Vittoriano
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Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II (meglio conosciuto con il nome di Vittoriano) è un monumento nazionale di Roma situato in piazza Venezia.
Il monumento viene spesso erroneamente identificato con l'Altare della Patria, che in realtà ne è solo una parte; altrettanto erroneamente, il suo nome potrebbe indurre a pensare che sia un tributo alla vittoria: in realtà il termine Vittoriano deriva dal nome di Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d'Italia, cui il complesso monumentale è dedicato.
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[modifica] La costruzione del monumento
[modifica] Il progetto
Alla morte di Vittorio Emanuele II, nel 1878, fu deciso di innalzare un monumento che celebrasse il Padre della Patria e con lui l'intera stagione risorgimentale. Nel 1880 fu bandito un primo concorso internazionale, senza esito. Nel successivo concorso, bandito nel 1882, la partecipazione fu riservata ai soli progettisti italiani. Fu anche stilato un dettagliato elenco di indicazioni per il progetto, che prescrivevano "un complesso da erigere sull'altura settentrionale del Campidoglio, in asse con la via del Corso; una statua equestre in bronzo del Re; uno sfondo architettonico di almeno trenta metri di lunghezza e ventinove d'altezza, lasciato libero nella forma ma atto a coprire gli edifici retrostanti e la laterale Chiesa di Santa Maria in Aracoeli". I concorrenti ebbero un anno di tempo per consegnare il progetto. Le proposte presentate furono 98 e delle tre selezionate per la scelta finale la commissione reale votò all'unanimità quella di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano.
Il progetto originario dell'opera (una delle più grandi realizzate nell'Ottocento) prevedeva l'utilizzo del travertino romano, ma il monumento venne poi realizzato in marmo di Botticino, famosa pietra di provenienza bresciana, più facilmente modellabile e proveniente dalla zona d'origine di Giuseppe Zanardelli (che aveva emanato il regio decreto per la costruzione del monumento). Il progetto di Sacconi si ispirava a grandi complessi classici come l'Altare di Pergamo e il tempio di Palestrina; il monumento avrebbe dovuto essere quindi un grande spazio pensato come un "foro" aperto ai cittadini, in una sorta di piazza sopraelevata nel cuore della Roma imperiale, simbolo di un'Italia unita dopo la Roma dei Cesari e dei Papi.
[modifica] La costruzione
Per erigerlo fu necessario, fra il 1885 e il 1888, procedere a numerosi espropri e demolizioni nella zona adiacente il Campidoglio, effettuati grazie a un preciso programma stabilito dal Primo Ministro Agostino Depretis. Si procedette così alla demolizione di un vasto quartiere medioevale e furono abbattuti la Torre di Paolo III, il cavalcavia di collegamento con Palazzo Venezia, i tre chiostri del convento dell'Ara Coeli e tutta l'edilizia minore presente sulle pendici del colle. In questo modo cambiò radicalmente l'assetto urbanistico della zona con il sacrificio di via dell'Ara Coeli, ancora esistente, non più strada principale che collegava il Campidoglio con il quartiere adiacente. I lavori di scavo portarono alla luce l'insula dell'Ara Coeli, risalente al II secolo d.C., ancora oggi visibile sul lato sinistro del monumento. Nella politica di espropri venne deciso nel 1928 lo smantellamento della seicentesca Chiesa di Santa Rita, che sorgeva alle pendici della scalinata dell'Ara Coeli, ed il suo spostamento, dieci anni più tardi, nell'attuale locazione, nei pressi del Teatro di Marcello.
Dopo la morte di Sacconi, avvenuta nel 1905, i lavori proseguirono sotto la direzione di Gaetano Koch, Manfredo Manfredi e Pio Piacentini. Il complesso monumentale venne inaugurato da Vittorio Emanuele III il 4 giugno 1911, in occasione dell'Esposizione Internazionale per i cinquant'anni dell'Unità d'Italia. I lavori di completamento dell'opera ebbero fine tuttavia molto più tardi (le quadrighe dell'Unità e della Libertà, rispettivamente degli scultori Carlo Fontana e Paolo Bartolini, vennero poste sui propilei fra il 1924 e il 1927, mentre gli ultimi lavori terminarono nel 1935).
Il complesso del Vittoriano, in perfetto stile neoclassico e con audacissime tecniche costruttive per l'epoca, celebra la grandezza e la maestà di Roma, finalmente restituita al suo ruolo di legittima Capitale d'Italia.
[modifica] L'esterno
L'edificio, per le sue notevoli dimensioni, presenta una struttura dinamica e complicatissima con un portico neoclassico caratterizzato da colonne in stile corinzio (con foglie d'acanto scolpite sul marmo) che coincidono ai lati con due rispettivi pronai a due colonne (realizzate sempre con capitelli corinzi) che ci riportano agli splendori del tempietto della Nike (la Vittoria "personificata") dell'acropoli di Atene.
Il coronamento dell'edificio, in corrispondenza di ciascun pronao, è ornato da due quadrighe bronzee sormontate da Vittorie alate, che ripropongono le sinergie architettoniche ed espressive degli archi di trionfo.
La costruzione dell'edificio ha sollevato parecchie polemiche nella critica d'arte più intransigente e "bigotta" che essendo inquadrata in visioni artistiche senza soluzione di dinamicità, vedeva nell'edificio (anche dopo che la costruzione era stata completata) un tentativo anacronistico e "mal riuscito" di riportare a Roma la classicità dell'età imperiale. Giornalisti e scrittori polemicamente soprannominarono il monumento "torta nuziale" o "macchina da scrivere". Certamente discutibile la scelta del marmo botticino invece del tipico travertino romano, negando una fusione del monumento con la città circostante.
[modifica] Le fontane dei due mari
La fontana di sinistra, di Emilio Quadrelli, rappresenta l'Adriatico, rivolto a Oriente, con il Leone di San Marco. A destra il Tirreno, di Pietro Canonica, con la lupa di Roma e la sirena Partenope, a simboleggiare la città di Napoli.
[modifica] Scalinata
La scalinata è stata riaperta nel 2000 dopo circa quarant'anni di restauri dell'intero complesso. All'interno si trovano degli spazi espositivi dedicati alla storia del Vittoriano stesso e la sede del Museo Nazionale del Risorgimento, che da alcuni anni ospita anche mostre di pittura.
Diversi sono i simboli vegetali che ricorrono nel monumento, fra i quali si ricordano la palma per la vittoria, la quercia per la forza, l'alloro per la pace vittoriosa, il mirto per il sacrificio e l'ulivo per la concordia.
Dal Giugno 2007 è possibile salire alla terrazza delle quadrighe usufruendo di un ascensore; la terrazza, da cui si ha una vista impareggiabile della città eterna, è anche raggiungibile tramite 196 scalini che partono dal colonnato.
[modifica] Altare della Patria
Sulla scalinata si trova l'Altare della Patria che, contrariamente a quanto si crede, è solamente una parte del complesso, ossia la parte situata poco oltre la scalinata, dove si trovano il picchetto d'onore e la grande statua della dea Roma con sfondo dorato. L'Altare della Patria venne disegnato dallo scultore bresciano Angelo Zanelli, che vinse il concorso nel 1906.
Il progetto vincitore era ispirato alle Bucoliche e alle Georgiche di Virgilio. Il bassorilievo di sinistra rappresenta il Lavoro, con nell'ordine (da destra a sinistra) le allegorie dell'Agricoltura, dell'Allevamento, della Mietitura, della Vendemmia e dell'Irrigazione, poi il genio alato del Lavoro sale su un grande aratro trionfale, seguito dall'Industria. Il secondo bassorilievo simboleggia l'Amore di Patria, con una rappresentazione (da sinistra a destra) di tre donne che portano corone onorarie a Roma, seguite dai labari (le insegne legionarie), poi il carro vittorio dell'Amore di Patria e l'Eroe, a cui segue infine il fuoco sacro della Patria.
All'interno è tumulato il Milite Ignoto: si tratta di una salma di un soldato italiano sconosciuto selezionata tra quelle dei caduti della Prima guerra mondiale scelta proprio in rappresentanza di tutti i soldati che non hanno potuto avere una tomba con il loro nome. Colei che scelse la salma fu Maria Bergamas, madre del volontario irredento Antonio Bergamas che aveva disertato dall'esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo fosse ritrovato. La salma venne posta nel monumento il 4 novembre del 1921 [1] .
[modifica] Le iscrizioni
La tematica centrale del monumento è rappresentato dalle due iscrizioni sui propilei: "PATRIAE UNITATI" "CIVIUM LIBERTATI", (in lingua latina "All'unità della Patria" e "Alla libertà dei cittadini"), ciascuna posta sotto le due quadrighe di Carlo Fontana e Paolo Bartolini.
[modifica] Statue delle Regioni
Le regioni e le città sono elementi centrali del complesso: ognuna delle statue delle sedici regioni italiane (tante erano alla fine dell'Ottocento) venne affidata ad uno scultore di quella stessa regione. Nell'ordine: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.
Piemonte. La statua rappresenta le attuali regioni del Piemonte e della Valle d’Aosta. È rappresentata come guerriero, con gladio ed elmo coronato da un’aquila, a rappresentare la partecipazione alle Guerre di Indipendenza e al Risorgimento.
Lombardia. Porta in capo la Corona Ferrea e sta per sguainare la spada, per ricordare sia Milano capitale dell’Impero Romano d’Occidente sia l’antico regno italico medievale, anticipazione del nuovo Regno d’Italia per i quale i Lombardi tanto combatterono.
Veneto. La statua rappresenta le tre regioni attuali del Veneto, del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia. All’epoca di costruzione del Monumento, infatti, il Trentino, l’Alto Adige e la Venezia Giulia non erano infatti ancora stati riuniti all’Italia, mentre il Friuli era tutt’uno con il Veneto. La statua veste gli abiti del Doge e porta lo scudo con il Leone di S. Marco e lo scettro della Serenissima Repubblica. Ricorda la potenza marinara di Venezia e le gloriose pagine di storia risorgimentale scritte da tutti gli abitanti del Nord Est d’Italia.
Liguria. La statua porta la corona ducale e al suo fianco è presente la prua di una nave, a simboleggiare la potenza marinara di Genova e lo spirito intraprendente ed avventuroso dei Liguri, primo tra tutti Cristoforo Colombo.
Emilia. La statua rappresenta l’odierna regione dell’Emilia-Romagna. Porta in capo il cappello frigio, simbolo dell’amore per la libertà, ricordata anche dalla scritta “Libertas” posta sullo scudo. I libri delle leggi e i fasci littori sono simbolo invece dell’antichissima università di Bologna, da secoli faro di cultura e di Diritto (i fasci non hanno alcun riferimento al fascismo, naturalmente, che non era ancora sorto all’epoca di costruzione del Monumento). Scultore il cesenate Mauro Benini
Toscana. La statua di questa regione è incoronata di alloro, per ricordare che il padre della lingua italiana fu il fiorentino Dante Alighieri. La fiaccola simboleggia la cultura toscana, che portò luce nell’intera Europa, specie durante il Quattrocento. Lo scudo con il leone di Firenze ricorda il coraggio dei patrioti toscani.
Marche. Con la mano sinistra regge una lira, sacra ad Apollo dio delle arti, per ricordare che le Marche sono una terra di amatissimi poeti, pittori, musicisti come Leopardi, Raffaello, Rossini, Pergolesi e il Bramante. La mano destra poggia su un timone di nave, per ricordare gli avventurosi pescatori marchigiani e l’antica tradizione marinara di Ancona.
Umbria. - scultore: Elmo Palazzi. La statua è caratterizzata dal capo velato come i sacerdoti dell’età classica e dalla patera inclinata nel gesto della libazione, per ricordare lo spirito mistico dell’Umbria e i grandi santi di questa regione che illuminarono l’Italia e l’Europa. Sono umbri infatti il patrono d’Italia San Francesco d’Assisi, Santa Chiara e il patrono d’Europa San Benedetto.
Abruzzi. La statua rappresenta le due regioni attuali dell’Abruzzo e del Molise. È vestita con pelle di leone che le copre anche la testa. In una mano porta un ramo di quercia e nell’altra il bastone da viaggio, per rappresentare la natura aspra delle splendide montagne, il carattere forte e gentile degli abitanti e l’antica pratica della transumanza.
Campania. La statua porta una cornucopia ricolma di frutta, antico simbolo di abbondanza e di fortuna, per ricordare l’antico epiteto di Campania felix, dovuto alla fertilità del suolo vulcanico, e legato alla celebre mitezza del clima, con cieli azzurri e sole splendente.
Puglia. La statua ha un abito semplice e capelli sciolti, offre grappoli d’uva e si appoggia su un aratro. Tutto ciò ricorda la fertilità del Tavoliere e di tutto il suolo pugliese, che rifornisce di uva, di grano e di tanti altri saporiti prodotti le altre regioni d’Italia.
Lucania. La statua rappresenta l’attuale Basilicata. È vestita con una toga e stringe una spada. Ciò serve a ricordare l’antica civiltà di questa terra, risalente alla colonizzazione greca e fiorente sotto l’Impero Romano e il carattere forte e temprato dei Lucani.
Calabria. Rivestita di una pelle di animale selvatico, regge una spada e lo scudo della dea Atena. Ciò ricorda la splendida civiltà greca che allignò sulle coste calabre, ma anche l’aspetto selvaggio delle foreste e delle montagne che si trovano al suo interno, in vista dello Ionio e del Tirreno.
Sicilia. La statua porta un fascio di grano, per ricordare la fertilità e la ricchezza della terra siciliana; regge anche uno scudo con l’antico simbolo della Trinacria, espressione della forza di questa terra ed anche della abbondanza di fantastici miti e leggende ad essa legate fin dall’epoca più antica.
Sardegna. La statua porta lo scettro ed una corona in mano, per ricordare che le battaglie che portarono all’unità e alla indipendenza d’Italia partirono proprio dal Regno di Sardegna, e che tanti Sardi, fin dall’inizio, combatterono durante il Risorgimento. La corona è generosamente tenuta in mano e non sulla testa per ricordare che dal Regno di Sardegna nacque il Regno d’Italia.
Le statue delle quattordici città nobili dell'Italia riunificata, al contrario di quelle rappresentanti le regioni, sono tutte dello stesso autore: Eugenio Maccagnani. Ogni città è stata rappresentata con una propria simbologia:
- Genova: indossa l'abito dei dogi della Repubblica
- Milano: lo scudo presenta il biscione, simbolo dei Visconti, e la croce comunale
- Palermo: il serpente intorno al braccio è uno dei simboli più antichi della città
- Firenze: il personaggio indossa il lauro della poesia, e assomiglia molto alla Beatrice dantesca
- Venezia: nello stemma il leone è "in molèca", ossia nella posizione del granchio
- Napoli: oltre alla collana di dignità, indossa un abito regale
- Bologna: porta la corona dottorale e un codice del Diritto
- Ravenna: gli abiti sono quelli dell'esarcato bizantino
- Torino: la tradizione bellicosa cittadina è simboleggiata dall'armatura (situata al centro, poiché prima capitale d'Italia)
- Ferrara: la lira rappresenta la colta corte locale degli Estensi
- Pisa: a ricordo della Repubblica, porta il berretto frigio
- Mantova: oltre alla corona ducale, Virgilio è presente nello scudo
- Amalfi: la bussola dell'amalfitano Flavio Gioia viene raffigurata nello stemma
- Urbino: gli abiti sono rinascimentali, per ricordare il periodo d'oro della splendida città marchigiana.
[modifica] Vittorie su colonne trionfali
Queste statue erano in origine dorate, e furono scolpite da Nicola Cantalamessa, Adolfo Apolloni, Mario Rutelli e Arnaldo Zocchi nel 1911. Ogni figura è posta su di una sfera, l'altezza, compresa la sfera è di 3,70 metri.
Nell'ordine, guardando il momumento da davanti, di fronte al propileo di sinistra, sono situate all'esterno quella di Cantalamessa, con palma e serpente, ed all'interno quella di Apolloni, con spada.
Davanti al propileo di destra, all'interno quella di Mario Rutelli, ed all'esterno quella di Zocchi, entrambe reggenti corone d'alloro.
[modifica] Quadrighe dell'Unità e della Libertà
A simbolo dell'Unità (Patria Unitati) e della Libertà (Civium Libertati), furono previste già dal 1885 ma vennero collocate per la prima volta solamente nel 1927; furono realizzate proprio nello stesso anno da Carlo Fontana (Unità) e Paolo Bartolini (Libertà).
Il monumento è alto così ben ottantuno metri. Rosalia Bruni fu la modella scelta da Fontana per la Vittoria sulla quadriga dell'Unità, mentre tradizione vuole che il volto sulla quadriga della Libertà sia quello della nobildonna Vittoria Colonna, duchessa di Sermoneta.
[modifica] I Valori degli italiani
Ulteriore gruppo di sculture è quello che prende che raffigura gli ideali valori degli italiani, 4 in marmo botticino e 2 in bronzo. I gruppi hanno un'altezza di 6,0 metri:
- Il Pensiero, di Giulio Monteverde; bronzo, a sinistra guardando il monumento.
- L’Azione, di Francesco Jerace; bronzo, a destra.
- Il Sacrificio, di Leonardo Bistolfi, a destra all'interno.
- Il Diritto, di Ettore Ximenes, a destra all'esterno.
- La Forza, di Augusto Rivalta, a sinistra all'esterno.
- La Concordia, di Ludovico Pogliaghi, a sinistra all'interno.
[modifica] L'interno
[modifica] Sacrario delle Bandiere
Il Sacrario delle Bandiere è il luogo in cui sono raccolte e custodite le bandiere di guerra dei reparti militari disciolti e delle unità navali radiate dal naviglio dello Stato, nonché le bandiere degli istituti militari e delle unità appartenenti ai corpi armati dello stato (Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza) disciolte.
Presso il sacrario sono custoditi anche dei cimeli, relativi alle guerre, soprattutto risorgimentali, a cui hanno preso parte le forze armate italiane. Nel primo salone sono conservate 228 bandiere e 469 nel secondo. Al piano inferiore trovano posto le bandiere e gli stemmi di combattimento delle unità della Marina Militare Italiana.
[modifica] Galleria
[modifica] Note
[modifica] Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Vittoriano
[modifica] Bibliografia
- Carlo Dossi. I Mattoidi al primo Concorso pel Monumento in Roma a Vittorio Emanuele II. Note di Carlo Dossi. Roma, Casa Editrice A. Sommaruga e C., 1884.
- Monumento a Vittorio Emanuele sul Colle Capitolino di Roma. Progetto dell’On. Sacconi. Ricordo dei lavori eseguiti dal 1888 al 1891 presso il Monumento a Vittorio Emanuele II. Roma, Tip. Fratelli Pallotta, 1893.
- Luca Beltrami. Giuseppe Sacconi e il Monumento al Padre della Patria, Il Rinascimento. Rivista bimensile di Lettere e d’Arte, Milano, a. I, fasc. 1, 15 novembre 1905, 30-38.
- Primo Acciaresi. Giuseppe Sacconi e l’opera sua massima. Cronaca dei lavori del Monumento Nazionale a Vittorio Emanuele II illustrata da 330 incisioni. Roma, Tipografia dell’Unione Editrice, 1911.
- Marcello Venturoli. La patria di marmo (1870-1911). Pisa, Nistri-Lischi, 1953.
- Franco Borsi. L’architettura dell’Unità d’Italia. Firenze, Casa Editrice Felice Le Monnier, 1966, parte IV, I protagonisti, cap. I, Giuseppe Sacconi, pp. 157-165.
- Carrol Louis Vanderslice Meeks. Italian Architecture 1750-1914. London, New Haven, 1966, pp. 337-347.
- Paolo Portoghesi. L’eclettismo a Roma 1870-1922. Roma, De Luca Editore, s.a. [1968] ("Architettura italiana contemporanea", vol. 147), p. 75.
- Thorsten Rodiek. Das Monumento Nazionale Vittorio Emanuele II in Rom. Frankfurt am Main, Lang, 1983 ("Europäische Hochschulschriften. Reihe 28, Kunstgeschichte").
- Pier Luigi Porzio (a cura di). Il Vittoriano. Materiali per una storia. Roma, Fratelli Palombi Editori, vol. 1, 1986; vol. 2, 1988 (Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici del Lazio; "Itinerari d’arte e di cultura. Luoghi").
- Catherine Brice. Monumentalité publique et politique à Rome: le Vittoriano. Rome, École Française de Rome, 1998 ("Bibliothèque des écoles françaises d'Athénes et de Rome, École Française de Rome", n. 301).
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- Laura Caterina Cherubini, Pier Luigi Porzio. Monumento Nazionale a Vittorio Emanuele II. Il Vittoriano. Note storiche. Situazione conservativa e problemi di degrado. Interventi di restauro per la riapertura al pubblico del Monumento il 4 novembre 2000, in Camilla Capitani e Stefano Rezzi (a cura di), Architettura e Giubileo a Roma e nel Lazio. Gli interventi di restauro a Roma nel Piano per il Grande Giubileo del 2000. Napoli, Electa Napoli, 2002 (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Centrale per i Beni Archeologici Architettonici Artistici e Storici), pp. 299-310.
- Simona Antellini. Monumento Nazionale a Vittorio Emanuele II. Il Vittoriano. "Solo luce à amore per confine. Tu con il ferro io con l’amore" (G. Bargellini), ivi, pp. 311-320.
- Simona Antellini. Il Vittoriano: scultura e decorazione tra classicismo e liberty. Roma, Artemide, 2003.
- Paolo Marconi. Il Vittoriano, un Valhalla per il Re Galantuomo. Rivalutazione di un monumento "eroico", Ricerche di Storia dell’Arte. Roma, 2003, 80, 9-43.
- Fabio Mariano. Lo "stile nazionale". Giuseppe Sacconi e il Vittoriano, in Fabio Mariano (a cura di), L’età dell’Eclettismo. Arte e architettura nelle Marche fra Ottocento e Novecento. Firenze, Edizioni Nerbini, 2004, pp. 72-125.
- Gian Carlo Càpici (a cura di). Giuseppe Sacconi e il Vittoriano nella Terza Roma. Testi di Primo Acciaresi, Paolo Marconi, Gian Carlo Càpici. Roma, Pilaedit, 2005.
- Cristiano Marchegiani. Sul Vittoriano e il suo architetto. Contributo bibliografico allo studio del tardo Eclettismo, in Giuseppe Sacconi architetto marchigiano. Atti del convegno di studi di Montalto delle Marche, 23 settembre 2005 (Celebrazioni in occasione del centenario della morte dell’architetto), a cura dell’Archeoclub, sede di Montalto delle Marche, (Acquaviva Picena, Fast Edit) 2006, pp. 15-35.