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Ludwig van Beethoven - Wikipedia

Ludwig van Beethoven

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

bussola Nota disambigua – Se stai cercando altri significati di Beethoven, vedi Beethoven (disambigua).
« Dal tubare della colomba allo scrosciare della tempesta, dall'impiego sottile dei sagaci artifici al tremendo limite in cui la cultura si perde nel tumultuante caos della natura, egli ovunque è passato, tutto ha sentito. Chi verrà dopo di lui non continuerà, dovrà ricominciare, perché questo precursore ha condotto l'opera sua fino agli estremi confini dell'arte. »
(Franz Grillparzer, orazione funebre, 29 marzo 1827)

Ludwig van Beethoven. Particolare dal ritratto del 1820 di Joseph Karl Stieler.

Ludwig van Beethoven (/luːtvɪç fan ˈbeːthoːfn/; Bonn16 dicembre 1770 – Vienna26 marzo 1827) è stato un compositore e pianista tedesco. La sua opera si estende cronologicamente dal periodo classico agli inizi del romanticismo. Ultimo grande rappresentante del classicismo viennese (dopo Gluck, Haydn e Mozart) Beethoven preparò l'evoluzione verso il romanticismo musicale ed influenzò tutta la musica occidentale per larga parte del XIX secolo. Personalità inclassificabile («Voi mi avete dato l'impressione di essere un uomo con molte teste, molti cuori, molte anime» gli disse Haydn verso il 1793)[1], la sua arte si espresse in tutti i generi, e benché la musica sinfonica fosse la fonte principale della sua popolarità universale, è nelle opere per pianoforte e nella musica da camera che il suo impatto fu più considerevole.

Superando attraverso una ferrea volontà le prove di una vita segnata dal dramma della sordità, che celebra nella sua musica il trionfo dell'eroismo e della gioia quando il destino gli prescriveva l'isolamento e la miseria, ha meritato nei primi anni del Novecento la celebre affermazione dello scrittore e Premio Nobel Romain Rolland «Egli è molto avanti al primo dei musicisti. È la forza più eroica dell'arte moderna.»[2] espressione di una fede inalterabile nell'uomo e di un ottimismo volontario, dedicando la creazione musicale come azione di un uomo libero e indipendente. L'opera di Beethoven ha fatto di lui una delle figure più significative nella storia della musica.

Indice


[modifica] La vita

La Beethoven-Haus in Bonngasse 20, casa natale di Beethoven a Bonn.
La Beethoven-Haus in Bonngasse 20, casa natale di Beethoven a Bonn.
Johan van Beethoven (1740–1792) e Maria Magdalena Keverich (1746–1787), il padre e la madre di Ludwig.
Johan van Beethoven (1740–1792) e Maria Magdalena Keverich (1746–1787), il padre e la madre di Ludwig.

[modifica] Le origini e l'infanzia

« Ludwig van Beethoven è un ragazzo di otto anni dal talento assai promettente. Suona il pianoforte con molta abilità e potenza, legge molto bene a prima vista e suona soprattutto il Clavicembalo ben temperato di Sebastian Bach che il signor Neefe gli ha messo fra le mani [...] Ora gli sta insegnando composizione e per incoraggiarlo gli ha fatto pubblicare a Mannheim nove Variazioni per pianoforte scritte da lui su una Marcia di Ernst Christoph Dressler. Questo giovane genio ha bisogno di essere aiutato a continuare gli studi. »
(Valutazione dell'allievo Ludwig di Christian Gottlob Neefe, marzo 1783)

Questo scritto dell'organista Neefe, ha comunque fatto prendere un abbaglio ai biografi di Beethoven, i quali supponevano (e ancora alcuni continuano a supporlo) che Neefe fosse il Maestro del giovane Ludwig, negli anni di Bonn. È invece ampiamente documentato, che il Maestro di Beethoven fu Andrea Luchesi.

La famiglia di Ludwig van Beethoven era di modeste condizioni e perpetuava una tradizione musicale da almeno due generazioni. Il nonno paterno, che si chiamava anch'egli Ludwig van Beethoven[3] (Malines, 17121773) discendeva da una famiglia fiamminga di contadini e lavoratori manuali originaria del Brabante. La particella «van» non ha dunque origini nobiliari e la parola «Beethoven» deriva con ogni probabilità dalla regione olandese Betuwe situata nella Provincia di Gheldria[4]. Uomo rispettato e buon musicista, si era trasferito a Bonn nel 1732, diventando Kapellmeister del Principe elettore di Colonia e sposando nel 1733 Maria Josepha Pall. Suo padre, Johan van Beethoven (17401792) era musicista e tenore alla Corte dell'Elettore. Uomo mediocre e brutale, dedito all'alcool, educò i suoi bambini con grande rigore. La madre, Maria Magdalena van Beethoven, nata Keverich (19 dicembre 17461787) era nativa di Ehrenbreitstein, nei pressi di Coblenza ed era la figlia di un cuoco dell'Elettore di Treviri. I suoi antenati, con ogni probabilità, provenivano dalla Mosella e forse dal paese Köwerich da cui si deduce il cognome. All'età di 16 anni, nel 1762 andò sposa a un servo e cameriere del Principe elettore di Treviri, chiamato Laym, e da lui ebbe un figlio che morì abbastanza presto. A soli 18 anni, nel 1764, rimase vedova. Tre anni più tardi, il 12 novembre 1767, contrasse un secondo matrimonio con Johan van Beethoven, e il 2 aprile 1769 venne battezzato il loro primo figlio, Ludwig Maria van Beethoven, che morì dopo appena sei giorni. Il 17 dicembre 1770 nella Remigiuskirche (Chiesa di San Remigio) di Bonn il suo terzo figlio – il secondo del loro matrimonio – venne battezzato e registrato con il nome di "Ludovicus van Beethoven" nel libro di battesimo. La sua data di nascita, generalmente accettata al 16 dicembre 1770, allo stato attuale non è possibile documentarla con certezza.

Franz Gerhard Wegeler (1765–1848), medico e amico d'infanzia di Beethoven. «La signora Breuning aveva il più grande dominio su quel ragazzo spesso stravagante e scontroso» dirà di lui nelle sue memorie.
Franz Gerhard Wegeler (1765–1848), medico e amico d'infanzia di Beethoven. «La signora Breuning aveva il più grande dominio su quel ragazzo spesso stravagante e scontroso» dirà di lui nelle sue memorie.
L'arciduca Maximilian Franz d'Asburgo (1756–1801), il primo mecenate di Beethoven. Nel 1784, così lo descriverà: «dimostra buone capacità, è ancora giovane, di condotta discretamente buona e povero».
L'arciduca Maximilian Franz d'Asburgo (1756–1801), il primo mecenate di Beethoven. Nel 1784, così lo descriverà: «dimostra buone capacità, è ancora giovane, di condotta discretamente buona e povero».

L'amico d'infanzia Franz Gerhard Wegeler scrisse nelle sue memorie: «Il nostro Ludwig era nato il 17 dicembre 1770»[5]. Il nipote Karl nei Quaderni di conversazione del 1823 scrisse: «Oggi è il 15 dicembre, il tuo giorno di nascita, per quanto ne so; solo non posso essere sicuro se fosse il 15 o il 17, perché non ci si può fidare dell'atto di battesimo»[6]. Quando era diventato adulto, Beethoven credeva di essere nato nel 1772, dicendo agli amici che quello battezzato nel 1770 era il fratello più vecchio Ludwig Maria. Qualche biografo asserisce che suo padre cercava di farlo passare di età molto giovane per fare di lui un bambino prodigio simile a Mozart, ma questa probabilità è stata molto discussa. I bambini in quel periodo venivano battezzati solitamente il giorno dopo la nascita effettiva, ma non esistono prove documentali che ciò sia avvenuto nel caso di Beethoven. Si conosce che i suoi familiari e l'insegnante Johann Albrechtsberger celebravano il suo compleanno il 16 dicembre. La sua casa natale, detta Beethoven-Haus, oggi un museo, è situata in Bonngasse 20. Dal secondo matrimonio Maria Magdalena avrà altri cinque figli, dei quali soltanto due raggiungeranno l'età adulta e avranno un ruolo molto importante nella vita di Beethoven; Kaspar Anton Karl (battezzato l'8 aprile 1774 – morto nel 1815) e Nikolaus Johann (battezzato il 2 ottobre 1776 – morto nel 1848). Descritta come donna di carattere dolce ma con frequenti cadute depressive, ella venne inizialmente amata dai figli, che in seguito la cancelleranno dal loro ricordo.[7]

Non passò molto tempo prima che Johan van Beethoven individuasse il dono musicale dei figli e tentasse di realizzare le loro doti eccezionali traendone il meglio per sé soprattutto dal lato economico. Pensando a Mozart bambino, esibito anch'esso dal padre in concerto attraverso tutta l'Europa una quindicina di anni prima, intraprese fin dal 1775 l'istruzione musicale di Ludwig e, dinanzi alle sue disposizioni eccezionali, tentò nel 1778 di presentarlo come virtuoso di pianoforte attraverso la Renania, da Bonn a Colonia. Ma dove Leopold Mozart aveva dato prova di sottile pedagogia nell'educazione dei figli, Johan van Beethoven sembra essere stato capace soltanto di autorità e brutalità: pare che spesso, completamente ubriaco, costringesse Ludwig ad alzarsi da letto a tarda notte, ordinandogli di suonare il pianoforte o il violino per i suoi amici. Il tentativo di trasformare Ludwig in un bambino prodigio non ebbe esito, se si eccettua un viaggio nei Paesi Bassi nel 1781[8]. Parallelamente scorreva tumultuosa la sua istruzione generale: il padre lo affidò dapprima a tale Tobias Pfeiffer, suo compagno di interessi alcolici più che musicali, e successivamente all'organista di corte Aegidius van der Aeden, al violinista Franz Georg Rovantini, cugino della moglie Maria Magdalena, al francescano Willibald Koch. Secondo alcune testimonianze Beethoven divenne anche allievo, dal 1781, del Kapellmeister di Colonia Andrea Luchesi. L'amicizia, iniziata sin dai tempi dell'infanzia, con il medico Franz Gerhard Wegeler (1765–1848) gli schiuse le porte nella casa della famiglia von Breuning, ai quali fu attaccato per tutta la vita. Helene von Breuning era la vedova di un consigliere di corte, e richiedeva un insegnante di pianoforte per i propri figli. Ludwig, definito da Wegeler nelle sue memorie spesso stravagante e scontroso, venne trattato come un componente della famiglia, si ritrovò a perfetto agio e si mosse con disinvoltura in un ambiente intellettuale, fine e cordiale, dove si discuteva di arte e letteratura, e dove la sua personalità aveva modo di svilupparsi con pienezza. Il giovane Ludwig divenne inoltre allievo del musicista e organista di corte Christian Gottlob Neefe e compose, tra il 1782 e il 1783, le sue prime opere per pianoforte, le Nove Variazioni su una Marcia di Dressler WoO 63, pubblicate a Mannheim[9] e le tre Sonatine dette all'Élettore che segnano simbolicamente l'inizio della sua produzione musicale.

[modifica] Il mecenatismo di Waldstein e l'incontro con Haydn

Il primo ritratto autentico di un tredicenne Beethoven degli anni di Bonn, circa 1783. Dipinto a olio di autore ignoto.
Il primo ritratto autentico di un tredicenne Beethoven degli anni di Bonn, circa 1783. Dipinto a olio di autore ignoto.
Lettera di Waldstein a Beethoven, ottobre 1792: «Ricevete dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart»
Lettera di Waldstein a Beethoven, ottobre 1792: «Ricevete dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart»
« Caro Beethoven, andate a Vienna per realizzare un desiderio da tempo espresso: il genio di Mozart è ancora in lutto e piange la morte del suo discepolo. Nell'inesauribile Haydn vi trova un rifugio, ma non un'occupazione; per lui, desidera ancora collegarsi a qualcuno. Con un applicazione incessante, ricevete dalle mani di Haydn lo spirito di Mozart. »
(Lettera del conte Ferdinand von Waldstein a Beethoven, ottobre 1792)

Nel 1784 viene nominato nuovo Principe elettore l'arciduca Maximilian Franz d'Asburgo, fratello dell'Imperatore Giuseppe II e Gran Maestro dell'Ordine Teutonico che, dopo aver abolito la tortura e promesso una riforma giudiziaria, si occupa della nomina del nuovo Kapellmeister. Aumentò lo stipendio a Johan van Beethoven, nonostante avesse ormai perso quasi completamente la voce, e nomina Ludwig, diventato ormai suo mecenate al ruolo di secondo organista di corte con uno stipendio annuo di 150 fiorini. Nel 1789 s'iscrive all'Università di Bonn, fondata tre anni prima, per soddisfare quelle curiosità intellettuali indispensabili per chi, come lui, non si sente uno stipendiato di corte ma un artista indipendente. Beethoven venne notato dal conte Ferdinand von Waldstein e il suo ruolo si rivelerà determinante per il giovane musicista. Portò Beethoven una prima volta a Vienna nell'aprile 1787, soggiorno durante il quale avrebbe avuto un incontro fugace con Mozart[10]. Ma soprattutto, nel luglio 1792, presentò Beethoven a Franz Joseph Haydn il quale, appena reduce da una tournée in Inghilterra si era stabilito a Bonn. Dopo un concerto tenuto in suo onore, impressionato dalla lettura di una cantata composta da Beethoven (probabilmente quella sulla morte di Giuseppe II WoO 87 o quella sull'arrivo di Leopoldo II) pur essendo conscio e lucido sulle carenze avute sulla sua istruzione, Haydn lo invitò a proseguire gli studi a Vienna sotto la sua direzione. Cosciente di ciò che rappresentava, a Vienna, l'insegnamento di un musicista della reputazione di Haydn, e quasi privato dei suoi legami familiari a Bonn (sua madre era morta di tubercolosi nel luglio 1787, seguita in settembre da quella della sorella di appena un anno. Suo padre, devastato dall'alcoolismo, era stato messo in pensione nel 1789 ed era incapace di garantire la sussistenza della famiglia). Beethoven, che di fatto si assume il compito di essere a capo della famiglia a tutela dei fratelli Kaspar e Nikolaus, è costretto ad accettare. Con il permesso dell'elettore – che gli promette in ogni caso di conservargli il posto da organista e lo stipendio – e raccolti in un album gli auguri degli amici, tra i quali la ventenne allieva Leonore Breuning che gli scrive versi di Johann Gottfried Herder: «Che l'amicizia con il bene cresca | come si allunga l'ombra della sera | finché sia spento il sole della vita» la mattina del 3 novembre 1792 lascia definitivamente Bonn e le rive del Reno per non farvi mai più ritorno, portando con sé una lettera di Waldstein rimasta famosa, nella quale il conte gli profetizza un passaggio di consegne, tramite Haydn, dello spirito musicale di Mozart.

[modifica] 1792 – 1802: da Vienna a Heiligenstadt

Franz Joseph Haydn (1732-1809) fu l'insegnante di Beethoven dal 1792 al 1794. Malgrado i loro rapporti fossero a volte tesi, i due uomini si confessavano una grande stima reciproca.
Franz Joseph Haydn (1732-1809) fu l'insegnante di Beethoven dal 1792 al 1794. Malgrado i loro rapporti fossero a volte tesi, i due uomini si confessavano una grande stima reciproca.
Johann Georg Albrechtsberger (1736–1809) (ritratto di Leopold Kupelwieser) definito ironicamente da Beethoven «espertissimo nell'arte di fabbricare scheletri musicali»
Johann Georg Albrechtsberger (1736–1809) (ritratto di Leopold Kupelwieser) definito ironicamente da Beethoven «espertissimo nell'arte di fabbricare scheletri musicali»

[modifica] I primi anni viennesi

« Avete molto talento e ne acquisirete ancora di più, enormemente di più. Avete un'abbondanza inesauribile d'ispirazione, avete pensieri che nessuno ha ancora avuto, non sacrificherete mai il vostro pensiero a una norma tirannica, ma sacrificherete le norme alle vostre immaginazioni: voi mi avete dato l'impressione di essere un uomo con molte teste, molti cuori, molte anime. »
(Franz Joseph Haydn in una conversazione con Beethoven, circa 1793)

Alla fine del XVIII secolo, Vienna era la capitale incontrastata della musica occidentale e rappresentava la migliore possibilità per un musicista desideroso di fare carriera. Al suo arrivo, a soltanto ventidue anni, aveva già composto un buon numero di opere, delle quali nessuna raggiunse importanza. Era ancora lontano dalla sua maturità artistica, cosa che lo distingueva fondamentalmente da Mozart. Infatti, benché Beethoven fosse arrivato a Vienna meno di un anno dopo la scomparsa del suo famoso predecessore, che adulava, il mito del «passaggio di consegne» non poteva resistere ancora a lungo ai fatti: è ancora come pianista virtuoso che ambiva a consolidare la sua reputazione, molto prima di farsi un nome come compositore. Quanto all'insegnamento di Haydn, per quanto di prestigio, risultò deludente sotto diversi aspetti. Da un lato, Beethoven si mise in testa rapidamente che il suo insegnante fosse geloso del suo talento; dall'altro lato, Haydn non tardò ad irritarsi dinanzi all'indisciplina e all'audacia musicale del suo allievo. Nonostante una stima reciproca più volte ricordata dagli storici, il padre della sinfonia non ebbe mai con Beethoven le relazioni di profonda amicizia che aveva avuto con Mozart e che erano state all'origine di un emulazione così fertile.

Tuttavia Haydn esercitò un influenza profonda e duratura sull'opera di Beethoven, e più tardi quest'ultimo riconobbe tutto ciò che doveva al suo insegnante. Dopo una nuova partenza di Haydn per Londra (gennaio 1794), Beethoven proseguì studi sporadici fino all'inizio del 1795 con diversi altri professori fra cui il compositore Johann Schenk e ad altri due prestigiosi testimoni dell'epoca mozartiana: Johann Georg Albrechtsberger e Antonio Salieri. Il primo, in particolare, organista di corte e Kapellmeister nella cattedrale di Santo Stefano, gli fornirà preziosi insegnamenti sulla costruzione del contrappunto polifonico. Nel suo studio conobbe inoltre un altro allievo, Antonio Casimir Cartellieri con il quale stringe rapporti di amicizia che durerà fino alla morte di quest'ultimo nel 1807. Terminato il suo apprendistato, Beethoven si stabilì definitivamente a Vienna: già poco dopo il suo arrivo era stato raggiunto dalla notizia della morte del padre, avvenuta per cirrosi epatica il 18 dicembre 1792 e la fuga improvvisa del Principe elettore di Bonn, conquistata dall'esercito francese, perdendo così sia la pensione del padre, sia lo stipendio di organista. Le lettere di presentazione di Waldstein e il suo talento di pianista lo avevano fatto conoscere e apprezzare alle personalità dell'aristocrazia viennese, appassionata di opera lirica, i cui nomi restano ancora oggi citati nelle dediche di molte sue opere: il funzionario di corte, barone Nikolaus Zmeskall, il principe Carl Lichnowsky, la contessa Maria Wilhelmina Thun, il conte Andrei Razumovsky, il principe Joseph Franz von Lobkovitz, e più tardi l'arciduca Rodolfo d'Asburgo-Lorena, soltanto per citarne alcuni. Dopo aver pubblicato i suoi primi tre Trii per piano, violino e violoncello sotto il numero di opus 1, e quindi le sue prime Sonate per pianoforte, Beethoven diede il suo primo concerto pubblico il 29 marzo 1795 per la creazione del suo Concerto per pianoforte e orchestra n° 2 che fu di fatto composto per primo, all'epoca di Bonn.

[modifica] Il primo virtuoso di Vienna

Beethoven verso il 1800. Il suo talento di improvvisazione musicale e i suoi virtuosismi al piano lo rivelarono al pubblico viennese. Ritratto di C.T. Riedel, 1801
Beethoven verso il 1800. Il suo talento di improvvisazione musicale e i suoi virtuosismi al piano lo rivelarono al pubblico viennese. Ritratto di C.T. Riedel, 1801
« Lo stupefacente modo di suonare di Beethoven, così notevole per gli arditi sviluppi della sua improvvisazione, mi toccò il cuore in modo insolito: mi sentii così profondamente umiliato nel mio più intimo essere da non poter più toccare il pianoforte per diversi giorni [...] Certo, ammirai il suo stile vigoroso e brillante, ma i suoi frequenti e arditi salti da un tema all'altro non mi convinsero affatto; distruggevano l'unità organica e lo sviluppo graduale delle idee [...] la stranezza e l'ineguaglianza sembravano essere per lui lo scopo principale della composizione. »
(Testimonianza del compositore boemo Johann Wenzel Tomásek in un concerto di Beethoven del 1797)

Nel 1796 Beethoven intraprese un giro di concerti che lo condusse da Vienna a Berlino passando in particolare per Dresda, Lipsia, Norimberga e Praga. Se il pubblico lodò incondizionatamente la sua virtuosità e la sua ispirazione al pianoforte, il suo entusiasmo gli valse lo scetticismo dei critici più conservatori, perlopiù rimasti seguaci di Mozart, tra i quali si segnalano quelli intransigenti come l'abate Maximilian Stadler, che definisce le sue opere «assolute assurdità» e quelli più ponderati come Giuseppe Carpani, che dimostrano quanto Beethoven già in queste prime prove si allontani dal modello tradizionale della sonata.

Beethoven si immerge nella lettura dei classici greci, di Shakespeare e dei capi della corrente dello Sturm und drang che erano Goethe e Schiller influenzò notevolmente nel senso dell'idealismo il temperamento del musicista, già acquisito d'altra parte agli ideali democratici degli illuministi e della Rivoluzione Francese che si diffondevano allora in Europa: nel 1798 Beethoven frequentò assiduamente l'ambasciata francese a Vienna e lì incontrò Bernadotte e il violinista Rodolphe Kreutzer al quale dedicherà, nel 1803 la Sonata per violino n. 9 che porta il suo nome. Mentre la sua attività creatrice si intensificava (composizione delle Sonate per piano n. 5 e n. 7, e delle prime Sonate per violino e pianoforte), il compositore partecipò almeno sino al 1800 a tenzoni musicali molto frequentati dalla buona società viennese e che lo consacrarono come il primo virtuoso di Vienna. Pianisti apprezzati come Muzio Clementi, Johann Baptist Cramer, Josef Gelinek, Johann Hummel e Daniel Steibelt ne fecero le spese.

Alla fine del Settecento iniziarono ad arrivare anche i primi capolavori, che comprendono il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 (1798), i primi sei Quartetti d'archi (1798-1800), il Settimino per archi e fiati (1799-1800) e nelle due opere che iniziarono a intravedere il carattere del musicista: la Sonata per pianoforte n. 8, detta Patetica (1798-1799) e la Prima Sinfonia (1800). Benché l'influenza delle ultime sinfonie di Haydn fosse evidente, quest'ultima in particolare era già impregnata dal carattere beethoveniano (in particolare nel terzo movimento, detto scherzo) e conteneva in germe la promessa di riuscita dei più grandi lavori. Il Primo Concerto e la Prima Sinfonia vennero presentati con grande successo il 2 aprile 1800, data della prima Accademia di Beethoven (concerto organizzato dallo stesso musicista e dedicato esclusivamente alle sue opere). Confortato dalle entrate finanziarie costantemente versate dai suoi protettori, Beethoven, la cui notorietà sempre crescente iniziava a superare le frontiere dell'Austria, sembrava in quel momento della sua vita nel quale gli si aprivano prospettive di una carriera di compositore e interprete gloriosa e facile.

[modifica] Il cambio di secolo

La prima pagina autografa del Testamento di Heiligenstadt, redatto da Beethoven il 6 ottobre 1802. Arreso dalla sua sordità iniziale, vi esponeva allo stesso tempo la sua disperazione e la sua volontà di continuare.
La prima pagina autografa del Testamento di Heiligenstadt, redatto da Beethoven il 6 ottobre 1802. Arreso dalla sua sordità iniziale, vi esponeva allo stesso tempo la sua disperazione e la sua volontà di continuare.
Per approfondire, vedi la voce Testamento di Heiligenstadt.
« Sono poco soddisfatto dei miei lavori scritti sino ad oggi. Da oggi, voglio aprire un nuovo cammino. »
(Lettera di Beethoven all'amico Krumpholz, 1802)

L'anno 1802 segnò una prima grande svolta nella vita del compositore. Nel segreto più grande, iniziava a prendere coscienza di una sordità che doveva irrimediabilmente progredire fino a diventare totale prima del 1820 (la causa della sordità di Beethoven è rimasta sconosciuta. Le ipotesi di una labirintite cronica, di una otospongiosi e della malattia di Paget ossea sono state ampiamente discusse senza che nessuna potesse essere confermata a posteriori) [11]. Costretto all'isolamento per timore di dover rivelare in pubblico questa terribile verità, Beethoven guadagnò di conseguenza una reputazione di misantropo di cui soffrì in silenzio fino al termine della sua vita[12]. Cosciente che la sua infermità gli avrebbe proibito presto o tardi di prodursi come pianista e forse comporre, pensò per un momento al suicidio, quindi espresse nello stesso momento la sua tristezza e la fede nella sua arte in una lettera, indirizzata ai fratelli, che a noi è giunta sotto il nome di Testamento di Heiligenstadt, che non fu mai inviata e venne trovata soltanto dopo la sua morte.

«O voi uomini che mi credete ostile, scontroso, misantropo o che mi fate passare per tale, come siete ingiusti con me! Non sapete la causa segreta di ciò che è soltanto un'apparenza [...] pensate solo che da sei anni sono colpito da un male inguaribile, che medici incompetenti hanno peggiorato. Di anno in anno, deluso dalla speranza di un miglioramento [...] ho dovuto isolarlo presto e vivere solitario, lontano dal mondo [...] se leggete questo un giorno, allora pensate che non siate stati giusti con me, e che l'infelice si consola trovando qualcuno che gli somiglia e che, nonostante tutti gli ostacoli della natura, ha fatto di tutto tuttavia per essere ammesso alla fila degli artisti e degli uomini di valore.» Beethoven, 6 ottobre 1802[13]

Fortunatamente, la sua vitalità creatrice non si arrestò. Dopo la composizione della Sonata per violino n. 5 detta La Primavera (Frühlings, 1800) e della Sonata per pianoforte n. 14 detta Al Chiar di Luna (1801), è durante questo periodo di crisi morale e spirituale che compose la gioiosa e misconosciuta Seconda Sinfonia (1801-1802) e il più scuro Concerto per pianoforte n. 3 (1800-1802) dove nella tonalità in do minore, si annunciava chiaramente la caratteristica personalità del compositore. Queste due opere vennero accolte molto favorevolmente il 5 aprile 1803, ma per Beethoven una pagina si girava, e di conseguenza la sua carriera subiva un evoluzione. Privato della possibilità di esprimere tutto il suo talento e guadagnarsi da vivere come interprete, si dedicava interamente alla composizione con un coraggio e una forza di carattere che nulla lasciava presagire ciò che sarebbe seguito. Ad uscire dalla crisi del 1802 si annunciava l'eroismo che trionfava nella Terza Sinfonia.

[modifica] 1802 – 1812: il periodo detto eroico

[modifica] Dall'Eroica al Fidelio

« In questa Sinfonia, Beethoven si era proposto come argomento Bonaparte, quando quest'ultimo era ancora Primo Console. Fino ad allora, Beethoven ne faceva un caso straordinario, e vedeva in lui l'uguale dei più grandi consoli romani. »
(Testimonianza di Ferdinand Reis sulla genesi della Terza Sinfonia)

La Sinfonia n. 3, detta «Eroica» segna una tappa capitale in tutta l'opera di Beethoven, non soltanto a causa della sua potenza espressiva e della sua lunghezza fino ad allora rara, ma anche perché inaugurava una serie di opere brillanti, notevoli nella loro durata e nella loro energia, caratteristiche dello stile del secondo periodo di Beethoven, detto «stile eroico». Il compositore intendeva inizialmente dedicare questa sinfonia al generale Napoleone Bonaparte, nel quale vedeva il salvatore degli ideali della Rivoluzione francese. Non appena apprese la notizia della proclamazione dell'Impero francese (maggio 1804), infuriato, cancellò velocemente la dedica[14]. Infine, il capolavoro ricevette il titolo «Grande sinfonia Eroica per celebrare la memoria di un grande uomo». La genesi della sinfonia si estese dal 1802 al 1804 e la presentazione pubblica, avvenuta il 7 aprile 1805 smorza gli entusiasmi: quasi tutti la giudicano troppo lunga. Beethoven non ebbe nessun risentimento, dichiarando soltanto di trovare questa sinfonia molto breve fino a quando non ne avrebbe composta una della durata superiore a un'ora[15], e doveva, fino alla composizione della Nona, considerare l'Eroica come la migliore delle sue sinfonie[16].

Anche nella scrittura pianistica lo stile si evolveva: fu nel 1804 con la Sonata per pianoforte n. 21 dedicata al conte Waldstein di cui porta il nome, che colpì gli spettatori per la sua grande virtuosità e con le capacità che esigeva da parte dello strumento. Di stampo simile sorse la grandiosa Sonata per pianoforte n. 23 detta Appassionata (1805), al quale segue il Triplo Concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra (1804). Nel luglio 1805 il compositore incontrò Luigi Cherubini che non nascondeva la sua ammirazione.

A trentacinque anni, Beethoven affrontò il genere musicale per il quale Mozart era più portato, l'opera. Nel 1801 si era entusiasmato per il libretto Léonore o l'amore coniugale del francese Jean-Nicolas Bouilly, e l'opera Fidelio, che portava originariamente nel titolo il nome della sua eroina, Léonore, venne iniziato fin dal 1803. Ma questa opera diede al suo autore difficoltà impreviste. Accolta male al debutto (soltanto tre rappresentazioni nel 1805), con Beethoven che si ritiene vittima di una cabala, il Fidelio doveva conoscere non meno di tre versioni cambiate (1805, 1806 e 1814) e soltanto l'ultima conobbe un'accoglienza adeguata alla sua misura. Beethoven aveva composto un'opera oggi considerata fondamentale nel repertorio lirico ma questa esperienza non venne ripetuta a causa delle troppe amarezze subite, anche se studiò alcuni altri progetti tra cui un Macbeth ispirato all'opera di Shakespeare[17], e soprattutto il Faust di Goethe, verso la fine della sua vita.

[modifica] L'indipendenza affermata

Beethoven verso il 1804, nell'epoca della Sonata Appassionata e di Fidelio. Risoluto ad «affrontare il suo destino alla gola», compose nel periodo dal 1802 al 1812 una serie di opere brillanti ed energiche caratteristiche del suo stile «eroico». Ritratto di Willibrord Joseph Mahler.
Beethoven verso il 1804, nell'epoca della Sonata Appassionata e di Fidelio. Risoluto ad «affrontare il suo destino alla gola», compose nel periodo dal 1802 al 1812 una serie di opere brillanti ed energiche caratteristiche del suo stile «eroico». Ritratto di Willibrord Joseph Mahler.
« Principe, ciò che siete, lo siete in occasione della nascita. Ciò che sono, lo sono per me. Principi ce n'è e ce ne saranno ancora migliaia. Di Beethoven ce n'è soltanto uno. »
(Biglietto di Beethoven al conte Lichnowsky, ottobre 1806)

Dopo il 1805, e nonostante il fallimento artistico del Fidelio, la situazione di Beethoven era tornata favorevole. In pieno possesso della sua vitalità creatrice, sembrava adattarsi al suo udito difettoso e trovare, almeno per poco tempo, una vita sociale soddisfacente. Gli anni tra il 1806 e il 1808 furono quelli più fertili di capolavori in tutta la sua vita: il solo anno 1806 vide la composizione del Concerto per pianoforte n. 4, dei tre Quartetti per archi n. 7, n. 8 e n. 9 dedicati al conte Andrei Razumovsky, della Quarta Sinfonia e del Concerto per violino. Nell'autunno di quell'anno Beethoven accompagnò il suo mecenate, il principe Carl Lichnowsky, nel suo castello di Slesia e, in occasione di questo soggiorno, fece la dimostrazione più luminosa della sua volontà di indipendenza. Poiché Lichnowsky aveva minacciato di mettere Beethoven agli arresti se si ostinava a rifiutare un esibizione al piano per alcuni ufficiali francesi ospiti del suo castello (la Slesia era in quel momento occupata dall'esercito napoleonico dopo Austerlitz) il compositore lasciò il suo ospite dopo un violento litigio e gli inviò un biglietto che fa a meno di qualsiasi commento. Fa allora domanda di impiego alla Direzione dei Teatri Imperiali, dove si impegna a consegnare annualmente un'opera e un'operetta richiedendo la somma di 2400 fiorini e una percentuale sugli incassi dalla terza rappresentazione di ciascun opera, ma la domanda non viene accolta.

Se si è messo in difficoltà perdendo le entrate del suo principale mecenate, Beethoven era riuscito ad affermarsi come artista indipendente e liberarsi simbolicamente dal patronato aristocratico. Ormai lo stile eroico poteva raggiungere il suo parossismo. Dando seguito al suo desiderio di «affrontare il suo destino alla gola» espresso a Wegeler nel novembre 1801[18], Beethoven mise in cantiere la Quinta Sinfonia. Attraverso il suo celebre motivo ritmico di quattro note esposto fin dal primo movimento e che irradia tutta l'opera, il musicista intendeva esprimere la lotta dell'uomo con il suo destino, e il trionfo finale. L'ouverture Coriolano, con la quale condivide la tonalità in do minore, era della medesima epoca. Composta contemporaneamente alla Quinta, la Sinfonia pastorale sembra quella più contrastata. Descritta da Michel Lecompte come «la più serena, la più ridotta e la più melodica delle nove sinfonie» e nel medesimo momento la più atipica[19] è l'omaggio alla natura di un compositore profondamente innamorato della campagna, nella quale trovava da allora sempre la calma e la serenità propizie alla sua ispirazione. Autentica anticipatrice del romanticismo musicale, la Pastorale porta come sottotitolo questa frase di Beethoven «Espressione di sentimenti piuttosto che pittura» e ciascuno dei suoi movimenti porta un'indicazione descrittiva.

Il concerto dato da Beethoven il 22 dicembre 1808 fu certamente una delle più grandi Accademie della storia (con quella del 7 maggio 1824). Furono eseguiti in prima assoluta la Quinta e la Sesta sinfonia pastorale, il Concerto per pianoforte n. 4, la la Fantasia corale per piano e orchestra e due inni dalla Messa in do maggiore composta per il principe Esterházy nel 1807[20]. Dopo la morte di Haydn nel maggio 1809, benché gli restassero avversari artistici determinati, non si trovava più un modo per contestare il posto di Beethoven nel pantheon dei musicisti.

[modifica] La maturità artistica

Beethoven non ricavò nulla di concreto dall'incontro, avvenuto nel 1812 con Goethe. Ritratto di Johann Tischbein.
Beethoven non ricavò nulla di concreto dall'incontro, avvenuto nel 1812 con Goethe. Ritratto di Johann Tischbein.
«  Non avevo mai incontrato un artista così fortemente concentrato, così energico, così interiore. [...] Il suo ingegno mi ha stupefatto; ma egli è purtroppo una personalità del tutto sfrenata, che, se non ha certamente torto nel trovare detestabile il mondo, non si rende così più gradevole a sé e agli altri. [...] Malauguratamente, è una personalità fortemente indotta. »
(Giudizio di Goethe su Beethoven, 1812)

Nel 1808 Beethoven aveva ricevuto da Girolamo Bonaparte, posto dal fratello Napoleone sul trono della Westfalia, la proposta per un impiego di Kapellmeister alla corte di Kassel. Sembra che il compositore abbia per un momento pensato di accettare questo posto prestigioso che, se da una parte rimette in discussione la sua indipendenza fino a quel momento difesa così strenuamente, dall'altro gli garantiva una situazione economica e sociale più comoda. Fu allora che ebbe un ritorno patriottico e l'occasione di staccarsi dall'aristocrazia viennese (1809). Rifiutando di lasciare partire il loro musicista nazionale, l'arciduca Rodolfo, il principe Kinsky e il principe Lobkowitz usarono tutti i loro mezzi per garantire a Beethoven, qualora fosse restato a Vienna, un vitalizio di 4.000 fiorini annui, una somma notevole per l'epoca[21]. Beethoven accettò, sperando di ripararsi definitivamente dalle necessità, ma la ripresa della guerra tra la Francia e l'Austria nella primavera del 1809 rimise tutto in causa. La famiglia imperiale fu costretta a lasciare Vienna occupata, la grave crisi economica che subì l'Austria dopo Wagram e il Trattato di Schönbrunn imposto da Napoleone rovinò economicamente l'aristocrazia viennese e rese nullo il contratto stipulato da Beethoven. Fino alla sua morte la congiuntura gli restò sfavorevole sotto questo punto di vista, al punto che passò gli ultimi anni della sua vita in una situazione vicina alla miseria.

Nonostante questo, il catalogo delle sue opere continuava ad arricchirsi: gli anni 1809 e 1810 videro ancora la nascita di numerosi capolavori, dal brillante Concerto per pianoforte n. 5 che creò Carl Czerny alle musiche di scena per l'ouverture recitata in nove parti Egmont tratta da Goethe, passando per il Quartetto d'archi n. 10 detto «delle Arpe». È a causa della partenza improvvisa del suo allievo e amico, l'arciduca Rodolfo, che Beethoven compose la Sonata per pianoforte n. 26 detta «Les adieux, l'absence, le retour». Gli anni tra il 1811 e il 1812 videro il compositore raggiungere il punto massimo della sua vita creatrice. Il Trio per pianoforte n. 7 detto «All'Arciduca» e la Settima Sinfonia rappresentano l'apogeo del periodo «eroico».

[modifica] 1813 – 1817: gli anni oscuri

[modifica] L'Amata Immortale

Ritratto di Antonia Brentano di Joseph Karl Stieler (1808).
Ritratto di Antonia Brentano di Joseph Karl Stieler (1808).
Per approfondire, vedi la voce Lettera all'amata immortale.
« Non è l'attrazione dell'altro sesso che mi attira in lei, no, soltanto lei, tutta la sua persona con tutte le sue qualità hanno incatenato il mio rispetto, i miei sentimenti tutti, la mia sensibilità intera. Quando mi accostai a lei, mi ero formato la ferma decisione di non lasciar germogliare neanche una scintilla d'amore. Ma lei mi ha sopraffatto [...] mi lasci sperare che il suo cuore batterà a lungo per me. Di battere per lei, amata J., questo mio cuore non cesserà se non quando non batterà più del tutto. »
(Lettera di Beethoven a Josephine von Brunswick, 1805)

Sul piano personale, la vita sentimentale di Beethoven ha suscitato una notevole quantità di commenti da parte dei suoi biografi. Il compositore ebbe flebili storie con numerose donne, generalmente sposate, ma non conobbe mai quella felicità coniugale alla quale aspirava e della quale tesserà un apologia nel Fidelio. Nel maggio 1799 Beethoven divenne insegnante di pianoforte di due figlie della contessa Anna von Seeberg, vedova Brunswick, la ventiquattrenne Therese o Thesi e la ventenne Josephine o Pepi, oltre che una cugina di queste, la sedicenne Giulietta Guicciardi (1784–1856), ispiratrice e dedicataria della Sonata per pianoforte n. 14 detta Al Chiar di Luna. Quest'ultima è il primo amore di Beethoven: fidanzata con il conte Robert Wenzel Gallenberg, sposerà quest'ultimo il 30 ottobre 1803 e si stabilirà a Napoli con lui, diventato direttore dei Balletti di Corte. Faranno entrambi ritorno a Vienna nel 1821, dove il conte, oberato dai debiti, litigherà con il musicista, mentre sua moglie lo incontrerà un ultima volta per ricordargli il loro passato e chiedere 500 fiorini in prestito. Anche Josephine von Brunswick (1779–1821), perennemente sorvegliata dalla sorella Therese, ebbe una relazione con il musicista che fu la più duratura: continuò dopo un primo matrimonio con il conte Joseph von Deym, dal quale ebbe tre figli, nel gennaio 1804 e anche al secondo matrimonio, avvenuto nel 1810 con il barone Christoph von Stackelberg, che l'abbandonerà due anni più tardi. Il 9 aprile 1813, con grande scandalo della famiglia, Josephine diede alla luce una bambina, Minona, affidata alla sorella.[22]

Un po' più fugaci furono gli incontri con la contessa Anna Maria von Erdody (1779–1837) rimasta paralizzata a causa della perdita del figlio, che rimase comunque sua intima confidente, vivrà in casa sua per qualche tempo nel 1808 e parteciperà alla ricerca di ricchi mecenati per suo conto (le dedicherà le due Sonate per violoncello n. 4 e 5), la cantante lirica berlinese Amalie Sebald (1787–1846), incontrata a Teplitz tra il 1811 e il 1812, e la contessa Almerie Ersterhazy (1789–1848). Nel 1810, con Thérese Malfatti (1792–1851), ispiratrice della celeberrima bagatella per pianoforte Per Elisa WoO 59, Beethoven progettò un matrimonio che non andrà in porto e che gli provocherà una delusione profonda. Un altro evento importante nella vita sentimentale del musicista fu la scrittura della celeberrima Lettera all'amata immortale, redatta in tre riprese a Teplitz tra il 6 e il 7 luglio 1812. La destinataria resterà forse per sempre un mistero, anche se i nomi di Josephine von Brunswick e soprattutto di Antonia Brentano Birkenstock (1780–1869), sposata al senatore di Francoforte Franz von Brentano, che incontrò Beethoven a Vienna e a Karlsbad tra il 1809 e il 1812, sono quelle più accreditate negli studi biografici dei coniugi Massin[23] e di Maynard Solomon[24].

[modifica] L'incidente di Teplitz

L'incidente di Teplitz (luglio 1812) dipinto di  Carl Rohling, 1887. Beethoven, accompagnato da Goethe (a sinistra, in fondo), rifiuta di inchinarsi davanti alla famiglia imperiale e prosegue nel suo cammino.
L'incidente di Teplitz (luglio 1812) dipinto di Carl Rohling, 1887. Beethoven, accompagnato da Goethe (a sinistra, in fondo), rifiuta di inchinarsi davanti alla famiglia imperiale e prosegue nel suo cammino.
« Noi, esseri limitati dallo spirito illimitato, siamo nati soltanto per la gioia e la sofferenza. E si potrebbe quasi dire che i più eminenti afferrano la gioia attraverso la sofferenza. »
(Lettera di Beethoven a Maria von Erdody, 1815)

Il mese di luglio 1812, abbondantemente commentato dai biografi, segnò una nuova svolta nella vita di Beethoven. Restando in cura termale nelle località di Teplitz e di Karlsbad redasse l'enigmatica Lettera all'amata immortale e fece un incontro infruttuoso con Goethe con la mediazione di Bettina Brentano von Arnim, giovane ed esuberante intellettuale, entusiasta di Goethe, sorella di Clemens Brentano, cognata di Antonia Brentano e futura moglie del poeta Achim von Arnim. Per ragioni che rimangono non precisate, fu anche l'inizio di un lungo periodo di sterilità nella vita creatrice del musicista. Si sa che gli anni seguenti al 1812 coincisero con molti eventi drammatici nella vita di Beethoven, eventi che dovette superare in totale solitudine, avendo quasi tutti i suoi amici lasciato Vienna durante la guerra del 1809, ma probabilmente anche altri fatti a noi ignoti furono la causa della sua perdita di ispirazione.

Nonostante l'accoglienza molto favorevole riservata dal pubblico alla Settima Sinfonia e alla squillante Vittoria di Wellington (dicembre 1813) e nonostante la ripresa, ugualmente trionfale, del Fidelio nella sua versione definitiva (maggio 1814) Beethoven a poco a poco, perse i favori di una Vienna sempre nostalgica per Mozart ed acquisita alla musica di Gioachino Rossini. La conferenza fatta al Congresso di Vienna dove Beethoven venne esaltato come musicista nazionale[25], non mascherò a lungo la condiscendenza crescente dei viennesi al suo riguardo. Inoltre, l'indurimento della dittatura di Metternich lo mise in una situazione delicata, essendo la polizia viennese da tempo al corrente delle convinzioni democratiche e rivoluzionarie delle quali il compositore non faceva a meno di nascondere in ogni occasione. Sul piano personale, l'evento più importante fu la morte del fratello Kaspar Karl nel 1815, in quel momento cassiere alla Banca Nazionale di Vienna. Beethoven aveva promesso di seguire l'istruzione del suo figlio Karl per far fronte ad una serie interminabile di processi contro sua moglie – Johanna Reis, figlia di un tappezziere, considerata di dubbia moralità – per ottenerne la tutela esclusiva, finalmente guadagnata grazie a una sentenza del tribunale emessa l'8 aprile 1820.[26]. Malgrado l'attaccamento e la buona volontà del compositore, questo nipote diventerà per lui, fino alla vigilia della sua morte, una sorta di tormento. L'altro fratello, Nikolaus Johann, che Ludwig non sopporta, è farmacista a Linz e sposerà dopo una lunga convivenza Therese Obermayer, la figlia di un fornaio. Di questi anni difficili, dove la sordità diventa totale, emersero soltanto alcuni capolavori: le due Sonate per violoncello n. 4 e 5 dedicate alla confidente Maria von Erdody (1815) la Sonata per pianoforte n. 28 (1816) e il ciclo pregnante di lieder An die ferne Geliebte, (1815-1816), tratto dai poemi di Alois Jeitteles.

Mentre la sua situazione finanziaria diventava sempre più preoccupante, Beethoven cadde gravemente malato tra il 1816 e il 1817 e sembrò vicino al suicidio. Tuttavia, la sua forza morale e la ferrea volontà lo salvarono ancora una volta. Diretto verso l'introspezione e la spiritualità che presentarono importanza di ciò che gli rimaneva da scrivere per «i tempi a venire», egli trovò la forza di superare queste prove per cominciare l'ultimo periodo creativo che gli diede probabilmente le più grandi rivelazioni.

[modifica] La fama europea e i ritratti

Ritratto di Beethoven eseguito da Carl Jaeger.
Ritratto di Beethoven eseguito da Carl Jaeger.
« Nella sua apparenza esteriore tutto è possente, rude, in molti aspetti, come la struttura ossea del viso, della fronte alta e spaziosa, del naso corto e diritto, con i suoi capelli arruffati e raggruppati in grosse ciocche. Ma la bocca è graziosa e i suoi begli occhi parlanti riflettono in ogni istante i suoi pensieri e le sue impressioni che mutano rapidamente, ora graziose, amoroso–selvagge, ora minacciose, furenti, terribili. »
(Descrizione del viso di Beethoven del dottor Wilhelm Muller, 1820)

Nel medesimo momento, conquistata una fama a livello europeo, diversi pittori si offrono di immortalare l'immagine del compositore: già ritratto da Joseph Willibrord Mãhler nel 1805 e da Johann Cristoph Heckel nel 1815 – i due ritratti, specie quest'ultimo, sono probabilmente i più veritieri perché privi di abbellimenti di circostanza – il berlinese August von Kloeber lo ritrae nel 1818 non prima di averlo spettinato sapientemente, in modo da dargli quell'aspetto fra l'eroico e il demoniaco che ormai il mito romantico pretendeva attribuire alla sua figura. E tale aspetto piaceva a Beethoven, che dichiara di non amare essere ritratto "tirato a lucido, come se stessi per prendere servizio a corte". Il dipinto è perduto ma ne resta il disegno preparatorio.

Nello stesso anno si fa ritrarre dall'ungherese Ferdinand Schimon, che aveva già ritratto Ludwig Spohr e Weber e che pochi anni dopo intraprenderà la carriera di cantante. Ne riproduce la fronte ampia, il volto pieno e il mento a conchiglia, migliorando magari un poco la forma del naso e soprattutto facendogli volgere lo sguardo scrutatore in spazi lontani e indeterminati. Dal pittore accademico Joseph Karl Stieler, che ha dipinto re e principesse, occorre, se si vuole essere ritratti, posare nello studio; e per Beethoven, che sembra intimidito dall'allora famoso artista, sono lunghe ore di sofferenza in posa, immobile, in giorni ripetuti. Finita nell'aprile del 1820 l'opera, che lo rappresenta mentre compone la sua Missa, benché eseguita con cura come ci si attende da un pittore alla moda, nobilita romanticamente la figura del musicista ma non riesce a dargli espressione di forza interiore. Un ultimo ritratto fu eseguito nel 1823 da Ferdinand Georg Waldmûller: perduto l'originale, ne resta una copia che ci trasmette l'immagine di un uomo che, lontano da ogni illusione romantica, appare un solitario che non maschera nemmeno un'amara delusione.

[modifica] 1818 – 1827: l'ultimo Beethoven

[modifica] La Messa in re e l'addio al pianoforte

Pagina manoscritta della Sonata per piano n. 30 op. 109 (1820).
Pagina manoscritta della Sonata per piano n. 30 op. 109 (1820).
Per approfondire, vedi la voce Quaderni di conversazione.
« Voglio dunque abbandonarmi con pazienza a tutte le vicissitudini e rimettere la mia fiducia unicamente nella tua immutabile bontà, o Dio! [...] Sei la mia roccia, o Dio, sei la mia luce, sei la mia assicurazione eterna! »
(Citazione religiosa di Christian Sturm copiata da Beethoven nei Quaderni di conversazione, 1818)

Le forze di Beethoven ritornarono pienamente nel 1817, epoca nella quale scrisse una nuova opera destinata ad essere la più vasta e complessa composta fino ad allora, la Sonata per piano n. 29 op. 106 detta Hammerklavier. Esplorando oltre ogni limite tutte le possibilità dello strumento, di durata superiore ai quaranta minuti, lasciò indifferenti i pianisti contemporanei di Beethoven che la giudicarono ineseguibile e ritenevano che, ormai, la sordità del musicista gli rendesse impossibile una corretta valutazione delle possibilità sonore. Con l'eccezione della Nona Sinfonia lo stesso giudizio lo si avrà per tutte le restanti opere composte da Beethoven, di cui egli stesso prenderà coscienza di quanto fossero avanti per architettura sonora rispetto ai loro tempi. Dolendosi poco dei frequenti reclami dei vari interpreti, dichiarò al suo editore nel 1819: «Ecco una sonata che darà filo da torcere ai pianisti, quando la eseguiranno tra cinquanta anni»[27]. A partire da questa epoca, rinchiuso totalmente nella sua infermità, iniziava ad essere circondato da una corte di allievi, ammiratori, serventi che lo adulano e spesso lo irritano, e comunicava con loro tramite i Quaderni di conversazione riempiti sia dal musicista che trascritti dai suoi collaboratori, i quali costituiscono oggi una testimonianza inestimabile sull'ultimo periodo di vita del compositore.

Beethoven era sempre stato credente, senza praticare assiduamente, ma il suo entusiasmo aumentato per il Cristianesimo gli diede un grande aiuto per uscire dai suoi anni più duri, come testimoniarono le numerose citazioni di carattere religioso che ricopiò nei suoi quaderni a partire dal 1817. Nella primavera del 1818 gli venne l'idea per una grande opera religiosa che inizialmente prevedeva di utilizzare in occasione dell'Incoronazione dell'arciduca Rodolfo, che anelava di essere elevato al rango di Arcivescovo di Olmütz alcuni mesi più tardi. Ma la colossale Missa Solemnis in re maggiore richiese al musicista quattro anni di duro lavoro (18181822) e la Messa fu rimessa alla sua dedica soltanto nel 1823. Beethoven aveva studiato a lungo le Messe di Bach e l'oratorio Messiah di Haendel durante la composizione della Missa Solemnis che dichiarò varie volte di essere «la mia migliore opera, il mio più grande lavoro». Parallelamente a questo lavoro vennero composte le tre ultime Sonate per pianoforte n. 30, 31 e 32 il cui ultimo, l'opera 111, si completa di su un arietta di variazioni di una alta spiritualità che eleva le sue ultime pagine per pianoforte. Ma gli restava di comporre ancora un ultimo capolavoro pianistico: l'editore Anton Diabelli aveva invitato nel 1822 tutti i compositori del suo tempo per scrivere una variazione su un valzer molto semplice nella sua composizione. Dopo aver studiato questo valzer[28], Beethoven superò lo scoglio proposto e tirò fuori una raccolta di 33 variazioni che Diabelli ritenne comparabili alle famose Variazioni Goldberg composte da Bach ottanta anni prima.

[modifica] La Nona sinfonia e gli ultimi quartetti

Beethoven nel 1823, all'epoca della composizione delle Variazioni Diabelli e della Nona Sinfonia. Nella sua sordità diventata totale, comunicava con il suo ambiente soltanto tramite i Quaderni di conversazione. Ritratto di F.G. Waldmüller.
Beethoven nel 1823, all'epoca della composizione delle Variazioni Diabelli e della Nona Sinfonia. Nella sua sordità diventata totale, comunicava con il suo ambiente soltanto tramite i Quaderni di conversazione. Ritratto di F.G. Waldmüller.
« Il vostro genio ha superato i secoli e non vi sono forse uditori abbastanza illuminati per gustare tutta la bellezza di questa musica; ma saranno i posteri che renderanno omaggio e benediranno la vostra memoria molto più di quanto possano fare i contemporanei. »
(Lettera del principe russo Boris Galitzin a Beethoven dopo la prima rappresentazione della Missa Solemnis, 1824)

La composizione della Nona Sinfonia cominciò nel periodo successivo al completamento della Missa Solemnis, ma questa opera ebbe una genesi estremamente complessa la cui comprensione richiede di risalire alla gioventù di Beethoven, che da prima della sua partenza da Bonn prevedeva di mettere in musica il poema An die Freude (Inno alla gioia) di Schiller[29]. Attraverso il suo indimenticabile finale, dove viene introdotto il coro, l'innovazione nella scrittura sinfonica della Nona Sinfonia appariva, sulla linea della Quinta, come un'evocazione musicale del trionfo della gioia e della fraternità sulla disperazione, e prendeva la dimensione di un messaggio umanista e universale. La sinfonia venne eseguita per la prima volta davanti a un pubblico in delirio il 7 maggio 1824 e Beethoven riannoda per l'ultima volta i fili del grande successo. È in Prussia e in Inghilterra, dove la notorietà del musicista era da tempo commisurata in base al suo genio, che la sinfonia ebbe il successo più folgorante. Molte volte invitato a Londra (come lo era stato Haydn) Beethoven ebbe la tentazione verso la fine della sua vita di stabilirsi in Inghilterra, paese che ammirava per la sua vita culturale e per la sua democrazia, che opponeva sistematicamente alla frivolezza della vita viennese[30], ma questo progetto non si realizzò e Beethoven non conobbe mai il paese del suo idolo Handel. L'influenza di quest'ultimo fu particolarmente sensibile nel periodo tardo di Beethoven, che compose nel suo stile, tra il 1822 e il 1823, l'ouverture La Consacrazione della Casa.

I cinque ultimi Quartetti per archi (n. 12, 13, 14, 15 e 16) misero il sigillo finale alla produzione musicale di Beethoven. Con il loro carattere immaginario, che si ricollega a forme vecchie (utilizzo del modo musicale lidio nel n. 15) segnarono la conclusione della sperimentazione di Beethoven nel campo della musica da camera. I grandi movimenti lenti ad alto tasso drammatico (la cavatina del n. 13 e il Canto d'azione della grazia sacra di un convalescente nella Divinità del n. 15) annunciavano l'inizio del periodo romantico. A questi cinque quartetti, composti nel periodo 18241826, occorre aggiungere ancora la Grosse Fuge in si bemolle maggiore op. 133, che era in origine il movimento conclusivo del Quartetto n. 13 ma che Beethoven separò in seguito su richiesta del suo editore. Il 15 ottobre 1825 si trasferisce nel suo ultimo appartamento viennese, al numero 15 della Schwarzspanierstrasse, in due stanze che fanno parte di quello che era stato un convento degli Spagnoli Neri, lungo le mura della capitale austriaca.[31]. Alla fine dell'estate 1826, mentre completava il suo ultimo Quartetto n. 16, Beethoven progettava ancora numerose opere[32]: una decima sinfonia della quale sono giunti sino a noi alcuni schizzi, una ouverture su temi di Bach, il Faust ispirato a Goethe, un'oratorio sul tema biblico di Saul e Davide, un altro sul tema degli Elementi e un Requiem. Ma il 30 luglio 1826 suo nipote Karl tentò il suicidio sparandosi un colpo di pistola e rimanendo leggermente ferito, giustificando il suo gesto col fatto di non aver più sopportato i continui rimproveri dello zio il quale, sconfortato, dopo aver rinunciato alla sua tutela in favore dell'amico Stephan Breuning, lo fa arruolare in un reggimento di fanteria, comandato dal suo amico barone Joseph von Stutterheim. La storia fece scandalo, e in attesa che Karl parta per la sua destinazione a Iglau, in Moravia, zio e nipote vanno a trascorrere una vacanza ospiti, ma dietro pagamento, del fratello Nikolaus Johann Beethoven, a Gneixendorf. Qui Beethoven compose la sua ultima opera, un Allegro per sostituire la Grosse Fugue come finale del Quartetto n. 13.

[modifica] La malattia e la morte

I funerali di Beethoven, il 29 marzo 1827, radunarono molte migliaia di persone. Quadro di F. Stober, 1827
I funerali di Beethoven, il 29 marzo 1827, radunarono molte migliaia di persone. Quadro di F. Stober, 1827
« Egli sa tutto, ma non possiamo ancora capire tutto e passerà ancora molta acqua sotto i ponti del Danubio prima che tutto ciò che quell'uomo ha creato sia compreso dal mondo. »
(Franz Schubert, 1827)

Ritornato a Vienna il 2 dicembre 1826 su un carro scoperto e in una notte di pioggia, Beethoven contrasse una polmonite doppia da cui non doveva più risollevarsi; gli ultimi quattro mesi della sua vita furono segnati da un terribile logoramento fisico. La causa diretta della morte del musicista, secondo le osservazioni del suo ultimo medico (il dottor Andras Wawruch) sembra essere la decompensazione di una cirrosi epatica. Beethoven presentava una epatomegalia, un itterizia, un ascite (si diceva allora «idropisia addominale») nei diversi ordini dei membri inferiori, elementi di una sindrome cirrotica con ipertensione, e, costretto perennemente a letto, deve sottoporsi a un'operazione per rimuovere l'acqua accumulata.[33]. Fino alla fine il compositore restò circondato dai suoi amici tra i quali Anton Schindler e Stephan von Breuning, oltre alla moglie del fratello Johann e al musicista Anselm Huttenbrenner, che fu l'ultima persona a vederlo in vita. Alcune settimane prima della morte avrebbe ricevuto la visita di Franz Schubert[34], che non conosceva e si rammaricava di avere scoperto così tardi. È al suo amico, il compositore Ignaz Moscheles, promotore della sua musica a Londra, che invia la sua ultima lettera nella quale prometteva ancora agli inglesi di comporre una volta guarito, una nuova sinfonia per ringraziarli del forte sostegno[35]. Ma era troppo tardi.

La tomba di Beethoven al Zentralfriedhof di Vienna.
La tomba di Beethoven al Zentralfriedhof di Vienna.

Il 3 gennaio 1827 fa testamento, nominando il nipote Karl suo erede: il 23 marzo riceve l'estrema unzione e il giorno dopo perde conoscenza. Il 26 marzo 1827 Ludwig van Beethoven si spense all'età di 56 anni. Mentre Vienna non si occupava più della sua sorte da mesi, i suoi funerali, svoltisi il 29 marzo, riunirono una processione impressionante di almeno ventimila persone. L'orazione funebre venne tenuta da Franz Grillparzer. Venne inizialmente sepolto nel cimitero di Wahring, a ovest di Vienna. Nel 1863 il corpo di Beethoven venne riesumato, studiato e di nuovo sepolto. Il suo teschio venne acquisito dal medico austriaco Romeo Seligmann per ricavare un modello del teschio, tuttora conservato al Center for Beethoven Studies presso la San José State University in California. I suoi resti vennero sepolti nel Zentralfriedhof nel 1888. Il suo segretario e primo biografo Anton Felix Schindler[36], nominato custode dei beni del musicista, dopo la sua morte distruggerà una grandissima parte dei Quaderni di conversazione e in quelli rimasti addirittura aggiungerà arbitrariamente frasi scritte di sua mano. La distruzione venne giustificata con il fatto che molte frasi erano attacchi grossolani e sfrenati ai membri della famiglia imperiale, contro l'imperatore e anche contro il principe ereditario, diventato anch'esso imperatore e con il quale aveva mantenuto rapporti stretti di amicizia, nonostante per gran parte della sua vita Beethoven fosse stato in costante rivolta contro le autorità superiori, le leggi e le ordinanze.

Nei molti anni seguiti alla morte, furono formulate diverse ipotesi riguardanti una malattia di cui Beethoven avrebbe sofferto durante tutto l'arco dell'esistenza – indipendentemente dalla sordità, il compositore lamentava continui dolori addominali e di disordini alla vista – e attualmente tendono a stabilirsi al livello di un saturnismo cronico o intossicazione severa da piombo[37]. Il 17 ottobre 2000, dopo quasi 200 anni dalla morte del compositore, fu il dottor William J. Walsh, direttore del progetto di ricerca su Beethoven (Beethoven Research Project), a rivelare questa ipotesi come causa probabile del decesso. Beethoven, grande degustatore del vino del Reno, aveva l'abitudine di bere su una coppa di cristallo di piombo, oltre ad aggiungere del sale al piombo per rendere il vino più zuccheroso. Dai risultati delle analisi sui suoi capelli furono riscontrati importanti quantità di piombo, e questi risultati sono stati confermati dalla Argonne National Laboratory, nei pressi di Chicago, grazie a ulteriori analisi di frammenti del cranio, identificati grazie al DNA. La quantità di piombo rilevata era effettivamente il segnale di una esposizione prolungata[38]. Questa intossicazione di piombo fu la causa dei perpetui dolori al ventre che segnarono la vita di Beethoven, nonché dei suoi numerosi e repentini sbalzi d'umore e, forse, anche della sua sordità. Non ci sono comunque legami formali stabiliti e provati tra la sordità di Beethoven e la sua intossicazione da piombo; da quanto si dedurrà sulla scorta dell'autopsia, eseguita il giorno dopo la sua morte, il nervo acustico del musicista risultava essere completamente atrofizzato, pertanto nessuna cura dell'epoca poteva essere efficace.

Il 30 agosto 2007 il patologo, ricercatore e medico legale viennese Christian Reiter rese pubblica la scoperta delle sue ricerche su due capelli del musicista. Secondo Reiter, Beethoven venne ucciso involontariamente dal suo medico Andras Wawruch durante uno dei quattro drenaggi ai quali fu sottoposto. Venne ferito con un bisturi, e per curare al meglio la ferita il medico usò un unguento al piombo, che veniva usato nell'Ottocento come antibatterico.[39]

[modifica] L'opera

[modifica] Lo stile

[modifica] Un compositore classico

I cataloghi delle opere

Frontespizio originale con dedica della prima edizione dello spartito della Sonata per pianoforte n. 32 opus 111.

Le opere di Beethoven sono conosciute sotto varie designazioni:

  • con il numero di Opus che il compositore stesso ha assegnato alle sue opere (dall'op. 1 all'op. 138);
  • con il numero di catalogo assegnato a posteriori dai musicologi alle opere senza numero, il cosiddetto WoO (Werke ohne Opuszahl, dal WoO 1 al WoO 205);
  • con il numero di catalogo assegnato come appendice (Anhang, contratto nella sigla Anh) per quei lavori dubbi o erroneamente attribuiti al compositore (dall'Anh 2 all'Anh 6 restano ancora da attribuire, mentre l'Anh 1 e dall'Anh 7 all'Anh 18 sono opere non scritte da Beethoven e a lui erroneamente attribuite);
  • con il numero assegnato alle opere non comprese nella vecchia edizione completa ottocentesca (la Gesamtausgabe della Breitkopf & Härtel), e ad opere incompiute, trascrizioni, abbozzi continuativi, principalmente nei cataloghi di Willy Hess (Catalogo Hess, 1957) e di Giovanni Biamonti (Catalogo Biamonti, 1968).

Altri musicologi hanno inoltre catalogato l'opera di Beethoven:

  • Gustav Nottebohm (1851-1868)
  • Adolf Bernhard Marx (1859, in ordine cronologico)
  • Alexander Wheelock Thayer (1865)
  • Sir George Groove (1911, che ha seguito i numeri di opus fino al 138 e poi ha aggiunto i WoO numerandoli fino al 256)
  • Antonio Bruers (1950, ha ampliato i WoO di Groove arrivando fino al 350)
  • Georg Kinsky e Hans Halm (Catalogo Kinsky/Halm, 1955).

(Consulta i cataloghi)

Beethoven è universalmente riconosciuto come uno dei grandi della musica classica occidentale: occasionalmente riferito come uno delle "tre B" (insieme a Bach e Brahms) che hanno consolidato questa tradizione. È anche una figura cardine nel passaggio tra il classicismo del XVIII secolo e il romanticismo del XIX secolo e la sua influenza sulle generazioni successive di compositori sarà profonda.

Così come per Haydn e Mozart, le composizioni di Beethoven appartengono a quasi tutti i generi musicali del suo tempo: nel suo vasto catalogo ci sono nove sinfonie, numerosi concerti, trentadue sonate per pianoforte, sonate per altri strumenti (per violino e per violoncello), quartetti per archi e altra musica da camera; due messe, un oratorio, un'opera, alcuni lieder, e altre composizioni di diverso genere. Dal punto di vista della forma musicale, Beethoven lavorò incessantemente sui principi della forma-sonata e sullo sviluppo dei temi e così la complessità della scrittura delle sue composizioni più ambiziose si accompagna ad una lunghezza dei movimenti non usuale per quel periodo storico[40].

È considerato uno dei grandi maestri nella costruzione musicale, a volte schizzando l'architettura di un movimento prima di decidere il suo tema[citazione necessaria]. È stato uno dei primi compositori a fare uso sistematico e consistente del collegamento di dispositivi tematici, o "motivi in germe" (germ-motives), per realizzare l'unità di un movimento nelle composizioni maggiori. Ugualmente notevole è l'uso di "motivi base" (source-motives) che ricorrono in molte composizioni e che danno una certa unitarietà alla sua opera. Ha proposto innovazioni in quasi tutte le forme musicali che ha toccato. Per esempio, egli ha "rimodellato" persino la forma ben cristallizzata del rondò, rendendola molto elastica e spaziosa e portandola vicino alla forma-sonata.

Nell'intero arco della sua carriera artistica è sempre presente la tensione tra fedeltà alle strutture compositive consacrate dalla tradizione e un bisogno – che nel compositore diventa impulso – di travolgerle. Non si può però dire che abbia creato forme musicali nuove perché in effetti non pronunciò mai un addio preciso ai procedimenti e ai modelli organizzativi usati dai suoi precedessori, fatta eccezione per lo scherzo con il quale sostituì il minuetto in gran parte delle composizioni, sia cameristiche sia orchestrali.

Prima dell'avvento di Beethoven la forma-sonata, elaborata sin dai primi anni del Settecento, consisteva nell'esposizione di due temi in diverse tonalità che, articolandosi in trapassi modulanti, giungono alla riesposizione nella tonalità principale. Essa si è sviluppata quanto più si esaurirono le capacità espressive del clavicembalo e aumentarono di contro quelle del pianoforte, che al suono tintinnante e immediatamente smorzato delle corde pizzicate di quello sostituisce il suo suono colorito e prolungato. Il compositore vi aggiunse una formazione culturale di impronta illuministica, kantiana in particolare. Dal filosofo Beethoven trasse la concezione dell'esistenza, nella coscienza individuale, di una legge morale, espressa nella forma dell'imperativo categorico. Egli mise allora il risultato della propria essenziale attività, la musica, al centro della morale, inserendovi valori ideali, arricchendola di una forza emotiva che esprimesse il movimento dei sentimenti e i conflitti interiori. Dallo stesso autore dei Fondamenti metafisici della scienza della natura annotò questo passo: «Nell'anima, come nel mondo fisico, agiscono due forze, egualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di repulsione.» che lo portarono a individuare per analogia il "Widerstrebende Prinzip" e il "Bittende Prinzip", ossia il "principio di opposizione" e il "principio implorante", principi che nella sua opera divengono temi musicali in conflitto reciproco, il primo robustamente caratterizzato da energia ritmica e precisa determinazione tonale, l'altro piano, melodico e modulante. Nella lotta tra questi due temi scaturisce l'idea della composizione.

[modifica] La teoria dei tre periodi e il suo limite

La carriera di compositore di Beethoven viene solitamente divisa in tre "periodi" creativi, il "Primo" (Early, 1770–1802), il "Mediano" (Middle, 1803–1814) e il "Tardo" (Late, 1815–1827). A proporre per primo tale ripartizione stilistica fu Wilhem von Lenz, e, benché possa risultare alquanto problematico distinguere nettamente i confini tra un periodo e l'altro, la tripartizione venne accolta da molti studiosi ed è usata ancora oggi. Nel primo periodo, viene visto come emulatore dei suoi grandi predecessori Haydn e Mozart, mentre simultaneamente esplora nuove direzioni espandendo gradualmente gli scopi e le ambizioni del suo lavoro. Il periodo mediano cominciò subito dopo la crisi personale del compositore centrata intorno alla scopertà della progressiva sordità. Infine il periodo tardo è caratterizzato da lavori che mostravano profondità intellettuale, un'alta e intensa personalità espressiva, e innovazioni formali in qualche caso ardite.

Decisamente contrario a tale divisione dell'opera beethoveniana fu il filosofo e musicista Theodor Wiesengrund Adorno che ravvisò, non a torto, aspetti armonici, ritmici e melodici comuni ai tre cosiddetti periodi perfino in opere definite minori o di apprendistato. Un esempio eclatante è l'inizio della Seconda Sinfonia che anticipa, per molti versi, il famoso incipit della Nona, fin nel materiale tematico e, più profondamente, nel colore, nelle riposte fibre emozionali. Inoltre, ed è forse la prova più schiacciante di quanto questa suddivisione rischi di falsare l'intera opera beethoveniana, dimostrò come il contrappunto, anima delle ultime definitive opere, sia la profonda caratteristica del pensiero compositivo beethoveniano fin dall'opus 1: i Tre Trii per pianoforte, violino e violoncello. Non si tratta solo di ovvie e superficiali "idee fisse" del compositore, ma della concezione stessa del far musica. Se si può parlare di tre periodi, nella produzione del compositore, si può farlo solamente sottolineando che appartiene più a caratteri e atteggiamenti psicologici che squisitamente musicali.

[modifica] Le innovazioni

Nella storia musicale, l'opera di Beethoven rappresenta una transizione tra l'era classica (approssimativamente 1750-1810) e l'era romantica (approssimativamente 1810-1900). Se le sue prime opere sono influenzate da Haydn o Mozart, le opere mature sono ricche di innovazioni e hanno aperto la strada ai musicisti dal romanticismo esasperato, quali Brahms, Schubert, Wagner o ancora Bruckner:

  • L'incipit della sua V Sinfonia (1807), espone un motivo violento, onnipresente nelle sue opere giovanili, che è riutilizzato durante tutti i quattro movimenti. La transizione tra lo scherzo e l'allegro finale avviene senza interruzione, mediante un "attacca".
  • La IX Sinfonia (1817) è la prima sinfonia ad introdurre un coro, al quarto movimento. L'insieme di questa elaborazione orchestrale rappresenta una vera innovazione.
  • La sua opera Fidelio utilizza le voci come degli strumenti sinfonici, e questo senza preoccuparsi delle limitazioni tecniche dei coristi.

Sul piano della tecnica musicale, l'impiego di motivi che alimentino interi movimenti è considerato come un apporto fondamentale. Di essenza squisitamente ritmica - cosa che costituisce una grande novità - questi motivi si modificano e si moltiplicano. Tra i più famosi:

  • Primo movimento del IV Concerto per piano (presente sin dalle prime battute);
  • Primo movimento della V Sinfonia (idem);
  • Secondo movimento della VII Sinfonia (dal ritmo dattilico): il turbinio sempre rinnovato che ne risulta è estremamente avvincente, all'origine di questa grande veemenza che va incessantemente alla ricerca dello spettatore.

Beethoven è anche uno dei primi a dedicarsi all'orchestrazione con tanta cura. Negli sviluppi alcune associazioni cangianti, specialmente al livello dei pulpiti in legno, permettono d'illuminare in maniera singulare i ritorni tematici, anch'essi leggermente modificati sul piano armonico. Le variazioni di tono e di colore che s'inseguono rinnovano il discorso, sempre conservando i riferimenti della memoria.

Se le opere di Beethoven sono così apprezzate, è sicuramente grazie alla loro forza emozionale, caratteristica del Romanticismo.

Il grande pubblico conosce soprattutto le sue opere sinfoniche, spesso innovatrici, in particolare le sinfonie «dispari» (terza, quinta, settima e nona) e la sesta, detta Pastorale. I suoi concerti più conosciuti sono il Concerto per violino e soprattutto il Quinto Concerto per piano, detto L'Imperatore. La sua musica strumentale è molto apprezzata in alcune magnifiche sonate per piano, tra le 32 che ha scritto. Dalle caratteristiche più classiche, la sua musica da camera è meno conosciuta.

[modifica] Opera sinfonica

Haydn ha composto più di cento sinfonie e Mozart più di 40. Dai suoi predecessori, Beethoven non ha ereditato la produttività quindi non ha composto che nove sinfonie, e ne ha abbozzate una decina. Ma con Beethoven le nove sinfonie hanno tutte una propria identità. Curiosamente, diversi compositori romantici o post-romantici sono morti dopo la loro nona (completata o no) a cui vien attaccata una fama di maledizione legata a questa cifra: Beethoven, Bruckner, Dvorak, Mahler, Schubert, ma anche Ralph Vaughan Williams.

Le prime due sinfonie di Beethoven sono d'ispirazione e fattura classica. Nonostante ciò la 3ª sinfonia, detta «Eroica», segnerà un grande cambiamento nella composizione dell'orchestra. Molto più ambiziosa delle precedenti, l'Eroica si caratterizza per l'ampiezza dei suoi movimenti e il trattamento dell'orchestra. Il primo movimento, a sè stante, è più lungo della maggior parte delle sinfonie scritte fino a questo punto. Quest'opera monumentale, in partenza scritta per Napoleone, prima che fosse incoronato imperatore, rivela Beethoven come un grande architetto musicale e viene considerata come il primo esempio accertato di Romanticismo in musica.

Spesso considerata come più classica della precedente, e molto più che corta, le tensioni drammatiche disseminate nell'opera fanno della 4ª sinfonia una tappa logica del percorso stilistico di Beethoven. Vengono poi due monumenti costruiti la stessa sera, la 5ª sinfonia e la 6ª sinfonia. La quinta e il suo famoso motivo a quattro note, spesso detto «del destino» (il compositore avrebbe detto, parlando di questo celebre tema, che rappresenta «il destino che bussa alla porta») possono avvicinarsi alla terza per il loro aspetto monumentale. Un altro aspetto innovatore è l'utilizzo ripetuto del motivo di quattro note sul quale poggia quasi tutta la sinfonia. La 6ª sinfonia detta «Pastorale» evoca perfettamente la natura che Beethoven tanto amava. Oltre a momenti sereni e trasognati, la sinfonia possiede un movimento in cui la musica dipinge una tempesta delle più realiste.

La 7ª sinfonia è, malgrado un secondo movimento in forma di marcia funebre, caratterizzata dal suo aspetto gioioso e il ritmo frenetico del suo finale, giudicata da Richard Wagner come «Apoteosi della danza». La sinfonia successiva, brillante e spirituale, ritorna ad una fattura più classica.

Infine, la 9ª sinfonia è l'ultima sinfonia compiuta e il gioiello dell'insieme. Lunga più di un'ora, è una sinfonia in quattro movimenti che non rispetta la forma di sonata. Ogni movimento è un capolavoro di composizione che mostra il superamento da parte di Beethoven di tutte le convenzioni classiche e che fa scoprire nuove prospettive nel trattamento dell'orchestra. Ed è al suo ultimo movimento che Beethoven aggiunge un coro ed un quartetto vocale che cantano l' Inno alla Gioia, una poesia di Friedrich Schiller. Quest'opera chiama all'amore e alla fratellanza tra tutti gli uomini e il cui spartito fa ora parte del patrimonio mondiale dell'UNESCO. L' Inno alla Gioia è inoltre stato scelto come inno europeo.

Oltre alle sue sinfonie, Beethoven scrisse un Concerto per violino, di cui fece una trascrizione per piano chiamata Sesto concerto, un Concerto triplo per pianoforte, violino, violoncello e orchestra e altri cinque concerti per pianoforte. Di questi cinque concerti, il quinto è il più tipico dello stile beethoveniano, ma non bisogna dimenticare dei forti momenti, come per esempio il secondo movimento del quarto concerto.

Beethoven ha ancora composto numerose ouvertures (Leonore n. 3, Le creature di Prometeo, Egmont, Re Stefano, Coriolano, La consacrazione della casa, una Fantasia per piano, coro e orchestra, di cui uno dei temi sarà all'origine dell'Inno alla Gioia.

A questi si aggiungono due messe di cui si ricorderà soprattutto la Missa Solemnis, uno degli edifici di musica vocale religiosa più importante mai creato.

Beethoven sarà poi l'autore di un'unica opera, Fidelio, opera alla quale terrà di più, e certamente quella che gli è costata più sforzi. In effetti quest'opera è costruita sulla base di un primo tentativo che ha per titolo Leonore, opera che non ha riscosso molto successo nel pubblico. Ne rimangono comunque le tre versioni d'ouverture di Leonore, essendo spesso la terza intrepretata prima del finale di Fidelio.

[modifica] Musica per pianoforte

Sebbene le sinfonie rappresentino le opere più popolari e quelle tra le quali il nome di Beethoven è conosciuto dal grande pubblico, è di certo nella sua musica per piano (quanto nel quartetto a corde) che si distingue meglio il genio di Beethoven. Riconosciuto molto presto quale maestro nell'arte del pianoforte, il compositore s'interesserà attentamente, nel corso della sua esistenza, a tutti gli sviluppi tecnici dello strumento al fine di sfruttare tutte le sue possibilità.

Convenzionalmente si dice che Beethoven abbia scritto 32 sonate per pianoforte, ma esistono in realtà 35 sonate per piano interamente compiute. Le prime tre consistono nelle sonate per piano WoO 47, composte nel 1783 e dette Sonate all'Elettore. Per quanto riguarda le 32 sonate tradizionali (opere di maggiore importanza per Beethoven, che attribuì un numero d'Opus a ciascuna di esse), la loro composizione avviene nel lasso di una ventina d'anni. Questo insieme, oggi considerato come uno dei monumenti dedicati allo strumento, testimonia, ancor più delle sinfonie, il percorso stilistico del compositore nel corso degli anni. Le sonate, di forma classica inizialmente, si sganciano man mano da questa forma per non tenerne più che il nome; in esse Beethoven si diverte a cominciare o concludere una composizione con un movimento lento (come per esempio nella celebre sonata detta «al Chiaro di Luna»), a iscriverci una fuga (vedi ultimo movimento della Sonat n. 31 in La Bemolle Maggiore, Op. 110), o a chiamare sonata una composizione a due movimenti (vedi Sonate n. 19 e 20, Op. 49, 1-2).

Gradualmente le composizioni guadagnano sempre più libertà di scrittura e diventano sempre più complesse e costruite. Si possono citare fra le più celebri l' Appassionata e la Waldstein (1804) o Gli Addii (1810). Nella celebre Hammerklavier (1819), lunghezze e difficoltà tecniche raggiungono proporzioni tali da mettere in gioco le possibilità fisiche dell'interprete come dello strumento, ed esigono un'attenzione sostenuta da parte dello spettatore. Essa fa parte di cinque ultime sonate che formano un gruppo a parte, detto dell'«ultima maniera». Questo termine indica l'accompimento stilistico di Beethoven, nel quale, oramai completamente sordo con tutte le difficoltà tecniche della composizione, abbandona qualsiasi considerazione formale per avvicinarsi all'invenzione e alla scoperta di nuovi territori sonori. Le ultime cinque sonate costituiscono un punto culminante della letteratura pianistica. L'«ultima maniera» di Beethoven, associata all'ultimo periodo della vita del maestro, rappresenta la manifestazione più acuta del suo genio.

Accanto alle 32 sonate, non bisogna dimenticare le Bagatelle, tra le quali la più conosciuta è la Per Elisa. Infine, nel 1822, l'editore e compositore Anton Diabelli ebbe l'idea di riunire in una raccolta pezzi dei compositori maggiori della sua epoca intorno ad un tema musicale di sua composizione. L'insieme di queste variazioni doveva servire come panorama musicale dell'epoca, Beethoven, sollecitato, e che non aveva scritto per piano da tempo, stette al gioco, e invece di scrivere una variazione, ne scrisse 33, che furono pubblicate in un fascicolo a parte. Le Variazioni Diabelli, dalla loro invenzione, costituiscono il vero testamento di Beethoven pianista. È da tener presente che oltre a queste variazioni (Op. 120), Beethoven ha scritto altre 19 serie di Variazioni di varia importanza. Si possono ricordare quelle a cui Beethoven ha attribuito un numero d'Opus: le 6 Variazioni su di un tema originale in RE maggiore Op. 76, le "6 Variazioni su di un tema originale in FA maggiore" Op.34 (Variazioni su Le rovine di Atene),le "32 variazioni da un tema proprio" WoO 80, le "15 Variazioni e Fuga sul tema di un movimento dell'Eroica in MI bemolle maggiore", Op. 35.

[modifica] Musica da camera

Altro monumento, nella musica da camera, sono i 16 quartetti d'archi. È indubbiamente a questa formazione strumentale che Beethoven dedicò le sue ispirazioni più profonde. Il quartetto d'archi era stato reso popolare da Boccherini, Haydn e infine Mozart, ma è Beethoven il primo a massimizzarne le possibilità. I sei ultimi quartetti e in particolare la Grande Fuga costituiscono il vertice insuperato del genere. Dopo Beethoven, il quartetto d'archi non cessò di essere un passaggio obbligato per tutti i compositori classici, e uno degli apici più elevati fu senz'altro raggiunto da Schubert. È nondimeno nei quartetti di Bartók che si rinviene l'influenza più profonda e meglio assimilata dei quartetti beethoveniani; si può dunque parlare di una linea Haydn - Beethoven - Bartók: tre compositori che condividono per molti versi la stessa concezione della forma, del motivo e del suo utilizzo, particolarmente in questo genere.

A fianco dei quartetti, Beethoven scrisse belle sonate per violino e pianoforte, le prime delle quali sono retaggio immediato di Mozart, mentre le ultime se ne discostano per apparire in puro stile beethoveniano: specialmente la Sonata a Kreutzer, quasi un concerto per pianoforte e violino. L'ultima sonata della serie (la Sonata per violino n. 10) riveste un carattere più introspettivo delle precedenti, prefigurando in questo senso gli ultimi quartetti d'archi.

Un ciclo meno conosciuto delle sonate per violino e dei quartetti sono le sonate per violoncello e pianoforte, che fanno parte delle opere realmente innovative di Beethoven. L'autore sviluppa in esse forme estremamente personali, lontane dagli schemi classici che si perpetuano nelle sonate per violino.

Infine, Beethoven è autore di numerosi cicli di Lieder - fra cui quello noto come All'amata lontana - i quali, se non raggiungono la profondità di quelli schubertiani (che Beethoven scoprirà poco prima di morire), nondimeno sono anch'essi di alta qualità.

[modifica] Le influenze

[modifica] La giovinezza a Bonn

Johann Sebastian Bach. Fu alla corte del principe Maximilian Franz d'Asburgo, suo mecenate a Bonn dal 1784 al 1792, che Beethoven fece la conoscenza decisiva della musica dei Bach e dei compositori della scuola di Mannheim.
Johann Sebastian Bach. Fu alla corte del principe Maximilian Franz d'Asburgo, suo mecenate a Bonn dal 1784 al 1792, che Beethoven fece la conoscenza decisiva della musica dei Bach e dei compositori della scuola di Mannheim.

Contrariamente a una diffusa credenza, le prime influenze musicali esercitate sul giovane Beethoven non furono tanto quelle di Haydn e di Mozart - dei quali, eccettuate poche partiture[41] non scoprì davvero la musica fin quando non giunse a Vienna - quanto lo stile galante della seconda metà del XVIII secolo e dei compositori della scuola di Mannheim, di cui poté ascoltare le opere a Bonn, alla corte del principe elettore Maximilian Franz d'Asburgo. Le opere di questo periodo che ci sono pervenute (nessuna delle quali appariva nel catalogo Opus), composte fra il 1782 e il 1792, testimoniano già una rimarchevole padronanza della composizione; ma la personalità di Beethoven non vi si manifesta ancora come avverrà nel periodo viennese. Nelle Sonate all'Elettore WoO 47 (1783), nel Concerto per pianoforte WoO 4 (1784) o ancora nei Quartetti con pianoforte WoO 36 (1785), si svela soprattutto una forte influenza dello stile galante di compositori come Johann Christian Bach.

Due altri membri della famiglia Bach costituiscono d'altronde lo zoccolo della cultura musicale del giovane Beethoven: Carl Philipp Emanuel, di cui eseguì le sonate, e naturalmente Johann Sebastian, di cui imparò a memoria le due raccolte del Clavicembalo ben temperato. Ma in entrambi i casi si tratta di studi diretti alla padronanza dello strumento piuttosto che alla composizione vera e propria.

[modifica] L'influenza decisiva di Franz Joseph Haydn

La particolarità dell'influenza esercitata da Haydn - soprattutto in rapporto a quella di Clementi - sta nel fatto che essa oltrepassa letteralmente il semplice ambito estetico (al quale si adatta solo in via momentanea e superficiale) per impregnare, ben più, il fondo stesso della concezione beethoveniana della musica. In effetti, il modello del maestro viennese non si manifesta tanto, come troppo spesso si crede, nelle opere "del primo periodo", quanto in quelle degli anni seguenti: la stessa Eroica, in spirito e proporzioni, ha che fare con Haydn ben più delle due sinfonie precedenti; analogamente, Beethoven si avvicina al suo predecessore più nell'ultimo quartetto, terminato nel 1826, che nel primo, composto una trentina d'anni addietro. Nello stile haydniano si distinguono pure gli aspetti che diverranno essenziali nello spirito di Beethoven.

Soprattutto, è il senso haydniano del motivo che influenza profondamente e durevolmente l'opera di Beethoven. Essa non conoscerà mai principio più fondante e immutabile di quello, ereditato dal maestro, di imbastire un intero movimento a partire da una cellula tematica talvolta ridotta all'estremo. E i capolavori più celebri lo testimoniano, sull'esempio del primo movimento della Quinta. Alla riduzione quantitativa del materiale di partenza deve evidentemente corrispondere un'estensione dello sviluppo; e se la portata dell'innovazione di Haydn si è rivelata così grande, su Beethoven e dunque indirettamente su tutta la storia della musica, è appunto perché il motivo haydniano ha avuto la vocazione a generare uno sviluppo tematico di un'ampiezza fino ad allora inedita.

Beethoven raccoglie da Haydn il senso del motivo. In questo modo, una cellula ritmica di due misure serve da materiale per tutto il primo movimento della Quinta sinfonia.
Beethoven raccoglie da Haydn il senso del motivo. In questo modo, una cellula ritmica di due misure serve da materiale per tutto il primo movimento della Quinta sinfonia.

L'influenza di Haydn non si limita sempre al tema e al suo sviluppo, ma si estende talora fino all'organizzazione interna di un intero movimento di sonata. Per il maestro classico viennese, è il materiale tematico che determina la forma dell'opera. Anche qui, più che di semplice influenza, si può parlare di un vero e proprio principio destinato a farsi autentica sostanza dello spirito beethoveniano; un principio che il compositore svilupperà d'altronde molto più del maestro, nella sua produzione migliore. È quanto avviene, ad esempio, come spiega Charles Rosen,[42] nel primo movimento della Sonata "Hammerklavier" op. 106: è la terza discendente del tema principale a determinare l'intera struttura (si può notare ad esempio che lungo l'intero brano le tonalità si susseguono in un ordine di terze discendenti: si bemolle maggiore, sol maggiore, mi bemolle maggiore, si maggiore, ecc.).

Fuori di questi aspetti essenziali, altri caratteri meno fondamentali dell'opera di Haydn hanno talvolta influenzato Beethoven. Anche se si potrebbe citare qualche raro esempio anteriore, Haydn è il primo compositore ad avere realmente fatto uso della tecnica di iniziare il brano in una falsa tonalità, mimetizzando la tonica. Questo principio illustra bene la propensione tipicamente haydniana a suscitare sorpresa nell'ascoltatore, tendenza che si ritrova ampiamente in Beethoven: l'ultimo movimento del Quarto concerto per pianoforte, ad esempio, sembra, per qualche battuta, iniziare in do maggiore, prima di stabilire chiaramente la tonica (sol). Haydn è anche il primo a essersi dedicato alla questione dell'integrazione della fuga nella forma sonata; questione alla quale ha risposto specificamente impiegando la fuga come sviluppo. In quest'ambito, prima di mettere a punto nuove metodiche (che non appariranno prima della Sonata op. 111 e del Quartetto op. 131), Beethoven sfrutterà più volte le intuizioni del suo maestro: l'ultimo movimento della Sonata op. 101 e il primo della op. 106 ne sono probabilmente i più chiari esempi.

[modifica] L'influenza di Mozart

Dal 1800, l'influenza di Mozart su Beethoven appare più formale che estetica.
Dal 1800, l'influenza di Mozart su Beethoven appare più formale che estetica.

Più ancora di quanto fatto in precedenza, occorre distinguere nell'influenza di Mozart su Beethoven un aspetto estetico e un aspetto formale. L'estetica mozartiana si manifesta principalmente nelle opere del "primo periodo"; e in modo piuttosto superficiale, poiché l'influenza del maestro si riduce il più delle volte a prestiti di formule stereotipate. Fin circa al 1800 la musica di Beethoven s'iscrive più che altro ora nello stile postclassico ora nel preromantico, all'epoca rappresentato da compositori come Clementi e Hummel: uno stile che imita Mozart soltanto in superficie, e che si potrebbe qualificare come "classicheggiante" piuttosto che veramente "classico" (secondo l'espressione di Rosen).

L'aspetto formale e più profondo dell'influenza di Mozart si manifesta semmai a partire dalle opere del "secondo periodo". È nel concerto, genere che Mozart portò al più alto livello, che il modello del maestro sembra più presente. Così, nel primo movimento del Concerto per pianoforte n. 4, l'abbandono della doppia esposizione della sonata (orchestra e solista in successione) a vantaggio di un'unica esposizione (orchestra e solista simultanei) riprende in qualche modo l'idea mozartiana di fondere la presentazione statica del tema (orchestra) nella sua presentazione dinamica (solista). Più in generale, si può notare che Beethoven, nella sua propensione ad amplificare le code fino a trasformarle in elementi tematici a tutti gli effetti, si pone più sulla scia di Mozart che in quella di Haydn, nel quale invece le code si distinguono assai meno dalla ripresa.

[modifica] Le sonate per pianoforte di Clementi

Nell'ambito della musica per pianoforte, è soprattutto l'influenza di Muzio Clementi a esercitarsi rapidamente su Beethoven, dal 1795, e a permettere alla sua personalità di affermarsi e fiorire autenticamente. Se tale influenza non è stata altrettanto profonda di quella delle opere di Haydn, la portata delle sonate per pianoforte del celebre editore non appare meno immensa nell'evoluzione stilistica di Beethoven, che le giudicava del resto superiori a quelle dello stesso Mozart. Alcune di esse, per la loro audacia, la loro potenza emozionale e l'innovativa concezione dello strumento, ispirano qualcuno dei primi capolavori di Beethoven; gli elementi che, per primi, distinguono lo stile pianistico del genio bonnese provengono per buona parte da Clementi.

Infatti, dagli anni 1780, Clementi sperimenta un nuovo impiego di accordi fino ad allora inusitati: le ottave, soprattutto, ma anche le seste e le terze parallele. Clementi arricchisce anche sensibilmente la scrittura pianistica, dotando lo strumento di una potenza sonora inedita, che deve aver certamente impressionato il giovane Beethoven: egli infatti, dopo le prime tre sonate, integrerà presto il procedimento clementiano nel proprio stile. Inoltre, l'uso delle indicazioni dinamiche, nelle sonate di Clementi, si estende: pianissimo e fortissimo divengono frequenti, e la loro funzione espressiva assume un'importanza considerevole. Anche in questo caso Beethoven coglie al volo le possibilità dischiuse da queste innovazioni e, dalla Patetica, questi principi appaiono definitivamente incorporati nel suo stile.

Un altro punto in comune fra le prime sonate di Beethoven e quelle, contemporanee o anteriori, di Clementi è la loro estensione, piuttosto significativa per l'epoca: i lavori che ispirano il giovane musicista sono in effetti opere di vasto respiro, spesso formate da ampi movimenti. Vi si trovano le premesse di una nuova visione dell'opera musicale, ormai concepita per essere unica. Le sonate per pianoforte di Beethoven sono note per essere state in qualche modo il suo «laboratorio sperimentale», quello dal quale traeva le nuove idee che estendeva in seguito ad altre forme musicali, come la sinfonia. Infatti, come rimarca Marc Vignal,[43] si trovano ad esempio importanti influenze delle sonate op. 13 n. 6 e op. 34 n. 2 di Clementi nell'Eroica.

[modifica] Händel e gli antichi

Beethoven riteneva Händel (1685-1759) il più grande compositore della storia. Se ne ispirò in molte delle sue ultime opere, fra cui la Missa Solemnis e la Sonata per pianoforte n. 32.
Beethoven riteneva Händel (1685-1759) il più grande compositore della storia. Se ne ispirò in molte delle sue ultime opere, fra cui la Missa Solemnis e la Sonata per pianoforte n. 32.

Assimilate le influenze «eroiche», intrapreso davvero un «nuovo cammino»[44] nel quale sperava di impegnarsi, affermata definitivamente la propria personalità attraverso le realizzazioni di un periodo creativo che va dall'Eroica alla Settima, Beethoven smise di interessarsi alle opere dei contemporanei, e di conseguenza cessarono le loro influenze. Fra i contemporanei solo Cherubini e Schubert lo incantavano ancora; ma in nessun modo pensava di imitarli. Sprezzando l'intera opera italiana, e disapprovando fermamente il nascente romanticismo, Beethoven sentì allora il bisogno di volgersi ai «pilastri» storici della musica: Bach e Händel, ma anche i grandi maestri rinascimentali, come Palestrina. Fra queste influenze, il posto di Händel è più che privilegiato: questi non ebbe indubbiamente mai ammiratore più fervido di Beethoven, che (riferendosi alla sua intera opera, che aveva appena ricevuto) esclamò «Ecco la verità!», e che, al termine della vita, dichiarò di volersi «inginocchiare sulla sua tomba». Dall'opera di Händel, la musica dell'ultimo Beethoven prende spesso un aspetto grandioso e generoso, tramite l'utilizzo di ritmi punteggiati — come nel caso dell'introduzione della "Sonata per pianoforte n. 32", nel primo movimento della "Nona Sinfonia" o ancora nella seconda "Variazione su un tema di Diabelli" — o anche per un certo senso dell'armonia, così come mostrano le prime misure del secondo movimento della "Sonata per pianoforte n. 30", interamente armonizzata nello stile händeliano più puro.

Allo stesso modo è l'inesauribile vitalità che caratterizza la musica di Händel ad affascinare Beethoven, che può essere ritrovata anche nel fugato corale in «Freude, schöner Götterfunken», che segue il celebre «Seid umschlungen, Millionen», nel finale della "Nona Sinfonia": il tema che appare qui, bilanciato da un forte ritmo ternario, è sostenuto da una semplicità ed una vivacità tipicamente Händeliana, perfino nei suoi gravi contorni melodici. Un nuovo passo viene fatto con la "Missa Solemnis", dove l'impronta delle grandi opere corali di Händel si fa sentire più che mai. Beethoven è così assorbito dall'universo del "Messiah" da ritrascrivere, nota per nota, uno dei più celebri motivi dell' "Halleluja" nel "Gloria". In altre opere, si ritrova il nervosismo che riveste i ritmi punteggiati di Händel perfettamente integrato allo stile di Beethoven, come nell'effervescente "Grande fuga" o ancora nel secondo movimento della "Sonata per Pianoforte n. 32", dove questa influenza si vede poco a poco trasfigurata.

Infine, è anche nel settore della Fuga che l'opera di Haendel impregna Beethoven. Se gli esempi del tipo scritti dall'autore del "Messie" si basano su un controllo perfetto tecniche di contrappunto, si fondano generalmente su temi semplici e seguono un avanzamento che non pretende all'elaborazione estrema di fughe di Bach. È ciò che ha dovuto soddisfare Beethoven, che da un lato condivide con Haendel la preoccupazione di costruire opere intere a partire da un materiale quanto più semplice possibile, e che d'altra parte non possiede le predisposizioni per il Contrappunto che gli permetterebbe di cercare una sofisticazione eccessiva.

[modifica] Tematiche religiose nell'opera beethoveniana

Il ruolo svolto dalla religione nell'opera del compositore Ludwig van Beethoven è materia di discussione tra gli studiosi. Beethoven nacque e crebbe da cattolico, e compose molti lavori religiosi, tra cui la Messa in Do e la Missa Solemnis. I riferimenti lirici nella sua Nona Sinfonia sono sia deistici (Cherubino, Dio) sia pagano-mitologici (Eliseo). È anche documentato che Beethoven non andava abitualmente in chiesa e che non aveva una buona opinione dei preti. Il suo maestro, Franz Joseph Haydn, disse di considerare Beethoven un ateo, mentre il suo amico e biografo Anton Felix Schindler riteneva che avesse una certa tendenza al deismo. Si sa anche che fu affascinato dal Panteismo descritto da Goethe e da Schiller (come è evidente nella Nona Sinfonia). Di Goethe, Beethoven ha detto: «Egli è vivo, e vuole che tutti noi viviamo con lui. Questo è il motivo per cui può esser messo in musica».

La fede di Beethoven in Dio, sperimentato attraverso l'arte, è un tema ricorrente nei Quaderni di Conversazione, e la sua convinzione che l'arte è di per sé una forza, e che "Dio è più vicino a me che a molti altri che praticano la mia arte", lo guidò nella sua ricerca di redenzione attraverso la musica, e dentro di essa. Questa visione sembra compatibile con il Panteismo, ma il riferimento a un unico Dio la rende avvicinabile anche al Cristianesimo.

Quando Beethoven si trovava nel suo letto, a poche ore dalla morte, i suoi amici lo convinsero a permettere che un prete gli amministrasse gli ultimi riti. Probabilmente protestò, ma alla fine acconsentì. Quando il prete, terminati i riti, stava lasciando la stanza, Beethoven disse: «Applaudite, amici, la commedia è finita», ma non è chiaro se si riferisse ai riti o alla sua vita. Non è neanche certo che questo episodio sia accaduto davvero. Si racconta inoltre che le sue ultime parole, «Non ancora! Ho bisogno di più tempo», furono dette indicando con la mano il cielo tempestoso.

È noto che Beethoven, nei suoi ultimi anni, si riferiva alla Missa Solemnis come al "coronamento dell'opera della sua vita". Questa messa è composta rispettando gli standard delle messe cattoliche in musica: vale a dire che il testo è simile a quello musicato da Schubert o da Bruckner. Tuttavia, ciò non prova che Beethoven morì da cattolico, o almeno non più di quanto l'aver scritto Le Creature di Prometeo dimostra che sia morto credendo nel Pantheon greco.

Secondo alcuni, Beethoven si interessò anche all'Induismo. Come si legge nel sito A Tribute to Hinduism, «Il primo a fargli conoscere la letteratura indiana fu l'orientalista austriaco Joseph von Hammer-Purgstall (1774-1856), che fondò una rivista per la divulgazione della sapienza orientale in Europa nel gennaio 1809». I frammenti di testi religiosi indiani che sono stati scoperti nel diario di Beethoven Tagebuch sono in parte traduzioni e in parte adattamenti delle Upanishad e del Bhagavad Gita.

[modifica] Opere principali classificate per genere

Per approfondire, vedi la voce Lista delle composizioni di Ludwig van Beethoven.

[modifica] Musica sinfonica

Copertina di una edizione originale della Quinta Sinfonia.
Copertina di una edizione originale della Quinta Sinfonia.

[modifica] Musica per pianoforte

  • Variazioni
    • Sei variazioni sopra un tema originale in Fa maggiore op. 34 (1802)
    • Quindici Variazioni, in Mi bemolle maggiore op. 35 «Eroica» (1802)
    • Sette Variazioni sopra God save the King in Do maggiore WoO 78 (1803)
    • Cinque Variazioni sopra Rule Britannia in Re maggiore WoO 79 (1803)
    • Trentadue variazioni sopra un tema originale in do minore WoO 80 (1806)
    • Trentatré variazioni sopra un valzer di Diabelli in Do maggiore op. 120 (1823)
  • Bagatelle
    • Sette bagatelle, op. 33 (1802)
    • Bagatella «Per Elisa», in La minore, WoO 59 (1810)
    • Undici bagatelle, op. 119 (1822)
    • Sei bagatelle, op. 126 (1824)

[modifica] Musica da camera

  • Quartetti d'archi
    • Sei quartetti op. 18 (in Fa maggiore, Sol maggiore, Re maggiore, do minore, La maggiore, Si bemolle maggiore) (1798-1800)
    • Tre quartetti op. 59 "Rasumovsky" (in Fa maggiore, mi minore, Do maggiore) (1806)
    • Quartetto in Mi bemolle maggiore op. 74 "delle Arpe" (1809)
    • Quartetto in fa minore op. 95 "Serioso" (1810)
    • Quartetto in Mi bemolle maggiore op. 127 (1824)
    • Quartetto in Si bemolle maggiore op. 130 (1825)
    • Quartetto in do diesis minore op. 131 (1826)
    • Quartetto in la minore op. 132 (1825)
    • Quartetto in Fa maggiore op. 135 (1826)
    • Grande fuga in Si bemolle maggiore op. 133 (1825)
  • Sonate per violino e pianoforte
    • Tre sonate op. 12 (in Re maggiore, La maggiore e Mi bemolle maggiore) (1798)
    • Sonata in la minore op. 23 (1801)
    • Sonata in Fa maggiore op. 24 "la Primavera" (1801)
    • Tre sonate op. 30 (In La maggiore, do minore e Sol maggiore) (1802)
    • Sonata in La maggiore op. 47 "A Kreutzer" (1803)
    • Sonata in Sol maggiore op. 96 (1812)
  • Sonate per violoncello e pianoforte
    • Due sonate op. 5 (in Fa maggiore e sol minore) (1796)
    • Sonata in La maggiore op. 69 (1808)
    • Due sonate op. 102 (in Do maggiore e Re maggiore) (1815)
  • Trii per pianoforte, violino e violoncello
    • Tre trii op. 1 (in Mi bemolle maggiore, in Sol maggiore e do minore) (1794)
    • Trio per clarinetto (o violino, violoncello e pianoforte in Si bemolle maggiore op. 11 (1798)
    • Due trii op. 70 (in Re maggiore "degli Spettri" e in Mi bemolle maggiore) (1808)
    • Trio in Si bemolle maggiore op. 97 "Arciduca" (1811)
  • Opere diverse
    • Trio d'archi in Mi bemolle maggiore op. 3 (1792)
    • Tre trii d'archi op. 9 (in Sol maggiore, Re maggiore e do minore) (1798)
    • Quintetto d'archi in Mi bemolle maggiore op. 4 (1796)
    • Quintetto d'archi in Do maggiore op. 29 (1801)
    • Quintetto d'archi in do minore op. 104 (1817)
    • Sonate per corno e pianoforte in Fa maggiore op. 17 (1800)
    • Settimino per clarinetto, corno, fagotto, violino, viola, violoncello e contrabbasso in Mi bemolle maggiore op. 20 (1800)

[modifica] Musica vocale

  • Ouverture
  • Musica sacra
    • Il Cristo sul monte degli olivi, oratorio, op. 85 (1801)
    • Messa in do maggiore, op. 86 (1807)
    • Missa Solemnis, in re maggiore, op. 123 (1818-1822)
  • Melodie
    • Adelaide, op. 46 (1796)
    • Sei Lieder su poesie di Goethe, op. 75 (1809)
    • Tre lieder su poesie di Goethe, op. 83 (1810)
    • A la speranza, lied, op. 94 (1813)
    • A l’Adorato lontano, ciclo di Lieder, op. 98 (1816)

[modifica] Beethoven nei media

[modifica] Beethoven e il cinema

La filmografia su Ludwig van Beethoven si può agevolmente dividere in due parti distinte. La prima riguarda le colonne sonore dei film nelle quali sono state utilizzate musiche del compositore, la seconda riguarda il personaggio di Beethoven e la sua vita (o parti di essa) trasposta più o meno fedelmente.

Per quanto riguarda le colonne sonore, sono oltre 270 le pellicole che hanno utilizzato la sua musica. L'esempio più celebre con ogni probabilità lo si trova in Arancia meccanica di Stanley Kubrick (1971) dove Alex De Large, il protagonista, violento e asociale e grande appassionato di Beethoven (finisce ogni serata con l'ascolto del secondo movimento della Nona Sinfonia) viene sottoposto alla "Cura Ludovico", ossia la visione ininterrotta di filmati raffiguranti scene raccapriccianti e violente, attraverso le quali, tramite un condizionamento chimico, il protagonista riuscirà a trasformarsi, provando disgusto per la violenza. Uno dei filmati, che rappresenta un campo di concentramento, porta come accompagnamento musicale il quarto movimento della Nona Sinfonia (l'Inno alla Gioia) che in seguito non riuscirà più ad ascoltare.

Un altro celebre esempio lo si trova nel film d'animazione Fantasia (1940) di Walt Disney dove viene utilizzata la Sinfonia n. 6 "Pastorale" per rappresentare un'idilliaca scena mitologica. Inoltre, nel film per famiglie di grande successo Beethoven (1992) di Brian Levant il protagonista, un cane di razza San Bernardo adottato da una famiglia statunitense e al centro di numerose avventure, viene chiamato con il cognome del compositore. Dopo la scelta del nome, partono le prime note della Quinta Sinfonia con un immagine di Beethoven sullo sfondo.

Alcuni altri esempi di colonne sonore sono:

  • Elephant (Gus van Sant, Palma d'oro a Cannes nel 2003) è una pellicola composta da pochi dialoghi con soltanto due pezzi come accompagnamento sonoro, Per Elisa e Sonata al chiaro di luna;
  • Equilibrium di Kurt Wimmer che utilizza il primo movimento delle nove sinfonie di Beethoven che hanno lo scopo di trasmettere un'emozione forte visto che la pellicola è basata su un'assenza di emozioni;
  • in V per Vendetta dei fratelli Wachowski, si può notare il primo movimento della Quinta sinfonia di Beethoven ad un momento della pellicola.

La vita di Beethoven ha ispirato una trentina di film a partire dal periodo muto (dal 1918): tra queste sono da citare:

  • Un grand amour de Beethoven, film francese diretto da Abel Gance (1936) ;
  • Eroica, film austriaco del 1949 diretto da Walter Kolm-Veltée, con Ewald Balser nella parte del compositore ;
  • Sinfonia del destino, diretto da Georg Dressler nel 1962;
  • Beethoven lives upstairs, diretto da Barbara Nichol e Scott Cameron nel 1989;
  • Rossini! Rossini!, diretto da Mario Monicelli nel 1990, parte che in seguito sarà tagliata nel montaggio definitivo;
  • Immortal Beloved, distribuito in Italia con il titolo Amata immortale e in Francia con il titolo Ludwig van B. diretto da Bernard Rose nel 1994;
  • Musikanten, diretto da Franco Battiato nel 2005, dove il compositore è interpretato dal regista Alejandro Jodorowsky;
  • Copying Beethoven, diretto da Agnieszka Holland nel 2006 e distribuito in Italia con il titolo Io e Beethoven, storia del compositore (Ed Harris) e della sua passione amorosa per la sua assistente copista Anna Holtz (Diane Kruger).

[modifica] Beethoven in altri ambiti

  • (Astronomia) A Beethoven è stato intitolato il cratere Beethoven, sulla superficie di Mercurio.
  • (Libri) Beethoven ha lasciato un Trattato d'armonia e della composizione[49]che è stato tradotto da Fétis nel 1833.
  • (Fumetti) Un'altra passione smodata per Beethoven è quella del bambino pianista Schroeder del fumetto Peanuts.
  • (Musica contemporanea) Roberto Diem Tigani è l'autore delle nuove elaborazioni critiche dell'incompiuto Concerto per violino e orchestra WoO 5 e del Concerto per pianoforte e orchestra WoO 4. Lo stesso autore ha promosso e avviato, nel 1999 un progetto di ricerca sugli inediti beethoveniani.
  • (Cinema) Beethoven è il nome del cane protagonista dell'omonimo film del 1992 (e dei suoi sequel): viene chiamato così perché trovato con le zampe su un pianoforte il cui spartito reca un brano del musicista tedesco.

[modifica] Note

  1. ^ Fonte: estratto di una conversazione di Haydn con Beethoven riportata dal flautista Louis Drouet, in: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pag. 45
  2. ^ Fonte: Rolland R, Vita di Beethoven, Parigi, 1903
  3. ^ Spesso nominato anche come Louis o Lodewijk in lingua olandese.
  4. ^ Fonte: lvbeethoven.com – Genealogia del musicista
  5. ^ Fonte: Franz Gerhard Wegeler e Ferdinand Riesz, Biogr. Notizen über Ludwig van Beethoven, Coblenza, 1838
  6. ^ Fonte: Ludwig van Beethovens Konversationhefte, a cura di K.-H. Köhler/G. Herre/D. Beck et al., voll. 1-10, Lipsia, 1968-1993.
  7. ^ Fonte: Massin J e B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pp. 6-8
  8. ^ Fonte: radiofrance.fr – Reperti biografici
  9. ^ Musica: lvbeethoven.com – Ascolta le Variazioni Dressler
  10. ^ Contrariamente a un'idea diffusa, Beethoven non riprese la lezione di Mozart. Una volta che ebbe avuto modo di ascoltare i suoi virtuosismi al pianoforte, Mozart ebbe a confidare: «fate attenzione a costui, farà parlare di sé in tutto il mondo» – Accademia di Digione
  11. ^ Fonte: I compositori e la storia della medicina [1]
  12. ^ Se è giusto affermare che il musicista era per sua natura dal carattere impulsivo e che la sua volontà selvaggia d'indipendenza lo rendeva indocile o detestabile in pubblico, è altrettanto giusto affermare che era generoso, onesto e spesso tenero, come lo attestano la sua corrispondenza e le prove della sua epoca.
  13. ^ Fonte: Estratto dal Testamento di Heiligenstadt di Beethoven, in: Lecompte M, Guide illustré de la musique symphonique de Beethoven, Fayard, 1995, pag. 319
  14. ^ «Non è dunque nulla di più che un uomo ordinario! Ora calpesterà i diritti umani, non obbedirà soltanto alla sua ambizione; vorrà elevarsi al di sopra di tutti gli altri, diventerà un tiranno!» — Reazione di Beethoven alla notizia che Napoleone si era proclamato imperatore, riportata da Ferdinand Ries, in: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pag. 128
  15. ^ Fonte: Massin J e B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, p. 639
  16. ^ Al poeta Christophe Kuffner il quale domandava quale fosse la sinfonia da lui preferita, Beethoven rispose: «L'Eroica! — Avrei creduto quella in do minore — No, no! L'Eroica!» in: [2]
  17. ^ Beethoven aveva scritto un'ouverture per quest'opera ipotetica. Willem Holsbergen ha tentato di ricostruire l'ouverture, che è pubblicata sotto il numero 454 del catalogo Biamonti.
  18. ^ Fonte: Lettera di Beethoven a Franz Gerhard Wegeler, 16 nov. 1801, in: (EN) beethoven-haus-bonn.de
  19. ^ Fonte: Lecompte M, Guide illustré de la musique symphonique de Beethoven, Fayard, 1995, p. 131
  20. ^ Nonostante la sua fama, questo concerto pare essere stato un disastro artistico, poiché l'orchestra prescelta non aveva il tempo necessario per le prove, con Beethoven che insultava copiosamente i musicisti.
  21. ^ Fonte: beethoven-haus-bonn.de – Beethoven e il denaro
  22. ^ L'ipotesi che Beethoven sia stato il padre di quella bambina è stata variamente discussa dai biografi e rafforzata dallo studio dei coniugi Maynard del 1967.
  23. ^ Fonte: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pp. 232-44
  24. ^ Fonte: Solomon M, Beethoven, Lattès, 1985, p. 185-216
  25. ^ Fonte: uquebec.ca – Universita del Québec
  26. ^ Fonte: Rolland R, Vie de Beethoven, Paris, 1903 – musicologie.org
  27. ^ Fonte: altamusica.com
  28. ^ Fonte: (EN) beethoven-haus-bonn.de
  29. ^ Per la storia della Nona Sinfonia si rimanda all'analisi molto completa dei coniugi Massin, in: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pp. 699-712
  30. ^ «L'Inghilterra tiene una situazione alta di civiltà. A Londra, tutto il mondo sa qualcosa e lo sa bene, ma i viennesi parlano solamente di mangiare e bere; canta e raschia della musica insignificante, o la fabbrica lui stesso.» – Beethoven in una lettera a Johann Stumpff, in: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, p. 428
  31. ^ Lungo tutto l'arco della sua esistenza viennese, Beethoven aveva cambiato ben trenta appartamenti.
  32. ^ Fonte: Massin J et B, Ludwig van Beethoven, Fayard, 1967, pp. 449-50
  33. ^ Fonte: musicologie.org
  34. ^ Questa ipotesi, largamente ripresa, è stata contestata da alcuni biografi del compositore come Maynard Solomon.
  35. ^ Fonte: (EN) beethoven-haus-bonn.de – Ultima lettera di Beethoven
  36. ^ Gli studi recenti, e in particolare quello di Maynard Solomon, hanno sostanzialmente demolito la sua attendibilità.
  37. ^ Fonte: (EN) Health Research Institute: conferenza stampa del dottor William J. Walsh, 17 ottobre 2000
  38. ^ Fonte: (FR) Science et Vie, n. 1061, p. 20, febbraio 2006.
  39. ^ Fonte: Beethoven fu vittima di una medicazione letale con una pomata al piombo – Il Messaggero, 30 agosto 2007.
  40. ^ ad esempio il solo primo movimento della Sinfonia Eroica dura grosso modo quanto una intera sinfonia giovanile di Mozart.
  41. ^ (DE) A. Sandberger, Die Inventare der Bonner Hofkapelle (in Sandberger, Ausgewählte Aufsätze zur Musikgeschichte, II, Monaco di Baviera, Drei Masken, 1924, p.109-130); S. Brandenburg, Die kurfürstliche Musikbibliothek in Bonn und ihre Bestände im 18. Jahrhundert, BJ, II serie, VIII (1975), p. 7-47; entrambi citati da Solomon in Beethoven, Fayard, 2003, p. 80.
  42. ^ C. Rosen, Le style classique: Haydn, Mozart, Beethoven, Gallimard, 2000, p.514-548
  43. ^ M. Vignal, Muzio Clementi, Fayard/Mirare, 2003, p. 35 e 63
  44. ^ Scritto da Beethoven all'amico Krumpholz, 1802, v. ramifications.be
  45. ^ Anche conosciuta come "Marcia Funebre", anche se il titolo non proviene dal'autore
  46. ^ a b Il titolo originale dell'autore è «Sonata Quasi una Fantasia»
  47. ^ Originariamente, l'autore non indica a questa Sonata nessun titolo
  48. ^ indicate da Beethoven come "Leichte Sonate", ovvero "Sonata Facile"
  49. ^ Beethoven, L. (2003) Trattato d'armonia e di composizione, Bologna, Forni Editore (ristampa anastatica, Milano, 1855), ISBN 9788827120101

[modifica] Bibliografia

  • Gaspare Scuderi: Beethoven, le sonate per pianoforte, (prima ed. Milano, Sonzogno, 1933, rist. 1951), Franco Muzzio Editore, Padova, 1985, ISBN 88-7021-278-5
  • Nino Salvaneschi, La vita eroica di Beethoven, Dall'Oglio, Milano 1947
  • G. Biamonti, Beethoven, esposizioni, commenti, critiche: i Quartetti, Roma, 1948
  • Georg Kinsky - Hans Halm, Tematisch-Bibliographisches Verzeichnis aller vollendeten Werke Ludwig van Beethoven, G. Henle Verlag, Monaco di Baviera, 1955
  • G. Carli Ballola, Beethoven, Milano, 1967
  • P. Rattalino, Le sonate per pianoforte di Beethoven, Torino, 1970 (1989), ISBN 88-7663-165-8
  • L. Magnani, Beethoven nei suoi Quaderni di conversazione, Torino, 1975
  • L. Della Croce, Ludwig van Beethoven. Le nove Sinfonie e le altre opere per orchestra, Pordenone, 1986, ISBN 88-7692-135-4
  • M. Solomon, Beethoven / La vita, l'opera, il romanzo familiare, a cura di Giorgio Pestelli, Marsilio Editori, Venezia, 1986-2002, ISBN 88-317-6346-6
  • G. Pestelli (a cura di), Beethoven, Il Mulino, Bologna, 1988, ISBN 88-15-0949-9
  • G. Pugliese, Il pianoforte di Beethoven, Treviso, 1991
  • M. Solomon, Il diario di Beethoven, Milano, 1992, ISBN 88-425-1354-7
  • F. G. Wegeler e F. Ries, Beethoven. Appunti biografici dal vivo, Bergamo, 1993, ISBN 88-7186-039-X
  • G. von Breuning, Ludwig van Beethoven nei miei ricordi giovanili, Milano 1995, ISBN 88-7710-163-6
  • H. C. Robbins Landon, Beethoven, la sua vita ed il suo mondo in documenti e immagini d'epoca, Milano 1997
  • L. Della Croce – S. Brandenburg, Ludwig van Beethoven. Epistolario
Vol. I, (1783 - 1807), Milano 1999, ISBN 88-8118-426-5
Vol. II, (1808 – 1813), Milano 2000, ISBN 88-8118-609-8
Vol. III, (1814 – 1816), Milano 2001, ISBN 88-8118-907-0
Vol. IV, (1817 – 1822), Milano 2002, ISBN 88-8491-292-X
Vol. V, (1823 – 1824), Milano 1999, ISBN 88-8491-501-5
Voll. VI, (1825 - 1827), Milano 2007, ISBN 88-8491-969-X
Vol. VII, in preparazione
  • A. Bini - R. Grisley, van Beethoven. Le Sinfonie e i Concerti per pianoforte, Milano, 2001
  • P. Buscaroli, Beethoven, Milano, 2004, ISBN 88-17-87064-1
  • Fabrizio Della Seta,Beethoven: Sinfonia Eroica. Una guida, Carocci, Roma, 2004, ISBN 88-430-3039-6
  • L. Della Croce, Ludwig van Beethoven, L'Epos, Palermo, 2005, ISBN 88-8302-280-7
  • James F. Green, Il nuovo catalogo Hess delle opere di Beethoven, traduzione dall'inglese di Cristoforo Prodan, Zecchini Editore, Varese, 2006, ISBN 88-87203-50-4
  • K. Kropfinger, Beethoven, traduzione di G. Taglietti, Ricordi/BMG Publications, Milano, 2006, ISBN 88-7592-815-0

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