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Francesco Cossiga - Wikipedia

Francesco Cossiga

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Bandiera italiana
Stemma Presidente della Repubblica
VIII Presidente della
Repubblica Italiana
Francesco Cossiga
Luogo di nascita Sassari
Data di nascita 26 luglio 1928 (1928-07-26) (età 79)
Luogo di morte
Data di morte
Titolo di studio dottore in Giurisprudenza
Professione professore universitario di diritto costituzionale e politico
Partito politico Democrazia cristiana
(fino al 23 gennaio 1992) Unione Democratica per la Repubblica (1998-1999)
Mandato Presidenziale dal 3 luglio 1985 al 28 aprile 1992
(dimesso)
Elezione 24 giugno 1985
1° scrutinio con 752 voti su 977
Predecessore Sandro Pertini
Successore Oscar Luigi Scalfaro
Coniuge Giuseppa Sigurani
Bandiera italiana
Stemma Presidente della Repubblica
Presidente del
Consiglio dei Ministri
Francesco Cossiga
Luogo di nascita Sassari
Data di nascita 26 luglio 1928
Luogo di morte {{{Luogo morte}}}
Data di morte {{{Data morte}}}
Titolo di studio Dottore in Giurisprudenza
Professione professore universitario di diritto costituzionale e politico
Partito politico Democrazia cristiana
(fino al 23 gennaio 1992) Unione Democratica per la Repubblica (1998-1999)
Coalizione centro-sinistra
Data incarico 1979 - 1980
Predecessore Giulio Andreotti
Successore Arnaldo Forlani
Stemma del Senato della Repubblica Italiana Parlamento Italiano
Senato della Repubblica
Sen. Francesco Cossiga
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Luogo nascita Sassari
Data nascita 26 luglio 1928
Luogo morte
Data morte
Titolo di studio Laurea in Giurisprudenza
Professione Professore universitario
Partito Indipendente (DC fino al 1992)
Legislatura
Gruppo misto
Coalizione
Circoscrizione
Regione {{{regione}}}
Collegio {{{collegio}}}
{{{mandato}}}
Elezione {{{elezione}}}
Senatore a vita
Nomina ex presidente della Repubblica
Data nomina 28 aprile 1992
Incarichi parlamentari
[{{{sito}}} Pagina istituzionale]

Francesco Cossiga (Sassari26 luglio 1928) è un politico, giurista e docente italiano, ottavo presidente della Repubblica dal 1985 al 1992 quando assunse, di diritto, l'ufficio di senatore a vita. A seguito di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri può fregiarsi del titolo di presidente emerito della Repubblica Italiana..

È stato ministro dell'Interno nel Governo Andreotti III dal 1976 al 1978, quando si dimise in seguito all'uccisione di Aldo Moro. Dal 1979 al 1980 fu presidente del Consiglio dei Ministri e fu presidente del Senato della Repubblica nella IX legislatura dal 1983 al 1985, quando lasciò l'incarico perché fu eletto al Quirinale.

È stato il più giovane presidente italiano: tutti e tre i suoi successori sono nati prima di lui.

Indice

[modifica] Carriera politica

Per approfondire, vedi la voce Democrazia Cristiana.

Iscritto alla sezione sassarese della Democrazia Cristiana a 17 anni, conseguì la maturità in anticipo e si iscrisse al corso di laurea in giurisprudenza, per laurearsi, a soli vent'anni, nel 1948, iniziando una carriera universitaria che gli sarebbe in seguito valsa la cattedra di diritto costituzionale dell'Università di Sassari.

Per approfondire, vedi le voci giovani turchi e Governo Moro III.

Alla fine degli anni cinquanta, ancora trentenne, iniziò la sua folgorante carriera politica a capo dei cosiddetti giovani turchi sassaresi: eletto deputato per la prima volta nel 1958 divenne poi il più giovane sottosegretario alla difesa nel terzo governo Moro (23 febbraio 1966)[1] il più giovane ministro degli Interni (il 12 febbraio 1976, a 48 anni), il più giovane presidente del Senato (12 luglio 1983, a 55 anni) e, infine, il più giovane inquilino del Quirinale, dove arrivò, a 57 anni non ancora compiuti, il 24 giugno del 1985, con una vasta maggioranza alla prima votazione.

[modifica] Attività di governo

L'11 marzo 1977, quando era a capo del dicastero degli interni, nella zona universitaria di Bologna nel corso di durissimi scontri tra studenti e forze dell'ordine muore il militante di Lotta continua Pierfrancesco Lorusso; alle successive proteste degli studenti, Cossiga risponde mandando veicoli trasporto truppa blindati (M113 ) nella zona universitaria.[2] A seguito di ciò - ed a seguito della morte della militante di sinistra romana Giorgiana Masi sul lungotevere - per protesta dagli studenti il suo nome venne scritto sui muri della case con una kappa iniziale ed usando la doppia esse delle SS naziste o disponendo le esse a mo' di svastica o più comicamente con l'anagramma kossino assassiga.[citazione necessaria] Nel gennaio 1978 riformò i servizi segreti dando loro la configurazione che avrebbero mantenuto fino alla successiva riforma del 2007, e creò i reparti speciali della Polizia NOCS e dei Carabinieri GIS.

Nel marzo 1978, quando fu rapito Aldo Moro dalle brigate rosse, creò a tempo di record ben due "comitati di crisi", uno ufficiale e uno ristretto, per la soluzione della crisi.

Molti fra i componenti di entrambi i comitati sarebbero in seguito risultati iscritti alla P2; ne faceva parte lo stesso Licio Gelli sotto il falso nome di ingegner Luciani. Tra i membri anche lo psichiatra e criminologo Franco Ferracuti. Cossiga richiese ed ottenne l'intervento di uno specialista americano, il professor Steve Pieczenik, il quale partecipò ad una parte dei lavori.

Circa la presunta fuga di notizie per la quale le BR parevano a conoscenza di quanto si discutesse nelle stanze riservate, Pieczenik ebbe ad affermare nel 1994 che aveva via via richiesto di ridurre progressivamente il numero dei partecipanti alle riunioni. Rimasti solo Pieczenik e Cossiga, affermò lo statunitense «la falla non accennò a richiudersi». Cossiga in seguitò non smentì, ma parlò di «cattivo gusto».

Non fu mai aperta alcuna trattativa con i sequestratori per il rilascio di Moro, il quale dalla sua prigionia scrisse a Cossiga dicendogli che «esiste un problema, postosi in molti e civili paesi, di pagare un prezzo per la vita e la libertà di alcune persone estranee, prelevate come mezzo di scambio.

Nella grande maggioranza dei casi la risposta è stata positiva ed è stata approvata dall'opinione pubblica.

Cossiga diede le dimissioni da ministro dell'Interno in seguito al ritrovamento del cadavere del presidente della DC in via Michelangelo Caetani. Al giornalista Paolo Guzzanti disse: «Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo. Perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro».

Appena un anno dopo, il 4 agosto 1979, fu nominato presidente del Consiglio dei Ministri rimanendo in carica fino all'ottobre del 1980.

Cossiga come presidente del consiglio fu proposto dal PCI per la messa in stato di accusa da parte del Parlamento, in votazione in seduta comune, con una procedura conclusasi con l'archiviazione nel 1980, l'accusa era di favoreggiamento personale e rivelazione di segreto d'ufficio. Cossiga fu sospettato di aver rivelato a un compagno di partito, il senatore Carlo Donat Cattin, che suo figlio Marco era indagato e prossimo all'arresto, essendo coinvolto in episodi di terrorismo, suggerendone l'espatrio. Il Parlamento in seduta comune ritenne però manifestamente infondata l'accusa, che era stata fatta procedere da parte della magistratura di Torino in seguito alle dichiarazioni del terrorista pentito Roberto Sandalo, benché tale prova apparisse abbastanza labile (Sandalo, che soprannominato il "piellino canterino" perché fu uno dei primo pentiti dell'organizzazione terroristica Prima linea, aveva riferito una conversazione di Marco Donat Cattin che gli avrebbe parlato dell'imminenza del suo arresto, appresa da fonti vicine al padre). Nel denunciare il favoreggiamento personale il partito di Enrico Berlinguer fu assai deciso nel ritenere che Cossiga fosse la fonte della fuga di notizie sulle indagini sui terroristi. Una possibile spiegazione di tanta certezza è offerta dalla sorprendente nuova ricostruzione della vicenda offerta in un libro [3] e confermata in un'intervista del 7 settembre 2007 dallo stesso Cossiga ad Aldo Cazzullo del Corriere della sera: egli ha (con vent'anni di ritardo e prescrizione del reato) ammesso parte dell'addebito, ma soprattutto ha rivelato che lui stesso informò il cugino Berlinguer del crimine commesso, attendendosi comprensione e ricevendone invece l'utilizzo della notizia per una battaglia politica contro di lui.

Dopo un periodo di allontanamento dalla vita pubblica all'esito del quale riapparve totalmente incanutito,[4] nel 1983 fu eletto presidente del Senato.

[modifica] Cossiga presidente

Nel 1985 divenne l'ottavo presidente della Repubblica Italiana, succedendo a Sandro Pertini. Per la prima volta nella storia repubblicana, l'elezione avvenne al primo scrutinio, con una larga maggioranza (752 su 977 votanti): Cossiga ricevette il consenso oltre che della DC anche di PSI, PCI, PRI, PLI, PSDI e Sinistra indipendente.

La presidenza Cossiga fu sostanzialmente distinta in due fasi quasi eterogenee. Assai rigoroso nell'osservanza delle forme dettate dalla Costituzione (essendo peraltro docente di diritto costituzionale) fu il classico presidente notaio nei primi cinque anni di mandato.

La caduta del muro di Berlino segnò l'inizio della seconda fase. Secondo Cossiga la fine della guerra fredda e della contrapposizione di due blocchi avrebbe determinato un profondo mutamento del sistema politico italiano che nasceva da quella contrapposizione ed era a quella funzionale. La DC e il PCI avrebbero dunque subito gravi conseguenze da questo mutamento, ma Cossiga sosteneva che i partiti politici e le stesse istituzioni si rifiutavano di riconoscerlo. Iniziò quindi una fase di conflitto e polemica politica, spesso provocatoria e volutamente eccessiva, e con una fortissima esposizione mediatica (fu detto l'"esternatore"), che valse a Cossiga negli ultimi due anni di mandato l'appellativo di presidente picconatore.

Rimonta a quest'epoca l'abbandono, da parte sua, di uno dei più antichi tabù della politica democristiana, cioè quello che esorcizzava l'esistenza di illeciti: conformemente alla formazione "tavianea" della sua iniziale carriera politica, egli tenne moltissimo a dimostrare (quasi "pedagogicamente") agli italiani i costi che in termini di legalità avrebbe sostenuto il mantenimento della pace pubblica durante il cinquantennio in cui in Italia vi era il più forte partito comunista d'Occidente. Rivendicò di aver nascosto da giovane - come tutti gli altri dirigenti democristiani degli anni Cinquanta - "mitragliatrici e bombe a mano" per il caso in cui il PCI avesse tentato la presa del potere; ascrisse alla sua grafia gli omissis con cui fu censurato al Ministero della difesa (all'epoca del suo sottosegretariato, negli anni Sessanta) il rapporto Manes con cui si descrivevano le attività paragolpiste del piano Solo; si autodenunciò come referente politico di Gladio e come frequentatore della sua base di capo Marrargiu, quando il presidente del Consiglio Giulio Andreotti fu indotto a rivelarne l'esistenza.

Cossiga si dimise dalla presidenza della Repubblica il 28 aprile 1992, a due mesi dalla scadenza naturale del mandato, annunciando le sue dimissioni con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile. Fino al 25 maggio, quando al Quirinale fu eletto Oscar Luigi Scalfaro, le funzioni presidenziali furono assolte, come previsto dalla Costituzione, dall'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini.

La Democrazia Cristiana venne più tardi sciolta dal segretario Mino Martinazzoli, dando origine ad una serie di formazioni politiche di vario orientamento. Il Partito comunista italiano nel 1990 divenne Partito democratico della sinistra per poi assumere l'attuale denominazione di Democratici di sinistra poi confluiti nel Partito Democratico. Parallelamente ai cambiamenti storici, gli scandali legati al finanziamento illecito dei partiti (Tangentopoli) ebbero un ruolo non secondario nel processo di cambiamento.

[modifica] Cossiga e Gladio

Le asserite responsabilità di Cossiga nei confronti di Gladio furono confermate dal medesimo interessato che, ancora presidente, ebbe a chiedere di essere processato e a definirsene «l'unico referente politico», precisando di «essere stato perfettamente informato delle predette qualità della struttura». Vi sono state differenti valutazioni politiche sul suo coinvolgimento nella vicenda di Gladio.

Mentre Cossiga ha recentemente dichiarato che sarebbe giusto riconoscere il valore storico dei gladiatori così come avvenne per i partigiani, il presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino ebbe a scrivere: «[...] se in sede giudiziaria un'illiceità penale della rete clandestina in sé considerata è stata motivatamente e fondatamente negata, non sono state affatto escluse possibili distorsioni dalle finalità istituzionali dichiarate della struttura, che ben possono essere andate al di là della sua già evidenziata utilizzazione a fini informativi...».

L'attività della organizzazione "Gladio" non è tuttora sufficientemente chiara sin nei dettagli, e si sono reiterate ipotesi di "organizzazione illegale" nonché di "cospirazione", essendo stata una struttura gerarchizzata operante in violazione all'articolo 18 della Costituzione, che vieta il perseguimento di scopi politici da parte di associazioni organizzate secondo strutture militari.

Secondo Cossiga ci sarebbero due ministri della Margherita di Gladio nel governo Prodi II.

[modifica] La procedura di messa in stato di accusa

Cossiga fu messo formalmente in stato di accusa dal Parlamento con una procedura conclusasi con l'archiviazione, da parte del comitato parlamentare, come si legge negli atti parlamentari del 12 maggio 1993. Tra i firmatari delle mozioni accusatorie vi erano Ugo Pecchioli, Luciano Violante, Marco Pannella, Nando Dalla Chiesa, Giovanni Russo Spena, Sergio Garavini, Lucio Libertini, Lucio Magri, Leoluca Orlando, Diego Novelli.

Le accuse che il comitato ritenne tutte manifestamente infondate erano in numero di ben 29. Tra queste:

a) l'espressione di pesanti giudizi sull'operato della commissione di inchiesta sul terrorismo e le stragi;
b) la lettera del 7 novembre 1990 con la minaccia di «sospendersi» e di sospendere il governo onde bloccare la decisione governativa riguardante il comitato sulla Organizzazione Gladio;
c) le continue dichiarazioni circa la legittimità della struttura denominata Organizzazione Gladio benché fossero in corso indagini giudiziarie e parlamentari;
d) la minaccia del ricorso alle forze dell'ordine per far cessare un'eventuale riunione del consiglio superiore della magistratura, nonché del suo scioglimento in caso di inosservanza del divieto di discutere di certi argomenti;
e) i giudizi sulla Loggia massonica P2, nonostante la legge di scioglimento del 1982 e le conclusioni della commissione parlamentare d'inchiesta;
f) la pressione sul governo affinché non rispondesse alle interpellanze, presentate alla Camera nel maggio 1991 da esponenti del PDS;
g) l'invito ad allontanare il ministro Rino Formica dopo le sue dichiarazioni sulla Organizzazione Gladio;
h) la rivendicazione di un potere esclusivo di scioglimento delle Camere e la sua continua minaccia;
i) la minaccia di far uso dei dossier e la convocazione al Quirinale dei vertici dei servizi segreti;
l) il ricorso continuo alla denigrazione, onde condizionare il comportamento delle persone offese e prevenire possibili critiche politiche.

[modifica] Attività recente

[modifica] Dopo la DC

Sfaldatasi la DC ed essendosi i suoi esponenti divisi fra i due poli di centrosinistra e centrodestra, Cossiga decise in un primo momento di ritirarsi dall'attività di partito e di svolgere soltanto l'attività di senatore a vita. Successivamente, nel febbraio del 1998, diede vita ad una nuova formazione politica, l'UDR (Unione Democratica per la Repubblica), con l'intenzione di costituire un'alternativa di centro e ricompattare le forze ex-democristiane.

L'UDR raccolse l'adesione dei Cristiani Democratici Uniti di Rocco Buttiglione e di Clemente Mastella, alla guida di un gruppo di scissionisti del Centro Cristiano Democratico.

Quando Rifondazione comunista fece mancare il suo appoggio al governo Prodi I, che venne battuto alla Camera per un voto, Cossiga fu determinante per la formazione del governo D'Alema I. Il suo appoggio venne deciso, come Cossiga spiegò in una conferenza stampa [1] all'uscita dalle consultazioni con il presidente Scalfaro, per sancire irrevocabilmente la fine della conventio ad excludendum nei confronti del PCI. Massimo D'Alema fu il primo presidente del Consiglio a provenire dalle file dell'ex PCI. Per l'occasione Cossiga regalò in Parlamento un bambino di zucchero, ironizzando un desueto luogo comune su usanze cannibalistiche dei comunisti. Nel frattempo il senatore Marcello Pera gli lanciava epiteti come discendente di barbaricini, briganti e rapitori, a cui Cossiga rispondeva ricordando le proprie origini familiari "contrariamente a chi ha un cognome di cosa, come si usava dare alle famiglie la cui origine era ignota".

Nel giugno 2002 ha annunciato e poi ritirato le dimissioni da senatore a vita.

Dopo un anno di vita, l'UDR si sciolse e larga parte di essa confluì nel nuovo soggetto politico creato da Clemente Mastella, l'UDEUR. Cossiga vi aderì in maniera puramente simbolica, per fuoriuscirne definitivamente il 6 novembre 2003, quando abbandonò, al Senato, il gruppo misto per iscriversi al gruppo per le autonomie.

Attualmente Cossiga collabora attivamente con diversi quotidiani, scrivendo anche sotto lo pseudonimo "Franco Mauri" per Libero e "Mauro Franchi" per Il Riformista. Alla fine del 2005 ha pubblicato sul quotidiano Libero una lettera nella quale ha annunciato di non volersi più occupare attivamente della politica italiana, ma non pare avervi dato pienamente seguito.

Il 19 maggio 2006 ha votato la fiducia al governo Prodi II.

Il 27 novembre 2006 ha presentato al presidente del Senato, Franco Marini, le dimissioni da senatore a vita: «[Sono] ormai inidoneo ad espletare i complessi compiti e ad esercitare le delicate funzioni che la Costituzione assegna come dovere ai membri del parlamento nazionale [...]». Le dimissioni sono state respinte dal Senato in data 31 gennaio 2007: il numero dei senatori contrari alle dimissioni è stato di 178, i favorevoli 100 e gli astenuti 12.

L'intera vicenda si è sviluppata in seguito a un'interpellanza parlamentare del mese di novembre 2006 nella quale il presidente emerito richiedeva al ministro dell'Interno Giuliano Amato di chiarire i motivi del pagamento di due giornalisti da parte del dipartimento della Pubblica sicurezza, diretto dal prefetto Giovanni De Gennaro. Data la non immediata disponibilità a chiarire direttamente la vicenda da parte del ministro Amato, in aula venne letta una risposta scritta da De Gennaro. Non condividendo il comportamento tenuto dal Ministro, Cossiga ribatteva con una delle sue note picconate: «[Ha preferito rispondere] lo scagnozzo di quel losco figuro (tale Roberto Sgalla) del capo della Polizia che si chiama Gianni De Gennaro [...]». Nella stessa data, prima del voto di cui sopra, Francesco Cossiga ha presentato pubbliche scuse allo stesso De Gennaro.

Il 9 giugno 2007, giorno della visita di George W. Bush a Roma, in polemica con le manifestazioni organizzate da movimenti vicini ai partiti della sinistra radicale in dissenso con il presidente U.S.A., Cossiga ha esposto dalle finestre della sua abitazione del quartiere Prati 5 bandiere: quella americana, sarda, italiana, inglese ed infine quella israeliana, recandosi poi in un bar con in mano una bandiera statunitense.

Il 6 dicembre 2007 è stato determinante per salvare dalla crisi il governo Prodi, con il suo sì al decreto sicurezza, sul quale l'esecutivo aveva posto il voto di fiducia.

Nel 2008 Cossiga ha votato la fiducia al governo Berlusconi IV; in precedenza aveva votato la fiducia a Berlusconi un'altra volta, nel 1994 (governo Berlusconi I).

[modifica] Onorificenze

Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore - nastrino per uniforme ordinaria
immagine del nastrino non ancora presente
immagine del nastrino non ancora presente


  • Grand’Ufficiale dell’Ordine dell’Aquila Azteca
  • Grand’Ufficiale dell’Ordine «Orange Nassau»
  • Gran Cordone dell’Ordine di Leopoldo I
  • Collare dell’Ordine Libertador San Martin
  • Collare Mohammedi dell’Ordine della Sovranità
  • Collare do Cruzeiro do Sol
  • Ordine di Re Tomislav di Croazia
  • Collare dell’Indipendenza del Qatar
  • Ordine S. Marino - Gran Croce
  • Ordine della Bandiera di Ungheria- I Classe
  • Ordine Polonia Restituta - Grande Uff.
  • Ordine al Merito Melitense - Gran Croce
  • Ordine S. Michele e S. Giorgio (G.B.) - Gran Croce
  • Ordine del Cristo (Port.) - Gran Croce
  • Ordine Piano - Collare
  • Ordine Falcone Islanda - Gran Croce
  • Ordine Serafini (Svezia) - Collare
  • Ordine Leopoldo I (Belgio) - Gran Cordone
  • Ordine Libertador S.Martin (Argentina) - Collare
  • Odine Orange Nassau (Olanda) - Gran Croce
  • Ordine al Merito del Cile - Collare
  • Ordine Hussein Giordania - Collare
  • Ordine 7 Novembre (Tunisia) - Gran Cordone
  • Legion d'Onore (Francia) - Gran Croce
  • Ordine Indiendenza (Qatar) - Collare
  • Ordine Sikatuna (Filippine) - Raja
  • Ordine al Merito (Rep. Egitto) - Gran Croce
  • Ordine del Bagno (G.B.) - Gran Croce
  • Ordine al Merito Fed. (Germania) - Gran Cordone
  • Ordine Bolivar (Venezuela) - Collare
  • Ordine Sovranità Mohammed (Marocco) - I Classe
  • Ordine Corona Quercia (Lussemb.) - Gran Croce
  • Ordine Aquila Azteca (Messico) - Grande Ufficiale
  • Ordine al Merito (Polonia) - Collare
  • Ordine Croce del Sud (Brasile) - Collare
  • Ordine Dom Henrique (Port.) - Collare
  • Ordine Dannebrog (Danimarca) - Gran Croce
  • Croce d'Onore CRI

[modifica] Curiosità

  • È cugino di terzo grado di Enrico Berlinguer e Giovanni Berlinguer.
  • Nonostante egli sia comunemente chiamato "Cossìga", la pronuncia originaria del cognome è "Còssiga": si tratta d'un casato sardo - di nobiltà di toga, che a suo dire aveva esponenti collegati ad una loggia massonica locale - il cui cognome significa "Còrsica" e indica provenienza della famiglia da quell'isola.
  • Ricevette 100 voti come candidato alla presidenza della Repubblica nel 1978, quella che vide poi eletto Sandro Pertini: avendo Cossiga allora solo 49 anni la sua eventuale elezione non sarebbe stata valida.
  • È di ben 8 anni più giovane dell'ultimo presidente Ciampi, 10 del suo successore Scalfaro ed è nato tre anni dopo rispetto all'attuale presidente Napolitano. La differenza di età tra lui e il suo predecessore è di oltre 32 anni.
  • Il giorno 12 gennaio 1997 Cossiga si trovava sul Pendolino ETR460 che deragliò per cause meccaniche all'ingresso della stazione di Piacenza. Cossiga ne uscì incolume ed ancora sulla scaletta dei pompieri che lo estraevano dal vagone rovesciato ha espresso ringraziamenti pubblici a tutte le strutture amministrative intervenute tempestivamente per salvare i passeggeri.
  • Il 15 maggio 2006 dichiara, commentando il discorso di insediamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Un discorso alto, nobile e molto umano; oggi è finita l'epoca del sessantennio di democrazia occidentalista: il socialcomunismo è arrivato in pace e libertà al vertice delle istituzioni».
  • È membro del comitato esecutivo dell'Aspen Institute Italia.
  • È frequentatore assiduo della biblioteca della facoltà di teologia valdese a Roma. Una volta, per farsela aprire di sera a tarda ora, citofonò dal portone al teologo e pastore Vittorio Subilia, che abita nello stesso palazzo. «Sono Cossiga». Si sentì rispondere: «E io Pinocchio».
  • È titolare di stazione di radioamatore con il nominativo [2] I0FCG e trasferì la sua stazione al Quirinale, durante il suo mandato presidenziale.
  • Nel 2007 ha costituito un comitato civico per onorare la memoria del prete roveretano, Antonio Rosmini. Di questo comitato fanno parte Giulio Andreotti, Gianni Letta, Franco Marini e il giornalista Giuseppe De Rita.

[modifica] Alcuni scritti

  • Paolo Guzzanti (a cura di), Cossiga uomo solo, Mondadori, 1991
  • Francesco Cossiga, Parole inutili (forse), Colombo, 1992
  • Pasquale Chessa (a cura di), Il torto e il diritto: quasi un'autobiografia personale, Mondadori, 1993
  • Pensieri in libertà (ma secondo un criterio) - Sei interviste di Francesco Cossiga, Colombo, 2000
  • Piero Testoni (a cura di), La passione e la politica, a cura di Piero Testoni, RCS, 2000
  • Francesco Cossiga (a cura di), Sir Thomas Moore, santo e martire, patrono dei governanti e dei politici: raccolta documentale, Colombo, 2001
  • Pasquale Chessa (a cura di), Per carità di patria: dodici anni di storia e politica italiana, 1992-2003, Mondadori, 2003
  • Francesco Cossiga e Pasquale Chessa, Italiani sono sempre gli altri, 2007

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Note

  1. ^ In questa veste presiedette all'apposizione degli "omissis" sul rapporto Manes: si tratta della relazione conclusiva della commissione ministeriale di inchiesta sul piano Solo, che la Commissione parlamentare sul SIFAR ricevette dal Governo pesantemente censurata "per esigenze di segreto militare" e che, invece, conteneva la prova della natura golpista delle mene del generale De Lorenzo[citazione necessaria] nell'estate del 1963, quando Pietro Nenni dichiarò che da parte dell'Arma era stato fatto udire "tintinnìo di sciabole" per impedire che la riedizione del governo Moro di centro-sinistra portasse ad equilibri più avanzati nel senso delle riforme economico-sociali necessarie al Paese.
  2. ^ movimento 77
  3. ^ “Italiani sono sempre gli altri”
  4. ^ Quelli che ha definito i suoi nemici all'interno della Democrazia cristiana misero in giro la voce - avvalorata da un finto rapporto degli agenti segreti della sua scorta -che una sua visita in Romania, ospite di Ceausescu, sarebbe stata motivata da una cura all'elettroshock in una clinica di quel Paese: episodio narrato - tra il divertito e l'indignato - nella trasmissione "Otto e mezzo" della rete televisiva la Sette, intervistato da Giuliano Ferrara, il 14 dicembre 2007; nel corso della medesima trasmissione Cossiga ha comunque riferito che in altre epoche (compresa quella finale della sua Presidenza della Repubblica) soffrì di crisi depressive, affrontate con lucida consapevolezza.

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana Successore:
Aldo Moro 1976 - 1978 Giulio Andreotti I
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con
con
Aldo Moro {{{data}}} Giulio Andreotti
Predecessore: Presidente del Consiglio dei Ministri Italiano Successore: Bandiera italiana
Giulio Andreotti 1979 - 1980 Arnaldo Forlani I
Presidenti del Consiglio dei Ministri
Repubblica Italiana
Alcide De Gasperi | Giuseppe Pella | Amintore Fanfani | Mario Scelba | Antonio Segni | Adone Zoli | Fernando Tambroni | Giovanni Leone | Aldo Moro | Mariano Rumor | Emilio Colombo | Giulio Andreotti | Francesco Cossiga | Arnaldo Forlani | Giovanni Spadolini | Bettino Craxi | Giovanni Goria | Ciriaco De Mita | Giuliano Amato | Carlo Azeglio Ciampi | Silvio Berlusconi | Lamberto Dini | Romano Prodi | Massimo D'Alema
Predecessore: Presidente del Senato della Repubblica Successore:
Vittorino Colombo 12 luglio 1983 - 24 giugno 1985 Amintore Fanfani I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Vittorino Colombo {{{data}}} Amintore Fanfani
Predecessore: Presidente della Repubblica Italiana Successore: Bandiera italiana
Sandro Pertini 3 luglio 1985 - 28 aprile 1992 Oscar Luigi Scalfaro
Presidenti della Repubblica Italiana
Stendardo Presidente della Repubblica Italiana
Enrico De Nicola (1946-1948) | Luigi Einaudi (1948-1955) | Giovanni Gronchi (1955-1962) | Antonio Segni (1962-1964) | Giuseppe Saragat (1964-1971) | Giovanni Leone (1971-1978) | Sandro Pertini (1978-1985) | Francesco Cossiga (1985-1992) | Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) | Carlo Azeglio Ciampi (1999-2006) | Giorgio Napolitano (2006-in carica)
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