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Giustiniano I di Bisanzio - Wikipedia

Giustiniano I di Bisanzio

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Ritratto di Giustiniano I in mosaico della Basilica di San Vitale.
Ritratto di Giustiniano I in mosaico della Basilica di San Vitale.

Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano - in latino Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus, meglio noto come Giustiniano I - (Tauresium11 maggio 483 – Costantinopoli14 novembre 565) è stato un imperatore bizantino, dal 1º agosto 527 alla sua morte.

Giustiniano fu uno dei più importanti sovrani dell'epoca altomedievale. Il suo governo coincise con un periodo d'oro per l'impero, dal punto di vista civile, economico e militare, con la riconquista di parte dei territori dell'Impero romano d'Occidente, per lo più grazie alle campagne di Belisario; Giustiniano portò avanti un progetto di edilizia civile che ha lasciato capolavori come la chiesa di Hagia Sophia a Costantinopoli; sotto il patronato di Giustiniano fiorì anche la cultura, che produsse scrittori come Procopio e Agazia e poeti come Paolo Silenziario. Ma la maggiore eredità lasciata da Giustiniano è la raccolta normativa poi conosciuta come Corpus iuris civilis, una compilazione omogenea della legge romana che è tutt'oggi alla base del diritto civile, l'ordinamento giuridico più diffuso al mondo.

La peste che colpì l'impero al termine della vita di Giustiniano segnò la fine di un'epoca di splendore che non sarebbe più tornata.

Indice

[modifica] Biografia

Ricostruzione di un medaglione di Giustiniano I, che commemorava la riconquista dell'Africa, nel 535.
Ricostruzione di un medaglione di Giustiniano I, che commemorava la riconquista dell'Africa, nel 535.

Giustiniano I nacque in un piccolo villaggio chiamato Dyraho, nell'Illiria, nel 482, da Vigilantia, sorella del molto stimato generale Giustino, che fece carriera tra i gradi dell'esercito fino a diventare imperatore. Suo zio lo adottò assicurandogli l'educazione. Giustiniano completò il classico corso di studi, occupandosi di giurisprudenza e filosofia. La sua carriera militare fu contrassegnata da rapidi avanzamenti, ed un grande futuro si aprì per lui quando, nel 518, Giustino divenne imperatore. Giustiniano venne nominato console nel 521, e più tardi comandante dell'esercito d'oriente. Funse da reggente virtuale molto prima che Giustino lo rendesse imperatore associato il 1 aprile 527.

Il 1 agosto dello stesso anno, per la morte di Giustino, Giustiniano restò l'unico imperatore. Il suo regno ebbe un impatto mondiale, costituendo un'epoca distinta della storia dell'Impero Bizantino e della Chiesa Ortodossa d'Oriente. Giustiniano fu un uomo di insolita abilità al lavoro, e possedeva un carattere moderato affabile e vitale; ma era anche privo di scrupoli e scaltro quando occorreva. Fu l'ultimo imperatore a tentare di restaurare l'Impero Romano riportandolo all'espansione territoriale che aveva avuto sotto Teodosio I. A questo scopo diresse le sue grandi guerre e la sua colossale attività di costruzione. Partendo dalla premessa che l'esistenza del bene comune era affidata alle armi e alla legge, prestò particolare attenzione alla legislazione, e scrisse quello che sarebbe diventato un monumento a sua perenne memoria, codificando il diritto romano nel Corpus iuris civilis.

Intorno al 524-525 sposò Teodora, un'ex attrice. Le attrici erano socialmente paragonate alle prostitute prima del regno di Giustino I, e Giustiniano, in un epoca precedente non sarebbe stato in grado di sposarla. Giustino promulgò una legge che permetteva il matrimonio tra appartenenti a classi sociali diverse, il quale, durante il regno di Giustiniano, portò a sfumare la distinzione in classi alla corte bizantina. Teodora sarebbe divenuta molto influente nelle politiche dell'impero, e gli imperatori successivi avrebbero seguito l'esempio di Giustiniano sposandosi al di fuori della classe aristocratica.

Procopio ci fornisce la fonte primaria per la storia del regno di Giustiniano, anche se le cronache di Giovanni da Efeso (che sopravvive come base per molte cronache successive) contribuiscono molti preziosi dettagli. Entrambi gli storici divennero molto aspri nei confronti di Giustiniano e Teodora. A fianco della sua opera principale, Procopio scrisse anche una Storia Segreta, che relaziona dei molti scandali alla corte di Giustiniano.

Teodora morì nel 548; Giustiniano le sopravvisse per quasi 20 anni e morì il 13 o il 14 novembre 565.

[modifica] L'attività legislativa

L'imperatore Giustiniano I con il suo seguito, Ravenna, Basilica di San Vitale.
L'imperatore Giustiniano I con il suo seguito, Ravenna, Basilica di San Vitale.
« Cesare fui e son Iustiniano,

che, per voler del primo amor ch'i' sento,

d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. »
(Dante, Paradiso, VI, 10 - 12)

Se i piani militari o le sue risposte alle gravi crisi demografica, economica e sociale furono degli insuccessi, almeno parziali, Giustiniano conquistò una fama duratura per la sua rivoluzione giuridica, che organizzò il diritto romano in una forma e uno schema organico che rimane alla base della legge di diverse nazioni odierne.

La sua attività può essere opportunamente suddivisa in tre periodi. Il "primo" periodo, dal 528 al 534, fu caratterizzato dalle grandi compilazioni, con la preparazione e la pubblicazione di:

  • Il primo Codice (Novus Iustinianus Codex), dal 528 al 529,
  • Il Digesto (Digestum, seu Pandectae), dal 530 al 533, una raccolta degli iura (opere di giuristi presieduti da Triboniano)
  • Le Istituzioni (Institutiones Iustiniani sive Elementa), 533, destinate all'insegnamento del diritto nelle scuole
  • Il secondo Codice (Codex repetitae praelectionis), 534, ovvero il Codice vero e proprio con la raccolta delle leges imperiali.

Il lavoro compiuto in questo periodo risentì positivamente del coordinamento operato da Triboniano: il quaestor sacri palatii era infatti un esperto e colto giurista, perfettamente a suo agio anche nel maneggiare leggi vecchie di secoli.

Il "secondo periodo", dal 535 al 541-545 circa, fu caratterizzato da un'intensa legislazione "corrente" (per mezzo delle Novellae constitutiones, che raccolsero i frutti dell'intensa stagione legislativa tra il 535 e il 545). Il "terzo periodo", infine, dal 546 al 565, anche per la minore, o diversa, qualità dei collaboratori, vide l'attività legislativa (sempre per mezzo di Novellae) farsi sempre più scarsa e scadente.

Il Corpus Iuris Civilis fu formato da tali opere, nelle quali le nuove leggi si armonizzavano con quelle antiche. Le quali furono, nel primo periodo, scritte in latino, lingua ufficiale dell'impero ma scarsamente conosciuto dai cittadini delle province orientali (anche se lo stesso Giustiniano era di lingua, cultura e mentalità latine e parlava con difficoltà il greco). Il latino infatti era sostanzialmente la lingua dell'Amministrazione, della Giustizia e dell'Esercito, mentre la principale lingua d'uso nella parte orientale dell'impero era il greco e, in minor misura, il copto, l'aramaico e l'armeno rispettivamente in Egitto, Siria ed alcune regioni dell'Asia Minore. Se il dominio romano (repubblicano prima ed imperiale dopo) era riuscito ad imporre con successo il proprio diritto e le proprie istituzioni politiche e militari, il sostrato culturale delle province orientali dell'impero continuò ad essere improntato in larga misura a forme e moduli di tipo tardo-ellenistico.

Per ovviare a ciò, le opere successive (dalle Novellae in poi) vennero redatte pragmaticamente in greco, lingua più utilizzata dal popolo e dalla pratica amministrativa quotidiana.

Il Corpus forma la base della giurisprudenza latina (compreso il diritto canonico: ecclesia vivit lege romana) e, per gli storici, fornisce una preziosa visione dall'interno, delle preoccupazioni e delle attività dei resti dell'Impero Romano. Raccoglie assieme le molte fonti in cui le leges (leggi) e le altre regole erano espresse o pubblicate: leggi vere e proprie, senatoconsulti (senatusconsulta), decreti imperiali, rescritti, opinioni e interpretazioni dei giuristi (responsa prudentium). Il Corpus viene definito un "monumento alla sapienza giuridica di Roma"[1] e fu alla base della rinascita degli studi giuridici e delle istituzioni politiche in Europa, tanto ch ancora oggi fa da fondamento per molti sistemi giuridici nazionali nel mondo.

Anche in campo amministrativo la sua attività fu notevole: dopo la rivolta della Nika iniziò a rinnovare l'impero coadiuvato dal prefetto Giovanni di Cappadocia, accorpando province, potenziando l'accentramento amministrativo e iniziando una rigorosa politica finanziaria tramite il taglio degli sprechi ed il recupero sistematico delle somme dovute allo Stato.

[modifica] Le attività militari e le campagne di Belisario

L'Impero Bizantino prima dell'avvento di  Giustiniano I di Bisanzio, in rosso (527) e dopo la sua morte, in arancione (565).
L'Impero Bizantino prima dell'avvento di Giustiniano I di Bisanzio, in rosso (527) e dopo la sua morte, in arancione (565).
L'avorio Barberini, raffigurante un imperatore (probabilmente Giustiniano) trionfante sul nemico persiano
L'avorio Barberini, raffigurante un imperatore (probabilmente Giustiniano) trionfante sul nemico persiano

Come i suoi predecessori romani e successori bizantini, Giustiniano si impegnò in guerra contro la Persia della dinastia Sassanide. Comunque, le sue principali ambizioni militari si concentrarono sul Mediterraneo occidentale, dove il suo generale Belisario guidò la riconquista di parti del territorio del vecchio Impero Romano. Belisario ottenne questo compito come ricompensa per esser riuscito a sedare la rivolta di Nika, a Costantinopoli, nel gennaio del 532, nella quale fanatici della corsa con le bighe avevano costretto Giustiniano a dimettere l'impopolare Triboniano, ed avevano tentato di rovesciare l'imperatore stesso. Giustiniano considerò l'idea di abbandonare la capitale, ma rimase in città su consiglio di Teodora, e Belisario giunse per schiacciare la rivolta pochi giorni dopo.

Nel 533 Belisario riconquistò il Nord Africa ai Vandali, dopo la Battaglia di Ad Decimum, vicino a Cartagine (le campagne successive in Africa, volte soprattutto a difendere i territori bizantini dagli attacchi dei Mauri, culminarono nel 548 in una campagna vittoriosa di Giovanni Troglita, cantata da Corippo nel poema Ioanneide). Belisario avanzò quindi in Sicilia ed Italia, riconquistano Roma, l'antica capitale dell'Impero (536) e la capitale degli Ostrogoti, Ravenna (540).

Belisario era in disaccordo con Giustiniano sul cosa fare con i territori riconquistati; Giustiniano voleva lasciare che gli Ostrogoti governassero uno stato tributario, ma Belisario preferiva fare dell'Italia un territorio imperiale romano. Scontento di Belisario, Giustiniano lo inviò ad oriente, a difendere l'impero dai rinnovati attacchi dei persiani. Dopo aver stabilito una nuova pace ad est nel 545, Belisario fece ritorno in Italia, dove gli Ostrogoti avevano riconquistato Roma. Il generale eunuco Narsete strappò il comando a Belisario, e lo storico Procopio, ex ufficiale dell'esercito di Belisario, accusò Narsete di tradimento. Narsete riuscì a sconfiggere definitivamente i Goti, e a conquistare tutta l'Italia, e a respingere le scorrerie dei alammanni nell'Italia del Nord. Belisario venne imprigionato per un breve periodo, ma Giustiniano lo perdonò, ed egli sconfisse i Bulgari quando questi comparvero per la prima volta sul Danubio nel 549. Nel 551, le forze bizantine conquistarono parte della Spagna meridionale ai Visigoti. Le conquiste di Narsete non furono però durature ed a causa dello spopolamento e delle frequenti razzie di franchi e alamanni non si ebbe mai un'ordinata gestione dei territori recuperati.

Lo squilibrio creato a oriente dalle campagne in Europa occidentale fu subito colto dai persiani, che tra il 540 e il 562 invasero l'Armenia e la Siria, conquistando anche la metropoli di Antiochia.

[modifica] Persecuzioni delle religioni non cristiane

Giustiniano I restaurò Santa Sofia
Giustiniano I restaurò Santa Sofia

La politica religiosa di Giustiniano rifletteva la convinzione imperiale che l'unità dell'impero presupponesse incondizionatamente l'unità della fede; e con lui sembrò un dato di fatto che questa fede potesse essere solo l'ortodossia. Gli appartenenti ad un credo differente dovettero riconoscere che il processo iniziato a partire da Costantino II sarebbe continuato con vigore. Il Codice Giustiniano conteneva due statuti (Cod., I., xi. 9 e 10) i quali decretavano la totale distruzione dell'Ellenismo, anche nella vita civile; queste disposizioni vennero attuate con zelo. Le fonti contemporanee (Giovanni Malala, Teofane Confessore, Giovanni di Efeso) ci parlano di gravi persecuzioni, anche di uomini altolocati.

Forse, l'evento più degno di nota avvenne nel 529, quando gli insegnamenti dell'Accademia di Atene di Platone vennero posti sotto il controllo dello stato per ordine di Giustiniano, soffocando in pratica questa scuola di formazione dell'ellenismo. Il Paganesimo venne soppresso attivamente. Solo in Asia Minore, Giovanni di Efeso sostenne di aver convertito 70.000 pagani (cf. F. Nau, in Revue de l'orient chretien, ii., 1897, 482). Altre popolazioni accettarono la cristianità: gli Eruli (Procopio, Bellum Gothicum, ii. 14; Evagrio, Hist. eccl., iv. 20), gli Unni che dimoravano nei pressi del Don (Procopio, iv. 4; Evagrio, iv. 23), gli Abasgi (Procopio, iv. 3; Evagrio, iv. 22) e gli Tzani (Procopio, Bellum Persicum, i. 15) in Caucasia.

Rappresentazione della ricostruzione di Santa Sofia, ordinata da Giustiniano I.
Rappresentazione della ricostruzione di Santa Sofia, ordinata da Giustiniano I.

L'adorazione di Amon ad Augila, nel deserto libico (Procopio, De Aedificiis, vi. 2), venne abolita; così come i resti del culto di Iside sull'isola di Philae, sulle prime cataratte del Nilo (Procopio, Bellum Persicum, i. 19). Il Presbitero Giuliano (DCB, iii. 482) e il Vescovo Longino (Giovanni di Efeso, Hist. eccl., iv. 5 sqq.) condussero una missione tra i Nabatei, e Giustiniano tentò di rafforzare la cristianità nello Yemen inviandovi un ecclesiastico dall'Egitto (Procopio, Bellum Persicum, i. 20; Malala, ed. Niebuhr, Bonn, 1831, pp. 433 sqq.).

Anche gli Ebrei soffrirono; non solo le autorità restrinsero i loro diritti civili (Cod., I., v. 12), e minacciarono i loro privilegi religiosi (Procopio, Historia Arcana, 28); ma l'imperatore interferì negli affari interni della sinagoga (Nov., cxlvi., Feb. 8, 553), vietando ad esempio l'uso della lingua ebraica nel culto. I recalcitranti vennero minacciati con punizioni corporali, esilio e perdita delle proprietà. Gli ebrei di Borium, non lontano dalla Syrtis Major, che resistettero a Belisario nella sua campagna contro i Vandali, dovettero abbracciare la cristianità; la loro sinagoga divenne una chiesa. (Procopio, De Aedificiis, vi. 2).

[modifica] La repressione dei Samaritani

L'imperatore ebbe molti problemi con i Samaritani, considerati refrattari alla cristianità e ripetutamente in insurrezione. Questo gruppo etnico religioso, che alle soglie dei VI secolo era divenuto dominante in Samaria, era avversato dai cristiani ed anche dagli Ebrei. Per limitarne l'autonomia si ricorse al togliere loro il diritto di proprietà, in quanto di religione non accettabile. Una prima rivolta Samaritana, scoppiata nel 529, era stata repressa nel sangue da Giustino I, zio di Giustiniano. Verso la fine del suo regno, Giustiniano, che alla morte della moglie Teodora non aveva più ostacoli alla sua intransigenza religiosa, si occupò della risoluzione del problema samaritano. Contro i Samaritani vennero emessi editti rigorosi, che ulteriormente impedivano loro di possedere proprietà.

Alla metà dell’estate del 556 scoppiò la seconda rivolta samaritana. I Samaritani, che erano già stati decimati da Giustino circa tre decenni prima, ora, esasperati dalla durezza delle condizioni in cui erano ridotti, insorgevano in Cesarea, uniti questa volta ad alcuni alleati Ebrei. Anche questa rivolta fu annientata senza pietà.

Tuttavia Giustiniano non poté impedire che si avessero ostilità nei confronti dei cristiani in Samaria, verso la fine del suo regno. I Samaritani vennero definitivamente annientati dal successore di Giustiniano, Giustino II, che nel 572 aggravò le restrizioni sui beni ereditari e bandì i Samaritani da tutti i pubblici offici. Scoppiò un'ultima rivolta seguita da un altrettanto feroce repressione che di fatto estinse il problema Samaritano, riducendo questo popolo ad un esiguo gruppo minoritario palestinese.

[modifica] Le persecuzioni dei Manichei

L'uniformità della politica di Giustiniano significò che anche i Manichei soffrirono dure persecuzioni, sperimentando sia l'esilio che la minaccia della pena capitale (Cod., I., v. 12). A Costantinopoli, in una occasione, non pochi manichei, dopo una dura inquisizione, vennero giustiziati alla presenza dell'imperatore: alcuni sul rogo, altri per affogamento (F. Nau, in Revue de l'orient, ii., 1897, p. 481).

[modifica] Politica ecclesiastica

Ricostruzione della colonna di Giustiniano I di Bisanzio a Costantinopoli
Ricostruzione della colonna di Giustiniano I di Bisanzio a Costantinopoli

Come per l'amministrazione secolare, il dispotismo apparve anche nella politica ecclesiastica dell'imperatore. Egli regolava tutto, sia nella religione che nella legge.

Agli inizi del suo regno, ritenne appropriato promulgare per legge il suo credo nella Trinità e nell'Incarnazione; e di minacciare tutti gli eretici con delle punizioni (Cod., I., i. 5); dove successivamente dichiarava che aveva stabilito di privare tutti i disturbatori dell'ortodossia dell'opportunità, per tale offesa, di un giusto processo di legge (MPG, lxxxvi. 1, p. 993). Giustiniano rese il credo Niceno-Costantinopoliano l'unico simbolo della Chiesa (Cod., I., i. 7), e concesse valore legale ai canoni dei quattro concili ecumenici (Novellae, cxxxi.). I vescovi che parteciparono al Secondo concilio di Costantinopoli del 553, riconobbero che non poteva essere fatto niente nella Chiesa, che fosse contrario alla volontà e agli ordini dell'imperatore (Mansi, Concilia, viii. 970B); mentre, da parte sua, l'imperatore, nel caso del Patriarca Antimo, rafforzò il bando della Chiesa con la proscrizione temporale (Novellae, xlii). Diversi vescovi dovettero subire l'ira del tiranno. D'altra parte è vero che non negò alcuna opportunità per assicurare i diritti della Chiesa e del clero, e per proteggere ed ampliare il monachesimo.

In realtà, se il carattere despotico delle sue misure non fosse stato così discutibile, si potrebbe essere tentati di chiamarlo un padre della Chiesa. Sia il Codex che le Novellae contengono molti decreti riguardanti donazioni, fondazioni, e l'amministrazione della proprietà ecclesiastica; elezioni e diritti di vescovi, sacerdoti ed abati; vita monastica, obblighi residenziali del clero, condotta del servizio divino, giurisdizione episcopale, ecc. Giustiniano inoltre ricostruì la Chiesa di Hagia Sophia, il cui sito originale era stato distrutto durante la rivolta Nika. La nuova Hagia Sophia, con le sue numerose cappelle e sacrari, la cupola ottagonale dorata, e i mosaici, divenne il centro e il monumento più visibile dell'Ortodossia Orientale a Costantinopoli.

[modifica] Relazioni con Roma

Dalla metà del V secolo in poi, compiti sempre più ardui dovettero essere affrontati dagli imperatori d'oriente, nella provincia della gestione ecclesiastica. I radicali di tutte le parti sentivano la costante repulsione per il credo che era stato adottato dal concilio di Calcedonia, con lo scopo di mediare tra le parti dogmatiche. La lettera di Papa Leone I a Flaviano di Costantinopoli, ad oriente veniva ampiamente considerata come opera di Satana, quindi nessuno si curava di dare ascolto a ciò che proveniva dalla Chiesa di Roma. Gli imperatori, comunque, dovevano lottare con un duplice problema. In primo luogo avevano una politica di preservare l'unione tra Oriente ed Occidente, tra Bisanzio e Roma; e questo rimaneva possibile solo se non si discostavano dalla linea definita a Calcedonia. In secondo luogo, le fazioni ad oriente, che erano divenute inquiete e disaffezionate a causa di Calcedonia richiedevano di essere tenute sotto controllo e pacificate. Questo problema si dimostrò il più difficile, poiché i gruppi dissidenti ad Oriente, eccedevano il partito che appoggiava Calcedonia, sia in termini di numeri, che di abilità intellettuale; e così il corso degli eventi dimostrò l'incompatibilità dei due obbiettivi: chiunque sceglieva Roma e l'Occidente doveva rinunciare all'Oriente e viceversa.

Giustiniano I, raffigurato su una moneta dell'epoca
Giustiniano I, raffigurato su una moneta dell'epoca

Giustiniano entrò nell'arena dello statismo ecclesiastico poco dopo l'ascesa dello zio, nel 518, e pose fine allo scisma monofisita, che durava, tra Roma e Bisanzio, sin dal 483. Il riconoscimento della sede romana come della più alta autorità ecclesiastica (cf. Novellae, cxxxi.), rimase la chiave di volta della sua politica occidentale, nonostante suonasse offensiva a molti ad oriente. Cionondimeno, egli si sentì completamente libero di prendere posizioni despotiche nei confronti di Papi quali Silverio e Vigilio, quest'ultimo imprigionato nel 548, (nonostante, nella nomina a papa, fosse stato appoggiato dall'Imperatrice Teodora), per il suo rifiuto a legittimare l'editto dei Tre Capitoli in condanna ad alcune opere teologiche. Le sue politiche nei confronti di Roma, benché a volte discrepanti, recavano il segno della grandezza. Mentre nessun compromesso poteva essere accettato dall'ala dogmatica della Chiesa, i suoi sforzi sinceri di riconciliazione gli fecero ottenere l'approvazione della maggior parte della Chiesa. Una prova di ciò fu il suo atteggiamento nella controversia teopaschita. All'inizio era dell'opinione che la questione rivolgeva attorno a parole di poca importanza. Per gradi comunque, Giustiniano venne a comprendere che la formula in questione non solo appariva ortodossa, ma poteva anche servire come misura conciliatoria nei confronti dei monofisiti, e fece un vano tentativo per usarla nella conferenza religiosa con i seguaci di Severo di Antiochia, nel 533.

Ancora, Giustiniano rivide la stessa con approvazione nell'editto religioso del 15 marzo 533 (Cod., L, i. 6), e si congratulò con sé stesso poiché Papa Giovanni II aveva ammesso l'ortodossia della confessione imperiale (Cod., I., i. 8). Il grave errore che Giustiniano fece all'inizio, incitando, dopo l'ascesa di Giustino, una grave persecuzione dei vescovi e del monaci monofisiti, inasprendo così la popolazione di vaste regioni e province, venne infine rimediato. Il suo obbiettivo costante rimaneva quello di vincere i monofisiti, senza dover arrendere la fede calcedoniana. Per molti a corte, non si spinse abbastanza in la: Teodora in particolare avrebbe gioito nel vedere i monofisiti favoriti senza riserve. Giustiniano, comunque, si sentì limitato in tale politica dalle complicazioni che questa avrebbe provocato con l'occidente. Né tanto meno, poteva sfuggire a questi problemi; ad esempio, la Controversia dei tre capitoli. Nella condanna dei tre capitoli Giustiniano cercò di soddisfare sia l'Oriente che l'Occidente, ma finì col non soddisfare nessuno. Anche se il Papa acconsentì alla condanna, l'Occidente credeva che l'imperatore avesse agito in maniera contraria ai decreti di Calcedonia; e anche se molti delegati ad Oriente risultarono asserviti a Giustiniano, molti altri, specialmente i monofisiti, rimasero insoddisfatti. Così l'imperatore sprecò i suoi sforzi per un compito impossibile; il più amaro per lui poiché durante i suoi ultimi anni ebbe grande interesse per le questioni teologiche.

Per approfondire, vedi la voce Papa Vigilio.

[modifica] Scritti religiosi

Solido di Giustiniano I
Solido di Giustiniano I

Non ci sono dubbi che Giustiniano mise mano personalmente a manifesti teologici che portò avanti come imperatore; anche se, in ragione della posizione dell'autore, diventa difficile discernere se i documenti attualmente attribuiti al suo nome provenivano anche dalla sua penna. Ad eccezione delle lettere ai Papi Ormisda, Giovanni II, Agapito I, e Vigilio, e a varie altre composizioni (raccolte in MPL, lxiii., lxvi. e lxix.), i seguenti documenti sono degni di nota (trovabili tutti in MPG, lxxxvi. 1, pp. 945-1152):

  • L'editto sulle eterodossie di Origene, del 543 o 544;
  • richiami ai vescovi riuniti a Costantinopoli in occasione del concilio del 553, con riferimento alla loro seduta di giudizio degli errori circolanti tra i seguaci monastici di Origene (Origenisti) a Gerusalemme ;
  • un editto sulla controversia dei Tre Capitoli, probabilmente emesso nel 551;
  • un discorso al concilio del 553,riguardante la teologia antiochena;
  • un documento, probabilmente antedatato al 550, indirizzato ad alcuni difensori innominati dei tre capitoli;
  • uno scritto di scomunica contro Antimo, Severo e compagni;
  • un appello ai monaci egiziani, con una confutazione degli errori monofisiti;
  • un frammento di un documento, inviato al Patriarca Zoilo di Alessandria.

La teologia sostenuta in questi scritti concordava, in generale, con quella di Leonzio II di Bisanzio; in quanto mirava alla soluzione finale del problema, interpretando il simbolo calcedoniano in termini della teologia di Cirillo di Alessandria. Due punti si devono notare a riguardo. Primo, il modo furbo in cui l'imperatore, o i suoi rappresentanti, riuscirono a difendere la reputazione e la teologia di Cirillo; secondo, l'antagonismo con Origene: un chiaro segno della caratteristica mancanza di inclinazione di quell'epoca per il pensiero indipendente; almeno tra personaggi di peso ed influenza.

Si deve anche menzionare l'Aftartodocetismo, una dottrina professata dall'imperatore verso la fine della sua vita. Evagrio riporta (Hist. eccl., iv. 39) (e altre fonti confermano) che Giustiniano promulgò un editto nel quale dichiarava il corpo di Cristo incorruttibile e non suscettibile di sofferenza naturale, e comandò ai suoi vescovi di accettare tale dottrina. La caduta del Patriarca Eutizio si collega a questa fase finale della politica imperiale. Le fonti lamentano un declino dalla giusta fede nell'ultima condotta di Giustiniano. Il pensiero che è alla base dell'aftartodocetismo, comunque, non si oppone necessariamente all'ortodossia (si veda Giuliano di Alicarnasso); poiché non nega l'accettazione dell'identità essenziale della natura di Cristo con quella umana. Quindi non è necessario considerare le ultime opinioni teologiche di Giustiniano come quelle di un uomo anziano, ne screditarle come funzionali alla sua attività.

[modifica] Bibliografia

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  • Rubin Berthold. Das Zeitalter Iustinians Berlin . , 1960 .
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  • Roberto Bonini. Introduzione allo studio dell'età giustinianea, Quarta ristampa . Bologna., Pàtron Editore, 1977 .
  • Gerhard Herm. I bizantini. Milano, Garzanti, 1985.
  • John Julius Norwich. Bisanzio . Milano, Mondadori, 2000. ISBN 8804481854
  • Silvia Ronchey. Lo stato bizantino . Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8806162551
  • Cameron Averil. The Cambridge Ancient History, Vol. 14 . Cambridge (seconda edizione), (2002) .
  • Giovanni Luchetti. Contributi di Diritto Giustinianeo . Giuffrè Editore., 2004 .
  • Alexander P Kazhdan. Bisanzio e la sua civiltà . 2a ed. Bari, Laterza, 2004. ISBN 8842046914
  • Giorgio Ravegnani. La storia di Bisanzio . Roma, Jouvence, 2004. ISBN 8878013536
  • Giorgio Ravegnani. I bizantini e la guerra . Roma, Jouvence, 2004.
  • Giorgio Ravegnani. I bizantini in Italia . Bologna, il Mulino, 2004.
  • Ralph-Johannes Lilie. Bisanzio la seconda Roma . Roma, Newton & Compton, 2005. ISBN 88-541-0286-5
  • Alain Ducellier. Bisanzio (IV-XV secolo) . Milano, San Paolo, 2005. ISBN 8821553663
  • Giorgio Ravegnani. Bisanzio e Venezia . Bologna, il Mulino, 2006.
  • Giorgio Ravegnani. Introduzione alla storia bizantina . Bologna, il Mulino, 2006.
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  • Charles Diehl, Figure bizantine, introduzione di Silvia Ronchey, 2007 (1927 originale), Einaudi, ISBN 978-88-06-19077-4
  • Giorgio Ravegnani. Imperatori di Bisanzio . Bologna, Il Mulino, 2008. ISBN 978-88-15-12174-5

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Imperatore bizantino Successore:
Giustino I 527-565 Giustino II I
II
III
IV
V
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Giustino I {{{data}}} Giustino II

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