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Disoccupazione - Wikipedia

Disoccupazione

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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La disoccupazione è la condizione di mancanza di un lavoro per una persona disposta a lavorare. È la condizione opposta all'occupazione.

In macroeconomia il concetto di disoccupazione si può estendere all'intero stato e sulla base dei dati raccolti si possono calcolare stime statistiche come il tasso di disoccupazione.

Indice

[modifica] Tipi di disoccupazione

Gli economisti hanno compiuto una classificazione delle tipologie di disoccupazione:

  • Disoccupazione frizionale: indica la condizione di quelli che non hanno un'occupazione, cioè non lavorano. breve termine, per coloro che cercano lavoro per la prima volta o che stanno cambiando impiego. Ci vuole infatti del tempo per far coincidere le richieste dei lavoratori e con il mercato del lavoro. Il modello di equilibrio del mercato aggregato parte dall'ipotesi che tutti i lavoratori e tutte le occupazioni siano uguali e che ogni lavoratore sia adatto ad ogni tipo di occupazione; nella realtà i lavoratori hanno competenze e preferenze differenti l'uno dall'altro. Impiegano del tempo per trovare una nuova occupazione. Una certa quantità di disoccupazione frizionale è pertanto inevitabile: con il variare della domanda di beni e servizi, varia anche la domanda di lavoro per produrre quei beni e quei servizi. Gli economisti chiamano spostamento intersettoriale la variazione nella composizione della domanda di lavoro tra settori e aree diverse. La disoccupazione frizionale è inevitabile nella stessa misura in cui domanda e offerta sono in evoluzione.
  • Disoccupazione stagionale: è la mancanza di lavoro causata dalle variazioni climatiche e stagionali. Anche questo tipo di disoccupazione interessa il breve termine ed è tipica degli impieghi legati al turismo. Per es. la maggior parte dei bagnini è soggetta a disoccupazione stagionale durante la stagione invernale.
  • Disoccupazione strutturale: è la mancanza di un impiego legata all'assenza di corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro. In altre parole, è la mancata corrispondenza tra abilità del lavoratore e richiesta del datore, oppure la differenza di posizione geografica.
  • Disoccupazione ciclica: è la disoccupazione determinata dalle variazioni del ciclo economico. Il tasso di disoccupazione aumenta quando l'economia è in fase di recessione.
  • Disoccupazione nascosta: è l'eccesso di lavoratori impiegati in contesti rurali nei paesi in via di sviluppo caratterizzati da una produttività marginale sostanzialmente nulla e da un saggio di salario a livello di sussistenza. A dispetto degli altri tipi di disoccupazione, in quella nascosta il lavoratore è in realtà occupato nel contesto sociale ma percepisce una remunerazione che basta solo per soddisfare i propri bisogni primari e il suo apporto alla produzione è praticamente nullo.

Per chiarire meglio quest'ultimo concetto è utile vedere un esempio di calcolo di disoccupazione nascosta. Si supponga ad es. che in un paese in via di sviluppo 10 lavoratori vengano impiegati durante un anno per coltivare una quantità di terreno e che ogni lavoratore lavori mediamente 5 ore al giorno. Durante l'anno si svolgono i seguenti lavori:

  • Semina del grano, che richiede 30 ore di lavoro
  • Raccolta del grano, che richiede 40 ore di lavoro
  • Vendemmia, che richiede 30 ore di lavoro

Dato che i lavori non vengono svolti contemporaneamente e che la raccolta del grano risulta essere l'attività che richiede la maggior quantità di lavoro, richiedendo 40 ore di lavoro complessive, si può calcolare che durante l'intero anno di attività il numero massimo di lavoratori contemporaneamente necessari è di: 40 ore di lavoro / 5 ore medie di lavoro giornaliere = 8 lavoratori. La disoccupazione nascosta in questo caso è di 10 - 8 = 2 ed è rappresentata dai 2 lavoratori che apportano una produttività marginale praticamente nulla al processo produttivo descritto e possono quindi essere sottratti dall'occupazione attuale e inseriti in altri contesti lavorativi senza creare un decremento della produzione.

[modifica] Misure

Come in molti fenomeni oggetto di studio dell'economia, è possibile misurare la disoccupazione calcolando dei tassi opportuni.

Il più semplice di questi è il tasso naturale di disoccupazione, che corrisponde al tasso medio di disoccupazione attorno a cui oscilla l’economia di uno stato. Può essere considerato come il tasso di disoccupazione stazionario perché è quello a cui l’economia tende nel lungo periodo. Se definiamo per comodità:

  • L il totale della forza lavoro;
  • O il numero degli occupati;
  • D il numero dei disoccupati

La forza lavoro è uguale alla somma di occupati e disoccupati: L=D+O. Il tasso di disoccupazione corrisponde al numero dei disoccupati fratto il totale della forza lavoro: D/L. È inoltre possibile calcolare:

  • il tasso di separazione dal lavoro (per convenzione: s), cioè la frazione di individui occupati che perdono il lavoro ogni mese;
  • il tasso di ottenimento del lavoro (per convenzione: o), ossia la frazione di individui disoccupati che trova occupazione ogni mese.

Il tasso di occupazione e quello di ottenimento determinano il tasso di disoccupazione. Se il tasso di disoccupazione non si modifica, il numero di individui che trovano occupazione è uguale a quello degli individui che perdono il lavoro. Il numero degli individui che trovano lavoro è oD; quello degli individui che perdono lavoro è sO; possiamo dire quindi: oD= sO.

Il lavoro dipende a sua volta da agenti esterni che sono le caratteristiche che non dipendono da quello stesso individuo ma da una diversa fonte.

[modifica] Politica economica

Molti provvedimenti di politica economica sono finalizzati a far diminuire il tasso naturale di disoccupazione: gli uffici di collocamento, politiche pubbliche di riqualificazione professionale.
Altri provvedimenti pubblici contribuiscono ad aumentare la disoccupazione frizionale; uno di questi è il sussidio di disoccupazione. Riducendo il disagio economico prodotto dalla disoccupazione, il sussidio aumenta la quantità di disoccupazione frizionale e fa aumentare il tasso naturale di disoccupazione. La consapevolezza che una parte del proprio reddito è protetta dal sussidio di disoccupazione fa diminuire l’interesse a cercare posti con prospettive di occupazione duratura e a contrattare garanzie di sicurezza di occupazione col datore di lavoro. Questo provvedimento presenta l’indubbio vantaggio di ridurre l’incertezza dei lavoratori rispetto al proprio reddito; inducendo i lavoratori a rifiutare le offerte ritenute non adeguate, favorisce una migliore corrispondenza tra le caratteristiche dei lavoratori e quelle dei posti di lavoro che sono chiamati a ricoprire. Da notare che l’impresa che licenzia un lavoratore corrisponde solo una parte del sussidio, mentre la parte rimanente proviene dai ricavi generali del sistema di welfare.

[modifica] Rigidità dei salari

Una delle ragioni alla base della disoccupazione è la rigidità dei salari, ossia l’incapacità dei salari di aggiustarsi istantaneamente. I salari non sono perfettamente flessibili: a volte rimangono bloccati a un livello superiore a quello di equilibrio del mercato. Se il salario reale è al di sopra del livello di equilibrio tra domanda e offerta, la quantità di lavoro offerta è superiore a quella domandata e le imprese devono in qualche modo razionare i posti disponibili tra i lavoratori. La rigidità del salario reale riduce il tasso di ottenimento del lavoro e fa aumentare il tasso di disoccupazione. La disoccupazione risultante dalla rigidità dei salari e dal razionamento dei posti di lavoro è detta disoccupazione stnon sono disoccupati perché stanno attivamente cercando un posto di lavoro adeguato alle loro ispirazioni e competenze individuali, ma perché al salario reale corrente l’offerta di lavoro è superiore alla domanda. Se il salario reale eccede il livello di equilibrio e l’offerta di lavoro è superiore alla domanda, le imprese potrebbero ridurre i salari. La disoccupazione strutturale si genera perché le imprese non riescono a ridurre i salari nonostante l’eccesso di offerta di lavoro.

Le principali cause alla base della rigidità dei salari sono:

  • Le leggi sul salario minimo. Lo Stato provoca la rigidità dei salari nel momento in cui impedisce ai salari di scendere fino a raggiungere il livello di equilibrio. Le leggi sul salario minimo fissano un minimo legale ai salari che le imprese possono corrispondere ai propri dipendenti.
  • I sindacati e la contrattazione collettiva. Causa di rigidità salariale è il potere monopolistico esercitato dai sindacati. I salari sindacalizzati non sono determinati dall’equilibrio tra domanda e offerta, ma dalla contrattazione tra i rappresentanti dei sindacati e quelli delle imprese, con efficacia collettiva. Il risultato, spesso, fissa i salari a un livello superiore a quello di equilibrio e lascia alle imprese la possibilità di decidere quanti lavoratori assumere.
  • Le teorie del salario di efficienza. Le teorie del salario di efficienza sono la terza causa di rigidità dei salari, elevati, che rendono i lavoratori più produttivi. L’influenza dei salari sulla produttività potrebbe spiegare il fatto che le imprese non riescono a tagliare le retribuzioni anche a fronte di un evidente eccesso di offerta di lavoro.
    • Un’impresa decide di mantenere i propri salari al di sopra del livello di equilibrio per garantire buona salute alla propria forza lavoro.
    • Salari più elevati riducono il ricambio di lavoratori. Tanto più un’impresa remunera i propri lavoratori tanto più elevato è l’incentivo a non lasciare il proprio incarico.
    • Se l’impresa riduce i salari, i lavoratori migliori potrebbero trovare lavoro altrove mentre quelli che non hanno tante alternative sono costretti a restare. È la cosiddetta selezione avversa, ossia la tendenza degli individui che dispongono di maggiori informazioni ad auto-selezionarsi, recando svantaggio a chi non dispone delle medesime informazioni.
    • Gli alti salari migliorano l’impegno dei lavoratori; le imprese non sono sempre in grado di controllare il livello di impegno della propria forza lavoro. Quanto più il salario è elevato, tanto più alto sarà il prezzo del licenziamento; l’impresa induce i propri lavoratori a maggior impegno e a comportamenti più virtuosi. A un salario superiore al livello d’equilibrio corrisponde un tasso di ottenimento di lavoro più basso e una più alta disoccupazione strutturale.

[modifica] Caratteristiche della disoccupazione

La disoccupazione di stato stazionario di una economia dipende dal tasso di separazione dal lavoro e dal tasso di ottenimento di occupazione. Il processo di ricerca di lavoro e la rigidità salariale sono due delle cause per cui il processo di reperimento del lavoro non è istantaneo.

[modifica] Durata

Se la maggior parte della disoccupazione è di breve durata, si può ipotizzare che si tratti dell’inevitabile disoccupazione frizionale. Se la disoccupazione è di lunga durata è da classificarsi come disoccupazione strutturale. Se ci si pone l’obiettivo di abbassare il tasso naturale di disoccupazione, la politica economica deve tendere a focalizzarsi sulla disoccupazione a lungo termine, ossia quella a cui si riferisce la maggior parte della quantità di disoccupazione.

[modifica] In diversi gruppi demografici

Il tasso di disoccupazione varia sensibilmente tra diversi gruppi di popolazione. I lavoratori più giovani hanno un tasso di disoccupazione molto più elevato dei lavoratori più anziani. Si possono individuare due diverse possibili cause di un elevato tasso di disoccupazione: un basso tasso di ottenimento di lavoro e un alto tasso di separazione dal lavoro. I gruppi demografici caratterizzati da un elevato tasso di disoccupazione tendono ad avere un elevato tasso di separazione dal lavoro; le variazioni del tasso di ottenimento del lavoro tra i diversi gruppi tendono ad essere meno marcate. I giovani, appena entrati nel mercato del lavoro, sono incerti sulla carriera da intraprendere; risulta utile per loro provare diversi tipi di lavoro. È giusto attendersi per questo gruppo un elevato tasso di separazione dal lavoro e un più alto tasso di disoccupazione frizionale.

[modifica] Costi

Quando la disoccupazione ciclica è elevata, la società deve sopportare un costo opportunità causato dalla mancata produzione di una certa quantità di prodotto potenziale (equivalente a ciò che si sarebbe potuto produrre in condizioni di piena occupazione).

Altri costi della disoccupazione sono i costi sociali e i costi umani, che si manifestano in svariate problematiche psicologiche o psicofisiche che affliggono il disoccupato. In alcuni casi, la disoccupazione a lungo termine può portare a ipertensione, depressione e alcolismo. Nei casi più disperati si sono registrati suicidi.

[modifica] Bibliografia

  • Paolo Crepet. Le malattie della disoccupazione. Ed.Lavoro, Roma, 1990
  • Enrico Pugliese, Sociologia della disoccupazione, il Mulino, Bologna, 1993.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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