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Stalin - Wikipedia

Stalin

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Josif Stalin
Segretario generale del Comitato Centrale del PCR(b) : 1922 - 1953
Successore: Georgij Malenkov
Data di Nascita: 21 dicembre 1879
Luogo di Nascita: Gori, Georgia, Impero Russo
Data di Morte: 5 marzo 1953
Luogo di Morte: Mosca, U.R.S.S.
Professione: Statista
Partito Politico: PCUS, Partito Comunista dell'Unione Sovietica

Josif Vissarionovič Džugašvili (in russo: Иосиф Виссарионович Джугашвили), il cui vero nome era Ioseb Besarionis Dze Jughashvili (in georgiano: იოსებ ბესარიონის ძე ჯუღაშვილი), detto Stalin (in russo: Сталин, ossia "d'acciaio"; altro pseudonimo Koba, cioè "indomabile") (Gori, 1878 – Mosca5 marzo 1953) è stato un rivoluzionario e politico russo bolscevico, capo del Partito Comunista e dell'Unione Sovietica.

Secondo i registri della chiesa parrocchiale di Gori la sua data di nascita è il 6 dicembre del 1878, ma egli dichiarava di essere nato il 21 dicembre 1879 e in tale data veniva festeggiato ufficialmente il suo compleanno nell'Unione Sovietica. È considerato uno dei dittatori più sanguinari della storia, è accusato di aver ordinato e causato la morte di milioni di persone (oltre a quelle deportate o internate nei Gulag). In Ucraina vi è un giorno dell'anno, il 25 novembre, dedicato al ricordo di milioni di ucraini morti durante la grande carestia degli anni '30, nota col nome di Holodomor, causata intenzionalmente dal governo sovietico che faceva capo a Stalin. Italia, Usa, Canada ed altri 7 Paesi hanno accettato e accertato la definizione di genocidio per la tragedia ucraina.

Indice

[modifica] Carriera iniziale

Nacque da Vissarion Dzhugashvili (1850 - 1890) e da Ekaterina Geladze (1858 - 1937), una famiglia di umili condizioni sociali (il padre era ciabattino e la madre lavandaia). Secondo alcune fonti[citazione necessaria], ogni sera il padre si ubriacava e lo picchiava, cosi Stalin ebbe per tutta la sua esistenza pessimi rapporti con la propria famiglia; si ritiene anche che tali violenze abbiano provocato in lui diverse turbe psicologiche (a tal riguardo è preziosa l'analisi che ne fa Erich Fromm nel libro Anatomia della distruttività umana, Milano, 1975, capitolo XI: Giuseppe Stalin, un caso clinico di un sadismo non sessuale); dopo pochi anni, grazie a una borsa di studio, poté frequentare il seminario teologico ortodosso di Tiblisi.

Il contatto, però, con le idee e con l'ambiente dei deportati politici lo avvicinò alle dottrine socialiste. Entrato, così, nel movimento marxista clandestino di Tiblisi nel 1898, allora rappresentato dal Partito socialdemocratico (POSDR), lavorò per qualche tempo al locale osservatorio astronomico. Ma soprattutto cominciò, da allora, un'intensa attività politica di propaganda e di preparazione insurrezionale, che lo portò ben presto a conoscere il rigore della polizia del regime.

Stalin a 15 anni, nel 1894.
Stalin a 15 anni, nel 1894.

Arrestato nel 1900 e continuamente sorvegliato, Stalin nel 1902 lasciò la sua città per stabilirsi a Batumi, dove però venne subito imprigionato e condannato a un anno di carcere, seguito da un triennio di deportazione in Siberia. Fuggito nel 1904, tornò a Tiblisi e nei mesi successivi partecipò con energia e notevole capacità organizzativa al movimento insurrezionale, che vide la formazione dei primi soviet di operai e di contadini. Nel novembre del 1905, dopo aver pubblicato il suo primo saggio, A proposito dei dissensi nel partito, divenne direttore del periodico Notiziario dei lavoratori caucasici e in Finlandia, alla conferenza bolscevica di Tampere, incontrò per la prima volta Lenin, accettandone le tesi sul ruolo di un partito marxista compatto e rigidamente organizzato come strumento indispensabile per la rivoluzione proletaria.

Passato a Baku, dove fu in prima linea nel corso degli scioperi del 1908, Stalin venne di nuovo arrestato e deportato in Siberia; riuscì a fuggire, ma fu ripreso e internato (1913) a Kurejka sul basso Jenisej, dove rimase per quattro anni, fino al marzo del 1917. Nei brevi periodi di attività clandestina, riuscì progressivamente a imporre la sua personalità e a emergere come dirigente di livello nazionale, tanto da essere chiamato da Lenin, nel 1912, a far parte del Comitato centrale del partito.

Nello stesso anno contribuì a far rinascere a Pietroburgo la Pravda, mentre definiva, nel saggio Il marxismo e il problema nazionale, le sue posizioni teoriche (non sempre, però, in linea con quelle di Lenin, di cui non comprendeva la battaglia contro i deviazionisti, né la decisione di prender parte alle elezioni per la Duma). Tornato a San Pietroburgo (nel frattempo ribattezzata Pietrogrado) subito dopo l'abbattimento dell'assolutismo zarista, Stalin, insieme a Lev Kamenev e a Murianov, assunse la direzione della Pravda, appoggiando il governo provvisorio per la sua azione rivoluzionaria contro i residui reazionari. Ma questa linea fu sconfessata dalle Tesi di aprile di Lenin e dal rapido radicalizzarsi degli eventi. Nelle decisive settimane di conquista del potere da parte dei bolscevichi Stalin, membro del comitato militare, non apparve in primo piano e solo il 9 novembre 1917 entrò a far parte del nuovo governo provvisorio (il Consiglio dei commissari del popolo) con l'incarico di occuparsi degli affari delle minoranze etniche. A lui si deve l'elaborazione della Dichiarazione dei popoli della Russia, che costituisce un documento fondamentale del principio di autonomia delle varie nazionalità nell'ambito dello stato sovietico.

Membro del Comitato esecutivo centrale, Stalin fu nominato, nell'aprile del 1918, plenipotenziario per i negoziati con l'Ucraina. Nella lotta contro i generali "bianchi", fu incaricato di occuparsi del fronte di Tsaritsyn (poi Stalingrado, oggi Volgograd) e, successivamente, di quello degli Urali; in queste circostanze diede prova di grande coraggio, ma anche di notevole insensibilità e rozzezza nei rapporti umani e di eccessiva presunzione e schematismo nel valutare le vicende dello scontro tra le forze contrapposte[citazione necessaria]. Proprio questo sollevò le esplicite riserve di Lenin nei suoi confronti, manifestate nel testamento politico in cui accusava Stalin di anteporre le proprie ambizioni personali all'interesse generale del movimento. Lenin era preoccupato che il governo perdesse sempre più la sua matrice proletaria, e diventasse esclusivamente un'ala dei burocrati di partito, sempre più lontani dalla generazione vissuta tanto tempo in clandestinità prima delle rivolte del 1917. Oltretutto intravvedeva un futuro dominio incontrastato del Comitato Centrale, ed è per questo che propose nei suoi ultimi scritti una riorganizzazione dei sistemi di controllo, auspicandone una formazione prevalentemente operaia che potesse tenere a bada la vasta e nascente nomenclatura di funzionari di partito.

Stalin e Lenin, 1919
Stalin e Lenin, 1919

Nominato nel 1922 segretario generale del Comitato centrale, Stalin, unitosi a Zinov'ev e Kamenev (la famosa troika), seppe trasformare questa carica, di scarso rilievo all'origine, in un formidabile trampolino di lancio per affermare il suo potere personale all'interno del partito dopo la morte di Lenin (1924). Fu allora che nel contesto di una Russia devastata dalla guerra mondiale e dalla guerra civile, con milioni di cittadini senza tetto e letteralmente affamati, diplomaticamente isolata in un mondo ostile, scoppiò violento il dissidio con Lev Trockij, ostile alla Nuova Politica Economica e sostenitore dell'internazionalizzazione della rivoluzione. Stalin sosteneva invece che la "rivoluzione permanente" era una pura utopia e che l'Unione Sovietica doveva puntare alla mobilitazione di tutte le proprie risorse al fine di salvaguardare la propria rivoluzione (teoria del "socialismo in un Paese solo").

Trockij, sulla falsariga degli ultimi scritti di Lenin, pensava, assieme alla crescente opposizione creatasi in seno al partito (tra cui i Decei, critici del Centralismo Democratico), che ci volesse un rinnovamento democratico all'interno degli organi dirigenti, che sempre più venivano scelti su matrice non elettiva, dall'alto verso il basso, contrariamente agli spiriti che accesero la rivoluzione. Espresse queste sue posizioni al XIII congresso del partito, ma venne sonoramente sconfitto, oltretutto accusato da Stalin e dal "triumvirato" (Stalin, Kamenev, Zinov'ev) di "frazionismo", tendenza contraria alla direzione "monolitica" presa dal partito dal X congresso. Trockij venne isolato anche a causa delle norme di emergenza (prese precedentemente dallo stesso Lenin nel pieno della guerra civile sempre nell'ambito del X congresso) tese a strutturare un partito compatto, eliminando le tendenze frazionistico-scissioniste.

Le tesi di Stalin trionfarono soltanto nel 1927, quando infine il Comitato centrale si schierò sulle posizioni staliniane isolando Trockij (con il quale, nel corso del dibattito, avevano finito per associarsi anche Kamenev e Zinov'ev).

[modifica] Cenni storici: l'era staliniana

Per approfondire, vedi le voci Stalinismo e Grandi purghe.
Francobollo sovietico anni cinquanta: "La pace sconfigge la guerra". Fa parte delle raffigurazioni del dopoguerra. Sul manifesto c'è scritto: "Grazie, caro Stalin, per i nostri bambini felici". Lo scopo è far apparire Stalin come il salvatore dell'URSS dai nazisti.
Francobollo sovietico anni cinquanta: "La pace sconfigge la guerra". Fa parte delle raffigurazioni del dopoguerra. Sul manifesto c'è scritto: "Grazie, caro Stalin, per i nostri bambini felici". Lo scopo è far apparire Stalin come il salvatore dell'URSS dai nazisti.

Con il 1928 iniziò l'"era di Stalin". Da quell'anno infatti la vicenda della sua persona si identificò con la storia dell'URSS, di cui fu l'onnipotente artefice fino alla morte. Posto bruscamente termine alla NEP con la collettivizzazione forzata e meccanizzazione dell'agricoltura, soppresso il commercio privato (i kulaki arricchiti furono declassati a semplici contadini dei kolchoz o avviati a campi di lavoro), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-32) che dava la precedenza all'industria pesante. Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero e arretrato in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. Sorsero nuove città per ospitare gli operai (che in pochi anni passarono dal 17 al 33% della popolazione), mentre una fittissima rete di scuole debellava l'analfabetismo e preparava i nuovi tecnici.

Anche il secondo piano quinquennale (1933-37) diede la precedenza all'industria che compì un nuovo grande balzo in avanti; ma non altrettanto brillante fu il rendimento agricolo per cui, in concomitanza con l'entrata in vigore di una nuova Costituzione (1936), ne fu modificata la troppo rigida struttura. A quest'opera indubbiamente gigantesca corrisposero tuttavia un ferreo autoritarismo e un'implacabile intransigenza: ogni dissenso ideologico fu condannato come "complotto".

Stalin, Jakovlev (a fronte), Khruščëv e Vorošilov (a lato). Mosca, aeroporto di Tušino, 1935.
Stalin, Jakovlev (a fronte), Khruščëv e Vorošilov (a lato). Mosca, aeroporto di Tušino, 1935.

Furono le terribili "purghe" degli anni Trenta (successive al misterioso assassinio di S. Kirov) che videro la condanna a morte o a lunghi anni di carcere di quasi tutta la vecchia guardia bolscevica, da Kamenev a Zinov'ev a Radek a Sokolnikov a J. Pjatakov; da Bucharin e Rykov a G. Jagoda e a M. Tuchacevskij (1893 - 1938), in totale 35.000 ufficiali su 144.000 che componevano l'Armata Rossa [1].

Secondo le stime del KGB (1960, rese note dopo la caduta dell'U.R.S.S.) 681.692 persone vennero condannate a morte nel 1937-38 (353.074 nel 1937 e 328.018 nel 1938), 1.118 nel 1936 e 2.552 nel 1939 per reati politici. Il totale di condanne a morte politiche tra il 1930 e il 1953 è, sempre secondo queste stime, di 786.098, anche se molti storici le considerano sottostimate per diversi motivi.

Certo all'origine del bagno di sangue che spazzò via dal PCUS ogni residuo frazionismo (operazione che privò fra l'altro l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti più prestigiosi) ci fu anche l'effettivo timore di complotti e di moti reazionari.


Ammessa alla Società delle Nazioni nel 1934, l'URSS avanzò proposte di disarmo generale e cercò di favorire una stretta collaborazione antifascista sia fra i vari Paesi sia al loro interno (politica dei "fronti popolari"). Nel 1935 concluse patti di amicizia e reciproca assistenza con la Francia e la Cecoslovacchia; l'anno successivo appoggiò con aiuti militari la Spagna repubblicana contro Franco. Ma il Patto di Monaco (1938) costituì un duro colpo per la politica "collaborazionista" di Stalin che a Litvinov sostituì Vyacheslav Molotov (1939) e alla linea possibilista alternò una politica puramente realistica.

Così, di fronte alle tergiversazioni occidentali, Stalin preferì la "concretezza" tedesca (Patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939) che, secondo lui, se non era più in condizione di salvare la pace europea, poteva almeno assicurare la pace all'URSS. Una diversa interpretazione storiografica è, tuttavia, quella che vede il Patto Molotov-Ribbentrop come un tentativo di Stalin di far uscire l'URSS dall'isolamento internazionale in cui si trovava da almeno un biennio, reso palese dalla Conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 cui l'Unione Sovietica non era stata invitata. Una ulteriore interpretazione storiografica (ad esempio, quella dello storico russo marxista-leninista Roy Medvedev, che ha scritto diverse opere su Stalin) vede un Stalin in attesa degli eventi, pronto a schierarsi dalla parte del vincitore appena si fosse palesato come tale. La spartizione della Polonia (1939) e l'annessione di Estonia,Lettonia e Lituania e la guerra alla Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo le frontiere sovietiche "calde". In quegli anni la Terza Internazionale, strettamente controllata da Stalin, dopo la dichiarazione di guerra alla Germania della Francia e dell'Inghilterra, impose ai Partiti Comunisti una linea di difesa della Germania come "vittima dei regimi guerrafondai",[citazione necessaria] provocando non poco scompiglio e disorientamento tra le file dei comunisti molti dei quali erano approdati alle idee del comunismo proprio in funzione dell'anti-nazismo e dell'antifascismo [2]. La successiva guerra alla Germania (1941-1945) costituì una pagina ingloriosa della vita di Stalin. Sotto la sua guida l'URSS riuscì sì a bloccare l'attacco nazista, ma a causa delle purghe che avevano ucciso quasi tutti i vertici militari, le battaglie, seppur vinte, causarono all'esercito russo perdite per molti milioni di persone. Tra le battaglie principali si ricorda l'assedio di Leningrado e la battaglia di Stalingrado.

Più che l'apporto - diretto e notevole - alla conduzione della guerra, fu comunque estremamente significativo il ruolo di Stalin come grande diplomatico, evidenziato dalle conferenze al vertice: un negoziatore rigoroso, logico, tenace, non privo di ragionevolezza. Fu assai stimato da Franklin Delano Roosevelt, meno da Winston Churchill cui fece velo la vecchia ruggine anticomunista.

Stimò a sua volta Chiang Kai-shek ma non altrettanto Mao Zedong e solo con riluttanza smise di pensare che la Cina poteva essere governata dal Kuomintang con l'adesione dei comunisti. Il dopoguerra trovò l'URSS impegnata nuovamente su un doppio fronte: la ricostruzione all'interno e l'ostilità occidentale all'esterno, resa questa volta assai più drammatica dalla presenza della bomba atomica. Furono gli anni della "guerra fredda", che videro Stalin irrigidire ancor più il monolitismo del Partito comunista fuori e dentro i confini, di cui è espressione evidente la creazione del Cominform e la "scomunica" della deviazionista Iugoslavia.

Stalin, ormai avanti con gli anni, subì un colpo apoplettico nella sua villa suburbana di Kuntsevo la notte tra il 1 e 2 marzo 1953, ma le guardie di ronda davanti alla sua camera da letto, pur se allarmate dalla sua mancata richiesta del pasto notturno (una delle tante abitudini del dittatore), non osarono forzarne la porta blindata fino alla mattina dopo, quando Stalin era già in condizioni disperate: metà del corpo era paralizzata, ed aveva perso l'uso della parola. Morì all'alba del 5 marzo, dopo che i suoi fedelissimi avevano sperato fino all'ultimo un miglioramento delle sue condizioni.

Il suo funerale fu imponente. Il corpo, dopo essere stato imbalsamato e vestito in uniforme, fu solennemente esposto al pubblico nella Sala Delle Colonne del Cremlino (dove era già stato esposto Lenin). Almeno un centinaio di persone morirono schiacciate nel tentativo di rendergli omaggio. Fu sepolto accanto a Lenin nel mausoleo sulla Piazza Rossa.

Quando Stalin morì, la sua popolarità come capo del movimento di emancipazione delle masse oppresse di tutto il mondo era ancora intatta: ma bastarono tre anni perché al XX Congresso del PCUS (1956) il suo successore, Nikita Khruščёv, denunciasse i crimini da lui commessi contro gli altri membri del partito dando il via al processo di "destalinizzazione". Primo provvedimento di tale nuova politica fu la rimozione della mummia di Stalin dal Mausoleo di Lenin, accanto al quale il dittatore era stato deposto subito dopo la morte: le autorità non poterono tollerare la vicinanza di un tale sanguinario a quella di una mente così illustra. Da allora egli riposa in una tomba poco distante, sotto le mura del Cremlino.

Tra le opere di Stalin hanno notevole importanza ideologica e politica: La questione nazionale (1912); Materialismo dialettico e materialismo storico (1938); Questioni del leninismo (1941); Il marxismo e la linguistica (1950).

[modifica] Il tributo di sangue

Stalin e i suoi collaboratori sono considerati dalla maggioranza degli storici responsabili diretti o indiretti della morte di un numero di persone compreso tra i venti e i sessanta milioni. Queste sono decedute non solo in conseguenza del terrorismo di stato praticato durante il regime staliniano (e concretizzatosi nelle deportazioni di massa e nelle purghe politiche), ma anche per via delle carestie avutesi sotto il suo governo e (tra cui l'Holodomor) dell'alta mortalità nei campi di lavoro dell'URSS. In particolar modo, secondo Aleksandr Yakovlev, ex collaboratore di Stalin e direttore della Commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni (creata dal presidente Eltsin nel 1992), i morti causati dal dittatore furono oltre 20 milioni. Tuttavia, non tutti gli studiosi sono concordi sul numero delle vittime staliniane ed il dibattito in materia è ampio.

Gli archivi sovietici riferiscono che durante la dittatura furono eseguite 786,098 condanne a morte, di cui 681,692 negli anni 1937 e 1938, nel periodo delle cosiddette "grandi purghe".

Tra le persone giustiziate, solo in Georgia se ne ebbero circa 80.000 nel 1921, 1923–24, 1935–38, 1942 e 1945-50. Nelle circa 800.000 condanne alla pena capitale eseguite sono altresì ricomprese le vittime del Massacro di Katyn (il 5 marzo 1940 Stalin e altri alti funzionari sovietici firmarono l'ordine di esecuzione di 25.700 cittadini polacchi, tra cui 14.700 prigionieri di guerra catturati durante l'invasione perpetrata dall'URSS alla Polonia nel 1939 assieme alla Germania nazista), ma non l'omicidio di Lev Trockij, perpetrato il 20 agosto 1940 su ordine di Stalin da un agente dell'NKVD.

Tuttavia non tutte le condanne a morte sentenziate vennero eseguite.

Stando agli archivi, tra il 1921 e il 1954 si ebbero oltre 42 milioni di persone arrestate e deportate nei gulag, molte delle quali per reati comuni. In questa cifra sono ricomprese le circa 2.400.000 persone che furono arrestate e deportate in massa nei compi di concentramento per "reati contorivoluzionari" puniti ai sensi dell'articolo 58 (codice penale della RSFSR): tra i reati controrivoluzionari più frequenti vi erano l'incitamento a sovvertire od indebolire lo Stato, l'attività sovversiva e l'apologia di capitalismo. Spesso,l'arresto e la deportazione nei gulag avvenivano solo in base a sospetti, senza alcuna prova od altro riscontro nella realtà. Gli archivi riportano che dei deportati circa 1.700.000 persone morirono nei campi di concentramento (principalmente si trattava di ex ufficiali destituiti da Stalin).

Alle condanne a morte eseguite e ai morti nei gulag, sempre stando agli archivi, vanno aggiunti 389.000 kulaki, morti durante la loro deportazione forzata da parte di Stalin.

Secondo gli archivi dunque, Stalin è responsabile della morte di circa 3.000.000 di persone.

Molti ritengono tuttavia le cifre fornite dagli archivi sovietici incomplete ed approssimative.

Tra questi, lo storico e demografo russo Erlikman afferma che le condanne a morte eseguite furono 1.500.000 e non 786,098 e che i morti nei campi di concentramento amministrati dal Gulag ed in prigione furono 5 milioni (considerando i 700.000 morti nei campi di lavoro tra il 1922 e il 1929) e non 1.700.000 circa.

Erlikman afferma inoltre che le deportazioni (che coinvolsero un totale di 7.500.000 persone) causarono 1.700.000 morti (e non 389.000). In sostanza, lo studioso considera Stalin responsabile della morte di circa 8.500.000 persone, considerando anche un milione di civili e prigionieri stranieri morti a causa dell'Armata Rossa durante tra il 1919 ed il 1924.

[modifica] l'Holodomor

« lo sterminio di massa pianificato appositamente dal regime totalitario comunista dell'epoca ha causato la morte di una cifra oscillante tra i 7 e 10 milioni di uomini, donne e bambini innocenti, cioè di circa un quarto della popolazione ucraina dell'epoca »
(estratto della dichiarazione del ministro degli esteri ucraino Boris Tarasiuk all'ONU nel 2006, in occasione della vigilia della sessantunesima sessione dell'Assemblea Generale)

Molti studiosi e paesi, tra cui l'Italia e l'Ucraina, considerano Stalin responsabile del cosiddetto Holodomor, basandosi su numerosi documenti degli archivi sovietici che ne testimonierebbero la pianificazione per parte staliniana. Secondo questa tesi, peraltro contestata da alcuni stati e ricercatori, il dittatore avrebbe provocato dolosamente, rendendosi pertanto artefice di quello che viene considerato un tentato Genocidio, una lunga carestia in Ucraina, causando la morte per fame di un numero di Ucraini stimato tra le 1.540.000 (stando agli archivi sovietici, che segnalano questi decessi come "morti in eccesso") e le 10.000.000 persone.

Nei primi anni trenta, a fronte di un periodo di raccolti magri nella Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina (federata con la Russia nell'URSS), il governo russo aveva fissato per quella repubblica quote di raccolto (ogni anno i villaggi dovevano consegnare una parte del raccolto allo Stato) enormemente più alte rispetto al passato (e a quelle pretese dalle altre repubbliche federate), ordinando la requisizione forzata del raccolto da parte della polizia politica se non si fosse raggiunta la quota prescritta.

Tale politica ridusse in breve tempo la popolazione ucraina alla fame, provocando milioni di decessi e il sorgere spontaneo in molti luoghi del cannibalismo (molti Ucraini, non potendo ripiegare su altro, si ridussero a cibarsi della carne delle persone morte per inedia).

Emblematica, in un simile contesto, è la direttiva del Comitato Centrale del partito comunista sovietico del 22 gennaio 1933, che proibì l'esodo dei contadini affamati dalle loro terre, condannandoli di conseguenza alla morte per fame.

« Il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo sono stati informati in merito ad un esodo di massa in corso nelle zone del Kuban e dell'Ucraina da parte di contadini alla ricerca "di pane" che si dirigono nelle zone del Volga, della provincia di Mosca, nel Caucaso ed in Bielorussia. Sia il Comitato centrale del partito comunista sovietico che il Soviet dei commissari del popolo non dubitano minimamente che si tratti di un atto simile a quello dell'anno scorso avvenuto in Ucraina e pianificato da nemici del potere sovietico ed agenti polacchi allo scopo di organizzare agitazioni "attraverso i contadini" nelle zone settentrionali dell'Unione Sovietica contro i kolchoz e soprattutto contro il potere sovietico. L'anno scorso sia gli organi di partito che quelli della polizia militare ucraina non si sono rivelati in grado di opporsi a questo atto contro-rivoluzionario organizzato nei confronti del potere sovietico. Quest'anno non verranno in nessun modo tollerati errori del genere.

Per tanto il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica ordinano alle autorità di polizia militare del Caucaso del Nord e dell'Ucraina di contrapporsi all'esodo di massa dei contadini locali in altre zone. Il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica ordinano altresì alle autorità di polizia militare della provincia di Mosca, della Bielorussia e del Volga innanzitutto di arrestare sul posto i contadini ucraini e caucasici che in qualche modo siano già riusciti a penetrare nei territori soprindicati e, in secondo luogo, una volta che gli elementi controrivoluzionari siano stati individuati, provvedere al rientro di tutti gli altri nei rispettivi luoghi di residenza.

Il presidente del Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica,

V.M. Molotov

Il segretario generale del Comitato centrale del partito comunista dell'Unione Sovietica,

I.V. Stalin »

Dell'Holodomor, tra le numerose testimonianze, rimangono le toccanti missive scritte dai contadini ucraini ai propri parenti arruolati nell'Armata Rossa, nessuna delle quali giunsero ai rispettivi destinatari, in quanto venivano intercettate dalla censura militare affinché le voci relative a ciò che stava effettivamente accadendo nelle zone colpite dalla carestia non si diffondessero per tutto il paese. Tra queste si segnalano:

  • dalla lettera scritta ad un artigliere dalla sorella residente a Krylovskaja, provincia di Rostov.
« Non ti puoi nemmeno immaginare l'orrore che stiamo vivendo al paese. La gente sta morendo di fame e quando qualcuno entra in casa per chiedere un pezzo di pane se non glielo dai rischi che ti taglino il collo. Se vedessi quante persone affamate, ammalate e gonfie dalla fame ci sono adesso...è una cosa spaventosa. La gente è affamata sino al punto che mangia carne di cavallo putrefatta. »
  • dalla lettera scritta dai genitori al soldato dell'Armata Rossa Yurcenko da Novo-Derevjanovskaja, Caucaso del Nord.
« Quanta gente muore di fame; i cadaveri giacciono fino a 5 giorni lungo le strade senza che nessuno si preoccupi di sotterrarli. La gente ha fame, le forze per scavare le fosse non le ha più. Fa paura persino a guardare chi è ancora vivo...le facce stravolte, gli occhi piccoli e prima della morte il gonfiore diminuisce, diventando di un colore giallastro. Non sappiano che ne sarà di noi, ci attende la morte per fame... »

[modifica] Le teorie demografiche riduttive delle vittime staliniane

Vi è chi adduce analisi demografiche per contenere il numero delle vittime staliniane, negando che esse siano state statisticamente rilevanti sulla base del confronto tra i censimenti della popolazione.

Secondo costoro è opportuno fare il seguente ragionamento. La popolazione dell'URSS era di 208.827.000 persone stando al censimento del 1959. Invece, la popolazione della Russia nel 1913 era di 159.153.000 persone: da questa cifra sono stati esclusi gli abitanti di quei territori che nel 1913 erano russi ma che non lo erano più nel 1959. Confrontando i due censimenti, emerge che l'incremento annuale della popolazione nell'arco di tempo tra il 1913 ed il 1959 è dello 0,60%. Confrontando i dati relativi all'incremento demografico annuo nel periodo considerato delle maggiori nazioni del tempo (riportati in pedice al paragrafo) risulterebbe che la popolazione russa, nonostante le vittime avutesi nelle due guerre mondiali (oltre 30 milioni) abbia avuto un aumento annuale del 50% superiore agli altri stati menzionati. In base a questo ragionamento, gli studiosi che hanno elaborato tali analisi ritengono che non si possa attribuire all'azione staliniana vittime per decine di milioni.

Tuttavia, tali studi non prendono in considerazione il fatto che l'URSS potette avvalersi tra il 1939 ed il 1947 di numerosi incrementi territoriali e che gli abitanti dei relativi territori (diverse decine di milioni) furono annoverati nei censimenti assieme agli altri cittadini sovietici, mascherando così parzialmente decrementi demografici avutesi precedentemente.


Crescita della popolazione, in migliaia[3]

Paese 1920 1960 Aumento annuo
Regno Unito 43718 52559 0,46%
Francia 38.750 45.684 0,41%
Germania 61.794 72.664 0,41%
17.241
2.199
53.224
URSS 159.153 208.827 0,60%

[modifica] Il Ruolo di Stalin nella nascita dello Stato Ebraico

Questa voce è di parte

Questa voce di storia è ritenuta non neutrale: per contribuire, partecipa alla discussione.
Motivo: La trattazione di questo paragrafo è imprecisa e tendenziosa, non cita le fonti ed espone affermazioni false con l'intento di fornire una falsa e parziale versione dei fatti storici (ad es. Furono gli Stati Uniti il primo stato a riconoscere Israele, 11 minuti dopo la sigla della dichiarazione d'indipendenza [2]) Vedi anche: Progetto storia Portale storia Segnalazione di G.Parente

Stalin ha ricoperto un ruolo fondamentale nella nascita dello Stato di Israele. I primi contatti ufficiali fra gli emissari di Stalin e i rappresentanti della comunità ebraica internazionale ebbero luogo il 3 Febbraio 1941, quando l'Ambasciatore Sovietico a Londra incontrò il Presidente della Organizzazione Mondiale Sionistica Haim Weizmann e futuro primo presidente d'Israele. Sembra che nella prima riunione si parlò d'affari: Weizmann propose uno scambio commerciale di arance in cambio di pellicce. L'affare non andò in porto, ma i contatti fra i due rimasero[citazione necessaria].

L'atteggiamento dell'Unione Sovietica verso i sionisti cambiò radicalmente dopo l'invasione tedesca. Prima di quella data, L'URSS e il suo governo era fortemente ostile agli ebrei e ai loro interessi[citazione necessaria]. Alla fine del 1941 a Mosca si costituisce il Comitato antifascista ebraico. Il Comitato lancia diversi proclami agli ebrei di tutto il mondo per unirsi e far unire i propri governi alla lotta contro Hitler. Si ritiene che l'ispiratore fosse Stalin e lo scopo fosse di impressionare gli Stati Uniti. Il Comitato Ebraico raccolse 45,000,000 USD fra la comunità ebraica internazionale da devolvere all'Unione Sovietica[citazione necessaria]. Ma lo scopo principale del Comitato era quello di sensibilizzare l'opinione pubblica, e il governo, degli Stati Uniti, fermamente anti-interventisti[citazione necessaria].

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il dialogo fra l'Unione Sovietica e i leaders ebraici continuò. Unione Sovietica di Stalin fu l'unico paese che fornì fin da subito l'appoggio politico agli ebrei della Palestina[citazione necessaria]. La Gran Bretagna vendeva le armi agli arabi[citazione necessaria]. Gli arabi inoltre pagavano mercenari bosniaci musulmani ed ex soldati delle disciolte SS per terrorizzare la popolazione ebraica[citazione necessaria]. Per decisione di Stalin gli ebrei della Palestina hanno iniziato a ricevere armi dall'Unione Sovietica tramite la Cecoslovacchia[citazione necessaria]. Furono consegnati anche aerei tedeschi ed altri trofei di guerra. Secondo un documento reso pubblico dalla CIA, la CIA in quel periodo propose di abbattere gli aerei che portavano armi sovietiche agli ebrei[citazione necessaria]. La proposta non fu fortunatamente accolta. L'appoggio politico e militare sovietico fu fondamentale nella fase della formazione dello stato di Israele[citazione necessaria].

Secondo la testimonianza di Sudopolatov[citazione necessaria], Stalin prima delle votazione all'ONU per la nascita dello stato ebraico disse: "Concordiamo con la nascita dello Stato di Israele. Sarà una spina nel sedere degli stati arabi, e allora cercheranno un'alleanza con noi."[citazione necessaria]. In originale:"Давайте согласимся с образованием Израиля. Это будет шило в заднице для арабских государств, и тогда они станут искать союза с нами". L'Unione Sovietica fu il primo stato a riconoscere Israele[citazione necessaria]. Già nel 1948 ci fu però una prima rottura fra Stalin e il nuovo stato ebraico, che culminò - dopo alterne vicende - alla rottura diplomatica fra l'URSS e Israele nel 1953 a seguito del esplosione di una bomba nella sede diplomatica sovietica in Israele. Le relazioni diplomatiche furono ristabilite dopo la morte di Stalin.

La rottura con lo Stato di Israele concise con una nuova fiammata di antisemitismo all'interno del URSS. Proprio a quel periodo risale la fase più acuta di lotta al cosmopolitismo e il cosiddetto Complotto dei Medici. Sette dei dodici accusati erano ebrei[citazione necessaria], e secondo diversi storici[citazione necessaria] precedevano una grande deportazione degli ebrei sovietici, evitata con la morte di Stalin.

Fonti: Леонид Млечин. «Зачем Сталин создал Израиль? (Perché Stalin ha creato Israele?»: Эксмо, Яуза; Москва, Mosca edizioni Eksmo; 2005 ISBN 5-699-08094-5. "День в истории: 53 года назад СССР разорвал отношения с Израилем (I giorni della Storia: 53 anni di relazioni fra URSS e Israele" http://www.newsru.co.il/arch/israel/12feb2006/day_12f.html;
Brown, Philip Marshall. "The Recognition of Israel", American Journal of International Law, Vol. 42, No. 3 (Jul. 1948), p. 620

[modifica] Famiglia

[modifica] Mogli

[modifica] Figli

  • Jakov Džugašvili (1907 - 1943), avuto dalla prima moglie, morto prigioniero dei tedeschi nel 1943
  • Vassilly Džugašvili (1921 - 1962), avuto dalla seconda moglie, morto per eccessi di alcool nel 1962
  • Svetlana Alliluyeva (1926 - ), avuto dalla seconda moglie, andata negli USA nel 1967, vivente
  • Kostantin Džugašvili (1912?) avuto da una donna durante la prigionia

[modifica] Curiosità

  • Stalin era alto solo 1,60 m. era butterato di viso e aveva il braccio sinistro leggermente più corto del destro e semiparalizzato;
  • Lo psichiatra russo Vladimir Bekhterev nel 1927 visitò Stalin e gli diagnosticò una sindrome paranoide, poco tempo dopo morì in circostanze non chiarite.

[modifica] Stalin nella cultura popolare

Una frase erroneamente attribuita a Stalin è "La morte di un uomo è una tragedia, la morte di milioni è statistica" che si ritiene detta da Churchill alla Conferenza di Potsdam del 1945. In realtà la frase, che Stalin non ha mai pronunciato, è tratta da un romanzo di Erich Maria Remarque L'obelisco nero (1956).

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

[modifica] Note

  1. ^ nel 1937 da "Stalinist terror - New Perspective" Capitolo 9 "The Red Army and the Great Purge" (AA.VV. il capitolo in questione di R. R. Reese)
  2. ^ Si vedano a questo proposito le testimonianze di due comunisti italiani: Aldo Natoli e Pietro Ingrao [1]
  3. ^ Народонаселение стран мира / Под ред. Б.Ц.Урланиса. М.: "Статистика". 1974
  4. ^ Robert Conquest. cap.6 in "Stalin. La Rivoluzione, il Terrore, la Guerra". (in Italiano) Milano, Mondadori, febbraio 2003. pag.87 ISBN 88-04-51329-2.
    «Nel marzo 1918 (...) Mosca tornò a essere la capitale. Stalin portò con sé la sua segretaria sedicenne Nadežda Allilueva, con cui doveva sposarsi l'anno successivo.».

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Presidente dell'Unione Sovietica Successore:
Vladimir Lenin 1924 - 1953 Georgij Malenkov I
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Predecessore: Segretario generale del PCUS Successore:
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Predecessore: Premier dell'Unione Sovietica Successore:
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Predecessore: Presidente del Comitato di Difesa dello Stato Successore:
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