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Storia del Veneto - Wikipedia

Storia del Veneto

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Storia del Veneto
Categoria: Storia del Veneto

[modifica]

Voce principale: Veneto.

La storia del Veneto è in gran parte comune a quella della più vasta regione nota come Triveneto o Tre Venezie, nel Nord-est della penisola italiana, situata tra il confine del Mare Adriatico e tutta la catena delle Alpi Orientali, che comprende Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

Indice

[modifica] Protostoria e Storia Antica

Il territorio occupato dai Paleoveneti
Il territorio occupato dai Paleoveneti
Per approfondire, vedi le voci Paleoveneti e Regio X Venetia et Histria.

Abitato già nella preistoria, dapprima insediamento degli Euganei, fu in epoca protostorica occupato dal popolo dei Veneti. Tito Livio, nativo di Padova, inizia la sua monumentale storia di Roma con il mito di Antenore che, fuggendo da Troia in fiamme e guidando un gruppo di Troiani e di Eneti, popolo alleato proveniente dalla Paflagonia, giunge nell'attuale Golfo di Venezia. Nella terra estesa tra le Alpi e il mare Adriatico, dopo aver scacciato gli Euganei, si insediano così queste genti che nel loro insieme si chiameranno Veneti. Antenore stesso sarebbe stato il fondatore di Padova. Secondo una leggenda analoga Diomede avrebbe fondato Adria mentre Clodio avrebbe fondato Chioggia. Sono comunque di certa origine venetica molte importanti città, quali Concordia, Oderzo (fra le più antiche - IX-VIII sec. a.C.), Este, Treviso, Belluno, Altino, Vicenza e forse Verona.

La provenienza anatolica dei Veneti adriatici non è accettata da tutti gli autori antichi ed è ancor oggi oggetto di discussione. Le fonti antiche tramandano l'esistenza di vari filoni dell'etnìa veneta, dalla Bretagna, alla Lusazia, fra Germania e Polonia, all'Epiro in Grecia, all'Asia Minore. Legati all'etnico veneto sarebbero diversi toponimi (ad es. la Vindelicia, regione corrispondente all'attuale Baviera, Vindebona - l'attuale Vienna) e i nomi attribuiti a popoli di origine slava in diverse lingue europee. Secondo alcuni studiosi, sarebbero queste testimonianze di un'unica civiltà indoeuropea che si estendeva dal Baltico all'Adriatico, riconducibile ai cosiddetti popoli dei Campi delle Urne.

Il processo di romanizzazione della Venetia è avvenuto in maniera graduale e senza traumi o conquiste manu militari, dato che veneti e romani erano popoli alleati. Le relazioni politico-militari con i romani iniziano nel III sec. a.C. : nel 225-222 veneti e cenomani stringono un'alleanza militare con Roma contro gli insubri, i boi e i gesati, fornendo secondo Polibio un contingente di 20.000 uomini. I galli saranno battuti nella storica battaglia di Clastidium nel 222. Nel 181 a.C. la deduzione della colonia latina di Aquileia comportò un rafforzamento dei tradizionali rapporti di collaborazione fra veneti e romani. Aquileia sorse al limite del territorio dei Veneti; nessuna colonia infatti venne mai fondata sul territorio dell'alleato veneto. Benché la regione fosse stata posta sotto il regime provinciale (provincia di Gallia Cisalpina), la romanizzazione delle élites locali continuò senza sosta. Dopo la guerra sociale nell’89 a.C. Gneo Pompeo Strabone promosse la lex Pompeia de Transpadanis. Tale legge concedeva lo Ius Latii, il diritto del latini ai centri indigeni veneti. Tra le comunità che dovettero godere di questo privilegio fra ci furono, fra gli altri, Verona, Vicenza, Padova, Feltre e Belluno. La completa integrazione delle comunità venete nell'orbe romano avvenne nel 49 a.C. con la concessione del plenum ius, cioè della piena cittadinanza romana, da parte di Giulio Cesare.

In epoca augustea il territorio dei veneti venne unificato e dotato di riconoscimento ufficiale con la creazione della Regio X Venetia et Histria. La città maggiore era Aquileia, sebbene il concetto di 'capitale regionale' fosse estraneo alla pensiero istituzionale dell'Alto Impero. Diocleziano la trasformò in Provincia Venetiae et Histriae, mantenendone i confini sostanzialmente inalterati.

Nei primi secoli d.C. iniziò il processo di Cristianizzazione del Veneto. Centro di irradiamento della nuova religione fu Aquileia, metropoli della Venezia endolagunare, in cui il Cristianesimo era giunto probabilmente per mare. Secondo la tradizione fu San Marco Evangelista a fondare la Chiesa di Aquileia, consacrandone vescovo Sant'Ermagora, martire sotto Nerone[1]. Egli avrebbe inoltre inviato il greco Prosdocimo ad evangelizzare Padova, Asolo, Vicenza, Treviso, Altino ed Este. All'evangelizzazione di Verona avrebbe contribuito una comunità cristiana proveniente dall'Africa romana; africano è anche San Zeno, patrono della città.

[modifica] Storia Medievale

[modifica] Alto Medioevo

[modifica] Le invasioni barbariche e la caduta dell'Impero d'Occidente

La fondazione di Venezia
Secondo la tradizione la fondazione di Venezia viene fatta risalire al 25 marzo 421. Marin Sanudo, nel De origine, situ et magistratibus Urbis Venetiae riporta che "Venezia fo comenzada a edificar ... del 421, adì 25 marzo in zorno di Venere circha l'hora di nona ascendendo, come nella figura astrologica apar, gradi 25 del segno del Cancro. Nel qual zorno ut divinae testantur litterae fo formato el primo homo Adam nel principio del mondo per le mano di Dio; ancora in ditto zorno la verzene Maria fo annunciada dall'angelo Cabriel, et etiam il fiol de Dio, Christo Giesù, nel suo immacolato ventre miraculose introe, et secondo l'opinione theologica fo in quel medesmo zorno da Zudei crucefisso". Secondo un'altra tradizione, di origine padovana, la città fu fondata da tre consoli inviati da Padova, facendo consacrare la chiesa di San Giacomo in Rialto. La storia ufficiale della Serenissima venne datata dal 421, mentre l'inizio del calendario civile fu fissata nel mese di marzo, ma per comodità, il capodanno fu anticipato al primo marzo (Capodanno Veneto); per evitare confusioni, nei documenti internazionali, le date che facevano riferimento al calendario veneto venivano indicate con m.v. (more veneto).

Le prime infiltrazioni di tribù germaniche nel territorio della regione ebbero luogo già nel 168-169 d.C. con il saccheggio di Oderzo ad opera dei Quadi e dei Marcomanni. Nel 401 calarono le orde dei Visigoti di Alarico, che ricacciati, si presentarono nuovamente nel 403, quando furono fermati a Verona dal generale Stilicone. Nel 408 però Alarico ridiscese nuovamente in Italia, questa volta senza incontrare resistenza, attraversando il Veneto nella marcia che lo condusse nel 410 a saccheggiare Roma.
Fu tuttavia a partire dal V secolo che le incursioni si fecero ripetute e più devastanti, prima con gli Unni di Attila nel 476), poi con gli Eruli di Odoacre, che nel 476 posero fine all'Impero d'Occidente, infine con gli Ostrogoti di Teodorico, che il 30 settembre 489 vinsero Odoacre nella battaglia di Verona e assediandolo poi in Ravenna fino al 492, quando stabilirono infine il loro regno sull'Italia.
Ciononostante, il quadro regionale restava ancora sostanzialmente unitario; lingua, scrittura, istituzioni, tecniche agricole e manifatturiere, pur indebolite, sopravvissero all'impatto di questa ondata barbarica [2].

[modifica] Bizantini e Longobardi

Per approfondire, vedi le voci Annonaria, Venezia marittima, Ducato di Vicenza, Ducato di Verona, Ducato di Ceneda e Ducato di Venezia.

La dominazione gota terminò brutalmente a metà del VI secolo a seguito dell'invasione delle armate bizantine guidate dal generale Belisario. Il 13 agosto 554, l'imperatore Giustiniano promulgava la Prammatica Sanzione con cui decretava la riunificazione all'impero della Prefettura d'Italia, anche se permanevano alcune sacche di resistenza. Tra queste, Verona resistette per due anni all'assedio bizantino, cadendo infine il 20 luglio 555 nelle mani di Narsete, succeduto a Belisario. Il 29 luglio 563 la città si ribellò al dominio imperiale, ma venne duramente sottomessa.
Appena nel 568 d.C, però, con la ben più formidabile e corposa invasione dei Longobardi - descritta da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum - venne sottratta al dominio imperiale buona parte dell'Italia settentrionale. Verona, indifesa, venne occupata ed eletta a capitale sino al 571.

In Veneto, a seguito dell'invasione, venne a crearsi una netta separazione tra la zona continentale, sotto il dominio longobardo, e quella costiera, ancora dipendente dall'Impero Bizantino. Contemporaneamente, lo scisma dei Tre Capitoli provocava un'ulteriore frattura anche in campo religioso, destinata a durare per tutto il secolo successivo. Le terre venete appartenenti al nuovo regno longobardo vennero divise tra i ducati, di Vicenza, Verona e Ceneda. Il tessuto sociale della Terraferma conobbe un rapido declino; una certa continuità della vita cittadina fu garantita dai vescovi, divenuti riferimenti autorevoli in campo morale, culturale e sociale. La zona bizantina venne invece dapprima unita nel 580 ai superstiti territori settentrionali nel costituire l'eparchia Annonaria, per essere poi resa nel 584 provincia autonoma dipendente dall'Esarcato d'Italia col nome di Venetia maritima (o Venetikà). Dall'entroterra le autorità politiche e religiose romano-venete, assieme a parte delle popolazioni, trovarono rifugio nei centri lagunari di Grado, Caorle, Eraclea, Torcello, Malamocco, Rialto, Olivolo, Chioggia, oltre alle oggi scomparse Ammiana e Costanziaco, che già da un secolo avevano iniziato a svilupparsi. Queste terre andarono quindi a costituire, nel 697, durante il regno dell'imperatore Leonzio, il ducato di Venezia.

A definire la separazione anche formale fra i due mondi (seppur una forte osmosi continuò sempre ad esistere) occorse la definizione dei confini (terminatio) fra il Ducatus Venetiarum e il Regnum Langobardorum, siglato dal re Liutprando e dal primo doge Paolo Lucio Anafesto.

Nel frattempo all'interno del giovane ducato, la crescente pressione longobarda e le feroci lotte intestine scatenatesi tra la capitale Eracliana e la vicina Equilio portarono al trasferimento a Metamauco della sede ducale.
Contemporaneamente, col declinare del controllo bizantino sull'Italia, il territorio lagunare assunse caratteri sempre maggiori di indipendenza dal potere centrale, fino a che, con la conquista longobarda di Ravenna nel 751, la dipendenza politica da Bisanzio divenne poco più che formale.

[modifica] Il Sacro Romano Impero e la nascita di Venezia

Per approfondire, vedi la voce Marca di Verona.

Alla fine dell'VIII secolo il regno longobardo venne travolto dai Franchi di Carlo Magno, che nel 774 posero fine in Verona all'ultima resistenza longobarda.
Incoronato Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero nella notte di Natale dell'800, il neo-costituito Regnum Italiae venne affidato al figlio Pipino. Questi tentò quindi anche la conquista dei territori costieri, ma, respinto, dovette riconoscere anche formalmente l'indipendenza del Ducato veneto nel trattato dell'811 con l'Impero Bizantino. All'interno di quella federazione di centri e territori lagunari, da Grado a Loreo, nota come Dogado, si affermò Venezia, imponente organismo urbano sviluppatosi attorno al polo mercantile di Rialto, in cui nell'812 venne trasferita da Malamocco, distrutta da Pipino, la capitale.

Anche dal punto di vista religioso fu sancita nell'827 una divisione fra il mondo del Veneto continentale e della Venezia marittima: i vescovi della terraferma continuarono ad essere sottoposti alla sede metropolita di Aquileia, mentre il fitto reticolo di nuove sedi diocesane sorte nella laguna riconobbe come referente il patriarca di Grado.

I territori della Marca di Verona e della Repubblica di Venezia nell'anno Mille
I territori della Marca di Verona e della Repubblica di Venezia nell'anno Mille

I problemi dinastici in seno all'impero franco ne indebolirono il controllo sull'Italia settentrionale, lasciando libero campo alle terribili aggressioni degli Ungari, che nell'899 saccheggiarono Treviso, Padova e Vicenza e nel 900 giunsero a minacciare le lagune, venendone però respinti.
Il vuoto di poteri ed la dilagante conflittualità afflissero il Veneto continentale fino alla metà del X secolo, quando l'autorità imperiale venne infine ristabilita da Ottone I: egli aggregò nel 962 un vasto territorio dell'Italia nord-orientale al ducato di Baviera e successivamente, nel 976 al ducato di Carinzia. L'organismo che ne derivò, aventi finalità di cerniera fra Germania e Italia, fu chiamato, dal nome della sua principale città, Marca di Verona. Da questa si staccarono nel 1001 Vicenza, che divenne principato vescovile, nel 1027 il territorio della diocesi di Trento, che si organizzò in principato ecclesiastico e il Friuli nel 1077, che iniziò una sua autonoma parabola storica sotto l'autorità dei Patriarchi di Aquileia. I legami fra la Marca Veronese e l'Impero vennero rafforzati dalla presenza nel territorio di diverse dinastie feudali di origine germanica: tra le più famose, destinate a giocare un ruolo importante nei secoli successivi, gli Estensi, i da Romano, i Caminesi, i Carraresi.

[modifica] Basso Medioevo

[modifica] Dal XII al XIII Secolo - Comuni, Signorie e ascesa del Ducato di Venezia

Per approfondire, vedi le voci Lega veronese, Ezzelini, Scaligeri e Da Camino.

A partire dai primi decenni dopo il Mille, si assistette in tutto il Veneto ad un decollo economico e ad una ripresa della vita sociale nelle città principali, che iniziarono ad esercitare un controllo egemonico sul loro contado.
A partire dall'XI secolo, poi, Venezia iniziò la sua espansione marittima nell'Adriatico, del quale prese a configurarsi come potenza egemone, e ad accrescere enormemente i propri privilegi e commerci in Oriente.

Contemporaneamente allo sviluppo economico, nella Marca Veronese (che a partire dal Duecento cominciò ad essere identificata col nome di Marca Trevisana), si assistette ad un indebolimento del sistema feudale, caratterizzato dalla progressiva emersersione dei liberi comuni: fra i più importanti Verona (1136), Padova (1138), Treviso e Vicenza. La terraferma divenne così un territorio sempre meno soggetto all'effettivo controllo degli imperatori tedeschi.
Contemporaneamente anche Venezia volgeva il proprio interesse verso l'entroterra, appoggiando la Lega Veronese e aderì alla Lega Lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa e assurgendo infine ad un prestigiosissimo ruolo di mediatrice (e al contempo di terza forza) fra l'imperatore e papa Alessandro III, favorendo coi propri auspici la riconciliazione celebrata in San Marco nel 1177 (Pace di Venezia).

Tra il 1182 e il 1185 Verona fornì asilo a papa Lucio III, in fuga da Roma, mentre nel 1188 la città estendeva il suo controllo a parte del Polesine, ai danni di Ferrara, espandendosi poi anche ad oriente nel conflitto con Mantova.

Il Ducecento fu contraddistinto dall'espansione del potere veneziano in tutto il Mediterraneo orientale, culminato con la Quarta Crociata e la creazione nel 1205 dell'Impero latino d'Oriente, nel quale a Venezia era garantito il dominio sulla quarta parte e mezza dell'impero di Romània. Lo Stato da Mar giunse a includere, oltre ai territori dell'Istria e della Dalmazia, le isole Ionie, Creta, Cipro, e tutta una serie di basi e piazzeforti nel Peloponneso, nell'Egeo e in Asia Minore.

In quest'epoca di grande fioritura sociale e culturale, nel 1222 venne fondata l'Università di Padova. Quasi contemporaneamente si assistette in tutta la terraferma alla trasformazione dei liberi comuni in potenti signorie in lotta tra loro per l'egemonia regionale. La prima ad emergere fu la signoria di Ezzelino da Romano, che riuscì a conquistare gran parte del Veneto centro-settentrionale. Treviso cadde in mano ai da Camino, a Verona si imposero nel 1262 i signori della Scala, divenendo la capitale di un potente stato, che al suo culmine valicò l'Appennino, giungendo fino a Lucca.

[modifica] I secoli XIV e XV e il dominio veneziano

Per approfondire, vedi le voci Carraresi e Domini di Terraferma.
La signoria degli Scaligeri nel 1336, alla sua massima espansione
La signoria degli Scaligeri nel 1336, alla sua massima espansione

Nonostante Venezia avesse nel mare il centro dei propri interessi economici, essa mantenne sempre vivi i legami col proprio entroterra, esercitando una forte attrazione sulle tormentate città della Marca Trevigiana. Già nel 1291 Motta di Livenza passò alla Repubblica, primo territorio di Terraferma a darsi liberamente e spontaneamente al governo di Venezia, guadagnandosi il titolo di figlia primogenita della Repubblica[citazione necessaria].

A partire dal XIV secolo che la Serenissima iniziò ad intervenire in maniera sempre più decisa nella politica regionale, soprattutto per impedire che il potente stato carrarese ne minacciasse le vie di comunicazione terrestri e fluviali. Nel 1318, infatti, Padova aveva perduta la propria libertà comunale, divenendo signoria dei da Carrara, che presto entrarono in conflitto con Venezia e con Verona, che nel 1329 aveva sottomesso Treviso.

Il potere e l'influenza crescente della Repubblica spinsero i suoi vicini a ricercare l'alleanza con la Repubblica di Genova, principale rivale commerciale e marittimo di Venezia. Nel 1379, dunque, venne stipulata un'alleanza riunente la Superba, i Carraresi, il Ducato d'Austria, il Regno d'Ungheria e il Patriarcato di Aquileia, scatenando contro Venezia la Guerra di Chioggia, conclusa nel 1381 con la vittoria sul mare contro Genova e la perdita di Treviso per terra, ceduta a Leopoldo III d'Asburgo.

Al contempo, l'insidiosa minaccia costituita dallo stato visconteo, impadronitosi fra il 1387 e il 1390 di gran parte del Veneto, ed il crescente potere degli Ottomani in Oriente spinsero Venezia a risolvere con maggior decisione la questione del controllo sulla terraferma.
Dapprima la Repubblica reagì con decisioni alle mire di Francesco Novello da Carrara, riprendendosi Treviso nel 1388. Quindi in rapida successione praticamente tutte le terre della marca trevigiana: il 28 aprile 1404, il Senato accettò con due soli voti di maggioranza la dedizione di Vicenza[citazione necessaria], pochi giorni dopo fu la volta di Cologna Veneta (7 maggio), Belluno (18 maggio), Bassano (10 giugno), Feltre (15 giugno), e quindi dell'Altopiano dei Sette Comuni il 20 febbraio 1405.
Il 22 giugno fu la volta della dedizione di Verona, finché da ultimo cadde la stessa Padova, il 22 novembre: gli ultimi Carraresi finirono così la loro esistenza in prigionia.

L'espansione di Venezia sulla terraferma fu accompagnata dalla concessione di particolari statuti e autonomie ai nuovi territori, che garantivano il mantenimento di gran parte degli istituti e delle leggi pre-esistenti, in cambio dell'atto di omaggio alla Repubblica, del pagamento di regalie e dell'accettazione di governatori inviati dal Maggior Consiglio.

Nel corso del Cinquecento, la Repubblica di Venezia espanse ulteriormente i propri possedimenti, includendo nel 1420 il Cadore e il Friuli, seguiti nel 1428 da Brescia, Bergamo e Crema e conquistando il Polesine, già occupato nel 1405 e definitivamente strappato al duca di Ferrara nel 1484.

[modifica] Storia Moderna

[modifica] Dal XVI al XVIII secolo

Nella seconda metà del '400 e agli inizi del '500, Venezia continuò la sua politica espansionistica, portando il Leone di San Marco a sventolare financo sui porti della Puglia. La Repubblica di Venezia, fra Dogado, Stato da Mar e Domini di Terraferma, costituiva un impero multietnico abitato da veneti, lombardi, friulani, istriani, romagnoli, dalmati, croati, albanesi, pugliesi, greci e ciprioti, ed era di fatto uno dei più potenti stati d'Europa.

La terraferma veneta nel 1796
La terraferma veneta nel 1796

La crescente potenza di Venezia, che nel 1503 si era spinta a sottrarre Rimini, Faenza e altre città della Romagna agli Stati della Chiesa e che nel 1508 aveva sottratto agli Asburgo Trieste e Gorizia, portarono i numerosi nemici della Repubblica a coalizzarsi. Sotto l'impulso di Giulio II, Francia, Spagna, Impero, gli Estensi e altri stati minori si riunirono sotto le insegne della Lega di Cambrai, dichiarando guerra alla Repubblica.
Venezia reagì in maniera mobilitando l'esercito e nominando Capitano Generale di Terraferma Bartolomeo d'Alviano. Il 14 maggio 1509 ad Agnadello nel cremasco, le truppe venete vennero sbaragliate dall'esercito francese di Luigi XII: in pochi giorni gran parte dello Stato da Tera fu occupato dal nemico. Solo Treviso e il Friuli resistevano.
Benché i nobili, in gran parte legati all'Impero, voltassero le spalle alla Dominante, schierandosi con i collegati, il popolo dimostrò un attaccamento viscerale a San Marco, {{preferendo, secondo Machiavelli citazione necessaria|che pure aborriva la Repubblica, morir marcheschi piuttosto che cedere al nemico}}.
Nonostante la situazione disperata, la reazione della Repubblica veneta fu determinata. Grazie alla propria abilità diplomatica, seppe sfruttare le divisioni interne al campo dei collegati, spezzando infine l'unità della Lega, in un turbinio di rovesciamenti di fronte e di alleanze, che consentirono di riconquistare progressivamente i territori perduti, ottenendo numerosi successi militari. Nel 1511 Venezia costituiva con il papa una Lega Santa contro i Francesi. Ma nel 1515, a Marignano, la cavalleria veneta veniva in soccorso alle fanterie francesi, ora alleate, consentendo a Francesco I di ottenere la vittoria sulle temibili falangi svizzere.
Finito il lungo periodo bellico, con la Pace di Cambrai del 1529, Venezia possedeva praticamente tutti i territori precedenti alla guerra, ad eccezione dell'Ampezzano e delle città della Romagna.

[modifica] Il Sei-Settecento

Al declino dei commerci e dell'impero marittimo della Serenissima, si accompagnò una crescente attenzione del patriziano per la proprietà fondiaria di terraferma, riducendo progressivamente il dinamismo del ceto dirigente e portando sempre più verso la stagnazione sociale e politica della Repubblica.
Se nel Seicento Venezia fu ancora in grado di combattere ferocemente contro i Turchi per difendere gli ultimi possedimenti marittimi e di promuovere una parziale riorganinzzazione dell'esercito di terra, giungendo ad una più definitiva sistemazione dei contesi confini con l'Austria, il Settecento segnò il definitivo tramonto del modello politico che per un millennio aveva retto le sorti dello Stato. Incapace di rinnovarsi e di individuare obbiettivi politici precisi, la nobiltà portò lo Stato a rinchiudersi in un ostentata neutralità ed in un ferreo mantenimento delle strutture tradizionali che non lo salvarono però dal terremoto europeo scatenato dalla Rivoluzione Francese. Corsivo

[modifica] Storia Contemporanea

[modifica] L'arrivo di Napoleone e la dominazione austriaca

Il Veneto sotto il dominio austriaco nel 1803
Il Veneto sotto il dominio austriaco nel 1803
Il Regno d'Italia napoleonico (1805-1814)
Il Regno d'Italia napoleonico (1805-1814)

Alla fine del XVIII secolo fermenti rivoluzionari e borghesi percorrevano anche la Repubblica veneta, mentre dalle Alpim irrompevano le truppe di Napoleone Bonaparte, disceso nella campagna d'Italia.

Venezia rifiutò di schierarsi, dichiarando la propria neutralità e al contempo rifiutando di mobilitare le truppe a difesa dei propri territori. Nell'indifferenza del governo, il Veneto divenne campo di battaglia tra gli opposti schieramenti. La Terraferma venne infine occupata dalle truppe francesi, cui venne permesso di entrare nelle città, stabilendosi in un'impossibile convivenza con le truppe di Venezia e le popolazioni venete.
La situazione esplosiva così creata deflagrò con le Pasque Veronesi, una sanguinosa e spontanea ribellione contro la presenza francese che fornì a Napoleone la scusa per rovesciare il governo aristocratico. Nell'inutile tentativo di evitare l'inevitabile Venezia smobilitò le truppe, ritirandosi nel Dogado, ma sotto la minaccia d'invasione della stessa Venezia, il 12 maggio 1797 il Maggior Consiglio decretò la fine della Serenissima Repubblica.

Seguirono una serie di saccheggi e di violenze da parte dei Francesi, desiderosi di ottenere dalle terre venete il massimo bottino possibile e al contempo di fornire il minor vantaggio possibile all'Austria, cui quelle terre erano destinate sin dal preliminare di pace poi formalizzato col trattato di Campoformio.

Subita una breve interruzione in corrispondenza della nuova invasione francese, che portò alla costituzione di un effimero Regno d'Italia (1805-1814), il dominio austriaco venne quindi ristabilito con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.
Il sessantennio della dominazione asburgica venne però caratterizzato dai moti risorgimentali, culminati con le ribellioni di Vicenza, Padova, Treviso e la costituzione a Venezia della Repubblica di San Marco nel 1848. Mentre Verona diveniva uno dei caposaldi del Quadrilatero austriaco, i moti rivoluzionari nelle città dell'entroterra vennero ad uno ad uno repressi dall'armata imperiale. Venezia, invece, favorita dal proprio isolamento lagunare resistette, anche se stretta d'assedio. Nonostante l'auspicata unione al Regno di Sardegna, i rovesci militari subiti dall'esercito piemontese durante la Prima Guerra d'Indipendenza lasciarono isolata la Repubblica marciana, che, nonostante l'eroica resistenza contro le truppe di Radetzky, dovette infine capitolare il 24 agosto 1849.

Al termine della Seconda Guerra d'Indipendenza, nel 1859, gli Austriaci tenevano ancora il Veneto: giunto alle porte di Verona, infatti, l'esercito franco-piemontese venne arrestato dalla firma dell'armistizio di Villafranca da parte di Napoleone III.

[modifica] Il plebiscito del 1866

La situazione alla vigilia della terza guerra di indipendenza
La situazione alla vigilia della terza guerra di indipendenza

La liberazione del Veneto dal dominio austriaco venne nel 1866 con la Terza Guerra d'Indipendenza e la parallela guerra Austro-Prussiana, quando con la vittoria prussiana nella battaglia di Sadowa, l'Austria fu sconfitta e, col trattato di pace firmato a Vienna il 3 ottobre 1866, dovette rinunciare al Veneto (con Mantova e Udine).
Poiché però l'impero rifiutava di effettuare la cessione al Regno d'Italia (costituito nel 1861), militarmente sconfitto per terra (battaglia di Custoza) e per mare (battaglia di Lissa), si ricorse all'escamotage di cedere il Veneto all'imperatore francese Napoleone III, cui sarebbe poi spettato cederlo a sua volta all'Italia, "sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate".

Questa voce è di parte

Questa sezione è ritenuta non neutrale: per contribuire, partecipa alla discussione.
Motivo: Il paragrafo sembra fornire una versione degli eventi storici strutturata in maniera da sostenere opinioni politiche di parte. Vedi anche: Progetto veneto Portale veneto Segnalazione di TizioX

Napoleone III procedette all'organizzazione di un plebiscito, in onorevole ottemperanza del trattato di pace, tuttavia fu soggetto a forti pressione da parte di casa Savoia, affinché cedesse anzitempo le fortezze ed il controllo militare della regione in anticipo sull'esito del plebiscito ed anche alla stessa organizzazione del plebiscito. Il conte di Gramont, cui fu affidato provvisoriamente il territorio del Veneto attuale, più Mantova e il Friuli (Pordenone-Udine), cercò di rispettare l'impegno. Le pressioni di casa Savoia furono tali che alla fine Napoleone III ordinò al conte di Gramont di ritirarsi e di consegnare le fortezze e di lasciar occupare il Veneto alle truppe di casa Savoia. Così il plebiscito fu organizzato da casa Savoia, che lo organizzò in modo da non dover contrattare nulla con i Veneti, che secondo alcuni persero così l'ultimo sprazzo di autonomia e libertà.[citazione necessaria] L'accesso alle operazioni di voto, come per gli altri plebisciti (ad esempio: quello svolto per l'annessione di Nizza alla Francia) e consultazioni dell'epoca, escluse le donne e venne limitato per censo, rivolgendosi pertanto solo alle classi sociali superiori (meno di 650.000 votanti su un totale di 2.603.009 residenti). Inoltre si verificarono molti brogli elettorali, nei quali i Savoia gonfiarono le schede sì, mediante la consegna di schede già votate in quasi tutti i seggi elettorali, una propaganda massiccia o un semplice ordine delle forze dell'ordine[citazione necessaria].
Il risultato fu di 646.789 sì, 69 no e 567 voti nulli. Questo rispecchiò, secondo alcuni studi storici, l'assoluta mancanza di segretezza nel voto e di trasparenza nelle conseguenti operazioni di scrutinio.[citazione necessaria] In tal modo, la sostanziale sconfitta militare del Regno d'Italia nella Terza guerra di indipendenza italiana del 1866 si trasformò in un successo politico per casa Savoia.

termine sezione non neutrale

[modifica] Il Veneto italiano

Il dominio di casa Savoia non fu proficuo sotto l'aspetto economico, la pressione fiscale maggiore di quella austriaca, i servizi inferiori, e la burocrazia meno valida. Alla perdita dei mercati dell'Europa centrale seguì un periodo di crisi economica.[citazione necessaria] Dopo l'annessione al Regno d'Italia e sino alla Prima guerra mondiale ebbe luogo una intensa emigrazione dal Veneto, particolarmente verso Argentina, Uruguay e Brasile.

[modifica] La Grande Guerra

Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò nel primo conflitto mondiale a fianco delle potenze dell'Intesa con l'obbiettivo di sottrarre all'Impero Austro-Ungarico la Venezia-Giulia, con Trieste e Gorizia, l'Istria e Fiume. Il Veneto divenne pertanto la retrovia del lunghissimo fronte esteso dalle Dolomiti, alla Carnia e all'altopiano carsico. Treviso divenne sede dell'Intendenza del Regio Esercito, mentre a Padova si stabilirono vari Comandi Superiori, compreso quello della Terza Armata, numerosi reparti logistici ed il principale ospedale militare del fronte. Proprio dai pressi di Padova, dal piccolo aeroporto di San Pelagio, nel comune di Due Carrare, partì Gabriele D'Annunzio per il celebre volo su Vienna.
Il collasso del fronte nella notte del 24 ottobre 1917, durante la battaglia di Caporetto, trasformò di colpo il territorio veneto nel cuore del nuovo fronte. Sotto la minaccia dell'accerchiamento e della sconfitta totale, l'esercito tentò un ripiegamento in breve trasformatosi in rotta. La via che minacciava i capoluoghi veneti si presentava completamente spalancata per l'imperial-regio esercito austro-ungarico. Nel disperato tentativo di difendere Venezia e la sua preziosa base navale, l'esercito italiano tentò di riorganizzarsi prima sul Livenza, quindi si attestò sul Piave, dove si impegnò in una lunghissima battaglia di resistenza.
I territori a nord del fronte rimasero quindi in mano austriaca sino al 1918 e alla vittoria finale nella battaglia di Vittorio Veneto. L'armistizio che pose fine alla guerra tra Italia e gli Imperi Centrali venne firmato a Villa Giusti del Giardino nei pressi di Padova.
La Prima guerra mondiale lasciò sul territorio gravi danni. Interi paesi vennero cancellati lungo la linea del Piave, mentre le campagne risultavano incolte e spopolate.

[modifica] Il primo dopoguerra

L'enorme povertà lasciata dalle macerie della guerra favorì una massiccia emigrazione, diretta in massima parte verso i paesi dell'America latina e le altre regioni d'Italia.
In questo stesso periodo si assistette tuttavia anche alla nascita del polo industriale di Porto Marghera, territorio espropriato dall'allora comune di Mestre ed assegnato a Venezia per divenirne, negli anni '20 l'area industriale e porturale. Lo sviluppo della cantieristica e della chimica segnarono quindi il nuovo volto di questa parte del Veneto.

[modifica] La II Guerra Mondiale

La Seconda guerra mondiale apportò nuove distruzioni.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il territorio venne occupato dalle truppe germaniche. A Verona il comandante dell'VIII reggimento d'Artiglieria rifiutò di consegnare le armi e diede battaglia ai tedeschi, mentre in città si verificarono numerosi scontri. La città divenne quindi una delle capitali della RSI, con l'insediamento di importanti comandi militari e di alcuni ministeri.[3] Qui si tenne l'unico congresso fascista presso castel Vecchio (in cui si decisero le basi del nuovo stato, la militarizzazione del partito e la socializzazione), ed il famoso processo di Verona, in cui si decise la condanna a morte per di cinque dei partecipanti alla sfiducia a Mussolini nel Gran Consiglio del Fascismo.

In questo periodo enormi distruzioni vennero causate dei bombardamenti aerei (particolarmente feroce quello che colpì e rase al suolo gran parte di Treviso).E altri massicci bombardamenti su Padova e Verona e in particolare Vicenza, anche questa quasi rasa al suolo. Enormi distruzioni patì in particolare poi il polo industriale di Marghera, ripetutamente colpito dai bombardamenti alleati.
Il territorio veneto divenne quindi terreno delle azioni di guerriglia durante la Resistenza partigiana. Con la resa incondizionata dell'occupante tedesco il 29 aprile il Veneto venne infine liberato dal nazi-fascismo.

[modifica] Dal secondo dopoguerra ad oggi

Il 2 giugno 1946 massiccia fu la partecipazione della popolazione veneta al referendum che sancì il passaggio dalla monarchia alla repubblica. Con l'entrata in vigore il 1° gennaio 1948 della Costituzione della Repubblica Italiana, nella nuova organizzazione dello stato venne prevista la creazione del Veneto come regione a statuto ordinario.

Nel dopoguerra, riprese l'emigrazione che interessò, oltre ad Argentina, Uruguay e Brasile, Venezuela, Colombia, Stati Uniti, Canada e Australia. Flussi migratori a breve termine si ebbero inoltre verso il Belgio, la Francia e la Germania.
Si stima in circa 3.300.000 le persone emigrate negli anni dal 1876 al 1976 dal Veneto, di fatto la regione italiana a maggior emigrazione in tale periodo (seconda è la Campania, con 2.500.000)[4]. Si calcola che ci siano attualmente nel mondo circa 9 milioni di oriundi veneti[citazione necessaria].

Durante gli anni '50 l'attività industriale di Porto Marghera iniziò a riprendersi dalle devastazioni portate dal conflitto, riprendendo a crescere, fino a raggiungere la massima espansione negli anni '60, quando il polo industriale divenne uno dei più importanti d'Europa.

A partire dagli anni '80, al declino della grandi industria il Veneto ha risposto con una massiccia proliferazione di piccole imprese, che accellerarono lo sviluppo economico, rendendo la regione una delle più produttive d'Italia e del continente. Al contempo, con la crescita economica, il Veneto è divenuto divenuto terra d'immigrazione. Una piccola parte dei nuovi arrivati sono in realtà cittadini italiani, emigrati negli anni duri, che ritornano ai loro paesi; talvolta essi parlano una versione della lingua veneta più arcaica di quella ora utilizzata nel Veneto[citazione necessaria].

[modifica] Note

  1. ^ Secondo un'altra tradizione il martirio del vescovo Ermagora avvenne durante le persecuzioni avviate da Diocleziano. Nello stesso periodo venne condannata a morte a Padova Santa Giustina
  2. ^ Da Cassiodoro, funzionario romano al servizio del re goto Teodorico, sappiamo che nelle Venetiae sussisteva una classe di proprietari agricoli e che il sovrano si preoccupò di restaurare le Terme Euganee, di abbellire e fortificare Verona e di mantenere efficiente la rete di comunicazioni viaria e fluviale. Dall'epistolario di Cassiodoro apprendiamo inoltre che già in epoca gota 488-553 d.C., una sparsa popolazione risiedeva stabilmente nello spazio anfibio delle lagune venete, traendo di che sopravvivere dalla pesca e dallo sfruttamento delle saline.
  3. ^ G. Priante 2006, p.91
  4. ^ Ricerca del CSER (Centro Studi Emigrazione - Roma).

[modifica] Voci correlate

Italia
Storia delle Regioni dell'Italia

Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna

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