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Costituzione della Repubblica Italiana - Wikipedia

Costituzione della Repubblica Italiana

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Istituzioni in Italia


Sistema politico della
Repubblica Italiana

  • Costituzione













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Categorie: Politica, Diritto e Stato
Portale Italia Portale Politica

« L'Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. »
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. »

La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano. Fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947. Fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

Indice

[modifica] Storia

[modifica] Origini e nascita

Lo Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la legge del 17 marzo 1861 che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «Re di Sardegna», e ai suoi successori, il titolo di «Re d'Italia». È la nascita giuridica di uno Stato italiano (anche se altri Stati hanno già portato tale nome nel passato, dai Goti ai Longobardi per finire al periodo napoleonico). La continuità tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia è normalmente sostenuta in base all'estensione dell'applicazione della sua legge fondamentale, lo Statuto albertino concesso da Carlo Alberto di Savoia nel 1848, a tutti i territori del regno d'Italia progressivamente annessi al regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. La conservazione dell'ordinale dinastico da parte di Vittorio Emanuele, e l'estensione dello Statuto albertino ai territori annessi hanno portato gli storici a parlare di "piemontesizzazione" dello stato italiano ad opera dei Savoia.

Lo Statuto albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti nel 1848 e rese l'Italia una monarchia costituzionale, con concessioni di poteri al popolo su base rappresentativa. Era una tipica costituzione "ottriata", ossia graziosamente concessa dal sovrano e, da un punto di vista giuridico, si caratterizzava per la sua natura "flessibile", ossia derogabile ed integrabile in forza di atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale delle istituzioni inglesi (benché il potere esecutivo fosse detenuto completamente dal re, sempre più spesso il Consiglio dei ministri rifiutò di restare in carica quando non gradito alla camera elettiva).

Il primo Parlamento dello Stato unitario, in principio del 1861, si compose con un suffragio elettorale ristretto al 2% della popolazione; nel 1882 il diritto di voto fu portato al 7% della popolazione, con riforme nel 1912 e 1918 il diritto fu esteso fino a una forma di suffragio universale maschile.[1]

Malgrado l'articolo 1° proclamasse il cattolicesimo religione di stato le relazioni fra la Santa Sede e lo Stato furono praticamente interrotte tra il 1870 il 1929, per via della Questione romana.

A causa della mancanza di rigidità dello Statuto, col giungere del fascismo lo Stato fu deviato verso un regime autoritario dove le forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei Deputati fu abolita e sostituita dalla «Camera dei fasci e delle corporazioni», il diritto di voto fu cancellato; diritti, come quello di riunione e di libertà di stampa, furono piegati in garanzia dello Stato fascista, mentre il partito unico fascista non funzionò come strumento di partecipazione, ma come strumento di intruppamento della società civile e di mobilitazione politica pilotata dall'alto. Tuttavia lo Statuto albertino, nonostante le modifiche, non fu formalmente abolito.

I rapporti con la Chiesa cattolica vennero invece sanati e rinsaldati tramite i Patti lateranensi, che ristabilirono ampie relazioni politico-diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato italiano.

Nel 1943, verso la fine della seconda guerra mondiale, Benito Mussolini perse il potere, il re Vittorio Emanuele III nominò il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un governo che ripristinò in parte le libertà dello statuto ; iniziò così il cosiddetto «regime transitorio», di cinque anni, che terminò con l'entrata in vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni politiche dell'aprile 1948, le prime della storia repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti antifascisti costretti alla clandestinità, riuniti nel Comitato di liberazione nazionale , decisi a modificare radicalmente le istituzioni per fondare uno Stato democratico.

Con il progredire e il delinearsi della situazione, con i partiti antifascisti che iniziavano ad entrare nel governo, non fu possibile al re di riproporre uno Statuto albertino eventualmente modificato e la stessa monarchia, giudicata compromessa con il precedente regime, era messa in discussione. La divergenza, in clima ancora bellico, trovò una soluzione temporanea, una «tregua istituzionale», in cui si stabiliva: la necessità di trasferire i poteri del re al figlio (ci fu un proclama del re il 12 aprile 1944), il quale doveva assumere la carica provvisoria di luogotenente del regno, mettendo da parte temporaneamente la questione istituzionale; quindi la convocazione di una Assemblea Costituente incaricata di scrivere una nuova carta costituzionale, eletta a suffragio universale (giugno 1944)[2]. Fu poi esteso il diritto di voto alle donne (febbraio 1945)[3] e, ormai raggiunto il silenzio delle armi, fu indetto il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (marzo 1946).[4]

[modifica] Formazione dell'Assemblea Costituente

Per approfondire, vedi la voce Assemblea Costituente della Repubblica Italiana.

Dopo i sei anni della seconda guerra mondiale e i venti anni della dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89% degli aventi diritto[5]. Il 54% dei voti (più di 12 milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di 2 milioni i voti a favore dei monarchici (che contestarono l'esito[6]).

L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi, distribuiti in 32 collegi elettorali.

Ora i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di considerarsi uguali, si poté constatare il loro grado d'influenza. Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito comunista, 18,9% e 104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione Democratica Nazionale), protagonista della politica italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati, con quindi il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al 4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5% corrispondente a 7 seggi. Fuori dal coro, in opposizione alla politica del CLN, raccogliente voti dei fautori rimasti del precedente regime, c'è la formazione dell'Uomo qualunque, che prese il 5,3%, con 30 seggi assegnati.

[modifica] L'intesa costituzionale

L'intesa che permise la realizzazione della costituzione è stata più volte definita «compromesso costituzionale», consistente in una commistione di concezioni politiche diverse, risultato di reciproche rinunce e successi. Le forze in seno all'assemblea, infatti, tendenzialmente, non avendo sicure idee sul possibile prosieguo della vita politica italiana, piuttosto che tentare di ostacolare le altre parti politiche, spinsero per l'approvazione di norme che rispecchiassero i rispettivi principi base.

Enrico De Nicola firma la Costituzione
Enrico De Nicola firma la Costituzione

I lavori dovevano terminare il 24 febbraio 1947 ma la Costituente non verrà sciolta che il 31 dicembre 1947, dopo aver adottato la Costituzione il 22 dicembre con 453 voti contro 62. La Costituzione entra in vigore il primo gennaio 1948.

[modifica] Caratteristiche

[modifica] Composizione e struttura

La costituzione è composta da 139 articoli (ma 5 articoli sono stati abrogati: 115;124;128;129;130), divisi in quattro sezioni:

  • principi fondamentali (art. 1-12);
  • parte prima, diritti e doveri dei cittadini (art. 13-54);
  • parte seconda, concernente l'ordinamento della Repubblica (art 55-139);
  • 18 disposizioni transitorie e finali, riguardanti situazioni relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime e destinate a non ripresentarsi.

[modifica] Caratteristiche tecniche

La Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida e lunga.

  • Anzitutto, la normazione è contenuta in un testo legislativo scritto. La scelta è comune all'esperienza di civil law ed a quella di common law, con la grande eccezione della Gran Bretagna, Paese nel quale la Costituzione è in forma orale.
  • Inoltre, si dice che la Costituzione italiana è rigida. Con ciò si indica che da un lato è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma dei suoi contenuti (non bastando la normale maggioranza), e dall'altro che le disposizioni aventi forza di legge in contrasto con la Costituzione vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale.
  • Infine, la Costituzione è lunga, ossia contiene disposizioni in molti settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso, da questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta per larga parte carattere programmatico, venendo così in rilevanza solo in sede di indirizzo per il legislatore o in sede di giudizio di legittimità degli atti aventi forza di legge. Il processo di consolidamento dei principi indicati dalla Costituzione, attraverso la loro concretizzazione nella legge ordinaria (o, talvolta, nell'orientamento giurisprudenziale come è avvenuto per l'attuazione dell'art. 36 relativamente al principio del trattamento economico minimo previsto per i lavoratori dipendenti), è detto attuazione della Costituzione. Tale processo non è da considerarsi ancora concluso. Il legislatore costituzionale, inoltre, ha ritenuto di ritornare nella storia repubblicana su alcune materie, per integrarle e ampliarle, adottando provvedimenti di legge costituzionale (integrazioni alla costituzione, approvate con lo stesso procedimento della revisione costituzionale, poiché del resto, non costituiscono che modificazioni implicite). Per questi due tipi di interventi, l'attuazione e l'integrazione delle norme costituzionali, si ricorda ad esempio che la Corte costituzionale non venne attivata che nel 1955 (le elezioni dei giudici tramite una legge non avvenne che nel 1953), che il consiglio superiore della magistratura venne attivato nel 1958 e che le regioni ordinarie vennero istituite nel 1970 (sebbene quattro regioni speciali vennero istituite nel 1948 e il Friuli-Venezia Giulia nel 1963); il referendum abrogativo, infine, venne istituito con una legge del 15 maggio 1970.

[modifica] Direttrici fondamentali

Nelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare. Non mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie alla moderazione dei marxisti, ratificare gli accordi lateranensi e permettere di accordare una autonomia regionale tanto più marcata quanto più le minoranze erano radicate (nelle isole e nelle regioni con forti minoranze linguistiche).

[modifica] I principi fondamentali

Secondo la dottrina la Costituzione è caratterizzata da alcuni principi non revisionabili fondamentali che ne hanno ispirato la redazione.

[modifica] Principio personalista

La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'art. 2: in esso infatti si dice che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è agevolmente rinvenibile nella parola "riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa. Tale impostazione, stimolata dalla componente d'ispirazione cattolica dell'assemblea costituente, fu il frutto di una sentita reazione al totalitarismo e alla concezione hegeliana dello Stato che in esso si propugnava.

[modifica] Principio pluralista

È tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata una ed indivisibile, sono riconosciuti i diritti dell'uomo nelle formazioni sociali (art. 2), la libertà associativa (art. 18), la libertà delle confessioni religiose (art. 8), dei partiti politici (art. 49) e dei sindacati (art. 39). È riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.

[modifica] Principio lavorista

Ci sono riferimenti già agli art. 1 e 3. Il lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale. Non serve ad identificare una classe. È anche un dovere, ed eleva il singolo. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, mentre il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere discriminati.

[modifica] Principio democratico

Già gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il principio di maggioranza ma con tutela della minoranze (anche politiche); processi decisionali (politici e giudiziari) tendenzialmente trasparenti

[modifica] Principio di uguaglianza

Come è affermato con chiarezza nell'art.3, tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale) e devono essere in grado di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale)

[modifica] Principio di tolleranza

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti (art.7) e tutte le confessioni religiose, diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge (art.8)

[modifica] Principio pacifista

Come viene sancito all' art. 11, la Repubblica italiana è contraria alla guerra e collabora con gli organismi internazionali per il mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni

[modifica] Parte prima: diritti e doveri dei cittadini

La parte prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei diritti e dei doveri dei cittadini.

[modifica] Rapporti civili

dall'articolo 13 al 28

Le libertà individuali: gli articoli dal 13 al 28 affermano che la libertà è un valore sacro, che il domicilio è inviolabile, che ogni cittadino può soggiornare e circolare liberamente.

le libertà collettive: gli articoli dal 17 al 21 affermano che i cittadini italiani hanno il diritto di riunirsi e di associarsi liberamente; che ogni persona ha il diritto di professare liberamente il proprio credo; che ogni individuo è libero di professare il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di comunicazione.

[modifica] Rapporti etico-sociali

dall'articolo 29 al 34

la famiglia gli articoli dal 29 al 31 affermano che la Repubblica italiana riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, e afferma anche che è di dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli.

la salute l'art.32 afferma che la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo.

l'arte e la cultura l'art.33 afferma che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

la scuola l'art.34 afferma che la scuola è aperta a tutti.

[modifica] Rapporti economici e rapporti politici

dall'articolo 35 al 53

l'organizzazione del lavoro: gli articoli dal 35 al 47 affermano che la repubblica tutela il lavoro, il lavoratore, e le organizzazioni sindacali.

le elezioni: l'art.48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età; afferma anche che il voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio è dovere civico.

le tasse: l'art.53 afferma che tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

[modifica] Parte seconda: ordinamento della repubblica

[modifica] Il Parlamento

dall'articolo 55 al 69

[modifica] La Formazione Delle Leggi

dall'articolo 70 al 82

[modifica] Il Presidente della Repubblica

dall'articolo 83 al 91

[modifica] Il Governo

dall'articolo 92 al 96

La nomina del Presidente del Consiglio: l'art. 92 afferma che è il Presidente della Repubblica a nominare il Presidente del Consiglio dei ministri.

[modifica] Revisioni costituzionali

Il testo originario della Costituzione ha subito alcune revisioni, adottate secondo la procedura prevista dall'art. 138 della Costituzione.

Le leggi di revisione sono le seguenti:

Per ciò che concerne le altre leggi costituzionali, un primo insieme riguarda l'approvazione o la modifica degli statuti delle Regioni autonome (statuto speciale), di cui alcuni sono stati approvati nel febbraio 1948 dalla Costituente. Si tratta delle leggi seguenti:

Un ultimo insieme riguarda le leggi che introducono delle norme di natura costituzionale, e deroghe a quelle previste dalla costituzione. Tra queste sono incluse le leggi costituzionali del 22 novembre 1967 (n°2) la legge costituzionale del 16 gennaio 1989 (n° 1). Inoltre sono incluse le seguenti leggi:

  • Legge costituzionale n° 1 del 9 febbraio 1948, regola le attività della corte costituzionale e garantisce l'indipendenza della stessa;
  • Legge costituzionale n° 1 del 11 maggio 1953, regole complementari legate alla corte costituzionale;
  • Legge costituzionale n° 1 del 18 marzo 1958, modifica del termine ultimo per l'applicazione della disposizione transitoria XI della costituzione;
  • Legge costituzionale n° 1 del 9 marzo 1961, assegnazione di tre senatori ai comuni di Trieste, Duino Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico ;
  • Legge costituzionale n° 1 del 21 giugno 1967, estradizione per crimini di guerra;
  • Legge costituzionale n° 2 del 3 aprile 1989, progetto di referendum orientativo per confermare il mandato al parlamento europeo che ebbe luogo nel 1989;
  • Legge costituzionale n° 1 del 6 agosto 1993, funzionamento della commissione parlamentare per le riforme istituzionali e per le regole di riforma costituzionali;
  • Legge costituzionale n° 1 del 24 gennaio 1997, istituzione di una commissione parlamentare per le riforme costituzionali.

[modifica] La riforma costituzionale del 2001 confermata dal referendum del 7 ottobre 2001

Per approfondire, vedi la voce Referendum costituzionale del 2001.

Il Parlamento italiano, quasi alla conclusione della XIII Legislatura, ha approvato una rilevante modifica della Costituzione modificando 9 articoli della stessa, tutti contenuti all'interno del Titolo V della Seconda parte, relativo all'ordinamento territoriale italiano. La legge di revisione punta a creare le basi e le condizioni essenziali per una futura trasformazione dell'Italia in una Repubblica federale, in prima istanza rovesciando l'ordine di preminenza nella formazione delle leggi disposto dall'art.117: se prima venivano elencate le materie in cui le Regioni avevano potere di legiferare (in via concorrenziale) ed era lasciata allo Stato la competenza su tutto il resto, ora vengono elencate le materie di competenza esclusiva dello Stato, nonché alcune materie di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, mentre viene lasciata alle Regioni la competenza generale o "residuale" (c.d. federalismo legislativo).

Altri effetti della riforma sono:

  • L'ordinamento policentrico della Repubblica italiana (adesso costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato)
  • La "costituzionalizzazione" di Roma capitale della Repubblica
  • La possibilità di concedere alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta (e previa intesa con lo Stato) forme e condizioni particolari di autonomia (c.d. federalismo differenziato, di natura pattizia)
  • L'attribuzione ai Comuni della preminenza nell'azione amministrativa (inserimento in Costituzione dei principi del federalismo amministrativo)
  • L'introduzione dei principi di sussidiarietà verticale tra i vari livelli di governo della Repubblica e di sussidiarietà orizzontale tra gli enti pubblici e i cittadini
  • L'inserimento dei principi del federalismo fiscale e la previsione di un fondo perequativo per le aree svantaggiate del Paese (eliminando qualsiasi riferimento specifico al Mezzogiorno e alle Isole)
  • L'introduzione del potere di supplenza dello Stato qualora una Regione o un ente locale non svolga le funzioni proprie o attribuite
  • La previsione dell'inserimento negli Statuti regionali del Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali
  • La soppressione del controllo preventivo statale sulla legislazione regionale
  • La possibilità, nelle more dell'istituzione del Senato federale (evento che completerà l'evoluzione in senso federale del Paese), di integrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delle Regioni e degli enti locali

Questa riforma, realizzata dall'Ulivo sulla base di un testo approvato da maggioranza e opposizione nella Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema, non è stata appoggiata dal quorum dei 2/3 del Parlamento: ciò ha permesso l'indizione di un referendum sospensivo per chiederne all'elettorato l'approvazione o la bocciatura. Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 7 ottobre 2001, il 64,20% dei votanti (34,10% di affluenza) ha espresso la volontà di confermare la riforma, entrata poi in vigore l'8 novembre 2001.

[modifica] Il progetto di riforma costituzionale del 2005 rigettato dal referendum del 25/26 giugno 2006

Per approfondire, vedi le voci Devoluzione e Referendum costituzionale del 2006.

Il Parlamento italiano aveva approvato una rilevante modifica delle disposizioni dell'attuale Costituzione (una cinquantina di articoli furono modificati da tale legge). Qualora tale riforma fosse entrata in vigore, si sarebbe prospettata la nascita di una Repubblica federale con un esecutivo nettamente più forte. Tra le principali disposizioni di tale (fallita) riforma costituzionale si possono citare in modo non esaustivo le seguenti:

  • Sostituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, adottando la versione del sistema parlamentare detta premierato, con un Primo ministro che verrebbe designato direttamente dagli elettori. I poteri del primo ministro vengono rafforzati, in quanto su sua richiesta il Presidente della repubblica deve sciogliere la Camera dei Deputati, a meno che la maggioranza espressa dalle elezioni non indichi un sostituto.
  • Voto di fiducia e sfiducia al Governo espresso dalla sola Camera dei Deputati.
  • La sfiducia al governo comporta anche lo scioglimento della camera, a meno che i deputati che hanno votato la fiducia esprimano un nuovo primo ministro (non è possibile che il nuovo governo sia sostenuto da una maggioranza diversa dal precedente).
  • Riduzione delle funzioni del Presidente della Repubblica: deve nominare Primo Ministro chi risulti candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la (peraltro formale) libertà di scelta attualmente contemplata dall'art. 92 cost.; può sciogliere la Camera dei deputati solo su richiesta del Primo Ministro, in caso di morte, impedimento permanente o dimissioni dello stesso, se la Camera dei deputati ha approvato una mozione di sfiducia al Primo Ministro senza che la maggioranza risultante dalle elezioni ne abbia espresso uno nuovo, oppure se il voto di sfiducia sia stato respinto col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. L'età minima per essere eletto alla carica di Presidente scende da 50 a 40 anni.
  • Trasformazione del Senato in Senato federale della Repubblica teso a rappresentare gli interessi del territorio e delle comunità locali. I senatori saranno eletti fra i residenti sul territorio regionale e già rappresentanti del popolo in enti territoriali.
  • Istituzione di un sistema monocamerale per il voto delle leggi: in funzione delle materie, sia il Senato federale, sia la Camera, possono approvare una legge, senza che sia necessario (salvo eccezioni) un completo iter tra le due camere.
  • Numero ridotto di parlamentari (500 deputati + 18 deputati per gli italiani all'estero; 252 senatori federali).
  • Ruolo più specifico all'opposizione (alla Camera) e alle minoranze (al Senato federale).
  • Alcune competenze, assegnate dalla riforma del 2001 alla legislazione concorrente (in cui la facoltà legislativa spetta alle regioni, salvo la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale) tornano di esclusiva competenza statale. Esse sono:
    • la sicurezza del lavoro
    • le norme generali sulla tutela della salute
    • le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza
    • l' ordinamento della comunicazione (rimangono ambito della legislazione concorrente la "comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l'emittenza in ambito regionale" e la" promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche")
    • l'ordinamento delle professioni intellettuali
    • l'ordinamento sportivo nazionale (rimane alla legislazione concorrente l'ordinamento sportivo regionale)
    • la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia (alla legislazione concorrente rimane la produzione, trasporto e distribuzione dell'energia di rilevanza non nazionale).
  • Passano alla competenza esclusiva delle regioni alcune materie prima incluse nella legislazione concorrente:
    • assistenza e organizzazione sanitaria;
    • organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche;
    • definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
    • polizia amministrativa regionale (la polizia amministrativa locale già rientrava nelle competenze esclusive regionali);
  • Reintroduzione dell'interesse nazionale come limite della legislazione regionale.
  • Protezione costituzionale delle Autorità indipendenti.
  • Modifica della composizione della Corte costituzionale con aumento dei membri di nomina parlamentare.
  • I "membri laici" del Consiglio Superiore della Magistratura non sono più scelti dal Parlamento in seduta comune, ma per metà da ciascuna camera, sempre tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con quindici anni di esercizio della professione.
  • Modifica delle possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale, con attribuzione della possibilità di ricorso anche alle Province, alle Città Metropolitane e ai Comuni.
  • Possibilità di referendum consultivo su tutte le riforme della costituzione e sulle leggi costituzionali, anche approvate in seconda lettura a maggioranza dei due terzi.

Tale riforma, realizzata dalla Casa delle Libertà, ha suscitato vivaci discussioni, sia nel mondo politico, sia nella società civile, dando vita ad un dibattito acceso, soprattutto in funzione del referendum confermativo di tale riforma.

La legge era stata approvata a maggioranza assoluta e, successivamente, è stato richiesto un referendum confermativo da tutti e tre i diversi soggetti abilitati a farlo (almeno un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque consigli regionali) per chiedere all'elettorato la conferma o il rigetto di tale riforma. Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 25-26 giugno 2006, il 61,70% dei votanti (53,70% di affluenza) ha espresso la volontà di impedire l'entrata in vigore della riforma, votando No.

L'analisi del voto ha evidenziato come in Italia il Sì abbia prevalso solo tra gli elettori di Lombardia e Veneto, mentre i voti all'estero hanno visto il prevalere del Sì in tutte le circoscrizioni, eccetto che tra gli Italiani residenti in Europa.

[modifica] Note

  1. ^ Dal 2% al 7% con la legge del 22 gennaio 1882, n. 999, quindi 23% della popolazione e prima introduzione del suffragio universale maschile con la legge del 30 giugno 1912 n. 666, e, infine, ai maggiori di 21 anni o chi avesse adempiuto al servizio militare, alla fine della prima guerra mondiale, con la legge 16 dicembre 1918, n. 1985.
  2. ^ Decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151 - Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, giuramento dei membri del governo e facoltà del governo di emanare norme giuridiche, emanato dal governo Bonomi (2°).
  3. ^ D.L.L. 2 febbraio 1945, n. 23 - Estensione alle donne del diritto di voto, emanato dal governo Bonomi (3°).
  4. ^ D.L.L. 16 marzo 1946, n. 98 - Integrazioni e modifiche al decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151 relativo all'Assemblea per la nuova Costituzione dello Stato, al giuramento dei membri del governo ed alla facoltà del governo di emanare norme giuridiche, emanato dal governo De Gasperi (1°).
  5. ^ Con l'esclusione della provincia di Bolzano e della circoscrizione elettorale Trieste-Venezia Giulia-Zara, facendo venire meno 17 deputati dei 573 previsti.
  6. ^ Il Referendum Istituzionale Monarchia-Repubblica del 2 Giugno 1946. Unione Monarchica Italiana. URL consultato il 2-11-2007.

[modifica] Bibliografia

  • Giangiulio Ambrosini. La Costituzione spiegata a mia figlia. Einaudi Scuola, Torino, 2004. ISBN-13 978-88-28-60897-4.
  • Ernesto Bettinelli. La Costituzione della Repubblica Italiana - Un classico giuridico. Rizzoli, collana BUR - Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006. ISBN-13 978-88-17-00962-1.
  • Roberto Bin. Capire la Costituzione. Editori Laterza, Bari, 2002. ISBN-13 978-88-42-06636-1.
  • Roberto Bin, Giovanni Pitruzzella. Diritto Costituzionale. Giappichelli Editore, Torino, 2007 (ottava edizione). ISBN-13 978-88-34-87650-3.
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  • Giovanni Sartori. Ingegneria costituzionale comparata. Strutture, incentivi ed esiti. Il Mulino, Bologna, 2004. ISBN-13 978-88-15-09636-4.

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