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Grande fuga - Wikipedia

Grande fuga

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La Grande fuga (Große Fuge) op. 133 è una composizione per quartetto d'archi in un solo movimento di Ludwig van Beethoven famosa per l'estrema tecnica richiesta nella sua esecuzione e per la sua natura introspettiva ed enigmatica, superiore persino agli standard raggiunti dal compositore nel suo ultimo periodo di attività. Fu scritta tra il 1825 e 1826, quando il compositore era già completamente sordo.

Beethoven in un primo tempo compose l'imponente fuga come movimento finale del suo Quartetto d'Archi n. 13 in Si bemolle maggiore op. 130. Tuttavia, essendo la Fuga talmente ardua per gli esecutori contemporanei, nonché inaccessibile e impopolare per la maggior parte del pubblico, l'editore di Beethoven insistette con lui affinché scrivesse un nuovo finale per il quartetto d'archi.

Era nota la caparbia personalità di Beethoven e la sua indifferenza verso le opinioni e i gusti del pubblico, ciò nonostante, in quest'occasione egli accettò le richieste del suo editore e pubblicò la Fuga come una composizione indipendente, con un numero d'opera a sé; Große Fuge op. 133 "Tanto libera, quanto ricercata". Scrisse poi un finale che sostituì la Fuga nel quartetto op.130, questa volta dal carattere decisamente più luminoso e disteso, più affine agli altri movimenti dell'opera.

Attualmente, le esecuzioni del quartetto spesso includono entrambi i movimenti: la Fuga e il nuovo finale scritto a sostituzione.

Quando la composizione fu eseguita per la prima volta, il pubblico acclamò il bis soltanto per i due movimenti centrali del quartetto. Beethoven, furioso, fu sentito lamentarsi : «E perché non il bis della fuga? Quella soltanto dovrebbe essere ripetuta! Gentaglia! Asini!» Molti critici dell'Ottocento hanno rifiutato la Große Fuge. Daniel Gregory Mason la giudicò "ripugnante", e Louis Spohr, assieme agli ultimi lavori di Beethoven "un indecifrabile, incomprensibile orrore"

Tuttavia, l'opinione della critica su questo capolavoro è andata costantemente migliorando sin dall'inizio del '900. L'op. 133 è stata totalmente rivalutata, ed oggi è considerata tra le più grandi realizzazioni di Beethoven.

Igor Stravinskij della Große Fuge disse: «...il più perfetto miracolo di tutta la musica. Senza essere datata, né storicamente connotata entro i confini stilistici dell'epoca in cui fu composta, anche soltanto nel ritmo, è una composizione più sapiente e più raffinata di qualsiasi musica ideata durante il mio secolo.(...) Musica contemporanea che rimarrà contemporanea per sempre.»

[modifica] Analisi

Il quartetto si apre con una Overture di 24 battute che introduce uno dei due soggetti della fuga, un motivo molto affine a quello che apre il Quartetto d'Archi n. 15 in La minore Op. 132. Beethoven s'immerge poi in una doppia fuga tumultuosa, con un secondo soggetto caratterizzato da drammatici cambi della tonalità e violente dissonanze che si susseguono rapidissime e che pongono, nella sua esecuzione, impervie difficoltà d'intonazione per ognuno dei quattro strumenti.

A seguire l'apertura fugata ci sono una serie di sezioni con tonalità, ritmi e tempi in contrasto tra loro, con brusche interruzioni, che creano una trama inaspettata e sorprendente. Nel finale i toni si rallentano con lunghe pause che conducono l'ascoltatore alla ricapitolazione dell'ouverture che porta allo slancio finale ed alla chiusura del movimento.

Simile ad altri finali di Beethoven, come ad esempio l'Inno alla gioa della Sinfonia n. 9 in Re minore "Corale" op.125, la Große Fuge può essere vista come un insieme di tempi contenuti in uno solo ampio movimento, dove ogni sezione minore è il frutto dell'elaborazione del tema originale.

La Grande fuga è anche un esempio dell'ultimo stile di composizione investigato da Beethoven negli ultimi anni della sua vita: la sintesi delle variazioni su un tema, della forma sonata e della fuga, tutte sapientemente amalgamate tra loro. La sezione lirica in Si bemolle della composizione assume il peso di un tempo d'adagio indipendente dal resto della composizione. Alcuni commentatori hanno tentato di analizzare l'intero pezzo in termini di forma sonata.

[modifica] La versione per pianoforte a 4 mani

Il 13 ottobre 2005 è stato reso noto [1][2] che un manoscritto autografo di Beethoven datato 1826, intitolato "Grosse Fuge" (una versione per Piano Forte a quattro mani del quartetto d'archi op. 133) è stato trovato nel giugno 2005 da un bibliotecario della Pennsylvania al Palmer Theological Seminary a Wynnewood, Pennsylvania. Questo lavoro, trascritto per pianoforte a quattro mani, è conosciuto come op. 134, e se ne erano perse le tracce per quasi 115 anni. Il manoscritto è stato messo all'asta da Sotheby's il 1 dicembre 2005 ed aggiudicato per 1.95 milioni di dollari da uno sconosciuto compratore. L'acquirente del manoscritto, pur cercando di rimanere nell'anonimato, si è in seguito rivelato essere Bruce Kovner, un multimiliardario, che ha poi donato il manoscritto - insieme con altre 139 rarità musicali – alla Juilliard School of Music di New York nel febbraio 2006. Questo è quanto si sa del prezioso originale: il manoscritto elencato in un catalogo del 1890 e messo all'asta a Berlino e che è stato venduto ad un'industriale di Cincinnati, Ohio; sua figlia lo donò insieme con altri manoscritti, inclusa una Fantasia di Mozart, ad una chiesa di Philadelphia, Pennsylvania nel 1952. Non è però noto come la libreria sia venuta in possesso del manoscritto.

L'importanza di questo manoscritto sta nel fatto che Beethoven, quando separò il movimento dal quartetto volle cercare di renderlo sia accessibile al pubblico, che attuabile nell'esecuzione. Per realizzare cio' in quegli anni, privi di riproduzione fonografica, elettronica o meccanica, una soluzione possibile sarebbe stata di: intavolarne una riduzione per pianoforte a quattro mani; con questa tecnica molte delle opere sinfoniche più complesse furono rese disponibili anche per una esecuzione "domestica".

L'editore commissionò a qualcun altro la trascrizione, ma Beethoven rimase talmente scontento dell'esito, che egli stesso prese l'impegno di curarne l'adattamento che è oggi conservato nel manoscritto pubblicato come op. 134. Trattandosi di lavoro autografo, si possono capire sia le tecniche adoperate dal Maestro nella nuova stesura, sia le volonta' che trapelano direttamente dal suo estro.

[modifica] Collegamenti esterni


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