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Beniamino Andreatta - Wikipedia

Beniamino Andreatta

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Stemma della Camera dei deputati Parlamento Italiano
Camera dei deputati
On. Beniamino Andreatta

Luogo nascita Trento
Data nascita 11 agosto 1928
Luogo morte Bologna
Data morte 26 marzo 2007
Titolo di studio Laurea in giurisprudenza
Professione Docente universitario
Partito
Legislatura IX, XII, XIII Legislatura
Gruppo Democrazia Cristiana (IX), Popolari Democratici - L'Ulivo (XIII)
Coalizione
Circoscrizione XI Emilia-Romagna (XIII)
Regione {{{regione}}}
Collegio Bologna (IX), 01 - Rimini - Sant'Arcangelo di Romagna (XIII)
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Elezione {{{elezione}}}
Senatore a vita
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Incarichi parlamentari
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Senato della Repubblica
Sen.
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Legislatura VII, VIII
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Incarichi parlamentari
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Beniamino Andreatta detto Nino (Trento11 agosto 1928 – Bologna26 marzo 2007) è stato un economista e politico italiano.

Indice

[modifica] Gli studi e gli inizi della carriera

Al liceo classico Prati di Trento è stato compagno di scuola di Giorgio Grigolli, poi presidente della Provincia autonoma di Trento[1].

Dopo essersi laureato in giurisprudenza all'Università di Padova nel 1950, ricevendo il premio come "miglior laureato dell'anno", ha successivamente compiuto studi di economia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, come visiting, presso quella di Cambridge.

Nel 1961, dopo il matrimonio con la moglie Giana, andò in India per conto del MIT, come consulente presso la Plannig Commission del governo di Jawaharlal Nehru.

L'anno successivo divenne professore ordinario. Nel corso della sua attività accademica ha insegnato all'Università Cattolica di Milano come assistente volontario, e nelle università di Urbino, Trento (nel 1968, durante la contestazione studentesca) e Bologna. Proprio a Bologna fonda l'Istituto di Scienze Economiche e la Facoltà di Scienze Politiche. Ebbe tra i suoi allievi e collaboratori molti brillanti economisti, fra cui Romano Prodi che dal 1963 divenne suo assistente.

Ebbe un lungo sodalizio con Bruno Kessler, presidente della Provincia di Trento dal 1960 al 1974, sul tema dell'autonomia[2].

Nel 1972 fu tra i fondatori, con Paolo Sylos Labini, dell'Università della Calabria a Rende (prov. di Cosenza), un campus di impostazione anglosassone per stimolare la crescita del Mezzogiorno. Nel 1974 Andreatta fondò a Bologna "Prometeia", un'associazione di studi in campo economico, seguita nel 1976 dalla AREL di Roma, un gruppo trasversale di intellettuali, politici ed imprenditori dedita al dibattito sui temi economici.

[modifica] L'ingresso in politica e l'esperienza DC

Grazie ai risultati conseguiti in ambito accademico ed economico, negli anni Sessanta divenne consigliere economico di Aldo Moro, entrando in contatto con il gruppo di economisti e giuristi, tra cui Giuliano Amato, Francesco Forte, Siro Lombardini, Giorgio Ruffolo, Franco Momigliano e Alessandro Pizzorno, che all'epoca gravitavano attorno ad Antonio Giolitti. Fu vicino a Moro in particolare nel periodo in cui lo statista fu presidente del consiglio dei ministri (1963-68).

La vicinanza con Moro favorì la sua ascesa politica all'interno della Democrazia Cristiana, e dal 1976 al 1992 fu ininterrottamente parlamentare della DC.

Ricoprì numerosi incarichi ministeriali di rilievo: nel 1979 fu ministro del Bilancio e Programmazione Economica nel primo governo di Francesco Cossiga e senza portafoglio "con incarichi speciali" nel secondo governo Cossiga (agosto 1979 - ottobre 1980).

Fu ministro del Tesoro dall'ottobre 1980 al dicembre 1982 nel governo di Arnaldo Forlani e nel governi di Giovanni Spadolini I e II. Nel luglio del 1982 provocò la cosiddetta "lite delle comari" con il ministro delle Finanze socialista Rino Formica che fece cadere il governo Spadolini I, primo governo retto da un non democristiano della storia della Repubblica. Non partecipò ai successivi governi di Bettino Craxi e di Giulio Andreotti, soprattutto perché scettico nei confronti dell'indirizzo economico da questi adottato.

La sua permanenza al Tesoro coincise con alcuni degli anni più critici della storia dell'Italia contemporanea. Andreatta sancì la separazione della Banca d'Italia dal Ministero del Tesoro, e quando nel 1981 emerse lo scandalo della P2, fu inflessibile nel rimuovere i funzionari e i dirigenti che comparivano nella lista sequestrata a Licio Gelli. Con il manifestarsi dello scandalo dello IOR di Roberto Calvi e Paul Marcinkus, Andreatta impose lo scioglimento dell'istituto e la sua liquidazione, ignorando le pressioni politiche e mediatiche che ne volevano il salvataggio con fondi pubblici. Andreatta stesso tenne uno storico discorso in Parlamento riferendo pubblicamente delle responsabilità della banca vaticana e dei suoi dirigenti.

Negli anni Ottanta fu anche Presidente della commissione Bilancio del Senato.

Fu Europarlamentare e vice presidente del Partito Popolare Europeo dal 1984 al 1987, grazie al supporto dell'alleato Helmut Kohl e della sua Unione Cristiano-Democratica.

[modifica] La Seconda Repubblica e il Partito Popolare Italiano

Tornò al governo nel 1992, sull'onda dello scandalo di Tangentopoli che aveva allontanato molti volti noti, come ministro del Bilancio con l'interim della Cassa per il Mezzogiorno nel primo governo di Giuliano Amato, in sostituzione di Franco Reviglio dimissionario perché nominato ministro delle Finanze. In seguito fu ministro degli Esteri nel governo di Carlo Azeglio Ciampi dall'aprile 1993 al marzo 1994, ed in questo ruolo avanzò una proposta di riforma dell'ONU.

Con la Seconda Repubblica Andreatta divenne capogruppo alla Camera dei Deputati per il Partito Popolare, ponendosi a capo dell'ala ex-democristiana schierata con i Progressisti contro il governo Berlusconi I e il suo Polo delle Libertà; fu eletto deputato nel 1994 e nel 1996, e fu uno dei principali ispiratori e sostenitori della nascita de l'Ulivo.

Nel 1994 Rocco Buttiglione venne eletto segretario del partito nonostante la ferma opposizione di Andreatta e di altri esponenti di spicco del partito. L'anno successivo, in seguito all'improvvisa svolta a destra di Buttiglione, che cercò di portare il partito nell'ala d'influenza del centro-destra, Andreatta fu tra i promotori della crisi di partito che portò alla sfiducia del segretario e alla sua sostituzione con Gerardo Bianco.

[modifica] Andreatta ideatore dell'Ulivo, Ministro della Difesa

Andreatta fu lungo tutta la sua carriera il promotore di un sistema economico misto e tra gli allievi principali della sua scuola di pensiero il più importante fu Romano Prodi, da lui proposto come guida per la coalizione di centro sinistra dopo la caduta del primo governo Berlusconi nel 1995.

Prodi che lo volle come ministro della Difesa nel suo primo governo (maggio 1996 - ottobre 1998), un ruolo dove Andreatta si distinse per la forza delle sue proposte: in breve tempo operò la riforma degli Stati Maggiori, ottenne dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il ruolo di guida per l'Italia durante la Missione Alba (una operazione di peacekeeping e di aiuto umanitario all'Albania interamente gestita da forze europee), propose l'idea di costruire e organizzare una vera forza di difesa internazionale europea; stabilì l'abolizione della leva obbligatoria, introdusse il servizio civile.

Dopo la caduta del governo Prodi, nel 1998, fonda "Carta 14 giugno", un'associazione ulivista che si proponeva di allargare le basi democratiche del consenso e favorire la riduzione del potere dei partiti, un'idea, questa, che Andreatta coltivava fin dagli anni della Democrazia Cristiana e delle Partecipazioni Statali. Viene fortemente osteggiato dal PPI durante la campagna elettorale per le europee del 1999, quando auspica l'incontro tra Popolari e Democratici, di fatto l'embrione della Margherita.

[modifica] L'infarto e il coma

Il 15 dicembre del 1999, nel corso di una seduta parlamentare per il voto della legge Finanziaria, ebbe un grave malore e finì in coma profondo in seguito ad un infarto e alle conseguenze di un'ischemia cerebrale. Venne trasferito d'urgenza all'Ospedale San Giacomo di Roma, dopo aver ricevuto i primi soccorsi in aula da parte del medico della Camera e dei deputati Pino Petrella e Pierluigi Petrini, rispettivamente medico ed anestesista. Nonostante i pronti soccorsi, prima di essere rianimato Andreatta rimase in stato di sofferenza cerebrale da ipossia per venti minuti, riportandone danni permanenti. I bollettini medici dichiararono da subito che il ministro si trovava in "condizione critica", e venne dichiarato il coma profondo.

Il 1 gennaio 2000 venne trasferito a bordo di un mezzo di trasporto militare dal San Giacomo all'ospedale Sant'Orsola di Bologna.

Andreatta rimase fino alla morte in uno stato vegetativo, spegnendosi dopo più di sette anni di stato comatoso il 26 marzo 2007 nel reparto di rianimazione del Policlinico Sant'Orsola di Bologna[3] [4] [5].

Il figlio Filippo Andreatta, docente presso l'Università di Bologna, scrive su diversi quotidiani italiani (tra cui il Corriere della Sera e Europa) ed è esponente del Partito Democratico, un'idea perseguita anche dal padre negli ultimi anni di attività.

[modifica] Note

  1. ^ Dellai: «È stato un padre del nostro Trentino» - Trentino del 27 marzo 2007, pag. 11
  2. ^ Quel sodalizio con Kessler nel nome dell'autonomia - Trentino del 27 marzo 2007, pag. 10
  3. ^ Beniamino Andreatta: si è spento oggi a Bologna. Governo Italiano, 26 marzo 2007. URL consultato il 21-12-2007.
  4. ^ È morto Beniamino Andreatta dopo oltre sette anni di coma. la Repubblica, 26 marzo 2007. URL consultato il 21-12-2007.
  5. ^ Scompare Nino Andreatta. Nuova Cosenza Quotidiano Digitale, 26 marzo 2007. URL consultato il 21-12-2007.

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Ministro del Tesoro della Repubblica Italiana Successore:
Filippo Maria Pandolfi 1980 - 1982 Giovanni Goria I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Filippo Maria Pandolfi {{{data}}} Giovanni Goria
Predecessore: Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana Successore:
Emilio Colombo 1993 - 1994 Antonio Martino I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Emilio Colombo {{{data}}} Antonio Martino
Predecessore: Ministro della Difesa della Repubblica Italiana Successore:
Domenico Corcione 1996 - 1998 Carlo Scognamiglio Pasini I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Domenico Corcione {{{data}}} Carlo Scognamiglio Pasini


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