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Invasione sovietica dell'Afghanistan - Wikipedia

Invasione sovietica dell'Afghanistan

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Invasione sovietica dell'Afghanistan
Parte della Guerra fredda

Truppe sovietiche in Afghanistan. Foto di Mikhail Evstafiev
Data: 24 dicembre 1979 - 2 febbraio 1989
Luogo: Afghanistan
Esito: ritirata sovietica
Casus belli: rivolta dei mujaheddin contro il governo socialista dell'Afghanistan
Schieramenti
Unione Sovietica
Afghanistan
Mujaheddin
con il supporto di:
Stati Uniti
Regno Unito
Pakistan
Iran
Arabia Saudita
Repubblica Popolare Cinese
Comandanti
Boris Gromov
Pavel Grachev
Valentin Varennikov
Abdul Haq
Jalaluddin Haqqani
Gulbuddin Hekmatyar
Mohammed Khalis
Ismail Khan
Ahmed Shah Massoud
Abdul Ali Mazari
Sibghatullah Mojaddedi
Effettivi
Unione Sovietica: 80-104,000 alla volta,620,000 uomini in totale. Afghanistan:329,000(1986) 45,000(1983),159,000(1986)
Perdite
Unione Sovietica: 15.051 morti; 53.753 feriti. 1.500.000 morti

L'invasione sovietica dell'Afghanistan cominciò il 24 dicembre 1979 e terminò con il ritiro delle truppe dell'Unione Sovietica il 2 febbraio 1989 anche se l'URSS comunicò ufficialmente il completo ritiro delle proprie truppe solo il successivo 15 febbraio.

Indice

[modifica] Antefatto: la Repubblica Democratica dell'Afghanistan

Il 27 aprile 1978 il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan diede vita a un sanguinoso colpo di stato (la cosiddetta "rivoluzione di aprile"), che si concluse con il rovesciamento e l'assassinio di Daoud e di gran parte della sua famiglia. Noor Mohammed Taraki, segretario generale del PDPA, divenne presidente del Consiglio rivoluzionario e primo ministro dell'appena costituita Repubblica Democratica dell'Afghanistan, fortemente sostenuta dall'URSS.

Il PDPA, partito socialista filo-comunista, mise in atto un programma di governo socialista che prevedeva principalmente una riforma agraria che ridistribuiva le terre a 200mila famiglie contadine, ed anche l'abrogazione dell’ushur, ovvero la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti. Inoltre fu abrogata l'usura, i prezzi dei beni primari furono calmierati, i servizi sociali statalizzati e garantiti a tutti, venne riconosciuto il diritto di voto alle donne e i sindacati legalizzati. Si svecchiò tutta la legislazione afghana col divieto dei matrimoni forzati, la sostituzione delle leggi tradizionali e religiose con altre laiche e marxiste e la messa al bando dei tribunali tribali. Gli uomini furono obbligati a tagliarsi la barba, le donne non potevano indossare il burqa, mentre le bambine poterono andare a scuola e non furono più oggetto di scambio economico nei matrimoni combinati.

Si avviò anche una campagna di alfabetizzazione e scolarizzazione di massa e nelle aree rurali vennero costruite scuole e cliniche mediche.

La religione islamica non venne penalizzata in alcun modo, ma le gerarchie religiose islamiche afgane preferirono denunciare il contrario perché in realtà fortemente penalizzati dalla riforma agraria e dall'abrogazione dell’ushur, di cui essi erano beneficiari.

Ben presto le stesse gerarchie ecclesiastiche passarono a un'opposizione armata incoraggiando la jihad (guerra santa) dei mujaheddin (santi guerrieri) contro "il regime dei comunisti atei senza Dio".

In verità Taraki, amato dalla popolazione afghana, rifiutò sempre l'idea di definire il suo nuovo regime come "comunista", preferendo aggettivi come "rivoluzionario" e "nazionalista".

Gli stessi rapporti con l'Urss si limitarono ad accordi di cooperazione commerciale per sostenere la modernizzazione delle infrastrutture economiche (in particolar modo le miniere di minerali rari e i giacimenti di gas naturale). L'Urss inviò anche degli appaltatori per costruire strade, ospedali e scuole e per scavare pozzi d'acqua; inoltre addestrò ed equipaggiò l'esercito afghano.

Il governo rispose agli oppositori con un pesante intervento militare e arrestando, mandando in esilio e giustiziando molti mujaheddin.

[modifica] Gli USA a sostegno dell'opposizione islamica

Nella nuova fase politica afghana intervennero anche gli Stati Uniti d'America. L'amministrazione Carter( un politico statunitense. È stato il 39esimo presidente degli Stati Uniti d'America, in carica dal 1977 al 1981) avvertì subito l'esigenza di sostenere gli oppositori di Taraki principalmente per tre motivi: 1) in funzione anticomunista per «dimostrare ai paesi del terzo mondo che l'esito socialista della storia sostenuto dall’Urss non è un dato oggettivo» (Dipartimento di Stato, agosto 1979); 2) per creare un nuovo alleato in una zona geopolitica che aveva visto nel gennaio 1979 gli Usa perdere l'Iran con la rivoluzione khomeinista; 3) vincere la guerra fredda o quantomeno cancellare il ricordo della disfatta vietnamita del 1975.

Il 3 luglio 1979 Carter firmò la prima direttiva per l’organizzazione di aiuti bellici ed economici segreti ai mujaheddin afgani. In pratica la Cia avrebbe creato una rete internazionale coinvolgente tutti i paesi arabi per rifornire i mujaheddin di soldi, armi e volontari per la guerra. Base dell'operazione sarebbe stato il Pakistan, dove venivano così costruiti anche campi di addestramento e centri di reclutamento. Buona parte dell'operazione fu finanziata col commercio clandestino di oppio afghano.

A capo della guerriglia, su consiglio del Pakistan, fu posto Gulbuddin Hekmatyar, noto per la crudeltà con cui sfigurava (usando l'acido) le donne a suo dire non in linea coi precetti islamici. I mujaheddin afgani di Hekmatyar diventarono rapidamente una potente forza militare, distinguendosi in crudeltà con pratiche che prevedevano un lento scuoiamento vivo dei nemici e l'amputazione di dita, orecchi, naso e genitali.

[modifica] L'intervento sovietico

Mappa dell'invasione sovietica dell'Afghanistan.
Mappa dell'invasione sovietica dell'Afghanistan.

Taraki chiese aiuto all'Urss, ma questi preferì rimanere sostanzialmente fuori dalla guerra civile.

La svolta arrivò nel settembre 1979, con l'uccisione di Taraki ad opera del suo vice primo ministro Hafizullah Amin, il quale, salito al potere, iniziò a perseguitare, cosa finora sempre rifiutata da Taraki, l’opposizione politica islamica, che così, inevitabilmente, si rafforzò e si radicalizzò.

Visto il passato (statunitense) di Amin, l'ambiguità del personaggio e le reiterate scelte politiche autolesionistiche (soprattutto l'omicidio di Taraki) l'Urss ritenne di aver davanti un uomo della Cia.

Il 24 dicembre 1979 l'esercito sovietico ricevette l'ordine di invadere l'Afghanistan, e tre giorni dopo entrò nella capitale Kabul. Qui l'Armata Rossa attaccò il palazzo presidenziale, uccise Amin sostituendolo con Babrak Karmal, già vicepresidente di Taraki.

Soldato sovietico in Afghanistan, 1988.
Soldato sovietico in Afghanistan, 1988.

Il 1° gennaio 1980 50.000 soldati, 2.000 carri armati T-55 e 200 aerei si riversarono nel Paese passando dal Turkmenistan.

Gran parte del mondo protestò contro l'invasione, in particolare gli Stati Uniti; dopo aver annunciato un embargo, lo misero in atto tagliando tutte le forniture di grano e di tecnologie e nel 1980 boicottarono anche le XXII Olimpiadi che si tennero a Mosca.

Col passaggio in Usa dall'amministrazione democratica Carter, a quella repubblicana di Ronald Reagan, si alzò il livello dello scontro e i mujaheddin vennero propagandati come «combattenti per la libertà».

Tra questi vi era anche Osama bin Laden, uno dei principali organizzatori e finanziatori dei mujaheddin (solo per quelli di origine araba, non quelli di origina afghana), anche se ad oggi il Dipartimento di Stato Usa nega di aver avuto mai contatti con Bin Laden (Did the U.S. "Create" Osama bin Laden?), a differenza dell'ex ministro degli esteri Uk Robin Cook che è invece convinto del contrario (leggi Cook su The Guardian), anche se non porta nessuna prova di questo coinvolgimento. Nell'articolo, inoltre, Cook è convinto che siano i Sauditi a finanziarlo, ma dimentica che Osama era già ricco di suo, in quanto facente parte di una delle famiglie più ricche dell'Arabia Saudita e cosa che rende inutile i finanziamenti esterni. Il suo Maktab al-Khadamat (MAK, Ufficio d'Ordine) incanalava verso l'Afghanistan denaro, armi e combattenti musulmani da tutto il mondo, con l'assistenza e il supporto dei governi americano, pakistano e saudita. Nel 1988 bin Laden abbandonò il MAK insieme ad alcuni dei suoi membri più militanti per formare Al-Qaida, con lo scopo di espandere la lotta di resistenza anti-sovietica e trasformarla in un movimento fondamentalista islamico mondiale.

« In Afghanistan eravamo in pochi e con pochi mezzi abbiamo sconfitto la Russia, la più grande potenza militare della terra. Ora è il turno degli Stati Uniti, che secondo me sono più deboli »
(Osama Bin Laden)

Tra i sette movimenti di resistenza islamica si fece notare il moderato e occidentale Ahmad Shah Massoud, già famoso per aver lottato contro la colonizzazione inglese e che in seguito combatté anche i Talebani.

Il 20 novembre 1986 viene destituito Karmal a favore di Haji Mohammed Chamkani, che resterà in carica fino al 30 settembre 1987, quando Presidente del Consiglio Rivoluzionario diventerà Sayd Mohammed Najibullah, carica che dal novembre 1987 diventerà quella di Presidente della Repubblica.

[modifica] La fine

Con l'arrivo al Cremlino nel 1985 di Mikhail Gorbaciov si andò affermando una politica estera sovietica più distensiva, e già dall'ottobre 1986 iniziò in sordina un ritiro unilaterale delle truppe sovietiche che si concluse il 15 febbraio 1989.

La guerra finì (dopo 1 milione e mezzo di afgani morti, 3 milioni di disabili e mutilati, 5 milioni di profughi e milioni di mine) con gli accordi di Ginevra del 14 aprile 1988 che avviarono il ritiro dell'Armata Rossa.

L'Unione Sovietica ritirò le sue truppe il 2 febbraio 1989 (anche se ne diede comunicazione ufficiale solo il successivo 15 febbraio), ma finché esistette (1991) continuò ad aiutare lo stato afghano.

Per l'Unione Sovietica, con 13.833 morti, fu l'equivalente della guerra del Vietnam per gli Stati Uniti.


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