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Britanni - Wikipedia

Britanni

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La statua di Boudicca (Boadicea), regina degli Iceni, a Westminster
La statua di Boudicca (Boadicea), regina degli Iceni, a Westminster

I Britanni erano erano una popolazione celtica stanziata nell'antichità nelle Isole britanniche (Gran Bretagna e Irlanda). Giunti nella regione a partire dall'VIII secolo a.C., i Celti della Britannia rimasero frazionati in numerose tribù, facilitando così la conquista del loro territorio prima dei Romani (I secolo d.C.), quindi degli Anglosassoni (V secolo). I Britanni furono sottomessi policamente e culturalmente ai nuovi dominatori, ma la loro civiltà celtica non fu mai del tutto sradicata, contribuendo a formare (insieme agli apporti latino-cristiani e germanici) la moderne popolazioni di Gran Bretagna e Irlanda, tanto che di origine britannica sono le sole lingue celtiche sopravvissute fino a oggi.

La principale fonte sui Britanni è Cesare, che nel suo De bello gallico ha riferito delle due spedizioni da lui condotte in Gran Bretagna a metà del I secolo a.C.. Altre notizie le dobbiamo al navigatore cartaginese Imilcone, che nel V secolo a.C.) aveva intrapreso un viaggio in queste terre, e al geografo greco Pitea (IV secolo a.C.).

Indice

[modifica] Storia

[modifica] Le origini

Per approfondire, vedi la voce Celti.

A partire dall'VIII-VI secolo a.C., gruppi di Celti invasero a più riprese le Isole britanniche, sovrapponendosi ai precedenti abitanti. Tali gruppi provenivano, attraverso La Manica, dalle coste continentali dell'Europa, che i Celti avevano appena raggiunto dopo aver avviato la loro espansione dalla culla del loro popolo (l'area della Cultura di La Tène) e disceso il corso Reno.[1] A partire dall'odierna Inghilterra meridionale, si espansero rapidamente in tutta la Gran Bretagna e l'Irlanda, anche se nell'attuale Scozia il popolo pre-indoeuropeo dei Pitti conservò la propria individualità.

[modifica] La frammentazione politica

I popoli della Britannia meridionale al tempo della seconda campagna di Cesare (54 a.C.)
I popoli della Britannia meridionale al tempo della seconda campagna di Cesare (54 a.C.)

Come tutti i Celti, i Britanni non raggiunsero mai un'unità politica; in alcuni, rari momenti stipularono provvisorie leghe militari, per far fronte a un comune nemico. Gaio Giulio Cesare, che nel 55 a.C. giunse con la sua flotta in Gran Bretagna, distinse gli abitanti in autoctoni e costieri, che nel II secolo a.C. erano emigrati in Gallia belgica e avevano fondato potenti Stati. Tra le popolazioni più importanti ricorda i Cantiaci, che abitavano l'odierno Kent (che da essi prende il nome), i Dumnoni, nell'attuale Cornovaglia, e, più a nord, gli Iceni.

Cesare attesta gli stretti legami, non solo culturali ma anche economici e politici, tra i Britanni e i Galli: i domini di Diviziaco, per esempio, si estendevano su entrambe le sponde della Manica[2] e sull'isola scampavano esuli dalla Gallia[3], che a sua volta otteneva, in caso di necessità, aiuto militare dalla Britannia[4].

[modifica] Le spedizioni di Cesare

Per approfondire, vedi la voce Spedizioni cesariane in Britannia.

Nell'ambito delle guerre per la conquista della Gallia, Caio Giulio Cesare condusse due rapide incursioni in Britannia, nel 55 e nel 54 a.C.. Cesare stesso ne rende conto nel suo De bello gallico [5] La prima spedizione (tarda estate del 55), che non raggiunse grandi risultati, fu più che altro una spedizione ricognitiva. Le truppe approdarono per mare sulla costa dell'odierno Kent. La seconda invasione, quella del 54, ebbe maggior successo: Cesare impose sul trono il re amico Mandubracio e costrinse alla sottomissione il suo rivale, Cassivellauno, anche se il suo territorio non fu sottomesso.

[modifica] La conquista romana

Le principali tribù britanniche e gli insediamenti romani al tempo della dominazione latina
Le principali tribù britanniche e gli insediamenti romani al tempo della dominazione latina

I Britanni rimasero indipendenti sino al 43 d.C., quando l'imperatore romano Claudio lanciò l'invasione dell'isola, affidandola ad Aulo Plauzio. Il generale sconfisse Carataco, re dei Catuvellauni e guida della resistenza anti-romana, e diede così inizio al dominio latino. In seguito, nuove spedizioni furono condotte da Publio Ostorio Scapula (47-51) e da Svetonio Paolino (60-61) (che affrontò e vinse l'indomita regina degli Iceni, Boudicca) e da Gneo Giulio Agricola, che conquistò le terre dei Briganti e sconfisse le tribù dell'odierna Scozia. I Romani occuparono l'area degli attuali Inghilterra e Galles, erigendo a nord un limes fortificato: il Vallo di Adriano (122), in seguito spostato ancora più a nord (Vallo di Antonino, 142). Al di là del limes (nell'attuale Scozia e in Irlanda) rimasero sia tribù britanniche, sia i Pitti.

I resti del Vallo di Adriano
I resti del Vallo di Adriano

Durante la dominazione romana, tra i Britanni l'influenza della lingua e della cultura latina penetrò profndamente soltanto nelle classi più elevate, mentre nel popolo continuava a preservarsi la tradizione celtica: alla cessazione del controllo romano della Gran Bretagna (fine IV-inizio V secolo) l'identità etnica e linguistica dei Celti era ancora viva, e sopravvisse a lungo anche alle successive invasioni germaniche.

[modifica] La conquista anglosassone

Per approfondire, vedi la voce Medio Evo inglese (V-XVI secolo).

La dominazione romana in Britannia terminò agli inizi del V secolo, quando le legioni lasciarono l'isola (410 circa), abbandonandola in balia degli invasori sassoni, juti e angli. Iniziava così il periodo anglosassone, che sarebbe terminato nel 1066 con la conquista normanna. Con l'arrivo degli invasori anglosassoni, parte dei Celti britannici migrò nella regione dell'Armorica (l'odierna Bretagna). Era iniziato il Medio Evo inglese.

Dalla fusione dei tre elementi (celtico, latino e germanico) si sarebbero formate, in questo periodo, le moderne popolazioni di Gran Bretagna e Irlanda (anche se la seconda delle Isole britanniche aveva subito un'influenza soltanto indiretta dell'elemento latino, questa era stata tuttavia decisiva specie in campo culturale, attraverso il processo di cristianizzazione). Gli unici popoli moderni eredi diretti degli antichi Celti sono proprio quelli delle Isole britanniche[6], che avrebbero conservato ininterrotta la tradizione linguistica dando origine alle lingue celtiche insulari, nei due rami goidelico e brittonico.

[modifica] La ripresa altomedievale (VI-X secolo)

Una croce celtica. Questo tipo di croce, tipicamente irlandese, è uno dei simboli ripresi dall'antica cultura celtica e adattata alla religione cattolica
Una croce celtica. Questo tipo di croce, tipicamente irlandese, è uno dei simboli ripresi dall'antica cultura celtica e adattata alla religione cattolica
Per approfondire, vedi la voce Cristianesimo celtico.

La Gran Bretagna subì, fin dal IV secolo, un processo di re-celtizzazione da parte di gruppi provenienti dalla vicina Irlanda, mai entrata nei domini di Roma[7]. A partire dalla missione di san Patrizio in Irlanda (432), l'isola conobbe una fioritura religiosa che, attraverso lo slancio missionario, tutelò l'eredità celtica, anche se ora integrata con nuovi elementi di matrice cristiana. A questi anni risalgono le prime testimonianze delle lingue celtiche insulari.

La fase espansiva dei Celti irlandesi caratterizzò gli ultimi secoli del I millennio e interessò principalmente la Scozia e l'Isola di Man. Tale attività fu però esclusivamente culturale e religiosa: dal punto di vista politico, infatti, l'Irlanda fu invasa e controllata dai Vichinghi germanici dall'VIII al IX secolo.

[modifica] Il declino definitivo (dall'XI secolo)

Per approfondire, vedi le voci Storia dell'Irlanda e Storia del Regno Unito.

Nonostante la vivacità culturale, gli eredi dei Britanni furono - salvo rari momenti, come dopo la Battaglia di Carham (vinta nel 1018 da re Malcolm II di Scozia) - sempre soggetti a nuovi dominatori, tutti di lingua germanica: i Vichinghi prima e gli Anglosassoni poi. L'identità celtica subì un forte processo di arretramento, testimoniata dalla progressiva riduzione dell'area occupata dai parlanti madrelingua delle diverse varietà delle lingue celtiche insulari[8]

Il II millennio ha registrato una costante regressione dei superstiti elementi celtici, sottoposti a un continuo processo di anglicizzazione sia linguistica, sia politica, sia culturale. Dalla fusione dell'elemento celtico e di quello germanico (vichingo e anglosassone) sono derivate, etnicamente e culturalmente, le moderne popolazioni di Gran Bretagna e Irlanda: non più quindi - e fin dal Medioevo - popolazioni celtiche in senso stretto, ma eredi moderne degli antichi Britanni, variamente ibridati - come ogni altro popolo europeo - con numerosi apporti successivi.

[modifica] Economia

I Britanni estraevano e commerciavano stagno, coltivavano grano e allevavano bestiame. In particolare, lo stagno dei Britanni era commericato, attraverso i Galli, in tutto il bacino mediterraneo.

[modifica] Lingua

Per approfondire, vedi la voce Lingue celtiche.

Quasi nulle sono le testimonianze sorpavvissute della lingua britannica, parlata dagli antichi Britanni. Benché la linguistica distingua lingue celtiche continentali e lingue celtiche insulari, tale divisione non è, a dispetto del nome, geografica, bensì cronologica: le prime sono quelle attestate in età antica (e non esistono testimonianze delle lingue celtiche parlate sulle Isole britanniche anteriori al IV secolo d.C.); le seconde sono quelle attestate a partire dal Medioevo (e presenti proprio ed esclusivamente sulle Isole britanniche[9]). Tuttavia, molti tratti delle prime iscrizioni in alfabeto ogamico rinvenute in Irlanda (definite in irlandese arcaico o proto-irlandese) offrono tratti linguistici affini a quelli delle lingue celtiche continentali, come per esempio l'assenza della lenizione[10].

[modifica] Note

  1. ^ Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, p. 444.
  2. ^ Cesare, De bello gallico, II, 4.
  3. ^ Cesare, De bello gallico, II, 14.
  4. ^ Cesare, De bello gallico, III, 9; IV, 20.
  5. ^ Cesare, De bello gallico, IV, 20-35; V, 1, 8-23. La testimonianza cesariana è inoltre integrata da quelle di Dione Cassio (Storia romana, XXXIX, 50-53) e di Floro (Epitome della Storia romana, I, 45).
  6. ^ Presso gli abitanti della Bretagna francese la sopravvivenza di una lingua celtica è dovuta agli insediamenti secondari di elementi provenienti proprio dalla Gran Bretagna (V-VII secolo), e non da una sopravvivenza dei Galli autoctoni.
  7. ^ Pierluigi Cuzzolin, Le lingue celtiche, pag. 279.
  8. ^ Cuzzolin, cit., p. 279.
  9. ^ Villar, cit., p. 450.
  10. ^ Villar, cit., p. 458.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Fonti primarie

[modifica] Letteratura storiografica

  • (EN) Stephen Allen; Wayne Reynolds. Celtic warrior: 300 BC-AD 100. Oxford, 2001. ISBN 1841761435
  • Peter Berresford Ellis. L'impero dei Celti. Bologna, Il Mulino, 1997. ISBN 8838440085
  • (EN) Maureen Carroll. Romans, Celts & Germans: the german provinces of Rome. Charleston, 2001. ISBN 0752419129
  • Pierluigi Cuzzolin. Le lingue celtiche, in Emanuele Banfi (a cura di) La formazione dell'Europa linguistica. Le lingue d'Europa tra la fine del I e del II millennio. Scandicci, La Nuova Italia, 1993. ISBN 882211261
  • Venceslas Kruta. I Celti. Milano, 2007. ISBN 9788895363158
  • Francisco Villar. Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa. Bologna, Il Mulino, 1997. ISBN 8815057080

[modifica] Voci correlate

[modifica] Contesto storico generale

[modifica] Rapporti con Roma


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