Stalinismo
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Il termine stalinismo, in senso stretto, indica la politica di Stalin nel periodo in cui fu a capo dell'URSS, dal 1924 al 1953. In parte questo termine è stato usato impropriamente come sinonimo di comunismo ma di fatto ebbe alcune profonde peculiarità che lo distinguono dalla linea politica di altri teorici comunisti stranieri (ad esempio Rosa Luxemburg), sia dal suo predecessore Lenin, dal quale pure lo stalinismo ha avuto origine (v. leninismo).
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[modifica] Leninismo e stalinismo
Mentre la direzione del partito comunista russo fino alla morte di Lenin era a carattere collegiale, sia pure nell'ambito di un partito fondamentalmente autocratico e basato su meccanismi cooptativi e continue epurazioni [1], sotto Stalin si caratterizzerà come "dittatura di un uomo solo", dittatura di un uomo sull'apparato, sul partito, e infine sul paese e su tutto il movimento operaio internazionale. La destalinizzazione, dovuta principalmente all'opera di Nikita Khruščёv, intendeva ripristinare la "legalità socialista" violata da Stalin, e cioè il ritorno ai metodi collegiali anteriori, e che effettivamente Khruščёv mise in atto.
Stalinisti furono anche definiti alcuni regimi di paesi socialisti che si opposero alla destalinizzazione, quali la Cina di Mao, la Corea del Nord, l'Albania, che modificarono intiepidendo i loro rapporti con l'URSS a seguito della destalinizzazione.
[modifica] Stalinismo in senso lato
In un senso più largo il termine stalinismo indica spesso una visione, o se si vuole, una trasformazione delle idee del marxismo e del movimento operaio in modo da creare una rigida, e piuttosto elementare, dottrina del mondo e della storia, una visione filosoficamente platonica ("oggettiva") del realismo, e la sussunzione sistematica di ogni accidente o compromesso, anche di natura più temporanea, sotto categorie teoretiche, allo scopo di fornirne una giustificazione in termini dottrinari e ideologici. Sotto Stalin, cresciuto in un seminario ortodosso, anche l'ateismo viene esercitato come una religione, che si controppone in modo incompatibile alle altre religioni (demolizioni di chiese, messa fuori legge dei sacerdoti e delle pratiche religiose). In questa accezione il termine stalinismo acquista una connotazione più culturale che politica. Questo è ad esempio il significato con il quale il termine viene applicato talvolta anche a partiti, idee, personalità, che in senso stretto, politico, tali non possono definirsi. E sempre in questo senso, l'atteggiamento e l'azione del destalinizzatore Khruščёv di fronte alla rivoluzione ungherese del '56 sono stati anche definiti come stalinisti. In questa accezione stalinista è spesso usato come un epiteto negativo, con un senso politico e culturale più che storico.
[modifica] L'opposizione allo stalinismo
All'ascesa di Stalin nel controllo totale del Partito comunista russo l'unico che si oppose con continuità e coerenza, sia pure inefficacemente, fu il suo principale rivale alla successione di Lenin, cioè Lev Trockij. A differenza di Trockij, che riteneva che la rivoluzione socialista avesse senso solo in una prospettiva planetaria e globale (la teoria della "rivoluzione permanente") e con una democrazia totale dei lavoratori diretta e partecipata, Stalin riteneva che si dovesse accettare l'idea di un "socialismo in un solo paese", anche se capitalisticamente arretrato come la Russia, guidato da un apparato di partito autocratico e totalmente fuori del controllo democratico della società civile. Trockij costituisce quella che verrà poi definita "oppozione di sinistra" a Stalin. La "opposizione di destra" (Kamenev, Zinoviev), che si contappoeva con motivazioni meno fondamentali, finirà tutta per cedere ed allinearsi, mentre Trockij prenderà la via dell'esilio per finire assassinato per mano di un sicario di Stalin in Messico nel 1940.
[modifica] Lo stalinismo in Unione Sovietica
Il corso politico di Stalin può essere caratterizzato da vari elementi. Anzitutto una feroce repressione del dissenso politico, reale o anche solo potenziale, iniziata con le Grandi purghe del 1935-1936, "l'eliminazione dei kulaki (contadini benestanti) come classe", operazione svolta con mezzi fondamentalmente militari, potenziamento dell'esercito e deportazioni dei gruppi sociali o nazionali "ostili" o potenzialmente tali nei terribili campi di concentramento sovietici (Gulag), nei quali confluiranno poi anche molti prigionieri di guerra. In seguito Stalin si produsse in una sistematica eliminazione di tutto ciò che potesse in qualche modo mettere in discussione il suo ruolo, o semplicemente - anche solo potenzialmente - fargli ombra. Inoltre, per assicurarsi sicuri appoggi, eliminò progressivamente ogni rappresentante di quella che di volta in volta poteva essere considerata una "vecchia guardia", sia politica sia professionale, allo scopo di sostituirla con elementi nuovi, da lui promossi, e pertanto a lui grati e fedeli. Per questo procedette ad una epurazione massiccia della stessa Armata Rossa, promuovendo giovani quadri ed ufficiali, sulla base di requisiti di fedeltà più che di capacità, a scapito degli elementi più esperti, ma per questo motivo più potenzialmente autonomi. È condivisa l'opinione (espressa nei suoi scritti su Stalin, ad esempio, da Roy Medvedeev) che agli esiti di questa operazione , oltre a specifici errori di Stalin, si debba la relativa facilità con la quale le armate tedesche penetrarono profondamente nel territorio sovietico nel corso dell'Operazione Barbarossa nonostante il preavviso a Stalin fornito dalla spia sovietica presso i tedeschi Richard Sorge. Allo scopo di allestire i processi (purghe) venivano utilizzate false accuse (spionaggio verso paesi stranieri, trockijsmo, frazionismo, in arte "formalismo", deviazionismo, cosmopolitismo, ecc.) che spesso venivano confermate dagli stessi interessati, per un malinteso senso di fedeltà alla causa e al partito, o nella speranza di essere giustiziati ponendo così rapidamente fine alle sofferenze date dalle torture.
Altro elemento che caratterizza il corso politico di Stalin è il recupero del nazionalismo panrusso, l'ostilità verso il "cosmopolitismo" e, in genere, contro ogni tendenza che subordinasse l'interesse nazionale, inteso nel senso più tradizionale, ad interessi più generali, anche se rivoluzionari o internazionalisti.
Sotto il governo di Stalin la Čeka, poi trasformata in NKVD (Commissariato del popolo per gli affari interni), la temuta polizia segreta sovietica, raggiunse l'apice del suo potere. Tuttavia neanche essa era dotata di un potere indipendente, e lo stesso suo capo Nikolaj Ivanovič Ežov, così importante da dare per il periodo del suo apogeo il nome alle purghe (chiamate allora in URSS ezovcine), finì vittima a sua volta di una purga. Vi sono testimonianze [2] che Stalin si fosse dotato di una rete di informatori del tutto autonoma, personale, che egli utilizzava, alla bisogna, contro i dirigenti da lui stesso favoriti e nominati.
Per questi motivi, una volta conosciuta la realtà del suo regime, lo stalinismo è diventato sinonimo di terrore e oppressione. Fu appunto Nikita Khruščёv, salito al potere dopo la morte del dittatore dopo essere riuscito a sbarazzarsi dell'erede putativo di Stalin, Lavrentij Berija, arrestandolo con un trabocchetto, a denunciare per primo i crimini di Stalin, definendoli "violazioni della legalità socialista".
[modifica] Critiche allo stalinismo
Alcuni giudicano il regime di Stalin, lo stalinismo politico, come una degenerazione patologica del comunismo. Lo stesso Partito Comunista Italiano, sia pure in epoca molto posteriore ai fatti, assunse questa posizione. Questo non ha impedito ad alcuni dirigenti (come nel caso, tardivo, di Palmiro Togliatti) di operare dei distinguo, separando l'azione politica di Stalin dalla sua dottrina, criticando la prima ma salvando la seconda. I sostenitori della visione dello stalinismo politico come degenerazione che si oppone all'epoca di Lenin portano le seguenti ragioni:
- lo stalinismo ha tratto teoricamente origine dal leninismo ma già Lenin aveva previsto che la gestione del partito sotto Stalin avrebbe potuto degenerare. «Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza» (Testamento di Lenin )
- è stato calcolato che solo nel biennio 1937-1938 il numero di vittime della repressione ammontò a 40mila al mese, dei quali molti avrebbero dovuto essere considerati proletari, la classe rivoluzionaria secondo i comunisti.
- disse Khruščёv: «gli stessi membri del Politburo avevano paura di essere convocati da Stalin: non sapevano mai che cosa poteva loro capitare!». Delle 31 persone tra coloro che entrarono nei Politburo di Lenin e Stalin (1919-1938) effettivamente solo sei sopravvissero a Stalin (Andreev, Kaganovich, Krusciov, Mikojan, Molotov, Voroscilov). Degli altri 25: 19 furono fucilati, 2 si suicidarono e solo 4 morirono di morte naturale.
Questo è stato il tipico approccio di una certa "ortodossia" abbastanza diffusa nei partiti comunisti occidentali, dopo la destalinizzazione. I sostenitori della visione secondo la quale invece il regime di Stalin trae origine dalle concezioni populiste verso le quali Lenin stesso indulse, e quindi, che si trattò di una degenerazione nel senso di estremizzazione, portano invece le seguenti ragioni:
- Stalin si impadronì di un partito oramai divenuto a sua volta totalmente padrone del quadro politico, senza reali riferimenti sociali, senza iterlocutori né opposizone, sostituitosi ormai allo stato, dopo la distruzione di ogni opposizone politica e dei soviet, suggellata definitivamente dalla repressione di Kronstadt.
- Lo stesso Trockij non riuscì ad opporsi efficacemente alla irresistibile ascesa del tiranno perché non seppe mai liberarsi del mito del partito, all'interno del quale la sua lotta politica restò sempre confinata, e non si rivolse mai alla società civile per un malinteso spirito di disciplina (anche esso fortemente derivato dalle idee del populismo russo). In ogni caso nella società civile, anche per responsabilità dello stesso Trockij, era stata fatta terra bruciata e non esistevano probabilmente più forze in grado di opporsi.
- La "teoria del socialismo in un solo paese", un ossimoro secondo le concezioni allora correnti del movimento operaio internazionale, dei movementi rivoluzionari europei e perfino di quelli russi, era lo sbocco inevitabile di una "rivoluzione proletaria senza proletariato" e cioè, in ultima analisi, di una "non rivoluzione" per quanto spacciata come tale.
A questa visione possono essere ascritti critici della prima ora dello stalinismo, quali Boris Souvarine, critici di matrice socialista e in parte, salvo forse per le critiche a Trockij, di una parte del trockijsmo. È in buona sostanza se non esplicitamente condivisa, almeno sottesa all'opera di molti degli storici che si sono occupati della Russia nel '900 e dell'Unione sovietica, quali ad esempio in Italia Piero Melograni, in Francia Hélène Carrère d'Encausse.
[modifica] Vittime
Ai nomi eccellenti vittime delle Grandi purghe occorre aggiungere milioni di persone anonime le cui storie sono state raccontate da Aleksandr Solženicyn nel suo Arcipelago Gulag. Lo stesso Solženicyn in un discorso pubblico tenuto a New York il 30 giugno 1975, pochi mesi dopo il suo esilio affermò:
- Secondo il calcolo degli specialisti, basati sulle statistiche più precise ed obiettive, nella Russia prerivoluzionaria, durante gli 80 anni precedenti alla Rivoluzione, gli anni dei movimenti rivoluzionari (quando ci furono attentati contro la stessa vita dello Zar, l'assassinio di uno Zar e la rivoluzione), durante quegli anni furono giustiziati in media 17 persone l'anno. La famosa Inquisizione spagnola, nella decade in cui la persecuzione raggiunse il culmine, fu causa della morte di una decina di persone al mese. In Arcipelago Gulag cito un libro, pubblicato dalla Čeka nel 1920, che rende conto orgogliosamente del lavoro rivoluzionario svolto tra il 1918 ed il 1919 scusandosi del fatto che i suoi dati erano incompleti. Nel 1918 e 1919 la Čeka assassinò, senza processo, più di mille persone al mese. Il libro fu scritto dalla stessa Čeka, prima che comprendesse come sarebbe stato visto dalla storia.
- Nel massimo del terrore staliniano, nel 1937-1938, se dividiamo il numero di persone assassinate per il numero di mesi, il risultato ci dà 40mila persone al mese. Queste sono le cifre: 17 l'anno, 10 al mese, più di mille al mese, più di 40mila al mese.
Un calcolo approssimativo (Deutscher)[citazione necessaria] dice che Stalin assassinò non meno di un milione e mezzo di comunisti e circa 15 milioni di cittadini sovietici a vario titolo. Tra le vittime vanno inclusi coloro che furono spinti al suicidio o la cui morte venne ufficialmente dichiarata per suicidio, fra cui tutta l'intellettualità prerivoluzionaria appartenente sia al campo bolscevico sia ad altri settori della politica, della scienza e della cultura.
Rudolph Joseph Rummel [3] stima in quasi 62 milioni i morti causati dal governo sovietico (39 milioni nei gulag), a titolo di paragone con i dati forniti da Solženitsyn, indica che furono circa un milione i morti causati dalla Russia zarista nei diciassette anni prima della rivoluzione e che l'inquisizione spagnola nei quindici anni di Tomás de Torquemada mandò al rogo circa diecimila persone e ritiene possibile che nello stesso periodo ne morirono in carcere per le torture e le privazioni altre centoventicinquemila.
[modifica] Note
- ^ Lenin, Che fare
- ^ Žores Medvedeev, Roy Medvedeev Stalin sconosciuto, Feltrinelli
- ^ http://www.hawaii.edu/powerkills/welcome.html
[modifica] Voci correlate
- Mosca 1937 di Lion Feuchtwanger
- Taccuino del propagandista
- Tempi Torbidi
- Pëtr Kropotkin
- Destalinizzazione
- Grandi purghe
- Vittime di Stalin
- Nikita Khruščёv
- XX Congresso del PCUS
- Storia dell'Unione Sovietica (1922-1953)
- Seconda guerra mondiale
- Guerra Fredda (1947-1953) e sue origini
- Boris Souvarine
- Socialismo in un solo paese
[modifica] Collegamenti esterni
- Portale Comunismo: accedi alle voci di Wikipedia che parlano di comunismo