Molto rumore per nulla
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Molto rumore per nulla | |
di William Shakespeare
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Commedia in cinque atti
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Claudio accusa Ero di Marcus Stone |
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Titolo originale | Much ado about nothing |
Lingua originale | Inglese |
Genere | Tragicommedia, Teatro elisabettiano |
Composto nel | 1598 - 1599 |
Prima assoluta | Tra il 1599 ed il 1600 |
Personaggi:
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Trasposizioni operistiche |
Béatrice et Bénédict, opera comica in due atti di Hector Berlioz del 1862 |
Riduzioni cinematografiche | Vedi l'apposita sezione |
Visita il Foyer |
(EN)
« Sigh no more, ladies, sigh nor more;
Men were deceivers ever; One foot in sea and one on shore, To one thing constant never; Then sigh not so, But let them go, And be you blithe and bonny; Converting all your sounds of woe Into hey nonny, nonny. » |
(IT)
« Non sospirate più, donne. Non sospirate;
Da sempre gli uomini sono ingannatori. Con un piede in due staffe, A nulla rimangono costanti. Cessate dunque di lamentarvi così E lasciateli andare. Siate serene e felici Mutando i vostri canti di dolore in un gioioso trallallerollalà. » |
(Estratto della canzone di Badassarre, Atto II, scena III)
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Molto rumore per nulla (titolo originale: "Much ado about nothing") è il titolo di una commedia teatrale ambientata a Messina, scritta da William Shakespeare tra il 1598 e il 1599. Rientra nel novero delle tragicommedie o commedie giocose (anche dette commedie romantiche), in cui l'elemento giocoso si fonde a quello tragico e propriamente drammatico, rappresentato dalla finta morte di una delle protagoniste, la bella Ero, e dal complotto ordito da Don Juan per tentare di sviare la storia dall'happy ending cui tuttavia volge.
Commedia fortunata sul versante della rappresentazione scenica, vanta un successo che nei secoli non è scemato: in Italia è stata sempre molto apprezzata sia per l'ambientazione, la città di Messina, sia per le influenze letterarie riconducibili alla tradizione letteraria italiana.
Indice |
[modifica] Composizione e stampa
La prima pubblicazione dell'opera si ebbe in una edizione in quarto il 23 agosto 1600[1] ad opera di Andrew Wise e William Aspley, due attori della The Lord Chamberlain's Men, la compagnia teatrale della quale Shakespeare era attore e drammaturgo. Con molta probabilità, la trascrizione avvenne dai cosiddetti "foul papers" (It. "prime stesure manoscritte") del Bardo o dai ricordi degli attori. Dalla data di prima pubblicazione dell'opera è deducibile che la prima rappresentazione della commedia avvenne precedentemente a tale anno.
Non si hanno, tuttavia, notizie di una precedente rappresentazione a quella avvenuta a corte nell'inverno del 1612-1613, in occasione dei preparativi per il matrimonio tra Federico V Elettore Palatino ed Elisabetta Stuart, celebrato il 14 febbraio 1613. Presentata come Much Adoe abowte Nothinge entrò con tale titolo nei repertori delle compagnie inglesi che talvolta la presentarono anche come Benedicte and Betteris[2].
Non si ebbero altre edizioni della commedia fino al 1623, anno di stampa del first folio da parte degli attori John Heminges e Henry Condell. La stampa nel second folio si ebbe nel 1932.
Much Ado About Nothing ebbe la fortuna di essere tra i drammi presenti sia nel quarto che nel successivo first folio: ciò ne permise la comparazione diretta da parte degli studiosi. La stampa del first folio, infatti, si differenzia dal quarto per la sostanziale mancanza di spazio, tanto da costringere la commedia a subire alcuni tagli delle didascalie sceniche ma soprattutto abbreviazioni dei vocaboli[3]. I rimaneggiamenti, sebbene non drastici, resero difficili le interpretazioni di alcuni passaggi dell'opera.
In particolare, poi, i nomi dei personaggi furono modificati da una stampa all'altra. Nel quarto del 1600, gli sgangherati Carruba e Sorba (Dogberry e Verges), erano inizialmente indicati come "the maister Constable and the Headborough" e accompagnati dal nome degli attori, che erano William Kempe e Richard Cowley. La modifica dei nomi, che spesso nel first folio non appaiono scritti per esteso, ed il taglio di alcune didascalie di scena resero il lavoro di comparazione tra le edizioni più complicato. Anche Antonio, fratello di Leonato, figurava nel quarto solo come "Old" o "Brother", mentre vi è un personaggio che non troverà posto nelle trascrizioni successive: Innogen, la moglie di Leonato e madre di Ero[4].
[modifica] Personaggi
Per approfondire, vedi la voce Personaggi scespiriani. |
I personaggi che popolano la commedia sono di varia estrazione sociale, riconducibili tutti, ad eccezione dei bislacchi Carruba e Sorba (Dogberry e Verges), agli ambienti curtensi in cui il dramma è ambientato.
Come sottolinea Miola[5], sebbene Molto rumore per nulla non abbia alcuna influenza diretta da un preciso testo classico latino, la costruzione drammatica e le relazioni tra i personaggi risentono delle strutture della Commedia nuova di origine greca, convenzioni poi adottate da Plauto e Terenzio e che arrivarono fino alla Commedia dell'arte. La narrazione delle vicende del giovane nobile d'animo (Claudio, l'adulescens) innamorato della ragazza virtuosa (Ero, la virgo) che confessa ad un cinico "servo" (Benedetto, che rappresenta il furbo servus), rispecchiano gli antichi intrecci delle commedie classiche: mentre, però, Claudio ed Ero (soprattutto la seconda) sono fortemente tipizzati e caratterizzati per le loro virtù quasi come maschere, Benedetto è il prototipo di servitore che diverrà il protagonista scaltro e cervellotico de Le furberie di Scapino di Molière.
Le figure matriarcali, invece, sono del tutto assenti. Don Pedro e Don Juan rappresentano rispettivamente il lato buono ed il lato malvagio di una stessa medaglia. Come il primo si prodiga nell'intrecciar legami tra alcuni dei protagonisti (si pone come intermediario tra Claudio ed Ero ma anche tra Benedetto e Beatrice), il secondo tenta di distruggere l'amore tra i primi due. Se non volge le proprie attenzioni alla seconda coppia è solo perché la propria caratterizzazione di malvagio senza troppe inflessioni psicologiche non potrebbe reggere il contrasto con loro: inoltre, rappresentando il cattivo per antonomasia, i suoi tentativi si dirigono verso i protagonisti principali della commedia romantica, la cui distruzione del rapporto avrebbe dirette conseguenze sul fratello. In questo, Don Juan si fa precursore di altri due personaggi scespiriani: il perfido Iago dell'Otello e il malevolo Edmund del Re Lear.
- Don Pedro
- è il principe di Aragona, legato da una salda amicizia con Leonato, signore di Messina.
- Don Giovanni (Don Juan)
- è il fratello di Don Pedro, detto "il bastardo". In passato, ci svela Leonato al momento dell'accoglienza a palazzo, ha meritato la sfiducia del fratello, da poco riconquistata. L'astio di Don Juan non è però sazio.
- Benedetto (Benedick)
- un giovane padovano, compagno d'armi degli spagnoli. Profondamente misogino, si caratterizza come un personaggio fortemente polemico nei confronti dell'universo femminile e pesantemente avverso alle smanie amorose. Nemico giurato del matrimonio, vede nel sacramento la fine della volontà di libertà maschile. Palesa i suoi pensieri nel corso di illuminanti monologhi, come quello che introduce la terza scena del secondo atto. Da notare come il significato del suo nome, benedetto, abbia una corrispondenza con quello della sua antagonista femminile Beatrice.
- Leonato
- governatore di Messina, padre di Ero, e zio di Beatrice. È legato a Don Pedro da una salda amicizia, che verrà messa a dura prova dalle malefatte di Don Juan.
- Antonio
- fratello di Leonato, difende l'onore di Ero. Grazie alla scena del ballo in maschera capiamo, vista l'intesa con Orsola, che questa è sicuramente una donna più anziana rispetto all'altra dama, Margherita.
- Baldassarre (Balthazar)
- è al seguito di Don Pedro e si diletta nel canto. In scena porta due canzoni: Sigh no more (Atto II, Scena III) e Pardon, goddess of the night (Atto V, Scena III).
- Borraccio (Borachio), Corrado (Conrade)
- sgherri al seguito di Don Juan. Il nome del primo richiama alla mente, dalla lingua spagnola, la pratica del bere. Sarà proprio in stato di ebrezza che i due verranno arrestati dalla guardia notturna e costretti a confessare le malefatte compiute.
- Frate Francesco (Friar Francis)
- giunge unicamente nel IV atto per suggellare i matrimonio tra Ero e Claudio. Suggerisce l'idea di piangere per morta Ero, in modo da riabilitarne il nome.
- Carruba (Dogberry)
- è il capo delle guardie di ronda a Messina. Come altre volte, il nome originale scelto da Shakespeare per personaggi buffi è chiaramente allusivo. La corretta traduzione è infatti "bacca di cane", in riferimento ad un particolare tipo di frutto selvatico (probabilmente l'uva spina) tipico del bacino Mediterraneo. La sua estrazione sociale è inferiore a quella di altri personaggi: nel confronto con loro il linguaggio del poliziotto va incontro ad inevitabili papere linguistiche. Nonostante all'apparenza il personaggio sembri unicamente animare la commedia per fornire uno spunto comico e parodistico, è grazie al suo impegno che il "molto rumore" va a quietarsi, grazie alla scoperta dei piani di Don Juan.
- Sorba (Verges)
- fida spalla di Dogberry, da lui continuamente maltrattato.
- Ero (Hero)
- è la figlia di Leonato ed il secondo personaggio femminile maggiore della commedia. Il nome rimanda alla mitologica Ero amata da Leandro. Il personaggio è il simbolo delle virtù femminili, della grazia e della bellezza. Nonostante ciò, il suo candore è una forte caratterizzazione di cui Shakespeare si serve unicamente per dare maggiore risalto al presunto adulterio di lei. Nel III atto, scena IV, si difende dalle battute maliziose di Margherita sul suo futuro sessuale con Claudio.
- Beatrice
- è la nipote di Leonato, personaggio femminile chiave in continua lotta con Benedetto. Il suo astio sembra provenire da una passata relazione finita male con il giovane padovano. Nonostante non palesi mai chiaramente tale situazione passata, una battuta del II atto, scena I, fa intendere che ella abbia in passato dato il suo cuore a Benedetto, il quale l'avrebbe ricambiata con un rifiuto. Dipinta come sdegnosa, si rivela donna sagace ed intraprendente: come molti personaggi femminili scespiriani, è l'unica ad opporre resistenza ai soprusi, come nelle accuse di Claudio nei confronti della cugina. Desiderosa di vendetta chiarisce il desiderio (espresso poi da Lady Macbeth ed in passato dalla Medea euripidea) di divenire uomo per poter reclamare giustizia. Il significato del suo nome, beata, ha una corrispondenza con quello maschile del suo antagonista Benedetto.
- Orsola (Ursula), Margherita (Margaret)
- damigelle di compagnia di Ero, complici del tranello ordito alle spalle di Beatrice per farle credere di essere l'oggetto delle pene d'amore di Benedetto. Margherita sarà involontariamente complice del piano di Don Juan, ma la sua innocenza sarà prima confermata da Borraccio nella sua confessione e ribadita da Leonato nell'ultimo atto. Al personaggio di Margherita è intitolato l'omonimo satellite naturale di Urano.
[modifica] Trama
[modifica] Atto primo
La commedia si apre con il principe Pedro d'Aragona che, al ritorno da imprese d'armi, si ferma a Messina dal vecchio amico Leonato. La notizia è annunciata da un messaggero che anticipa il principe alla corte. Qui, tra i presenti, si evidenzia subito Beatrice, la nipote di Leonato, la quale chiede notizie di Benedetto di Padova, manifestando immediatamente una spiccata antipatia per quest'ultimo. Leonato informa il messaggero che la nipote e Benedetto sono impegnati da anni in una schermaglia fatta di battibecchi e continue prese in giro l'uno dell'altra.
Il principe arriva con il suo seguito a corte e viene caldamente accolto da Leonato: tra i componenti dello squadrone c'è suo fratello Don Juan, in passato rinnegato dal principe, che viene comunque accolto favorevolmente dal padrone di casa. Uno dei favoriti di Don Pedro, il giovane conte fiorentino Claudio, si innamora della figlia di Leonato, Ero, cugina di Beatrice e donna virtuosa.
Nel contempo si assiste ad una divertente schermaglia tra Beatrice, nipote di Leonato, e il signor Benedetto da Padova, entrambi arguti e sprezzanti le gioie dell'amore. Rimasti soli, Claudio chiede a Benedetto cosa pensi di Ero, e Benedetto si pronuncia in maniera caustica e priva di possibili fraintendimenti:
(EN)
« Why, i' faith, methinks she's too low for a high praise, too brown for a fair praise, and too little for a great praise; only this commendation I can afford her, that were she other than she is, she were unhandsome, and being no other but as she is, I do not like her. »
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(IT)
« Beh, in fede mia, credo che sia troppo bassa per un'alta lode, troppo scura per una chiara lode e troppo piccola per una grande lode; solo questo posso riconoscerle di buono, che se fosse un'altra da quello che è, non sarebbe carina, ed essendo nient'altro che quella che è, non mi piace »
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(Benedetto, Atto I scena I)
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Claudio si confessa con Don Pedro che giura di aiutarlo nel conquistare la bella Ero. Borraccio, braccio destro del perfido Don Juan, spia la conversazione e riferisce tutto al suo signore, che ordisce con lui e l'alto sgherro Corrado un modo per mandare all'aria l'unione tra i due.
[modifica] Atto secondo
Viene organizzato alla corte un ballo in maschera nel quale i partecipanti giocano, mascherati, gli uni con gli altri: Beatrice confessa il suo dissapore nei confronti di Benedetto ad un ignoto avventore mascherato, che si scoprirà essere poi proprio il bersaglio delle sue frecciate avvelenate.
Don Juan finge di scambiare Claudio per Benedetto e gli instilla nella mente che Ero non è la virtuosa ragazza che egli crede: Don Pedro sta infatti tentando di corteggiarla, con la scusa di mettere in buona luce il giovane Claudio agli occhi di lei. Ovviamente non vi è nulla di vero nell'affermazione, ma Claudio reagisce in maniera stizzita. Chiarito l'equivoco, Leonato approva il matrimonio, che sembra definito e destinato a celebrarsi a distanza di pochi giorni. Vi è uno scambio di battute tra i partecipanti: si capisce che il dissapore che lega Beatrice e Benedetto è forse frutto di una precedente passione, risalente a tre anni prima, finita male tra i due.
Nel frattempo Don Juan mette a punto il suo piano: farà assistere Claudio e Don Pedro ad un incontro amoroso tra Borraccio e Margherita, dama di compagnia di Ero[6]. Il favore della notte e di alcuni accorgimenti farà sì che i due scambino la dama per la promessa sposa, rovinandone la reputazione.
Intanto un farsesco complotto, ordito dal principe Pedro, mira a far cadere Benedetto e Beatrice l'uno nelle braccia dell'altra. Don Pedro, Leonato e Claudio, fingendo di non essersi accorti di essere spiati da Benedetto, millantano una struggente passione della donna nei confronti dello sprezzante uomo. Benedetto, colpito dalla rivelazione e dalla considerazione che hanno di lui gli altri, decide di mettere da parte l'attrito che prova per il sesso femminile ricambiando l'amore di Beatrice.
[modifica] Atto terzo
Anche Ero e le sue dame, Margherita ed Orsola, tendono una tranello simile a Beatrice: fingendo di ignorare la sua presenza nel giardino dove passeggiano, le fanno credere che la stizza di Benedetto sia dovuta all'impossibilità di vedere il suo amore ricambiato. Beatrice cede alle lusinghe dell'amore e giura di addomesticare il suo cuore selvaggio a lui.
Don Juan, con la complicità dei suoi sgherri, riesce a screditare Ero agli occhi di Claudio, inscenando il finto incontro amoroso tra Borraccio ed Ero. Borraccio e Corrado, però, compiuta la malefatta, si aggirano ubriachi per le strade di Messina, raccontandosi ciò che avevano appena compiuto. Una sgangherata pattuglia di guardie, capitanata dal bislacco Carruba cui fa spalla il non meno scemo Sorba, cattura i servi di Don Juan e fa un resoconto, per bocca dei due, a Leonato riguardo l'arresto di due strani individui. Leonato, impegnato con i preparativi per il matrimonio della figlia, ne ordina l'interrogatorio.
[modifica] Atto quarto
Tutti i personaggi sono riuniti in chiesa per celebrare il matrimonio tra Ero e Claudio. Nel momento in cui frate Francesco formula la domanda di matrimonio, Claudio ripudia pubblicamente Ero, accusandola di lussuria. Il colpo è forte ed Ero, incapace di difendersi vista l'affidabile testimonianza di Don Pedro, presente al suo incontro amoroso con Borraccio, sviene e viene creduta morta. Inutilmente Beatrice tenta la sua difesa: la donna rimane inascoltata, intenta a piangere le sventure dell'amata cugina da tutti creduta ormai morta.
Rimasti soli in scena i componenti della corte di Messina, Leonato maledice la figlia per la sua dissolutezza, ma frate Francesco difende la ragazza ed ordisce uno stratagemma per dimostrarne l'innocenza. Claudio, infatti, credendo morta Ero per la sua feroce accusa, sarà roso dai rimorsi fino a perdonarle l'accaduto.
La famiglia si ritira, e Beatrice rimane a lamentarsi della sorte della cugina con Benedetto. In un momento di slancio, i due i confessano il proprio amore ma Benedetto, per dimostrarlo, dovrà uccidere Claudio, secondo il volere di Beatrice, pur sapendo che in realtà Ero è ancora viva.
Avviene intanto l'interrogatorio del bislacco Carruba, che riesce ad ottenere le confessioni di Corrado e Borraccio sull'inganno perpetrato ai danni di Ero.
[modifica] Atto quinto
Leonato e suo fratello Antonio fermano Don Pedro e Claudio, sulla via della partenza da Messina, per mettere in atto il loro piano: volano le accuse nei confronti del giovane fiorentino, a cui si somma la sfida a duello da parte di Benedetto, deciso a conquistare l'amore di Beatrice. Soggiungono Carruba e Sorba con Corrado e Borraccio al seguito, e svelano l'arcano: costretto alla confessione, Borraccio rivela di non aver mai tentato le virtù di Ero, e che la donna con cui era stato visto era Margherita, dama di compagnia della creduta defunta donna.
Il pentimento sembra già possedere Claudio che, in segno di rispetto, si reca con il principe Don Pedro in visita al sepolcro di lei, sul quale recita un epitaffio. Un giuramento fatto a Leonato servirà a ripagare lo stesso della perdita della figlia: Claudio si impegna per sposare la fantomatica figlia di Antonio, che viene descritta come la copia di Ero.
Il momento del matrimonio arriva, e la sposa entra mascherata come le sue dame. Lo svelamento avviene, e Claudio può riabbracciare la creduta perduta Ero, con la quale può coronare il suo sogno d'amore. Un messaggero giunge per informare che Don Juan, fuggito da Messina al peggiorare della situazione, è stato riacciuffato e imprigionato.
Beatrice e Benedetto, quando tutti sono pronti per le nozze, ingaggiano l'ultimo duello di parole, che si conclude con il loro fidanzamento ed il certo, prossimo, convolo al talamo nuziale. La commedia si chiude con le danze ed i festeggiamenti del tanto atteso matrimonio tra Claudio ed Ero.
[modifica] Origini
La commedia è debitrice di influenze letterarie differenti, maggiormente ravvisabili nella novellistica e nell'epica cinquecentesca.
L'origine classica dell'intreccio è da rintracciarsi nel lavoro di Caritone di Afrodisia Il romanzo di Calliroe, dove Calliroe, fanciulla siracusana creduta adultera dallo sposo Cherea, viene da lui presa a calci e creduta morta. L'intreccio della vicenda prosegue poi sviluppandosi in maniera differente, ma sia l'ambientazione in Sicilia che la relazione tra i due personaggi riportano alla mente le vicende di Claudio ed Ero.
Nel testo si possono trovare molte scene ispirate ad opere italiane; il nucleo dell'intera commedia è ispirato ad una novella di Matteo Bandello, precisamente la XXII del primo libro delle Novelle dal titolo "Narra il signor Scipione Attellano come il signor Timbreo di Cardona essendo col re Piero di Ragona in Messina s'innamora di Fenicia Lionata, e i varii e fortunevoli accidenti che avvennero prima che per moglie la prendesse", dedicata alla Contessa Cecilia Gallerana Bergamina Salute e pubblicata nel 1554. Shakespeare non lesse mai il testo originale ma si avvalse sicuramente della traduzione in lingua francese di François de Belleforest[7].
La storia del Bandello narra di Piero di Ragona, monarca spagnolo di ritorno da affari d'armi nella città di Messina per incontrare l'amico Lionato de' Lionati e la figlia, Fenicia, di cui si innamora il protetto del nobile Piero, Timbreo di Cardona. Raggiunto l'accordo per le nozze, il cavaliere Girondo Olerio Valenziano, innamorato di Fenicia e desideroso di rovinare l'evento, ordina a Timbreo di porsi in agguato vicino casa di Lionato in piena notte: qui, travestito un servitore da donna, Girondo inscena il tradimento di Fenicia. Timbreo rinuncia alle nozze e Fenicia viene creduta morta dal dolore. Rinsavita, viene pianta da Timbreo e Girondo sul sepolcro: il primo si duole del gesto che valse la vita alla donna, il secondo confessa la sua colpa. Implorando perdono presso Lionato, questi ordina a Timbreo di sposare la donna che egli sceglierà per lavare l'onta di cui si era coperta Fenicia per loro colpa. Timbreo sposa Fenicia credendola un'altra chiamata Lucilla: palesato il rimorso dei due uomini, la verità verrà svelata ed i due sposi saranno ricongiunti. Girondo, da parte sua, sposerà la seconda figlia di Lionato, Belfiore.
La rielaborazione scespiriana mantenne solo alcuni dei nomi originali (Don Pedro d'Aragona è ispirato al nobile Piero di Ragona mentre Leonato a Lionato de' Lionati) modificando gli altri ma, soprattutto, prese di pari passo l'intreccio sentimentale della novella riversandolo sulle vicende amorose di Ero e Claudio. Non è inoltre da escludere che il personaggio di Ero sia un tributo al poemetto di Christopher Marlowe Hero and Leander, pubblicato nel 1598.
All'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (1516) si ispira probabilmente la figura di Margherita. Il canto V, infatti, si incentra su Dalinda, dama della corte di Scozia accompagnatrice di Ginevra, la bella principessa promessa sposa di Ariodante. Il duca d'Albania Polinesso, desideroso di conquistare il cuore della donna ma spinto dalla brama di potere per la conquista di un ambito trono, chiede a Dalinda di vestire i panni della sua signora per esserle simile in tutto ed ingannare i di lui sensi, che avrebbero trovato così appagamento. Dalinda si presta inconsapevolmente ad un gioco sporco perché innamorata del duca: in realtà Polinesso ha intenzione di far credere ad Ariodante di essere l'amante di Ginevra e, grazie al travestimento della ragazza, si fa spiare da Ariodante mentre si intrattengono, riuscendo a ingannare il promesso sposo. Ginevra verrà accusata di impudicizia ma verrà alla fine scagionata dalle colpe attribuitele. Il lieto fine richiama la chiusura della commedia scespiriana, con tanto di balli e musiche.
È probabile che anche nel caso dell'Orlando Furioso Shakespeare non abbia letto la versione originale ma si sia affidato a delle traduzioni: la più celebre era la recente versione di John Harrington del 1591. Sappiamo che la traduzione ebbe ampia diffusione a Corte, ed è plausibile che possa essere giunta anche nelle mani del drammaturgo. Un dramma perduto, A History of Ariodante and Genevora, venne poi portato in scena nel 1583 dai Merchant Taylors' boys: questa potrebbe essere stata una fonte di ispirazione alternativa alla conoscenza diretta dell'opera ariostesca.
L'anno precedente, il 1590, vide la pubblicazione un'opera allegorica in forma di poema epico che riprendeva, in parte, le vicende del V canto del capolavoro ariostesco. Si trattava di The Faerie Queene di Edmund Spenser: nel IV canto del II libro, infatti, è narrata la storia di Pryene che indossa le vesti di Claribellaes e viene confusa dal protagonista per la seconda, provocandogli gravi scompensi. Questa versione della vicenda si avvicina maggiormente agli accadimenti della commedia scespiriana: mentre nel poema di Ariosto il narratore è la stessa Dalinda, nell'opera di Spenser chi racconta il fatto è colui che vive il dramma del tradimento come Claudio.
Le schermaglie amorose di Benedetto e Beatrice sono inedite, e nel loro burrascoso rapporto risiede la forza della commedia: in parte, però, esse sembrano avere un precedente letterario in Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, pubblicato nel 1528 e che aveva avuto grande successo e diffusione nelle corti europee, sia in lingua originale che in traduzione: la traduzione in lingua inglese era di Sir Thomas Hoby. I due personaggi che ispirarono gli eterni litiganti sono Gaspare Pallavicino e Emilia Pia[8]. Non è escludibile che le allusioni della donna alle scarse capacità dell'uomo siano riconducibili al confronto con un modello maschile di nobiluomo presente nel testo di Castiglione, privato del suo significato politico.
Altre possibili influenze sono state individuate nella produzione drammaturgica tedesca, particolarmente in due pièce: il Die Schöne Phaenicia del 1595 di Jacob Ayrer (che fu traduttore delle opere di Shakespeare, ma i cui lavori vennero pubblicati postumi nel 1618) ed il Vincentius Ladislaus del Duca di Brunswick del 1593-1594 [9]. Poco chiari sono i collegamenti tra il lavoro scespiriano e l'opera di Ayrer, per l'impossibilità di definire con certezza se le somiglianze sono da attribuirsi ad una fonte comune non pervenutaci o chi dei due influenzò l'altro[10].
Non si esclude che il dramma Fedele and Fortunio di Anthony Munday del 1585, traduzione della commedia perduta Il fedele (1576) del veneziano Luigi Pasqualigo, abbia fornito spunti per la commedia scespiriana. La commedia di Murray, incentrata sulla figura di quattro amanti che procedono per innamoramenti, accuse di tradimento e sentimenti non corrisposti, utilizza molti degli agenti presenti in Molto rumore per nulla: ascolto di conversazioni altrui, persuasione sensuale, incontri clandestini, tranelli ma anche elementi magici.
Anche i lavori del drammaturgo George Whetstone furono di ispirazione al Bardo: se Shakespeare si ispirò all'Heptameron per Misura per misura, forse è in The Rocke of Regards (1576) che il ripudio di Ero sull'altare trova il suo precedente letterario.
[modifica] Contesto storico
Il contesto storico nel quale si situa la commedia non è ben definito: dato il carattere giocoso dell'opera, non è stata data una forte caratterizzazione all'ambientazione. Messina, il luogo dell'azione, fu probabilmente scelta da Shakespeare in onore alla novella del Bandello ma non ci viene fornita alcuna indicazione utile per una precisa connotazione dello spazio d'azione.
Nell'anno di composizione della commedia, databile tra il 1599 ed il 1600, la Sicilia era sotto la dominazione spagnola: per questo motivo alcuni personaggi, più precisamente Don Pedro ed il suo seguito, sono evidentemente di nazionalità spagnola e legati da rapporti di amicizia con il signore di Messina rappresentato da Leonato.
[modifica] Il linguaggio
Il linguaggio utilizzato nella commedia, pur riferendosi a personaggi di alto rango, penalizza spesso la versificazione e favore della prosa.
Claudio, Ero, Leonato e Frate Francesco, in virtù della posizione che ricoprono e della caratterizzazione dei personaggi, sono gli unici ad esprimersi sempre in versi, mentre Benedetto e Beatrice parlano per mezzo di un andamento prosastico che trova maggiore impatto sulla tipologia di dialoghi che appartengono loro.
Il personaggio di Carruba (Dogberry) è invece fortemente caratterizzato dall'incapacità di esprimersi correttamente in lingua inglese: gli strafalcioni presenti nelle sue battute, infatti, composti maggiormente da errori dovuti alla somiglianza fonetica tra lemmi che facilmente egli confonde, mostrano l'archetipo del futuro poliziotto onesto ma di estrazione sociale modesta, incapace di competere linguisticamente con gli appartenenti ad una classe sociale differente dalla sua. Ogni tentativo di ingentilire i discorsi nei confronti di Leonato si tramuta, infatti, in una parentesi comica. L'incapacità di Carruba, tuttavia, si manifesta anche nei dialoghi con i suoi sottoposti: si può facilmente dedurre che non solo il confronto con i nobili lo sminuisca, ma che è insita in lui una sorta di buffonesca natura, che rende di per sé il personaggio esilarante.
Benedetto e Beatrice utilizzano spesso metafore per esprimersi, come di norma nel teatro scespiriano, e non mancano di caustica mordacità. Non rari sono i nomignoli con i quali si appellano: Mentre Beatrice si riferisce a Benedetto come "Signior Mountanto" (letteralmente, Signor Stoccata), Benedetto la saluta appellandola "Lady Disdain" (Madama Sdegno).
Non mancano, inoltre, metafore e doppi sensi a carattere sessuale che gravitano intorno all'intera commedia e che spesso sono presenti nelle opere di Shakespeare. Nell'atto III scena IV, nel corso di una dialogo tra Margherita ed Ero che si prepara per le nozze, quest'ultima afferma, discorrendo dell'abito da sposa:
(EN)
« Hero: God give me joy to wear it! for my heart is exceeding heavy.
Margaret: 'Twill be heavier soon by the weight of a man. » |
(IT)
« Ero: Dio mi dia la gioia di indossarlo! Per il mio cuore è eccessivamente pesante.
Margherita: Presto sarà ancora più pesante con il peso di un uomo sopra. » |
(Molto rumore per nulla, Atto III, Scena IV)
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I riferimenti alla futura perdita della verginità di Ero, in seguito al previsto matrimonio con Claudio, sono evidenti.
Già il titolo della commedia, però, cela dei doppi sensi: l'omofonia, non più presente nella lingua inglese contemporanea, tra Nothing (trad.: Niente) e Noting (trad.: Annotare), sottolinea la presenza, nel corso dell'opera, di sfumature nel molto rumore generato per nessun motivo (l'adulterio di Ero non è infatti mai avvenuto) ma anche di molto rumore causato da maldicenze, spionaggi, confidenze sibilline. Secondo alcune interpretazioni, inoltre, la parola Nothing indica in Shakespeare un eufemismo per indicare gli organi genitali femminili[11].
[modifica] L'opera tragicomica
Molto rumore per nulla è considerata una tragicommedia per la commistione di generi che la trama presenta. In realtà, la sua lettura può avvenire a più livelli, proprio perché il genere è difficilmente identificabile.
A lungo definita commedia romantica, ne presenta le caratteristiche nell'intreccio amoroso che lega Claudio ed Ero e nelle vicende che si susseguono per garantirne la felice unione. Anche la spiritosa schermaglia tra Benedetto e Beatrice, che si risolve nel fidanzamento tra i due, ha i presupposti della commedia romantica, sebbene sposti le convenzioni sceniche dell'amore e delle virtù, incarnati dalla coppia formata da Claudio ed Ero, su un piano più strettamente umano, presentando i pregi ed i difetti di due personaggi lontani dall'incarnare astratti idealismi.
Allo stesso tempo il dramma si presenta come commedia giocosa, perché il plot si sviluppa grazie ad una serie di fraintendimenti e di scherzi orditi alle spalle di Benedetto e Beatrice, vittime inconsapevoli delle giocose trame degli astanti alla corte di Messina. Sono infatti lo scherzo e l'inganno a giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo del sub-plot che ha come protagonisti i due eterni litiganti. Anche la finta morte di Ero potrebbe rientrare negli schemi della commedia giocosa in quanto mistificazione della realtà per il raggiungimento di uno scopo nobile, ma Shakespeare fa precedere l'evento dall'ingresso dell'elemento tragico.
Quest'ultimo si ravvisa, infatti, nella messa a segno delle oscure trame di Don Juan, che causa il ripudio di Ero ad opera di Claudio, che la insulta. Non è solo in tale momento che l'asse del dramma si sposta dal comico alla parte più propriamente tragica: durante il corso dell'intera pièce, infatti, Don Juan è presentato come un malvagio a tutto tondo che non perde occasione, nei dialoghi con i suoi sgherri Corrado e Borraccio, di palesare la volontà di farsi portatore di rovina e morte.
[modifica] Principali rappresentazioni teatrali
Mentre la prima rappresentazione della commedia ci è ignota, sappiamo che questa venne allestita una seconda volta per i preparativi del matrimonio tra Elisabetta di Boemia e Federico V. Nel first folio del 1623 sono riportate alcune indicazioni sceniche che ci hanno permesso di conoscere il nome di tre componenti della compagnia teatrale dei Chamberlain's Men, fautori dei primi allestimenti al Globe Theatre: William Kempe interpretava Dogberry, Richard Cowley la parte di Verges e, probabilmente, Iacke Wilson (Jack Wilson) interpretava la parte di Balthazar[12].
La commedia riscosse immediato successo ed entrò nei repertori delle compagnie di giro: la popolarità della stessa è testimoniata da una nota di Leonard Digges all'edizione dei poemi scespiriani del 1640 che recita:
"let but Beatrice
And Benedicke be seene, loe in a trice
The Cockpit, Galleries, Boxes, all are full."
Il commento è indicativo perché è la testimonianza dell'enorme affluenza di pubblico nel Teatro Cockpit di Londra per la rappresentazione della commedia.
Nel 1662 una versione firmata da William D'Avenant venne presentata al pubblico con il titolo Law against Lovers[13]: non si trattava dell'edizione originale scespiriana ma di un nuovo lavoro, costituito da una nuova pièce che mischiava le trame di Misura per misura al sub-plot di Molto rumore per nulla consistente nelle schermaglie tra Benedetto e Beatrice. Un sessantennio dopo, nel 1737, si produsse ad opera di James Miller, un altro lavoro derivato dall'originale scespiriano: The Universal Passion, che mischiava stavolta le trame della commedia con quelle di La Princesse d'Elide di Molière.
Qualche anno prima, nel 1721, si ebbe l'edizione di John Rich al Lincoln's Inn Fields.
Nel corso del '700 il grande attore David Garrick interpretò per 18 anni (dal 1748 al 1766)[14] la parte di Benedetto ottenendo un grande successo. Tra fine 1800 e inizio 1900 l'attrice Ellen Terry fece una Beatrice straordinaria, preceduta dall'interpretazione magistrale di Helena Faucit, attrice scespiriana di lunga data.
Successivamente furono John Gielgud e Peggy Ashcroft a cimentarsi con Benedetto e Beatrice.
Nel 1965 fu Franco Zeffirelli a mettere in scena la commedia al teatro londinese Old Vic, con Maggie Smith nel ruolo di Beatrice e Albert Finney in quello di Don Pedro. Nel 1976 fu Judi Dench a interpretare Beatrice e nel 1988 la Dench stessa fu regista della commedia nella quale diresse Kenneth Branagh che successivamente decise di trarne un film.
[modifica] Trasposizioni cinematografiche
Per approfondire, vedi la voce Shakespeare nella cinematografia. |
Delle numerose trasposizioni dell'opera teatrale, solo alcune di esse furono destinate alla distribuzione nelle sale cinematografiche: la maggior parte, infatti, furono destinate alla trasmissione televisiva.
- Molto rumore per nulla, film statunitense del 1913 diretto da Phillips Smalley con la celebre Pearl White e Chester Barnett;
- Molto rumore per nulla, film britannico per la televisione del 1937 diretto da George More O'Ferrall con Margaretta Scott e Henry Oscar;
- Molto rumore per nulla, film statunitense del 1940 diretto da Connie Rasinski
- Molto rumore per nulla, film britannico per la televisione del 1967 diretto da Alan Cooke con Frank Finlay, Maggie Smith, Derek Jacobi, Ronald Pickup, Michael Gambon, Robert Stephens e Christopher Timothy. Nel cast tecnico figurava anche Franco Zeffirelli, che ne aveva diretto la regia teatrale.
- Molto rumore per nulla (Mnogo shuma iz nichego), film russo del 1973 diretto da Samson Samsonov
- Molto rumore per nulla, film britannico per la televisione del 1973 diretto da Nick Havinga con Barnard Hughes e Sam Waterston
- Molto rumore per nulla, film di produzione anglo-statunitense per la televisione del 1978 diretto da Donald McWhinnie con Nigel Davenport
- Molto rumore per nulla, film britannico per la televisione del 1984 diretto da Stuart Burge e prodotto per la BBC
- Molto rumore per nulla, film canadese per la televisione del 1987 diretto da Peter Moss
- Molto rumore per nulla, film di produzione anglo-statunitense del 1993 diretto e interpretato da Kenneth Branagh, con Emma Thompson, Denzel Washington, Michael Keaton, Keanu Reeves, Imelda Staunton, Phyllida Law e Kate Beckinsale. Il film ha collezionato diversi premi.
- Molto rumore per nulla, film britannico per la televisione del 2005 diretto da Brian Percival e prodotto per la BBC. Nel cast artistico figuravano Sarah Parish, Damian Lewis e Billie Piper.
[modifica] Note
- ^ (EN) Treasures in Full, Shakespeare quartos. British Library. URL consultato il 16-05-2008.
- ^ Frank Ernest Halliday. A Shakespeare Companion, 1550-1950. New York, Funk & Wagnalls, 1952. pag. 426.
- ^ Un'analisi delle abbreviazioni è presente in Peter W. M. Blayney, The First Folio of Shakespeare, Folger Shakespeare Library, 1991, pagg. 13-14. Una copia anastatica del quarto del 1600 relativa alla commedia e la trascrizione del contenuto si può invece trovare in E. K. Chambers, William Shakespeare: A Study of Facts and Problems, Vol. 1, Clarendon Press, Oxford 1930 pagg 384 e segg.
- ^ Si veda, a tal proposito, il confronto tra il quarto ed il first folio.
- ^ Robert S. Miola. Shakespeare and Classical Comedy: The Influence of Plautus and Terence. Oxford, Clarendon Press, 1994. pag 80 e segg.
- ^ Il testo originale è qui poco chiaro. Nel II atto scena II, nella progettazione del piano, Borraccio dice a Don Juan:
(EN) "They will scarcely believe this without trial: offer them instances, which shall bear no less likelihood than to see me at her chamber-window, hear me call Margaret Hero, hear Margaret term me Claudio"
(IT) "Difficilmente crederanno a ciò senza prove: offritegliene, non ci sarà niente di più verosimile di vedere me alla sua [di Ero] finestra e sentirmi chiamare Margherita col nome di Ero e Margherita riferirsi a me come Claudio".
In realtà la seconda parte della frase non è corretta: se l'inganno prevedeva che Claudio e Don Pedro credessero in una relazione tra Ero e Borraccio, l'ignara Margherita avrebbe dovuto riferirsi a Borraccio chiamandolo con il suo vero nome, mentre si sarebbe sentita appellata come Ero in quanto avrebbe creduto quest'ultima la mira delle attenzioni sessuali di Borraccio. Probabilmente si tratta di una svista di Shakespeare. In alternativa si ipotizza che Margherita, alla fine della commedia scagionata da Borraccio stesso e quindi non complice dell'inganno, sarebbe stata indotta dallo sgherro di Don Juan a fingere una scena di passione tra Ero e Claudio come gioco sessuale. L'ipotesi è altrettanto plausibile perché la stessa Margherita, nel corso della commedia, si avvale di licenziosi doppi sensi pur essendo definita "giusta e virtuosa". - ^ François de Belleforest, Histoires tragiques extraites des oeuvres italiennes de Bandel, et mises en nostre langue française, Paris, V. Sertemans, G. Robinot 1559. Tucker Brooke, tuttavia, nel saggio Much Ado About Nothing: The Yale Shakespeare, Yale University Press, New Haven 1917, presenta un'altra affascinante alternativa alla lettura dell'opera di Bandello in francese da parte di Shakespeare. Il 18 dicembre 1574, infatti, una commedia chiamata "Theier matter of Panecia" venne rappresentata da parte dei Leicester's Men: la Panecia protagonista potrebbe essere la Fenicia protagonista della novella del novellista italiano, ma non se ne ha certezza. Shakespeare, allora decenne, potrebbe aver assistito alla rappresentazione, ma la questione rimane solo una supposizione senza alcun riscontro storico né documentale.
- ^ Mary Augusta Scott, The Book of the Courtyer: A Possible Source of Benedick and Beatrice in "PMLA", n. 4, vol. 16, pubblicato dalla Modern Language Association of America, 1901, pagg. 475-502.
- ^ Dall'articolo dell'enciclopedia Britannica del 1911 ma anche in Allison Gaw, Is Shakespeare's Much Ado a Revised Earlier Play? in "PMLA", n. 3, vol. 50, pubblicato dalla Modern Language Association of America, settembre 1935, pagg 715-738.
- ^ AA.VV., The Drama to 1642, parte prima, in The Cambridge History of English and American Literature in 18 volumi, Vol. V, Bartleby.com, New York 2000 [1]
- ^ Gordon Williams, A Glossary of Shakespeare's Sexual Language, Althone Press 1997, pag. 219
- ^ J. Payne Collier, in J. Payne Collier. [http://books.google.it/books?id=kdwKAAAAYAAJ&pg=PA33&dq=MUCH+ADO+ABOUT+NOTHING&lr=&as_brr=1&ei=RkAuSKH8KI28zASWqMHWAw#PPA33,M1 John Wilson, the singer in "Much ado about Nothing", a musical composer in Shakespeare's Plays.] (pdf). Londra, 1845. pag. 33 e segg. URL consultato il 2008-05-16., sostiene che Wilson non fosse il performer ma il compositore delle musiche.
- ^ William George Clark. William Alois Wright (a cura di) The Works of William Shakespeare (pdf). Cambridge, Macmillan, 1863. pag XLIV. URL consultato il 16-05-2008.
- ^ F. E. Halliday, A Shakespeare Companion, 1550-1950, Funk & Wagnalls, New York 1952, pag. 426.
[modifica] Bibliografia
- AA.VV., The Cambridge History of English and American Literature, XVIII voll., Bartleby.com, New York 2000
- Allison Gaw, Is Shakespeare's Much Ado a Revised Earlier Play? in "PMLA", n. 3, vol. 50, pubblicato dalla Modern Language Association of America, settembre 1935
- Mary Augusta Scott, The Book of the Courtyer: A Possible Source of Benedick and Beatrice in "PMLA", n. 4, vol. 16, pubblicato dalla Modern Language Association of America, 1901
- Tucker Brooke, Much Ado About Nothing: The Yale Shakespeare, Yale University Press, New Haven 1917
- Peter W. M. Blayney, The First Folio of Shakespeare, Folger Shakespeare Library, 1991
- E. K. Chambers, William Shakespeare: A Study of Facts and Problems, Vol. 1, Clarendon Press, Oxford 1930
- F. E. Halliday, A Shakespeare Companion, 1550-1950, Funk & Wagnalls, New York 1952
- Robert S. Miola, Shakespeare and Classical Comedy: The Influence of Plautus and Terence, Clarendon Press, Oxford 1994
- William Shakespeare, Molto rumore per nulla, traduzione di Maura Del Serra, TEN, Roma 1995
- William Shakespeare, Molto rumore per nulla, traduzione di Masolino d'Amico, A. Mondadori, Milano 2007
- William George Clark, William Alois Wright (a cura di), The Works of William Shakespeare, II voll., Macmillan Cambridge 1863
[modifica] Altri progetti
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- Wikisource contiene opere originali di o su Molto rumore per nulla
[modifica] Collegamenti esterni
- Molto rumore per nulla sul sito della British Library. URL consultato il 23-05-2008.