Questione romana
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La Questione romana è la controversia politica relativa al ruolo di Roma, sede del potere temporale del Papa ma, al contempo, capitale naturale d'Italia.
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[modifica] Il neonato Regno d'Italia
Il 27 marzo 1861 Roma era stata proclamata capitale del Regno d'Italia nella seduta del Parlamento, seguita ad un vibrante discorso di Cavour: il presidente del consiglio aveva ricordato le profonde ragioni storiche che motivavano quella decisione e si era mostrato fiducioso nella annessione per via militare di Roma all'Italia che avrebbe comportato la cancellazione del potere temporale della Chiesa.
Roma era tuttavia protetta da Napoleone III, che al contempo era il principale alleato e protettore del neonato Regno d'Italia. Assente il consenso francese, le uniche azioni furono condotte da Garibaldi, e si conclusero con le tragiche giornate dell'Aspromonte e di Mentana.
La questione romana, comunque, non si limitava al solo problema dell'annessione territoriale di Roma, ma chiamava in causa il complesso tema delle relazioni tra Chiesa cattolica e Regno d'Italia: già gravemente compromesse dalla permanente opposizione al Risorgimento, manifestata da Pio IX a partire dal 1849.
L'intransigenza papale nell'affermare l'autonomia e l'indipendenza dello Stato della Chiesa (che oggi possiamo giudicare antistorica e anacronistica) ebbe dure conseguenze:
- in Italia, tre conseguenze negative: un forte incremento dell'anticlericalismo; la mancanza dei cattolici dalla vita politica nazionale e dunque una tendenza laicista del governo nei confronti della Chiesa; l'Italia, per almeno trent'anni sarà spaccata in due ("storico steccato") e, da parte della Chiesa, si accentuerà una visione negativa di tutto ciò che avveniva nel campo non confessionale (anche quello che di buono c'era: una delle cause della crisi modernista);
- all'estero: tutta la vita della Chiesa fu condizionata nella seconda metà dell'Ottocento dalla questione romana e dalla necessità di come garantire piena libertà al papa, cosa che prevalse su tutti gli altri problemi.
[modifica] Dopo porta Pia
Nel 1870, alcune settimane dopo la caduta di Napoleone III (battaglia di Sedan), l'esercito italiano si fece coraggio e guidato da Raffaele Cadorna entrò in Roma, non più difesa dalle truppe francesi(Breccia di Porta Pia), annettendo il millenario Stato della Chiesa al Regno d'Italia. Nel 1871 veniva approvata la Legge delle Guarentigie , la quale - come dice il suo nome - fissava precise garanzie per il Papa e la Santa Sede.
Il Papa (all'epoca Pio IX), secondo la suddetta legge, diventava suddito dello Stato Italiano, pur potendo godere di una serie di privilegi rispetto agli altri cittadini. Tuttavia il Pontefice non volle mai accettare una legge unilaterale (fu compilata infatti su iniziativa del solo Stato italiano) e, a suo parere, eversiva; per questo motivo utilizzò un'espressione ricavata dagli Atti degli apostoli: non possumus (in italiano, "non possiamo") .
Dal 1871, sia Pio IX che i suoi successori non uscirono dai Palazzi Vaticani in segno di protesta - detta appunto la Questione romana - che perdurò quasi 60 anni, fino ai Patti Lateranensi del 1929 .
Pio IX nel 1874 e Leone XIII ingiunsero inoltre agli italiani cattolici di non recarsi alle urne e poi con il famoso non expedit impedirono ai cattolici italiani (per più di trent'anni) di partecipare attivamente alla vita politica del Paese.
I pontificati di Pio X, di Benedetto XV e di Pio XI (i primi tre decenni del XX secolo) videro invece la distensione ed un graduale riavvicinamento. Infatti l'affermazione dei socialisti provocarono l'alleanza tra cattolici e liberali moderati (Giolitti) in molte elezioni amministrative, alleanza detta clerico-moderatismo. Segno di questi mutamenti è l'enciclica del 1904 Il fermo proposito (il testo in Magistero Pontificio), che, se da un lato conservava il non expedit, ne permetteva tuttavia larghe eccezioni, che poi si moltiplicarono: vari cattolici così entrarono in parlamento ma solo a titolo personale.
[modifica] La lenta risoluzione dei contrasti
Immediatamente dopo la fine della Prima Guerra mondiale vi furono i primi contatti fra Santa Sede e regno d'Italia per porre fine all'annosa controversia con una presa di contatto fra Monsignor Bonaventura Ceretti e il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. Alla morte di Benedetto XV per la prima volta in tutta Italia le bandiere sono poste a mezz'asta.
Una decisa apertura nei confronti della Chiesa vi fu all'indomani della Marcia su Roma con l'introduzione della religione cattolica nelle scuole, con funzione di ancella della filosofia (1923) e l'autorizzazione ad appendere il crocifisso nelle aule. Già nel gennaio 1923 si aprirono delle trattative segrete con un incontro tra Benito Mussolini e il Cardinal Segretario di Stato Pietro Gasparri.
La Questione Romana si poté però dire definitivamente conclusa soltanto nel 1929 con i Patti Lateranensi, stipulati l'11 febbraio di quell'anno da Benito Mussolini e da Papa Pio XI rappresentato dal Cardinal Segretario di Stato Pietro Gasparri.
[modifica] Bibliografia
- Carlo Cardia, Principi di Diritto Ecclesiastico, Giappichelli Editore, Torino.
- Giacomo Martina, Pio IX (1851-1866), Roma 1986, pp. 85-152
- Giacomo Martina, Pio IX (1867-1878), Roma 1990, pp. 233-282
- Arturo Carlo Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1948
- Pietro Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II, Roma 1944-1961
- Renato Mori, La questione romana 1861-1865, Firenze 1963
- Renato Mori, Il tramonto del potere temporale 1866-1870, Roma 1967
[modifica] Voci correlate
- Potere temporale
- Donazione di Costantino
- Stato Pontificio
- Dictatus Papae
- Costituzioni egidiane
- Repubblica Romana (1798-1799)
- Repubblica Romana (Risorgimento)
- Storia della Repubblica Romana
- Convenzione di settembre
- Battaglia di Mentana
- Presa di Roma
- Legge delle Guarentigie
- Non expedit
- Patti lateranensi
- Accordi di villa Madama
- Concordato
- Rapporti Stato-Chiesa
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