fu definitivamente separato tra la sua pars occidentalis e quella orientalis.

Indice

[modifica] Definizione e concetto di Impero Romano

Le due date indicate come inizio e fine convenzionali dell'Impero Romano, come spesso accade nelle definizioni dei periodi storici sono puramente arbitrarie. In particolare per tre ragioni: sia perché non vi fu mai una vera e propria fine formale della Res publica romana, le cui istituzioni non furono mai abolite, ma semplicemente persero il potere effettivo a vantaggio dell'imperatore; sia perché nei quattrocentoventidue anni tra esse compresi si alternarono due fasi caratterizzate da forme di organizzazione e legittimazione del potere imperiale profondamente diverse, il Principato e il Dominato; sia perché anche dopo la divisione dell'impero le due parti continuarono a sopravvivere, l'una sino alla deposizione dell'ultimo cesare d'Occidente Romolo Augusto nel 476 (o più precisamente fino alla morte del suo predecessore, Giulio Nepote, che si considerava ancora imperatore), l'altra perpetuandosi per ancora un millennio in quell'entità nota come Impero bizantino. L'anno 476 è stato inoltre convenzionalmente considerato come data di passaggio tra evo antico e Medioevo.

Se per alcuni - e in parte per gli stessi antichi - già l'assunzione nel 49 a.C. della dittatura da parte di Gaio Giulio Cesare può segnare la fine della Repubblica e l'inizio di una nuova forma di governo (tanto che il nome stesso di caesar divenne titolo e sinonimo di imperatore), è anche vero che per essi l'impero di Roma esisteva già da tempo, da quando cioè la città repubblicana aveva iniziato a legare a sé i territori conquistati sotto forma di province, estendendo su di esse il proprio imperium, cioè l'autorità politico-militare dei propri magistrati (ciò accadde a partire dalla Sicilia, nel 241 a.C.).

Il 31 a.C., invece, anno in cui la flotta romana comandata dal generale Marco Vipsanio Agrippa sconfisse quella egiziana guidata da Marco Antonio e Cleopatra presso Azio, in Grecia, segnando la fine del secondo triumvirato e la definitiva sconfitta dell'unico vero avversario di Ottaviano per il predominio a Roma, rappresenta l'inizio effettivo del potere di Augusto, ponendo infatti fine a quella lunga serie di guerre civili che avevano segnato nell'ultimo secolo la crisi della Repubblica. In breve tempo, Ottaviano divenne arbitro e padrone dello Stato: inaugurò nel 27 a.C. la definitiva forma del suo principato e governò pur senza detenere nessuna carica, con una formula di primus inter pares, pater patriae, princeps e, soprattutto, augustus, titolo onorifico conferitogli in quell'anno dal Senato, per indicare il carattere sacrale e propiziatorio della sua persona. È vero anche che Augusto ebbe pieni poteri solo nel 12 a.C., quando divenne Pontefice Massimo. Durante l'anarchia militare infatti, quando alla guida di Roma c'erano due imperatori, quello che aveva più potere era quello che ricopriva anche la carica di Pontefice Massimo.

In realtà, però, la denominazione di imperium ha un senso più generale di quello a noi oggi familiare: è Tito Flavio Vespasiano il primo ad assumere la carica formale di Imperator. Prima di Vespasiano, il titolo di Imperator era attribuito semplicemente al comandante in capo dell'esercito romano. Ottaviano, del resto, rispettò formalmente le istituzioni repubblicane, ricoprendo diverse cariche negli anni che lo portarono comunque ad ottenere un potere tale, che nessun altro uomo prima di lui a Roma aveva mai ottenuto.

L'Impero Romano arrivò all'apice della sua potenza durante i principati di Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Alla morte di quest'ultimo, il potere passò al figlio Commodo, che portò il principato verso una forma più autocratica e teocratica. Il potere delle istituzioni tradizionali si andò indebolendo e il fenomeno proseguì con i suoi successori, sempre più bisognosi dell'appoggio dell'esercito per governare. Il ruolo del Senato nei secoli successivi si ridusse progressivamente, fino a divenire del tutto formale. La dipendenza sempre più accentuata del potere imperiale dall'esercito condusse a un periodo di forte instabilità, definito dagli storici come "anarchia militare".

Dopo circa 70 anni di instabilità, salì al potere il generale illirico Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, che riorganizzò il potere imperiale istituendo la tetrarchia, ovvero una suddivisione dell'impero in quattro parti, due affidate agli augusti (Massimiano e lo stesso Diocleziano) e due affidate ai cesari (Costanzo Cloro e Galerio), che erano anche i successori designati. Il sistema, però, non resse, e quando Diocleziano si ritirò a vita privata scoppiarono nuove lotte per il potere, dalle quali uscì vincitore Costantino, figlio di Costanzo Cloro.

Dopo la sua morte ripresero le lotte per il potere e i territori dell'impero furono spesso divisi tra diversi imperatori co-regnanti. L'ultimo grande imperatore dell'Impero Romano unito fu Teodosio, che nominò suoi eredi con pari dignità i suoi due figli: Arcadio per la parte orientale ed Onorio per la parte occidentale. Alla sua morte, avvenuta nel 395 d.C., l'Impero si divise quindi in due parti, che non furono mai più riunite. Teodosio, inoltre, con l'editto di Tessalonica, proibiva i culti pagani, decretando la loro fine e la trasformazione dell'impero in uno stato cristiano. Anche in questo caso i contemporanei non sentirono di vivere un evento epocale, poiché percepivano di essere ancora parte di un unico mondo, di un'unica romanità, anche se amministrata separatamente, come del resto era già accaduto più volte in passato.

La parte occidentale, più provata economicamente, politicamente, militarmente e demograficamente per via delle continue lotte dei secoli precedenti e per la pressione delle popolazioni barbariche ai confini collassò rapidamente e, già nei primi 20 anni del V secolo, gli Imperatori d'Occidente videro venir meno la loro influenza in tutto il nord Europa (Gallia, Britannia, Germania) ed in Spagna, mentre gli Unni, negli stessi anni, si stabilivano in Pannonia.

L'Impero d'Occidente, secondo la storiografia classica, ebbe termine nel 476, con la deposizione di Romolo Augusto da parte di Odoacre, generale mercenario di origini scire. Romolo era stato posto sul trono appena l'anno prima dal padre, il generale Flavio Oreste. Secondo un'altra corrente storiografica, però, la fine formale dell'Impero d'Occidente la si può stabilire con l'assassinio, avvenuto nel 480 e commissionato da Odoacre, di Giulio Nepote, l'ultimo imperatore legittimo, che pure regnò solo formalmente.

La fine dell'impero occidentale rappresentò la fine dell'unità romana del bacino mediterraneo (il cosiddetto mare nostrum) e privò la romanità superstite dell'antica patria. La perdita di Roma costituisce un altro evento cardinale per la determinazione della fine di un mondo. La parte orientale, per la quale è, d'altra parte, incerto il momento in cui sia corretto parlare di Impero Bizantino, continuò ad esistere sino alla caduta di Costantinopoli (1453) e degli ultimi baluardi di Mistrà (1460) e Trebisonda (1461): essa continuò a dirsi e sentirsi Impero Romano.

Pur non essendo il più vasto impero mai esistito, spettando tale primato innanzitutto all'Impero Mongolo, quello di Roma è considerato il più grande in termini di gestione e qualità del territorio, di organizzazione socio-politica e di importanza del segno lasciato nella storia dell'umanità. In tutti i territori sui quali estesero i propri confini i romani costruirono città, strade, ponti, acquedotti, fortificazioni, esportando ovunque il loro modello di civiltà e al contempo assimilando le popolazioni e civiltà assoggettate, in un processo così profondo che per secoli ancora dopo la fine dell'impero queste genti continuarono a dirsi romane. La civiltà nata sulle rive del Tevere, cresciuta e diffusasi in epoca repubblicana ed infine sviluppatasi pienamente in età imperiale, è alla base dell'attuale civiltà occidentale.

Gli Stati successori in Occidente (il Regno franco e il Sacro Romano Impero) ed in Oriente (l'impero bulgaro prima, e successivamente la Russia degli Zar) continuarono ad usare i titoli adottati dall'Impero romano, sino all'epoca delle rivoluzioni e ancora oggi le istituzioni politiche, sociali e giuridiche delle democrazie occidentali si ispirano a Roma ed alla sua storia millenaria.

[modifica] L'ascesa di Augusto e gli imperatori Giulio-Claudi

Questa voce è parte della serie

Storia di Roma


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Per approfondire, vedi le voci Dinastia giulio-claudia e Albero genealogico Giulio-Claudio.

[modifica] Augusto

Per approfondire, vedi la voce Ottaviano Augusto.

Quando la Repubblica Romana (509 a.C. - 31 a.C.) era ormai preda di una crisi istituzionale irreversibile, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, pronipote di Giulio Cesare e da lui adottato, rafforzò la sua posizione con la sconfitta del suo unico rivale per il potere, Marco Antonio, nella battaglia di Azio. Anni di guerra civile avevano lasciato Roma quasi senza legge. Essa, tuttavia, non era ancora del tutto disposta ad accettare il controllo di un despota.

Ottaviano agì astutamente. Per prima cosa sciolse il suo esercito ed indisse le elezioni. Ottenne, in tal modo, la prestigiosa carica di console. Nel 27 a.C., restituì ufficialmente il potere al Senato di Roma, e si offrì di rinunciare alla sua personale supremazia militare ed egemonia sull'Egitto. Non solo il Senato respinse la proposta, ma gli fu anche dato il controllo della Spagna, della Gallia e della Siria. Poco dopo, il Senato gli concesse anche l'appellativo di "Augusto".

Augusto sapeva che il potere necessario per un governo assoluto non sarebbe derivato dal consolato. Nel 23 a.C., rinunciò a questa carica, ma si assicurò il controllo effettivo, assumendo alcune "prerogative" legate alle antiche magistrature repubblicane. Gli fu, innanzitutto, garantita a vita la tribunicia potestas, legata in origine alla magistratura dei tribuni della plebe, che gli permetteva di convocare il Senato, di decidere , porre questioni avanti ad esso, porre il veto alle decisioni di tutte le magistrature repubblicane e di fruire della sacrale inviolabilità della propria persona. Ricevette, inoltre, l'imperium proconsolare maximo, ossia il comando supremo su tutte le milizie in tutte le provincie(questo era uno delle prerogativa del proconsole nella regione di sua competenza). Il conferimento da parte del Senato di queste due prerogative gli dava autorità suprema in tutte le questioni riguardanti il governo del territorio. Il 27 a.C. e il 23 a.C. segnano le principali tappe di questa vera e propria riforma costituzionale, con la quale si considera che Augusto assumesse concretamente i poteri propri di imperatore di Roma. Egli tuttavia fu solito usare titoli quali "Principe" o "Primo Cittadino".

Con i nuovi poteri che gli erano stati conferiti, Augusto organizzò l'amministrazione dell'Impero con molta padronanza. Stabilì moneta e tassazione standardizzata; creò una struttura di servizio civile formata da cavalieri e da uomini liberi (mentre in precedenza erano prevalentemente schiavi) e previde benefici per i soldati al momento del congedo. Suddivise le province in senatorie (controllate da proconsoli di nomina senatoria) ed in imperiali (governate da legati imperiali).

Fu un maestro nell'arte della propaganda, favorendo il consenso dei cittadini alle sue riforme. La pacificazione delle guerre civili fu celebrata come una nuova età dell'oro dagli scrittori e poeti contemporanei, come Orazio, Livio e soprattutto Virgilio. La celebrazione di giochi ed eventi speciali rafforzavano la sua popolarità.

Augusto inoltre per primo creò un corpo di vigili, ed una forza di polizia per la città di Roma, che fu suddivisa amministrativamente in 14 regioni.

Il controllo assoluto dello stato gli permise di indicare il suo successore, nonostante il formale rispetto della forma repubblicana. Inizialmente si rivolse al nipote Marco Claudio Marcello, figlio della sorella Ottavia, al quale diede in sposa la figlia Giulia. Marcello morì tuttavia nel 23 a.C.: alcuni degli storici successivi ventilarono l'ipotesi, probabilmente infondata, che fosse stato avvelenato da Livia Drusilla, moglie di Augusto.

Augusto maritò quindi la figlia alla sua "mano destra", Agrippa. Da questa unione nacquero tre figli: Caio Cesare, Lucio Cesare e Postumo (così chiamato perché nato dopo la morte del padre). I due maggiori furono adottati dal nonno con l'intento di farne i suoi successori, ma morirono anch'essi in giovane età. Augusto mostrò anche favore per i suoi figliastri (figli del primo matrimonio di Livia) Tiberio e Druso, che conquistarono a suo nome nuovi territori nel nord.

Dopo la morte di Agrippa nel 12 a.C., il figlio di Livia, Tiberio, divorziò dalla prima moglie, figlia di Agrippa e ne sposò la vedova, Giulia. Tiberio fu chiamato a dividere con l'imperatore la tribunicia potestas, che era fondamento del potere imperiale, ma poco dopo si ritirò in esilio volontario a Rodi. Dopo la morte precoce di Caio e Lucio nel 4 e 2 a.C. rispettivamente, e la precedente morte del fratello Druso maggiore (9 a.C.), Tiberio fu richiamato a Roma e venne adottato da Augusto, che lo designava in tal modo proprio erede.

L'imperatore Tiberio
L'imperatore Tiberio

Il 9 agosto 14, Augusto morì. Poco dopo il Senato decretò il suo inserimento fra gli dei di Roma. Postumo Agrippa e Tiberio erano stati nominati coeredi. Tuttavia Postumo era stato esiliato e venne ben presto ucciso. Si ignora chi avesse ordinato la sua morte, ma Tiberio ebbe la via libera per assumere lo stesso potere che aveva avuto il padre adottivo.

[modifica] Tiberio

Per approfondire, vedi la voce Tiberio Claudio Nerone.

I primi anni del regno di Tiberio furono pacifici e relativamente tranquilli. Tiberio assicurò il potere di Roma e la sua ricchezza. Nel 19 fu accusato della morte del nipote Germanico, amatissimo dal popolo. Nel 23 morì suo figlio, Druso minore. Tiberio si ritirava sempre più in se stesso, dando nel frattempo il via ad una serie di processi e di esecuzioni per tradimento. Finì per ritirarsi nella sua villa di Capri nel (26), lasciando il potere nelle mani del comandante della guardia pretoriana, Elio Seiano, il quale proseguì con le persecuzioni. Anche lui cominciò a consolidare il proprio potere; nel 31 fu nominato console insieme a Tiberio e sposò Livilla, nipote dell'Imperatore, ma la sua potenza divenne eccessiva e la paranoia dell'Imperatore ch'egli aveva sfruttato tanto abilmente finì per colpirlo. Lo stesso anno, Seiano fu messo a morte, insieme a molti dei suoi amici. Le persecuzioni continuarono fino alla morte di Tiberio, che avvenne nel 37.

[modifica] Caligola

Per approfondire, vedi la voce Caligola.

Al momento della morte di Tiberio, molti dei personaggi che avrebbero potuto succedergli erano stati brutalmente uccisi. Il successore più logico (scelto anche da Tiberio) era Gaio (meglio conosciuto col nome di Caligola, per la sua abitudine di portare delle calzature militari, o caligae), suo pronipote e figlio di Germanico. Caligola iniziò il regno ponendo fine alle persecuzioni e bruciando gli archivi dello zio. Sfortunatamente, però, cadde presto malato: gli storici successivi, probabilmente alterando in parte la verità, riportano una serie di suoi atti insensati che avrebbero avuto luogo a partire dalla fine del 37 d.C.. Pare, ad esempio, che avesse ordinato ai suoi soldati di invadere la Britannia, ma che avesse cambiato parere all'ultimo minuto, mandandoli invece a raccogliere conchiglie sulla riva del mare. Venne inoltre accusato di intrattenere rapporti incestuosi con le proprie sorelle. Celebre è anche la sua presunta decisione di elevare alla dignità della porpora un suo cavallo. Il suo ordine di erigere nel tempio di Gerusalemme una statua che lo raffigurasse, sebbene fosse di normale amministrazione nelle province orientali (in cui il culto riservato al sovrano aveva funzione di collante istituzionale), scatenò l'opposizione degli Ebrei. Nel 41, Caligola cadde vittima di una congiura, assassinato dal comandante dei pretoriani Cassio Cherea. L'unico membro rimasto della famiglia imperiale era un altro nipote di Tiberio: Tiberio Claudio Druso Nerone Germanico, meglio noto come Claudio.

[modifica] Claudio

Per approfondire, vedi la voce Tiberio Claudio Druso.

Claudio era stato a lungo considerato un debole ed un pazzo dal resto della famiglia. E tale fama, alla quale contribuì anche lo scrittore Tacito, gli rimase per tradizione. Egli non fu tuttavia né paranoico come lo zio Tiberio, né pazzo come il nipote Caligola, e fu invece capace di amministrare con responsabile capacità. Riorganizzò la burocrazia e mise ordine nella cittadinanza e nei ruoli senatoriali. Proseguì la conquista e colonizzazione della Britannia, creando nel 43 la nuova provincia, ed aggiunse all'Impero molte province orientali. In Italia costruì un porto invernale ad Ostia, creando magazzini per accumulare granaglie e cereali provenienti da altre parti dell'Impero e da usare nella cattiva stagione.

Sul fronte familiare, Claudio ebbe meno successo. La moglie Messalina lo tradiva e fu quindi messa a morte; successivamente sposò la nipote Agrippina. Questa, insieme con molti dei suoi liberti, aveva uno straordinario potere su di lui e probabilmente lo uccise nel 54. Claudio nello stesso anno fu inserito fra gli dei. La morte di Claudio spianò la strada al figlio di Agrippina, il sedicenne Lucio Domizio Enobarbo, che adottato da Claudio aveva preso il nome di Tiberio Claudio Nerone Domiziano, noto come Nerone.

[modifica] Nerone

Per approfondire, vedi la voce Nerone.

Inizialmente, Nerone lasciò il governo di Roma a sua madre ed ai suoi tutori, in particolare a Seneca. Tuttavia, divenendo adulto, il suo desiderio di potere aumentò: fece giustiziare la madre ed i tutori. Durante il suo regno ci fu una serie di rivolte e ribellioni in tutto l'Impero: in Britannia, Armenia, Partia e Giudea. L'incapacità di Nerone di gestire le ribellioni e la sua sostanziale incompetenza divennero rapidamente evidenti e nel 68, cosicché perfino la guardia Imperiale lo abbandonò. Nerone si suicidò, e l'anno 69 (noto come l'anno dei quattro Imperatori) fu un anno di guerra civile, con gli Imperatori Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano al trono in rapida successione. Alla fine dell'anno, Vespasiano riuscì a consolidare il suo potere come Imperatore di Roma.

[modifica] I Flavi

Per approfondire, vedi la voce Dinastia Flavia.

[modifica] Vespasiano

Per approfondire, vedi la voce Tito Flavio Vespasiano.

Vespasiano era stato un Generale Romano di notevole successo ed aveva amministrato molte parti esterne dell'Impero. Sua grande azione fu la repressione della rivolta in Giudea.

Aveva sostenuto la candidatura imperiale di Galba; tuttavia alla sua morte, Vespasiano divenne il maggior aspirante al trono. Dopo il suicidio di Otone, Vespasiano riuscì a dirottare la fornitura invernale del grano per Roma, mettendosi in ottima posizione per sconfiggere l'ultimo rivale, Vitellio. Il 20 dicembre 69, alcuni sostenitori di Vespasiano occuparono Roma. Vitellio fu ucciso dalle sue truppe, ed il giorno successivo il Senato confermò Imperatore Vespasiano.

Vespasiano fu praticamente un autocrate, ed ebbe molto meno appoggio dal Senato dei suoi predecessori Giulio-Claudii. Questo è esemplificato dal fatto che lui stesso riferisce la sua salita al potere il 1° luglio quando fu proclamato Imperatore dalle truppe, invece del 21 dicembre quando fu confermato dal Senato. Egli volle, negli anni successivi, espellere i Senatori a lui contrari.

Vespasiano riuscì a liberare Roma dai problemi finanziari creati dagli eccessi di Nerone e dalle guerre civili. Aumentando le tasse in modo drammatico (talvolta più che raddoppiate), egli riuscì a raggiungere una eccedenza di bilancio ed a realizzare progetti di lavori pubblici. Egli fu il primo committente del Colosseo e costruì un Foro il cui centro era il Tempio della Pace.

Vespasiano fu inoltre effettivamente imperatore delle province. I suoi generali soffocarono ribellioni in Siria e Germania. Infatti in Germania riuscì ad allargare le frontiere dell'Impero, e gran parte della Bretagna fu portata sotto il dominio di Roma. Inoltre estese la cittadinanza romana agli abitanti della Spagna.

Un altro esempio delle sue tendenze monarchiche fu la sua insistenza che gli succedessero i figli Tito e Domiziano; il potere imperiale non era visto allora come ereditario. Tito, che aveva avuto qualche successo militare all'inizio del regno di Vespasiano, fu visto come il supposto erede al trono; Domiziano era visto come meno disciplinato e responsabile. Tito affiancò il padre nei compiti di censore e console e lo aiutò nel riorganizzare i ruoli del Senato. Il 23 giugno 79, alla morte di Vespasiano, Tito fu immediatamente confermato imperatore.

[modifica] Tito

Per approfondire, vedi la voce Tito Flavio Cesare.

Il breve regno di Tito fu segnato dai disastri: nel 79 l'eruzione del Vesuvio distrusse Pompei, e nell'80 un incendio distrusse gran parte di Roma. La sua generosità nella ricostruzione dopo le tragedie, lo rese molto popolare. Tito fu molto fiero dei suoi progressi nella costruzione del grande anfiteatro cominciato dal padre. Egli tenne la cerimonia inaugurale nell'edificio non ancora terminato durante gli anni ottanta, con un grandioso spettacolo in cui si esibirono cento gladiatori e che durò cento giorni. Tuttavia il Colosseo fu completato solo durante il regno di Domiziano. Tito morì nell'81 a 41 anni e ci furono voci che fosse stato assassinato dal fratello impaziente di succedergli.

[modifica] Domiziano

Per approfondire, vedi la voce Tito Flavio Domiziano.

Fu con Domiziano che i rapporti già tesi tra la dinastia flavia ed il senato si andarono sempre più logorando. Le cause di questo difficile sodalizio furono dapprima la divinizzazione del culto personale dell'imperatore secondo modalità tipicamente ellenistiche ed in seguito il divorzio dalla moglie Domizia, di estrazione senatoria. Anche sul fronte esterno le cose non andavano meglio; nonostante i successi della guerra britannica, finita nell'84, e la vittoria sui Catti, la Guerra Dacica (85-89) finì col pagamento dell'alleanza con Decebalo. Nell'89 Domiziano dovette reprimere la ribellione di Antonino Saturnino a Magonza. La parte finale del suo regno fu macchiata dalla condanna dei filosofi e, nel 95, dalla persecuzione contro i Cristiani. L'anno seguente Domiziano morì, vittima di una congiura.

[modifica] Gli imperatori adottivi

Per approfondire, vedi le voci Dinastia degli Antonini e Albero genealogico degli Antonini.

Il periodo che va dalla fine del I alla fine del II secolo è caratterizzato da una successione non più dinastica, ma adottiva, basata sui meriti dei singoli scelti dagli imperatori come loro successori.

[modifica] Nerva

Per approfondire, vedi la voce Marco Cocceio Nerva.

Marco Cocceio Nerva fu un aristocratico romano, divenuto poi imperatore.

Era figlio di Cocceio Nerva, famoso giureconsulto, e di Sergia Plautilla, figlia del console Popilio Lena.

Fu l'ultimo imperatore italiano sia di nascita che di famiglia. Nerva non aveva seguito l'usuale carriera amministrativa (il cursus honorum), anche se era stato console durante l'impero di Vespasiano nel 71 e con Domiziano nel 90. Nerva era molto stimato come anziano senatore ed era noto come persona mite e accorta. Alla morte di Domiziano, Nerva acconsentì a divenirne il successore e fu acclamato imperatore in Senato da tutte le classi concordi sul suo nome.

Durante il suo regno, breve ma significativo, apportò un grande cambiamento: il "principato adottivo". Questa riforma prevedeva che l'imperatore in carica in quel momento dovesse decidere, prima della sua morte, il suo successore all'interno del senato. Questo faceva sì che i senatori venissero responsabilizzati.

[modifica] Traiano

Per approfondire, vedi la voce Marco Ulpio Nerva Traiano.

Nerva adottò un eminente personaggio militare, Traiano. Durante l'impero di quest'ultimo (98-117), le conquiste derivanti dalle guerre daciche e dalle campagne contro i Parti, con la creazione di tre nuove province (Armenia, Mesopotamia e Assiria), consentirono all'impero di raggiungere la sua massima estensione.

[modifica] Adriano

Per approfondire, vedi la voce Publio Elio Traiano Adriano.

A lui succedette Adriano (117-138), che accrebbe i poteri del principe rispetto a quelli del senato ed unificò la legislazione dell'impero. Negli anni del suo regno vi fu un periodo di pace, turbata esclusivamente dalla seconda rivolta giudaica (132-135), e l'imperatore si occupò della fortificazione dei confini settentrionali, con la realizzazione del Vallo di Adriano in Britannia ed il consolidamento del confine germanico.

[modifica] Antonino Pio

Per approfondire, vedi la voce Antonino Pio.

Antonino Pio (138-161), capostipite della Dinastia degli Antonini, continuò la politica pacifica del predecessore, fu un saggio amministratore e riconfermò al senato le prerogative passate, tanto da meritarsi l'appellativo di Pio.

[modifica] Marco Aurelio

Per approfondire, vedi la voce Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto.

Alla sua morte gli succedettero Marco Aurelio (161-180) e Lucio Vero, morto nel 169. Il periodo del regno dell'imperatore filosofo non fu felice come i precedenti: dal 162 al 165 vi fu una guerra contro i Parti, nel 166 scoppiò una pestilenza, dal 167 al 175 le campagne contro Marcomanni e Quadi e la rivolta di Avidio Cassio in Oriente misero a dura prova le finanze dell'impero. I prodromi della crisi che investì l'impero romano nel III secolo si fecero maggiormente sentire con la successione al trono di Commodo (180-192).

[modifica] Commodo

Per approfondire, vedi la voce Commodo.

Il figlio di Marco Aurelio incrinò l'equilibrio istituzionale raggiunto e con il suo atteggiamento dispotico favorì il malcontento delle province e dell'aristocrazia. Il suo assassinio diede il via ad un periodo di guerre civili.

L'ultimo periodo della pax romana può essere considerata l'età più felice dell'impero romano: tramite la politica di pace instaurata e la prosperità derivatane il governo imperiale attirò consensi unanimi, tanto che Nerva ed i suoi successori sono anche noti come i cinque buoni imperatori.

Lo sviluppo economico e la coesione politica ed ideale, raggiunta anche per l'adesione delle classi colte ellenistiche, che contraddistinsero il secondo secolo, non devono, comunque, trarre in inganno, in quanto da lì a poco l'impero comincerà a mostrare i primi sintomi della decadenza.

[modifica] I Severi

Per approfondire, vedi le voci Dinastia dei Severi e Albero genealogico dei Severi.

È ormai evidente come gli aspiranti imperatori debbano passare attraverso il consenso militare. I pretendenti alla più alta carica sono di due tipi: italici, cioè persone che fino ad allora hanno formato la classe dirigente dell'impero e che cercano il consenso dell'esercito attraverso forti donazioni. I secondi sono invece militari provenienti dalle zone periferiche e che durante la loro carriera hanno già guadagnato il consenso del loro esercito. Nel 192 riesce ad acquistare il titolo di imperatore Pertinace. Tre mesi dopo Didio Giuliano riesce a farlo eliminare dai pretoriani in cambio di forti donazioni. Intanto dalle periferie arrivano Clodio Albino, Pescennio Nigro e Settimio Severo, tre militari che aspirano a prendere il posto di Giuliano. Sarà Severo, fondatore di una nuova dinasta, a essere nominato nuovo imperatore dal Senato.

[modifica] Settimio Severo

Per approfondire, vedi la voce Lucio Settimio Severo.

Settimio Severo passerà i primi quattro anni di regno a eliminare gli altri aspiranti imperatori. Muore nel 211.

[modifica] Caracalla

Per approfondire, vedi la voce Caracalla.

Nel 211 succede a suo padre Settimio Severo ed è imperatore Caracalla. Nel 212 egli promulga la constitutio antoniana de civitate, l'editto con il quale estende la cittadinanza romana a tutti i sudditi dell'impero, con rare eccezioni. Tra i vari motivi di tale decisione vi è sicuramente un esigenza finanziaria: con tale editto non solo vengono estesi i diritti, ma anche i doveri. Del resto tutti i sudditi dovevano pagare le tasse per la successione o per la monimissione (l'atto con cui si affrancano gli schiavi). Muore nel 217.

[modifica] Macrino

Per approfondire, vedi la voce Marco Opellio Macrino.

Nominato da Caracalla Prefetto del pretorio, complottò contro di lui e l'11 aprile 217, dopo la sua uccisione, Macrino si autoproclamò imperatore. Egli fu il primo a divenire imperatore senza essere prima membro del Senato. Dovette affrontare i Parti e lo scontento delle legioni. La famiglia di Caracalla aizzò una rivolta contro Macrino, in favore di Eliogabalo (descritto come figlio naturale ed erede di Caracalla). Macrino fu catturato in Asia Minore e giustiziato come usurpatore.

[modifica] Eliogabalo

Per approfondire, vedi la voce Eliogabalo.

Succede a Macrino il quattordicenne Eliogabalo, grazie alla nonna Giulia Mesa, la quale sostiene tra le milizie orientali una campagna a suo favore. Inoltre si pone come continuatore dei Severi, in quanto parente di Settimo e Caracalla. Ciò che lo caratterizza è un progetto di rinnovamento religioso e di classe dirigente, motivo per il quale verrà assassinato dai pretoriani nel 222.

[modifica] Alessandro

Per approfondire, vedi la voce Alessandro Severo.

Succede a Eliogabalo suo cugino Alessandro, quasi della stessa età, che lo ha adottato. Costui governerà poco più a lungo del suo predecessore, in quanto si piegherà agli interessi della classe dirigente romana e occidentale.

[modifica] Imperatori militari

I cento anni che seguono la morte di Alessandro segnano la sconfitta dell'idea di impero che vi era stata sotto la dinastia giulio-claudia e antonina. Tale idea si basava sul fatto che l'Impero era fondato sulla collaborazione tra l'imperatore e le forze politico-economiche interne. Ora tutte le energie dello Stato venivano spese per difendere i confini dalle invasioni barbare.

[modifica] Massimino

Per approfondire, vedi la voce Massimino Trace.

Nel 236 diviene imperatore Massimino, proveniente dalla Tracia: fu il primo tra gli imperatori a poter vantare solo umilissimi origini. Il fatto che la sua carriera sia legata esclusivamente all'esercito dimostra come nobili senatori o ricchi finanzieri stanno perdendo il loro potere. Si crede addirittura che facesse parte di una famiglia dediticia, cioè di quelle famiglie che anche dopo l'editto di Caracalla non era stata riconosciuta la cittadinanza romana. Il suo regno avrà una vita breve, giusto il tempo di difendere i confini nella zona del Danubio.

[modifica] Gordiano I e Gordiano II

Per approfondire, vedi le voci Gordiano I e Gordiano II.

Nel 238 le province africane (un "feudo" di nobili senatori) in rivolta contro la politica fiscale di Massimino, volta a compiacere l'esercito, eleggono nuovo imperatore Gordiano I, il quale affianca alla guida dell'impero suo figlio Gordiano II. Dopo pochi mesi verrà assassinato da uomini fedeli a Massimino.

[modifica] Balbino e Pupieno

Per approfondire, vedi le voci Balbino e Pupieno.

Dopo l'assassinio di Gordiano I il Senato elegge due imperatori: Balbino e Pupieno. Sarà quest'ultimo a sconfiggere definitivamente Massimino e nominare suo successore Gordiano III.

[modifica] Gordiano III

Per approfondire, vedi la voce Gordiano III.

Poco dopo essere stato nominato imperatore dall'esercito e con il consenso del Senato, Gordiano III decide di affrontare l'impero persiano, rinato sotto la nuova dinastia dei Sasanidi. Gordiano III affianca come suo consigliere il prefetto Temesiteo. Tuttavia muore durante il conflitto e verrà sostituito da Giunio Filippo, figlio di un cittadino romano dell'Arabia.

[modifica] Filippo l'Arabo

Per approfondire, vedi la voce Filippo l'Arabo.

Nel 244 il prefetto Giunio Filippo tradisce il suo imperatore e ne prende il posto, affrettandosi a stipulare una pace con i Persiani. Poi raggiunge immediatamente la zona del Danubio per affrontare e sconfiggere i Carpi. Filippo l'Arabo viene ricordato come l'imperatore che organizzò e celebrò, nel 248, i giochi e gli spettacoli per i mille anni dalla fondazione di Roma. L'imperatore (paradossalmente un "non-romano") predispose che tale festività dovesse essere celebrata con giochi grandiosi (lotte gladiatorie ed esibizioni di animali esotici) sia per celebrare nel modo più solenne l'evento, sia per dimostrare la forza e la grandezza dell'Impero. Una grandezza oramai del tutto apparente se si pensa che a distanza di pochi mesi dall'evento i goti forzeranno il limes mettendo la Grecia a ferro e fuoco, devastando Atene e Sparta. Nel 249 verrà assassinato dal suo successore, Treboniano Gallo.

[modifica] Decio

Per approfondire, vedi la voce Decio.

Nel 249 diviene imperatore Decio. Egli avvia una feroce repressione verso i cristiani: questo soprattutto per una politica di rafforzamento dell'autorità imperiale attraverso il culto dell'Imperatore, collante fondamentale per un Impero che sta crollando. Morirà assassinato, mentre combatte contro i Goti in Mesia, dal suo luogotenente, Treboniano Gallo.

[modifica] Treboniano Gallo

Per approfondire, vedi la voce Treboniano Gallo.

È il 251 quando Treboniano Gallo è proclamato imperatore. Anch'egli verrà assassinato dal suo luogotenente Emiliano due anni dopo, nella stessa regione.

[modifica] Emiliano

Per approfondire, vedi la voce Marco Emilio Emiliano.

Nel 253 diviene imperatore Emiliano. Tre mesi dopo l'esercito pone termine al suo mandato.

[modifica] Valeriano

Per approfondire, vedi la voce Valeriano.

Succede ad Emiliano P. Licio Valeriano. Appena eletto, Valeriano nomina Augusto d'Occidente suo figlio Gallieno, mentre per sé manterrà il controllo della parte orientale, dove deve affrontare i Goti. Dopo averli sconfitti, nel 260, comincia una guerra contro il regno persiano. Tuttavia Valeriano cadrà prigioniero del re dei persiani, Sapore, lasciando tutto l'impero al figlio.

[modifica] Gallieno

Per approfondire, vedi la voce Gallieno.

Gallieno, divenuto imperatore, troverà difficoltà a mantenere il territorio unito. Nelle zone occidentale è nato il Regnum Gallicum, di cui Postumo è il re. Nelle zone orientali, un certo Macriano, un ufficiale dell'esercito stanziato in Oriente, cerca di prendere il potere. Gallieno allora chiede aiuto a Odenato, un nobile di Palmira, città carovaniera, punto di incontro tra l'Impero romano e le zone interne dell'Asia. In cambio Odenato otterrà una specie di sovranità sulla parte orientale dell'Impero, ricevendo il titolo di Dux Orientis, anche se in realtà questo porterà alla nascita di una nuova potenza, il Regno di Palmira, a causa dell'ambizione della moglie di Odenato, Zenobia, e quindi ritornerà in sostanza alla situazione di Macriano. In campo amministrativo decide di reclutare i prefetti non più solo tra i senatori, ma anche dai centurioni, uomini di umili origini la cui carriera è legata all'esercito. Morirà assassinato nel 268 da ufficiali illirici.

[modifica] Claudio II, detto il Gotico

Per approfondire, vedi la voce Claudio il Gotico.

Nel 268 è imperatore di nuovo un militare: Claudio II, proveniente dalle zone illiriche. Nelle zone balcaniche si impegna nell'arginare le incursioni gotiche. Morì a Sirmio a causa della peste che in quegli anni falciò l'Illiria.

[modifica] Aureliano

Per approfondire, vedi la voce Aureliano.

Nel 270 è imperatore Aureliano. Intanto i due regni di Gallia e Palmira sono passati rispettivamente a Pio Tetrico e a Zenobia. Primo obiettivo di Aureliano è la ricoquista di Palmira, che avviene tra il 271 e il 273. Tornando in Occidente riconquisterà anche il Regno Gallico.

[modifica] Tacito Marco Claudio

Per approfondire, vedi la voce Marco Claudio Tacito.

Imperatore dal dal 275 al 276.

[modifica] Floriano

Per approfondire, vedi la voce Marco Annio Floriano.

Imperatore nel 276.

[modifica] Probo

Per approfondire, vedi la voce Marco Aurelio Probo.

Imperatore dal 276 al 282.

[modifica] Caro

Per approfondire, vedi la voce Marco Aurelio Caro.

Imperatore dal 282 al 283.

[modifica] Numeriano

Per approfondire, vedi la voce Numeriano.

Imperatore dal 283 al 284. Riesce a dare vita ad un brevissimo periodo di recupero economico e culturale, inaugurando più di 50 giorni di festività un po' dappertutto nell'impero, da Nimes a Roma, da Olympia a Antiochia.

[modifica] Carino

Per approfondire, vedi la voce Marco Aurelio Carino.

Imperatore dal 284 al 285.

[modifica] La tarda età imperiale

Le spinte eccentriche vengono in qualche modo frenate dall'imperatore Diocleziano istituendo la tetrarchia, un regime collegiale di due Augusti e due Cesari che amministrano raggruppamenti distinti di province dell'Impero, accresciute in numero e riunite in diocesi. In questa circostanza anche l'Italia viene suddivisa in province. Più in generale si verifica in questi anni una progressiva marginalizzazione delle aree più antiche dell'impero a vantaggio di un oriente, forte di tradizioni civiche più antiche e di un'economia mercantile maggiormente consolidata, assai più prospero quanto a politica, amministrazione e cultura.

La struttura dell'Impero Romano si è evoluta, partendo dal percorso augusteo fino a Diocleziano, in una specie di dualismo tra la città di Roma, amministrata dal Senato, e l'Imperatore, che invece percorre l'impero e ne amplia o difende i confini. Il rapporto tra Roma e l'Impero è ambivalente, se essa è il punto di riferimento ideale della "romània", pure il potere passa gradualmente al monarca (l'Imperatore) che sposta il suo luogo di comando man mano si sposta nell'Impero, e si assiste ad un chiaro decadimento di Roma. Nel tardo impero autori come Jones calcolano che con l'Imperatore si spostassero qualcosa come 12.000 persone, compresi i funzionari, i dignitari, perfino la zecca. Un istituto particolare è quello del "comitatus". Dai "comites" (coloro che accompagnano l'Imperatore) deriva (con altro significato pratico) il titolo di "conte". L'imperatore stabilisce alcune "residenze imperiali": tra queste in Oriente Nicomedia (e poi Costantinopoli) e Sirmio, in Occidente Milano e Treviri. Gli imperatori provengono spesso dalle zone periferiche dell'Impero (in gran parte dall'Europa Orientale di lingua latina) ma proprio per questo pervasi da un più profondo sentimento di romanità (come Aureliano, Diocleziano o Costantino). Molti Imperatori quasi non conoscono Roma, la vita militare li costringe a vivere (e spesso a morire) in prossimità della frontiera danubiana, in Siria, Mesopotamia o Britannia. Le loro visite all'Urbe si faranno sempre più sporadiche ed effettuate in taluni casi per celebrare un trionfo, o per esercitare una forma di controllo su un senato sempre più esautorato.

È importante notare che la pressione dei barbari sull'Impero non sempre è distruttiva, nel senso che molti barbari non desiderano altro che entrare a far parte dell'Impero, stanziandosi sul territorio o offrendosi al servizio di questo (si vedano i generali barbari come il grande Stilicone, o il caso di Magnenzio, che tuttavia si autoproclamò imperatore, Arbogaste, che dopo una onorevole carriera in cui fece addirittura le veci dell'Imperatore in Occidente probabilmente fece assassinare l'imperatore Valentiniano II, etc.).

Tuttavia, quando si accorgono che il rapporto di forze è loro favorevole, a volte i capi barbari non esitano a rompere gli indugi e misurarsi in battaglia con le forze imperiali. A questo proposito è indicativa la clamorosa sconfitta subita da Valente da parte dei Goti che successivamente distruggeranno anche Milano o il sacco di Roma da parte di Alarico frustrato nella sua ambizione di venir nominato maresciallo dell'Impero e sentitosi tradito dai romani che lo avevano lusingato con fallaci promesse.

[modifica] Due imperi

L'Impero romano d'Occidente si costituì dopo la divisione dell'impero nel 395 ed Il suo ultimo imperatore (Romolo Augusto) fu deposto nel 476 da Odoacre, un capo germanico.

L'Impero romano d'Oriente o Impero bizantino (da Bisanzio, la sua capitale) si formò anch'esso nel 395 e cessò di esistere nel 1453.

[modifica] Caduta dell'impero

Ad un certo punto uno di questi capi barbari (Odoacre) ritenne che la figura dell'imperatore (ormai un fantoccio nelle mani dei generali barbarici) non servisse più, e depose l'ultimo imperatore d'Occidente (Romolo Augusto) nel 476, inviando le insegne imperiali a Costantinopoli, che rappresenterà la legittima continuazione dell'Impero in Oriente per ancora un millennio.

Questo atto del generale Odoacre, un erulo, fu il risultato di un progressivo svuotarsi della figura dell'imperatore, che divenne così simbolica e viene sostituito gradualmente da generali e funzionari plenipotenziari che si sostituiscono progressivamente a lui nell'esercizio del potere e nel comando dell'esercito, Odoacre quindi non fa che sancire ciò che ormai è un dato di fatto e fa semplicemente cadere le apparenze.

[modifica] La vita nell'impero

La vita politica, economica e sociale durante i primi secoli dell'Impero gravitava attorno all'Urbe. Roma era la sede dell'autorità imperiale e dell'amministrazione, principale luogo di scambio commerciale tra Oriente ed Occidente oltre ad essere di gran lunga la più popolata città del mondo antico; per questo migliaia di persone affluivano quotidianamente nella capitale via mare e via terra ed arricchendola di artisti e letterati provenienti da tutte le regioni dell'Impero

Esisteva una netta differenza tra il vivere a Roma o nelle province; gli abitanti della capitale godevano di privilegi ed elargizioni mentre il peso fiscale si riversava più pesantemente sulle province. Anche tra città e campagna, ovviamente tenendo conto del ceto sociale, la qualità di vita era migliore e più agiata per i cittadini che usufruivano dei servizi pubblici come terme, acquedotti, teatri e circhi.

Dall'epoca di Diocleziano, Roma perse il suo ruolo di guida dello stato a favore di altre sedi (Milano, Treviri, Nicomedia ecc.), fino a quando, nel corso del V secolo, si andò sempre più imponendo Costantinopoli (la Nova Roma voluta da Costantino), anche grazie ai mutati rapporti di forza tra un Oriente ancora prospero ed un Occidente in balia delle orde barbariche e sempre più prostrato dalla crisi economica, politica e demografica.

Dopo la crisi che paralizzò l'Impero nei decenni centrali del III secolo, le frontiere si fecero più sicure a partire dal regno di Diocleziano (284-305), il quale introdusse profonde riforme nell'Amministrazione e nell'esercito. L'Impero poté così vivere ancora un periodo di relativa stabilità fino almeno alla battaglia di Adrianopoli (378) e, in Occidente, fino ai primi anni del V secolo, quando si produsse una prima, pericolosa incursione da parte dei Visigoti di Alarico (401-402) cui ne seguirono altre che culminarono nel celebre sacco di Roma del 410, avvertito dai contemporanei (san Girolamo, sant'Agostino d'Ippona) come un avvenimento epocale e, da alcuni, perfino come la fine del mondo. Gli ultimi decenni di vita dell'Impero romano d'Occidente (quello d'Oriente sopravviverà, come si è detto, per un altro millennio) furono vissuti in un clima apocalittico di morte e di miseria che falcidiarono la popolazione di molte regioni dell'Impero e che ebbero come conseguenza la caduta della stessa struttura imperiale.

[modifica] Storici antichi dell'Impero

[modifica] In latino

[modifica] In greco

[modifica] Letteratura latina del periodo imperiale

[modifica] Arte del periodo imperiale

[modifica] Società

[modifica] Economia

[modifica] Studi del XVIII secolo e XIX secolo

[modifica] Studi moderni sull'Impero romano

  • Brown, P., Società romana e impero tardo-antico, Laterza, Roma-Bari 1986.
  • J.B. Bury, A History of the Roman Empire from its Foundation to the death of Marcus Aurelius, 1913
  • Carro, D., Classica (ovvero "Le cose della Flotta") - Storia della Marina di Roma - Testimonianze dall'antichità, Rivista Marittima, Roma, 1992-2003 (12 volumi)
  • Jacques, F. - Scheid, J., Roma e il suo impero. Istituzioni, economia, religione, Laterza, Roma-Bari 1992.
  • Jones, A.H.M., Il tardo impero romano. 284-602 d.C., Milano 1973-1981.
  • Luttwak, E.N., La grande strategia dell'impero romano, Milano 1991.
  • Mazzarino, S., L'impero romano, Laterza, Roma-Bari 1995.
  • Rémondon, R., La crisi dell'impero romano, Milano 1975.
  • Rostovzev, M., Storia economica e sociale dell'Impero romano, Firenze 1980.
  • Saltini Antonio, I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane., Prefazione di Luigi Bernabò Brea, Bologna 1995
  • Wacher, J. (a cura di), Il mondo di Roma imperiale, Roma-Bari 1989.
  • Wheeler, M., La civiltà romana oltre i confini dell'impero, Torino 1963.
  • Deary, D. - Birattari, M., Brutte Storie - I rivoltanti Romani (per ragazzi), Bergamo 2005.

[modifica] Voci correlate

Sulle battaglie:

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni


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