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Attentati dell'11 settembre 2001 - Wikipedia

Attentati dell'11 settembre 2001

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Attentati dell'11 settembre 2001


Le torri del World Trade Center bruciano poco dopo l'impatto del volo United Airlines 175 contro la torre meridionale, a destra; a sinistra la torre settentrionale colpita precedentemente dal volo American Airlines 11, dalla quale esce ancora fumo.

Luogo New York City, Arlington (Virginia)
Obiettivo World Trade Center, Pentagono, Campidoglio (Washington D.C.)
Data 11 settembre 2001
08:46 – 10:28 (UTC-4)
Tipologia attacco suicida, dirottamento aereo
Morti 2974 (più i 19 terroristi) e 24 dispersi
Feriti migliaia
Compiuto da terroristi legati ad al-Qaida
Motivazione fatwa di al-Qa'ida contro gli Stati Uniti d'America

Gli attentati dell'11 settembre (a volte riferiti come 9/11 o 11/9) del 2001 sono stati una serie di attacchi suicidi da parte di terroristi di al-Qa'ida contro gli Stati Uniti d'America.

La mattina dell'11 settembre 2001, 19 affiliati all'organizzazione terroristica islamica al-Qa'ida dirottarono quattro voli civili commerciali.[1][2] I dirottatori fecero intenzionalmente schiantare due degli aerei sul World Trade Center di New York, causando poco dopo il collasso di entrambi grattacieli e grossi danni agli edifici vicini. I dirottatori fecero schiantare il terzo aereo di linea sul Pentagono. Il quarto aereo, diretto verso il Campidoglio di Washington, si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset (Pennsylvania), dopo che i passeggeri e i membri dell'equipaggio ebbero tentato di riprendere il controllo dell'aereo.

Oltre ai dirottatori, furono 2974 le vittime immediate degli attacchi, mentre altre 24 furono quelle disperse. La gran parte delle vittime erano civili, appartenenti a 90 diverse nazionalità. Inoltre, la morte di almeno un'altra persona, per una malattia dei polmoni, è stata fatta risalire alla respirazione della polvere risultante dal collasso del World Trade Center, in quanto i soccorritori furono esposti a contaminanti in seguito al collasso degli edifici.

Gli attacchi ebbero grandi conseguenze a livello mondiale: gli Stati Uniti d'America risposero dichiarando la Guerra al terrorismo e lanciando una invasione nell'Afghanistan controllato dai Talebani, accusati di aver volontariamente ospitato i terroristi. Il parlamento statunitense fece passare lo USA PATRIOT Act mentre altre nazioni rafforzarono la loro legislazione anti-terroristica, incrementando i poteri di polizia. Le borse rimasero chiuse per quasi una settimana, registrando enormi perdite subito dopo la riapertura, con quelle maggiori fatte registrare dalle compagnie aeree e di assicurazioni. L'economia della Lower Manhattan si fermò, come risultato della distruzione di uffici per miliardi di dollari.

Il Pentagono fu riparato in un anno, con un piccolo monumento costruito sul luogo. La ricostruzione del World Trade Center è stata maggiormente osteggiata, con controversie nate riguardo i possibili progetti e sui tempi di completamento. La scelta della Freedom Tower per questo sito ha causato ampie critiche, obbligando all'abbandono di alcune parti del progetto.

Indice

Attacchi

Per approfondire, vedi la voce Cronologia degli attentati dell'11 settembre 2001.
Le torri in fiamme.
Le torri in fiamme.

Il mattino dell'11 settembre 2001, diciannove terroristi dirottarono quattro aerei di linea passeggeri in viaggio verso la California dagli aeroporti Logan (di Boston), Washington Dulles (di Dulles, ma utilizzato per voli da Washington) e Newark (in New Jersey ma che serve anche New York).[1] I dirottatori portarono due aeroplani, il volo American Airlines 11 e il volo United Airlines 175, a schiantarsi contro e torri nord e sud del World Trade Center.[3] Un altro gruppo di dirottatori portò il volo American Airlines 77 a schiantarsi contro il Pentagono, mentre un quarto volo, lo United Airlines 93, col quale i terroristi intendevano colpire il Campidoglio a Washington, precipitò al suolo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania.[4][5]

Nel corso del dirottamento, alcuni passeggeri e membri dell'equipaggio furono in grado di effettuare chiamate con l'apparecchio radiotelefonico aria-superficie della GTE e con i telefoni cellulari;[6][7] affermarono che diversi dirottatori erano a bordo di ciascun aeroplano e che i terroristi avevano preso il controllo dei veivoli usando coltelli e taglierini per uccidere alcuni assistenti di volo e almeno un pilota o un passeggero, tra cui il capitano del volo 11, John Ogonowski;[8] la Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001 stabilì che due dei dirottatori avevano recentemente acquistato attrezzi multifunzione di marca Leatherman.[9] Qualche tipo di spray nocivo, come gas lacrimogeno o spray al peperoncino, sarebbe stato utilizzato sui voli American 11 e United 175 per tenere i passeggeri fuori dalla cabina di prima classe.[10] Un assistente di volo dell'American Airlines 11, un passeggero del volo 175 e alcuni passeggeri del volo 93 riferirono che i dirottatori avevano delle bombe, ma uno dei passeggeri disse anche di ritenere che le bombe fossero fasulle. Nessuna traccia di esplosivi fu trovata sui luoghi degli impatti. Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre afferma che le bombe erano probabilmente false.[8]

Sul volo United Airlines 93 le registrazioni della scatola nera hanno rivelato che l'equipaggio e i passeggeri tentarono di sottrarre il controllo dell'aereo ai dirottatori dopo aver saputo, per via telefonica, che altri aerei dirottati erano stati mandati a schiantare contro degli edifici, quella mattina.[11][12] Secondo la trascrizione della registrazione, uno dei dirottatori diede l'ordine di virare il velivolo quando fu chiaro che ne avrebbero perso in controllo a causa dei passeggeri.[13] Poco dopo, l'aeroplano si schiantò in un campo vicino Stonycreek, nella contea di Somerset (Pennsylvania), alle ore 10:03:11 ora locale (14:03:11 UTC). In una intervista rilasciata al giornalista di al Jazeera Yosri Fouda, Khalid Shaikh Mohammed, dirigente di al-Qā‘ida, affermò che l'obiettivo del volo 93 era il Campidoglio di Washington, il cui nome in codice era «la facoltà di Legge».[14]

Tre edifici del complesso del World Trade Center collassarono a causa di danni strutturali, quel giorno.[15] La torre meridionale (denominata WTC 2) crollò alle 9:59 circa, dopo un incendio di 56 minuti causato dall'impatto del volo United Airlines 175; la torre settentrionale (WTC 1) collassò alle 10:28, dopo un incendio di circa 102 minuti.[15] La caduta di WTC 1 produsse dei detriti che danneggiarono la vicina 7 World Trade Center (WTC 7), la cui integrità strutturale fu ulteriormente compromessa dagli incendi; l'edificio collassò più tardi, quello stesso giorno, alle 17:20 ora locale.[16]

Mappa della zona interessata dagli attacchi, sovrapposta ad una immagine di Ground Zero.
Mappa della zona interessata dagli attacchi, sovrapposta ad una immagine di Ground Zero.

Il National Institute of Standards and Technology promosse delle investigazioni sulle cause del collasso dei tre edifici, successivamente allargando le indagini sulle misure per la prevenzione del collasso progressivo, chiedendosi ad esempio se la progettazione aveva previsto la resistenza agli incendi e se era stato effettuato un rafforzamento delle strutture in acciaio. Il rapporto riguardo WTC 1 e WTC 2 fu terminato nell'ottobre 2005, mentre l'indagine sul WTC 7 non è ancora terminata.[17][18] L'attuale ipotesi del NIST attribuisce il collasso a «incendi e/o danno strutturale causato da detriti».[18]

Gli attacchi crearono grande confusione tra le agenzie di notizie e i controllori del traffico aereo in tutti gli Stati Uniti; a tutto il traffico aereo civile internazionale fu proibito di atterrare su terreno statunitense per tre giorni.[19] Gli aerei già in volo furono respinti o indirizzati agli aeroporti in Canada o Messico. Radio e televisioni diffusero notizie non confermate e spesso contraddittorie per tutto il giorno; una delle ricostruzioni più diffuse raccontava di una autobomba esplosa nella Segreteria di Stato degli Stati Uniti a Washington.[20]

Poco dopo aver annunciato per la prima volta l'incidente del Pentagono, la CNN e altre emittenti raccontarono anche che un incendio era scoppiato al National Mall di Washington.[21] Un altro rapporto fu lanciato dalla Associated Press, secondo il quale un Boeing 767 della Delta Air Lines, il volo 1989, era stato dirottato: anche questa notizia si rivelò poi un errore, in quanto si era effettivamente pensato che vi fosse quel pericolo, ma l'aero rispose ai comandi dei controllori di volo e atterrò a Cleveland, Ohio.[22]

Vittime

Raccolta delle foto di quasi tutte le vittime degli attacchi, prova presentata nel processo contro Zacarias Moussaoui.
Raccolta delle foto di quasi tutte le vittime degli attacchi, prova presentata nel processo contro Zacarias Moussaoui.

Le vittime degli attentati furono 2974, esclusi i diciannove dirottatori: 246 su quattro aeroplani (88 sul volo American Airlines 11,[23] 59 sul volo United Airlines 175[24], 59 sull'American Airlines 77[25] e 40 sul volo United 73[26]; non ci fu alcun superstite), 2603 a New York e 125 al Pentagono.[27][28] Altre 24 persone sono ancora elencate tra i dispersi.[29] Tutte le vittime erano civili a parte 55 militari uccisi al Pentagono.[30] Furono più di 90 i paesi che persero cittadini negli attacchi al World Trade Center.[31]

Il NIST ha stimato che circa 17.400 civili erano presenti nel complesso del World Trade Center al momento degli attacchi, mentre i dati sui turisti elaborati dalla Port Authority of New York and New Jersey (l'"Autorità portuale di New York e del New Jersey") suggeriscono una presenza media di 14.154 persone sulle Torri Gemelle alle 8:45 del mattino.[32][33] La gran parte delle persone al di sotto delle zone di impatto evacuarono in sicurezza gli edifici, come pure 18 persone che si trovavano nella zona di impatto della torre meridionale;[34] Al contrario, 1366 delle vittime si trovavano nella zona di impatto o nei piani superiori della torre settentrionale;[35] secondo il Rapporto della Commissione, centinaia furono le vittime causato dall'impatto, mentre le restanti rimasero intrappolate e morirono a seguito del collasso della torre.[36] Quasi 600 persone furono invece uccise dall'impatto o morirono intrappolate ai piani superiori nella torre meridionale.[35]

Almeno 200 persone saltarono dalle torri in fiamme e morirono, come raffigurato nella emblematica foto The Falling Man ("L'uomo che cade"), precipitando su strade e tetti degli edifici vicini a centinaia di metri più in basso.[37] Alcune persone che si trovavano nelle torri al di sopra dei punti di impatto salirono fino ai tetti degli edifici sperando di essere salvati dagli elicotteri, ma le porte di accesso ai tetti erano chiuse; inoltre, non vi era alcun piano di salvataggio con elicotteri e, quella mattina dell'11 settembre, il fumo denso e l'elevato calore degli incendi avrebbe impedito agli elicotteri di effettuare manovre di soccorso.[38]

Le vittime tra i soccorritori furono 411. Il New York City Fire Department (i vigili del fuoco di New York) perse 341 vigili del fuoco e 2 paramedici;[39] il New York City Police Department (la polizia di New York) perse 23 agenti,[40] il Port Authority Police Department (la polizia portuale) 37.[41] I servizi di emergenza medica privata persero altri 8 tecnici e paramedici.[42][43]

La Cantor Fitzgerald L.P., una banca di invenstimenti i cui uffici si trovavano ai piani 101–105 del WTC 1, perse 658 impiegati, più di qualunque altra azienda.[44] La Marsh Inc., i cui uffici si trovavano immediatamente sotto quelli della Cantor Fitzgerald ai piani 93–101 (dove avvenne l'impatto del volo 11), perse 295 impiegati, mentre 175 furono le vittime tra i dipendenti della Aon Corporation.[45] Dopo New York, lo stato che ebbe più vittime fu il New Jersey, con la città di Hoboken a registrare il maggior numero di morti.[46]

È stato possibile identificare i resti di sole 1600 delle vittime del World Trade Center; gli uffici medici raccolsero anche «circa 10.000 frammenti di ossa e tessuti non identificati, che non possono essere collegati alla lista dei decessi».[47] Altri resti di ossa furono trovati ancora nel 2006, mentre gli operai approntavano il Deutsche Bank Building per la demolizione.

Danni

Il Pentagono fu seriamente danneggiato dal fuoco e una sezione dell'edificio collassò.
Il Pentagono fu seriamente danneggiato dal fuoco e una sezione dell'edificio collassò.

Oltre alle Torri gemelle, i due grattacieli da 110 piani, numerosi altri edifici del World Trade Center furono distrutti o gravemente danneggiati, inclusi il 7 World Trade Center, il 6 World Trade Center, il 5 World Trade Center, il 4 World Trade Center, il Marriott World Trade Center e la chiesa greco ortodossa di St Nicholas.[48] Il Deutsche Bank Building, situato al di là della Liberty Street rispetto al complesso del World Trade Center, è attualmente in demolizione, in quanto l'ambiente all'interno dell'edificio è tossico e inabitabile.[49] La Fiterman Hall del Borough of Manhattan Community College, situato al 30 West Broadway, ricevette gravi ed estesi danni durante gli attacchi e la sua demolizione è stata programmata.[50] Altri edifici limitrofi, come il 90 West Street e il Verizon Building, subirono gravi danni, ma sono stati riparati.[51] Gli edifici del World Financial Center, la One Liberty Plaza, il Millenium Hilton, e 90 Church Street riportarono danni moderati.[52] Anche gli impianti di telecomunicazioni situati sulla torre settentrionale andarono distrutti, incluse le antenne di trasmissione radio e televisive e i ponti radio, ma le stazioni degli organi di informazioni re-instradarono rapidamente i segnali e ripresero le trasmissioni.[48][53]

Nella contea di Arlington, una porzione del Pentagono fu gravemente danneggiata dall'impatto e dal successivo incendio, e una sezione dell'edificio crollò.[54]

Operazioni di salvataggio e soccorso

Evacuazione di un ferito nell'attacco al Pentagono
Evacuazione di un ferito nell'attacco al Pentagono

Successivamente agli attacchi alle Torri gemelle, il New York City Fire Department inviò rapidamente sul sito 200 unità, pari a metà dell'organico del dipartimento, che furono aiutati da numerosi pompieri fuori-servizio e da personale dei pronto soccorso.[55][56][57] Il New York City Police Department inviò delle unità speciali dette "Emergency Service Units" e altro personale.[58] Durante i soccorsi, i comandanti dei vigili del fuoco, della polizia e dell'Autorità portuale ebbero difficoltà a condividere le informazioni e a coordinare i loro sforzi,[55] tanto che vi furono duplicazioni nelle ricerche dei civili dispersi invece che ricerche coordinate. [59]

Con la situazione che peggiorava, il dipartimento di polizia, che riceveva informazioni degli elicotteri in volo, fu in grado di diffondere l'ordine di evacuazione che permise a molti dei suoi agenti di allontanarsi prima del crollo degli edifici;[58][59] tuttavia, poiché i sistemi di comunicazione radio dei dipartimenti di polizia e di vigili del fuoco erano incompatibili, questa informazione non fu inoltrata ai comandi dei vigili del fuoco. Dopo il collasso della prima torre, i comandanti dei vigili del fuoco trovarono difficoltà a inviare gli ordini di evacuazione ai pompieri all'interno della torre, a causa del malfunzionamento dei sistemi di trasmissione all'interno del World Trade Center. Persino le chiamate al 911 (il servizio di emergenza) non furono correttamente inoltrate.[56] Una enorme operazione di ricerca e salvataggio fu lanciata dopo poche ore dagli attacchi; le operazioni cessarono alcuni mesi dopo.[60]

Attentatori e loro moventi

Mohamed Atta, responsabile tattico degli attacchi, morto nell'impatto del volo American Airlines 11.
Mohamed Atta, responsabile tattico degli attacchi, morto nell'impatto del volo American Airlines 11.
Per approfondire, vedi la voce Dirottatori degli attentati dell'11 settembre 2001.

Gli attacchi dell'11 settembre sono il risultato degli obiettivi dichiarati da al-Qaida, così come furono formulati nella fatwa promulgata da Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abū Yāsir Rifā'ī Ahmad Tāhā, Mir Hamzah, e Fazlur Rahman, la quale dichiarava che fosse «dovere di ogni musulmano [...] uccidere gli americani in qualunque luogo».[61][62][63]

Al-Qa'ida

L'origine di al-Qa'ida risale al 1979, anno dell'invasione sovietica dell'Afghanistan; poco dopo l'invasione, Osama bin Laden si recò in Afghanistan per collaborare con l'organizzazione dei mujaheddin arabi e alla formazione di Maktab al-Khidamat, una formazione il cui scopo era quello di raccogliere fondi e assoldare mujaheddin stranieri per resistere all'Unione Sovietica. Nel 1989, con il ritiro delle forze sovietiche dal conflitto afghano, il Maktab al-Khidamat si trasformò in una "forza di intervento rapido" del jihad contro i governi del mondo islamico.

Sotto la guida di Ayman al-Zawahiri, bin Laden assunse posizioni più radicali.[64] Nel 1996, bin Laden promulgò la prima fatwa, con la quale intendeva allontanare i soldati statunitensi dall'Arabia Saudita.[65] In una seconda fatwa promulgata nel 1998, bin Laden avanzò obiezioni sulla politica estera statunitense nei riguardi di Israele, come pure sulla presenza di truppe statunitense in Arabia Saudita anche dopo la fine della guerra del Golfo.[66] Bin Laden ha citato testi dell'Islam per esortare ad azioni di forza contro soldati e civili statunitensi fin quando i problemi sollevati non saranno risolti, notando che «durante tutta la storia dei popoli islamici, gli ulema hanno unanimemente affermato che il jihad è un dovere individuale se il nemico devasta i paesi musulmani».[66]

Organizzazione degli attacchi

Khalid Shaikh Mohammed, ideatore degli attacchi.
Khalid Shaikh Mohammed, ideatore degli attacchi.

L'idea degli attacchi dell'11 settembre fu formulata da Khalid Shaikh Mohammed, che per primo la presentò a Osama bin Laden nel 1996.[67] In quel momento bin Laden e al-Qa'ida vivevano un periodo di transizione, in quanto erano appena tornati in Afghanistan dal Sudan.[68] Gli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 segnarono un punto di svolta, in quanto con essi bin Laden attaccava direttamente gli Stati Uniti.[68] Alla fine del 1998 o alll'inizio del 1999, bin Laden diede il proprio consenso a Mohammed per l'organizzazione dell'attentato.[68] Una serie di incontri ebbero luogo nella primavera del 1999 tra Khalid Shaikh Mohammed, bin Laden e il suo rappresentante Mohammed Atef: bin Laden approvò la scelta dei capi dell'azione e garantì il sostegno finanziario;[68] fu anche coinvolto nella scelta dei partecipanti all'attacco, tanto che fu lui a scegliere Mohamed Atta come il capo dei dirottatori.[69] Mohammed fornì il supporto operazionale, selezionando gli obiettivi e organizzando i viaggi per dirottatori[68] (quasi 27 membri di al-Qaida tentarono di entrare negli Stati Uniti d'America per prendere parte agli attacchi dell'11 settembre);[8] bin Laden modificò alcune decisioni di Mohammed, respingendo alcuni potenziali obiettivi come la U.S. Bank Tower di Los Angeles.[70]

La National Commission on Terrorist Attacks upon the United States ("Commissione nazionale sugli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti") fu formata dal governo degli Stati Uniti ed è comunemente nota come 9/11 Commission; il 22 luglio 2004 la commissione rilasciò un rapporto nel quale concludeva che gli attacchi erano stati progettati e messi in atto da membri di al-Qa'ida. La commissione affermò che «gli organizzatori dell'attentato dell'11 settembre spesero in totale tra 400.000 e 500.000 dollari per progettare e mettere in atto il loro attacco, ma che la precisa origine dei fondi utilizzati per eseguire gli attacchi è rimasta sconosciuta».[71]

Dirottatori

Gli edifici intorno al World Trade Center furono gravemente danneggiate dai detriti e dalla caduta delle Torri gemelle.
Gli edifici intorno al World Trade Center furono gravemente danneggiate dai detriti e dalla caduta delle Torri gemelle.
Per approfondire, vedi le voci Dirottatori degli attentati dell'11 settembre 2001 e 11 settembre 2001 - Il ventesimo dirottatore.

Quindici dirottatori provenivano dall'Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi Uniti, uno dall'Egitto e uno dal Libano.[72] In contrasto con il consueto profilo degli attentatori suicidi, i dirottatori erano adulti maturi e ben istruiti, le cui visioni del mondo erano ben formate.[73] Dopo alcune ore dagli attacchi, l'FBI fu in grado di determinare i nomi e, in molti casi, i dettagli personali dei sospetti piloti e dirottatori.[74][75] Il bagaglio di Mohamed Atta, che non fu trasbordato dal suo volo da Portland sul volo 11, conteneva documenti che rivelarono l'identità di tutti i 19 dirottatori e altri importanti indizi sui loro piani, sulle loro intenzioni e sui loro precedenti.[76] Il giorno degli attacchi, la National Security Agency intercettò delle comunicazioni che portavano a Osama bin Laden, come avevano fatto i servizi segreti tedeschi.[77][78]

Il 27 settembre 2001, l'FBI rese pubbliche le foto dei 19 dirottatori, assieme alle informazioni sulle possibili nazionalità e nomi falsi di molti.[79] Le indagini dell'FBI sugli attacchi, l'operazione "PENTTBOM", furono le più vaste e complesse nella storia dell'FBI, coinvolgendo più di 7000 agenti speciali.[80] Il governo degli Stati Uniti determinò che al-Qaida, diretta da Osama bin Laden, era responsabile per gli attacchi, con l'FBI che afferma che «le prove che mettono in relazione al-Qaida e bin Laden agli attacchi dell'11 settembre sono chiare e irrefutabili»;[81] Il governo del Regno Unito raggiunse la stessa conclusione.[82]

Osama bin Laden

La dichiarazione di una guerra santa contro gli Stati Uniti d'America e la fatwa firmata da Osama bin Laden e altri nel 1996, in cui si chiedeva l'uccisione di civili statunitensi, sono viste come indizi del suo movente negli attacchi dell'11 settembre da parte degli investigatori.[83]

Inizialmente bin Laden negò il proprio coinvolgimento negli attacchi, per poi ammetterlo.[84][85] Il 16 settembre 2001, bin Laden negò ogni coinvolgimento negli attacchi leggendo una dichiarazione trasmessa dal canale satellitare del Qatar Al Jazeera: «Sottolineo che non ho attuato questo gesto, che sembra essere stato portato avanti da individui con motivazioni proprie»;[86] questa smentita fu trasmessa dalle testate giornalistiche statunitensi e mondiali.

Nel novembre 2001 forze statunitensi recuperarono una registrazione in una casa distrutta a Jalalabad, in Afghanistan, in cui bin Laden parla a Khaled al-Harbi: nella videoregistrazione bin Laden ammette di aver saputo in anticipo degli attacchi.[87] La registrazione fu trasmessa da varie emittenti giornalistiche a partire dal 13 dicembre 2001; la distorsione delle immagini è stata attribuita ad artefatti causati dalla copia del nastro.[88]

Il 27 dicembre 2001 fu pubblicato un secondo video di bin Laden, in cui affermava che «il terrorismo contro gli Stati Uniti merita di essere lodato perché fu una risposta ad una ingiustizia, avente lo scopo di forzare gli Stati Uniti a interrompere il suo sostegno ad Israele, che uccide la nostra gente», senza però ammettere la responsabilità degli attacchi.[89]

Poco prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 2004, bin Laden rivendicò pubblicamente con una registrazione video il coinvolgimento di al-Qaida negli attacchi agli Stati Uniti, ammettendo il proprio legame diretto con gli attentati; affermò che gli attacchi erano stati portati perché «siamo liberi [...] e vogliamo riottenere libertà per la nostra nazione. Così come voi indebolite la nostra sicurezza noi indeboliamo la vostra».[90] Osama bin Laden afferma di aver personalmente diretto i 19 dirottatori:[91] nel video afferma che «concordammo assieme al comandante Muhammad Atta, che Allah abbia pietà di lui, che tutte le operazioni sarebbero dovute essere completate in 20 minuti, prima che Bush e la sua amministrazione se ne accorgessero».[85] Un altro video ottenuto da Al Jazeera nel settembre 2006 mostra Osama bin Laden con Ramzi Binalshibh e due dirottatori, Hamza al-Ghamdi e Wail al-Shehri, mentre preparano gli attacchi.[92]

Khalid Shaikh Mohammed

Khalid Shaikh Mohammed dopo la sua cattura in Pakistan.
Khalid Shaikh Mohammed dopo la sua cattura in Pakistan.

In una intervista del 2002 con il giornalista di al Jazeera Yosri Fouda, Khalid Shaikh Mohammed ammise il proprio coinvolgimento nella "operazione del santo Martedì", assieme a Ramzi Binalshibh.[93] Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre ha determinato che l'animosità di Khalid Shaikh Mohammed, il «principale architetto» degli attacchi dell'11 settembre, verso gli Stati Uniti ebbe origine «non dalla sua esperienza di studente fatta lì, ma piuttosto dalla sua violenta opposizione con la politica estera statunitense in favore deli Israele».[68] Mohammed Atta condivideva le stesse motivazioni di Khalid Shaikh Mohammed. Ralph Bodenstein, un ex-compagno di classe di Atta, lo descrisse come «ampiamente imbevuto, in realtà, sulla difesa degli Stati Uniti di queste politiche israeliane nella regione».[94] Abd al-Aziz al-Umari, dirottatore del volo 11 assieme a Mohamed Atta, affermò nel suo testamento video che «il mio gesto è un messaggio per coloro che mi hanno ascoltato e per coloro che mi hanno visto e, allo stesso tempo, è un messaggio agli infedeli, che lasciate la penisola arabica sconfitti e che smettiate di dare una mano ai codardi ebrei in Palestina».[95]

Khalid Shaikh Mohammed fu arrestato il 1º marzo 2003 a Rawalpindi, in Pakistan,[96] per poi essere detenuto definitivamente nel campo di detenzione di Guantanamo Bay, a Cuba. Durante le udienze condotte dagli Stati Uniti nel marzo 2007, che sono state «ampiamente criticate da avvocati e gruppi per i diritti umani in quanto tribunali falsi»,[97] Mohammed confessò nuovamente la propria responsabilità per gli attacchi: «ero il responsabile dell'operazione dell'11 settembre, dalla A alla Z».[97][98]

Altri membri di al-Qaida

Nel "Sostituto di testimonianza di Khalid Shaikh Mohammed" del processo a Zacarias Moussaoui, cinque persone sono identificate come quelle che conoscevano tutti i dettagli dell'operazione: Osama bin Laden, Khalid Shaikh Mohammed, Ramzi Binalshibh, Abu Turab Al-Urduni e Mohammed Atef.[99] Fino al 2008, solo le figure di contorno sono state processate o condannate in relazione agli attacchi; bin Laden non è stato ancora formalmente accusato degli attentati.[100]

Il 26 settembre 2005, la Audiencia Nacional de España (la corte nazionale spagnola), diretta dal giudice Baltasar Garzón, condannò Abu Dahdah a 27 anni di prigione per cospirazione riguardo gli attentati dell'11 settembre e in qualità di membro dell'organizzazione terrorisitica al-Qaida. Allo stesso tempo, altri 17 membri di al-Qaida ricevettero condanne tra i sei e gli undici anni.[101][102] Il 16 febbraio 2006, la corte suprema spagnola ridusse la pena di Abu Dahdah a 12 anni, in quanto considerò non provata la sua partecipazione alla cospirazione.[103]

Moventi

Il sito dell'impatto del volo United Airlines 93 a Shanksville, Pennsylvania.
Il sito dell'impatto del volo United Airlines 93 a Shanksville, Pennsylvania.

Molte conclusioni della commissione dell'11 settembre sui moventi degli attacchi sono state condivise da altri esperti. L'esperto di anti-terrorismo Richard Clarke ha spiegato, nel suo libro Against All Enemies, che le scelte di politica estera degli Stati Uniti, inclusi «il confronto con Mosca in Afghanistan, l'invio delle forze armate statunitensi nel Golfo persico» e «il rafforzamento di Israele come base per un fianco meridionale contro i sovietici», contribuirono a formare le motivazioni di al-Qaida.[104] Altri, come il corrispondente dall'estero del The Observer Jason Burke, sottolineano l'aspetto politico dei moventi, affermando che «bin Laden è un attivista con un'idea molto chiara di ciò che vuole e di come spera di ottenerlo. Questi mezzi possono essere molto distanti dalla normale attività politica [...] ma la sua agenda è fondamentalmente politica».[105]

Molti studi si sono concentrati anche sull'insieme della strategia di bin Laden per individuare il movente degli attentati. Per esempio, il corrispondente Peter Bergen afferma che gli attacchi erano parte di un piano volto a far incrementare la presenza militare e culturale degli Stati Uniti nel Medio Oriente, forzando in questo modo i musulmani a confrontarsi con le "malefatte" di un governo non-musulmano e a stabilire governi islamici conservatori nella regione.[106] Michael Scott Doran, correspondente di Foreign Affairs, enfatizza l'uso "mitico" del termine "spettacolare" nella risposta di bin Laden agli attacchi, spiegando che si trattava di un tentativo di provocare una reazione viscerale nel Medio Oriente e di assicurarsi che i cittadini musulmani reagissero il più violentemente possibile ad un aumento dell'impegno statunitense nella regione.[107]

Conseguenze

Il Presidente degli Stati Uniti, George Bush, riceve la comunicazione dell'impatto del secondo aereo al World Trade Center mentre si trova in una classe della Emma E. Booker Elementary School di Sarasota, Florida, l'11 settembre 2001.
Il Presidente degli Stati Uniti, George Bush, riceve la comunicazione dell'impatto del secondo aereo al World Trade Center mentre si trova in una classe della Emma E. Booker Elementary School di Sarasota, Florida, l'11 settembre 2001.

Risposta immediata degli Stati Uniti

Gli attacchi dell'11 settembre ebbero un immediato e travolgente effetto sulla popolazione degli Stati Uniti. Molti agenti di polizia e soccorritori di altre parti del paese presero dei permessi dal lavoro per recarsi a New York ad assistere i propri colleghi nel recupero dei corpi dalle macerie delle Torri gemelle.[108] Le donazioni di sangue ebbero un incremento nella settimana successiva agli attacchi in tutti gli Stati Uniti.[109][110] Per la prima volta nella storia, tutti i veivoli civili degli Stati Uniti e di altri paesi (come il Canada), che non effettuavano servizi di emergenza, furono immediatamente fatti atterrare, recando grossi disagi a decine di migliaia di passeggeri in tutto il mondo.[111] La Federal Aviation Administration chiuse i cieli statunitensi a tutti i voli internazionali, obbligando gli aerei a dirigersi su aeroporti di altri paesi; il Canada fu uno dei paesi maggiormente toccati da questo fenomeno e lanciò l'Operation Yellow Ribbon per gestire l'enorme numero di aerei a terra e di passeggeri bloccati negli aeroporti.[112]

Guerra al terrorismo

Per approfondire, vedi la voce Guerra al terrorismo.

Il consiglio della Nato dichiarò che gli attacchi agli Stati Uniti erano considerati un attacco a tutti i paesi della Nato e che, in quanto tali, soddisfavano l'Articolo 5 del trattato NATO.[113] Subito dopo gli attacchi, l'amministrazione Bush dichiarò la "Guerra al terrorismo", con l'obiettivo dichiarato di portare Osama bin Laden e al-Qaida davanti alla giustizia e di prevenire la costituzione di altre reti terroristiche. I mezzi previsti per perseguire questi obiettivi includevano sanzioni economiche e interventi militari contro gli stati che avessero dato l'impressione di ospitare terroristi, aumenti dell'attività di sorveglianza su scala globale e condivisione delle informazioni ottenute dai servizi segreti. L'invasione statunitense dell'Afghanistan (2001) e il rovesciamento del governo dei Talebani da parte di una coalizione guidata dagli Stati Uniti fu la seconda operazione della guerra effettuata al di fuori dei confini statunitensi in ordine di grandezza, la più vasta tra quelle direttamente collegate al terrorismo.

Gli Stati Uniti non furono l'unica nazione ad aumentare la propria preparazione militare: stati come le Filippine e l'Indonesia dovevano infatti affrontare le minacce portate dal terrorismo islamista interno.[114][115] Subito dopo, alcuni esponenti dell'amministrazione statunitense specularono sul coinvolgimento di Saddam Hussein, il presidente iracheno, con al-Qaida.[116] Questi sospetti si rivelarono successivamente infondati, ma questa associazione contribuì a far accettare all'opinione pubblica l'invasione dell'Iraq del 2003.[116]

Reazioni dell'opinione pubblica statunitense

Discorso del presidente Bush davanti ad una seduta congiunta del Congresso degli Stati Uniti d'America, 20 settembre 2001.
Discorso del presidente Bush davanti ad una seduta congiunta del Congresso degli Stati Uniti d'America, 20 settembre 2001.

A seguito degli attacchi, l'indice di gradimento del presidente Bush salì fino all'86%.[117] Il 20 settembre 2001, il Presidente degli Stati Uniti parlò alla nazione e ad una seduta congiunta del Congresso, esponendo gli eventi del giorno degli attacchi, i successivi nove giorni di sforzi di salvataggio e ricostruzione e la sua risposta agli eventi. Anche il sindaco di New York Rudolph Giuliani ottenne un notevole gradimento a livello locale e nazionale in virtù del ruolo svolto.[118] Molti fondi furono immediatamene aperti per assistere finanziariamente i sopravvissuti e le famiglie delle vittime degli attacchi; al termine ultimo per la compensazione delle vittime, l'11 settembre 2003, erano state ricevute 2833 richieste dalle famiglie delle vittime.[119]

Subito dopo gli attacchi furono messi in atto i piani di emergenza per l'evacuazione dei governanti e per la continuità del governo (la serie di atti necessari a garantire la prosecuzione delle funzioni governative in caso di attacco nucleare o simile).[111] Il fatto che gli Stati Uniti fossero in una condizione di continuità del governo fu però comunicato al Congresso solo nel febbraio 2002.[120]

Il Congresso passò l'Homeland Security Act del 2002, che istituì il Department of Homeland Security, la maggiore ristrutturazione dell'amministrazione statunitense nella storia contemporanea. Il congresso passò anche lo USA PATRIOT Act, affermando che sarebbe stato utile a individuare e perseguire il terrorismo e altri crimini; i gruppi per le libertà civili hanno però criticato il PATRIOT Act, affermando che permette agli organi di polizia di invadere la vita privata dei cittadini e che elimina il controllo da parte della magistratura della polizia e dai servizi segreti interni.[121][122][123]

L'amministrazione Bush indicò gli attacchi dell'11 settembre per giustificare l'inizio di una operazione segreta della National Security Agency volta a «intercettare comunicazioni via telefono e e-mail tra gli Stati Uniti e persone all'estero senza mandato».[124]

Crimini d'odio e reazione dei musulmani statunitensi

Furono riportati numerosi incidenti di molestie e crimini d'odio contro mediorientali e persone "dall'aspetto mediorientale"; furono coinvolti particolarmente Sikh, in quanto gli uomini sikh vestono un turbante, elemento essenziale dello stereotipo del musulmano negli Stati Uniti. Vi furono abusi verbali, attacchi a moschee e altre costruzioni religiose (tra cui un tempio induista) e aggressioni, tra cui un omicidio: Balbir Singh Sodhi, un Sikh, fu ucciso il 15 settembre, dopo essere stato scambiato per un musulmano.[125]

Le principali organizzazioni statunitensi di musulmani[126] furono immediate nella condanna degli attacchi e si appellarono affinché «i musulmani statunitensi si facciano avanti con le loro capacità e le loro risorse per aiutare ad alleviare le sofferenze delle persone coinvolte e delle loro famiglie». Oltre a notevoli donazioni di denaro, molte organizzazioni islamiche organizzarono raccolte di sangue e fornirono assistenza medica, cibo e alloggio alle vittime dell'attentato.[127]

A seguito degli attacchi, 80.000 arabi e immigrati musulmani furono registrati e le loro impronte digitali schedate in base all'Alien Registration Act del 1940. Ottomila arabi e musulmani furono interrogati e cinquemila stranieri furono detenuti secondo la Joint Congressional Resolution 107-40, che autorizzava l'uso delle forze armate «per scoraggiare e prevenire atti di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti».[128]

Risposta internazionale

Un vigile del fuoco di New York osserva i resti della Torre meridionale.
Un vigile del fuoco di New York osserva i resti della Torre meridionale.

Gli attacchi furono condannati da governi di tutto il mondo, e molte nazioni offrirono aiuti e solidarietà.[129] I governanti della maggior parte dei paesi del Medio Oriente, incluso l'Afghanistan, condannarono gli attacchi. L'Iraq fece eccezione, in quanto diffuse immediatamente una dichiarazione in cui si affermava che «i cowboys americani stanno cogliendo il frutto dei loro crimini contro l'umanità».[130] Un'altra eccezione molto evidenziata dai mass media furono i festeggiamenti da parte di alcuni Palestinesi.[131]

Circa un mese dopo gli attacchi, gli Stati Uniti d'America guidarono una vasta coalizione nell'invasione dell'Afghanistan, allo scopo di rovesciare il governo dei Talebani, accusati di ospitare al-Qaida.[132] Le autorità del Pakistan si schierarono nettamente al fianco degli Stati Uniti contro i Talebani e al-Qaida: i pakistani misero a disposizione degli Stati Uniti diversi aeroporti militari e basi per gli attacchi contro il governo talebano e arrestarono più di 600 presunti membri di al-Qaida, che poi cedettero agli statunitensi.[133]

Diversi paesi - tra cui Regno Unito, India, Australia, Francia, Germania, Indonesia, Cina, Canada, Russia, Pakistan, Giordania, Mauritius, Uganda e Zimbabwe - promulgarono legislazioni "antiterroristiche" e congelarono i conti in banca di persone che sospettavano avessero legami con al-Qaida.[134][135] I servizi segreti e le forze di polizia di alcuni paesi - tra cui Italia, Malesia, Indonesia e Filippine - arrestarono persone che indicavano come sospetti terroristi con lo scopo dichiarato di distruggere le cellule terroristiche in tutto il mondo.[136][137]

Negli Stati Uniti questi fatti generarono alcune controversie; critici come il Bill of Rights Defense Committee affermarono che le tradizionali limitazioni sul potere di sorveglianza federale (come il controllo degli assembramenti pubblici del COINTELPRO) erano stati "smantellati" dallo USA PATRIOT Act.[138] Organizzazioni per le libertà civili come la American Civil Liberties Union e il gruppo di pressione Liberty affermarono che anche alcune protezioni dei diritti civili erano state aggirate.[139][140] Gli Stati Uniti aprirono un centro di detenzione a Guantanamo Bay, a Cuba, per detenervi quelli che definirono "combattenti nemici illegittimi". La legittimità di tali detenzioni è stata messa in discussione dall'Unione Europea, dall'Organizzazione degli Stati Americani e da Amnesty International, tra gli altri.[141][142][143]

Teorie complottiste

Per approfondire, vedi la voce 11 settembre 2001: dispute e controversie sui resoconti ufficiali.

Diverse teorie del complotto sono emerse dopo gli attacchi, suggerendo che individui negli Stati Uniti fossero a conoscenza del pericolo e che decisero deliberatamente di non prevenirli, o che individui estranei ad al-Qaida abbiano pianificato o eseguito gli attacchi.[144] La comunità degli ingegneri civili concorda con la versione che vuole il collasso delle Torri gemelle provocato dagli impatti ad alta velocità degli aviogetti e dai conseguenti incendi, piuttosto che da una demolizione controllata.[145]

Indagini

Punti di impatto sulle Torri gemelle.
Punti di impatto sulle Torri gemelle.

"9/11 Commission"

Per approfondire, vedi la voce Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001.

La Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001, anche nota come "9/11 Commission" e diretta dall'ex-governatore del New Jersey Thomas Kean, fu istituita nel tardo 2002 per preparare una ricostruzione completa dei fatti riguardanti l'attacco, analizzando anche lo stato di preparazione e l'immediata reazione ad essi. Il 22 luglio 2004, la 9/11 Commission pubblicò il Rapporto della Commissione sull'11 settembre. La Commissione e il suo rapporto hanno ricevuto diverse critiche.[146][147]

Collasso del World Trade Center

Lower Manhattan dopo il collasso della Torre sud.
Lower Manhattan dopo il collasso della Torre sud.

Una indagine federale sulle caratteristiche tecniche e di resistenza agli incendi connesse con il collasso delle Torri gemelle e del WTC 7 fu condotta dal National Institute of Standards and Technology (NIST) dello United States Department of Commerce. Questa indagine aveva il compito di trovare il motivo del collasso degli edifici, il numero di morti e feriti causati, oltre che le procedure collegate alla progettazione e alla gestione del World Trade Center.[148]

Il rapporto concluse che il rivestimento anti-incendio delle infrastrutture in acciaio furono spazzate via dagli impatti degli aerei e che, se questo non fosse accaduto, le torri sarebbero probabilmente rimaste in piedi.[149]

Gene Corley, direttore dell'indagine originale, commentò che «le torri si comportarono in maniera impressionante. Non furono gli aerei dei terroristi ad abbattere gli edifici; fu l'incendio successivo. Fu dimostrato che era possibile abbattere due terzi delle colonne di una torre e l'edificio sarebbe restato in piedi».[150] Il fuoco indebolì le capriate di sostegno dei piani, facendoli piegare verso il basso, tirando così le colonne in acciaio esterne che si piegarono verso l'interno. Con le colonne portanti danneggiate, le colonne esterne piegate non furono più in grado di sostenere gli edifici, causandone il collasso. Il rapporto afferma inoltre che le trombe delle scale non erano adeguatamente rinforzate per funzionare da via di fuga per le persone al di sopra della zona di impatto. Il NIST ha affermato che il rapporto finale sul collasso del WTC 7 sarà incluso in un documento separato.[151][152] This was confirmed by an independent study by Purdue University.[153]

Cronologia

Per approfondire, vedi la voce Antefatti agli attentati dell'11 settembre 2001.
Illustrazione degli impatti aerei nel World Trade Crenter
Illustrazione degli impatti aerei nel World Trade Crenter

Le fasi principali degli attentati:



Motivazioni addotte da al-Qā'ida

Pulitura di Ground Zero nel 2002
Pulitura di Ground Zero nel 2002

La motivazione per questo attacco è stata precisata da una fatwà (traduzione inglese), pubblicata da Osāma bin Lāden, di Ayman al-Zawāhirī, Abū Yāsir Rifā'ī Ahmad Tāhā, Shaykh Mīr Hamza e Fażlur Rahmān il 23 febbraio 1998 sul giornale arabo al-Quds al-‘Arabi (ossia "Gerusalemme araba", edito a Londra, U.K.). La fatwà elenca vari «crimini e peccati commessi dagli Americani»:

  • "Sostegno militare ed economico degli Stati Uniti allo Stato di Israele"
  • "Occupazione degli Stati Uniti della Penisola araba, le basi militari americane in Arabia Saudita"
  • "Aggressione degli Stati Uniti contro gli iracheni" nella prima guerra del golfo
  • "I bombardamenti dello Stato di Israele contro palazzi in Libano, avvenuti con l'appoggio militare e i missili degli USA"

La fatwà dichiara inoltre che gli Stati Uniti:

  • "Saccheggiano le risorse (il petrolio) nella Penisola araba"
  • "Dettano la politica ai governanti di quei paesi"
  • "Appoggiano regimi e monarchie abusivi nel Vicino Oriente ed opprimono la loro gente"
  • "Hanno basi ed installazioni militari nella Penisola araba, violando la Terra Santa musulmana per minacciare i paesi musulmani limitrofi"
  • "Appoggiano il regime sionista di Israele e desiderano deviare l'attenzione internazionale dall'occupazione della Palestina"

Conseguenze: la "guerra al terrorismo"

I resti del WTC
I resti del WTC
Per approfondire, vedi le voci Guerra al terrorismo, Operazione Enduring Freedom, Commissione d'indagine sugli attentati dell'11 settembre 2001 e Rapporto della Commissione sull'11 settembre.

Gli attentati dell'11 settembre segnarono l'inizio della guerra al terrorismo con l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'esercito degli Stati Uniti nell'ottobre 2001 e la deposizione del governo talebano, che ospitava il leader di al-Qā'ida e campi d'addestramento e logistica di tale organizzazione.

Anche l'invasione dell'Iraq e la cattura di Saddām Husayn da parte delle forze anglo-americane nel 2003 sono state indicate dal Governo degli Stati Uniti come operazioni rientranti nella "guerra al terrorismo", sebbene non siano mai emersi collegamenti diretti tra il regime iracheno e gli attentati dell'11 settembre.

L'8 settembre 2006, un rapporto ufficiale[155] reso pubblico della Commissione Servizi Segreti del Senato degli Stati Uniti ha affermato che non ci sono prove di legami tra il regime di Saddām Husayn ed al-Qā'ida. Secondo il documento del Senato statunitense, infatti, l'ex Presidente iracheno diffidava di Osāma Bin Lāden, considerandolo una minaccia al proprio regime e aveva respinto ogni richiesta di sostegno da parte dell'organizzazione terroristica.

In particolare il rapporto - approvato anche con il voto favorevole dei Senatori Repubblicani, tranne uno e censurato in alcuni punti - sottolinea che, secondo una relazione della CIA dell'ottobre 2005 (due anni dopo l'invasione dell'Iraq), il governo di Saddām Husayn "non ebbe relazioni, non fornì supporto e neppure chiuse un occhio su al-Zarqāwī e sui suoi associati". Inoltre, sempre secondo il rapporto, i servizi segreti iracheni "cercarono di individuare ed arrestare al-Zarqāwī, ma senza successo".

La relazione del 2005, per altro, non fa che confermare - sempre secondo il rapporto del settembre 2006 - precedenti analisi della CIA emesse prima dell'attacco all'Iraq ed in possesso dell'Amministrazione prima dell'attacco all'Iraq (marzo 2003).

Nel giugno 2002, la CIA inquadrava così i rapporti tra Iraq e Bin Lāden: "Al contrario del tradizionale rapporto tra patrono e cliente che l'Iraq intrattiene con i gruppi (terroristici) palestinesi laici, i legami tra Saddām ed al-Qā'ida appaiono più simili a quelli che intercorrono tra servizi segreti avversari, ciascuno dei quali cerca di sfruttare l'altro per i suoi fini".

In un rapporto del 29 gennaio 2003 gli analisti della CIA concludevano che "Saddām Husayn vedeva gli estremisti islamici operanti in Iraq come una minaccia" e che il suo regime aveva ripetutamente arrestato e fatto condannare a morte membri appartenenti sia a gruppi Sciiti che a gruppi Sunniti". Inoltre lo stesso rapporto asseriva che "le nostre valutazioni dei legami tra al-Qā'ida e l'Iraq si basano su un insieme frammentato e contraddittorio di rapporti, provenienti da fonti di varia affidabilità".

Precedenti rapporti dell'intelligence USA (emessi in giugno, luglio e settembre 2002) erano concordi nell'avanzare dubbi su un preteso incontro a Praga tra agenti dei Servizi Segreti iracheni e Muhammad ˁAtta, ufficialmente considerato il leader del gruppo di terroristi autore degli attentati dell'11 settembre 2001.

Tuttavia, l'8 settembre del 2002, lo stesso Cheney tornò a sostenere in televisione, nel corso di un popolare programma di informazione (NBC's "Meet The Press), che la CIA considerava credibile la notizia di tale incontro[156]. Inoltre, già nel febbraio del 2002, la DIA (Defense Intelligence Agency) era giunta alla conclusione che fosse improbabile che l'Iraq avesse fornito a Bin Lāden qualsiasi informazione o aiuto su armi chimiche e biologiche. Ancora un anno dopo, tuttavia, il Presidente George W. Bush insisteva nel sostenere che l'Iraq avesse fornito ad al-Qā'ida addestramento all'uso di armi chimiche e biologiche[157].

Il vice presidente della Commissione dei servizi segreti del Senato USA, il democratico John Rockfeller, ha commentato la pubblicazione del Rapporto sottolineando come l'11 settembre fosse stato preso a pretesto per giustificare la guerra in Iraq, usando parole particolarmente dure, denunciando "un flagrante fuorviare gli Stati Uniti, il suo popolo, per prepararlo, allinearlo - in effetti - per renderlo entusiasta o fargli credere che fosse giustificato fare guerra all'Iraq... Ritengo che questo tipo di manipolazione non abbia precedenti nella storia americana"[158].

Alcuni senatori del Partito Repubblicano, membri della stessa Commissione, per parte loro non condividono tale punto di vista. Il senatore Kit Bond, ad esempio ha dichiarato che sostenere "che l'amministrazione Bush abbia intenzionalmente fuorviato la nazione o manipolato l'intelligence rappresenta un salto logico gigantesco ed è semplicemente non provato"[159].

Alcuni senatori democratici hanno affermato che l'ex Direttore della CIA, George Tenet aveva dichiarato loro, nel luglio 2002, di aver modificato la propria posizione negativa sull'esistenza di un collegamento tra l'Iraq e i terroristi a richiesta dei pianificatori politici dell'Amministrazione USA[160].

Dispute e controversie

I messaggi affissi dai parenti delle persone scomparse
I messaggi affissi dai parenti delle persone scomparse
Per approfondire, vedi le voci 11 settembre 2001: dispute e controversie sui resoconti ufficiali e Attentato al World Trade Center dell'11 settembre 2001: controversie sui resoconti ufficiali.

Diversi saggi, articoli e documentari sono stati dedicati da parte di ricercatori di vari paesi per evidenziare le presunte incongruenze sollevate dalla lettura della versione della Commissione dei fatti, ivi compresa la dinamica esatta che avrebbe condotto al crollo delle due torri gemelle.

Ad alimentare queste polemiche sono state indicate presunte incongruenze nella tipologia di veicoli utilizzati negli attacchi, nelle traiettorie effettuate e nelle modalità dei crolli degli edifici coinvolti.

Il progresso delle ricerche, a partire dal 2005, ha portato alcuni critici della versione ufficiale, come Webster Tarpley e David Ray Griffin, a lasciarsi alle spalle, come obsolete, sia la posizione delle "domande senza risposte", sia la posizione dell'11/9 come "lasciato accadere apposta", spingendosi a teorie cospirative che attribuiscono la piena responsabilità dei misfatti a individui o reti vicini o interni al governo statunitense.

I crolli degli edifici a New York hanno generato un'immensa nube di detriti contenenti centinaia di composti tossici (amianto, mercurio, piombo, ecc.) che ha investito buona parte della punta Sud dell'isola di Manhattan, causando un grave inquinamento ambientale, i cui particolari sono stati resi noti al grande pubblico solo a distanza di circa quattro anni dall'evento[citazione necessaria]. Fino a quel momento le agenzie governative statunitensi avevano sottovalutato o nascosto il rischio ambientale, forse allo scopo di non causare ulteriore panico e di rendere più spediti i soccorsi, lo sgombero delle macerie, il ripristino delle normali attività della città così gravemente ferita. Sul fortissimo schianto, così come sul crollo rapidissimo dei grattacieli, sono state avanzate delle ipotesi alternative rispetto a quelle fornite dal Rapporto della Commissione sull'11 settembre.

Filmografia

Durante il corso degli anni, decine e decine di film e documentari sono stati girati su questa tragedia. Nel 2006 sono stati prodotti per il cinema due lungometraggi:

Note

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Bibliografia

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