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Storia di Benevento - Wikipedia

Storia di Benevento

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Voce principale: Benevento.

Indice

[modifica] La fondazione mitica

Origine del nome
Secondo una teoria, che appare poco solida, primo nome della città sia stato, in lingua osca, Malies o Malocis, poi mutato in Maloenton (oppure Maloenta o Malowent).Questa tesi, avvalorata da R.Garrucci in uno studio del 1875 (Le antiche iscrizioni di Benevento, Roma, 1875), si fonda sul ritrovamento di una moneta bronzea del IV secolo a.C., ritrovata nella metà del XVIII secolo, non sul suolo beneventano, nè sannita, ma in Campania, riportante sul diritto, la scritta Malies sull'esergo, oltre ad una testa di donna con la capigliatura chiusa in un sakkos; sul rovescio sono raffigurati un bue con volto umano, ed in alto una testa barbata. Un'altra, coetanea, porta raffigurato nel rovescio un bue, ed in alto un elmo coi guanciali, e nel diritto una testa giovanile che si può supporre essere quella di Apollo.

Un'altra moneta rinvenuta risale al III secolo a.C., dopo che la città era divenuta colonia romana. Su di essa è già scritto Benevento (forse una forma latina arcaica per il genitivo), ma il fatto interessante è che nel recto reca ancora la testa di Apollo, e nel verso un cavallo rampante, venerato nel culto di Apollo praticato nell'isola di Lesbo: nell'isola il dio era chiamato Maloeis, all'accusativo Maloenton.

Un'altra ipotesi fa riferimento ad una leggenda secondo cui il nome Malies deriva dall'antico popolo dei Mali, così chiamati dal nome del figlio di Anfizione. Essi erano tessali di provenienza, e abitavano nell'entroterra del golfo perciò detto Maliaco; non si sa se si spinsero fino alle fertili terre della Campania.

Ancora, si fa derivare il nome della città dal greco Mallos (vello di pecora) e dal suffisso enton, indicante un luogo di commerci. Maloenton avrebbe quindi il significato di centro di raccolta e di tosatura delle greggi.

Sembra che poi il nome della città si modificò, attraverso il dialetto italico, in qualcosa come Malventum /Maleventum , con un processo di traslitterazione simile a quello di Taras in Tarantum, o Acragas in Agrigentum.

Il nome venne poi mutato dagli stessi Romani nel 268 a.C., quando fecero di Maleventum una colonia: poiché avevano qui sconfitto Pirro nella battaglia del 275 a.C., ribattezzarono finalmente la città con il nome augurale di Beneventum.

Tutte le fonti classiche in possesso oggi concordano nel dire che Benevento è una città di antichissima fondazione. Una tradizione molto celebrata si rifà a Solino e Stefano di Bisanzio che la ritennero fondata da Diomede, eroe della guerra di Troia. Procopio (VI sec.) colorì la vicenda, narrandto di come l'eroe greco donò , invce che un Palladio, le enormi zanne del cinghiale calidonioucciso da suo zio Meleagro.La leggenda acquistò una parvenza storica quando nel sec. XIII si rinvenne in uno scavo un bassorilievo di marmo, creduto di età romana o precedente, nel quale era raffigurato un cinghiale da offrirsi in sacrificio, ancora oggi visibile incastonato nella facciata del campanile del DUomo della città. Successivamente, fu rinvenuto un altro bassorilievo ancora conservato presso il museo provinciale, in cui si raffigura una scena di caccia al cinghiale, in cui si è voluto riconoscere appunto Meleagro che uccide il cinghiale Calcedonio. Sicché dalla prima metà del XV sec. il comune pontificio di Benevento assunse il CInghiale come stemma. Potrebbe però esserci stata confusione tra un Diomede che partecipò alla caccia, figlio di Ares, e un Diomede omerico che dopo la guerra di Troia approdò sulle coste italiche. Inoltre, la vicenda della donazione delle zanne del cinghiale dello scrittore Procopio, si riferisce ad una Benevento apula, in puglia, e non sannitica, posta sulle coste di rimpetto alla Dalmazia, anticamente chiamata Maleventum a causa dei fortissimi venti che talora vi spiravano, tanto da rendere impossibile agli abitanti camminare per le vie.

Festo, invece, la credette fondata da Ausone, figlio di Odisseo e di Circe: una tradizione che suggerisce che Benevento fu in origine una città degli Ausoni. Un'altra leggenda, d'altra parte, la vuole città sannitica: secondo tale leggenda un pastore, chiamato Sagno Sabino, avrebbe fondato la città sui colli della Guardia, dandole il proprio nome. Successivamente essa prese quello di Beneventum, dio del buon-evento da lui venerato, il cui culto sarebbe arrivato poi anche a Roma, dove gli sarebbe stato eretto un tempio. Le parole Samnium hodie Beneventum, che compaiono nei diplomi dei duchi longobardi, possono essere interpretate come a sostegno della leggenda. Del dio Beneventum esisteva un'iscrizione, mezza infranta, intagliata su di un arco dell'antico ponte di Calore.

Infine Eutropio, nel suo Breviarium historiae Romanae, dice che la città fu fondata da Appio Claudio.

[modifica] L'epoca preromana

Le testimonianze più antiche esistenti nel territorio beneventano risalgono al paleolitico. I ritrovamenti archeologici di palafitte nel territorio di Castelvenere e numerosi reperti ritrovati altrove testimoniano la presenza dell'uomo preistorico nei dintorni dell'attuale città. La posizione strategica e le condizioni ambientali della zona hanno costituito un motivo di forte attrazione per le popolazioni di varie epoche. Sono state trovate diverse tracce d'insediamenti ascrivibili al periodo neolitico. Alcuni decenni fa è stata rinvenuta nel corso di un esplorazione archeologica nel giardino dell'ex Collegio La Salle in piazzetta Vari una necropoli dell'orientalizzante antico (fine VIII - inizi VII secolo a.C.).

La prima grande fase della storia di Benevento, di cui poco è noto, è legata alle vicende dei Sanniti. Il territorio delimitato dalle vallate dei fiumi Ofanto, Calore e Sabato, in particolare, era occupato dai Sanniti irpini. Benevento, sorta alla confluenza di questi ultimi due fiumi, come attestano i reperti rinvenuti nell'attuale contrada Cellarulo, fu quindi una loro città, almeno secondo Plinio il Vecchio; ma Livio e Tolomeo la assegnavano ai Sanniti propriamente detti.

La fondazione risale circa al IV secolo a.C.. I primi abitanti stabili del posto erano dediti alla lavorazione e al commercio della lana e dell'argilla. Per la sua posizione centrale, la città divenne presto importante. La felice posizione fece sì inoltre che la cultura locale fosse influenzata da influssi provenienti dalla vicina Magna Grecia.

Al IV secolo a.C. sono datate due necropoli sannitiche venute alla luce poco distanti fra di loro, una ancora nei pressi dell'ex Collegio La Salle ed un'altra alla Rocca dei Rettori, caratterizzate dalla presenza di tumuli di terra di forma diverse che coprono una o più sepolture. Notevole tra queste una tomba realizzata in blocchi di tufi giallo e grigio, squadrati e connessi tra di loro a formare una cassa chiusa da una copertura a baule; in essa è stata rinvenuta una scala di accesso realizzata mediante la costipazione in gradini di scaglie di lavorazione dei blocchi. All'interno lo scheletro era fornito di un corredo non molto abbondante ma di gran pregio rappresentato da una patera bronzea che conteneva un coltello in ferro, due fibule in ferro ed una fibbia in bronzo. Una necropoli coeva è stata trovata poi alla periferia della città, in contrada Olivola, dove sono venute alla luce tombe di guerrieri con cinturoni ed armi.

[modifica] La sottomissione a Roma

Il Sannio fu teatro di tre guerre contro i Romani. La Prima Guerra Sannitica (354 a.C.330 a.C. circa) sancì la definitiva sottomissione del Lazio al potere romano, ma non della zona sannitica.

La Seconda Guerra Sannitica (327 a.C.304 a.C. circa) costituì il primo vero scontro fra la nascente potenza e i Sanniti, che si risolse a favore di questi ultimi. I Romani tentarono di muovere guerra da Capua a Benevento, ma un astuto stratagemma sannita riuscì a bloccare presso Caudium le truppe romane. Una volta in trappola, i soldati romani furono costretti a passare sotto le Forche Caudine, un arco composto dalle lance nemiche in maniera tale da costringere ogni soldato a piegare la schiena per poter passare. Durante il passaggio, i Romani furono costretti a subire ogni tipo di oltraggio, anche fisico e, infine, a lasciare in ostaggio tutta la loro cavalleria.

I Sanniti, subito dopo la vittoria, aizzarono le altre popolazioni italiche del Centro e del Sud Italia (Etruschi in primis) contro i Romani, dando vita alla Terza Guerra Sannitica (298 a.C. - 290 a.C. circa). Stavolta però furono i Romani ad averla vinta, sconfiggendo uno ad uno tutti gli alleati dei Sanniti e costringendo infine questi ad un trattato di pace intorno al 290 a.C.. Sembra che Maleventum fu presa dai Romani, anche se l'occasione precisa è ignota. Di sicuro era nelle loro mani nel 275 a.C., quando essi domarono definitivamente i nemici a seguito della vittoria ottenuta su Pirro, re d'Epiro, proprio a Maleventum.

Nel 268 a.C., Benevento diventò definitivamente una colonia romana con i diritti delle città latine. Durante la seconda guerra punica fu ripetutamente utilizzata dai generali romani come postazione importante, vista la sua vicinanza alla Campania, e la sua resistenza come fortezza. Nelle sue immediate vicinanze si ebbero due delle azioni più decisive della guerra: la battaglia di Benevento (214 a.C.), in cui il generale cartaginese Annone fu sconfitto da Tiberio Gracco; l'altra nel 212 a.C., quando l'accampamento di Annone, in cui aveva accumulato una grande quantità di grano e altre provviste, fu assaltato e preso dal console romano Quinto Fulvio Flacco. [1] E nonostante il suo territorio fosse stato più volte lasciato desolato dai Cartaginesi, Beneventum era ancora una delle 18 colonie latine che nel 209 a.C. poterono e vollero immediatamente fornire la quota di uomini e danaro richiesta per continuare la guerra [2].

È notevole che non ci sia menzione di Benevento durante la guerra sociale (91-88 a.C.); sembra che fosse scampata alle calamità che a quel tempo affliggevano molte città del Sannio, e verso la fine della Repubblica Romana se ne parlava come una delle città più fiorenti ed opulenti d'Italia [3].

[modifica] Il periodo imperiale

Nel 42 a.C., sotto il secondo triumvirato, Lucio Munazio Planco per ordine di Augusto dedusse a Benevento una colonia per i veterani (Iulia Concordia Felix Beneventum; si narra che a distribuire i lotti sia stato un rozzo centurione di nome Cafo, da cui la parola cafone). Il territorio della città fu parecchio allargato, aggiungendovi quello di Caudium; una terza colonia vi fu stabilita da Nerone. Nelle iscrizioni del regno di Settimio Severo, la città portava i titoli Colonia Julia Augusta Concordia Felix Beneventum[4].

L'importanza e la felice condizione di Beneventum sotto l'Impero romano è sufficientemente attestata dalle rovine e dalle iscrizioni; senza dubbio a quel tempo era la città principale degli Irpini e probabilmente, insieme a Capua, la città più popolosa e considerevole del Sud Italia. La sua ricchezza è confermata dalla grande quantità di monete che coniava. Certamente doveva la sua prosperità in parte alle sua posizione sulla via Appia, proprio alla congiunzione delle due diramazioni principali di quell'importante strada (uno dei quali chiamato poi via Traiana). È famosa la tappa a Beneventum nel racconto di Orazio riguardante il suo viaggio da Roma a Brundisium[5]. Sempre alla posizione favorevole doveva l'onore di ripetute visite degli imperatori, tra le quali sono ricordate in particolare quelle di Nerone, Traiano e Settimio Severo[6]. Probabilmente per la stessa ragione fu qui eretto il nobile arco trionfale dedicato a Traiano. Gli imperatori successivi conferirono alla città altri territori ed eressero, o almeno diedero il nome a svariati edifici pubblici. Per scopi amministrativi Beneventum, insieme al resto dell'Irpinia, fu inclusa dapprima nella II regione di Augusto (Apulia et Calabria), ma fu poi annessa alla Campania. I suoi abitanti furono inclusi nella tribù Stellatina.

Il territorio di Beneventum sotto l'Impero romano era considerevole. Ad ovest, come già detto, includeva quello di Caudium, eccetto la città; a nord arrivava al fiume Tamarus, includendo il villaggio di Pagus Veianus; a nord-est comprendeva la città di Equus Tuticus, e ad est e a sud confinava con i territori di Aeclanum e Abellinum. Un'iscrizione ci ha preservato i nomi di diversi villaggi dipendenti da Beneventum, ma non è possibile identificare la loro collocazione.

Pare inoltre che la Benevento romana sia stato luogo di grande attività letteraria, a cominciare dal grammatico Orbilio Pupillo, che insegnò a lungo nella città nativa prima di trasferirsi a Roma, e fu onorato con una statua dai suoi concittadini; esistono iscrizioni che danno onori simili ad un altro grammatico, Rutilio Eliano, e a svariati oratori e poeti di celebrità evidentemente solo locale. La città mantenne la sua importanza fino alla fine dell'Impero.

[modifica] Le invasioni barbariche

Caduto l'Impero Romano (476 d.C.), le popolazioni cosiddette barbariche irruppero in Italia, devastando le migliori terre ed occupando le principali città, che cadevano alla forza delle loro armi. Benevento, per la sua importanza storica e di posizione, non fece eccezione.

I Goti guidati, da Teodorico, nel 490 molestarono la città, ma poi ne furono scacciati da Belisario, generale dell'Imperatore d'Oriente, Giustiniano, tra il 536 ed il 537. Totila, approfittanto delle discordie intestine, alimentate da lui medesimo, tra i partigani dei Goti e quelli dell'imperatore d'Oriente, nel 545 la riprese, ne distrusse i migliori edifici e ne diroccò le mura.

Narsete, altro generale dell'Imperatore d'Oriente, dopo aver sconfitto i Goti alle falde del Vesuvio, e respinti i Franchi fuori d'Italia (ragion per cui venne nominato Esarca), riedificò la città, riparando tutti i danni cagionati dai Goti. Ma lo stesso Narsete, dopo non molto, offeso dall'imperatrice Sofia, moglie di Giustiniano, per vendicarsi chiamò in Italia i Longobardi.

Con loro, Benevento visse un nuovo periodo di splendore: Paolo Diacono ne parlava come di una città molto ricca, dominante su tutte le province circostanti.

[modifica] Il ducato longobardo

Il Ducato di Benevento nel VIII secolo
Il Ducato di Benevento nel VIII secolo
Per approfondire, vedi la voce Ducato di Benevento.

I Longobardi fecero di Benevento la capitale di un potente Ducato longobardo. Le circostanze della sua nascita sono molto discusse. Secondo alcuni studiosi, i longobardi erano presenti nel Mezzogiorno già prima della completa conquista della Pianura Padana: il ducato sarebbe stato fondato nel 576 da alcuni soldati capeggiati da Zottone, autonomamente dal re longobardo.

Il successore di Zottone fu Arechi I (morto nel 640), dal Ducato del Friuli, che prese Capua e Crotone, saccheggiò la bizantina Amalfi ma non riuscì a impossessarsi di Napoli. Dopo il suo regno, all'Impero Romano d'Oriente rimanevano nel Sud Italia solo Napoli, Amalfi, Gaeta, Sorrento, l'estremità della Calabria e le città marittime della Puglia.

Nei decenni successivi, Benevento conquistò alcuni territori al ducato romano-bizantino, ma il suo nemico principale era ora lo stesso regno longobardo del nord. Re Liutprando intervenne varie volte imponendo un proprio candidato alla successione del ducato; il suo successore Ratchis dichiarò i ducati di Spoleto e Benevento stati esteri in cui era proibito viaggiare senza un permesso reale.

Con il crollo del regno longobardo nel 773, il duca Arechi II fu elevato al rango di Principe sotto il nuovo impero dei Franchi di Carlo Magno, in compenso per alcuni suoi territori dati alla Chiesa (fu lui a far erigere uno dei più bei esempi di architettura longobarda rimasti, la chiesa di Santa Sofia). Benevento fu chiamata la "seconda Pavia" (Ticinum geminum), dopo la caduta della capitale longobarda. L'unità del Principato durò poco: nell'851, Salerno si staccò sotto Siconulfo e, dalla fine del secolo, anche Capua fu indipendente. La persistenza di stati longobardi autonomi permise ai Longobardi di salvaguardare una propria identità culturale e mantenne gran parte dell'Italia del Sud nell'orbita culturale occidentale, anziché bizantina.

La cosiddetta Langobardia Minor fu unificata per l'ultima volta dal duca Pandolfo Testa di Ferro, che espanse il suo controllo nel Mezzogiorno dalla sua base a Benevento e Capua. Prima della sua morte (marzo 981), aveva ottenuto dall'imperatore Ottone I anche il titolo di Duca di Spoleto. Ma sia Benevento che Salerno si ribellarono al suo figlio e successore, Pandolfo II.

I primi decenni dell'XI secolo videro altri due dominatori del Sud Italia venuti dalla Germania: Enrico II conquistò nel 1022 sia Capua che Benevento, ma si ritirò dopo l'assedio fallito a Troia. Risultati simili ottenne Corrado II nel 1038. In questi anni i tre stati (Benevento, Capua e Salerno) furono spesso coinvolti in guerre e dispute locali che favorirono l'ascesa dei Normanni da mercenari a dominatori dell'intero Mezzogiorno.

Nel 1047 Enrico III riconobbe due principati normanni. Benevento entrò perciò in urto con l'imperatore, che in risposta lasciò la città ai saccheggi dei Normanni, contro i quali poco poteva Pandolfo III. Per questo motivo, alcuni esponenti della nobiltà cittadina, di propria iniziativa, chiesero nel 1049 la protezione di papa Leone IX. L'anno dopo, dopo che Pandolfo rifiutò di sottomettersi al papa e all'imperatore, il partito filopapale rovesciò il principe, e offrì a Leone la signoria della città. In base all'accordo di Worms (1052) fra Papa Leone IX e l'Imperatore Enrico III, mentre quest'ultimo otteneva l'usufrutto dell'arcidiocesi di Bamberga, il papato otteneva campo libero per la politica beneventana.

Tuttavia Leone IX lasciò la città al suo destino dopo una dura sconfitta contro i Normanni; nel 1055 essa tornò nelle mani di Pandolfo III. Anche se non è nota la dinamica precisa, nel frattempo i Normanni si impadronivano di tutti i territori del principato. Nel 1059 Pandolfo abdicò a favore del figlio Landolfo VI, che mantenne ambigui rapporti di amicizia con la Chiesa romana, finché il 12 agosto 1073 accettò di sottomettersi a papa Gregorio VII, rimanendo un semplice governatore della città. La cessione ufficiale di Benevento si ebbe nel 1077 con la morte senza eredi di Landolfo. La città divenne così la pietra angolare del potere temporale pontificio nel Mezzogiorno.

[modifica] La dominazione pontificia

Benevento sotto la Chiesa godette di una certa autonomia amministrativa. A capo della città vi era il rettore, che nei primi tempi fu elettivo; si occupava, oltre che di affari prettamente politici, dell'erario e di importanti questioni giudiziarie. In questo era coadiuvato da un collegio di giudici, che fungevano anche da notai. Oltre a questi amministratori dipendenti direttamente dal papa, vi era un consiglio popolare.

[modifica] Benevento e i normanni

Sotto Gregorio VII vennero eletti come rettore Stefano Sculdascio (detto anche Stefanone) e come reggente Pontile Dacomario. Questi dovettero subito sostenere l'assedio di Roberto il Guiscardo, che il 19 dicembre 1077 occupò la città; si ritirò pochi mesi più tardi, per l'arrivo di Giordano di Capua e del fratello Rainolfo.Il trattato di Ceprano (20 giugno 1080) confermò l'appartenenza di Benevento alla Santa Sede; Gregorio VII diede invece al Guiscardo il ducato di Puglia, in cambio della protezione da Enrico IV.

Morto Sculdascio, Dacomario divenne di fatto il signore della città. Alla sua morte nel 1097 gli succedette suo figlio, l'ambizioso Anzone. In una vertenza con cui l'abbazia di Montecassino voleva riprendere possesso dell'abbazia di Santa Sofia, questi si oppose con un chiaro atteggiamento di indipendenza, e nel 1099 si dichiarò principe dei Beneventani.

Il successore di Urbano, Pasquale II, inaugurò una nuova linea di saldo esercizio del potere papale su Benevento. Innanzitutto attaccò la città; Anzone fuggì. Quindi tolse alla nobiltà beneventana la facoltà di scegliere i rettori, per farlo personalmente: diede così un duro colpo ai privilegi aristocratici.

Di fronte alla minaccia dei Normanni, in città si crearono due fazioni: una nobiliare che non accettava alcun compromesso con loro, e una popolare che invece, provata da grandi sacrifici, desiderava un accordo col nemico. Il papa, interessato a mantenere il potere, si schierò con i primi. Questo fu il primo di una lunga serie di contrasti fra l'aristocrazia e il popolo: nel 1112 la cittadinanza si divise di nuovo sulla scelta di un rettore. Fu chiamato a decidere il papa, che passò l'inverno in città, prendendo misure drastiche contro il partito di Landolfo Borrello, probabilmente filo-normanno, e risparmiando invece quello di Anzone, forse l'ex rettore.

L'11 dicembre 1113 il papa sostituì il rettore nominando il patrizio Landolfo della Greca connestabile, un incarico che comprendeva il comando delle milizie. Questi riuscì ad ottenere numerosi buoni successi contro i baroni normanni confinanti; il popolo, però, stanco di una guerriglia che peggiorava soltanto la sua situazione, nel 1114 si levò a tumulto, sostenuto dall'arcivescovo Landolfo, che concluse un armistizio con i Normanni. L'arcivescovo fu deposto dal papa, che lo invitò a discolparsi nel concilio di Ceprano; ma egli non si presentò.[7]

Negli anni successivi alla morte di Pasquale II, l'Assemblea del Popolo teneva di fatto il potere; a capo del partito era l'arcivescovo Landolfo, reintegrato nelle sue funzioni. Presto fu esiliato Landolfo Della Greca. Dopo qualche anno di tregua con i Normanni, nel 1119 l'arcivescovo si schierò al fianco di Giordano di Ariano contro Rainolfo di Avellino, con cui si era alleato Landolfo Della Greca; ma l'arcivescovo morì e il cardinale Ugo combinò un rappacificamento tra i due feudatari. Papa Callisto II, venuto a Benevento, decise di riportare l'ordine sostituendo il rettore Stefano con Rossemanno figlio, e tenne per gli anni successivi un saldo potere sulla città.

Nel maggio del 1120, racconta il cronista Falcone Beneventano, la città venne turbata da «una tale inondazione del fiume Calore che non vi era memoria di una simile». Nel 1122 il nuovo rettore, il cardinale Crescenzio, temendo le conquiste di Giordano, si schierò contro di lui alleandosi con Guglielmo II di Puglia. Giordano fu sconfitto.

[modifica] L'epoca di Ruggero II

Nel 1124 papa Onorio II succedette a Callisto. Nel 1127, morto Guglielmo di Puglia, suo cugino, conte Ruggero II di Sicilia, iniziò l'espansione nel Mezzogiorno, con lo scopo d'unificare tutti i domini normanni in Italia. I beneventani lo accolsero a Salerno, timorosi di una vendetta di Giordano; ma il papa ovviamente non lo vedeva di buon occhio, e rifiutò le offerte che Ruggero gli fece, scomunicandolo. Così Ruggero ordinò ai baroni vicini a Benevento di infastidire la città. Con l'aiuto di Roberto di Capua, i beneventani riuscirono a rovesciare la situazione; ma il papa portò la guerra in Puglia e qui, sotto il sole di luglio che smembrò le sue truppe, cedette offrendo a Ruggero il feudo di Puglia. Indebolitosi il potere papale, a Benevento il popolo insorse contro la nobiltà, che fu espulsa dalla città; il rettore fu ucciso.

Nel 1130, al nascere della contesa del seggio papale tra Innocenzo II e Anacleto, Benevento sostenne quest'ultimo, che però tenne una politica filonobiliare: convocati i rappresentanti del partito popolare nel Sacrum Palatium, li fece arrestare a tradimento e cacciare dalla città. Nominò rettore il cardinale Crescenzio.

Nel 1132 Roberto di Capua e Rainolfo di Avellino si allearono contro Ruggero di Sicilia. Quando i due eserciti si accamparono ai lati opposti di Benevento, Ruggero, già alleato di Anacleto, volle garantirsi l'appoggio della città, in cambio dell'esonero dalle tasse dovute. Ma l'accordo sottoscritto da Crescenzio sembrò alla cittadinanza una sottomissione a Ruggero: ragion per cui il rettore fu cacciato e la città preferì garantire la neutralità ai principi alleati; ben presto, con la sconfitta di Ruggero, essa diede aperto appoggio a Innocenzo II.

Questi inviò come rettore Gherardo di Santa Croce, il quale a sua volta nominò un nuovo connestabile, il capo dei popolari Rolpotone, con l'intenzione di muovere l'attacco a Ruggero e Anacleto. Dopo qualche successo, nel 1134 Ruggero conquistò rapidamente una serie di feudi. Rolpotone fuggì da Benevento e Ruggero prese la città: la sua appartenenza al papato rimase soltanto formale. Nel 1137 Lotario conquistò Benevento per Innocenzo, ma non appena se ne andò Ruggero la riprese senza difficoltà.

Alla città fu confermato l'esonero dalle tasse. I beneventani si rassegnarono al nuovo padrone, anzi lo aiutarono contro Rainolfo. Ma Innocenzo II era pur sempre interessato a frantumare il Sud in Stati minori inoffensivi: perciò, inaspriti i rapporti con Ruggero, iniziò lo scontro. Il papa, benché fu fatto prigioniero e dovette arrendersi, riottenne Benevento. Ruggero tentò di tenere un protettorato sulla città e poi, a causa di nuovi contrasti, le tolse l'esonero dalle tasse; ma nel 1148 morì, lasciandola al papato.

Il nuovo papa, Adriano IV, non riconobbe il Regno di Sicilia, ora tenuto da Guglielmo I; a Benevento si riunirono i nobili a lui ostili, perciò Guglielmo attaccò la città; ma a causa dell'ammutinamento di altri baroni, dovette desistere. Adriano approfittò di quest'episodio per attaccare Guglielmo, insieme ai bizantini e ai nobili ostili al re. Ma il re ebbe successo: gli avversari dispersi si riunirono a Benevento, a cui Guglielmo tagliò i rifornimenti: il 18 giugno 1156 Adriano fu costretto ad arrendersi.

Con questa guerra cessavano le ostilità fra Stato della Chiesa e Regno di Sicilia: divenuti i due Stati alleati contro l'Impero, Benevento visse un periodo di tranquillità, sviluppandosi ma intanto perdendo l'importanza strategica. Vi si rifugiò papa Alessandro III durante lo scisma con Vittore IV, e questi dopo la pace di Venezia ne nominò rettore il suo antagonista Callisto III. Nel 1172 Guglielmo II ripristinò l'esenzione dalle tasse e concesse il pascolo nei terreni limitrofi alla città, a patto che Benevento non ospitasse suoi nemici. In questo periodo a Benevento nasceva una nuova istituzione, il Consolato, con cui il crescente ceto borghese poté partecipare al governo cittadino. L'imperatore Enrico VI, preso possesso del Regno di Sicilia, confermò a Benevento i suoi privilegi.

[modifica] Gli statuti del 1202

Nel gennaio 1202, nel Sacrum Palatium, alla presenza del rettore Gregorio, dodici giudici, dodici consoli e ventiquattro giurati e consiglieri sottoscrissero gli statuti della città, in cui erano codificati i cambiamenti avutasi dalla fine del principato longobardo, anche se in una forma spesso non limpida. Essi non solo completarono l'ordinamento municipale, ma introdussero anche norme di diritto e procedure. Furono un importante organo giuridico, basato sul diritto longobardo ed integrato con quello romano, da cui emergeva come Benevento, ben lungi dall'arrivare a gradi di autogoverno e libertà civile pari a quelli dei comuni del Nord Italia, era comunque avanti rispetto al resto del Sud assorbito nel Regno di Sicilia. Erano ispirati ad un alto ideale civico: Officia honorent et ament popolum, popolus amet et onoret officia.

Gli statuti prevedevano che i consoli venissero eletti da tre giurati, che venivano scelti dal rettore, dai giudici e dai consoli uscenti. In caso di nuove deliberazioni o di notevole interesse comune, i magistrati dovevano consultare il consiglio dei principali cittadini delle otto contrade o porte della città (Porta Somma, Port'Aurea, Rufina, San Lorenzo, Nova, Gloriosa, Fogliarosa e Biscarda). I consoli usciti di carica non potevano essere rieletti se non dopo cinque anni, né potevano loro succedere il padre, i fratelli o i figli. In caso d'inadempienza erano tenuti a risponderne solo nel primo mese dall'abbandono della carica.

Nel 1207 gli statuti vennero approvati da papa Innocenzo III. Essi furono spesso trascurati nei primi decenni di vita: nel 1230 si rese necessario che il rettore Roffredo di Umberto d'Anagni facesse di nuovo solennemente giurare ai magistrati ed al popolo la loro perfetta osservanza.

[modifica] L'epoca di Federico II

I primi decenni del XIII secolo furono tranquilli: la città era in ottimi rapporti con i papi, e il successore di Enrico, Federico II, imitò i suoi predecessori confermando i privilegi di Benevento, anche per far sì che Onorio III lo incoronasse imperatore. Tuttavia, la città prima del 1220 aveva approfittato dell'assenza di Federico dal regno per annettersi alcuni castelli limitrofi; ma le furono tolti al suo arrivo.

Con l'inizio delle ostilità fra Papato e Impero, la situazione cambiò radicalmente. Dapprima, nel 1128, Federico la fece sorvegliare, fra le proteste di papa Gregorio IX. Poi, i beneventani approfittarono dei successi del papa in Campania per intraprendere una campagna di saccheggi fino in Puglia: Federico rispose con azioni di devastazione del territorio cittadino. Ma, conclusasi la guerra a suo favore, la pace preservò lo status e le libertà di Benevento.

Nel 1239, riaperte le ostilità, Federico decise di liberarsi della città, scomoda roccaforte papale e rifugio dei suoi nemici, nel mezzo del suo regno: iniziò un lungo assedio, cui i Beneventani erano risoluti a resistere fino all'ultimo. Gregorio lodò e sovvenzionò la resistenza. Ma, distrutte le colture della città, arrivò la fame: ad aprile 1241 Benevento accettò le condizioni di resa, che comprendevano la clemenza imperiale. Le mura furono distrutte; il Consolato fu soppresso e gli altri funzionari iniziarono ad obbedire a Federico. Nel 1247 papa Innocenzo IV riunì i beneventani a lui fedeli, dando vita così una resistenza clandestina, che nel 1249 uscì allo scoperto. Il 1° gennaio 1250 Federico rase al suolo Benevento e ne disperse gli abitanti.

[modifica] La battaglia di Benevento

Di lì a poco morì Federico. Innocenzo tentò di assoggettarsi il Regno di Sicilia e finanziò la ricostruzione di Benevento, che nel frattempo si era ripopolata. Ma presto il figlio di Federico, Corrado IV, riprese possesso del regno e con questo di Benevento, che non aveva possibilità di difendersi. Con la morte prematura di Corrado (1254), la Chiesa tenne la parte settentrionale del regno e diede quella meridionale a Manfredi di Svevia in qualità di vicario papale; ma presto Manfredi riottenne anche quei territori. Era comunque vincolato a finanziare la ricostruzione di Benevento e lasciarla autonoma.

Il nuovo papa Clemente IV intanto si accordava con Carlo d'Angiò: rinunciato al dominio nel Mezzogiorno, veniva garantito solo il ritorno di Benevento al dominio pontificio, con la reintegrazione dei diritti della città. Manfredi decise di affrontare in battaglia Carlo d'Angiò. Lo scontro avvenne il 12 febbraio 1266 proprio presso Benevento. Manfredi morì, e con lui cadde la casata imperiale degli Hohenstaufen. Il suo corpo, probabilmente, venne inizialmente tumulato nei pressi del fiume Calore:

« [...] l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co' del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora. »

Carlo d'Angiò lasciò che le sue truppe saccheggiassero la città, marzo 1266, in quanto essa aveva appoggiato Manfredi. Ma Clemente protestò e ottenne l'impegno del nuovo sovrano di Sicilia alla ricostruzione.

[modifica] Fazioni interne

I beneventani tentarono di ampliare l'autogoverno della città, ma senza minacce esterne il papato non era incentivato a concedere nuove libertà. Anzi, nel 1267 Clemente IV non approvò i nuovi compilati dal popolo, con cui si voleva mettere a capo della città otto boni et legales homines eletti ogni semestre. Egli vietò a Benevento l'emanazione autonoma di statuti: ciò causò nuovi disordini interni con il crearsi di due fazioni opposte: gli Intrinseci e Estrinseci.

Sotto il papato di Gregorio X, a fomentare il clima di ribellione si aggiunse l'invio di rettori spesso corrotti, provenienti dalla nobiltà dello Stato della Chiesa. Il 9 ottobre del 1281 papa Martino IV, guadagnandosi per mezzo del suo governatore Uguccione Marzoli l'adesione di alcuni nobili beneventani, abolì l'istituto dei Consoli che erano a garanzia del popolo. La città ne fu subito indignata ed insorse, i Beneventani arrivarono a mettere su un autogoverno parallelo; per esempio istituirono un organo di polizia, il Consiglio dei Ventiquattro, che presto fu vietato. Con la morte di Martino IV, a cui successe Onorio IV al popolo beneventano fu restituito il Consolato. In seguito il 4 marzo 1285 ebbe luogo fra le due fazioni opposte una pubblica pace. Sotto Bonifacio VIII fu istituito un Consiglio dei Cinquecento: il papa lo accettò perché ora intendeva limitare il potere della nobiltà che stava diventando pericolosa. Infine, il 18 gennaio 1304, Benedetto XI riconobbe alla città la facoltà di scegliere i propri funzionari e limitò drasticamente il potere dei rettori.

Prospetto della Pontificia Città di Benevento (metà del XVIII secolo)
Prospetto della Pontificia Città di Benevento (metà del XVIII secolo)

Nel XIV secolo Benevento fu travagliata da lotte intestine che durarono fino al 1530, quando fu sottoscritto un atto di pace (Pace Vecchia). Nel 1688, uno spaventoso terremoto distrusse quasi completamente la città, che venne ricostruita con enormi sacrifici, anche grazie all'intervento economico del Cardinale Vincenzo M. Orsini (in seguito divenuto Papa con il nome di Benedetto XIII).


[modifica] Dall'età napoleonica all'unità d'Italia

Per approfondire, vedi la voce Principato di Benevento (età napoleonica).

Nel 1798 Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, preoccupato dall'occupazione di Roma da parte delle truppe napoleoniche, decise di prendere Benevento prima che nascesse anche lì un governo filofrancese, pericoloso per la stabilità del dominio borbonico. Effettuata l'operazione, tentò lo scontro con la Repubblica Romana, ma dovette presto arrendersi; con l'armistizio di Sparanise, lasciò Benevento e Capua ai Francesi.

Questi attirarono presto l'antipatia popolare saccheggiando il tesoro del duomo. Governò la città prima Andrea Valiante, poi Carlo Popp, che la dichiarò annessa alla Francia e vi importò le leggi francesi post-rivoluzionarie, come l'abolizione della nobiltà e dei privilegi del clero. Procedette inoltre ad una raffica di arresti, seminando il terrore. Il malcontento popolare esplose in rivolta il 24 maggio 1799, approfittando dell'arrivo di truppe partenopee: a capo della città sedette il cardinale Ruffo, riportando la città sotto il dominio pontificio.

Nonostante le trattative della Santa Sede con Napoleone, questi di nuovo occupò i territori pontifici (1802). Nel 1806 fece di Benevento un principato indipendente, capeggiato dal marchese Talleyrand. Fu nominato governatore della città Louis De Beer, che introdusse notevoli novità legislative ed amministrative, che ricalcavano quelle applicate in Francia. A gennaio 1814 Gioacchino Murat, re di Napoli, occupò il principato e lo tenne fino alla fine dell'epopea napoleonica.

Con il Congresso di Vienna (1815), nella seduta del 4 giugno, a norma dell'articolo 103 si stabilì che Benevento fosse restituita alla Santa Sede, insieme all'altro principato napoleonico di Pontecorvo. In questo periodo il castello e la città furono presidiati dalle truppe austriache (23 maggio- 18 giugno 1815), e successivamente la città fu governata dall'intendente di Avellino Carlo Ungaro, duca di Monteiasi, dall'11 giugno al 15 luglio 1815.

Il 3 settembre 1860, ancora prima che Garibaldi giungesse a Napoli, si ebbe una singolare "rivoluzione", che non incontrò alcuna resistenza pontificia. Il beneventano Salvatore Rampone, senza scorta, vestito in camicia rossa da colonnello dei garibaldini, si recò al castello per comunicare all'ultimo delegato apostolico, Edoardo Agnelli, l'ordine di lasciare la città entro tre ore. Il dominio papale era finito.

[modifica] Dal 1860 ad oggi

In cambio dell'incorporazione nel regno sabaudo, Salvatore Rampone ottenne che a Benevento fosse creata una Provincia ad hoc che comprendeva anche alcuni territori dalle province del Regno delle Due Sicilie più prossime (Principato Ultra, Molise, Terra di Lavoro, in minor misura Capitanata).

A causa della sua centralità nelle comunicazioni ferroviarie fra Roma e Puglia, la città venne colpita in maniera durissima dai bombardamenti angloamericani nel 1943. Il 21 agosto gli Alleati cominciarono a bombardare la città per stanare i tedeschi e spingerli a risalire la Penisola: il primo obiettivo centrato fu la stazione ferroviaria.

L'8 settembre 1943 venne firmato l'armistizio di Cassibile, ma per la città non ci fu tregua: arrivò un nuovo bombardamento degli angloamericani, questa volta nella zona intorno al Ponte Vanvitelli. I bombardamenti continuarono nei giorni 11 e 12 settembre. Il 15 fu il giorno più funesto per la città: cinque ondate di bombardamenti spianarono per intero Piazza Duomo e Piazza Orsini.

Duemila morti tra la popolazione civile, l'apparato industriale della zona ferrovia quasi azzerato, 5.000 vani distrutti, quasi 4.000 fortemente danneggiati, fu il tragico bilancio delle incursioni aeree. Qualche settimana dopo, il 2 ottobre 1943, i tedeschi lasciarono la città. Per il comportamento della cittadinanza in queste difficili circostanze, nel 1967 la città sarebbe stata insignita della medaglia d'oro al valor civile.

Pochi anni dopo la guerra, la terribile piena del fiume Calore del 2 ottobre 1949 portò ancora vittime e distruzione.

L'economia della città, tradizionalmente agricola, nel secondo dopoguerra si è poggiata prevalentemente sul settore pubblico: i numerosi impieghi nelle pubbliche amministrazioni e, comunque, le maggiori possibilità di lavoro hanno indotto molti degli abitanti dei comuni della Provincia ad inurbarsi.

L'ampliamento della città, almeno sino agli anni Settanta, non è stato governato efficacemente dai pubblici poteri; una prima inversione di tendenza si è osservata negli anni Ottanta, ma è negli ultimi anni che Benevento è cambiata radicalmente. Da un lato sono sorti l'università e centri di ricerca come il MARSec, dall'altro i numerosi interventi di riqualificazione e restauro del centro storico hanno reso la città elegante e ospitale. Oggi Benevento punta a divenire un'importante meta di turismo culturale.

[modifica] Note

  1. ^ Livio xxii. 13, xxiv. 14, 16, xxv. 13, 14, 15, 17; Appiano, Annib. 36, 37.
  2. ^ Liv. xxvii. 10.
  3. ^ Appiano, B.C. iv. 3; Strab. v. p. 250; Cic. in Verr. i. 1. 5
  4. ^ Appiano l. c.; Lib. Colon. pp. 231, 232; Inscr. ap. Romanelli, vol. ii. pp. 382, 384; Orell. Inscr. 128, 590
  5. ^ Sat. i. 5, 71
  6. ^ Tacito Ann. xv. 34.
  7. ^ Falcone Beneventano, ediz. G. Del Re pag.172 e Kehr, It. Pont., IX,29.

[modifica] Bibliografia

  • Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale, Donzelli, Roma, 1997
  • Stefano Borgia, 1731 - 1804, Memorie Historiche della pontificia città di Benevento - stampa - Bologna 1800
  • De Vita Giovanni, Thesaurus antiquitatum Beneventarum - Romae - 1754-1764
  • Encyclopædia Britannica, 11th edition - 1911
  • Galasso Elio, Saggi di storia beneventana - Benevento - 1963
  • Isernia Enrico, Istoria della città di Benevento dalla sua origine fino al 1894 - Benevento 1894
  • Meomartini Almerico, I monumenti e le opere d'arte nella città di Benevento: lavoro storico, artistico - Benevento 1889
  • Nicastro Giovanni, 1654-1738, Benevento sacro Benevento 1976
  • Rotili Mario, L'arte nel Sannio - Benevento 1952
  • Vehse Otto, Benevento territorio dello Stato Pontificio fino all'inizio dell'epoca avignonese, Torre della Biffa, Benevento 2002
  • Zazo Alfredo, Benevento: Iulia concordia augusta felix
  • Zazo Alfredo, Curiosità storiche beneventane, Benevento 1976
  • Zigarelli Daniello Maria - Storia di Benevento - Bologna - 1979

[modifica] Voci correlate


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