Amintore Fanfani
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Presidente del Consiglio dei Ministri |
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Amintore Fanfani | ||
Luogo di nascita | Pieve Santo Stefano | |
Data di nascita | 6 febbraio 1908 | |
Luogo di morte | Roma | |
Data di morte | 20 novembre 1999 | |
Titolo di studio | laurea in Economia e Commercio | |
Professione | docente universitario, politico, giornalista | |
Partito politico | Democrazia Cristiana | |
Coalizione | Centrismo, Centro-sinistra, Pentapartito | |
Data incarico | 18 gennaio 1954 - 10 febbraio 1954 1 luglio 1958 - 15 febbraio 1959 26 luglio 1960 - 21 giugno 1963 1 dicembre 1982 - 4 agosto 1983 17 aprile 1987 - 28 luglio 1987 |
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Predecessore | Giuseppe Pella Adone Zoli Fernando Tambroni Giovanni Spadolini Bettino Craxi |
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Successore | Mario Scelba Antonio Segni Giovanni Leone Bettino Craxi Giovanni Goria |
Amintore Fanfani (Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 – Roma, 20 novembre 1999) è stato un politico e scrittore italiano.
Uno dei più celebri politici italiani del Secondo dopoguerra, fu una figura storica del partito della Democrazia Cristiana; si distinse anche come storico dell'economia.
Proveniente da una numerosa ed umile famiglia della provincia toscana, compì i suoi studi tra Urbino (scuole medie) ed Arezzo (Liceo scientifico). Si iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove studiò nel Collegio Augustinianum. Dopo la laurea in economia e commercio nel 1930, ottenne nel 1936 la cattedra di Storia delle Dottrine Economiche. Aderì con convinzione al fascismo e il suo nome comparve assieme a quello dei 330 firmatari che, nel 1938, appoggiarono il Manifesto della razza. Fanfani del regime condivise più che altro le scelte di politica economica e si dimostrò un convinto sostenitore del corporativismo, nel quale riconobbe uno strumento provvidenziale per salvare la società italiana dalla deriva liberale o da quella socialista ed indirizzarla verso la realizzazione di quegli ideali di giustizia sociale suggeriti dalla Dottrina sociale della chiesa.
Durante il periodo milanese, Fanfani fu direttore della Rivista Internazionale di Scienze Sociali e si affermò nel panorama culturale italiano (e non solo) grazie a studi di argomento storico-economico che hanno conservato un duraturo successo, come testimonia la recentissima ripubblicazione (2005) dell'opera Cattolicesimo e Protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, nella quale propose una coraggiosa interpretazione dei fenomeni di genesi del capitalismo, con particolare riferimento al condizionamento dei fattori religiosi e in sostanziale disaccordo con le tesi, allora paradigmatiche, di Max Weber.
Sempre negli anni trascorsi a Milano conobbe Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira e, dalla fine degli anni trenta, prese a partecipare assiduamente alle loro riunioni, discutendo di cattolicesimo e società. Con l'entrata in guerra dell'Italia, il gruppo spostò la sua attenzione al ruolo che sarebbe dovuto toccare al mondo cattolico all'indomani di quella caduta del Fascismo che era ormai ritenuta imminente.
Con l'8 settembre del 1943, tuttavia, il gruppo si sciolse e, fino alla Liberazione, Fanfani si rifugiò in Svizzera, dove organizzò corsi universitari per i rifugiati italiani. Appena rientrato in Italia, venne invitato a Roma proprio dall'amico Giuseppe Dossetti, appena eletto alla vicesegreteria democristiana, che gli affidò la direzione dell ufficio propaganda del partito. Ebbe in questo modo inizio la sua carriera politica e nel mezzo secolo successivo si troverà sempre, anche se a fasi alterne, al centro della scena politica nazionale.
Indice |
[modifica] Carriera politica
Eletto all'Assemblea Costituente, fece parte della Commissione che ha redatto il testo della nuova Costituzione repubblicana: sua è la formula: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Fu ministro del Lavoro nel quarto (1947-1948) e quinto (1948-1950) governo De Gasperi e dell'Agricoltura nel settimo governo De Gasperi (1951-1953), degli Interni nell'ottavo governo De Gasperi (1953-1953). Fu il promotore del c.d. "piano Fanfani" che prevedeva la costruzione di oltre 300.000 abitazioni popolari per gli operai.
Nel 1954 formò il suo primo governo, senza però ottenere la fiducia. Fece invece parte del governo Pella come ministro degli Interni. Sempre nel 1954 venne nominato segretario della Democrazia Cristiana in quanto leader della corrente "Iniziativa Democratica"; come segretario si adoperò per dotare il partito di una fitta rete di sezioni. Nel 1958, a seguito del successo elettorale della DC, poté formare il suo secondo governo, con il sostegno di repubblicani e socialdemocratici, ricoprendo anche la carica di ministro degli Esteri. Il governo rappresentò un primo accenno a un nuovo corso politico, superando il cosiddetto centrismo. A causa della contrarietà della maggioranza della DC all'apertura di una stagione di centro-sinistra e, soprattutto, all'eccessiva concentrazione di potere realizzatosi nelle mani del leader aretino, il Governo Fanfani II fu presto logorato dai cosiddetti "franchi tiratori", che lo misero spesso in minoranza. E' per questo che il 26 gennaio 1959 Fanfani rassegnò le dimissioni del gabinetto da lui presieduto e, pochi giorni dopo, si dimise anche da Segretario politico della DC. Al suo posto, venne nominato Presidente del Consiglio Antonio Segni, sostenuto da una maggioranza di centro-destra, mentre alla Segreteria del partito di maggioranza fu nominato, dopo un travagliato Consiglio Nazionale alla Domus Mariae, Aldo Moro. Si verificò in quella sede una spaccatura nella corrente di "Iniziativa Democratica", con la nascita delle correnti contrapposte di "Nuove Cronache" e della corrente "dorotea".
Dopo la sconfitta, Fanfani si ritirò nella sua Toscana, meditando a lungo di ritirarsi dalla vita politica e di ritornare all'insegnamento universitario. La battaglia congressuale della DC del 1959, però, gli offrì nuovi stimoli. Alla guida di un cartello di centro-sinistra, Fanfani giunse quasi a vincere il Congresso nazionale sulla base di una piattaforma politica che affermava la necessità di una collaborazione con il PSI. Il fronte anti-fanfaniano, inzialmente sicuro della vittoria, rimase spiazzato dall'attivismo e dal recupero del vecchio leader, riuscendo a vincere il congresso e a rieleggere Segretario Aldo Moro solo per pochi voti.
In politica estera ebbe un ruolo cruciale per la c.d. Crisi di Suez, promuovendosi come mediatore tra il Presidente egiziano Nasser e le potenze occidentali.
Nel 1960, dopo la partentesi travagliata del Governo Tambroni, Fanfani torna alla Presidenza del Consiglio, formando il suo terzo governo. Si trattò di un monocolore democristiano appoggiato dai partiti del centro democratico, ma che poteva avvalersi anche dell'astesione non concorata dei socialisti e dei monarchici. Con Fanfani al Governo e con Moro alla Segreteria, la Democrazia Cristiana si prepara ad inaugurare definitivamente la coalizione di centro-sinistra. L'impegno dei due "cavalli di razza" del partito porta infatti il Congresso nazionale, svoltosi a Napoli nel 1962 ad approvare con ampia maggioranza la nuova linea di collaborazione con il Partito Socialista Italiano.
Nel 1962, subito dopo il Congresso DC, Fanfani forma il suo quarto governo, questa volta di coalizione (DC - PSDI - PRI e con l'appoggio esterno del PSI), iniziando così l'esperienza delle maggioranze di centrosinistra. Sarà questo il periodo di maggiore successo della carriera di Fanfani.
In politica estera ruolo fondamentale fu quello assunto da Fanfani durante la Crisi dei missili di Cuba: proponendo a John Kennedy la dismissione dei missili installati in Puglia verso l'URSS, favorì l'accordo tra gli americani e Kruscev.
In politica interna raggiunse importanti successi come la nazionalizzazione dell'energia elettrica, l'istituzione della scuola media unica (con i libri di testo gratuiti per i non abbienti), la definitiva industrializzazione del paese, l'avvio delle opere infrastrutturali come la realizzazione dell'Autostrada del sole Milano-Napoli e la definitiva consacrazione della RAI come servizio pubblico (con le trasmissioni Non è mai troppo tardi per gli analfabeti o Tribuna politica dando spazio a tutte le forze politiche in egual misura).
La sua politica riformatrice, accusata di avere uno stampo troppo socialista, produsse una significativa diffidenza della classe industriale e della corrente di destra della DC. Con il calo di consenso elettorale del 1963 fu costretto alle dimissioni.
Nel 1965 è ministro degli Esteri nel secondo governo Moro, carica che ricopre anche dal 1966 al 1968 nel terzo governo Moro. Venne eletto Presidente dell'Assemblea dell'ONU per il periodo 1965-1966.
Dal 1968 al 1973 fu Presidente del Senato, ed ebbe nel marzo del 1972 la nomina di senatore a vita.
Nel 1973, fu rieletto Segretario politico della Democrazia Cristiana dopo il Congresso di Roma. L'elezione di Fanfani pose fine alla segreteria del suo delfino Arnaldo Forlani e alla linea politica di 'centralità', che aveva portato all'interruzione momentanea della collaborazione con il Partito Socialista Italiano. Il ritorno alla segreteria del leader aretino non riuscì in ogni caso ad evitare la progressiva crisi di una formula politica (quella del Centro-Sinistra) ormai giunta alla fine della propria esperienza.
Dopo le pressioni provenienti dagli ambienti cattolici, seppur con molte perplessità circa la sua riuscita, dovette guidare il partito nella campagna per il referendum sulla abrogazione del divorzio, su posizioni di forte contrapposizione allo schieramento laico. Fanfani si ritrovò a guidare questa battaglia senza avere l'appoggio esplicito della DC: Rumor, Moro, Colombo e Cossiga, infatti, erano convinti della non riuscita della battaglia rederendaria. La sconfitta del referendum sul divorzio non ne provocò immediatamente le dimissioni; per un altro anno, infatti, Fanfani continuò a guidare il partito, seppur con l'esplicita opposizione delle correnti di sinistra. L'attenzione di Fanfani si spostò allora sulle elezioni regionali del 1975, dove egli sperava di raggiungere un successo considerevole basando la campagna elettorale sui temi della sicurezza e dell'opposizione al crimine e al terrorismo. Invece il risultato della consultazione portò la DC al suo minimo storico, con conseguente sfiducia per il Segretario da parte del Consiglio Nazionale. A lui succedette Benigno Zaccagnini, inizialmente sostenuto dallo stesso Fanfani, che poi assunse una posizione critica nei confronti della segreteria a causa della sua linea di apertura al PCI. Fu per questo che, durante il Congresso nazionale DC del 1976 Fanfani guidò, assieme ad Andreotti e ai dorotei di Piccoli e Bisaglia, un cartello di correnti moderate opposte alla "linea zaccagnini" denominato "DAF". Il "DAF", però, non riuscì ad imporsi e a far eleggere alla Segreteria il fanfaniano Arnaldo Forlani, mettendo così in condizione Zaccagnini e la sua maggioranza di procedere con la politica di "solidarietà nazionale e con l'apertura al PCI
Dopo il Congresso, fu nominato quindi Presidente della DC, carica che la nuova maggioranza zaccagniniana volle concedere a un esponente della minoranza per assicurare l'unità del partito. Lasciò questa carica dopo le elezioni del 1976, quando fu eletto nuovamente alla presidenza del Senato, carica che mantenne costantemente fino al1982.
Durante il sequestro Moro fu l'unico esponente DC ad appoggiare la linea della trattativa rimanendo isolato all'interno del partito. La famiglia Moro, in rotta con lo stato maggiore DC, rifiutò sia i funerali di Stato sia la partecipazione di esponenti politici democristiani. Fanfani, a causa della posizione assunta nel sequestro, fu il solo invitato e il solo che partecipò ai funerali di Aldo Moro.
Nonostante avesse collaborato all'affermazione delle correnti moderate della DC nel Congresso nazionale del 1980, che causò l'interruzione della fase di apertura verso i comunisti, Fanfani decise di sostenere al successivo Congresso proprio la Sinistra del partito. Contribuì in modo decisivo all'elezione del nuovo Segretario Ciriaco De Mita e alla sconfitta di quello che un tempo era stato il suo delfino: Arnaldo Forlani. A causa di questa scelta, la corrente fanfaniana subì una pesante scissione; il grosso della stessa, infatti, non se la sentì di seguire il leader in questa nuova avventura, preferendo rimanere assieme a Forlani nella minoranza moderata del partito.
Dal 1982 al 1983 Fanfani fu Presidente del Consiglio per la quinta volta, guidando un governo DC - PSI - PSDI - PLI con l'appoggio esterno del PRI. Destando un certo scalpore, nel febbraio del 1983 Fanfani si recò a Londra per rendere visita all'ex re d'Italia Umberto II, ricoverato alla London Clinic. Dal 1985 al 1987 fu ancora Presidente del Senato,eletto da un'ampia maggioranza che andava dalla maggioranza pentaprtito, al PCI fino ad arrivare al MSI. Da aprile a luglio del 1987 fu per la sesta volta premier per poi essere nominato ministro degli Interni nel governo Goria; dal 1988 al 1989 fu al Bilancio nel governo De Mita.
Nel 1992, dopo le elezioni politiche che rivoluzioneranno il quadro politico nazionale, fu nominato Presidente della Commissione Esteri del Senato. Sarà l'ultimo incarico istituzionale ricoperto da Fanfani.
Dopo la stagione di Tangentopoli (dalla quale non venne sfiorato, a differenza di quasi la totalità degli esponenti DC) e le trasformazioni subite dalla DC, seguì il partito nella formazione del Partito Popolare Italiano. Nella XII legislatura (1994-1996) fu eletto alla prestigiosa carica di presidente della commissione affari esteri del Senato della Repubblica. Le sue ultime uscite politiche sono state l'intervento all'Assemblea che sancì, sotto la guida di Mino Martinazzoli, la nascita del PPI e la dichiarazione di voto per la fiducia al primo governo Prodi. Oltre agli studi e alla politica, la sua grande passione fu la pittura, che esercitò fin da giovane dopo studi accademici.
La sua azione politica è stata importante in quanto egli viene considerato, insieme a Giuseppe Saragat, Pietro Nenni, Aldo Moro ed Ugo la Malfa, uno degli artefici della svolta politica del centro-sinistra, con cui la Democrazia Cristiana volle avvalersi della collaborazione governativa del Partito Socialista Italiano.
[modifica] Curiosità
- Per i molteplici incarichi istituzionali a cui venne chiamato, spesso anche quando alcuni credevano che stesse per imboccare il "viale del tramonto", venne soprannominato da Indro Montanelli Rieccolo.
- Sino ad oggi, Fanfani è l'unico Italiano ad avere presieduto l'Assemblea Generale dell'ONU.
- Dario Fo compose, nel 1973, una commedia intitolata Il Fanfani rapito il cui protagonista è, appunto, Amintore Fanfani.
Persona molto legata alle tradizioni povere, infatti si vociferava che fu anche ospite a Cerenzia un piccolo paese in provincia di Crotone e che in codesto paese visitò varie case povere nel 1963 si dice che le case visitate erano quelle appartenenti alla famiglia Nigro-Mauro
[modifica] Bibliografia
- Igino Giordani, Alcide De Gasperi il ricostruttore, Roma, Edizioni Cinque Lune, 1955.
- Giulio Andreotti, De Gasperi e il suo tempo, Milano, Mondadori, 1956.
- Agostino Giovagnoli, Il partito italiano: la Democrazia Cristiana dal 1942 al 1994, Bari, Laterza, 1996.
- Piero Ottone, Fanfani, Milano, Longanesi, 1966
- Nico Perrone, Il segno della DC, Bari, Dedalo, 2002, ISBN 88-220-6253-1.
- Luciano Radi, La Dc da De Gasperi a Fanfani, Soveria Manelli, Rubbettino, 2005.
- Vincenzo La Russa, Amintore Fanfani, Rubbettino, 2006.
- Renato Filizzola, Amintore Fanfani. Quaresime e resurrezioni, Editalia, 1988, ISBN 88-7060-180-3.
[modifica] Collegamenti esterni
- Fondazione Amintore Fanfani
- Rieccolo! La storia di Amintore Fanfani La storia siamo noi - Rai Educational
- Tre milizie, tre fedeltà: storia della Democrazia Cristiana La storia siamo noi - Rai Educational
[modifica] Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Amintore Fanfani
Predecessore: | Segretario DC | Successore: | |
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Alcide De Gasperi | 1954 - 1959 | Aldo Moro | I |
Arnaldo Forlani | 1973 - 1975 | Benigno Zaccagnini | II |
Predecessore: | Presidente del Consiglio dei Ministri Italiano | Successore: | |
---|---|---|---|
Giuseppe Pella | gennaio 1954 - febbraio 1954 | Mario Scelba | I |
Adone Zoli | luglio 1958 - febbraio 1959 | Antonio Segni | II |
Fernando Tambroni | luglio 1960 - febbraio 1962 | Amintore Fanfani | III |
Amintore Fanfani | febbraio 1962 - giugno 1963 | Giovanni Leone | IV |
Giovanni Spadolini | dicembre 1982 - agosto 1983 | Bettino Craxi | V |
Bettino Craxi | 17 aprile 1987 - 28 luglio 1987 | Giovanni Goria | VI |
Presidenti del Consiglio dei Ministri | |||
Alcide De Gasperi | Giuseppe Pella | Amintore Fanfani | Mario Scelba | Antonio Segni | Adone Zoli | Fernando Tambroni | Giovanni Leone | Aldo Moro | Mariano Rumor | Emilio Colombo | Giulio Andreotti | Francesco Cossiga | Arnaldo Forlani | Giovanni Spadolini | Bettino Craxi | Giovanni Goria | Ciriaco De Mita | Giuliano Amato | Carlo Azeglio Ciampi | Silvio Berlusconi | Lamberto Dini | Romano Prodi | Massimo D'Alema |
Predecessore: | Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana | Successore: | |
---|---|---|---|
Mario Scelba | 1953 - 1954 | Giulio Andreotti | I |
Oscar Luigi Scalfaro | 1987 - 1988 | Antonio Gava | II |
Predecessore: | Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana | Successore: | |
---|---|---|---|
Giuseppe Pella | 1958 - 1959 | Giuseppe Pella | I |
Antonio Segni | 1962 | Attilio Piccioni | II |
Aldo Moro | 1965 | Aldo Moro | III |
Aldo Moro | 1966 - 1968 | Giuseppe Medici | IV |
Predecessore: | Presidente del Senato italiano | Successore: | |
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Ennio Zelioli-Lanzini | 1968 - 1973 | Giovanni Spagnolli | I |
Giovanni Spagnolli | 1976 - 1982 | Tommaso Morlino | II |
Francesco Cossiga | 1985 - 1987 | Giovanni Francesco Malagodi | III |
Predecessore: | Ministro dell'Agricoltura e Foreste | Successore: | |
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Antonio Segni | 1951 - 1953 | Rocco Salomone |