Ahmad Shah Massoud
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Aḥmad Shāh Masʿūd, in persiano احمد شاه مسعود, detto il "Leone del Panjshir" ( Shir-e-Panjshir ) (9 gennaio 1953 – 9 settembre 2001), è stato un militare e politico afghano dell'Alleanza del Nord, combattente contro il regime talebano afgano.
Indice |
[modifica] Biografia
[modifica] Giovinezza ed esilio
Ahmad Shah Massoud nacque nell'alta valle del Panjshir, tra i villaggi di Bazarak e di Jangalak. Il padre, colonnello dell'esercito afghano, si trasferì con la famiglia a Kabul, senza però mai svincolarsi dalla sua terra d'origine, alla quale faceva ritorno ogni anno.
Kabul, oramai da due secoli a questa parte, è il crogiolo del paese con mezzo milione di abitanti negli anni sessanta; qui si intrecciano le diverse etnie che compongono la popolazione afghana: Tagiki, Pashtun (l'etnia maggioritaria), Hazara e Uzbechi. In quanto capitale Kabul è anche il polo culturale più importante del paese e Massoud, in qualità di figlio di un alto ufficiale dell'esercito, poté permettersi il lusso di studiare dapprima nel rinomato liceo francese di Kabul, per poi iscriversi all'altrettanto prestigioso Istituto politecnico, facoltà di architettura, nato in virtù del recente, quanto crescente, interesse sovietico per l'Afghanistan.
Questa duplice influenza culturale, francese e sovietica, si aggiungerà quindi al “naturale” bagaglio islamico di Massoud e determinerà nel tempo le sue più importanti scelte. Infatti se da un lato la religione sarà determinante nell'intera sua vita, dall'altro il duplice contatto con il mondo moderno svilupperà in lui un profondo senso nazionalista così come un radicato sentimento anti-sovietico.
Questa tensione tra contrastanti sentimenti si fece palese nel corso degli anni settanta, durante i quali Massoud, spinto dal fervore religioso e da un crescente sentimento nazionalista e indipendentista, organizzò una serie di audaci almeno quanto mal organizzati colpi di mano, il cui fallimento lo costrinse dapprima a ripiegare nella sua terra natale, il Panjshir, per poi spingersi fino in Pakistan, sfruttando quella rete di contatti e connivenze, che proprio in quegli anni andava formandosi su suolo pakistano, il cui scopo fu di creare un nucleo di resistenza, decisamente connotata in senso islamista, all'imminente, almeno quanto malcelata, invasione sovietica dell'Afghanistan.
[modifica] Ritorno in patria
Fu proprio in quel di Peshāwar, la meta dell'esilio di Massoud come di molti altri esuli della rivoluzione islamica afgana, che si delinearono e si costituirono le principali fazioni politiche(le quali erano principalmente espressione delle divisioni etniche afgane) che da quel momento in avanti guidarono la frammentaria resistenza del popolo afgano contro l'invasione sovietica prima e nella lotta per il potere poi.
Il colpo di stato dell'aprile del 1978, ad opera del Partito Democratico del Popolo Afghano (PDPA), dichiaratamente filo-sovietico, ai danni del regime repubblicano di Daud e la successiva campagna di riforme forzate volte alla laicizzazione e alla sovietizzazione dello Stato,furono gli eventi che spinsero Massoud a tornare clandestinamente in patria, nell'originario Panjshir, e a organizzare, con considerevoli difficoltà, ciò che costituirà, sia in termini di organico che di struttura organizzativa, la base della resistenza da lui guidata fino al settembre del 2001, anno della sua morte.
[modifica] La "strategia nazionale" e il governo di Massoud
Se da un lato è evidente la continuità della struttura organizzativa del modello strategico di Massoud, dall'altro è inconfutabile che questo stesso apparato si sia confrontato nel tempo con situazioni e problematiche profondamente diverse tra loro. Inizialmente, dal 1979 al 1989, si trattò di organizzare una struttura che potesse far fronte alla profonda asimmetria di forze che caratterizzò il conflitto con l'Unione Sovietica. La strategia di base fu quindi di tipo indiretto e gli anni dell'esilio pakistano di Massoud permisero allo stratega in divenire che era di conoscere il pensiero di teorici della guerriglia del passato, da Mao Zedong a Giap, passando attraverso qualche raro scritto di Ernesto “Che” Guevara.
La linea strategica così adottata si rivelò alla fine vincente e l'Armata Rossa batté la ritirata anche a causa della strenua resistenza offerta dalle milizie di Massoud durante le dieci offensive che i sovietici sferrarono contro la valle del Panjshir. Successivamente nel 1992, quando cioè Massoud si trovò a capo di un esercito governativo (per quanto la pretenziosità di questa qualificazione fosse evidente a tutti gli attori coinvolti), le condizioni che avevano reso vincente il modello strategico di Massoud mutarono. Infatti non si sarebbe più trattato di opporre resistenza ad un esercito invasore, la nuova sfida sarebbe stata l'estensione legittima della propria influenza al resto del paese. Questo avrebbe significato, chiaramente, scontrarsi contro la secolare frammentazione etnica della società afgana.
Che siano state incapacità personali o insormontabili limiti obiettivi non è cosa semplice da stabilire, il dato di fatto inconfutabile che risulta evidente dall'analisi di questo periodo è che l'intento di dar vita ad un Afghanistan unificato e pacifico non fu portato a termine da Massoud, il quale fin da subito si trovò di fronte un'accanita resistenza da parte degli avversi signori della guerra. Una vorticosa girandola di alleanze portò infatti a continui scontri tra avverse fazioni, Massoud da subito si ritrovò assediato nella capitale(per quanto avesse ancora naturalmente garantito lo sbocco verso il Panjshir) e la situazione degenerò quasi immediatamente in una serie di massacri, perpetrati da tutte le parti in questione, ai danni, principalmente, della popolazione civile.
Il fallimento della “strategia nazionale” di Massoud fu subito evidente, ma egli mantenne il controllo della capitale per quattro anni, fino a quando cioè, nel 1996, la fulminea ascesa del movimento dei Talebani lo costrinse ad abbandonare Kabul. Con la conquista di Kabul da parte dei Talebani si concluse la parentesi ”governativa” del guerrigliero Massoud, il quale, com'era lecito aspettarsi, ripiegò nella sua valle.
[modifica] Opposizione ai Talebani
A partire dal 1996, quindi, la struttura militare di Massoud tornò ad operare secondo gli schemi su cui aveva basato la sua vittoria sull'invasore sovietico. La strategia ridiventò indiretta e principi strategici come mobilità e indifferenza alla perdita momentanea di spazio tornarono ad imperare tra i ranghi delle milizie del Panjshir.
La resistenza offerta al tentativo egemonizzante dei Talebani da parte del sistema militare di Massoud tornò ad essere efficace e, così com'era accaduto nel corso degli anni ottanta, l'operato degli uomini del Panjshir fu determinante nel sancire la sconfitta, politica prima ancora che militare (la quale verrà sancita successivamente dall'enorme forza di fuoco fornita dalla missione "Enduring Freedom"), del movimento talebano.
[modifica] L'attentato
Masʿūd fu assassinato in un attentato suicida il 9 settembre 2001 a Khvājeh Bahāʾ od-Dīn da due arabi che si fingevano giornalisti di una emittente marocchina. La bomba era nascosta nella telecamera. Dopo l'attentato, il secondo falso giornalista, leggermente ferito, fu catturato dalle guardie del corpo di Masʿūd e messo in una cella. Riuscì a scappare ma, quando fu scoperto, tentò di usare la sua pistola e venne ucciso con un colpo di fucile da una guardia del corpo.
Nessuno ha mai rivendicato la paternità dell'attentato ma i sospetti puntarono sui Talebani o al-Qāʿida. Molti ritengono che l'assassinio sarebbe servito a impedire all'Alleanza del Nord di liberare il paese con l'appoggio, allora a livello teorico, degli USA.