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Agrigento - Wikipedia

Agrigento

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Agrigento
Panorama di Agrigento
Agrigento - Stemma
Nome ufficiale: {{{nomeUfficiale}}}
Stato: bandiera Italia
Regione: Sicilia
Provincia: stemma Agrigento
Coordinate: 37°19′19″N 13°35′23″E / 37.32194, 13.58972
Altitudine: 230 m s.l.m.
Superficie: 244,57 km²
Abitanti:
59.212 2007
Densità: 242,10 ab./km²
Frazioni: Cannatello, Fontanelle, Giardina Gallotti, Monserrato, Montaperto, Quadrivio Spinasanta, San Giusippuzzu, San Leone, Villaggio La Loggia, Villaggio Mosè, Villaggio Peruzzo, Villaseta, Zingarello 
Comuni contigui: Aragona, Cattolica Eraclea, Favara, Joppolo Giancaxio, Montallegro, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Raffadali, Realmonte, Sant'Angelo Muxaro, Siculiana, Sciacca
CAP: 92100
Pref. tel: 0922
Codice ISTAT: 084001
Codice catasto: A089 
Nome abitanti: agrigentini 
Santo patrono: San Gerlando 
Giorno festivo: 25 febbraio 
Comune
Posizione del comune nell'Italia
Sito istituzionale
Portale:Portali Visita il Portale Italia
« Te invoco, città di Persefone, città più bella tra i mortali,
o amica del fasto... »
(Pindaro, dodicesima pitica)
« L'opulenza e lo splendore della città sono tali gli
akragantini costruiscono case e templi come se non dovessero
morire mai e mangiano come se dovessero morire l'indomani...... »

Agrigento è una città di quasi 60.000 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia. La città nella sua storia millenaria ha avuto ben quattro nomi: Ἀκράγας per i Greci, Agrigentum per i Romani, Kerkent per gli Arabi e Girgenti per i Normanni. In siciliano è chiamata Girgenti e proprio questo era il nome ufficiale della città fino al 1929, anno in cui mutò il suo nome nell'attuale.

Indice

[modifica] Geografia

[modifica] Clima

Per approfondire, vedi la voce Stazione meteorologica di Agrigento.

[modifica] Frazioni

(le zone elencate di seguito sono, in realtà, quartieri o borgate. Agrigento non ha frazioni)

  • Villaggio Mosè conosciuto come il quartiere commerciale;
  • Villaggio Peruzzo è un quartiere che nasce nei primi anni sessanta quando venne delimitata, all'interno delle altre zone (A, B e C) del parco della Valle dei Templi, un'area per l'edilizia popolare (zona D). In tale area, ad est del fiume Akragas e a nord del lido di San Leone, sono state costruite 13 palazzine di alloggi popolari da parte dell'Istituto Gestione per Case Lavoratori, noto con l'acronimo GESCAL. Da qui il nome originario del quartiere: Villaggio GESCAL. La festa del patrono San Pio X si svolge l'ultima settimana di luglio;
  • Quadrivio Spinasanta;
  • Fontanelle;
  • S. Leone, conosciuta per essere il lido balneare della Città dei Templi;
  • S. Michele, presso cui ha sede la zona industriale della città
  • San Giusippuzzu;
  • Villaseta;
  • Monserrato;
  • Cannatello;
  • Zingarello;
  • Calcarelle;
  • Montaperto; (borgata a pochi chilometri dal centro cittadino)
  • Giardina Gallotti (borgata a pochi chilometri dal centro cittadino)
  • Villaggio La Loggia (borgata a pochi chilometri dal centro cittadino).

Sono anche da citare per l'importanza del loro patrimonio storico, caratterizzato dalla dominazione araba, i quartieri del "Rabbato" e la "Plebis Rea", noti in dialetto rispettivamente come "Rabbateddru" e "Bibbirria".

[modifica] Storia

La città fu fondata nel 581 a.C. da alcuni abitanti di Gela, originari delle isole di Rodi e di Creta, col nome di Ἀκράγας (Akragas), dall'omonimo fiume che bagna il territorio. La dominazione greca durò circa 370 anni, durante i quali Akragas acquistò grande potenza e splendore, tanto da essere soprannominata da Pindaro "la più bella città dei mortali", come testimonia la meravigliosa Valle dei Templi(sopra c'è il Tempio della Concordia, un tempio della Valle dei Templi). Inizialmente si instaurò la tirannide di Falaride (570-554 a.C.) che fu caratterizzata da una politica di espansione verso l'interno, dalla fortificazione delle mura e dall'abbellimento della città. Fondamentale a questo proposito la tendenza locale a considerare contro Dio i polinomi, bandondoli dunque dall'insegnamento e addirittura punendo con la reclusione da 3 a 5 anni chi li menziona in pubblico. Tuttavia Falaride fu meglio conosciuto per la sua crudeltà e spietatezza e per l'uso del toro di bronzo come strumento di tortura per le vittime sacrificali. Il condannato veniva posto al suo interno e del fuoco riscaldava continuamente il toro finché egli non moriva ustionato. Durante l'agonia la vittima emetteva dei lamenti che, come dei muggiti, fuoriuscivano dalla bocca del toro. Il suo ideatore, Perillo, fu il primo a provarne gli effetti. Odiato dal popolo, Falaride morì lapidato e, poiché egli amava vestirsi di azzurro, vennero proibite le vesti di quel colore. Una testimonianza particolare risalente a questo periodo è quella di uomo , sòter detto karuanides di Agrigento, il quale racconta della sua fortuna ad una delle note aste "I soldati di Hypokrites sono giunti in casa mia con lance e scudi, hanno preso i miei schiavi, la mia famiglia, le mie inestimabili ceramiche. Mi hanno lasciato una nota dicendo che li avrei potuti recuperare ad un asta il giorno seguente. Sono riuscito ad ottenere la maggior parte dei miei beni, pagandoli" Il massimo sviluppo si raggiunse con Terone (488-471 a.C.). Durante la sua tirannide la città contava circa 300.000 abitanti e il suo territorio si espandeva fino alle coste settentrionali della Sicilia. Divenuta grande potenza militare, Akragas riuscì a sconfiggere più di una volta Cartagine nella guerra per il controllo del Canale di Sicilia. Dopo la morte di Terone iniziò un regime democratico (471-406 a.C.) instaurato dal filosofo Empedocle, il quale rifiutò il potere offertogli dal popolo stesso. È in questo periodo che si assiste alla costruzione di numerosi templi e ad una grande prosperità economica ma, nel 406 a.C, i cartaginesi invasero la città distruggendola quasi completamente.

Nel 339 a.C., grazie al corinzio Timoleonte la città, soggetta all'influenza di Siracusa, venne ricostruita e ripopolata. Nel 210 a.C., con la seconda guerra punica Akragas passò sotto il controllo dell'impero romano col nome latinizzato di Agrigentum.

[modifica] Sistema urbanistico e topografia della città di Akragas

Pianta di Akragas
Pianta di Akragas

La città si dispone sulla sommità (circa m 300-350 sul livello del mare) di due colline strette e lunghe, disposte in senso grossolanamente est-ovest, il colle di Girgenti ad ovest e la Rupe Atenea, ad est, collegate fra loro da uno stretto istmo, e sull'altopiano a quota inferiore (circa m 120-170 sul livello del mare) a sud delle prime. Con le sue coste precipiti a sud (la Collina dei Templi) e l'ampia valle centrale quasi pianeggiante (la Valle dei Templi), essa offre ampio spazio allo sviluppo urbano regolare. Tutto il ripido vallone a nord delle due colline più alte e buona parte dei tre piani dell'altopiano sono attraversati da due fiumi, l'Akragas (odierno S. Biagio) a nord e ad est, e l'Hypsas (odierno S. Anna) ad ovest, che a poca distanza dalla città verso mezzogiorno confluiscono per poi andare a sboccare in mare in un unico corso d'acqua (odierno S. Leone), alla cui foce si colloca il porto antico d'Agrigento. La superficie complessiva è di circa 450 ettari, un'estensione veramente enorme, dettata dalla necessità d'abbracciare tutto il sistema d'alture - colle di Girgenti, Rupe Atenea, Collina dei Templi - in un unico complesso di facile difesa. Di fatto l'abitato si sviluppa al centro delle tre colline nella cosiddetta Valle dei Templi, dove prima la fotografia area e poi gli scavi ne hanno rivelato con sufficiente chiarezza l'impianto, datato a metà circa del VI secolo a.C.. La struttura ippodamea è organizzata almeno su sei plateiai (vie principali) est-ovest, di cui la primaria (la quinta da nord) ha una larghezza di ben dodici metri, e su di una fitta trama di strade ortogonali nord-sud, col risultato di un alto numero d'isolati di larghezza costante, ma di lunghezza variabile, a causa del diverso distanziarsi reciproco delle plateiai. Si notano tuttavia due griglie d'isolati con orientamento e strutture lievemente diversi: un blocco all'estremità nord-ovest della Valle, orientato in maniera più pronunciata in senso nord-ovest/sud-est e compreso fra le mura e la seconda plateia (ma prolungantesi a sud anche oltre questa), ed un blocco centro-meridionale, tra la seconda e la terza plateia, comprendente la maggior parte dell'abitato. Fra questi due blocchi esistono anche lievi diversità nella larghezza delle strade nord-sud e degl'isolati, essendo le strade larghe m 4 o 5,50 e gl'isolati larghi m 33 o 40; le lunghezze restano sempre variabili, superando talora anche i 300 metri. Non siamo in grado di valutare il significato dei due diversi sistemi e di stabilire se siano frutto di sviluppi cronologicamente diversi (ma l'impianto appare comunque tutto databile al VI secolo a.C.) o di differenti condizioni del terreno, anche in rapporto agli sbocchi delle strade nelle porte urbiche. Tuttavia la chiave interpretativa va forse ricercata nel fatto che il punto di cerniera tra i due orientamenti, immediatamente ad ovest della chiesa di San Nicola (oggi Museo Nazionale), va con buona probabilità identificato col sito dell'agorà e dei complessi pubblici, come dimostra la presenza nell'area dell'ekklesiasterion.

La struttura urbanistica della città è esplicitamente lodata da Polibio, il quale ne fornisce (IX 29) questo sintetico quadro descrittivo: "La città di Akragas (odierna Agrigento) differisce dalla maggior parte delle città non solo per le cose già dette, ma anche per la sua fortezza e soprattutto per la sua struttura. Sorge, infatti, a 18 stadi (circa 3,2 km) dal mare, così che nessuno viene privato dei vantaggi che questo offre. La cinta muraria è saldissima sia per natura che per arte, giacché le mura poggiano su roccia naturalmente o artificialmente alta e scoscesa e dei fiumi la circondano: a sud infatti corre il fiume dallo stesso nome della città, mentre ad ovest e sud-ovest il fiume detto Hypsas. La parte alta della città sovrasta quella bassa verso sud-est e ha la parte esterna delimitata da un burrone inaccessibile, mentre la parte interna ha un unico accesso dalla città bassa. Sulla vetta sono i templi di Atena e di Zeus Atabyrios, come a Rodi: poiché Akragas è una fondazione rodia, è logico che il dio abbia lo stesso epiteto che ha a Rodi. La città è abbellita in maniera superba da templi e da portici. Il tempio di Zeus Olimpio, pur non essendo compiuto, non è secondo a nessun altro tempio greco per concezione e per grandezza".

Le difese della città, magnificate da Polibio, sono note per la maggior parte del circuito, che abbraccia la Rupe Atenea e il perimetro della Collina dei Templi (con uno sviluppatissimo "dente" fra queste due alture). Non sono conosciuti archeologicamente tratti della cinta sul colle di Girgenti, ma non c'è dubbio che questa sia la "parte alta", l'acropoli della città, ricordata dalle fonti, dove si conoscono un tempio dorico d'età classica e resti di un grande edificio visto dal Serradifalco sule pendici sud-est. La cortina nella sua fase attuale, con almeno nove porte e priva di torri se non in prossimità di alcune di queste porte, è genericamente datata al VI secolo a.C., con ovvi restauri attribuibili alla lunga storia d'Agrigento greca e romana. Mancano, invece, esplorazioni moderne volte a stabilire una più precisa cronologia delle cortine superstiti e ad individuare tratti o percorsi d'eventuali murature più antiche.

Anche se manca uno studio complessivo si conoscono necropoli a nord del vallone sottostante la Rupe Atenea, ad est, nella valle tra Rupe Ateneae Collina dei Templi, e ad est, ai piedi del colle di Girgenti. Altre necropoli extraurbane (particolarmente ricche) sono presso il mare (in località Montelusa) e in contrada Mosè, lungo la strada fra Agrigento e Gela.

La fase più arcaica della città è appena conosciuta, e soprattutto da tombe: i materiali degli strati profondi dell'abitato sembrano confermare lo stesso orizzonte archeologico tra primo e secondo quarto del VI secolo a.C. Le grandi attività edilizie attribuite a Falaride dalle fonti non trovano immediato riscontro nella nostra documentazione archeologica: l'attribuzione ad epoca tirannica della primitiva cerchia di mura, anche se probabile sul piano storico, non è al momento sicuramente confermabile su base archeologica. Ad epoca arcaica si possono invece datare talune strutture del santuario delle divinità ctonie, sacelli minori sotto il cosiddetto tempio di Vulcano, presso l'Olympeion e presso l'ekklesiasterion, e inoltre frequentazioni della fonte extraurbana di S. Biagio, tutte strutture che ricordano, nella loro semplicità, molti degli edifici sacri arcaici della madrepatria Gela.

Il primo dei grandi templi canonici noti è quello cosiddetto di Ercole, normalmente datato agli ultimi anni del VI secolo a.C., ma forse già a quello della tirannide teroniana, epoca alla quale è stato anche attribuito il primitivo progetto del non lontano Olympeion, ma non disponiamo di sufficienti dati archeologici per suffragare tale ipotesi. La vittoria di Himera, col suo afflusso di danaro e di manodopera servile, attestato esplicitamente dalle fonti, consentì al tiranno Terone e poi alla restaurata democrazia d'affrontare un ambizioso programma di lavori pubblici, incentrati soprattutto sui templi e sulla colimbetra, una gigantesca peschiera extraurbana con un perimetro di 7 stadi ed un profondità di 20 cubiti (Diodoro, XI 25, 4; XIII 82, 5), popolata da pesci e uccelli acquatici ed alimentata da fonti e dalle acque dell'acquedotto di Feace. Di quest'attività, proseguita per tutto il secolo fino alla conquista cartaginese del 406 a C., le testimonianze più vivide sono i grandi templi facenti quasi corona alla città, dal tempio sotto S. Maria dei Greci sul colle di Girgenti al tempio di S. Biagio e al tempio L (480-60 a.C.), dal tempio di Giunone Lacinia al tempio dei Dioscuri (450 a.C.), dal tempio della Concordia e di Vulcano (440-30 a.C.) al tempio d'Esculapio (420-10 a C.), per non parlare dellopus infinitum dellOlympeion, di certo iniziato nel 480 a.C. e proseguito fino al 406 a.C. Questa fase di straordinario splendore d'Agrigento, che, oltre ad ospitare poeti come Pindaro e Simonide, produce piccoli capolavori di scultura in marmo come l'"efebo d'Agrigento", è certo segnata dai grandi interventi nell'edilizia pubblica, sacra o d'uso, ma dovette annoverare anche opere importanti per il consumo privato, almeno a giudicare dalla ricchezza eccezionale d'alcuni cittadini della polis e dalle descrizioni dei bottini del 406 a.C.: purtroppo nulla conosciamo dell'edilizia privata agrigentina d'età classica.

L'età ellenistica più antica, fra Timoleonte e la conquista romana, è invece conosciuta soprattutto dall'edilizia privata, rappresentata dalla grande maggioranza degli edifici del quartiere ellenistico-romano e dalla Tomba di Terone, epoca alla quale (se pure non a età arcaica o classica, a giudicare dagli esempi di Metaponto e di Paestum) si può forse attribuire la creazione dell'ekklesiasterion, che potrebbe mettersi in rapporto con la rifondazione d'Agrigento e le riforme costituzionali di Timoleonte. Pur in assenza d'edizioni complessive del monumento, appare suggestivo far risalire a quest'epoca anche il grande portico ionico quadrangolare scoperto tra Agrigento e Porto Empedocle , in località Villa Seta, verosimilmente un santuario extraurbano.

La documentazione si fa più ricca e significativa per l'età romano-repubblicana. In primo luogo abbiamo numerosi rifacimenti ed abbellimenti, con pitture di primo stile, delle case del primo ellenismo, segno della prosperità dell'economia agrigentina in relazione all'intenso sfruttamento schiavistico delle terre, dal quale trarranno esca sia la prima (139-132 a.C.) che la seconda (104-99 a.C.) grande rivolta siciliana degli schiavi. Agrigento - non dimentichiamolo - costituisce di fatto in tale periodo l'unico grande centro di tutta quella porzione meridionale della Sicilia, da Lilibeo a Eloro, nella quale erano vissute, in età arcaica e classica, città grandissime e prospere come Selinunte, Gela e Camarina. È facile immaginare come nell'unico centro superstite affluissero surplus ingenti, certo non inferiori a quelli che avevano in passato sostentato le altre tre città, e che ora andavano ad alimentare, con le loro granaglie, l'economia della penisola italiana, ormai sempre più specializzata in culture pregiate. In questo senso la prosperità d'Agrigento è da confrontare con quella d'alcuni centri dell'interno, da Centuripe a Iatai, e soprattutto con quella di città costiere, come Panormo (Palermo), Solunto e Tindari a nord, o Messana (Messina), Tauromenion (Taormina) e Siracusa, città nelle quali appunto si concentrava il surplus agricolo e la sua intermediazione. Ma la prosperità di questi centri urbani, e in particolare d'Agrigento, si può leggere anche in alcuni edifici pubblici costruiti o ricostruiti tra la prima metà del II e la metà del I secolo a.C., come il ginnasio, identificabile col "portico ellenistico" a nord-est dellOlympeion, o l'"oratorio di Falaride", tempietto di tipo romano dell'iniziale II secolo a.C. sovrapposto allekklesiasterion.

La fase imperiale, con l'accentuarsi dello spopolamento dell'isola, fa crescere lo squilibrio tra città e campagna, e le case d'Agrigento vengono continuamente restaurate, spesso con bellissimi pavimenti musivi, sino al pieno IV secolo d.C., segno della persistenza del ceto dei possessores attivi in epoca tardo-repubblicana, anche se quantitativamente e qualitativamente impoveriti rispetto al passato. Di questi possessores si hanno anche altre testimonianze, in particolare alcuni sarcofagi marmorei, come quello di fabbrica attica col mito di Fedra (II secolo d.C.) e quello di produzione romana detto delle coronarie (III secolo d.C.), o quello pure urbano con scene della vita di un fanciullo (II secolo d.C.). Non sono positivamente attestati segni d'attività edilizia, se non di restauro ad alcuni templi, mentre mancano i caratteristici edifici pubblici, termali e da spettacolo, propri dell'urbanitas d'età imperiale. La concentrazione dei latifondi nelle mani di grandi proprietari senatorii assenteisti celebra i propri fasti nelle colossali ville di campagna, come quelle di Piazza Armerina (Villa del Casale) o di Eloro, e nelle città ne troviamo solo pallidi riflessi con i mosaici delle case, e in alcune tombe monumentali del III secolo, come la cosiddetta basilicula romana del vallone S. Biagio. La presenza in età medio e tardo-imperiale di ceti più modesti è comunque attestata dalla notevole quantità di sepolture, arcosoli e fosse, nota nella cosiddetta necropoli Gimberroni e nelle catacombe di Villa Aurea, una presenza questa che in qualche modo si riscontra ancora in età alto-medievale con le numerose tombe terragne dislocate lungo tutto il lato meridionale della Collina dei Templi, e con la trasformazione in basilica del tempio della Concordia, nel cuore di questa vasta area funeraria.

[modifica] Resti archeologici

Bene protetto dall'UNESCO
Patrimonio dell'umanità
Area archeologica di Agrigento
Archaeological Area of Agrigento
Tipologia archeologico
Criterio C (i) (ii) (iii) (iv)
Pericolo Non segnalato
Anno 1997
Scheda UNESCO inglese
francese
Patrimoni dell'umanità in Italia

[modifica] Collina di Girgenti

Partendo dalla collina di Girgenti, e in particolare dalla chiesa di Santa Maria dei Greci, incorporato in alzato, in fondazione e nel taglio della roccia, si conserva un tempio dorico del 480-60 a.C., periptero (m 34,70x15,30) di 6x13 colonne, con cella munita di pronao ed opistodomo. Se è andata perduta, oltre alle absidi, la fronte orientale, e di quella occidentale sono stati visti negli scavi i soli tagli nella roccia per le fondazioni, sono visibili tuttavia le fondazioni della peristasi meridionale e settentrionale (con alcune colonne incorporate nei muri della chiesa) e della cella, mentre sotto la chiesa è visibile, per oltre venti metri, il krepidoma (basamento della colonna) del lato settentrionale. Nell'atrio della chiesa si conservano alcuni elementi dell'alzato, una parte di capitello e tratti del geison.

[modifica] Rupe Atenea

Sulla Rupe Atenea si sono rinvenuti resti di un frantoio ellenistico, e sulle sue pendici sud-ovest è conservato uno dei numerosi templi delle divinità ctonie, incorporato nella chiesetta medievale di San Biagio. Il tempio, di medie dimensioni (m 30,20x13,30) era dorico in antis. Se ne conservano il basamento, col caratteristico vespaio costituito da un graticcio di blocchi, ed una parte cospicua delle strutture isodome dei lati e del fondo della cella, mentre l'abside della chiesa viene ad occupare la porta del tempio, conservando libera parte delle ante. Dallo scavo provengono resti del geison e della sima a protomi leonine (al Museo Nazionale). Sul lato a valle, la terrazza su cui è sistemato il santuario è delimitata da un muro di témenos, con un accesso attraverso due strade scavate nella roccia. Lungo il lato nord del tempio, all'altezza della cella, sono due altari circolari, di cui quello ad est presenta un anello di blocchi che borda il piano dei sacrifici tagliato nella roccia e arrossato dal fuoco delle offerte, mentre quello ovest, realizzato pure a grandi conci, reca al centro un foro ed una cavità per le offerte infere. Il ritrovamento all'interno dell'altare di kernoi (vasi rituali) e, nell'area, di statuette e busti fittili caratteristici del culto di Demetra e Kore, insieme alla tipica forma circolare degli altari, consentono d'attribuire il santuario alla coppia di divinità tanto popolari a Gela, e poi nella sua colonia, da far affermare a Pindaro che Agrigento era un vero e proprio Persephònas hédos (un "trono di Persefone").

Il santuario rupestre
Il santuario rupestre

Attraverso un sentiero ed una scaletta intagliata nella roccia (ambedue moderni) si valica a sud-ovest la linea delle mura e si raggiungono il cosiddetto "Santuario rupestre" di Demetra e la chiesa di S. Biagio. Il "santuario" è incentrato su due profonde cavità naturali, sistemate tuttavia artificialmente, che s'addentrano nella rupe recando un flusso d'acque all'esterno, e su di un profondo tunnel a nord delle cavità, evidente sostituto delle originali condutture, costituite dalle cavità. La fronte delle grotte è guarnita da un edificio rettangolare diviso in due vani nel senso della larghezza. L'edificio è realizzato con poderosi muri a blocchi e fortemente rastremato sulla fronte, ed era coronato da una semplice cornice e forse da una grotta a teste leonine. Questa struttura veniva a costituire una sorta di cisterna a due livelli, di cui quello inferiore riceveva il flusso d'acqua incanalato in tubature di cotto dalla grotta di destra, e quello superiore presentava due porte d'accesso alle cavità e tre finestre in facciata (una minore al centro e due maggiori ai lati). Ai piedi della cisterna si trovano delle vasche intercomunicanti a vari livelli, mentre tutta l'area è delimitata da mura formanti un peribolo trapezoidale (aggiunto successivamente), la cui fronte reca aperture a pilastri per dar luce al peribolo stesso, e all'estremità nord-est due vasche costruite a blocchi. La struttura della cisterna, col peribolo aggiunto, risponde perfettamente alla tipologia delle fontane arcaiche e classiche, ben nota in tutto il mondo greco. Il ritrovamento di busti fittili e di ceramiche del VI e V secolo a.C. ha fatto lungamente discutere sulla natura cultuale del complesso, dimenticando che fino ad epoca ellenistica avanzata non è possibile nel mondo greco dissociare funzioni sacrali e attività utilitarie in apprestamenti idraulici del genere, soprattutto se nati in età arcaica e classica. L'uso della fonte è iniziato infatti già in età protostorica, come mostrano ceramiche indigene anteriori alla fondazione d'Agrigento: anche questo ha fatto parlare di sincretismo religioso, laddove siamo in presenza di una pura e semplice continuità d'uso (anche ovviamente gl'indigeni frequentatori della fonte avranno attribuito a loro volta caratteri sacrali al luogo) tra fase pre-greca e fase coloniale. La cronologia del complesso monumentale è assai controversa, giacché la datazione pre-greca del Marconi non ha alcun fondamento, mentre ricerche recenti (de Waele) tendono a buon diritto a collocare la struttura della fontana e il tunnel all'iniziale V secolo a.C., collegandoli all'intensa attività idraulica progettata da Feace, con restauri ed aggiunte che si prolungano nel tempo almeno fino all'età ellenistica.

Ritornati sui propri passi si può visitare, sotto la punta sud-orientale della Rupe Atenea, la Porta I, che si apriva, alle pendici della Rupe, su una strada tracciata nel vallone e diretta verso est. La porta, conservata per sei assise nel battente di destra, si apre al centro di un poderoso baluardo a tenaglia, uno dei rari esempi di particolari aggiustamenti difensivi dell'intera cinta, in un punto di relativa debolezza del tracciato. Una prima torre difendeva il battente di sinistra della porta ed una seconda l'angolo sud-ovest del bastione.

Ritornati sulla SS 118 ci si può avvicinare alla Porta II, profondamente incassata nella roccia, e, sulle pareti del taglio roccioso, ad un piccolo santuario rupestre con incassi per pinakes (alcuni semplicemente stuccati e perciò in origine soltanto, e non riportati), ai piedi dei quali erano piccole fosse con oggetti votivi databili da età classica ad età romana.

[modifica] Collina dei Templi

Per approfondire, vedi la voce Valle dei Templi.

Al limite sud-est della Collina dei Templi, sul margine del suggestivo rialzo si collocano in successione i famosissimi templi di Giunone Lacinia, della Concordia, di Ercole, di Zeus Olimpio e di Vulcano; essi sono il vero e proprio simbolo di Agrigento nel mondo. Oltre ai templi di Ercole, Giove, Concordia, Giunone, Dioscuri, Vulcano e Demetra sono da evidenziare il Quartiere di abitazioni Ellenistica Romane, il complesso monumentale con la "Cavea" della Ekklesiasterion Ellenistica e il Museo Nazionale di Agrigento che consente di avere una visione più completa della presenza greca nella città. Recentemente, (2004) inoltre è stato portato alla luce un tempietto romano.

[modifica] Quartiere ellenistico-romano

Subito ad est della chiesa di San Nicola si accede al cosiddetto Quartiere ellenistico-romano, tre isolati messi in luce con quattro stenopoi, larghi 5 metri e distanti fra loro 30 metri, e con parte di una plateia a nord, di altri 10 metri di lunghezza, pavimentata in epoca tarda in opera spicata. Gl'isolati, di cui non si conoscono la lunghezza esatta, presentano - con tutta evidenza quello centrale e quell'orientale, solo in parte quello occidentale - l'originaria bipartizione mediante un ambitus centrale. In età imperiale, o forse già in quella repubblicana, alcune case (Case delle Afroditi e del Mosaico a rombi nell'isolato centrale; Casa del Peristilio nell'isolato occidentale), mediante l'acquisto della proprietà adiacente ad est o ad ovest hanno finito per cancellare l'originario ambitus, venendo ad occupare l'intera larghezza dell'isolato. Si conoscono preesistenze arcaiche e classiche (una piccola parte in vista è sul lato est della Casa delle Afroditi), che dimostrano l'esistenza di un impianto urbanistico identico in epoca anteriore alla fase ellenistica, quella attualmente visibile con le successive trasformazioni romane. La tipologia delle abitazioni e delle tecniche edilizie (muri a blocchi o blocchetti e a telaio) è assolutamente ellenistica, conservata anche nelle successive trasformazioni romane: un peristilio centrale di varia grandezza, circondato da ambienti (di cui uno di maggior grandezza od enfasi architettonica sovente ha la funzione di andròn), costituisce il perno della struttura, che doveva di frequente avere un secondo piano con funzione di gineceo e di quartiere servile. Ricca è l'articolazione per il rifornimento idrico, assicurato da cisterne e pozzi, così come curato è l'apparato fognante e di drenaggio, con canali di scolo coperti e scoperti all'interno ed all'esterno delle abitazioni.

Nell'isolato occidentale di particolare interesse è il complesso della Casa del Peristilio, che è stata unita in età imperiale all'adiacente Casa dell'Atrio in cotto e che, coprendo già ambedue le case l'intera larghezza dell'isolato, è venuta a costituire una sontuosa e grande domus urbana, degna delle più ricche e grandi abitazioni della capitale, con un piccolo complesso termale dalla vasche incrostate di marmi all'angolo sud-est del peristilio maggiore. Nel medesimo isolato, all'estremità settentrionale, è la Casa della Gazzella, con bei pavimenti musivi della prima età imperiale, uno dei quali aveva un emblema in tessellato con figura di gazzella, che ha dato il nome alla casa.

Nell'isolato centrale, troviamo a sud altre due grandi case (del Mosaico a rombi e delle Afroditi), che hanno occupato l'intera larghezza dell'isolato. A nord si trova la Casa del Maestro astrattista, una bella domus del IV secolo d.C., di non grandi dimensioni, ma dalla ricca pavimentazione musiva. Il portico del peristilio ha un mosaico a medaglioni con figure d'animali e frutti, mentre mosaici geometrici compaiono in tre altri ambienti; in un quarto c'è un mosaico ad imitazione di grandi formelle di marmi preziosi.

Nell'isolato orientale, di particolare suggestione per lo stato di conservazione del peristilio, tutto ellenistico e con andròn sul lato orientale, è la Casa del Portico

[modifica] Ipogei

Gli Ipogei agrigentini risalgono ai tempi antichissimi. Si pensa che attorno al 480 a.C. la città di Akragas fu dotata di un sistema di condotti sotterranei, scavati sotto la città, da cui presero appunto il nome di Ipogei. La città era abitata da circa 200.000 abitanti, distribuiti nei quartieri compresi tra il Colle di Agrigento, la Rupe Atenea e la Vallata fino ai Templi dorici. Diodoro Siculo ci racconta che le gallerie furono scavate dagli schiavi cartaginesi, catturati nella Battaglia di Imera, sotto la guida di un architetto chiamato Feace, dal quale prese il nome l'acquedotto sotterraneo. L'intero complesso degli Ipogei agrigentini, un vero e proprio labirinto di cunicoli, copre un percorso di circa 17 chilometri, che si possono suddividere in quattro tronchi individuabili superficialmente nelle zone della Rupe Atenea, del Colle di Agrigento, di Monserrato e dello Sperone. Gl'Ipogei agrigentini sono gallerie scavate nella roccia alte mediamente 1.90 cm e larghe circa 90 cm., a sezione trapezoidale o a volta.

1 - Tronco Rupe Atenea

Il primo tronco dalla Rupe Atenea, sommità orientale della collina di Agrigento, sino ai templi di Castore e Polluce, comprende i seguenti Ipogei: del Santuario rupestre di Demetra, di San Biagio , di Coddu Virdi, di Tamburello, di Bonamorone, di Filippazzo, di Giacatello, di Sala-Perez, di Zuccarello, di Dara, di Lu Cuccu, di San Calogero, di Pipitusario, delle Forche, dell' Amela, dei Dioscuri.

2 - Tronco dello Sperone

Il secondo tronco dello Sperone conprende i seguenti Ipogei: Fafante, presso il fiume San Biagio, e Natalello, nel sobborgo di Villaggio Mosè.

3 - Tronco di Monserrato

Il terzo tronco si trova nel sobborgo di Monserrato, a sud della città e comprende gl'Ipogei Dovico, Zunica, Sileci, Giudice, Tuttolomondo, Quaglia e Lo Mascolo.

4 - Tronco del Colle

Il quarto tronco del Colle, parte occidentale della città, è costituito dai seguenti Ipogei: della Villa Piccola, antistante la Porta di Ponte, oggi coperte dalle villette omonime; Mirati, Fontana dei Canali, Gebbia Grande, del Purgatorio, S. Lucia, Acqua Amara, Santa Maria dei Greci, degli Oblati, Puzzillo.

Con particolare attenzione, meritano di essere citati i due principali Ipogei: di Giacatello e del Purgatorio:

- Giacatello

A nord del museo si può visitare il cosiddetto Ipogeo Giacatello, una grande cisterna quadrata di 19 metri di lato ed alta poco più di 2 metri con file di sette pilastri (fino ad una totale di cinquanta), interamente rivestita di cocciopesto e munita di lucernai. La destinazione originaria a cisterna è assicurata non solo dalla presenza dell'intonaco idraulico, ma anche dal fatto che l'edificio era alimentato da un condotto proveniente da nord. Più tardi, forse in età romana, fu scavato nell'angolo sud-est un canale d'evacuazione delle acque, e nell'angolo adiacente ad ovest venne sistemato, entro un rozzo recinto, un piccolo mulino.

- Purgatorio

In Piazza del Purgatorio è conservato il cosiddetto Ipogeo del Purgatorio, un sistema complesso di cunicoli che si dipartono da un tunnel centrale scavato nella roccia ed appartenente alle strutture di drenaggio ed alimentazione idraulica che si collegano - a torto o a ragione - con l'acquedotto di Feace.

[modifica] Centro Storico

Il centro Storico di Agrigento è individuabile sulla sommità occidentale della collina dell'antica Girgenti. Risalente all'età medioevale del IX° e XV°, conserva ancora oggi edifici medioevali quali Chiese, Monasteri, Conventi, e Palazzi Nobiliari che fecero della città di Girgenti una perla del Medioevo. Anche se il Centro Storico di Agrigento risulta degradato dal tempo, e bisognoso di ristrutturazione, si possono ancora visitare alcuni dei monumenti principali: Del Castello (Sec. X-XI) non rimane che qualche traccia, costruito sulla sommità del colle, fu distrutto nel 1907 per far posto alla costruzione di un serbatoio d'acqua comunale. Le Porte dell'antica cinta muraria della città medioevale di Girgenti. La cinta muraria era costituita da 12 Porte, in parte distrutte o interrate, tra le quali si possono ancora ammirare la Porta di Ponte, la principale porta della città, che era costituita da un ponte levatoio ai margini del Fossato, e da un arco Gotico con lo stemma di Federico III° d'Aragona. Essa era l'ingresso di Girgenti alla Via principale della Città. la via Atenea, e lo è tutt'ora. La Porta Panitteri (Sec. IX), sul lato meridionale della cinta muraria, è visibile ancora l'arco con un'edicola antica. La Suddetta porta fu spostata di alcune metri per consentire la costruzione della Stazione Ferroviaria di Girgenti.

Per approfondire, vedi la voce Centro Storico di Agrigento.

[modifica] Cultura

Nella letteratura, l'agrigentino più famoso è Luigi Pirandello; tra gli altri agrigentini o per meglio dire akragantini famosi, cioè vissuti nella dorica Akragas, indubbiamente non resta che citare il filosofo Empedocle o l'atleta, vincitore di una famosa Olimpiade, Esseneto, al quale è anche dedicato lo stadio. Della contemporaneità ricordiamo Leonardo Sciascia (di Racalmuto, a Nord di Agrigento) e Andrea Camilleri il quale fa di Vigata (Porto Empedocle, paese in provincia di Agrigento) e Montelusa (Agrigento) il teatro delle gesta del commissario Montalbano. La città di Agrigento durante l'arco dell'anno ospita varie manifestazioni molto interessanti tra le quali la sagra del mandorlo in fiore nel cui ambito si svolgono due importanti festivals internazionali del folklore il primo ideato dal Prof. Enzo Lauretta ed il secondo denominato festival internazionale " I bambini del mondo" ideato da Giovanni Di Maida e Claudio Criscenzo. Ogni anno, nella prima decade di febbraio, da piu di 60 anni la valle ricoperta da un meraviglioso manto fiorito di alberi di mandorli è scenario di questa importante manifestazione che raccoglie la partecipazione di vari gruppi folcloristici provenienti da varie parti del mondo. Tra i momenti più suggestivi della manifestazione l'accensione del tripode dell'amicizia innanzi al tempio della Concordia, e la conclusione ancora una volta con l'esibizione dei gruppi nella valle e l'attribuzione al gruppo vincitore dell'ambito tempio d'oro, trofeo raffigurante il tempio di Castore e Polluce.

Per approfondire, vedi la voce Sagra del Mandorlo in Fiore.

Diffuse soprattutto presso le nuove generazioni sono le tradizioni popolari locali grazie all'impegno profuso da alcune associazioni ed in particolare dall'Associazione Kerkent [1] che ha istituito una delle più prestigiose scuole di folklore della sicilia,ma non bisogna tralasciare i tantissimi gruppi sorti in seno alla grande scia di amore per il folclore che da decenni è presente in città;il gruppo Val d'akragas che vanta una tradizione lunga ben più di cinquant'anni,il gruppo trinacria,città dei templi(http://www.cittadeitempli.it) ,i giurgintani, antiche tradizioni popolari, sicilia antica,città d'agrigento e molti altri ancora...

Sebbene il patrono ufficiale della città sia San Gerlando, è a San Calogero che sono tributati gli onori maggiori. Per il Santo Nero la città si mobilita le prime due domeniche di luglio: la processione, rigorosamente a spalla, è accompagnata dalle urla dei fedeli, dai canti e dalla banda... Sempre a giugno le feste di Persefone, ricche di rappresentazioni classiche nell'incomparabile scenario del tempio di Era; tra le attività estive non bisogna tralasciare gli spettacoli nella valle tra questi il Blues&Wine Soul Festival manifestazione che si svolge nel mese di Luglio che lega la musica al vino e la rassegna: Momenti di folklore internazionale in agosto. A dicembre si svolgono le classiche novene per le strade della città. La settimana Santa è vissuta in città con devozione e ammirazione dei fedeli verso i simulacri della Madonna Addolorata e del Gusù agonizzante e la "vara" ovvero l'urna del Signore. Notevole è l'attività culturale svolta sia dalle istituzioni pubbliche che private. Mostre , convegni , stagioni teatrali e musicali al teatro Luigi Pirandello con le migliori compagnie del mondo, attività concertistica al Museo San Nicola, il convegno di studi pirandelliani , il premio Empedocle, il Pirandello stable festival, i concerti estivi nel teatro di Piano S. Gregorio ai piedi dei mitici templi greci e molte altre iniziative. Nell'ultima settimana di settembre ha luogo l' Efebo d'oro (giunto alla 29^ edizione) premio internazionale, organizzato dal Centro di Ricerca per la Narrativa ed il Cinema che premia il miglior film dell'anno tratto da una opera letteraria. Il premio ha , anche, una sezione televisiva.

[modifica]

Per approfondire, vedi le voci Nati ad Agrigento e Morti ad Agrigento.

[modifica] Evoluzione demografica

Abitanti censiti

[modifica] Gemellaggi

Agrigento è gemellata con:

[modifica] Sport

Lo sport principale della città è il calcio. La squadra più importante è l'Akragas Calcio, militante nel Campionato di Eccellenza. Nel passato la squadra ha militato per alcune stagioni in Serie C.

La Volley Team Agrigento e la Polisportiva Amazzoni, squadre di pallavolo agrigentine rispettivamente maschile e femminile, militarono in massima categoria a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta.

Molto diffusa è la pratica della mountain bike. Decine di Km di percorsi sia lungo la costa che all'interno, sono praticabili per via del clima molto mite, in ogni stagione. Nel 2007 a cura dell'associazione ssstbiketeam, si è disputata, con partenza da da San Leone, la prima edizione della "Coast to Coast" un'impegnativa traversata della Sicilia di circa 250 Km su sterrato con meta Mondello (PA), che si terrà con cadenza annuale.

[modifica] Amministrazione comunale

Sindaco: Marco Zambuto dal 13/05/2007
Centralino del comune: 0922 590111
Email del comune: sindaco@comune.agrigento.it

[modifica] Bibliografia

  • De Miro Ernesto, Agrigento, Palermo 2000
  • De Miro Ernesto, La Valle dei Templi, Saggi di Pierluigi Cervellati, Nicolò D'Alessandro e Graziella Fiorentini, Palermo 1994
  • Ercoli Laura, Gli ipogei dell'antica Akragas in rapporto all'assetto geostrutturale della formazione di Agrigento, VIII Congresso Scienze della terra e trasformazione antropiche - Un rapporto in evoluzione, Roma 21-23 gennaio 1994
  • Prescia Renata, Il Tempio della Concordia ad Agrigento. Dalla utilizzazione degli spazi al restauro dell'ideale greco-classicista, s.l. 2002, Estratto da: Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura - Dipartimento di Storia dell'Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici - Nuova serie, fascicolo 34-39 (1999-2000)
  • Ruggieri Tricoli Maria Clara, Agrigento: una proposta per la chiesa di S. Caterina e un museo (tesi di laurea di Angelo Lezza; relatore: Maria Clara Ruggieri Tricoli; A. A. 1994-95), Palermo 1995
  • Saitta Silvana, Agrigento: "luoghi dell'acropoli dimenticata", Palermo 1998
  • Calogero Miccichè "Girgenti: Le pietre della meraviglia...cadute", Agrigento 2006
  • Calogero Miccichè "Gli Ipogei Agrigentini tra archeologia, storia e mitologia", Agrigento 1996
  • Altair4 multimedia "Agrigento, Eraclea Minoa com. Hera",DVD-ROM, Provincia Regionale di Agrigento 2006

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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