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Caterina Sforza - Wikipedia

Caterina Sforza

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Ducato di Milano
Casato degli Sforza

Caterina Sforza (Milano1463[1] – Firenze28 maggio 1509) è stata una nobildonna italiana, figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, e di Lucrezia Landriani, moglie del gentiluomo di corte Gian Piero Landriani. Fu signora, insieme al marito Girolamo Riario, di Forlì e di Imola negli ultimi decenni del XV secolo.

Gli scrittori rinascimentali dicono che Caterina abbia superato per fama ogni altra donna del suo tempo. A lei è dedicata una ballata del XVI secolo, attribuita a Marsilio Compagnon, che così comincia:

Lorenzo di Credi: La dama dei gelsomini, conosciuto anche come Ritratto di Caterina Sforza - Pinacoteca Civica di Forlì
Lorenzo di Credi: La dama dei gelsomini, conosciuto anche come Ritratto di Caterina Sforza - Pinacoteca Civica di Forlì
Ascolta questa sconsolata
Catherina da Forlivo
Ch'io ho gran guerra nel confino
Senza aiuto abbandonata
Io non veggo alcun signore
Che a cavallo monti armato
E poi mostri il suo vigore
Per difendere il mio stato
Tutto il mondo è spaventato
Quando senton criar Franza
E d'Italia la possanza
Par che sia profundata
'Scolta questa sconsolata
Catherina da Forlivo...

Indice

[modifica] Famiglia d'origine

La famiglia Sforza non aveva antiche tradizioni di nobiltà. Il capostipite Muzio Attendolo era un contadino romagnolo nativo di Cotignola che all'età di tredici anni decise di diventare un soldato. Abile ed astuto comandante ben presto raggiunse il successo al servizio di Firenze, dei Duchi Estensi e del re di Napoli.
Anche suo figlio Francesco Sforza fece carriera come condottiero e fu considerato il più grande del suo tempo. Grazie alla sua abilità politica riuscì ad avere in sposa Bianca Maria, l'ultima erede della famiglia Visconti, la quale sostenne sempre il marito sia in battaglia che nelle azioni politiche e fu proprio il suo appoggio che permise a Francesco di diventare Duca di Milano nel 1450 quando, estintasi la dinastia Visconti e anche il successivo tentativo di governo della Repubblica Ambrosiana, si era aperta la possibilità di restaurare il potere ducale.
Francesco, ora diventato signore di Milano, con al suo fianco Bianca Maria, molto amata dai milanesi, si dedicò ad abbellire la città e ad aumentare il benessere economico dei suoi abitanti.
Galeazzo Maria, suo figlio primogenito ed erede, volle seguire l'esempio del padre e del nonno, anch'egli quindi intraprese la carriera militare, non eguagliando però la gloria dei suoi avi in quanto era considerato troppo impulsivo e prepotente[2]. Tra una battaglia e l'altra si dedicava alle battute di caccia, ai viaggi e alle feste con gli amici senza preoccuparsi della responsabilità di governare. Nemmeno la nascita dei figli lo spinse a cambiare le sue regole di vita.

[modifica] Infanzia alla corte di Milano

Caterina, molto probabilmente, visse i primi tre anni della sua vita con la famiglia della madre naturale. Il suo rapporto affettivo con Lucrezia Landriani non venne mai a mancare[3], la madre infatti le fu sempre accanto nei momenti cruciali, fino agli ultimi anni della sua vita che visse nella città di Firenze.
Solo dopo essere diventato Duca di Milano nel 1466 alla morte del padre Francesco, Galeazzo Maria Sforza volle avere a corte i suoi quattro figli Carlo, Chiara, Caterina e Alessandro, tutti avuti da Lucrezia, i quali vennero affidati alle cure dell'energica[4] nonna Bianca Maria Visconti e, in seguito, tutti adottati da Bona di Savoia, sposata dal Duca nel 1468.

Alla corte sforzesca, frequentata da letterati ed artisti, Caterina e i suoi fratelli ricevettero secondo le usanze dell'epoca un'istruzione di tipo umanistico. A quel tempo le femmine delle famiglie nobili ricevevano la stessa educazione dei maschi.
Oltre al latino e alle letture imposti dai maestri Caterina imparò, in particolare dalla nonna paterna, ad essere fiera del passato guerresco dei suoi antenati e a non mostrare mai di avere paura, appassionandosi anche all'uso delle armi e all'arte di governare.
Della madre adottiva ricorderà per sempre[5] il calore materno e il grande affetto che Bona di Savoia riversò, con slancio generoso, sui figli del marito.
La famiglia ducale non risiedeva sempre a Milano ma a volte si trasferiva nel castello di Pavia, famoso per la sua biblioteca, e spesso soggiornava a Galliate o a Cusago dove Galeazzo Maria si dedicava alle battute di caccia e dove molto probabilmente la figlia imparò a cacciare, passione che la accompagnerà per tutta la vita.

[modifica] Matrimonio

Melozzo da Forlì: Papa Sisto IV nomina Bartolomeo Platina Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, ca. 1477, affresco, Musei Vaticani (Girolamo è il secondo a sinistra)
Melozzo da Forlì: Papa Sisto IV nomina Bartolomeo Platina Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, ca. 1477, affresco, Musei Vaticani
(Girolamo è il secondo a sinistra)

Nel 1473 fu organizzato il matrimonio di Caterina con Girolamo Riario, nipote di Papa Sisto IV. Sostituì la cugina Costanza Fogliani, all'epoca undicenne, la quale venne rifiutata dallo sposo perché la madre della fanciulla pretendeva che la consumazione del matrimonio avvenisse solo al compimento dell'età legale della figlia, che allora era di quattordici anni[6][7].

A Girolamo Sisto IV aveva procurato la signoria di Imola, città già sforzesca, e nella quale Caterina entrò trionfalmente nel 1477. Dopo di che raggiunse il marito a Roma, dove egli viveva già da diversi anni al sevizio del Papa suo zio.

[modifica] Alla corte di Roma

Giunta a Roma nel maggio del 1477 Caterina trovò una città piena di fervore culturale e di smania di rinnovamento.
Roma alla fine del 'quattrocento non era più una città medioevale ma non era ancora diventata l'imponente centro di riferimento artistico che di lì a pochi decenni, l'avrebbe trasformata nella più importante città del periodo rinascimentale.
La politica era un insieme di intrighi, il potere era perseguito senza scrupoli, gli interessi materiali superavano di gran lunga quelli spirituali.
Caterina, tenuta dal marito lontana dalla politica, inserì rapidamente, con il suo carattere socievole ed estroverso[8], nella vita dell'aristocrazia romana fatta di balli, sontuosi pranzi, battute di caccia e riunioni sociali alle quali partecipavano artisti, filosofi e poeti sia stranieri che italiani.
Ella, come è dimostrato dalla corrispondenza di quel periodo, si sentì subito molto importante nel suo nuovo ruolo: adulata e ammirata come donna fra le più belle ed eleganti, accolta ovunque con molto riguardo e lodata affettuosamente dall'intera cerchia sociale, primo fra tutti il Papa[9], ben presto si trasformò da semplice fanciulla adolescente in una ricercata e potente intermediaria fra la corte di Roma e le altre corti italiane, in primo luogo quella di Milano[10].

Girolamo intanto, una volta entrato a far parte dei piani di suo zio, Sisto IV, nella sua politica di espansione a scapito soprattutto della città di Firenze, aumentava di giorno in giorno il suo potere e anche la sua crudeltà nei confronti dei nemici[11]. Nel 1480 il Papa, nella realizzazione del suo progetto di costruzione di un forte dominio in terra di Romagna, per accerchiare i fiorentini, assegnò al nipote anche la signoria, rimasta vacante, di Forlì, a scapito della famiglia Ordelaffi. Il nuovo Signore cercò di guadagnarsi il favore popolare con una politica di costruzione di opere pubbliche ed abolendo parecchie tasse.

La vita dei coniugi Riario cambiò improvvisamente con la morte di Sisto IV, che avvenne il 12 agosto 1484.

[modifica] La presa di Castel Sant'Angelo

Castel Sant'Angelo dipinto da Caspar van Wittel nel 1690
Castel Sant'Angelo dipinto da Caspar van Wittel nel 1690

Alla notizia della morte del Papa Roma fu percorsa da un'ondata di disordini: tutti quelli che avevano subito dei torti dal governo papale si buttarono, per vendetta, al saccheggio. La residenza dei Riario, palazzo Orsini di Campo de' Fiori, fu assalita, spogliata di ogni suo contenuto e quasi distrutta.
In questo momento di anarchia Caterina prese in mano la situazione con consapevolezza e determinazione: attraversò a cavallo la città per occupare, a nome del marito che ne era il governatore, la rocca di Castel Sant'Angelo. Da questa posizione e con i soldati che le obbedivano, Caterina poteva tenere sotto controllo il Vaticano e dettare delle condizioni per il nuovo conclave. Invano tentarono di persuaderla a liberare la fortezza, poiché la giovane nobildonna era ben decisa[12] di consegnarla solo al nuovo papa.
Intanto in città i disordini aumentavano e, oltre alla popolazione, si dettero al saccheggio anche le milizie giunte al seguito dei cardinali. Questi ultimi non vollero assistere alle esequie di Sisto IV e si rifiutarono anche di entrare in conclave, per timore di trovarsi sotto il fuoco delle artiglierie di Caterina. La situazione era difficile, perché soltanto l'elezione del nuovo papa avrebbe posto fine alla violenza che imperversava in città.

Girolamo nel frattempo si era posto con il suo esercito in una posizione strategica ma, al contrario[13] di Caterina, non ebbe il coraggio di mettere in atto un'azione di forza.
I Sacro Collegio gli chiese di lasciare Roma, offrendogli in cambio la somma di ottomila ducati, il risarcimento dei danni subiti dalle sue proprietà, la conferma della signoria su Imola e Forlì e la carica di Capitano Generale della Chiesa. Girolamo accettò subito.
Caterina invece con un atto di sfida[14] aumentò il contingente dei suoi soldati e si preparò alla resistenza con l'intento di indurre i cardinali a trattare con lei. Essi invece si recarono per una seconda volta da Girolamo, il quale sconfessò la moglie.
A questo punto, con il sollievo del Sacro Collegio che poteva finalmente riunirsi in conclave, Caterina si arrese e lasciò la fortezza con tutti i suoi fanti, tra l'ammirazione e il rispetto di tutti[15], e prese la via della Romagna con la sua famiglia.

[modifica] Forlì

Giunti a Forlì, dove l'ordine era stato mantenuto grazie all'intervento del Duca di Milano[16], i Riario vennero a conoscenza dell'elezione di un papa a loro avversario: Innocenzo VIII, al secolo Giovanni Battista Cybo, il quale confermò a Girolamo la signoria su Imola e Forlì e la nomina di Capitano Generale dell'esercito pontificio. Quest'ultima nomina però fu solo un incarico formale, il Papa infatti dispensò Girolamo dalla sua presenza a Roma, privandolo di ogni effettiva funzione e anche della retribuzione.
Nonostante il venir meno dei redditi che il servizio al Papa garantiva, Girolamo non volle per il momento venir meno alla promessa fatta a suo tempo al popolo di Forlì e non volle quindi ripristinare le tasse.

Questa situazione si protrasse fino alla fine del 1485, quando la spesa pubblica, costituita dai costi per il mantenimento dell'esercito e per l'erogazione degli stipendi ai funzionari, quelli per far fronte alle calamità naturali e alle epidemie, per gli emolumenti concessi agli ambasciatori e agli ordini religiosi, per le feste popolari e l'ospitalità dovuta alle persone importanti e al loro seguito, divennero insostenibili e Girolamo, fortemente spinto da un membro del Consiglio degli Anziani, Nicolò Pansecco, fu costretto a rivedere la sua politica tributaria ripristinando i dazi precedentemente soppressi.
Questa misura fu avvertita dalla popolazione come esosa e, ben presto, Girolamo si fece nemici tutti i ceti delle sue città, dai contadini agli artigiani, dai notabili ai patrizi.
All'inasprimento delle tasse, che colpivano soprattutto il ceto artigiano e i proprietari terrieri, bisognava aggiungere anche il malcontento che si propagò fra le famiglie che subirono la giustizia criminale dei Riario, i quali reprimevano con la forza tutte le piccole insurrezioni che avvenivano in città, e vi era anche chi sperava che il potere venisse assunto presto da altre potenze, come ad esempio Firenze. In questo clima di insoddisfazione generale maturò, tra i nobili forlivesi, l'idea di abbattere la signoria dei Riario.

Dopo oltre una mezza dozzina di cospirazioni fallite, infine Girolamo venne ucciso, nel 1488, da una congiura capeggiata dalla nobile famiglia forlivese degli Orsi[17] e: il palazzo del Signore fu saccheggiato, mentre Caterina Sforza ed i figli venivano fatti prigionieri. Poiché la Rocca di Ravaldino, cittadella centrale nel sistema difensivo della città, rifiutava di arrendersi, Caterina si offrì, subdolamente, di entrare a convincere il castellano. Gli Orsi le credettero, sulla base del fatto che avrebbero tenuti in ostaggio i figli. Una volta dentro però, Caterina rifiutò di ascoltarli e si preparò alla riconquista del potere, incurante delle minacce ai suoi figli: se li avessero uccisi, avrebbe ben saputo vendicarli, disse. Sull'episodio, nacque anche una leggenda le cui basi storiche non sono sicure: Caterina, stando sulle mura della Rocca, avrebbe risposto a chi minacciava di ucciderle i figli, se non si fosse arresa: "Fatelo, se volete" - e, sollevandosi le gonne e mostrando con la mano il pube - "Ho con me lo stampo per farne degli altri!"[18].

Di fronte a tanta spavalderia, gli Orsi non osarono toccare i giovani Riario.

Caterina poté così recuperare il governo sia di Forlì sia di Imola, anche grazie all'appoggio dello zio Ludovico il Moro, interessato a garantirsi, in tal modo, una certa influenza nella zona della Romagna, anche per contrastare la presenza di Venezia.

Nel 1497, Caterina fu in corrispondenza epistolare con Girolamo Savonarola, a cui chiese consiglio spirituale.

Occupatasi a lungo di erboristeria, medicina, cosmetica ed alchimia, Caterina ci ha lasciato un libro di ricette e di procedimenti (quasi 500): Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae.

Da Giovanni il Popolano del ramo collaterale della famiglia dei Medici di Firenze, ambasciatore della Repubblica fiorentina a Forlì, e suo terzo marito, ebbe il celebre condottiero Giovanni dalle Bande Nere, che Caterina affidò, per un certo tempo, al nobiluomo Luffo Numai.

[modifica] Discendenza

Dal matrimonio con Girolamo nacquero sei figli:

Dal matrimonio segreto contratto con Giacomo Feo nacque:

  • Bernardino Carlo Feo , nato forse nel 1490.

Dal matrimonio contratto con Giovanni de' Medici nacque:

[modifica] Note

  1. ^ Non sono giunti fino a noi documenti sulla sua nascita né sui primi tre anni della sua vita. (Natale Graziani, Gabriella Venturelli. Caterina Sforza, p. 10)
  2. ^ Galeazzo Maria aveva un carattere molto complesso: era allo stesso tempo generoso e cattivo, grande d'animo e meschino. Non aveva mai amato ne il padre ne la madre ne i fratelli. Il suo amore era tutto rivolto a coltivare il suo vizio principale: le donne. (Antonio Perria I terribili Sforza. Trionfo e fine di una grande dinastia, p.97)
  3. ^ Graziani, Venturelli, p.10
  4. ^ Graziani, Venturelli, p.10
  5. ^ Graziani, Venturelli, p.10
  6. ^ Graziani, Venturelli, p.21
  7. ^ Nel caso di Caterina, nonostante al momento avesse solo dieci anni, nessuno ebbe una pretesa simile. (Graziani, Venturelli, p.23)
  8. ^ Graziani, Venturelli, p.38
  9. ^ Graziani, Venturelli, p.38
  10. ^ Dopo l'assassinio di Galeazzo Maria Sforza, avvenuto nel 1476, Ludovico Maria Sforza, fratello di Galeazzo e detto il Moro, complottò per ottenere la reggenza del ducato di Milano da Bona di Savoia, madre del nuovo duca Gian Galeazzo, allora di sette anni. Il ducato era in quegli anni nelle mani di Cicco Simonetta, consigliere di fiducia di Bona. Ludovico e il fratello Sforza Maria cercarono di conquistarlo con le armi, ma Sforza Maria morì (forse avvelenato) a Varese Ligure, e Ludovico fu costretto all'esilio. L'anno dopo però si riconciliò con Bona e riuscì a far condannare a morte il Simonetta. Nel 1480 obbligò Bona a lasciare Milano per il castello di Abbiate (oggi Abbiategrasso) ed assunse la reggenza in nome del nipote.
  11. ^ Numerose sono le cronache giunte fino a noi dove si accusa Girolamo di avere congiurato contro la famiglia Medici e di avere fatto imprigionare e condannare a morte, senza nessuno scrupolo, membri della famiglia Colonna. (Graziani, Venturelli, p.44)
  12. ^ Graziani, Venturelli, p.71
  13. ^ Graziani, Venturelli, p.72
  14. ^ Graziani, Venturelli, p.72
  15. ^ Graziani, Venturelli, p.73
  16. ^ Ludovico il Moro.
  17. ^ Gli Orsi erano una famiglia nobile di Forlì sostenitrice e finanziatrice della famiglia Ordelaffi. Con l'avvento al potere dei Riario gli Orsi beneficiarono comunque della loro iniziale politica di magnanimità e il membro di maggiore spicco della famiglia, Ludovico, nel 1482 venne eletto senatore a Roma. (Graziani, Venturelli, p.95)
  18. ^ Graziani, Venturelli, p.108

[modifica] Bibliografia

  • Natale Graziani Gabriella Venturelli. Caterina Sforza . Cles, Arnoldo Mondadori Editore, 2001 . ISBN 88-04-49129-9
  • Antonio Perria. I terribili Sforza. Trionfo e fine di una grande dinastia . Milano, SugarCo Edizioni Srl, 1981 .

[modifica] Collegamenti esterni

  • Altre parti della ballata dedicata a Caterina Sforza sono reperibili in questa pagina web
  • Per approfondimenti sul Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae, si veda: [1]


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