Storia di Forlì
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La località dove Forlì sorge (o i suoi dintorni) fu abitata sin dal Paleolitico, come dimostrano i copiosi ritrovamenti di Monte Poggiolo, località situata a poco più di dieci chilometri da Forlì e nella quale sono stati ritrovati, sia migliaia di reperti datati a circa 800.000 anni fa, sia reperti più antichi che si spingono anche oltre il milione di anni fa, quando il luogo dove sorge la città attuale non era ancora emerso dalle acque.
Più avanti nel tempo si hanno ritrovamenti di resti di villaggi sulle (e attorno) le conoidi di deiezione dei fiumi Ronco, Montone e Rabbi.
La città è poi sorta su un antico insediamento commerciale, chiamato dagli Etruschi "Ficline", sito sulla linea di confine che separava il territorio controllato dai Lingoni da quello dei Senoni.
Città di origine romana (Forum Livii) fu probabilmente fondata nel 188 a.C., secondo la tradizione, da Caio Livio Salinatore, figlio del console Marco Livio Salinatore che, nel 207 a.C., sconfisse l'esercito cartaginese guidato da Asdrubale nella battaglia del Metauro.
Della città romana rimangono pochi resti, specialmente sotterranei (ponti, strade lastricate, fondazioni). Il forum doveva essere all'altezza dell'attuale piazza Melozzo, mentre è probabile l'esistenza di un castrum nella zona dei Romiti, sulla via per Firenze. Il castrum chiamato Livia e il forum detto Livii rifondarono l'etrusca Ficline dando luogo a Forlì.
Un importante pagus risalente agli anni in cui era Imperatore Costanzo II è stato rinvenuto nei pressi della località Pieveacquedotto, dove vi scorreva l'acquedotto di Traiano.
Indice |
[modifica] Antichità e Medioevo
"Lo stemma di Forlì" |
Il complesso stemma allude a diversi momenti della sua storia: la città ebbe dai Romani lo scudo vermiglio, su cui poi fu posta, in ricordo della partecipazione dei Forlivesi alla Prima Crociata, una croce bianca; un secondo scudo, bianco, attraversato dalla scritta LIBERTAS, testimonia dei periodi in cui la città si erse a repubblica (la prima volta nell'889, l'ultima nel 1405): i colori della città, pertanto, sono il bianco ed il rosso; l'aquila sveva in campo d'oro fu invece concessa da Federico II, per l'aiuto datogli nella presa di Faenza (1241), essendosi Forlì schierata dalla parte dei ghibellini. |
Caduto l'Impero Romano d'Occidente, dopo il breve dominio di Odoacre, fece parte del regno degli Ostrogoti, poi dell'impero di Bisanzio. Rimase bizantina ai tempi dell'invasione longobarda, nel VI secolo, poi fece parte delle donazioni di Pipino il Breve alla Chiesa.
Fu protagonista delle vicende del territorio romagnolo durante il Medioevo: l'Imperatore Federico II elargì alla città, nell'occasione dell'aiuto ricevuto nel 1241 contro Faenza, un'ampia autonomia comunale, compreso il diritto di battere moneta.
All'assedio di Ravenna e di Faenza, era già presente uno degli Ordelaffi, la famiglia che ottenne per circa due secoli la signoria di Forlì, Teobaldo, al fianco di Federico II: riconoscente per l'aiuto, l'Imperatore gli concesse il permesso di battere moneta, di avere per stemma l'aquila d'oro e di nominare magistrati senza chiedergli di volta in volta la relativa autorizzazione.
Nel 1275, dopo un tentativo, fallito, della guelfa Bologna di attaccare la ghibellina Forlì, i ghibellini, sotto il comando di Guido da Montefeltro, di Maghinardo Pagani e di Teodorico Ordelaffi, si diressero verso Bologna: i guelfi furono sconfitti presso il fiume Senio, al ponte di San Procolo. Il carroccio dei bolognesi venne portato in trionfo a Forlì.
Il passaggio dal libero comune alla signoria fu piuttosto tormentato: emersero, fra gli altri, i tentativi di Simone Mastaguerra, Maghinardo Pagani e Uguccione della Faggiuola, ma il successo nel dominio cittadino arrise alla dinastia della famiglia Ordelaffi, che resse, sia pure con qualche interruzione, la città dalla fine del XIII fino all'inizio del XVI. Al contrario di altre grandi famiglie forlivesi, come i Calboli - tradizionalmente guelfi - e gli Orgogliosi - dapprima ghibellini poi passati ai guelfi -, gli Ordelaffi coltivarono quasi costantemente simpatie ghibelline, causando vari dispiaceri al governo pontificio: è stato notato che la città si comportò verso i Papi come Milano verso gli Imperatori. I Papi reagirono a volte con la carota, ad esempio offrendo agli Ordelaffi il titolo di vicario apostolico, ed a volte col bastone, non sempre con successo. Nel 1282, ad esempio, quando ormai Forlì era rimasta forse l'ultima roccaforte ghibellina in Italia, si svolse la celebre battaglia di Forlì: un agguerrito esercito francese, inviatole contro dal Papa Martino IV, fu sconfitto, anche grazie all'abilità strategica di Guido da Montefeltro: l'episodio stesso è ricordato da Dante Alighieri: "la terra che fe' già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio" (Inferno XXVI, 43-44). Uno dei tentativi dei guelfi bianchi di tornare in Firenze, ai tempi di Dante, fu capitanato da Scarpetta degli Ordelaffi, signore di Forlì, presso cui l'Alighieri si era rifugiato. Quando l'Albornoz tentò (XIV secolo) di restaurare il potere pontificio sullo Stato della Chiesa, per domare Forlì venne proclamata una apposita crociata contro i Forlivesi.
Dal punto di vista tecnico, si può segnalare il fatto che Forlì, nel XIV secolo, fu una delle prime città a dotarsi di orologio meccanico, posto nella torre civica.
La Forlì medioevale vide anche la presenza di una fiorente comunità di Ebrei: si ha notizia dell'esistenza d'una scuola ebraica in città fin dal XIII secolo, mentre uno statuto civico forlivese del 1359 ci testimonia la stabilità della presenza degli Ebrei e dei loro banchi. Insomma, Forlì fu un importante centro di affari e di vita culturale ebraica.
Da segnalare, a tal proposito, è l'importante congresso dei delegati delle comunità ebraiche di Padova, di Ferrara, di Bologna, delle città della Romagna e della Toscana, nonché di Roma, che fu convocato a Forlì il 18 maggio 1418: vi si presero decisioni sul comportamento (etico e sociale) che gli Ebrei avrebbero dovuto tenere e si inviò una delegazione al Papa Martino V per la conferma degli antichi privilegi e la concessione di nuovi.
[modifica] Storici e cronisti forlivesi fino al Rinascimento
- Flavio Biondo, storico ed umanista del secolo XIV-XV
- Girolamo Fiocchi, conosciuto anche come fra Girolamo da Forlì, domenicano e cronista del XIV-XV secolo
- Giovanni Merlini, conosciuto anche come Giovanni di Mastro Pedrino, pittore e cronista del XV secolo
- Leone Cobelli, pittore e cronista del XV secolo
- Andrea Bernardi, cronista del XV-XVI secolo
- A questi autori si devono aggiungere: la raccolta detta Libro Biscia, contenenti documenti dal IX al XIV secolo relativi al Monastero di S. Mercuriale ed ai suoi rapporti con la città e gli abitanti; gli Annales forolivienses, la peternità dei quali non è ancora ben stabilita, che trattano un periodo dall'XI al XV secolo.
[modifica] Età moderna
Durante il Rinascimento, la città vantò molteplici intrecci con la storia nazionale italiana: sua signora fu Caterina Sforza, che, vedova di Girolamo Riario (nipote di Papa Sisto IV), sposò, nel 1497, Giovanni de' Medici (detto "il Popolano"), matrimonio dal quale nacque, l'anno successivo, Ludovico (poi Giovanni) detto Giovanni dalle Bande Nere, il famoso capitano di ventura, padre di quel Cosimo I de' Medici che sarà il primo Granduca di Toscana. Caterina, nonostante un'eroica resistenza nella rocca di Ravaldino, in Forlì, fu sconfitta da Cesare Borgia nel piano di espansione dei possedimenti papali in Romagna.
Tornata sotto il dominio papale, costituì il centro della Romagna pontificia, tanto che ancora oggi sono in molti ad usare "romagnolo" come sinonimo di "forlivese", anche se ciò non è corretto.
Pur tra varie vicissitudini, come il saccheggio operato dagli Austriaci nel 1708, la situazione rimase sostanzialmente immutata in pratica fino all'Unità d'Italia, eccetto che per un breve periodo di indipendenza politica dalla Chiesa attorno al 1797, quando divenne capoluogo del dipartimento del Rubicone nella nuova divisione amministrativa dettata al seguace Regno d'Italia dalle truppe di Napoleone, giunte a Forlì nel giugno del 1796, mentre Napoleone stesso vi fece un trionfale ingresso il 4 febbraio 1797, non casualmente giorno della Madonna del Fuoco.
Tra le leggi imposte dal nuovo codice civile napoleonico c'era la possibilità di divorzio e un cittadino di Forlì ne fece richiesta (prima causa di divorzio a oltre 150 anni dalla legge attuale).
Inoltre, i funzionari napoleonici si occuparono di indagare gli usi e costumi delle popolazioni sottomesse, producendo una notevole mole di dati sulle tradizioni popolari di questa parte di Romagna. Un forlivese riuscì a recuperare parte di quelle indagini (per la verità in gran parte provenienti da Sarsina, ma in uso anche a Forlì) e ne pubblicò un testo che è uno dei primi lavori sulle tradizioni romagnole, poi seguito dall'opera del Pergoli verso la fine dell'Ottocento, che si occupò della raccolta di canti anche a Forlì e a San Martino in strada (frazione di Forlì).
[modifica] Storici e cronisti forlivesi nell'età moderna
- Alessandro Padovani, medico, astrologo, storico e geografo del XVI-XVII secolo.
- Sigismondo Marchesi, cavaliere gerosolimitano e storico del XVII secolo.
[modifica] Età contemporanea
Nella seconda metà del XIX secolo Forlì diventa il "zitadòn" (cittadone) della Romagna: un centro grande rispetto alle altre realtà urbane limitrofe, la cui prosperità deriva dall'agricoltura - molto diffuso il tipico contratto di mezzadria - e dal commercio del sale tramite la via diretta verso Cervia e le sue saline, nonché dal suo posizionamento sulla strategica via Emilia, a metà strada fra Bologna e Rimini. Sorgono, in questo secolo, anche industrie che avranno in seguito grande prestigio: è il caso della "Becchi", per la produzione di stufe in cotto, fondata ufficialmente nel [1858], anche se la produzione è già iniziata nel [1850].
Non mancarono personalità di spicco durante il Risorgimento: Aurelio Saffi, repubblicano mazziniano; Piero Maroncelli, amico di Silvio Pellico e imprigionato come lui per il suo ideale di un'Italia unita e libera da dominazioni straniere o religiose; i garibaldini Achille Cantoni, di cui Garibaldi fece il protagonista del proprio romanzo storico Cantoni, il volontario, Antonio Fratti e Tito Pasqui.
La città piange i suoi martiri della Grande Guerra, ma è con l'ascesa del Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale che Forlì torna a far parlare di sé. A 15 km dalla città, a Predappio, nasce Benito Mussolini: quando egli diviene prima presidente del consiglio, poi duce, inevitabilmente Forlì gode di una certa fama di ritorno, cominciando a essere presentata nella propaganda ufficiale come "la città del Duce". Questo ha, purtroppo, comportato conseguenze negative negli anni del dopoguerra, quando si poté assistere, a mo' di contrappasso, a quella che uno storico ha definita un'implicita conventio ad tacendum: tutte le volte che non fosse proprio inevitabile citarla, Forlì non doveva essere nemmeno menzionata. Solamente con gli inizi del nuovo secolo, il XXI, il presupposto per cui parlare di Forlì sarebbe sintomo di nostalgie fasciste sta cominciando a cadere.
Durante il regime, comunque, Forlì si sviluppa oltre il suo ambito territoriale ed economico tradizionale: le porte e le mura antiche sono buttate giù per lasciar spazio ai nuovi viali delle circonvallazioni e permettere la costruzione di nuovi quartieri all'esterno del pur ampio centro storico; gli architetti del regime si sbizzarrirono nel progettare nuovi edifici e agglomerati corrispondenti al gusto del momento (nuova stazione ferroviaria, nuovo palazzo delle Poste e degli uffici statali nella centrale piazza Saffi, viale Benito Mussolini - ora viale della Libertà); crescono le industrie locali (Forlanini, Mangelli); nel 1936 viene inaugurato l'aeroporto "L.Ridolfi". La popolazione tuttavia è in maggioranza di simpatie repubblicane, socialiste o comuniste: negli anni della guerra anche molti Forlivesi partecipano a bande partigiane: sull'appennino era stabilita l'8a brigata Garibaldi; famosa la banda di Silvio Corbari e Iris Versari: catturati e fucilati insieme ai fratelli Spazzoli, i loro corpi rimasero esposti, come monito, appesi ai lampioni di piazza Saffi. La città pagò il suo conto di vite umane alla guerra, sopportando inoltre la perdita di inestimabili tesori artistici, come la chiesa di San Biagio o il teatro comunale; anche la Torre civica fu bombardata, per poi venire ricostruita in seguito. Il campanile della Basilica di San Mercuriale venne invece risparmiato, nonostante le mine già predisposte alla base, dai tedeschi in ritirata, alcuni pensano su precisa richiesta del Duce stesso, ma certamente anche per la vigorosa opera del parroco dell'epoca, che tutti i Forlivesi ricordano affettuosamente come don Pippo.
Tra i momenti tragici della guerra, va anche ricordato l'eccidio di Forlì, nel quale, presso l'aeroporto cittadino, furono uccise 42 persone, nel Settembre del 1944.
Forlì venne liberata relativamente presto, rispetto alle altre zone del Nord Italia: il 9 novembre 1944 dopo una accanita battaglia per il valore simbolico che Forlì aveva in quanto "città del Duce", tanto che Hitler aveva ordinato di non cederla facilmente, le truppe alleate britanniche ed indiane entravano in città, provenienti da Cesena, con l'appoggio delle brigate partigiane. Ancora oggi è presente e visitabile, quasi di fronte al Cimitero Monumentale, il ben curato Cimitero degli Indiani, a ricordo di quanti di loro persero la vita in questa occasione.
Primo sindaco della Forlì liberata fu Franco Agosto, cui oggi è dedicato il Parco Urbano, polmone verde urbano sull'ansa che il fiume Montone forma nei pressi di Porta Ravaldino. Per il coraggio dimostrato dalla popolazione, il Comune è stato decorato con la Medaglia d'Argento al Valore Militare.
Nel dopoguerra la città si è stabilizzata nelle sue attività tradizionali legate al settore agricolo e artigianale, sviluppando una dinamica realtà di piccole imprese artigianali o cooperative. Le sfide attuali che affronta la comunità sono due: l'immigrazione dall'estero, fenomeno del tutto sconosciuto, come in molte parti d'Italia, fino a non molti anni fa, e la creazione del Polo di Forlì, parte dell'Università di Bologna, che ospita varie facoltà (scienze politiche, economia, ingegneria, scuola per interpreti e traduttori), in continua espansione.
[modifica] Bibliografia
- Fabio Lombardi, Storia di Forlì. Cesena, Il ponte vecchio, 1996.