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Giacomo Casanova - Wikipedia

Giacomo Casanova

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Giacomo Casanova.

Giacomo Girolamo Casanova (Venezia2 aprile 1725 – Dux, odierna Duchcov4 giugno 1798) è stato un avventuriero, scrittore, diplomatico, agente segreto veneziano.

Di lui resta una produzione letteraria molto vasta ma viene principalmente ricordato come avventuriero e come colui che fece del proprio nome il sinonimo di seduttore. A questa fama contribuì verosimilmente la sua più importante opera autobiografica: Histoire de ma vie (Storia della mia vita), in cui l’autore descrive, con la massima franchezza, le sue avventure, i suoi viaggi e i suoi innumerevoli incontri galanti.

L'Histoire è stata scritta in francese e dovrebbe quindi far parte della letteratura in questa lingua, sebbene la scelta linguistica sia stata dettata soltanto da motivi di diffusione dell'opera, in quanto all'epoca il francese era la lingua più conosciuta e parlata in Europa, come ai tempi nostri l'inglese. Casanova stesso, nella prefazione dell'Histoire, scrisse infatti, facendo riferimento alla maggiore diffusione della lingua francese

« J'ai écrit en français, et non pas en italien parce que la langue française est plus répandue que la mienne. »

Certo dell'immortalità della sua opera, o al fine di garantirgliela, Casanova scrisse perciò usando la lingua che gli avrebbe consentito di raggiungere il maggior numero possibile di potenziali lettori. Molte opere minori, del resto, le scrisse in italiano, forse perché sapeva bene che esse non sarebbero divenute mai un monumento, come avvenne invece per la sua autobiografia.

Da notare, in questo caso, le analogie con un altro celebre veneziano, coevo al Casanova: Carlo Goldoni, il quale scelse allo stesso modo di scrivere la propria autobiografia in francese.

L'autobiografia del Casanova, a parte il valore letterario, è un importante documento per la storia del costume, forse una delle opere letterarie più importanti per conoscere la vita quotidiana in Europa nel '700. Si tratta di una rappresentazione che, per le frequentazioni dell'autore e per la limitazione dei possibili lettori, riferisce principalmente delle classi dominanti dell'epoca, nobiltà e borghesia, ma questo non ne limita l'interesse in quanto anche i personaggi di contorno, di qualsiasi estrazione, sono rappresentati in modo vivissimo. Leggere quest'opera è uno strumento importantissimo per conoscere il quotidiano degli uomini e delle donne di allora, per comprendere dal di dentro la vita di ogni giorno.

Fra corti e salotti, Casanova sfiorò - quasi senza accorgersene - un momento di svolta epocale della storia. Incontrò molti fra i grandi del suo tempo e ne documentò gli incontri; erano fra questi personaggi come Rousseau, Voltaire, la Pompadour, Mozart, Caterina II di Russia, Federico II di Prussia. Ma Casanova non comprese lo spirito di rinnovamento che avrebbe fatto volare la storia verso direzioni mai percorse prima. Rimase ancorato fino alla morte al vecchio regime ed a quella classe dalla quale, per nascita, era stato escluso e della quale cercò disperatamente di far parte, anche quando ormai essa era irrimediabilmente avviata verso il tramonto.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] Dalla nascita alla fuga dai Piombi (1725 - 1756)

Calle della Commedia (ora Malipiero)
Calle della Commedia (ora Malipiero)

Giacomo Casanova nacque a Venezia in Calle della Commedia (ora Calle Malipiero), vicino alla chiesa di San Samuele dove fu battezzato. [1] Il padre era Gaetano Casanova[2] e la madre Zanetta Farussi, ma la voce popolare lo considerava frutto di una relazione extraconiugale della madre con il nobile Michele Grimani. I genitori erano attori e soprattutto la madre sembra aver avuto successo nella sua professione se fu citata, con qualche rilievo, da Carlo Goldoni nelle sue Memorie, ove la definì: "....una vedova bellissima e assai valente".

Chiesa di San Samuele, Venezia
Chiesa di San Samuele, Venezia

Rimasto orfano di padre [3] a soli otto anni ed essendo la madre costantemente in viaggio a causa della sua professione, fu allevato dalla nonna materna Marzia Baldissera in Farussi. Giacomo era da piccolo di salute cagionevole. Per questo motivo, la nonna lo condusse da una fattucchiera che riuscì a guarirlo dai disturbi da cui era affetto eseguendo un complicato rituale. Dopo quell'esperienza infantile, l'interesse per le pratiche magiche lo accompagnerà per tutta la vita ma lui stesso era il primo a ridere della credulità che tanti manifestavano nei confronti dell'esoterismo. Studiò all'università di Padova dove si laureò in diritto nel 1742. Successivamente viaggiò a Corfù ed a Costantinopoli.

Nel 1743 rientrò a Venezia e in quello stesso anno la nonna Marzia Baldissera morì. Con la morte della nonna, a cui era legatissimo, si chiuse un capitolo importante della sua vita: la madre decise di lasciare la bella e costosa casa in Calle della Commedia[4] e di sistemare i figli in modo economicamente più sostenibile. Questo evento segnò profondamente Giacomo, togliendogli un importante punto di riferimento. Nello stesso anno fu rinchiuso, a causa della sua condotta piuttosto turbolenta, nel Forte di Sant'Andrea dalla fine di marzo alla fine di luglio. Più che l'applicazione di una pena, fu un avvertimento tendente a cercare di correggerne il carattere.

Messo in libertà, partì, grazie ai buoni uffici materni, al seguito del vescovo di Martirano[5] (Calabria) che si recava ad assumere la diocesi. Una volta giunto a destinazione, piuttosto spaventato per le condizioni di povertà del luogo, chiese ed ottenne congedo. Viaggiò a Napoli ed a Roma, dove nel 1744 prese servizio presso il cardinal Acquaviva, ambasciatore della Spagna presso la Santa Sede. L'esperienza si concluse presto a causa della sua condotta imprudente: infatti aveva ospitato nel Palazzo di Spagna, residenza ufficiale del cardinale, una ragazza fuggita di casa.

Targa commemorativa su Palazzo Malipiero
Targa commemorativa su Palazzo Malipiero

Ritornò quindi a Venezia e per un certo periodo si guadagnò da vivere suonando il violino nel teatro di San Samuele, di proprietà dei nobili Grimani che, alla morte del padre, avvenuta prematuramente (1733), avevano assunto ufficialmente la tutela del ragazzo, avvalorando la voce popolare secondo la quale uno dei Grimani, Michele, fosse il vero padre di Giacomo.

Nel 1746 avvenne l'incontro con il patrizio veneziano Matteo Bragadin, che avrebbe migliorato sostanzialmente le sue condizioni. Colpito da un malore, il nobiluomo fu soccorso da Casanova e si convinse che, grazie a quel tempestivo intervento, aveva potuto salvarsi la vita. Di conseguenza prese a considerarlo quasi come un figlio, contribuendo, finché visse, al suo mantenimento. Ma la frequentazione con i nobili attirò l'interesse degli Inquisitori di Stato e Casanova, su consiglio di Bragadin, lasciò Venezia in attesa di tempi migliori.

Nel 1749 incontrò Henriette, che sarebbe stata forse il più grande amore della sua vita. Lo pseudonimo nascondeva probabilmente l'identità di una nobildonna di Aix en Provence, forse Adelaide de Gueidan [6]. Su questa e su altre identificazioni, i "casanovisti" si sono accapigliati per decenni. In linea di massima, come è stato sostenuto da molti studiosi, i personaggi citati nelle Memorie sono reali. Al più, l'autore potrebbe essersi cautelato con qualche piccola accortezza: spesso, trattandosi di donne sposate, alcune sono citate con le iniziali o con nomi di fantasia, talvolta l'età viene un po' modificata per galanteria o per vanità dell'autore che non amava riferire di avventure con donne considerate, con i criteri di allora, in età matura, ma in generale le persone sono identificabili ed anche i fatti riferiti sono risultati corretti e riscontrabili. Innumerevoli identificazioni e notizie documentali hanno confermato il racconto.

Se qualche errore c'è stato, lo si deve anche al fatto che, all'epoca in cui furono scritte le Memorie (dal 1789 in poi), erano passati molti anni dai fatti e, per quanto l'autore si possa essere aiutato con diari o appunti, non era affatto facile incasellare cronologicamente gli eventi. Ogni tanto l'autore si faceva però trascinare dalla sua visione teatrale delle cose e non rinunciava appunto a qualche "colpo di teatro". Il ché, peraltro, contribuisce a rendere la lettura più piacevole.

Il problema dell'attendibilità del racconto casanoviano è tuttavia molto complesso: ciò che è veramente difficile o, in molti casi, addirittura impossibile da valutare è se i rapporti che Casanova riferisce di aver intrattenuto con i personaggi siano rispondenti alla realtà dei fatti. Taluni studiosi hanno ritenuto che nel corpus delle Memorie siano stati inseriti dei passaggi totalmente romanzati e di pura invenzione, basati comunque su personaggi storicamente esistiti ed effettivamente presenti nel luogo e nel tempo della descrizione.

Il caso più eclatante è quello che riguarda la relazione di Casanova con suor M.M. [7] e i conseguenti rapporti con l'ambasciatore di Francia De Bernis. Si tratta di una delle parti più valide dell'opera dal punto di vista letterario e stilistico. Il ritmo del racconto è serratissimo e la tensione emotiva dei personaggi di straordinario realismo. Secondo alcuni studiosi il racconto è assolutamente veritiero e si è ripetutamente tentata l'identificazione della donna, secondo altri il racconto è di pura fantasia e basato sulle confidenze del cuoco dell'ambasciatore (tale Rosier) che effettivamente Casanova conosceva molto bene. La diatriba tra le varie tesi continuerà ma, comunque stiano le cose, il valore dell'opera non cambia perché ciò che perde il Casanova memorialista lo guadagna il Casanova romanziere.

Nel giugno del 1750, a Lione, Casanova aderì alla Massoneria. Non sembra che la decisione fosse ascrivibile a inclinazioni ideologiche, ma piuttosto al pragmatico desiderio di procurarsi utili appoggi. Raggiunse qualche risultato, infatti molti personaggi incontrati nel corso della sua vita, come Mozart e Franklin erano certamente massoni ed alcune facilitazioni ricevute in varie occasioni sembrerebbero dovute ai benefici derivanti dal far parte di un'organizzazione ben radicata in quasi tutti i paesi europei. Nello stesso periodo si recò a Parigi dove imparò il francese, che sarebbe divenuto la sua lingua letteraria oltre che, in molti casi, epistolare.

Ritornato a Venezia dopo il lungo soggiorno parigino e altri viaggi a Dresda, Praga e Vienna, nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1755, fu arrestato e ristretto nei Piombi. Come d'uso all'epoca, al condannato non venne notificato il capo d'accusa, né la durata della detenzione cui era stato condannato.[8] Ciò, come in seguito scrisse, si rivelò dannoso, poiché se avesse saputo che la pena era di durata tutto sommato sopportabile, si sarebbe ben guardato dall'affrontare il rischio mortale dell'evasione e soprattutto il pericolo della possibile successiva eliminazione da parte degli inquisitori i quali, spesso, arrivavano ad operare anche molto lontano dai confini della Repubblica. Questi magistrati erano l'espressione più evidente dell'arbitrarietà del potere oligarchico che governava Venezia. Erano insieme tribunale speciale e centrale di spionaggio.

Sui motivi reali dell'arresto si è discusso parecchio. Certo è che il comportamento di Casanova era tenuto d'occhio dagli inquisitori e rimangono molte riferte [9] (rapporti delle spie al soldo degli Inquisitori) che ne descrivevano minutamente i comportamenti, soprattutto quelli considerati socialmente sconvenienti. In definitiva l'accusa era quella di "libertinaggio" compiuto con donne sposate, di spregio della religione, di circonvenzione di alcuni patrizi e in generale di un comportamento pericoloso per il buon nome e la stabilità del regime aristocratico. Di fatto, Casanova conduceva una vita alquanto disordinata ma né più né meno di tanti rampolli delle casate illustri: come questi giocava, barava e aveva anche delle idee abbastanza personali in materia di religione e, quel che è peggio, non ne faceva mistero.

Anche la sua adesione alla Massoneria, che era nota agli Inquisitori, non gli giovava, così come la scandalosa relazione intrattenuta con "suor M.M.", certamente appartenente al patriziato, monaca nel convento di S. Maria degli Angeli in Murano, e amante dell'ambasciatore di Francia abate De Bernis. Insomma, l'oligarchia al potere non poteva tollerare oltre che un individuo ritenuto socialmente pericoloso restasse in circolazione.

Tuttavia gli appoggi, di cui certamente poteva disporre nell'ambito del patriziato, lo aiutarono notevolmente, sia nell'ottenere una condanna "leggera" che durante la reclusione, e forse addirittura ne agevolarono l'evasione. La contraddizione è solo apparente, perché Casanova fu sempre un personaggio ambivalente: per estrazione e mezzi faceva parte di una classe subalterna, anche se contigua alla nobiltà, ma per frequentazioni e protezioni poteva sembrare far parte, a qualche titolo, della classe al potere. A questo riguardo va anche considerato che il suo presunto padre naturale, Michele Grimani, apparteneva a una delle famiglie più illustri dell'aristocrazia veneziana, annoverando ben tre dogi e altrettanti cardinali. Questa paternità fu rivendicata da Casanova stesso nel libello Né amori né donne e sembra che anche la somiglianza di aspetto e di corporatura dei due avvalorasse parecchio la tesi.

[modifica] Dalla fuga dai Piombi al ritorno a Venezia (1756 - 1774)

Appena riavutosi dallo shock dell'arresto, Casanova cominciò ad organizzare la fuga. Un primo tentativo fu vanificato da uno spostamento di cella ma, nella notte fra il 31 ottobre e il primo novembre 1756, mise in atto il suo piano: passando dalla cella alle soffitte, attraverso un foro nel soffitto praticato da un compagno di reclusione, il frate Marino Balbi[10], uscì sul tetto e successivamente si calò di nuovo all'interno del palazzo da un abbaino. Passò quindi, in compagnia del complice, attraverso varie stanze e fu infine notato da un passante che pensò fosse un visitatore rimasto chiuso all'interno. Questi chiamò uno degli addetti al palazzo [11]che aprì il portone, consentendo ai due di uscire e di allontanarsi fulmineamente con una gondola.[12] Si diressero velocemente verso Nord. Il problema era seminare gli inseguitori, infatti la fuga gettava un'ombra sull'amministrazione della giustizia di Venezia ed era chiaro che gli Inquisitori avrebbero tentato di tutto per riacciuffare gli evasi. Dopo brevi soggiorni a Bolzano, Monaco di Baviera, dove Casanova finalmente si liberò della scomoda presenza del frate, Augusta e Strasburgo, il 5 gennaio 1757 arrivò a Parigi, dove nel frattempo il suo amico De Bernis era divenuto ministro e quindi gli appoggi non gli mancavano.

Rinfrancato e trovata una sistemazione, iniziò a dedicarsi alla sua specialità: brillare in società, frequentando quanto di meglio la capitale potesse offrire. Conobbe tra gli altri la marchesa d'Urfé[13] nobildonna ricchissima e stravagante, con la quale intrattenne una lunga relazione, dilapidando cospicue somme di denaro che lei gli metteva di buon grado a disposizione, soggiogata dal suo fascino e dal consueto corredo di rituali magici. Molto fantasioso, come al solito, si fece promotore di una lotteria nazionale, allo scopo di rinsaldare le finanze dello stato. Osservava che questo era l'unico modo di far contribuire di buon grado i cittadini alla finanza pubblica.

L'intuizione era talmente valida che ancora adesso il sistema è molto praticato. L'iniziativa venne autorizzata ufficialmente e Casanova venne nominato Ricevitore il 27 gennaio 1758. Nel settembre dello stesso anno, De Bernis fu nominato cardinale; un mese dopo Casanova fu incaricato dal governo francese di una missione segreta in Olanda[14]. Al suo ritorno fu coinvolto in un'intricata faccenda riguardante una gravidanza indesiderata di un'amica veneziana, Giustiniana Wynne.

Di madre italiana e padre inglese, Giustiniana era stata al centro dell'attenzione per la sua rovente relazione con un patrizio veneziano, Andrea Memmo. Questi aveva cercato in tutti i modi di sposarla, ma la ragion di stato (lui era membro di una delle dodici famiglie - cosiddette apostoliche - più nobili di Venezia) glielo aveva impedito, a causa di alcuni oscuri trascorsi della madre di lei. In seguito allo scandalo che ne era sortito, i Wynne avevano lasciato Venezia. Giunta a Parigi, trovandosi in stato interessante e di conseguenza in grosse difficoltà, la ragazza si rivolse per aiuto a Casanova che era ottimo amico del suo amante. La lettera con cui implorava aiuto è stata ritrovata ed è singolare la schiettezza con cui la ragazza si rivolge a Casanova, dimostrando una fiducia totale in quest'ultimo, tenuto conto dell'enorme rischio a cui si esponeva (e lo esponeva) nel caso in cui il messaggio fosse caduto nelle mani sbagliate.

Casanova si prodigò per darle aiuto ma incorse in una denuncia, per concorso in pratiche abortive, presentata da una ostetrica, Reine Demay, in combutta con un losco personaggio, Louis Castel-Bajac, per estorcere denaro in cambio di una ritrattazione. L'accusa era molto grave, comunque Casanova riuscì a cavarsela con la consueta presenza di spirito e fu prosciolto, mentre la sua accusatrice finì in carcere. La ragazza abbandonò l'idea di interrompere la gravidanza e in seguito partorì in un convento in cui si era rifugiata. Ceduti i suoi interessi nella lotteria, Casanova si imbarcò in una fallimentare operazione imprenditoriale (una manifattura di tessuti) che naufragò anche a causa di una forte restrizione delle esportazioni derivante dalla guerra in corso. I debiti che ne derivarono lo condussero per un po' in carcere (agosto 1759). Come al solito, il provvidenziale intervento di un'amica, la ricca e potente marchesa d'Urfé, lo tolse dall'incomoda situazione. Gli anni successivi furono un intenso continuo peregrinare per l'Europa. Si recò in Olanda, poi in Svizzera, dove incontrò Voltaire. In seguito in Italia, a Genova, Firenze e Roma.

Qui viveva il fratello Giovanni, pittore, allievo di Mengs. Durante il soggiorno presso il fratello fu ricevuto dal papa Clemente XIII. Nel 1762 ritornò a Parigi, dove riprese ad esercitare pratiche esoteriche insieme alla marchesa d'Urfé, fino a che quest'ultima, resasi conto di essere stata per anni presa in giro con l'illusione di rinascere giovane e bella per mezzo di pratiche magiche, troncò ogni rapporto con l'improvvisato stregone che, dopo poco tempo, lasciò Parigi, dove il clima che si era creato non gli era più favorevole, per Londra, dove fu presentato a corte.

Nella capitale inglese conobbe la funesta Charpillon[15], con cui cercò di intessere una relazione. In questa circostanza anche il grande seduttore mostrò il suo lato debole e questa scaltra ragazza lo portò fin sull'orlo del suicidio. Non che fosse un grande amore, ma evidentemente Casanova non poteva accettare di essere trattato con indifferenza da una ragazza qualsiasi. E più lui vi s'intestardiva, più lei lo menava per il naso. Ma alla fine riuscì a liberarsi di questa assurda situazione e si diresse verso Berlino.

Qui incontrò l'imperatore Federico il Grande, che gli offrì un modesto posto d'insegnante nella scuola dei cadetti. Rifiutata sdegnosamente la proposta, Casanova si diresse verso la Russia. A Mosca nel dicembre del 1764 incontrò l'imperatrice Caterina II, anche lei annessa alla straordinaria collezione di personaggi storici incontrati nel corso delle sue infinite peregrinazioni. Merita una riflessione la straordinaria facilità con cui Casanova aveva accesso a personaggi di primissimo piano, che certo non erano usi ad incontrarsi con chiunque. Evidentemente la fama lo precedeva regolarmente e, almeno per effetto della curiosità suscitata, gli consentiva di penetrare nei circoli più esclusivi delle capitali.

Un po' la questione si autoalimentava, nel senso che in qualsiasi luogo si trovasse, Casanova si dava sempre un gran da fare per ottenere lettere di presentazione per la destinazione successiva. Evidentemente ci aggiungeva del suo: aveva conversazione brillante, una cultura enciclopedica fuori del comune e, quanto ad esperienze di viaggio, ne aveva accumulate infinite, in un epoca in cui la gente non viaggiava un granché. Insomma Casanova il suo fascino lo aveva, e non lo spendeva solo con le donne.

Nel 1766 in Polonia avvenne un episodio che segnò profondamente Casanova: il duello con il conte Branicki[16]. Questi, durante un litigio a causa della ballerina veneziana Anna Binetti[17], lo aveva apostrofato chiamandolo poltrone veneziano. Il conte era un personaggio di rilievo alla corte del re Stanislao II Poniatowski e per uno straniero privo di qualsiasi copertura politica non era molto consigliabile contrastarlo. Quindi, anche se offeso pesantemente dal conte, qualsiasi uomo di normale prudenza si sarebbe ritirato in buon ordine; Casanova, invece, che evidentemente non era solo un amabile conversatore ed un abile seduttore, ma anche un uomo di coraggio, lo sfidò in un duello alla pistola. Faccenda assai pericolosa, sia in caso di soccombenza che in caso di vittoria, in quanto era facile attendersi che gli amici del conte ne avrebbero rapidamente vendicato la morte.

Il conte ne uscì ferito in modo gravissimo, ma non abbastanza da impedirgli di pregare onorevolmente i suoi di lasciare andare indenne l'avversario, che si era comportato secondo le regole. Seppur ferito abbastanza seriamente a un braccio, Casanova riuscì a lasciare l'inospitale paese. La buona stella sembrava avergli voltato le spalle. Si diresse a Vienna, da cui fu espulso.

Tornò a Parigi, dove fu colpito (novembre 1767) da una lettre de cachet del re Luigi XV, con la quale gli veniva intimato di lasciare il paese. Il provvedimento era stato richiesto dai parenti della marchesa d'Urfé, i quali intendevano mettere al riparo da ulteriori rischi le pur cospicue sostanze di famiglia.

Si recò quindi in Spagna, ormai alla disperata ricerca di una qualche occupazione, ma anche qui non andò meglio: fu gettato in prigione con motivi pretestuosi e la faccenda durò più di un mese. Lasciò la Spagna ed approdò in Provenza dove però cadde gravemente malato (gennaio 1769).

Fu assistito grazie all'intervento della sua amata Henriette che, nel frattempo sposatasi e rimasta vedova, aveva conservato di lui un ottimo ricordo. Riprese presto il suo peregrinare, recandosi a Roma, Napoli, Bologna, Trieste. In questo periodo si infittirono i contatti con gli Inquisitori veneziani per ottenere l'agognata grazia, che finalmente giunse il 3 settembre 1774.

[modifica] Dal ritorno a Venezia alla morte (1774 - 1798)

Ritornato a Venezia dopo diciott'anni, Casanova riannodò le vecchie amicizie, peraltro mai sopite grazie ad un'intensissima attività epistolare. Per vivere, si propose agli Inquisitori come spia, proprio in favore di coloro che erano stati tanto decisi prima a condannarlo alla reclusione e poi a costringerlo a un lungo esilio. Le riferte di Casanova non furono mai particolarmente interessanti e la collaborazione si trascinò stancamente fino ad interrompersi per "scarso rendimento". Probabilmente qualcosa in lui si opponeva ad esser causa di persecuzioni che, avendole provate in prima persona, conosceva bene.

Rimasto senza fonti di sostentamento, si dedicò all'attività di scrittore, utilizzando la sua vasta rete di relazioni per procurare sottoscrittori alle sue opere. All'epoca si usava far sottoscrivere un ordinativo di libri prima ancora di aver dato alle stampe o addirittura terminato l'opera, in modo da esser certi di poter sostenere gli elevati costi di stampa. Infatti la composizione avveniva manualmente e le tirature erano bassissime. Nel 1775 pubblicò il primo tomo della traduzione dell'Iliade. La lista di sottoscrittori, cioè di coloro che avevano finanziato l'opera, era davvero notevole e comprendeva oltre duecentotrenta nomi fra quelli più in vista a Venezia, comprese le alte autorità dello stato, sei Procuratori di S. Marco in carica[18] due figli del doge Mocenigo, professori dell'università di Padova e così via. Certo, per essere un ex carcerato evaso, poi graziato, aveva delle belle frequentazioni. Il fatto di far parte della lista non era tenuto segreto, ma in una città piccola, in cui le persone che contavano si conoscevano tutte, era di pubblico dominio, dunque le adesioni dimostravano che, malgrado le sue vicissitudini, Casanova non era affatto un emarginato. Anche qui è opportuna una riflessione sull'ambivalenza del personaggio e sul suo eterno oscillare tra la classe reietta e quella privilegiata.

L'ultima abitazione veneziana di Casanova
L'ultima abitazione veneziana di Casanova

In questo stesso periodo iniziò una relazione con Francesca Buschini, una ragazza molto semplice e incolta che per anni scrisse a Casanova, dopo il suo secondo esilio da Venezia, delle lettere (ritrovate a Dux) di un'ingenuità e tenerezza commoventi[19], utilizzando un lessico molto influenzato dal dialetto veneziano, con evidenti tentativi di italianizzare il più possibile il testo. Questa fu l'ultima relazione importante di Casanova e lui rimase molto attaccato alla donna: anche quando ne fu irrimediabilmente lontano, rattristato profondamente dal crepuscolo della sua vita, teneva una fitta corrispondenza con Francesca, oltre a continuare a pagare, per anni, l'affitto della casa in Barbaria delle Tole[20], in cui avevano convissuto, inviandole, quando ne aveva la possibilità, lettere di cambio con discrete somme di denaro.

Negli anni successivi pubblicò altre opere e cercò di arrabattarsi come meglio poté. Ma il suo carattere impetuoso gli giocò un brutto scherzo: offeso platealmente in casa Grimani da un certo Carletti, col quale aveva questionato per motivi di denaro, si risentì perché il padrone di casa aveva preso le parti del Carletti. Decise a questo punto di vendicarsi componendo un libello, Né amori né donne, ovvero la stalla ripulita in cui, pur sotto un labile travestimento mitologico, facilmente svelabile, sostenne chiaramente di essere lui stesso il vero figlio di Michele Grimani, mentre invece Zuan Carlo Grimani sarebbe stato "notoriamente" frutto del tradimento della madre (Pisana Giustinian Lolin) con un altro nobile veneziano, Sebastiano Giustinian.

Ritratto del 1788
Ritratto del 1788

Probabilmente era tutto vero, anche perché in una città in cui le distanze tra le case si misuravano a spanne, si circolava in gondola e c'erano stuoli di servitori che ovviamente spettegolavano a più non posso, era impensabile poter tenere segreto alcunché. Comunque anche in questo caso l'aristocrazia fece quadrato e Casanova fu costretto all'ultimo definitivo esilio. Tuttavia la questione non passò inosservata se si ritenne opportuno far circolare un libello anonimo, con cui si replicava allo scritto casanoviano, intitolato "Contrapposto o sia il riffiutto mentito, e vendicato al libercolo intitolato Ne amori ne donne ovvero La stalla ripulita, di Giacomo Casanova".

Lasciò Venezia nel gennaio 1783 e si diresse verso Vienna. Per un po' fece da segretario all'ambasciatore veneziano Sebastiano Foscarini [21] poi, alla morte di questi, accettò un posto di bibliotecario nel castello del conte di Waldstein a Dux, in Boemia. Lì trascorse gli ultimi tristissimi anni della sua vita, sbeffeggiato dalla servitù, ormai incompreso, e considerato il relitto di un'epoca tramontata per sempre.

Da Dux, Casanova dovette assistere alla Rivoluzione francese, alla caduta della Repubblica di Venezia, al crollare del suo mondo. O perlomeno di quel mondo a cui aveva sognato di appartenere stabilmente. L'ultimo conforto, oltre alle lettere numerosissime degli amici veneziani che lo tenevano al corrente di quanto accadeva nella sua città, fu la composizione della Histoire de ma vie, l'opera autobiografica che assorbì tutte le sue residue energie, compiuta con furore instancabile quasi per non farsi precedere da una morte che ormai sentiva vicina.

Annotazione della morte di Casanova nei registri di Dux
Annotazione della morte di Casanova nei registri di Dux

Scrivendola, Casanova riviveva una vita assolutamente irripetibile, tanto da entrare nel mito, nell'immaginario collettivo. Una vita opera d'arte. Sicuramente si rendeva conto, raccontandola, di quanto mondo avesse visto e di quante esperienze fosse stato interprete. Morì il 4 giugno del 1798.

[modifica] Opere di Giacomo Casanova

  • 1752 - Zoroastro, tragedia tradotta dal Francese, da rappresentarsi nel Regio Elettoral Teatro di Dresda, dalla compagnia de' comici italiani in attuale servizio di Sua Maestà nel carnevale dell'anno MDCCLII. Dresda.
  • 1753 - La Moluccheide, o sia i gemelli rivali. Dresda
  • 1769 - Confutazione della Storia del Governo Veneto d'Amelot de la Houssaie, Amsterdam (Lugano).
  • 1772 - Lana caprina. Epistola di un licantropo. Bologna.
  • 1774 - Istoria delle turbolenze della Polonia. Gorizia.
  • 1775 - Dell'Iliade di Omero tradotta in ottava rima. Venezia.
  • 1779 - Scrutinio del libro "Eloges de M. de Voltaire par différents auteurs". Venezia.
Il duello, ed. 1914
Il duello, ed. 1914
  • 1780 - Opuscoli miscellanei - Il duello - Lettere della nobil donna Silvia Belegno alla nobildonzella Laura Gussoni. Venezia.
  • 1781 - Le messager de Thalie. Venezia.
  • 1782 - Di aneddoti viniziani militari ed amorosi del secolo decimoquarto sotto i dogadi di Giovanni Gradenigo e di Giovanni Dolfin. Venezia.
  • 1782 - Né amori né donne ovvero la stalla ripulita. Venezia.
  • 1784 - Lettre historico-critique sur un fait connu, dependant d'une cause peu connu… Amburgo (Dessau).
  • 1784 - Expositionne raisonée du différent, qui subsiste entre le deux Républiques de Venise, et d'Hollande. Vienna.
  • 1785 - Supplément à l'Exposition raisonnée. Vienna.
  • 1785 - Esposizione ragionata della contestazione, che susiste trà le due Repubbliche di Venezia, e di Olanda. Venezia.
  • 1785 - Supplemento ala Esposizione ragionata…. Venezia.
  • 1785 - Lettre a monsieur Jean et Etienne Luzac…. Vienna.
  • 1785 - Lettera ai signori Giovanni e Stefano Luzac…. Venezia.
  • 1786 - Soliloque d'un penseur, Prague chez Jean Ferdinande noble de Shonfeld imprimeur et libraire.
  • 1787 - Histoire de ma fuite des prisons de la République de Venise qu'on appelle les Plombs. Ecrite à Dux en Bohème l'année 1787, Leipzig chez le noble de Shonfeld.
  • 1788 - Icosameron ou histoire d'Edouard, et d'Elisabeth qui passèrent quatre vingts ans chez les Mégramicres habitante aborigènes du Protocosme dans l'interieur de notre globe, traduite de l'anglois par Jacques Casanova de Seingalt Vénitien Docteur èn lois Bibliothécaire de Monsieur le Comte de Waldstein seigneur de Dux Chambellan de S.M.I.R.A., Prague à l'imprimerie de l'école normale. Praga. (romanzo di fantascienza)
  • 1790 - Solution du probleme deliaque démontrée par Jacques Casanova de Seingalt, Bibliothécaire de Monsieur le Comte de Waldstein, segneur de Dux en Boheme e c., Dresde, De l'imprimerie de C.C. Meinhold.
  • 1790 - Corollaire a la duplication de l'Hexaedre donée a Dux en Boheme, par Jacques Casanova de Seingalt, Dresda.
  • 1790 - Demonstration geometrique de la duplicaton du cube. Corollaire second, Dresda.
  • 1797 - A Leonard Snetlage, Docteur en droit de l'Université de Gottingue, Jacques Casanova, docteur en droit de l'Universitè de Padoue. Dresda.

[modifica] Opere pubblicate dopo la morte dell'autore

  • 1886 - Le Polemoscope, a cura di Gustave Kahn. La Vogue Parigi.
  • 1960-1961 - Histoire de ma vie, F.A. Brockhaus, Wiesbaden e Plon, Parigi. Edizioni italiane basate sul manoscritto originale: Piero Chiara (a cura di), traduzione Giancarlo Buzzi - Giacomo Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori 1965. VII voll. di cui uno di note, documenti e apparato critico. Piero Chiara e Federico Roncoroni (a cura di) - Giacomo Casanova, Storia della mia vita, ed. Mondadori "I meridiani" 1983. III voll. Ultima edizione Mondadori "I meridiani" 2001.
  • 1985 - Examen des "Etudes de la Nature" et de "Paul et Virginie" de Bernardin de Saint Pierre, a cura di Marco Leeflang e Tom Vitelli. Utrecht, 1985. Edizione italiana: Analisi degli "Studi sulla natura" e di "Paolo e Francesca" di Bernardin de Saint-Pierre, Pendragon (2003).
  • 1990 - Pensieri libertini, a cura di Federico di Trocchio (sulle opere filosofiche inedite rinvenute a Dux). Rusconi Editore Milano.
  • 1993 - Philocalies sur les sottises des mortels, a cura di Tom Vitelli. Salt Lake City.
  • 1993 - Prosopopea Ecaterina II… a cura di Enrico Straub. Francoforte.
  • 1997 - Iliade di Omero in veneziano Tradotta in ottava rima. Canto primo. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte. Editoria Universitaria, Venezia.
  • 1998 - Iliade di Omero in veneziano Tradotta in ottava rima. Canto secondo. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte. Editoria Universitaria, Venezia.
  • 2005 - Dell'Iliade d'Omero tradotta in veneziano da Giacomo Casanova. Canti otto. Edizioni della Laguna.
  • 2005 - Iliade di Omero in veneziano. Tradotta in ottava rima. Riproduzione integrale del manoscritto a fronte. Editoria Universitaria, Venezia.
  • 2006 - Iliade di Omero in idioma toscano. Riproduzione integrale dell'edizione Modesto Fenzo (1775-1778). Editoria Universitaria, Venezia.

[modifica] Valore letterario e fortuna dell'opera casanoviana

Sul valore letterario e la validità storica dell'opera di Giacomo Casanova si è discusso parecchio. Intanto bisogna distinguere tra l'opera autobiografica e il resto della produzione. Malgrado gli sforzi fatti per accreditarsi come letterato, storico, filosofo e addirittura matematico, Casanova non ebbe in vita, e tantomeno da morto, nessuna notorietà e nessun successo. La sua opera fu spesso d'occasione, cioè di frequente i suoi scritti furono creati per ottenere qualche beneficio: la confutazione dell'opera di Amelot de la Houssaye [22], scritta in gran parte durante la detenzione a Barcellona nel 1768, avrebbe dovuto servire, e infatti così fu, a ingraziarsi il governo veneziano e ad ottenere la tanto sospirata grazia.

Lo stesso si può dire per opere scritte nella speranza di ottenere qualche incarico da Caterina II di Russia o da Federico II di Prussia. Altre opere, come l'Icosameron, avrebbero dovuto sancire il successo letterario dell'autore ma così non fu. Il primo vero successo editoriale fu ottenuto dall'Historia della mia fuga dai Piombi che ebbe una diffusione immediata e varie edizioni, sia in italiano che in francese. Sembra quasi che Casanova tollerasse le sue creature autobiografiche e il loro successo, continuando a inseguire, con opere non autobiografiche, un successo letterario che non arrivò mai.

Questo aspetto fu acutamente osservato da un memorialista contemporaneo, il principe Charles Joseph de Ligne, il quale scrisse[23] che il fascino di Casanova stava tutto nei suoi racconti autobiografici, sia verbali che trascritti, cioè sia la narrazione salottiera che la versione stampata delle sue avventure. Tanto era brillante e trascinante quando parlava della sua vita - osserva de Ligne - quanto terribilmente noioso, prolisso, banale quando parlava o scriveva su altre materie. Ma sembra che questo, Casanova, non abbia mai voluto accettarlo. E soffriva tremendamente di non avere quel riconoscimento letterario o meglio scientifico a cui ambiva.

Da ciò si può comprendere l'astio nei confronti di Voltaire, che nascondeva una profonda invidia e una sconfinata ammirazione. Quindi anche contro la volontà dell'autore, quasi invidioso dei suoi figli più fortunati ma meno prediletti, le opere autobiografiche avrebbero potuto essere un grande successo editoriale già durante la vita dell'autore. Ma ciò avvenne in misura molto ridotta per vari motivi: principalmente perché questo filone fu iniziato tardi. Si pensi ad esempio che la narrazione della fuga dai Piombi costituì per decenni il cavallo di battaglia del Casanova salottiero ma fu scritta e data alle stampe tardi, nel 1787.

Inoltre l'opera "vera", cioè quella in cui aveva trasfuso tutto sé stesso, l'Histoire, fu scritta proprio negli ultimi anni di vita e il motivo è semplice: infatti lui stesso affermò, in una lettera del 1791, indirizzata a quel Zuan Carlo Grimani, da lui offeso molti anni prima e che era stato la causa del secondo esilio: "…ora che la mia età mi fa credere di aver finito di farla, ho scritto la Storia della mia vita…". Cioè sembra che per mettere su carta tutto in forma definitiva, l'autore dovesse prima ammettere con sé stesso che la storia era terminata e di futuro davanti da vivere non ce n'era più. Ammissione questa sempre dolorosa per chiunque, in particolare per un uomo che aveva creato una vita-capolavoro irripetibile.

Ma un altro aspetto, questo strutturale, ha ritardato la fortuna dell'opera autobiografica: l'Histoire era all'epoca assolutamente impubblicabile. Non è un caso che la prima edizione del manoscritto acquistato da Heinrich Brockhaus di Lipsia nel 1821 fu pubblicata, dal 1826 al 1838, però in una versione notevolmente rimaneggiata da Jean Laforgue, il quale non si limitò a "purgare" l'opera, sopprimendo passi ritenuti troppo audaci, ma intervenne a tappeto modificando anche l'ideologia dell'autore, facendone una sorta di giacobino avverso alle oligarchie dominanti. Ciò non corrispondeva affatto alla verità storica, perché di Casanova si può dire che era ribelle e trasgressivo, ma politicamente era un fautore dell'ancien régime, come dimostrano chiaramente il suo epistolario, opere specifiche e la stessa Histoire. Per l'edizione definitiva delle memorie si dovette attendere fino a quando la casa Brockhaus decise di pubblicare, insieme all'editore Plon di Parigi (dal 1960 al 1962), il testo originale in sei volumi curato da Angelika Hübscher. Ciò fu dovuto all'impianto generale dell'opera, di un cinismo (a detta degli smaliziati contemporanei, come de Ligne) assolutamente impresentabile. Quello che essi chiamarono cinismo è oggi considerato modernità.

Casanova è il primo scrittore di costume moderno. Non teme di rivelare situazioni, inclinazioni, attività, trame e soprattutto confessioni che erano all'epoca, e tali rimasero ancora per secoli, assolutamente irriferibili. Naturalmente il primo problema, ma questo limitato a pochi anni dopo la morte dell'autore, fu quello di aver citato personaggi di primissimo piano, con circostanze molto precise del loro agire. Le memorie sono affollate all'inverosimile dagli attori principali della storia europea del Settecento, sia quella politica che culturale. Probabilmente si farebbe prima a dire di chi Casanova non ha scritto, e chi non ha incontrato, tanto vasto è stato il panorama delle sue frequentazioni. Ma questo, come si è detto, è marginale. L'altro problema, questo insuperabile, fu la sostanziale "immoralità" dell'opera casanoviana.

Ma ciò deve intendersi come contrarietà alle abitudini, ai tic, alle ipocrisie della fine del Settecento e, ancor di più, del successivo secolo, ancora più fobico e per certi versi molto meno aperto di quello che l'aveva preceduto. Casanova ha precorso i tempi: era troppo avanti per diventare un autore di successo. E forse se ne rendeva perfettamente conto. Nella lettera a Zuan Carlo Grimani, ricordata in precedenza, Casanova, parlando dell'Histoire, scrive testualmente: ...questa Storia, che verrà diffusa fino a sei volumi in ottavo e che sarà forse tradotta in tutte le lingue... E poi, richiede una risposta …perché io possa porla nei codicilli che formeranno il settimo volume postumo della Storia della mia vita. Tutto questo è avvenuto puntualmente.

La fortuna dell'opera casanoviana, presso i protagonisti di vertice della scena letteraria mondiale, è stata ristretta solo all'opera autobiografica ed è stata vastissima. Iniziando da Stendhal, al quale fu attribuita la paternità dell'Histoire, a Foscolo il quale mise addirittura in dubbio l'esistenza storica del Casanova, a Schnitzler, a Hofmannstahl, a Hesse. Molti furono solo lettori e quindi influenzati in modo inconscio, altri scrissero opere ambientate nell'epoca di Casanova e di cui egli era protagonista.

È impossibile elencare gli innumerevoli riferimenti, nella letteratura moderna, a questa figura che ha finito per diventare archetipica. In Italia l'interesse si è manifestato tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. È interessante notare che la prima edizione italiana della Historia della mia fuga dai Piombi fu curata nel 1911 da Salvatore di Giacomo, il quale studiò anche i ripetuti soggiorni napoletani dell'avventuriero e su questo argomento scrisse un saggio.[24] Seguirono Benedetto Croce[25] e via via molti altri fino a Piero Chiara.[26]

Un capitolo a parte andrebbe dedicato ai "casanovisti" cioè a tutti quelli che si sono occupati e si occupano, più o meno professionalmente, della vita e dell'opera del Casanova. Proprio a questa legione di sconosciuti si debbono infinite identificazioni di personaggi, revisioni e importantissimi ritrovamenti di documenti. Molto dell'opera casanoviana è ancora inedito, Nell'Archivio di Stato di Praga rimangono circa 10.000 documenti che attendono di essere studiati e pubblicati, oltre un numero imprecisato di lettere che probabilmente giacciono in chissà quanti archivi di famiglia sparsi per l'Europa. La grafomania dell'avventuriero fu veramente impressionante: la sua vita ad un certo momento divenne totalmente e ossessivamente dedicata alla scrittura.

Riguardo al mito del seduttore, Casanova, insieme a Don Giovanni, ne è stato l'incarnazione. Il paragone è d'obbligo ed è stato tema di numerose opere critiche. Le due figure finirono addirittura per fondersi benché antitetiche. A parte il fatto che il veneziano era un personaggio reale e l'altro romanzesco, i due caratteri sono agli antipodi: il primo amava le sue conquiste, si prodigava con generosità per renderle felici e cercava sempre di uscire di scena con un certo stile, lasciando dietro di sé una scia di nostalgia. L'altro invece rappresenta il collezionista puro, più mortifero che vitale, assolutamente indifferente all'immagine di sé e soprattutto agli effetti del suo agire, concentrato unicamente sul numero delle vittime della sua seduzione.

L'interpretazione del suo mito, secondo alcuni, sarebbe fornita proprio dal libretto del Don Giovanni di Mozart, scritto da Lorenzo da Ponte, in cui Leporello, il servo di Don Giovanni, in un'aria notissima recita: Madamina il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio… e prosegue snocciolando le innumerevoli conquiste, diligentemente registrate. Il fatto che alla redazione del libretto sembra abbia partecipato anche Casanova - come taluni sostengono basandosi su documenti trovati a Dux, sul fatto che da Ponte e Casanova si frequentassero e che l'avventuriero fosse sicuramente presente la sera in cui a Praga andò in scena la prima dell'opera mozartiana (29 ottobre 1787) - è tutto sommato marginale. Quel che è certo è che Casanova si misurò col mito di don Giovanni e ne costruì uno ancora più grande, certamente più positivo e soprattutto reale.

[modifica] Note

  1. ^ Atto di nascita di Giacomo Casanova
    Addì 5 aprile 1725
    Giacomo Girolamo fig.o di D. Gaietano Giuseppe Casanova del q.(uondam) Giac.o Parmegiano comico, et di Giovanna Maria, giogali, nato il 2 corr. battezzato da P. Gio. Batta Tosello sacerd. di chiesa de licentia, P. Comp. il signor Angelo Filosi q.(uondam) Bartolomeo stà a S. Salvador. Lev. Regina Salvi. (In Storia della mia vita, Mondadori 1965, vol. VII pag. 24)
  2. ^ Secondo la genealogia posta all'inizio delle Memorie, la famiglia paterna sarebbe stata originaria dell'Aragona, di Saragozza per l'esattezza. Dalla città spagnola l'avo Don Jakob Casanova era fuggito nel 1429 in seguito al rapimento di una monaca, Donna Anna Palafox, e si era rifugiato a Roma dove ottenuto, dopo un anno di carcere, il perdono papale e la dispensa dei voti, si unì in matrimonio con la rapita.
  3. ^ Il padre Gaetano Giuseppe Giacomo Casanova (Parma 1697-Venezia 18 dicembre 1733) era di origine parmense. Era arrivato a Venezia a sedici anni, nell'aprile del 1713, al seguito di un'anziana attrice, Giovanna Calderoni detta "la Fragoletta" (nata nel 1662), di cui si era invaghito. In seguito si era fidanzato con Zanetta Farussi figlia di un calzolaio, che sposò il 27 febbraio 1723. Come attore non fece una gran carriera, in questo surclassato dalla moglie. Era un grande appassionato ed esperto di ottica, scienza che studiava in un laboratorio che aveva allestito nella casa di Calle della commedia. Morì in seguito a un'operazione mal riuscita che era stata effettuata nel tentativo di risolvere una grave infezione all'orecchio. Atto di morte di Gaetano Casanova 18 dicembre 1733. Gaetano Casanova parmegiano q. Giacomo d'anni 36 ammalato g. 15 da febre e convulsione, habitante nella nostra contrà per el corso d'anni 10 finì di vivere questa notte all'hore 13. Med. Monticelli e Zambelli. Sarà fatto sepellir da sua consorte.
  4. ^ Sull’ubicazione esatta della casa natale di Casanova e di quella in cui trascorse l’infanzia dal 1728 al 1743, anno della morte della nonna materna Marzia, si è discusso moltissimo. Certo è che al momento del matrimonio Gaetano e Zanetta Casanova non avevano un reddito tale da sostenere un spesa come quella affrontata, dal 1728 in poi, di 80 ducati annui. Quindi molto probabilmente, dopo il matrimonio avvenuto il 27 febbraio 1724, i coniugi andarono a vivere a casa della madre di Zanetta, Marzia Baldissera, che era vedova essendo mortole il marito Girolamo Farussi poche settimane avanti il matrimonio della figlia. E questa con ogni probabilità fu la casa in cui Casanova nacque il 2 aprile 1725 con l’assistenza della levatrice Regina Salvi. L’identificazione esatta della casa natale è assai ardua ma comunque è stata tentata. I coniugi Casanova si trasferirono nella casa di Calle della Commedia al ritorno dalla fortunata tournée londinese quando rientrarono a Venezia col secondogenito Francesco nato a Londra il primo di giugno 1727. Tale abitazione risulta essere stata di gran rappresentanza, su tre livelli, con un salone al secondo piano che fu usato in occasione di feste. L’affitto di 80 ducati era circa il doppio della media che veniva corrisposta nel vicinato per appartamenti evidentemente meno lussuosi. Per comparare il valore del ducato d'argento veneziano alle altre monete correnti all'epoca negli stati europei, si può consultare questa tavola comparativa. A questo punto sembrerebbe tutto chiaro, si tratta solo di trovare in Calle della commedia un abitazione che corrisponda alla descrizione: grandezza, salone al secondo piano e camera al terzo, nonché corrispondenza con la proprietà che si sa essere stata con certezza della famiglia Savorgnan. L’unica che potrebbe corrispondere alla descrizione è quella sita nell’attuale Calle Malipiero (già Calle della Commedia) al civico 3082. Ma su questo non tutti gli studiosi concordano, tanto che la lapide apposta in calle Malipiero dice "In una casa di questa calle, già Calle della Commedia, nacque il 2 aprile 1725 Giacomo Casanova" senza alcun’altro più specifico elemento. Alcuni sostengono che a causa di rimaneggiamenti interni non è più possibile identificare la struttura originaria. Uno studioso dell’argomento (Federico Montecuccoli degli Erri) ha recentemente pubblicato un’analisi molto approfondita basata sulle cosiddette "Condizioni" cioè sulle dichiarazioni dei redditi immobiliari che venivano presentate dai proprietari. All’epoca, per verificare l’esattezza dei dati dichiarati, si procedeva ad un’ispezione diretta casa per casa effettuata, in ogni parrocchia, dal parroco. Egli procedeva con un certo ordine chiedendo a ognuno il titolo di possesso. I proprietari dichiaravano il titolo di proprietà e gli affittuari dovevano o esibire il contratto oppure giurare le condizioni contrattuali. Poiché è stato ritrovato il documento in cui la madre di Zanetta, Marzia, giurava per la figlia, nel frattempo trasferitasi per lavoro a Dresda, che il contratto prevedeva un affitto di 80 ducati annui e che l’immobile era di proprietà Savorgnan, conosciamo con certezza i dati contrattuali e la residenza indicata sull’atto cioè Calle della Commedia. Purtroppo le modifiche urbanistiche e catastali intervenute non consentono con certezza l’identificazione, anche perché all’epoca non esistevano dati catastali precisi come li intendiamo oggi. Secondo lo studioso citato, l’abitazione è da identificarsi con la casa al civico 3089 della Calle degli orbi che all’epoca potrebbe essere stata designata come Calle della Commedia. Corrisponderebbero sia l’aspetto fisico che la proprietà. Comunque tutte queste ipotesi si muovono entro un fazzoletto di spazio di poche centinaia di metri. I Casanova abitavano per motivi di lavoro nei pressi del teatro di San Samuele, di proprietà dei Grimani. Queste piccole calli pur essendo in una zona assai frequentata dai turisti a causa del vicino Palazzo Grassi dove si allestiscono mostre di grande rilievo, sono pressoché deserte essendo leggermente defilate rispetto ai flussi di traffico pedonale che dall’imbarcadero di San Samuele vanno verso Campo San Stefano. Probabilmente hanno perso molto della loro eleganza e sono in condizioni abbastanza fatiscenti. Il teatro intorno a cui gravitava una vita sociale spumeggiante non c’è più, è stato demolito e sostituito da una scuola. Tutto l’insieme fa un po’ l’effetto di un set da cui gli interpreti sono fuggiti per sempre. Documento: Calle della Commedia 324|casa|Giovanna Casanova comica al presente s'attrova in Dresda, giurò Marzia sua Madre|N.H Zuanne e F.llo Co. Savornian|d.ti 80 (annui) Registro dell'anno 1740 Atti della Parrocchia di S.Samuele.
  5. ^ Bernardino de Bernardis (1699-1758), paolotto, vicario generale in Polonia, nominato diocesi di Martorano il 16 maggio 1743, consacrato il 22 dicembre 1743.
  6. ^ L’identificazione di "Henriette" insieme a quella di "Suor M.M." è stato uno degli argomenti più dibattuti dai casanovisti. Il motivo di tante accanite ricerche è connesso con la centralità sentimentale di questi due personaggi nella vita di Casanova. Il nome di Henriette ricorre di continuo nelle Memorie e la sua identità è stata mascherata accuratamente dall’autore. Tra le identificazioni che si sono susseguite quelle più autorevoli sono da ascrivere a: 1)John Rives Childs (1960) che sostenne trattarsi di Jeanne-Marie d’Albert de Saint Hyppolite nata il 22 marzo 1718, sposata a Jean-Baptiste Laurent Boyer de Fonscolombe, nipote di Joseph de Margalet proprietario del castello di Luynes che si trova nella zona descritta da Casanova come quella di residenza di Henriette. 2) Helmut Watzlawick (1989) che sostiene trattarsi di Marie d’Albertas nata a Marsiglia il 10 marzo 1722. 3) Louis Jean André (1996) che avrebbe identificato Henriette in Adelaide de Gueidan (1725-1786). Quest’ultima ricostruzione è sostenuta da un apparato critico impressionante che attraverso una raccolta minuziosa di elementi: lettere, atti, iconografia, topografia della zona, conduce a una notevole verosimiglianza dell’identificazione. Manca ancora però la prova inoppugnabile, una lettera o un qualsiasi manoscritto del Casanova stesso che consenta l’identificazione certa
  7. ^ Saggio di Barbara Evers-Rothgangel sulla vera identità di Suor M.M.
  8. ^ L'imputazione e la sentenza:
    21 agosto 1755 Venute a cognizione del Tribunale le molte riflessibili colpe di Giacomo Casanova principalmente in disprezzo publico della Santa Religione, SS. EE. lo fecero arrestare e passar sotto li piombi.
    Andrea Diedo Inquisitor.
    Antonio Condulmer Inquisitor.
    Antonio Da Mula Inquisitor.
    L'oltrascritto Casanova condannato anni cinque sotto li piombi.
    Andrea Diedo Inquisitor.
    Antonio Condulmer Inquisitor.
    Antonio Da Mula Inquisitor.
    (Venezia - Archivio di Stato - Inquisitori di Stato - Annotazioni - B. 534, p. 245)
  9. ^ Riferte di Giovanni Battista Manuzzi, confidente degli Inquisitori di Stato
    Incaricata la mia obbedienza dal Venerato Comando di riferire chi sia Giacomo Casanova, generalmente rilevo ch’è figlio di un comico e di una commediante; viene descritto il detto Casanova di un carattere cabalon, che si fa profittare della credulità delle persone come fece col N.H. Ser Zanne Bragadin, per vivere alle spalle di questo o di quello
    Giovanni Battista Manuzzi, 22 marzo 1755.
    …Mi sovvenne allora che lo stesso Casanova parlato mi avea ne’ giorni passati della Setta de’ Muratori, raccontandomi i onori e vantaggi che si hanno ad essere nel numero de’ confratelli, che vi aveva dell’inclinazione il N.H. Ser Marco Donado per essere arrolato a detta Setta
    Giovanni Battista Manuzzi, 12 luglio 1755.
  10. ^ Marino Balbi (1719-1783), patrizio veneziano e monaco somasco.
  11. ^ Si trattava di un certo Andreoli, custode del palazzo, che il Casanova vide approssimarsi, da una fessura del portone, "in parrucca nera e con un mazzo di chiavi in mano".
  12. ^ Sentenza di condanna a carico di Lorenzo Basadonna, carceriere del Casanova
    Lorenzo Basadonna era custode delle Prigioni de Piombi, che esisteva nei camerotti per difetti del suo ministero, da quali ne provenne la fuga al primo novembre decorso da Piombi stessi del P. Balbi somasco, e di Giacomo Casanova, che vi erano condannati, per tenui motivi di contrasto con Giuseppe Ottaviani pur condannato ne’ camerotti, ne commise la interfezione. Presi dal Tribunale gl’essami per rilevare l’origine, e i modi del non ordinario avvenimento, risultò infatti per la confessione stessa del reo il caso per proditorio in ogni sua circostanza. Tutto che però meritasse il supplizio maggiore, la clemenza del Tribunale con pieni riflessi di carità e di clemenza è devenuta alla sentenza qui contro estesa''.
    Alvise Barbarigo Inq.r
    Lorenzo Grimani Inq.r
    Bortolo Diedo Inq.r
    1757 – 10 giugno.
    Lorenzo Basadonna sia condannato ne’ Pozzi per anni dieci.
    Alvise Barbarigo Inq.r
    Lorenzo Grimani Inq.r
    Bortolo Diedo Inq.r
    Venezia, Archivio di Stato, Inquisitori di Stato, Annotazioni, R. 535 c.83.
  13. ^ Jeanne Camus de Pontcarré marchesa d'Urfé 1705-1775, sposò nel 1724 Louis-Christophe de Lascaris d'Urfé de Larochefoucauld marchese di Langeac dal quale ebbe tre figli. Rimase vedova nel 1734.
  14. ^ Del viaggio in Olanda descritto da Casanova, incaricato di una missione diplomatica, vi è un riscontro obiettivo: il passaporto rilasciatogli il 13 ottobre 1758 da Matthys Lestevenon van Berkenroode ambasciatore d'Olanda a Parigi dal 1750 al 1762.
  15. ^ Marie Anne Geneviéve Augspurger detta La Charpillon (circa 1746-1778) nota cortigiana londinese.
  16. ^ Franciszek Ksawery Branicki conte di Korczak (17301819), per le notizie biografiche su Branicki si veda la voce relativa su en.wiki. Sul contesto storico in cui si muoveva Branicki, che era un rappresentante della nobiltà filorussa, il cui servilismo nei confronti del vicino rappresentò un vero e proprio tradimento, si può consultare la voce dedicata a Tadeusz Kościuszko in particolare il paragrafo "Ritorno in Polonia".
  17. ^ Anna Binetti (cognome di nascita Ramon) celebre ballerina, nota in tutta Europa. Sposò nel 1751 il ballerino Georges Binet. Dopo il ritiro dalle scene (circa 1780) si dedicò all' insegnamento della danza a Venezia.
  18. ^ Si tratta di Lorenzo Morosini, Alvise Emo, Pietro Pisani, Nicolò Erizzo, Andrea Tron, Sebastiano Venier.
  19. ^ Delle lettere di Casanova alla Buschini non resta nulla ma poiché spessissimo la Buschini, nel testo, ripete le notizie inviatele e le richieste di notizie rivoltele, è facile ricavare, almeno in parte, il testo delle lettere ricevute. A Dux sono state reperite da Aldo Ravà 38 lettere di Francesca Buschini che coprono il periodo dal luglio del 1779 all’ottobre del 1787. Di queste, 33 sono state riportate nel volume "Lettere di donne a Giacomo Casanova" a cura di Aldo Ravà (Milano, Treves 1912). L'edizione critica più recente delle lettere di Francesca (Lettres de Francesca Buschini à G. Casanova, 1996) è stata edita a cura di Marco Leeflang, Utrecht, Marie-Françose Luna, Grenoble, Antonio Trampus, Trieste. La corrispondenza consente di ricostruire gli anni successivi al secondo esilio di Giacomo Casanova. Attraverso esse si vive il dramma umano della Buschini la quale, col passare degli anni, era sempre più avvolta da una cupa povertà, da dolori familiari causati dal fratello, che praticamente viveva alle sue spalle e dalla madre, che col tempo diveniva sempre più intollerante. Quando Casanova dovette sospendere i suoi aiuti in denaro, essendo ormai nell’impossibilità materiale di inviarne, la Buschini si ritrovò letteralmente in mezzo alla strada dovendo lasciare l’appartamento di Barbaria delle Tole, non avendo più la possibilità di pagare l’affitto. Nessuna notizia ulteriore ci è giunta ma la sua testimonianza di lenta emarginazione è oltremodo toccante.
  20. ^ Il nome della calle deriva dalla presenza, in tempi antichi, di falegnamerie che riducevano in tavole (tole, in dialetto veneziano) i tronchi d'albero. La calle si trova nelle immediate vicinanze del Campo SS. Giovanni e Paolo. L'ultima abitazione veneziana di Giacomo Casanova, è sita in Barbarìa delle Tole, al civico 6673 del sestiere di Castello. L'identificazione certa è stata ricavata da una lettera a Casanova di Francesca Buschini, ritrovata a Dux (odierna Duchcov, Repubblica Céca), datata 13 dicembre 1783. L'appartamento occupato da Casanova e dalla Buschini (di proprietà della nobile famiglia Pesaro di S.Stae), affittato a 96 lire venete a trimestre, corrisponde alle tre finestre del terzo piano situate sotto la soffitta che si vede in alto a sinistra (vedi foto). La lettera in questione spedita dalla Buschini a Casanova ormai in esilio, faceva riferimento alla casa antistante "È morto la molgie del maestro di spada che mi stà in fasa di me quela casa in mezzo al brusà, giovine e anche bela la era...". Poiché tutti i caseggiati antistanti erano andati distrutti a causa di due successivi incendi avvenuti nel 1683 e nel 1686, la zona era rimasta praticamente priva di fabbricati e l'area destinata a giardino. Un solo fabbricato, quello appunto dinanzi al 6673, era ancora esistente. Attualmente la situazione è immutata, l'edificio in questione, antistante al 6673, è tuttora delimitato dal ramo primo e dal ramo secondo "Del brusà" e quindi l'identificazione non pare dubbia. L'unica differenza attualmente riscontrabile è un muro che corre lungo il lato destro della calle che la separa dall'area vuota adibita a giardino della vicina scuola.
  21. ^ Foscarini morì il 23 aprile del 1785.
  22. ^ Nicolas Amelot de La Houssaye (Orléans 1634 - Paris 1706) per le notizie biografiche si veda la voce relativa su fr.wiki
  23. ^ Il testo integrale in francese del ritratto in prosa di Casanova scritto dal principe De Ligne può essere consultato qui Il brano fu intitolato dall'autore "Ritratto di Aventuros". De Ligne riuscì a cogliere con straordinaria esattezza e rendere con estrema obiettività gli elementi del carattere del Casanova.
  24. ^ Salvatore di Giacomo "Casanova a Napoli" in Nuova antologia 1922.
  25. ^ Benedetto Croce "Aneddoti di varia letteratura", Napoli 1942. "Di un cantastorie del Settecento e di un luogo delle Memorie di Giacomo Casanova" opera il cui autografo di sei pagine è andato all'asta a Milano il 21.5.92.
  26. ^ Piero Chiara curò per Mondadori (1965) la prima edizione italiana basata sul manoscritto originale delle Memorie, scrisse un saggio "Il vero Casanova", Mursia (1977) e molti articoli sull'argomento.

[modifica] Bibliografia

Elenco di opere ordinate alfabeticamente per autore.

Lettere a G.C. raccolte da Aldo Ravà
Lettere a G.C. raccolte da Aldo Ravà
  • aa.vv. - Il mondo di Giacomo Casanova, ed. Marsilio (1998), catalogo della mostra a Ca' Rezzonico.
  • Louis Jean André - Memoires de l'Academie des sciences, agriculture, arts & belles lettres d'Aix. Tome 6. Aspects du XVIII° siecle aixois. ISBN 2-906280-07-0 Ed. Académie d'Aix 1999.
  • Robert Abirached - Casanova o la dissipazione, ed. Sellerio (1977).
  • Luigi Baccolo - Casanova e i suoi amici, ed. Sugar (1972).
  • Luigi Baccolo - Vita di Casanova, ed. Rusconi (1979).
  • Elio Bartolini - Casanova (dalla felicità alla morte 1774/1798), ed. Mondadori (1998).
  • Elio Bartolini - Vita di Casanova, ed. Mondadori (1998)
  • Giuseppe Cengiarotti - Gli ultimi anni di Giacomo Casanova in Boemia. Note storiche 1785-1798, ed. Atheneum (1990)
  • Virgilio Boccardi - Casanova. La Venezia segreta, Filippi editore Venezia (2000).
  • Bruno Capaci - Le impressioni delle cose meravigliose. Giacomo Casanova e la redenzione imperfetta della scrittura, Marsilio (2002).
  • Piero Chiara - Il vero Casanova, Mursia (1977).
  • Giovanni Comisso - Agenti segreti di Venezia 1707-1797, ed. Bompiani (1945).
  • Stefano Cosma - Il castello di Spessa a Capriva del Friuli, una lunga vacanza di Giacomo Casanova. Edizioni della Laguna (2004).
  • Carlo Curiel, Gustavo Gugitz, Aldo Ravà - Patrizi e avventurieri, dame e ballerine in cento lettere inedite o poco note. Milano, Corbaccio, (1930].
  • Carlo Curiel - Trieste settecentesca, ed. Sandron (1922).
  • Marina Cvetaeva - Phoenix, ed. Archinto (2001).
  • Lorenzo Da Ponte - Memorie, ed. Garzanti (1976).
  • Gino Damerini - Casanova a Venezia, ed. Ilte (1957).
  • Alessandro D'Ancona - Viaggiatori e avventurieri, ed. Sansoni (1974).
  • Alessandro D'Ancona - Casanoviana, ed. Crescenzi Allendorf (1992).
  • Charles Joseph De Ligne - Aneddoti e ritratti, ed. Sellerio (1979).
  • Fabbri Dall'Oglio M.A., Fortis A. - Il gastronomo errante Giacomo Casanova, ed. Ricciardi & Associati (1998).
  • Federico Di Trocchio e Romano Forleo - Casanova e le ostetriche, ed. Centro scientifico (2000).
  • Giorgio Ficara - Casanova e la malinconia, ed. Einaudi (1999).
  • Lydia Flem - Casanova. L'uomo che amava le donne, davvero, ed. Fazi (2006).
  • Louis Furnberg - Mozart e Casanova, ed. Sellerio (1993).
  • Roberto Gervaso - Casanova, Rizzoli (1974).
  • Luca Goldoni - Casanova romantica spia, ed. Rizzoli (1997).
  • Herman Hesse - La conversione di Casanova, ed. Guanda (1989).
  • Jean Didier Vincent - Casanova il contagio del piacere, ed. Canal (1998).
  • Marco Leeflang, Utrecht, Marie-Françose Luna, Grenoble, Antonio Trampus, Trieste (a cura di) - Lettres de Francesca Buschini à G. Casanova (1996).
  • Jacques Marsan - Sui passi di Casanova a Venezia, Idealibri (1994).
  • Carlo Meucci - Casanova finanziere, Mondadori (1932).
  • Andrei Miller - Casanova innamorato, ed. RCS libri (2000).
  • Pompeo Molmenti - Epistolari veneziani del secolo XVIII. Palermo (1914).
  • Pompeo Molmenti - Carteggi casanoviani. Vol I, Lettere di G.Casanova e di altri a lui. Palermo (1916).
  • Pompeo Molmenti - Carteggi casanoviani. Vol II, Lettere del patrizio Zaguri a G.Casanova. Palermo (1918).
  • Federico Montecuccoli degli Erri - Cammei casanoviani. Ginevra (2006).
  • Sandro Pasqual, - L'intreccio, Casanova a Bologna. Ed. Tratti/Mobydick 2007.
  • Gilberto Pizzamiglio (a cura di) - Giacomo Casanova tra Venezia e l'Europa, ed. Leo S. Olschki (2001).
  • Aldo Ravà (a cura di) - Lettere di donne a G. Casanova, ed. Fr. Treves (1912).
  • John Rives Child - Casanova, ed. AREA (1962).
  • Margherita Sarfatti - Casanova contro Don Giovanni, ed. Mondadori (1950).
  • Giuseppe Scaraffia - Il mantello di Casanova, ed. Sellerio (1989)
  • Riccardo Selvatico - Cento note per Casanova a Venezia (1753-1756), ed. Neri Pozza (1997).
  • Francesca Serra - Casanova autobiografo, ed. Saggi Marsilio (2001).
  • Francesco Sgarlata - I pensieri di Casanova. Vademecum del libertino contemporaneo. Ed. della Laguna 2006.
  • Philippe Sollers - Il mirabile Casanova, ed. Il saggiatore (1998).
  • Enrico Straub - Rapporti di G.C. con i paesi del Nord ed. Venezia (1978).
  • Judith Summers, Casanova's women. The great seducer and the women he loved, ed Bloomsbury, London 2006.
  • Sebastiano Vassalli - Dux, ed. Einaudi (2002)
  • Eugenio Vittoria - G. Casanova e gli Inquisitori di Stato, ed EVI (1973).
  • Stefan Zweig - Tre poeti della propria vita: Casanova…. ed. Sperling & Kupfer (1945).

[modifica] Rivista

  • L'intermédiaire des casanovistes - annuale. Edita da M. Leeflang (Utrecht), F. Luccichenti (Roma), M.F. Luna (Grenoble), E. Straub (Berlino), A. Trampus (Trieste), T. Vitelli (Salt Lake City), H. Watzlavick (Vernier).

[modifica] Filmografia


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