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Utente:Panairjdde/sandbox - Wikipedia

Utente:Panairjdde/sandbox

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Indice

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[modifica] Template:Sovrani ellenistici

[modifica] Fazioni del circo

Auriga della fazione veneta (Azzurri)
Auriga della fazione veneta (Azzurri)
Auriga della fazione albata (Bianchi)
Auriga della fazione albata (Bianchi)

Le corse dei carri erano gli spettacoli preferiti del popolo romano. Esistevano dei gruppi, detti fazioni, il cui compito era quello di allestire delle squadre, allenarle e farle competere: gestivano le stalle per i cavalli e i campi di allenamento per gli aurighi. Queste squadre prendevano il nome dai colori che indossavano; le prime furono quelle dei Bianchi e dei Rossi, cui successivamente furono aggiunte gli Azzurri (fazione ippica) e i Verdi (fazione ippica); infine, un imperatore introdusse i Dorati e i Porpora, ma questa innovazione ebbe vita corta. (Daily Life in the Roman City: Rome, Pompeii, And Ostia, Gregory S. Aldrete, p. 129, 2004, Greenwood Publishing Group, ISBN 031333174X)

Nel quinto secolo le fazioni gestivano anche altri tipi di giochi e spettacoli, e quindi assumevano anche danzatori, mimi e combattenti contro bestie feroci. Solo grandi centri come Costantinopoli avevano tutte e quattro le fazioni: nelle altre città dell'impero solo i Verdi e i Blu rimasero attivi, portando ad una pericolosa divisione in due della tifoseria. (Late Antiquity: A Guide to the Postclassical World, Glen Warren Bowersock, p. 442.)

Giustiniano I e Teodora appartenevano alla fazione degli Azzurri, mentre Anastasio I era stato sostenitore dei Rossi.

Alan Cameron, Circus Factions: Blues and Greens at Rome and Byzantium, Oxford, 1976 CIL 6, 10048

[modifica] Lista degli imperatori romani per durata del regno

Nome Durata Periodo
Teodosio II 42 anni circa 408 - 28 luglio 450
Augusto 41 anni e 6 mesi 16 gennaio 27 a.C. - 19 agosto 14
Giustiniano I 38 anni e 3 mesi 9 agosto 527 - 13 novembre 565
Costantino I 30 anni e 10 mesi 25 luglio 306 – 22 maggio 337
Onorio 30 anni e 7 mesi 23 gennaio 393 – 15 agosto 423
Anastasio I 27 anni e 3 mesi 11 aprile 491 – 9 luglio 518
Costanzo II 24 anni e 6 mesi 22 maggio 337 - 3 novembre 361
Antonino Pio 22 anni e 8 mesi 10 luglio 138 – 7 marzo 161
Tiberio 22 anni e 7 mesi 19 agosto 14 - 16 marzo 37
Adriano 20 anni e 11 mesi 11 agosto 117 - 10 luglio 138
Diocleziano 20 anni e 5 mesi 20 novembre 284 - 1 maggio 305
Maurizio 20 anni e 3 mesi 13 agosto 582 - 27 novembre 602
Traiano 19 anni e 7 mesi 27 gennaio 98 - 7 agosto 117
Valentiniano III 19 anni e 5 mesi 23 ottobre 425 – 16 marzo 455
Massimiano 19 anni e 2 mesi 1 marzo 286 - 1 maggio 305
Caracalla 19 anni circa 198 - 4 aprile 217
Marco Aurelio 19 anni 7 marzo 161 - 17 marzo 180
Settimio Severo 17 anni e 10 mesi 9 aprile 193 – 4 febbraio 211
Nome Durata Periodo
Magnenzio 6 anni 28 ottobre 306 - 28 ottobre 312
Magno Massimo 5 anni 383 – 28 agosto 388
Costantino III 4 anni 407-411
Flavio Vittore 4 anni 384-388
Prisco Attalo 4 anni 409 – 410, 414 – 415
Magnenzio 3 anni e 7 mesi 18 gennaio 350 – 10 agosto 353
Firmo 3 anni 372-375
Flavio Eugenio 2 anni e 1 mese 22 agosto 392 - 6 settembre 394
Ingenuo 2 anni 258-260
Giovanni Primicerio 2 anni 423-425
Giovino 2 anni 411-413

[modifica] Lista di storici tardo antichi

Da http://www.icsm.it/articoli/ri/autorilatini.html

  1. Aurelio Agostino, 354-430, Confessiones, del 401, in tredici libri, e il De Civitate Dei, del 413-426, in ventidue libri.
  2. Ambrogio, circa 339-397, Lettere XVII e XVIII (La maschera della tolleranza)
  1. Ammiano Marcellino, circa 330-395, Rerum gestarum libri XXXI (353-378)
  2. Lucio Apuleio, circa 125-dopo il 170, Apologia
  1. Ario, circa 260-336,
  2. Arnobio, m. 327, Adversus nationes
  3. Atanasio, Apologia perla sua fuga, Apologia contro gli Ariani (357), Apologia per l'imperatore Costanzo (357), Vita di S. Antonio (357), Storia degli Ariani (358).
  4. Decimo Magno Ausonio, circa 310-395, Ephemeris, Mosella, Bissula, Epigrammi e Carmi.
  1. Claudio Claudiano
  2. Erodiano
  3. Eunapio
  4. Ambrosio Teodosio Macrobio
  5. Giulio Firmico Materno
  6. Optaziano
  7. Prisco di Panion V secolo
  8. Procopio di Cesarea, circa 500-dopo il 565
  9. Claudio Rutilio Namaziano, V secolo
  10. Salviano, circa 400-circa 480
  11. Sidonio Apollinare, circa 430-circa 487
  12. Quinto Aurelio Simmaco, circa 340-circa 402
  13. Sinesio, circa 370-413
  14. Sulpicio Severo, circa 360-circa 420, Cronaca universale in due libri
  15. Temistio, circa 317-388, Orazioni
  16. Sesto Aurelio Vittore
  17. Zosimo, Storia nuova (378-410)

[modifica] Campagna sasanide di Giuliano

Percorso di Giuliano e del suo esercito, dalla partenza da Costantinopoli alla morte
Percorso di Giuliano e del suo esercito, dalla partenza da Costantinopoli alla morte

La campagna sasanide di Giuliano fu una operazione militare delle guerre romano-persiane voluta e comandata dell'imperatore romano Giuliano nel 363, allo scopo di conquistare il regno dei Sasanidi, all'epoca governato dal Re dei Re Sapore II. Dopo essere giunto fino alla capitale sasanide di Ctesifonte e avervi sconfitto l'esercito nemico, Giuliano fu costretto a ritirarsi, ma morì prima di tornare in territorio romano e il suo successore, Gioviano dovette comprare la salvezza dell'esercito romano a caro prezzo, sia economico che politico.

Ammiano Marcellino, storico che conobbe Giuliano, costituisce la fonte primaria della campagna: i capitoli dal xxiii al xxv delle sue Storie raccontano in maniera dettagliata l'invasione.

[modifica] Organizzazione della campagna

Giuliano volle una campagna contro i Sasanidi allo scopo di eliminarne la minaccia; per questa ragione l'imperatore si recò, nell'estate del 362, ad Antiochia di Siria, allo scopo di preparare la campagna.

La vera ragione dietro la campagna sasanide di Giuliano è oggetto di dibattito in campo accademico. La campagna non era né urgente né necessaria: sebbene il suo predecessore Costanzo II non avesse firmato alcuna pace con il re sasanide Sapore II, dopo la vittoriosa campagna in Mesopotamia del 360 i Sasanidi si erano ritirati nei loro territori. I Sasanidi avevano cercato persino di stipulare una pace con Giuliano, il quale non di meno rifiutò l'offerta;[1] Ammiano Marcellino racconta di come Giuliano fosse desideroso di ottenere delle vittorie contro i Persiani.[2] Una ulteriore ragione potrebbe essere stata la voglia di compiere gesta paragonabili a quelle di Alessandro Magno; lo stesso Ammiano cita questa motivazione,[3] affermando pure come tutti i generali coinvolti in guerre sul fronte orientali non potevano non avere Alessandro come modello.[4]

Una ulteriore ragione potrebbe essere stata la volontà di Giuliano di rafforzare il suo legame con l'esercito, con una vittoria che avrebbe aumentato il prestigio di imperatore ed esercito e migliorato i rapporti tra Giuliano e i suoi generali. L'esercito romano all'epoca di Giuliano era infatti diviso in due fazioni: quella occidentale, con soldati di origine gallica e fede pagana, come gli ufficiali Dagalaifo e Nevitta, e quella orientale, composta da soldati "romani" di fede cristiana. Inoltre è possibile che gli ufficiali orientali, che avevano una lunga esperienza bellica contro i Sasanidi, fossero scettici nei confronti di una campagna offensiva come quella di Giuliano. La dimostrazione del fatto che il desiderio di scendere in guerra di Giuliano era condiviso solo da una piccola parte dell'esercito fu che col progredire della campagna l'imperatore dovette ordinare l'esecuzione di alcuni ufficiali e persino la decimazione di alcune unità.[5]

[modifica] Invasione

Il 5 marzo 363 Giuliano lasciò Antiochia muovendosi verso oriente. Le fonti riportano numeri differenti riguardo la forza del suo esercito; si trattava comunque di una delle opoerazioni più vaste della tarda antichità.[6]

L'imperatore affidò al re di Armenia il compito di fornirgli i rifornimenti e le truppe ausiliarie; a Hierapolis Giuliano concluse un patto con gli Arabi. Scese allora verso sud, lungo l'Eufrate. Lo accompagnava Ormisda, un membro della famiglia reale sasanide, che era fuggito presso la corte romana già ai tempi di Costantino I e che serviva Giuliano come consigliere.

Secondo quanto riportato da Ammiano, Giuliano fu turbato da dei presagi negativi ricevuti durante la sosta a Carre.

Giuliano decise di inviare un forte contingente verso nord sotto il comando di Procopio e di Sebastiano, con lo scopo di congiungersi con le truppe del re armeno Arsace, mentre lui si dirigeva su Ctesifonte; secondo Zosimo il contingente di Procopio era formato da 18.000 soldati mentre Giuliano aveva un esercito forte di 65.000 uomini. L'avanzata di Giuliano permise la conquista di diverse città e fortezze nemiche, ma l'imperatore era preoccupato dal fatto che dell'esercito sasanide non vi fosse traccia.

Giuliano davanti a Ctesifonte (registro superiore), miniatura del IX secolo delle Orazioni di Gregorio Nazianzeno, raffigurante l'augusto che giunge davanti alla capitale sasanide, da cui ` diviso da un ponte, con l'esercito di Sapore II schierato fuori dalla città
Giuliano davanti a Ctesifonte (registro superiore), miniatura del IX secolo delle Orazioni di Gregorio Nazianzeno, raffigurante l'augusto che giunge davanti alla capitale sasanide, da cui ` diviso da un ponte, con l'esercito di Sapore II schierato fuori dalla città

Alla fine di maggio l'esercito romano raggiunse finalmente Ctesifonte. Divenne però presto chiaro agli ufficiali romani l'impossibilità della riuscita di un attacco diretto alla capitale sasanide, anche perché l'esercito di Sapore II era dato molto vicino alla città e sarebbe potuto giungere in qualunque momento. Giuliano prese in quel momento una decisione gravida di conseguenze: poiché i Romani mancavano nelle necessarie macchine d'assedio, non era possibile prendere Ctesifonte in tempi ragionevoli; al contempo, non era possibile neanche riprendere la stessa via per tornare a casa, in quanto la distruzione di qualunque fonte di approvvigionamento da parte dei Persiani in ritirata aveva eliminato questa possibilità.


[modifica] Bibliografia

[modifica] Fonti primarie

[modifica] Fonti secondarie

[modifica] Opere letterarie

[modifica] Divitenses

  • distaccamento della II Italica da Divitia, in Norico (The Cambridge ancient history Di John Boardman, N. G p. 127)
  • fanno parte della forza che Procopio porta incontro agli Jovii e ai Victores, quando li convince a passare dalla sua parte. (Amm. xxvi.7.11)
  • l'assenza dei D. e Tungrecani iuniores dalla N.D. è stato preso come indizio a favore del disbandamento delle due unità a seguito del loro supporto per Procopio (The Cambridge Ancient History Di John (UNK) Boardman p. 226)



[modifica] Calendario romano

[1]

19 G A F XIIII QVINQVATRIA
20 B G XIII PELVSIA
21 C H XII N·MINERVES
22 H D A XI ARBOR·INTRAT
23 E B X TVBILVSTRIVM
24 F C IX SANGVEM DIES·AEGYPTIACVS
25 I G D VIII HILARIA
26 A E VII REQVETIO
27 B F VI LAVATIO

[modifica] Giustiniano I

Giustiniano raffigurato in uno dei mosaici della Basilica di San Vitale a Ravenna.
Giustiniano raffigurato in uno dei mosaici della Basilica di San Vitale a Ravenna.

Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano[7] (Latino: Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus; 11 maggio 48313 o 14 novembre 565), meglio noto come Giustiniano I, fu imperatore dell'Impero Romano d'Oriente dal 1 agosto 527 alla sua morte.

Giustiniano fu uno dei più importanti sovrani dell'epoca tardoantica. Il suo governo coincise con un periodo d'oro per l'impero, dal punto di vista civile, economico e militare, con la riconquista di parte dei territori dell'Impero Romano d'Occidente, per lo più grazie alle campagne di Belisario; Giustiniano portò avanti un progetto di edilizia civile che ha lasciato capolavori come la chiesa di Hagia Sophia a Costantinopoli; sotto il patronato di Giustiniano fiorì anche la cultura, che produsse scrittori come Procopio e Agazia e poeti come Paolo Silenziario. Ma la maggiore eredità lasciata da Giustiniano è il Corpus iuris civilis, una compilazione omogenea della legge romana che è tutt'oggi alla base del diritto civile, l'ordinamento giuridico più diffuso al mondo.

La peste che colpì l'impero alla fine della vita di Giustiniano segnò la fine di una epoca di splendore che non sarebbe più tornata.

[modifica] Vita

[modifica] Ascesa al potere

Questo dittico consolare, realizzato in occasione del consolato di Giustiniano nel 521, è l'unica fonte per il suo nome completo. L'iscrizione riporta i titoli di Giustiniano all'epoca, prima di diventare imperatore: Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus, vir inlustris, comes [domesticorum], magister equitum et peditum praesentalis et [consul] ordinarius.
Questo dittico consolare, realizzato in occasione del consolato di Giustiniano nel 521, è l'unica fonte per il suo nome completo. L'iscrizione riporta i titoli di Giustiniano all'epoca, prima di diventare imperatore: Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus, vir inlustris, comes [domesticorum], magister equitum et peditum praesentalis et [consul] ordinarius.

Petrus Sabbatius[8] nacque nella villaggio di lingua latina noto come Tauresium[9] (nei pressi di Skopje). Fu figlio di Sabbazio e Vigilanzia (Vigilantia) ed ebbe una sorella, anche lei chiamata Vigilanzia;[10] la madre di Giustiniano fu sorella di Giustino, che si era trasferito a Costantinopoli da giovane, e lì era entrato a far parte degli excubitores, la guardia imperiale, salendo di grado fino a diventarne il comandante. Fu Giustino a prendersi cura dell'educazione del nipote, e lo adottò tra il 518 e il 521, cosicché Petrus Sabbatius ricevette i nomi Flavius, in quanto membro della famiglia imperiale, e Iustinianus, in quanto adottato da Iustinus.[11]

Giustiniano entrò a far parte degli scholari (le guardie di palazzo),[12] ed era un candidatus (guardia d'onore) sotto il comando del magister officiorum nel 518, quando l'imperatore Anastasio I morì e Giustino gli successe. Secondo quanto riportato da Pietro Patrizio, gli excubitores offrirono la porpora a Giustiniano, in questa occasione, ma egli la rifiutò; questa versione dei fatti non è considerata credibile dagli storici moderni. Giustiniano prese parte alle epurazioni che seguirono alla incoronazione di Giustino, e fu coinvolto nella morte del ciambellano Amantius, che aveva conteso la carica imperiale a Giustino.[13] Il sostegno dello zio permise a Giustiniano una rapida carriera: già nel 519 lo troviamo innalzato al rango di comes.[12]; nel 520 il console e magister militum praesentalis Vitaliano[14] fu assassinato, e Giustiniano lo sostituì sia come magister militum (520) che come console (521): Procopio attribuisce la tempestiva morte di Vitaliano, il più forte rivale di Giustiniano per la porpora imperiale, a un ordine di Giustiniano stesso.[13][11]

Giustiniano assunse responsabilità molto significative durante il regno dello zio, tanto che alcuni storici, appoggiandosi a Procopio, hanno affermato che fosse in effetti lui e non Giustino a regnare. Giustiniano ordinò un programma di costruzioni pubbliche, spendendo grandi quantità di denaro e decorando sontuosamente chiese e palazzi: tra gli edifici da lui voluti in questo periodo, la chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli. Per quanto riguarda la politica estera, tenne a bada le tribù barbare con donazioni di denaro; inoltre strinse relazioni amichevoli con il re dei Vandali Ilderico, che era Cattolico e non Ariano come i suoi compatrioti. In campo religioso sostenne apertamente le posizioni del Concilio di Calcedonia, ma scambiò molte lettere con Papa Ormisda allo scopo di ridurre la frazione dovuta allo scisma di Acacio.[12]

Fu durante il regno dello zio che il più che quarantenne Giustiniano sposò la ventenne Teodora, una attrice di mimo. Il matrimonio fu inizialmente ostacolato dalla moglie di Giustino, l'imperatrice Eufemia, in quanto per la morale dell'epoca le attrici erano considerate simili alle prostitute. Dopo la morte di Eufemia (524), Giustino aiutò il nipote favorito, promulgando una legge che permetteva alle attrici "pentite" di sposare chiunque e di avere figli legittimi.[15][11]

Il 1° aprile 527 Giustino riconobbe Giustiniano co-imperatore: i due Augusti apparvero insieme sulle monete. Il 1° agosto Giustino morì per le complicazioni di una vecchia ferita di battaglia al piede, e nello stesso giorno Giustiniano gli succedette senza problemi.[11]

[modifica] Primi anni di regno (527-532)

Moneta coniata dal re sassanide Cosroe I (Khosrau I), con il quale Giustiniano firmò la "Pace Eterna", che decretò la fine della Guerra Iberica (526-532). Il padre di Cosroe, Kavadh I, aveva chiesto a Giustiniano di adottare Cosroe, ma Giustiniano aveva rifiutato. Quando Cosroe divenne re, firmò la pace con Giustiniano, in quanto il suo potere era minacciato da rivali interni: per stipulare la "Pace Eterna", però, Giustiniano dovette accettare di pagare a Cosroe la rilevante cifra di 11.000 libbre di oro.
Moneta coniata dal re sassanide Cosroe I (Khosrau I), con il quale Giustiniano firmò la "Pace Eterna", che decretò la fine della Guerra Iberica (526-532). Il padre di Cosroe, Kavadh I, aveva chiesto a Giustiniano di adottare Cosroe, ma Giustiniano aveva rifiutato. Quando Cosroe divenne re, firmò la pace con Giustiniano, in quanto il suo potere era minacciato da rivali interni: per stipulare la "Pace Eterna", però, Giustiniano dovette accettare di pagare a Cosroe la rilevante cifra di 11.000 libbre di oro.

I primi anni di regno di Giustiniano furono caratterizzati da atti volti al consolidamento del suo potere sia mediante la politica estera che quella interna: portò a termine una guerra contro i Sassanidi, firmando una costosa pace che gli avrebbe permesso di rivolgere la propria attenzione all'ovest, e promulgò una legislazione in campo religioso contro i Samaritani e i Pagani.[11]

[modifica] Guerra Iberica (526-531)

Articolo principale: Guerra Iberica

La Guerra Iberica aveva avuto inizio nel 526, quando il re dell'Iberia Caucasica chiese aiuto a Giustino contro i sassanidi, e si era evoluta intorno alle fortezze frontaliere di Dara e Nisbis. Dopo l'ascensione al trono di Giustiniano, il re sassanide Kavadh I provò a far pace con il nuovo imperatore, proponendogli di adottare il proprio figlio favorito, Cosroe, ma Giustiniano rifiutò. Nel 529, dopo la fine dell'assedio romano a Nisbis e il fallito raid dei Saraceni su Antiochia, Giustiniano sostituì il magister militum Ipazio (Hypatius), nipote di Anastasio I, con il dux Mesopotamiae Belisario. Dopo una vittoria iniziale, Belisario subì due pesanti sconfitte, e Giustiniano lo richiamò a Costantinopoli. La morte di Kavadh (settembre 531), e l'ascensione ad un trono insicuro di Cosroe portarono alla fine della guerra: i due sovrani firmarono la "Pace eterna", un trattato che garantiva ai romani la pacificazione della frontiera orientale in cambio del pagamento di 11.000 libbre di oro. Giustiniano poteva ora volgere la sua attenzione e le risorse del suo impero a occidente.[11]

[modifica] Leggi contro i Pagani e i Samaritani

Giustiniano promulgò decreti contro il Paganesimo che diedero il colpo di grazia all'antica religione: fare sacrifici in segreto agli dei Pagani, o convertirsi dal Cristianesimo al Paganesimo furono considerati reati puniti con la morte; ai Pagani erano interdetti i pubblici uffici; la mancata conversione al Cristianesimo veniva pagata con l'esilio e la confisca dei beni; gli insegnanti Pagani non potettero più ricevere denaro dal tesoro imperiale. Uno degli effetti di questa legislazione fu la fine dell'Accademia Neoplatonica di Atene (529)[11]

Un altro obiettivo della politica religiosa di Giustiniano furono i Samaritani, i seguaci di una religione ispirata alla Torah che vivevano come agricoltori nelle province di Palestina Prima e Secunda. Prima del 529, Giustiniano promulgò una legge che ordinò la distruzione delle sinagoghe samaritane e proibì ai samaritani di lasciare beni in eredità a non-ortodossi. I samaritani si ribellarono, ma furono sconfitti nel 531: domare questa ribellione, tuttavia, costò la devastazione dell'economia agricola della Palestina, e due decenni dopo Procopio si lamentava ancora della decadenza delle fattorie abbandonate nella regione.[11]

[modifica] Rivolta di Nika (532)

Articolo principale: Rivolta di Nika

La "Rivolta di Nika" fu una ribellione cittadina che infiammò Costantinopoli per una settimana, nel gennaio 532, e che quasi causò la caduta di Giustiniano, prima di spegnersi in un bagno di sangue. Al termine della ribellione, Giustiniano si ritrovò con due importanti collaboratori di cui fidarsi, il generale Belisario e la sua consorte e consigliera Teodora.

L'Ippodromo di Costantinopoli come appare oggi. In un giorno di gare, i sostenitori delle fazioni degli Azzurri e dei Verdi diedero inizio alla "Rivolta di Nika", che prese il nome dall'incitazione nika! ("vinci") rivolta agli aurighi.
L'Ippodromo di Costantinopoli come appare oggi. In un giorno di gare, i sostenitori delle fazioni degli Azzurri e dei Verdi diedero inizio alla "Rivolta di Nika", che prese il nome dall'incitazione nika! ("vinci") rivolta agli aurighi.

I romani furono grandi amanti delle corse con le bighe. I tifosi erano divisi in quattro fazioni, i Bianchi, i Rossi, i Verdi e gli Azzurri, ciascuna incaricata dell'organizzazione di una squadra ma coinvolta anche in altri affari. Le fazioni erano trasversali alle classi sociali, e raccoglievano sostenitori di tutti i ceti: Anastasio era famoso per essere tifoso dei Rossi, mentre Giustiniano e Teodora erano sostenitori degli Azzurri.[16] In passato, l'antagonismo fra le fazioni era stato la causa di scontri violenti per le strade: Procopio afferma che durante il regno di Giustino, Teodora e Giustiniano favorirono la sollevazione degli Azzurri.[17]

La Rivolta di Nika ebbe origine con l'arresto di sette membri degli Azzurri e dei Verdi da parte del prefetto della città. Il 13 gennaio 532, giorno di corse all'Ippodromo di Costantinopoli, i sostenitori degli Azzurri e dei Verdi chiesero a Giustiniano, lì presente, di liberare i loro compagni, e di licenziare il prefetto della città, il prefetto del pretorio dell'oriente Giovanni di Cappadocia, accusato della pressione fiscale troppo elevata, e il questore del Sacro Palazzo Triboniano: l'imperatore rifiutò. Alla ventiduesima corsa, i canti "verdi" e "azzurri" mutarono in un "nika" ("vinci!" in greco) cantato all'unisono da tutte le fazioni, che segnò l'inizio della rivolta; Giustiniano fu obbligato a lasciare l'Ippodromo e a raggiungere il palazzo imperiale. Gli insorti, durante la notte, assaltarono il palazzo del pretorio, liberarono i propri compagni imprigionati e diedero fuoco al palazzo. Il giorno dopo Giustiniano si presentò all'Ippodromo, pensando di placare gli animi tenendo le gare già programmate, ma la folla non si placò, e la città cadde per quasi una settimana nelle mani dei rivoltosi, che appiccarono incendi a più edifici e attaccarono le milizie imperiali. Giustiniano offrì un gesto di riconciliazione, promettendo l'amnistia per tutti i crimini quando apparve dalla tribuna del circo il 18 gennaio, ma le due fazioni rifiutarono l'accordo malgrado l'arrivo di truppe leali all'imperatore dalla Tracia il giorno precedente, e Giustiniano rientrò a palazzo. La rivolta popolare ebbe anche il supporto dell'opposizione senatoriale a Giustiniano, le cui modeste origini non erano state accettate con favore dall'aristocrazia: la rivolta cercò una guida e un candidato imperatore nei nipoti di Anastasio, Pompeo e l'ex-magister militum Ipazio; questi, che era stato congedato da Giustiniano la sera precedente contro la propria, fu acclamato imperatore nell'Ippodromo.[11]

Secondo Procopio di Cesarea, Giustiniano radunò i propri consiglieri, con i quali convenne che la situazione fosse fuori controllo e che la migliore cosa da fare fosse abbandonare la città: a quel punto intervenne Teodora, che convinse Giustiniano a restare e a scegliere la soluzione di forza.[18] Giustiniano riprese l'iniziativa e ordinò ai suoi generali Belisario, Narsete e Mundo di dividere le truppe in tre colonne, entrare nell'Ippodromo da tre direzioni diverse e uccidere tutti i civili ivi presenti: in poche ore la rivolta fu spenta al costo di un numero elevato di vittime.[19] Il giorno seguente, 19 gennaio, Ipazio e Pompeo furono giustiziati, assieme ai loro sostenitori tra i senatori.[11]

La prima chiesa di Hagia Sophia fu costruita dall'imperatore Costantino I e ricostruita dal suo figlio Costanzo II. Era una chiesa piccola e di poco pregio quando nel 352 fu distrutta da un incendio appiccato durante la Rivolta di Nika. Pochi giorni dopo il termine della rivolta, Giustiniano ne ordinò la ricostruzione in forme più ampie e splendide. La nuova chiesa, una delle più grandi e magnificenti del mondo, fu consacrata appena cinque anni più tardi.
La prima chiesa di Hagia Sophia fu costruita dall'imperatore Costantino I e ricostruita dal suo figlio Costanzo II. Era una chiesa piccola e di poco pregio quando nel 352 fu distrutta da un incendio appiccato durante la Rivolta di Nika. Pochi giorni dopo il termine della rivolta, Giustiniano ne ordinò la ricostruzione in forme più ampie e splendide. La nuova chiesa, una delle più grandi e magnificenti del mondo, fu consacrata appena cinque anni più tardi.

La fine della Rivolta di Nika vide Giustiniano fermamente al potere e le opposizioni popolare e senatoriale decisivamente indebolite; inoltre l'imperatore aveva guadagnato dei generali affidabili: Mundo fu inviato in Illiria come magister militum, mentre Belisario iniziò la sua impressionante campagna d'Africa. La capitale dell'impero soffrì una grande devastazione a causa della rivolta, in quanto i rivoltosi non avevano risparmiato né abitazioni, né palazzi pubblici, né edifici sacri. La situazione permise però a Giustiniano di iniziare un ambizioso programma edilizio, il cui simbolo fu la chiesa di Hagia Sophia: la ricostruzione in forme più ampie e sontuosamente decorate iniziò pochi giorni dopo la fine della rivolta, e terminò appena cinque anni più tardi.[11]

[modifica] Campagne in Africa, Italia e Oriente

[modifica] Campagne d'Africa (533-37; 543-48)

Articolo principale: Guerra d'Africa (533-548)

[modifica] Riconquista della Provincia d'Africa

Dopo aver stabilizzato la frontiera orientale con l'"acquisto" della "Pace Eterna" dai sassanidi, Giustiniano rivolse le capacità militari dell'impero verso occidente, sul regno africano dei vandali. I vandali avevano occupato la provincia di Africa e con le loro flotte avevano saccheggiato le città costiere dell'impero, arrivando persino al Sacco di Roma (410). I rapporti con i vandali, di fede ariana, migliorarono con l'ascesa al trono del cattolico Ilderico (523-530), che mise fine alle persecuzioni dei cattolici richiamando i vescovi esiliati e ripristinando il culto della Chiesa Cattolica. La situazione precipitò nuovamente quando Ilderico fu deposto dal cugino Gilimero e imprigionato (530). Raggiunto dalla richiesta di aiuto di Ilderico, Giustiniano oscillò tra il consiglio di Giovanni di Cappadocia di tenersi al largo da una guerra in Africa e le pressioni dei mercanti, degli ecclesiastici e dei possidenti espropriati africani a favore della riconquista dell'antica provincia. Non è da escludere che la decisione finale di Giustiniano di iniziare una campagna di riconquista fosse dovuta soprattutto a considerazioni di politica religiosa, allo scopo cioè di terminare le persecuzioni contro i Cattolici in Africa.[11]

Giustiniano affidò un esercito di 18.000 uomini a Belisario, che si era distinto nella soppressione della Rivolta di Nika. Belisario condusse una campagna vittoriosa contro Gilimero, conquistando l'intero regno vandalico e insediandosi a Cartagine. Si sparse la voce che Belisario volesse ritagliarsi un regno indipendente in Africa, e, sebbene Giustiniano gli consentisse di rimanere nella nuova provincia, Belisario decise di tornare a Costantinopoli: in tale occasione Giustiniano organizzò un trionfo per il generale vittorioso, durante il quale l'imperatore e Teodora ricevettero gli omaggi di Belisario e del re sconfitto.[11]

[modifica] Guerre contro i Berberi

La sconfitta dei Vandali e la loro assimilazione nell'impero non misero al sicuro la nuova prefettura d'Africa, minacciata dalle incursioni dei Berberi. Il governo della provincia fu affidato al domesticus di Belisario, Salomone, che fuggì in Sicilia dopo la rivolta dell'esercito nel 536. Giustiniano richiamò allora Belisario dalla Guerra Gotica in Italia e lo mandò a difendere Cartagine, ma poi lo sostituì con il proprio cugino, Germano Giustino, che riuscì a sedare la ribellione. Nel 539 Salomone fu reinsediato come governatore.[11]

Una seconda rivolta dei Berberi scoppiò nel 543 a causa del governo del nipote di Salomone, nonché favorito di Teodora, Sergio, dux Tripolitaniae. Il malgoverno di Sergio, divenuto poi governatore nel 544 alla morte di Salomone, lo rese inviso tanto ai civili che ai militari, così Giustiniano fu costretto a nominare (545) un nuovo e incompetente comandante (assassinato l'anno successivo), Aerobindus, prima di trovare l'uomo giusto per il compito: Giovanni Troglita. Giovanni sconfisse i Berberi nel 548,[20] ponendo fine alla loro ribellione e garantendo alla prefettura di Africa un periodo di pace e prosperità che durò fino alla conquista araba.[11]

[modifica] Guerra Gotica (535-52)

Articolo principale: Guerra Gotica (535-52)

[modifica] Conquista di Roma
Papa Agapito I, santo (535-536). Agapito fu mandato a Costantinopoli dal re degli ostrogoti Teodato, ma fallì nel suo compito di firmare una pace tra romani e ostrogoti. Riuscì invece a far deporre il Patriarca monofisita di Costantinopoli, Antimo I, che aveva il sostegno dell'imperatrice Teodora; Giustiniano fu obbligato a indirizzare una confessione di fede al papa, per liberarsi dai sospetti di monofisismo.
Papa Agapito I, santo (535-536). Agapito fu mandato a Costantinopoli dal re degli ostrogoti Teodato, ma fallì nel suo compito di firmare una pace tra romani e ostrogoti. Riuscì invece a far deporre il Patriarca monofisita di Costantinopoli, Antimo I, che aveva il sostegno dell'imperatrice Teodora; Giustiniano fu obbligato a indirizzare una confessione di fede al papa, per liberarsi dai sospetti di monofisismo.

Giustiniano proseguì nel suo piano di restaurazione del potere imperiale, portando avanti il programma di riconquista delle antiche province dell'impero: dopo l'Africa, decise di dedicare le risorse dello stato alla conquista dell'Italia. L'impresa di riportare sotto l'impero l'antica culla del potere romano non dovette parere troppo difficile all'imperatore: Teodorico il Grande, fondatore del regno degli Ostrogoti era morto poco prima dell'ascesa al trono di Giustiniano (526), e sul trono d'Italia era salito Teodato, il quale non aveva, però, la capacità di guidare i riottosi nobili goti che aveva caratterizzato il regno dello zio. Le speranze di una guerra rapida si sarebbero invece scontrate con una campagna lunga e devastante (535-552), che avrebbe lasciato l'Italia in mano romana, ma in condizioni desolanti.

Il piano di Giustiniano consistette in un attacco su due fronti al regno goto: il magister militum per Illyricum Mundo si mosse dalla Dalmazia, mentre Belisario invase la Sicilia. Per questa campagna il conquistatore dell'Africa ricevette un numero di soldati limitato (7500 uomini in totale): tale scarsezza di risorse segnò dal quel momento in poi i rapporti tra il generale e l'imperatore, in quanto Giustiniano temeva i successi di Belisario e il favore che esso aveva presso il popolo. La campagna non iniziò bene, in quanto Mundo fu sconfitto e ucciso, mentre Belisario, dopo aver rapidamente conquistato la Sicilia (ingresso a Siracusa il 31 dicembre 535), dovette tornare in Africa a sedare una rivolta delle truppe. Teodato, in linea di massima disposto a riconoscere il potere imperiale, provò a negoziare la pace mandando a Costantinopoli Papa Agapito I, ma Giustiniano rifiutò, avendo l'intenzione di proseguire la campagna.[21][11]

Belisario, ritornato in Italia, intraprese la conquista dell'Italia peninsulare, assediando e prendendo Napoli nel novembre 536: i goti risposero deponendo e uccidendo Teodato ed eleggendo l'esperto Vitige. Giustiniano si mosse con la diplomazia, ottenendo il sostegno dei Franchi contro gli Ostrogoti, i quali furono obbligati a tenere grossi contingenti bloccati in Provenza e nelle Venezie per contrastare la minaccia posta dai nuovi alleati dell'imperatore. Mentre Vitige era impegnato a contrattare la pace con i Franchi, Belisario entrò indisturbato a Roma (9 dicembre 536) inviando il capo della guarnigione gota a Costantinopoli con le chiavi dell'antica capitale dell'impero.[22]

[modifica] Caduta di Milano e Ravenna
Questa moneta, raffigurante Giustiniano, fu coniata ANNO XII, "nel dodicesimo anno" del governo di Giustiniano (538-539), durante la Guerra gotica. Questo anno vide la fine dell'assedio gotico a Roma e la conquista e distruzione di Milano da parte di Vitige.
Questa moneta, raffigurante Giustiniano, fu coniata ANNO XII, "nel dodicesimo anno" del governo di Giustiniano (538-539), durante la Guerra gotica. Questo anno vide la fine dell'assedio gotico a Roma e la conquista e distruzione di Milano da parte di Vitige.

Vitige mise sotto assedio Belisario in Roma, ma i rinforzi mandati da Giustiniano lo obbligarono a chiedere la pace (marzo 537). Ulteriori truppe di rinforzo furono inviate dall'imperatore sotto il comando di Narsete, allo scopo di aiutare un contingente romano sotto assedio a Rimini (metà 538). L'imperatore aveva inviato una lettera a tutti i suoi comandanti, che Procopio riproduce in parte:

"Nell'inviare Narsete nostro commissario d'Italia non lo investiamo del comando dell'esercito. E' nostro desiderio che Belisario solo conduca l'intero esercito come gli paia più giusto, ed è dovere di voi tutti obbedirgli nell'interesse del nostro Stato." - Procopio, De Bello Gothico, II.18.28

La lettera diede a Belisario il comando supremo sulle forze romane in Italia, ma Narsete utilizzò quel "nell'interesse del nostro Stato" come uno strumento per limitare il potere del generale rivale e per agire indipendentemente ogni qualvolta ritenesse che gli ordini di Belisario non fossero "nell'interesse del nostro Stato". Alcuni studiosi suggeriscono la possibilità che Giustiniano avesse introdotto volontariamente la clausola per garantire libertà di azione a Narsete e per limitare il potere di Belisario, che l'imperatore sospettava dopo le voci girate a seguito della campagna d'Africa.[23] Tuttavia, se davvero questo fu l'intento dell'imperatore, Giustiniano commise l'errore di tenere due generali, Belisario e Narsete, al comando delle truppe impegnate sul suolo italico: la rivalità tra i due causò il mancato coordinamento delle truppe romane, permettendo la conquista gotica di Milano e la conseguente distruzione della città (539), e Giustiniano fu obbligato a richiamare Narsete lasciando a Belisario campo libero.[11]

A questo punto Vitige propose una alleanza al re sassanide Cosroe, chiedendogli di porre fine alla "Pace Eterna" e di aprire un secondo fronte a oriente. Venuto a conoscenza di questa mossa, Giustiniano avanzò una proposta di pace che Vitige, assediato in Ravenna da Belisario, accettò: ai romani sarebbe andata l'Italia a sud del Po e metà del tesoro ostrogoto, a Vitige l'Italia settentrionale. Belisario ricevette la proposta di Vitige di tenere per sé stesso la corona di Italia: il generale disse di accettare l'accordo, ed entrò a Ravenna (maggio 540), ma prese Vitige prigioniero e assunse il governo dell'Italia a nome di Giustiniano. L'imperatore richiamò il proprio generale in oriente, per prendere il comando della campagna contro i sassanidi, e i goti elessero Ildibad come loro re. Giunto a Costantinopoli con Vitige e Matasunta come prigionieri e il tesoro gotico come bottino, Belisario non fu onorato da Giustiniano con un trionfo, come avvenuto dopo la campagna d'Africa.[24] Se da una parte tale comportamento è stato ascritto alla gelosia di Giustiniano nei confronti di Belisario, un'altra spiegazione è possibile: l'imperatore aveva ottenuto una pace in Italia che gli avrebbe permesso di affrontare tranquillamente la minaccia sassanide; l'azione di Belisario, invece, aveva lasciato un regno gotico non vincolato ad un trattato di pace, e quindi una pericolo per la provincia appena conquistata.[25] Infatti non appena Belisario lasciò l'Italia e il comando dell'esercito divisi tra molti generali, Ildibad ricostruì l'esercito gotico e riconquistò Treviso, prima di essere ucciso da una delle sue guardie (maggio 451).[26]

[modifica] Regno di Totila e fine della guerra
Totila riconquistò rapidamente parte dell'Italia, dopo essere stato eletto re degli ostrogoti. In questa miniatura è raffigurato mentre assiste alla distruzione di Firenze.
Totila riconquistò rapidamente parte dell'Italia, dopo essere stato eletto re degli ostrogoti. In questa miniatura è raffigurato mentre assiste alla distruzione di Firenze.

L'allontanamento di Belisario e la nomina dell'inetto Prefetto del Pretorio per l'Italia Massimino costarono caro a Giustiniano, che lasciò dei mediocri generali ad affrontare il migliore tra i re ostrogoti dopo Teodorico: Totila. Il nuovo re cercò il sostegno della popolazione, vessata da anni di guerre e saccheggi nonché dalla pesante tassazione romana, limitandone i disagi; Totila riuscì a riconquistare la Toscana, l'Umbria, Napoli, la Calabria e la Puglia, nell'arco di tre anni (541-543), infliggendo pesanti sconfitte ai generali di Giustiniano e obbligandoli a restare al sicuro delle mura delle città più grandi.

Infine, Giustiniano decise di mandare nuovamente in Italia Belisario: sebbene l'imperatore non si fidasse completamente del suo generale (che aveva condotto una vittoriosa campagna in oriente, ma che poi spese un intero anno in prigione, nel 543, accusato di aver complottato contro Giustiniano), Belisario era l'unico comandante all'altezza di Totila. Per non indebolire il fronte orientale (dove la seconda campagna persiana era in corso), Giustiniano permise a Belisario di portare con sé solo 4.000 uomini e per giunta a sue spese; malgrado ciò, il generale riuscì a difendere i territori imperiali in Italia.[27] Giustiniano assistette alla conquista di Roma da parte di Totila (17 dicembre 546) e alla riconquista e difesa della città da parte di Belisario, il quale mandò all'imperatore le chiavi della città (maggio 547). Giustiniano continuò ad inviare rinforzi in Italia, dietro le pressanti richieste di Belisario, ma sempre in quantità minime, in modo da non rafforzare il generale ma impedendogli anche una efficace azione.

Il 29 giugno 548 morì Teodora. La morte dell'imperatrice influenzò molto anche la guerra, in quanto liberò il campo a Germano Giustino, cugino dell'imperatore ostracizzato da Teodora, ma ora più probabile successore di un Giustiniano di 77 anni e senza figli. Dietro richiesta di Antonina, la moglie di Belisario inviata come messaggera a Costantinopoli, l'imperatore richiamò Belisario (inizio 549) e decise di inviare Germano in Italia con un forte esercito. Per rafforzare la posizione di Germano, Giustiniano gli fece sposare Matasunta, nipote di Teodorico il Grande, in modo da unire i due popoli e indebolire la posizione di Totila, che nel frattempo aveva conquistato Roma (16 gennaio 550). Il piano dell'imperatore fu frustrato dalla morte di Germano prima del suo arrivo in Italia: Narsete fu allora scelto come comandante in capo delle truppe romane in Italia e inviato contro i goti (tardo 551). Narsete, coadiuvato da un esperto e fidato aiutante (Giovanni figlio di Vitaliano) e dotato di un esercito numeroso, sconfisse rapidamente Totila, ponendo fine al regno degli Ostrogoti e alla Guerra Gotica.

[modifica] Campagne d'Oriente (540-45; 549-57)

[modifica] Seconda campagna persiana

[modifica] Guerra Lazica

Articolo principale: Guerra Lazica

[modifica] Attività

[modifica] Legislazione

L'imperatore Giustiniano con il suo seguito raffigurato in un mosaico della Basilica di San Vitale a Ravenna.
L'imperatore Giustiniano con il suo seguito raffigurato in un mosaico della Basilica di San Vitale a Ravenna.

Giustiniano conquistò una fama duratura per la sua rivoluzione giuridica, che organizzò il diritto romano in una forma e uno schema organico che rimane alla base della legge di diverse nazioni odierne. La sua attività può essere opportunamente suddivisa in tre periodi: un primo periodo dal 528 al 534, contrassegnato dalle grandi compilazioni, e cioè dalla preparazione e dalla pubblicazione del primo Codice (Novus Iustinianus Codex, 528-29), del Digesto (Digesta seu Pandectae, 530-33), delle Istituzioni (Institutiones Iustiniani sive Elementa, 533), e, infine, del secondo Codice (Codex repetitae praelectionis, 534). Un secondo periodo dal 535 al 541-42 circa, caratterizzato da un'intensa legislazione "corrente" (per mezzo di Novellae constitutiones). Un terzo periodo, infine, dal 543 al 565, in cui, anche per la minore, o diversa, qualità dei collaboratori, l'attività legislativa (sempre per mezzo di Novellae) si fa sempre più scarsa e scadente.

Le opere componenti il Corpus Iuris Civilis furono, nel primo periodo, scritte in latino, lingua ufficiale dell'Impero ma scarsamente conosciuto dai cittadini delle provincie orientali. Il latino infatti era sostanzialmente la lingua dell'amministrazione, della giustizia e dell'esercito, mentre la lingua d'uso nella parte orientale dell'Impero era il greco e, in minor misura, il copto, l'aramaico e l'armeno (rispettivamente in Egitto, Siria ed alcune regioni dell'Asia Minore). Per ovviare a ciò, le opere successive (dalle Novellae in poi) vennero redatte pragmaticamente in greco, lingua più utilizzata dal popolo e dalla pratica amministrativa quotidiana, anche sempre e comunque col nome, il simbolo ed il faro culturale della romanità.

Il Corpus forma la base della giurisprudenza latina (compreso il diritto canonico: ecclesia vivit lege romana) e, per gli storici, fornisce una preziosa visione dall'interno delle preoccupazioni e delle attività dei resti dell'Impero Romano. Come collezione raccoglie assieme le molte fonti in cui le leges (leggi) e le altre regole erano espresse o pubblicate: leggi vere e proprie, senatoconsulti (senatusconsulta), decreti imperiali, rescritti, opinioni e interpretazioni dei giuristi (responsa prudentum).

[modifica] Religione

Ricostruzione della colonna di Giustiniano a Costantinopoli
Ricostruzione della colonna di Giustiniano a Costantinopoli

[modifica] Soppressione delle religioni non cristiane

La politica religiosa di Giustiniano rifletteva la convinzione che l'unità dell'impero presupponesse incondizionatamente l'unità della fede; e con lui sembrò un dato di fatto che questa fede potesse essere solo l'Ortodossia. Gli appartenenti ad un credo differente dovettero riconoscere che il processo iniziato a partire da Costantino I sarebbe continuato con vigore. Il Codice Giustiniano conteneva due statuti (Cod., I., xi. 9 e 10) i quali decretavano la totale distruzione dell'Ellenismo, anche nella vita civile; queste disposizioni vennero attuate con zelo. Le fonti contemporanee: (Giovanni Malala, Teofane Confessore, Giovanni di Efeso) ci parlano di gravi persecuzioni, anche di uomini altolocati.

Forse, l'evento più degno di nota avvenne nel 529, quando gli insegnamenti dell'Accademia di Atene di Neoplatonica vennero posti sotto il controllo dello stato, soffocando in pratica questa scuola di formazione dell'ellenismo. Il Paganesimo venne soppresso attivamente: solo in Asia Minore, Giovanni di Efeso sostenne di aver convertito 70.000 Pagani.[28] Altre popolazioni accettarono la cristianità: gli Eruli,[29] gli Unni che dimoravano nei pressi del Don,[30] gli Abasgi,[31] e gli Tzani (Procopio, Bellum Persicum, i. 15) in Caucasia.[32] L'adorazione di Amon ad Augila, nel deserto libico, venne abolita;[33] così come i resti del culto di Iside sull'isola di Philae, sulle prime cataratte del Nilo.[34] Il presbitero Giuliano e il vescovo Longino condussero una missione tra i Nabatei,[35] e Giustiniano tentò di rafforzare la Cristianità nello Yemen inviandovi un ecclesiastico dall'Egitto</ref>Procopio, Bellum Persicum, i. 20; Giovanni Malala, ed. Niebuhr, Bonn, 1831, pp. 433 sqq.</ref>

Anche gli Ebrei soffrirono; non solo le autorità restrinsero i loro diritti civili[36] e minacciarono i loro privilegi religiosi,[37] ma l'imperatore interferì negli affari interni delle sinagoghe, vietando ad esempio l'uso della lingua ebraica nel culto.[38] I recalcitranti vennero minacciati con punizioni corporali, esilio e perdita delle proprietà. Gli ebrei di Borium, non lontano dalla Syrtis Major, che resistettero a Belisario nella sua campagna contro i Vandali, dovettero abbracciare la cristianità; la loro sinagoga divenne una chiesa.[39]

L'uniformità della politica di Giustiniano significò che anche i Manichei soffrirono dure persecuzioni, sperimentando sia l'esilio che la minaccia della pena capitale.[40] A Costantinopoli, in una occasione non pochi manichei, dopo una dura inquisizione, vennero giustiziati alla presenza dell'imperatore: alcuni sul rogo, altri per affogamento[41]

[modifica] Politica ecclesiastica

Come per l'amministrazione secolare, il dispotismo apparve anche nella politica ecclesiastica dell'imperatore. Egli regolava tutto, sia nella religione che nella legge.

Agli inizi del suo regno, ritenne appropriato promulgare per legge il suo credo nella Trinità e nell'Incarnazione e di minacciare tutti gli eretici con delle punizioni;[42] dove successivamente dichiarava che aveva stabilito di privare tutti i disturbatori dell'ortodossia dell'opportunità, per tale offesa, di un giusto processo di legge (MPG, lxxxvi. 1, p. 993). Giustiniano rese il credo Niceno-Costantinopoliano l'unico simbolo della Chiesa (Cod., I., i. 7), e concesse valore legale ai canoni dei quattro concili ecumenici (Novellae, cxxxi.). I vescovi che parteciparono al Secondo concilio di Costantinopoli del 536, riconobbero che non poteva essere fatto niente nella Chiesa, che fosse contrario alla volontà e agli ordini dell'imperatore (Mansi, Concilia, viii. 970B); mentre, da parte sua, l'imperatore, nel caso del Patriarca Antimo, rafforzò il bando della Chiesa con la proscrizione temporale (Novellae, xlii). Diversi vescovi dovettero subire l'ira del tiranno. D'altra parte è vero che non negò alcuna opportunità per assicurare i diritti della Chiesa e del clero, e per proteggere ed ampliare il monachesimo.

In realtà, se il carattere despotico delle sue misure non fosse stato così discutibile, si potrebbe essere tentati di chiamarlo un padre della Chiesa. Sia il Codex che le Novellae contengono molti decreti riguardanti donazioni, fondazioni, e l'amministrazione della proprietà ecclesiastica; elezioni e diritti di vescovi, sacerdoti ed abati; vita monastica, obblighi residenziali del clero, condotta del servizio divino, giurisdizione episcopale, ecc. Giustiniano inoltre ricostruì la Chiesa di Hagia Sophia, il cui sito originale era stato distrutto durante la rivolta Nika. La nuova Hagia Sophia, con le sue numerose cappelle e sacrari, la cupola ottagonale dorata, e i mosaici, divenne il centro e il monumento più visibile dell'Ortodossia Orientale a Costantinopoli.


[modifica] Relazioni con Roma

Dalla metà del V secolo in poi, compiti sempre più ardui dovettero essere affrontati dagli imperatori d'oriente, nella provincia della gestione ecclesiastica. I radicali di tutte le parti sentivano la costante repulsione per il credo che era stato adottato dal concilio di Calcedonia, con lo scopo di mediare tra le parti dogmatiche. La lettera di Papa Leone I a Flaviano di Costantinopoli, ad oriente veniva ampiamente considerata come opera di Satana, quindi nessuno si curava di dare ascolto a ciò che proveniva dalla Chiesa di Roma. Gli imperatori, comunque, dovevano lottare con un duplice problema. In primo luogo avevano una politica di preservare l'unione tra Oriente ed Occidente, tra Bisanzio e Roma; e questo rimaneva possibile solo se non si discostavano dalla linea definita a Calcedonia. In secondo luogo, le fazioni ad oriente, che erano divenute inquiete e disaffezionate a causa di Calcedonia richiedevano di essere tenute sotto controllo e pacificate. Questo problema si dimostrò il più difficile, poiché i gruppi dissidenti ad Oriente, eccedevano il partito che appoggiava Calcedonia, sia in termini di numeri, che di abilità intellettuale; e così il corso degli eventi dimostrò l'incompatibilità dei due obbiettivi: chiunque sceglieva Roma e l'Occidente doveva rinunciare all'Oriente e viceversa.

Giustiniano I, raffigurato su una moneta dell'epoca
Giustiniano I, raffigurato su una moneta dell'epoca

Giustiniano entrò nell'arena dello statismo ecclesiastico poco dopo l'ascesa dello zio, nel 518, e pose fine allo scisma monofisita, che durava, tra Roma e Bisanzio, sin dal 483. Il riconoscimento della sede romana come della più alta autorità ecclesiastica (cf. Novellae, cxxxi.), rimase la chiave di volta della sua politica occidentale, nonostante suonasse offensiva a molti ad oriente -- cionondimeno, egli si sentì completamente libero di prendere posizioni despotiche nei confronti di Papi quali Silvero e Vigilio. Le sue politiche nei confronti di Roma, benché a volte discrepanti, recavano il segno della grandezza. Mentre nessun compromesso poteva essere accettato dall'ala dogmatica della Chiesa, i suoi sforzi sinceri di riconciliazione gli fecero ottenere l'approvazione della maggior parte della Chiesa. Una prova di ciò fu il suo atteggiamento nella controversia teopaschita. All'inizio era dell'opinione che la questione rivolgeva attorno a parole di poca importanza. Per gradi comunque, Giustiniano venne a comprendere che la formula in questione non solo appariva ortodossa, ma poteva anche servire come misura conciliatoria nei confronti dei monofisiti, e fece un vano tentativo per usarla nella conferenza religiosa con i seguaci di Severo di Antiochia, nel 533.

Ancora, Giustiniano rivide la stessa con approvazione nell'editto religioso del 15 marzo 533 (Cod., L, i. 6), e si congratulò con sé stesso poiché Papa Giovanni II aveva ammesso l'ortodossia della confessione imperiale (Cod., I., i. 8). Il grave errore che Giustiniano fece all'inizio, incitando, dopo l'ascesa di Giustino, una grave persecuzione dei vescovi e del monaci monofisiti, inasprendo così la popolazione di vaste regioni e province, venne infine rimediato. Il suo obbiettivo costante rimaneva quello di vincere i monofisiti, senza dover arrendere la fede calcedoniana. Per molti a corte, non si spinse abbastanza in la: Teodora in particolare avrebbe gioito nel vedere i monofisiti favoriti senza riserve. Giustiniano, comunque, si sentì limitato in tale politica dalle complicazioni che questa avrebbe provocato con l'occidente. Né tanto meno, poteva sfuggire a questi problemi; ad esempio, la Controversia dei tre capitoli. Nella condanna dei tre capitoli Giustiniano cercò di soddisfare sia l'Oriente che l'Occidente, ma finì col non soddisfare nessuno. Anche se il Papa acconsentì alla condanna, l'Occidente credeva che l'imperatore avesse agito in maniera contraria ai decreti di Calcedonia; e anche se molti delegati ad Oriente risultarono asserviti a Giustiniano, molti altri, specialmente i monofisiti, rimasero insoddisfatti. Così l'imperatore sprecò i suoi sforzi per un compito impossibile; il più amaro per lui poiché durante i suoi ultimi anni ebbe grande interesse per le questioni teologiche.

[modifica] Scritti religiosi

Non ci sono dubbi che Giustiniano mise mano personalmente a manifesti teologici che portò avanti come imperatore; anche se, in ragione della posizione dell'autore, diventa difficile discernere se i documenti attualmente attribuiti al suo nome provenivano anche dalla sua penna. Ad eccezione delle lettere ai Papi Ormisda, Giovanni II, Agapito I, e Vigilio, e a varie altre composizioni (raccolte in MPL, lxiii., lxvi. e lxix.), i seguenti documenti sono degni di nota (trovabili tutti in MPG, lxxxvi. 1, pp. 945-1152):

  • L'editto sulle eterodossie di Origene, del 543 o 544;
  • richiami ai vescovi riuniti a Costantinopoli in occasione del concilio del 553, con riferimento alla loro seduta di giudizio degli errori circolanti tra i seguaci monastici di Origene a Gerusalemme;
  • un editto sulla controversia dei tre statuti, probabilmente emesso nel 551;
  • un discorso al concilio del 553,riguardante la teologia antiochena;
  • un documento, probabilmente antedatato al 550, indirizzato ad alcuni difensori innominati dei tre capitoli;
  • uno scritto di scomunica contro Antimo, Severo e compagni;
  • un appello ai monaci egiziani, con una confutazione degli errori monofisiti;
  • un frammento di un documento, inviato al Patriarca Zoilo di Alessandria.

La teologia sostenuta in questi scritti concordava, in generale, con quella di Leonzio II di Bisanzio; in quanto mirava alla soluzione finale del problema, interpretando il simbolo calcedoniano in termini della teologia di Cirillo di Alessandria. Due punti si devono notare a riguardo. Primo, il modo furbo in cui l'imperatore, o i suoi rappresentanti, riuscirono a difendere la reputazione e la teologia di Cirillo; secondo, l'antagonismo con Origene: un chiaro segno della caratteristica mancanza di inclinazione di quell'epoca per il pensiero indipendente; almeno tra personaggi di peso ed infuenza.

Si deve anche menzionare l'Aftartodocetismo, una dottrina professata dall'imperatore verso la fine della sua vita. Evagrio riporta (Hist. eccl., iv. 39) (e altre fonti confermano) che Giustiniano promulgò un editto nel quale dichiarava il corpo di Cristo incorruttibile e non suscettibile di sofferenza naturale, e comandò ai suoi vescovi di accettare tale dottrina. La caduta del Patriarca Eutizio si collega a questa fase finale della politica imperiale. Le fonti lamentano un declino dalla giusta fede nell'ultima condotta di Giustiniano. Il pensiero che è alla base dell'aftartodocetismo, comunque, non si oppone necessariamente all'ortodossia (si veda Giuliano di Alicarnasso); poiché non nega l'accettazione dell'identità essenziale della natura di Cristo con quella umana. Quindi non è necessario considerare le ultime opinioni teologiche di Giustiniano come quelle di un uomo anziano, ne screditarle come funzionali alla sua attività.

[modifica] Giudizi su Giustiniano

Allargamento dei territori dell'impero tra l'ascesa al trono di Giustiniano (in rosso, nel 527) e la sua morte (in arancione, 565). La maggior parte delle sue conquiste (incluse il Nord Africa e l'Italia) furono realizzate dal suo miglior generale, Belisario.
Allargamento dei territori dell'impero tra l'ascesa al trono di Giustiniano (in rosso, nel 527) e la sua morte (in arancione, 565). La maggior parte delle sue conquiste (incluse il Nord Africa e l'Italia) furono realizzate dal suo miglior generale, Belisario.

Procopio ci fornisce la fonte primaria per la storia del regno di Giustiniano, anche se le cronache di Giovanni da Efeso (che sopravvive come base per molte cronache successive) contribuiscono molti preziosi dettagli. Entrambi gli storici divennero molto aspri nei confronti di Giustiniano e Teodora. A fianco della sua opera principale, Procopio scrisse anche una Storia Segreta, che relaziona dei molti scandali alla corte di Giustiniano.

Giustiniano è considerato da Bury responsabile per la lunghezza della Guerra Gotica, che devastò l'Italia e lasciò questa importante e appena riconquistata provincia in una condizione di declino. Lo storico accusò Giustiniano, che non si fidava di Belisario dopo che questi aveva catturato con l'inganno Ravenna e rifiutato la pace firmata dall'imperatore stesso, di aver colpevolmente richiamato il suo miglior generale nel 540, impedendogli di conquistare rapidamente tutta l'Italia; inoltre incolpò l'imperatore di non aver nominato un successore di Belisario, ma di aver affidato la campagna a dei generali che agirono in maniera scoordinata, devastando la provincia con saccheggi e permettendo agli ostrogoti di contestare l'Italia per altri dodici anni.[26]

Giustiniano è considerato santo dalla Chiesa Ortodossa, ed è commemorato il 14 novembre.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Note

  1. ^ Libanio, Orazioni, 18.164.
  2. ^ Ammiano Marcellino, Storie, xxii.12.1.
  3. ^ Ammiano Marcellino, Storie, xxiv.4.27.
  4. ^ Robin Lane Fox, "The Itinerary of Alexander: Constantius to Julian", The Classical Quarterly, New Series, 47 (1997), pp. 239–252.
  5. ^ Gerhard Wirth, "Julians Perserkrieg. Kriterien einer Katastrophe", Julian Apostata, ed. von Richard Klein, Darmstadt 1978, pp. 455 e segg.
  6. ^ Die Literatur bzgl. Julians Perserkrieg ist recht umfassend; in jeder Biographie des Kaisers wird darauf eingegangen. Im Folgenden wurde vor allem Glen Warren Bowersock, Julian the Apostate, London 1978, S. 106ff.; Rosen, Julian, S. 333ff. und Wirth, Julians Perserkrieg, gefolgt. Vgl. daneben auch J. den Boeft/J.W. Drijvers/D. den Hengst/H.C. Teitler, Philological and Historical Commentaries on Ammianus Marcellinus, Groningen 1995ff. [für die Darstellung ab Buch 22], sowie François Paschoud, Zosime. Histoire Nouvelle (Les Belles Lettres/Bude), Bd. 1ff., Paris 1971ff.; Paschouds Kommentar zu Zosimos bietet auch wertvolle Informationen bzgl. Julians Kampagne.
  7. ^ Imperator Caesar Flavius Iustinianus Alemannicus Gothicus Franciscus Germanicus Anticus Alanicus Vandalicus Africanus Pius Felix RENOWNED CONQUEROR AND TRIUMPHER, Augustus Perperuus.
  8. ^ Il suo nome completo è noto grazie al dittico realizzato in occasione del suo consolato del 521. Le altre fonti riportano solo "Iustinianus".
  9. ^ Giustiniano ricostruirà il proprio villaggio natale con il nome di Iustininana Prima (moderna Caricin Grad) in occasione dell'ottavo anniversario della sua ascesa al trono.(Procopio, De aedificiis, IV.xv-xxviii).
  10. ^ Con tutta probabilità, Giustiniano discendeva da Illirici romanizzati. L'ipotesi che fosse di origine slava, sostenuta da Edward Gibbon (The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, capitolo XL), è oggi rigettata dagli studiosi (si vedano Capizzi, Carmelo, Giustiniano I tra politica e religione, Messina, Rubettino, pp. 25-26, ISBN 8872842247, ed Evans). Il nome del padre di Giustiniano è riportato da Procopio (Storia segreta, XII.xviii); il nome di sua madre non è attestato, ma normalmente si ritiene che fosse lo stesso di sua sorella, Vigilanzia.
  11. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Evans.
  12. ^ a b c Martindale.
  13. ^ a b Procopio, Storia segreta, VI.xxvi-xxviii.
  14. ^ Vitaliano era stato esiliato da Anastasio I per la sua posizione anti-monofisita, ma era stato richiamato da Giustino I.
  15. ^ Giustiniano e Teodora desideravano un figlio che non veniva. Anni dopo Teodora pensò di chiedere a San Saba di intercedere per la sua gravidanza con le preghiere, ma il santo rifiutò, perché Teodora era monofisita.
  16. ^ In origine Teodora fu sostenitrice dei Verdi, in quanto suo padre era un ammaestratore di orsi per i Verdi; alla morte del genitore, la famiglia di Teodora perse il supporto dei Verdi, e dovette rivolgersi agli Azzurri, che li accolsero e li protessero (Procopio, Storia segreta IX.i-xxviii). L'ipotesi che le fazioni fossero divise anche sul piano religioso, con gli Azzurri monofisiti e i Verdi ortodossi, non ha credito tra gli studiosi moderni. (Evans).
  17. ^ Procopio, Storia segreta, VII.i-xlii.
  18. ^ Procopio afferma che Giustiniano voleva abbandonare la capitale via mare con il tesoro imperiale e che Teodora gli consigliò di provare a recuperare il proprio potere con la forza quale che fosse il risultato del colpo di mano, in quanto pensava che la corona fosse "un ottimo sudario" (Procopio, Bellum Persicum, I.xxiv). Questa riunione, nelle modalità riportate da Procopio, non è considerata verosimile dagli storici moderni (Evans).
  19. ^ Procopio riporta trentamila morti; Giovanni Malala (Chronographia, XVIII.71) ne registra trentacinquemila, in accordo con il Chronicon Paschale; Giovanni Lido (De magistratibus, III.70) afferma che nell'Ippodromo furono uccisi 50.000 rivoltosi.
  20. ^ La decisiva vittoria di Giovanni fu celebrata da Corippo nella sua opera Ioanneide (Giovanneide). Per merito di questo suo lavoro, Corippus fu chiamato a Costantinopoli, dove, anni dopo, scrisse il panegirico per la morte di Giustiniano e l'ascesa al trono di Giustino II.
  21. ^ Anche se fallimentare dal punto di vista politico, l'ambasciata di Agapito segnò un grosso colpo contro il Monofisismo, con la deposizione del Patriarca monofisita di Costantinopoli, Antimo I. Giustiniano stesso dovette firmare una confessione di fede per liberarsi dal sospetto di sostenere il Monofisismo, in quanto sua moglie Teodora aveva sostenuto Antimo. (Catholic Encyclopedia, "Pope St. Agapetus I", 1917, acceduta il 2006-09-26).
  22. ^ Bury, XVIII.4, pp. 176-180.
  23. ^ Bury, XVIII.7, pp. 199-201.
  24. ^ E' possibile che il trionfo fu celebrato da Giustiniano l'anno seguente (541), quando l'imperatore entrò trionfalmente nella capitale dalla porta Carisia, come riportato da Costantino Porfirogenito (De Cerimoniis).
  25. ^ Bury, XVIII.10, pp. 210-216.
  26. ^ a b Bury, XIX.1, pp. 226-228.
  27. ^ Bury, XIX.2, pp. 229-236.
  28. ^ F. Nau, in Revue de l'orient chretien, ii., 1897, 482.
  29. ^ Procopio, Bellum Gothicum, ii. 14; Evagrio Scolastico, iv. 20.
  30. ^ Procopio, iv. 4; Evagrio Scolastico, iv. 23.
  31. ^ Procopio, ii. 3; Evagrio Scolastico, iv. 22.
  32. ^ Procopio, Bellum Persicum, i. 15.
  33. ^ Procopio, De Aedificiis, vi. 2.
  34. ^ Procopio, Bellum Persicum, i. 19.
  35. ^ Giovanni di Efeso, Historia ecclesiastica, iv. 5 sqq.
  36. ^ Cod., I., v. 12.
  37. ^ Procopio, Storia segreta, 28.
  38. ^ Nov., cxlvi., dell'8 febbraio 553.
  39. ^ Procopio, De Aedificiis, vi. 2.
  40. ^ Cod., I., v. 12.
  41. ^ F. Nau, in Revue de l'orient, ii., 1897, p. 481.
  42. ^ Cod., I., i. 5.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Fonti primarie

  • Procopio, Storia delle guerre di Giustiniano. Comprende il Bellum Vandalicum, il Bellum Persicum, e il Bellum Gothicum.
  • Procopio, Storia segreta

[modifica] Fonti secondarie

  • John Bagnall Bury. History of the Later Roman Empire . Dover Books, 1958. URL consultato il 2006-09-26.
  • Bonini, Roberto (1977). Introduzione allo studio dell'età giustinianea, Quarta ristampa. Pàtron Editore - Bologna.
  • Cameron, Averil et al., eds. (2002). The Cambridge Ancient History, Vol. 14, Seconda Edizione. Cambridge.
  • James Allan Evans. Justinian (527-565 A.D) in De Imperatoribus Romanis. 1998-07-25. URL consultato il 2006-09-09.
  • Luchetti, Giovanni (2004). Contributi di Diritto Giustinianeo. Giuffrè Editore.
  • J.R. Martindale. The Prosopography of the Later Roman Empire. Cambridge University Press, 1980. pp. 645-646 ISBN 0521201594
  • Rubin, Berthold (1960). Das Zeitalter Iustinians. Berlin. —Parzialmente obsoleto, ma ancora utile.

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[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Imperatore bizantino Successore:
Giustino I Giustino II I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con Giustiniano I
(527-565)
con
Giustino I {{{data}}} Giustino II
Precedessore
Flavius Rusticius,
Flavio Vitaliano
Consul of the Roman Empire Successore
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Precedessore
Vettius Agorius Basilius Mavortius (alone)
{{{titolo}}} Successore
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Precedessore
Iterum post consulatum Lampadii et Orestis
{{{titolo}}} Successore
{{{dopo}}}
Precedessore
Imp. Caesar Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus Augustus III,
III post consulatum Lampadii et Orestis (Ovest)
{{{titolo}}} Successore
{{{dopo}}}


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