Dialetto di Ariccia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il dialetto ariccino è un dialetto parlato nella cittadina di Ariccia, ai Castelli Romani. Fa parte dei dialetti dei Castelli Romani.
Il dialetto di Ariccia è una forma originale fra tutti gli idiomi presenti nel territorio dei Castelli Romani. Nel 1999 Mario Leoni (n. Ariccia 1935) ha potuto raccogliere in un volume (Il dialetto di Ariccia) esempi della lingua originale e modificata negli ultimi decenni facendo leva sui ricordi della popolazione anziana del paese. Attualmente è ancora una lingua viva anche se ha subito innumerevoli mutazioni dovute anche alle attualizzazioni dei nostri tempi. La differenza esistente tra il dialetto di Ariccia e i dialetti dei paesi confinanti, come Albano Laziale e Genzano, è dettata dall'isolamento geografico del borgo. Isolamento in parte superato con la costruzione di una serie di ponti voluti da Gregorio XVI e successivamente da Pio IX. Di fatto questo relativo isolamento ha inciso in modo profondo nel dialetto tanto che nette sono le differenze tra la parlata di Ariccia e quella dei paesi vicini. Gli avvenimenti che hanno influito in maniera determinante sul dialetto possono essere ricordati con quanto segue: dopo le invasioni barbariche, superato il periodo dell'alto Medio Evo, si ricomincia a parlare di Ariccia tanto che sull'acropoli sorse una chiesa collegiata a tre navate fatta però abbattere da Papa Alessandro VII nel 1665. La decadenza arriva in modo decisivo con la cattività avignonese; la lontananza dei Papi da Roma ridusse la campagna romana in una landa desolata. Ariccia ne ebbe un colpo mortale tanto che all'inizio del secolo XV era "destructa et inhabitata". La cittadina si riebbe parzialmente con l'acquisto che di essa ne fecero i Savelli nel 1473 mediante la permuta con il Castello di Borghetto ceduto al Monastero di Grottaferrata. I Savelli provvidero a ricostruire il borgo e a riorganizzare la vita civile con la concessione ai propri Terrazzani (così si chiamavano gli abitanti, quasi tutti contadini) di uno Statuto che sarà rinnovato nel 1610. Non si hanno notizie di ripopolamenti fatti dai Savelli che pure debbono esserci stati; purtuttavia Ariccia continua ad essere paese scarsamente abitato, tanto che nel 1560 contava circa 500 abitanti e 800 nel 1597. I nuovi abitanti si presume fossero arrivati dai feudi di proprietà dei Savelli e cioè Aspra, Palombara Sabina, Rignano, Cretone. Deduzione ancor più logica se pensiamo che i dialetti dei possedimenti dei Savelli vicini ad Ariccia (Albano e Castel Gandolfo) hanno molto in comune ma si discostano nettamente da quello dei paesi della cerchia Nord, Nord-Est quali Marino, Frascati, Rocca di Papa, Nemi, Genzano e Lanuvio. Il Lorenzetti nel suo "I dialetti dei Castelli Romani: ipotesi sull'origine delle differenze", per primo avanza l'ipotesi della doppia suddivisione dei Castelli Romani comprendendo Albano, Ariccia e Castel Gandolfo fra quelli che hanno dal punto di vista linguistico condizioni più vicine al romanesco. Sicuramente però molte famiglie sia della Tuscia e dell'Umbria ma specialmente delle Marche emigrarono ad Ariccia apportando, tra l'altro, diverse parlate che si sovrapposero al sostrato savelliniano. I Chigi, subentrati ai Savelli nel dominio di Ariccia nel 1661, si videro costretti ad emanare un bando per ripopolare la cittadina, promettendo, a chi venisse ad abitarvi, larghe agevolazioni fiscali. Da allora il dialetto è stato una continua creazione e modificazione della parlata delle generazioni precedenti. È anche vero che la genuinità del dialetto ariccino è persa per sempre con l'avvento dei mass-media; si assiste sempre più ad una sovrapposizione del romanesco, specialmente quello televisivo, sull'originario dialetto, tanto che è sempre più difficile distinguere l'uno dall'altro.
[modifica] Bibliografia
- Mario Leoni, Il dialetto di Ariccia, Ariccia, 1999