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Stato Indipendente di Croazia - Wikipedia

Stato Indipendente di Croazia

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Stato Indipendente di Croazia
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Stato Indipendente di Croazia - Bandiera
Stato Indipendente di Croazia - Stemma
Motto: 

Descrizione generale
Nome completo:
Nome ufficiale: Nezavisna Država Hrvatska
Lingua ufficiale: Croato
Lingue:
Capitale: Zagabria
Dipendente da: Germania
Forma politica
Forma di stato: Monarchia costituzionale
Forma di governo: Dittatura
Re di Croazia: Tomislav II di Savoia-Aosta
Nascita: 1941 con Ante Pavelić
Fine: 1945 con Ante Pavelić
Territorio e popolazione
Bacino geografico: Penisola Balcanica
Territorio originale:
Province:
Massima estensione: 115.133 km² nel 1941
Popolazione: 6.300.000 nel 1941
Economia
Moneta: Kuna croata
Religione e Società
Religioni preminenti: Chiesa cattolica
Religioni minoritarie: Protestantesimo, Chiesa ortodossa, Islam

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Evoluzione storica
Preceduto da:
Succeduto da:
Regno di Jugoslavia Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia

Stato Indipendente di Croazia (in croato Nezavisna Država Hrvatska, NDH) era il nome dello stato che comprendeva la maggior parte della Croazia durante la Seconda Guerra Mondiale. Venne istituito il 10 aprile 1941 su parti del territorio che già furono parte del Regno di Jugoslavia dopo l'occupazione militare delle forze congiunte italo-tedesche. Era governato da un gruppo nazionalista di estrema destra chiamato Ustascia, ed era alleato delle Potenze dell'Asse. Cessò di esistere alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel maggio del 1945, quando le forze dell'Asse e croate vennero sconfitte e la Croazia divenne parte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

Indice

[modifica] Storia

In seguito all'intervento dell'Asse nel Regno di Jugoslavia, col cui re erano alleati, nel 1941, e la rapida sconfitta dell'esercito jugoslavo (Jugoslovenska vojska), l'intero paese fu militarmente occupato dalle forze dell'Asse. Il governo tedesco e italiano misero al governo il partito di estrema destra Ustascia, formando lo Stato Indipendente di Croazia.

L'istituzione dell'NDH fu proclamata il 10 aprile 1941 da Slavko Kvaternik, deputato leader degli Ustascia. Il capo dello stato era Ante Pavelić. Sulla carta, era un regno sotto Aimone di Savoia, quarto duca d'Aosta (che assunse il nome di Tomislav II) della casa di Savoia, ma il Re non aveva potere effettivo e non mise mai piede sul territorio dell'NDH.

Il nome del nuovo stato era un riferimento ovvio al desiderio di indipendenza croato, che era stato perseguito senza successo dal 1102. Vladko Maček, il capo del Partito Agricolo Croato, il più forte partito croato del momento, rifiutò l'offerta dei tedeschi di essere il leader del governo, ma chiese alla gente di obbedire e cooperare con il nuovo governo il giorno stesso della proclamazione di Kvaternik. Ante Pavelić arrivò il 20 aprile per diventare il poglavnik (l'equivalente croato di duce). L'atteggiamento della Chiesa cattolica in questo periodo fu molto controverso.

Secondo Vladko Maček, l'istituzione dello stato fu attuata con l'approvazione della classe borghese che non aveva più fiducia nel Regno di Jugoslavia, ma i contadini guardarono il nuovo stato con sospetto. La concessione di una banovina autonoma era troppo recente (1939) per eliminare l'attrito che aveva segnato gli ultimi venti anni sotto il regime militarista dei re serbi.

Lo stato includeva la maggior parte della Croazia odierna, ma parte della Dalmazia, l'Istria e la Venezia Giulia facevano parte all'Italia e Međimurje e la Baranja meridionale facevano parte dell'Ungheria. Inoltre includeva tutta la moderna Bosnia-Erzegovina. All'incirca includeva tutta l'area dell'ex Impero Austro-Ungarico in cui si parlasse croato o serbo per una superficie di circa 102.000 km²[1]

Secondo le stime tedesche, nel nuovo stato vivevano[2]:

  • 3,300.000 croati (cattolici)
  • 1.925.000 serbi
  • 700.000 musulmani bosniaci
  • 150.000 tedeschi
  • 75.000 ungheresi
  • 40.000 ebrei
  • 30.000 sloveni
  • 65.000 tra cechi e slovacchi
  • 15.000 altri (soprattutto ruteni e rom)
Il simbolo degli ustascia.
Il simbolo degli ustascia.
Coccarda dell'aviazione croata durante la seconda guerra mondiale.
Coccarda dell'aviazione croata durante la seconda guerra mondiale.

Gli Ustascia inizialmente non avevano un esercito capace o l'amministrazione necessaria a controllare tutto questo territorio: il movimento aveva meno di 12.000 membri quando cominciò la guerra e non tutti vennero schierati durante l'invasione. Così il territorio venne controllato dai tedeschi e dagli italiani:

  • la metà nord-orientale del territorio dell'NDH era sotto la cosiddetta zona d'influenza tedesca, con la presenza della Wehrmacht.
  • la metà sud-occidentale era controllata dall'Esercito italiano. Dopo la capitolazione dell'Italia nel 1943, l'NDH acquisì la Dalmazia settentrionale (Spalato e Sebenico)

Lo stato avrebbe in seguito istituito un proprio esercito, diviso i due gruppi:

  • gli Ustascia propriamente detti, che costituivano l'élite
  • i Domobrani, che erano il corpo regolare più grande

L'esercito era forte di circa 110.000 truppe alla fine del 1942 e di circa 130.000 nel 1943. D'altra parte, l'NDH non aveva una flotta navale, secondo i termini dell'Accordo di Roma con l'Italia, e la flotta aerea era limitata a circa trenta piccoli aerei commerciali.

Buona parte della popolazione dello Stato Indipendente di Croazia non era croata, soprattutto a causa dell'inclusione della Bosnia. Era presente una consistente parte di popolazione serba (circa il 19% della popolazione della Croazia del tempo, più del 30% della popolazione dell'NDH), bosgnacchi, tedeschi, ungheresi ed altri. I cattolici, (soprattutto croati, tedeschi ed ungheresi) costituivano più del 50% dei 6,3 milioni di persone.

Mappa dello Stato Indipendente di Croazia. L'area rossa indica l'NDH, il verde scuro indica le aree appartenenti all'Italia, il marrone chiaro le aree appartenenti all'Ungheria e le blu i territori annessi o occupati dalla Germania.
Mappa dello Stato Indipendente di Croazia. L'area rossa indica l'NDH, il verde scuro indica le aree appartenenti all'Italia, il marrone chiaro le aree appartenenti all'Ungheria e le blu i territori annessi o occupati dalla Germania.

Il regime subito promulgò una serie di leggi razziali che riflettevano l'accettazione dell'ideologia della Germania nazista, con enfasi sulle questioni nazionali croate. Il giudizio più illuminante riguardo questa serie di leggi antisemite è stato dato da Raul Hilberg nella sua opera in tre volumi "The Destruction of the European Jews" (La distruzione degli ebrei d'Europa). Secondo Hilberg la Croazia, come la Slovacchia, era un satellite della Germania e "una creazione tedesca fatta a tempo di record", che nelle loro politiche razziali rispettò e persino "migliorò" la definizione della Germania Nazista.

La prima "Ordinanza legale per la difesa del popolo e dello stato" datata 17 aprile 1941 prescriveva la pena di morte per l'"infrangimento dell'onore e degli interessi vitali del popolo croato e la sopravvivenza dello Stato Indipendente di Croazia". Fu presto seguito dall'"Ordinanza legale delle razze" e dall'"Ordinanza legale per la protezione del sangue ariano e l'onore del popolo croato" datato 30 aprile 1941, così come l'"Ordinanza per la creazione e la definizione del comitato razziale-politico" datata 4 giugno 1941.

Le normali prigioni non riuscivano a sostenere l'arrivo continuo dei nuovi prigionieri e il governo Ustascia cominciò a preparare le basi di quello che sarebbe diventato il campo di concentramento di Jasenovac dal luglio 1941. Il regime avrebbe poi allestito un totale di otto campi di concentramento.

Gli Ustascia cominciarono a condurre una deliberata campagna di massacri, deportazioni e conversioni religiose forzate nel tentativo di rimuovere gli indesiderati: serbi, ebrei, zingari, dissidenti croati ed altri. Le atrocità contro i non-croati cominciarono il 27 aprile 1941, quando una nuova unità dell'esercito Ustascia massacrò la comunità serba di Gudovac vicino a Bjelovar.

Le precedenti formazioni politiche e religiose, come il Partito Agricolo e la Chiesa cattolica vennero coinvolte. Chi si opponeva era arrestato.

L'HSS venne bandito l'11 luglio 1941 in un tentativo degli Ustascia di assumerne il ruolo di rappresentanza dei contadini croati. Vladko Maček venne mandato al campo di concentramento di Jasenovac, ma in seguito rilasciato, a causa della sua popolarità. A Maček venne di nuovo chiesto in seguito dagli stranieri di riformare un partito di opposizione al governo Pavelić, ma rifiutò.

La Chiesa cattolica negò in molti casi la partecipazione alle conversioni religiose forzate, anche se numerosi preti si unirono alle file Ustascia.

Il movimento antifascista emerse molto presto nel 1941 sotto il comando del partito comunista, guidato da Josip Broz Tito, come in altre parti della Jugoslavia. I partigiani croati (partizani) cominciarono quella che sarebbe stata riconosciuta come la Guerra di Liberazione Jugoslava il 22 giugno 1941, quando la loro prima unità armata venne formata a Brezovica vicina a Sisak. I partigiani ingaggiarono un combattimento per la prima volta il 27 giugno in Serbia a Lika.

Il primo appoggio massiccio da parte croata pervenne a Tito dai croati di Dalmazia, allora parte del Regno d'Italia. Mentre le forze tedesche si sforzavano di agire come onesto intermediario nella sanguinosa guerra serbo-croata, le forze italiane si astennero da ogni intermediazione e finirono involontariamente per fomentare il conflitto. Ufficialmente alleata di Pavelić e del suo Stato Croato, nella pratica l’Italia fascista armava ed appoggiava anche l'azione dei četnici allo scopo di contrastare l'azione dei croati piu ostili all'Italia. Su questa base i četnici potevano impunemente massacrare i croati nella zona d'occupazione italiana e viceversa facevano i croati. Gli arresti in massa dei croati anti-italiani, da parte della polizia mussoliniana, ed il loro trasferimento nei campi di concentramento e nelle prigioni italiane, facilitarono ulteriormente l'azione dei četnici. Pavelić e i tedeschi, condizionati dall'esistenza delle diverse zone d'occupazione, non potevano efficacemente difendere i croati della Dalmazia (e neanche fermare le rappresaglie croate contro i četnici in Dalmazia e specialmente nel Montenegro). In tale disperata situazione, a molti dei croati della Dalmazia non rimase altro che unirsi ai partigiani. Fu questo un secondo appoggio massiccio e prezioso per il movimento di Tito. Nell'inverno 1942-43, dopo le sconfitte tedesche in Africa e a Stalingrado, Tito ottenne un terzo notevole appoggio: la maggioranza dei musulmani bosniaci (i bosgnacchi) passò dagli ustascia ai partigiani. Vedendo che i tedeschi, e con loro gli ustascia, andavano incontro alla sconfitta, ai musulmani non rimaneva che tentare un accordo con i partigiani. Questi ultimi posero una sola condizione: abbandonare la nazionalità croata ed accettare la definizione di gruppo nazionalmente indeterminato. Con questa mossa il gruppo serbo-ortodosso diveniva democraticamente e legalmente maggioranza relativa nella Bosnia-Erzegovina. I musulmani acconsentirono, essendo per loro inaccettabile soltanto dichiararsi appartenenti alla nazionalità serba. (da "Crisi di Stato della Jugoslavia di Tito" di Ante Ciliga)

Un'altra fazione ribelle erano i četnik (plurale serbo: četnici), i realisti serbi. La prima unità armata četnik in Croazia venne formata il 28 giugno (il giorno del Vidovdan, una festa serba).

Con l'aumentare delle atrocità commesse dagli Ustascia, i partigiani gradualmente ricevevano aiuto da un numero sempre maggiore di persone della popolazione civile. Dapprima erano isolate unità di guerriglia formate nelle aree delle atrocità (ecco perché si riteneva che i partigiani fossero un movimento composto soprattutto da serbi).

Alla fine del 1942, le notizie delle atrocità Ustascia nel campo di concentramento di Jasenovac si erano diffuse tra la popolazione croata. Noti scrittori come Vladimir Nazor e Ivan Goran Kovačić fuggirono dai territori controllati dagli Ustascia per unirsi ai partigiani, e vennero seguiti da molti altri.

Il 13 luglio 1943 venne proclamata una Repubblica Democratica di Croazia, sotto la guida di Andrija Hebrang nelle aree occupate dalle forze partigiane croate. Nel 1943, i partigiani formarono i nuovi consigli politici ZAVNOH e ZAVNOBiH (il "consiglio di stato antifascista di liberazione popolare" di Croazia e Bosnia-Erzegovina) che avrebbero funzionato in seguito come governi ad interim.

I guerriglieri realisti četnik, che si erano uniti per proteggere i serbi dagli Ustascia, a loro volta commisero atrocità varie contro i croati. Più tardi nella guerra, sia gli Ustascia sia i četnici collaborarono con le Potenze dell'Asse e combatterono insieme contro i partigiani.

L'esercito Ustascia venne sconfitto all'inizio del 1945 ma continuarono a combattere fino a poco dopo la resa tedesca il 9 maggio 1945. Vennero presto sopraffatti e lo Stato Indipendente di Croazia cessò di esistere nel maggio 1945, non lontano dalla fine della guerra. L'avanzata delle forze partigiane di Tito, unite all'Armata Rossa sovietica, causò la ritirata di massa degli Ustascia.

Il complesso dei campi di concentramento di Jasenovac è stato il luogo dell'assassinio di centinaia di migliaia di persone (alcuni stimano che questo campo sia stato il terzo più grande della Seconda Guerra Mondiale. Il numero dei morti viene stimato in circa 400,000 persone, ma tutte le registrazioni scritte vennero distrutte per nascondere i crimini. Alla fine della guerra la popolazione serba dell'NDH era stata ridotta al 14% della popolazione, a causa delle uccisioni o delle conversioni (ma anche parzialmente a causa dell'emigrazione in Vojvodina nel 1946-47), mentre gli ebrei croati vennero praticamente annientati (solo uno su cinquanta sopravvisse alla guerra).

Nel maggio 1945, un grande gruppo composto di anticomunisti, ustascia e civili, si ritirò in fuga dalle forze partigiane, dirigendosi a ovest verso l'Italia e l'Austria. Ante Pavelić si staccò dal gruppo e si diresse prima in Austria ed Italia e poi definitivamente in Argentina. Il resto del gruppo negoziò il passaggio con le forze britanniche sul confine austro-sloveno. Dopo che fu rifiutato al gruppo di passare, (cf. Operazione Keelhaul), si ritiene che i partigiani abbiano ucciso più di 50.000 persone nel Massacro di Bleiburg, dal nome del villaggio di Bleiburg, vicino al confine, dove avvenne l'esecuzione di massa. Chi sopravvisse si incamminò in una "marcia della morte" verso la Jugoslavia.

La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia cominciò la sua esistenza poco più tardi nello stesso anno.

[modifica] Il pope četnico Momčilo Đujić

Sebbene un certo numero di pope ortodossi siano stati uccisi dai četnici perché si erano opposti ai loro metodi genocidi, almeno tre quarti della Chiesa serbo-ortodossa sostenne i četnici durante tutta la guerra.

Un eminente esponente di questa Chiesa fu padre Momčilo Đujić. Nato a Knin in Croazia nel 1907, sin dall’aprile del 1941 si autoproclamò vojvoda četnico. La sua zona di operazioni era la Dalmazia settentrionale e la Bosnia occidentale. Negoziò subito un patto di non aggressione con gli occupatori italiani che permisero al suo esercito di circa tremila četnici di assassinare e mutilare civili croati della Krajna e della Bosnia. Gli italiani lo usarono in funzione anti-partigiana, malgrado lo sprezzante giudizio espresso in un rapporto dal comando italiano dell’aprile 1943: non son altro che bande di razziatori. Dopo la resa dell’Italia nel settembre 1943, mentre alcuni četnici fuggirono sui monti raggiungendo i partigiani, il pope con diverse migliaia di seguaci si mise invece al servizio dei tedeschi.

Mihajlović stesso diede l’ordine segreto a Đujić di unirsi ai nazisti, ma la trasmissione via radio di quest’ordine venne intercettata dall’Intelligence britannica. A differenza degli italiani che lo avevano fortemente sostenuto, i tedeschi furono guardinghi e usarono Đujić solo a guardia della ferrovia Knin - Spalato.

Sentendosi indebolito, Đujić prese contatti col movimento Zbor di Ljotić. Verso la fine del 1944, di fronte alle vittorie partigiane e la demoralizzazione delle sue truppe, Đujić fece appello ai tedeschi per potersi rifugiare assieme ai suoi uomini nella Slovenia controllata dai nazisti. L'appello venne respinto dalle autorità tedesche di Zagabria ed allora Ljotić si recò a Vienna ed ottenne il consenso di Hermann Neubacher. La fuga di Đujić con 6.000 četnici venne assistita dai nazisti e dagli ustascia.

Il 25 novembre 1944 le forze partigiane iniziarono l’attacco a Knin difesa da 14.000 tedeschi, 1.500 ustaša e 4500 četnici. Dopo sei giorni di combattimenti Đujić venne ferito ed il 1°dicembre inviò il seguente messaggio al generale Gustav Fehn della 264° divisione di Knin:

"Il comando cetnico ha collaborato con tutte le sue forze armate sinceramente e lealmente coll’Armata Tedesca in quest’area dal settembre dello scorso anno. Lo richiedevano i nostri comuni interessi. Questa collaborazione è continuata sino ad oggi. Il Comando Četnico desidera condividere il destino dell’Armata Tedesca anche nel futuro, purtroppo... Il Comando richiede che il villaggio di Pagene divenga la base di rifornimento delle nostre unità sinché si addiverrà ad un nuovo accordo."

Il 3 dicembre i četnici ricevettero vettovaglie e munizioni dai tedeschi e lanciarono insieme una controffensiva contro i partigiani, ma dovettero ripiegare a Bihać, protetti dalla 373° divisione tedesca. Il generale Fehn organizzò il trasporto dei feriti cetnici attraverso Zagabria verso la Germania. Đujić richiese una garanzia scritta ad Ante Pavelić affinché il resto dei suoi cetnici potessero ritirarsi in Slovenia. Inoltre Ljotić e Nedić fecero appello a Vienna a Hermann Neubacher per assicurare la cooperazione di Pavelić, e in Slovenia la collaborazione del generale Lev Rupnik per il salvacondotto per le truppe di Đujić. Il 21 dicembre 1944, Pavelić emise un ordine alle forze armate croate di libero passaggio per i četnici di Đujić.

Però la strada concessa da Pavelić per la ritirata era sotto controllo partigiano e Đujić prese una strada alternativa attraversando l’Istria, terrorizzando e massacrando la locale popolazione croata al suo passaggio. Una volta in Slovenia i četnici di Đujić si unirono ai četnici di Jevgedić, ai volontari di Ljotić, ai corpi d'assalto di Nedić formando una singola unità al comando di Odilo Globočnik dell'Höhere SS und Polizeiführer im Adriatisches Künsterland (Capo supremo delle SS e della Polizia del Litorale Adriatico), uno dei più feroci genocidi della Seconda guerra mondiale, reduce dall’Operazione Rheinhardt in Polonia dove aveva sperimentato i metodi più efficienti per lo sterminio di oltre due milioni di ebrei.

  • Nel 1947 Đujić è stato processato in Jugoslavia in contumacia come criminale di guerra e riconosciuto colpevole di migliaia di assassinii di civili croati e di partigiani. La richiesta di estradizione fatta nell'1988 dalla ex Jugoslavia agli Stati Uniti non ha mai avuto seguito.

Dall'avvento di Milošević, che nel 1989 ha legalizzato i četnici, Đujić divenne addirittura la guida spirituale del ricostituito Partito Radicale Serbo rifondato da Vojslav Šešelj. Quando, in una conferenza stampa, gli dissero che era accusato di aver ucciso 6.000 persone, Đujić rispose che l’unica colpa che ammetteva era di aver ucciso troppo pochi comunisti.

La Croazia di Tuđman, anche per equilibrare l'imbarazzante processo a Sakić, capo del campo di sterminio ustascia di Jasenovac, aveva richiesto nuovamente al governo statunitense l'estradizione per processarlo, ma Đujić è morto nel settembre 1999, poco dopo che il governo americano aveva finalmente accettato di estradarlo.

[modifica] Fonti

  • Đujić si vantò di essere il comandante più obbediente a Mihajlović. Đujić è citato da Milo Gligorijević in Srbija na zapadu (La Serbia in occidente), Belgrado: Politika (1991), pag. 138.
  • Milazzo Matteo, The Chetnik movement and the Yugoslav resistance, Baltimora, John Hopkins University Press (1975), pag. 163-165, 178-179
  • Tomasević Jozo, War and revolution in Yugoslavia 1941-1945: The Chetniks, Stanford, California, Stanford University Press (1975), pag. 329 nota 17; Stefanović Mladen, Zbor Dimitrija Ljotića 1934-1945, Belgrado: Narodna Knjiga (1984), pag. 307.
  • Kostić Boško Za istoriju naših dana: odlomci iz zapisa za vreme okupacije, Lille (Francia)(1949), pag. 187, 190
  • Giulio Vignoli, Il Sovrano sconosciuto. Tomislavo II Re di Croazia, Mursia, Milano, 2006.

[modifica] Capi militari dell'esercito ustascia

  • Jure Francetić
  • Maks Luburić
  • Rafael Boban
  • Dinko Šakić
  • Božidar Kavran
  • Ivan Ico Kirin
  • Ivica Matković
  • Ljubo Miloš
  • Ante (Vitez) Moskov
  • Juraj Juco Rukavina
  • Tomislav (Vitez) Sertić
  • Vjekoslav Servetzy
  • Slavko (Vitez) Stanzer
  • Vjekoslav (Vitez) Vrančić
  • Antun Vrban

[modifica] Leader politici dell'NDH

  • Ante Pavelić
  • Slavko Kvaternik
  • Mirko Puk
  • Andrija Artuković
  • Ivan Petrić
  • Lovro Šušič
  • Mile Budak
  • Ivica Frković
  • Jozo Dumandžič
  • Milovan Zanič
  • Osman Kulenović
  • Džafer Kulenović


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