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Tindari - Wikipedia

Tindari

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Tindari
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Nome ufficiale: {{{nomeUfficiale}}}
Stato: Italia
Regione: Sicilia
Provincia:
stemma Messina
Comune:
Patti
Coordinate: 38°9′N 15°02′E / 38.14556, 15.03972
Altitudine: 268 m s.l.m.
Abitanti:
32 2001
Nome abitanti: Tindariti
Santo patrono: Madonna del Tindari
Giorno festivo: {{{festivo}}}
Giorno festivo: 8 settembre
Pref. telefono: 0941 CAP: 98066
[{{{sito}}} Sito istituzionale]
Frazione
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Tìndari è una nota località della Sicilia, sul Golfo di Patti. È una frazione del comune di Patti.

Indice

[modifica] Geografia

[modifica] Clima

Per approfondire, vedi la voce Stazione meteorologica di Patti Tindari.

[modifica] Cenni storici

La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Gaio Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.

Con Siracusa passò in seguito nell'orbita romaa e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas.

Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti

Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nel 836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.

Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno, considerata apportatrice di grazie per la sua origine miracolosa.

La laguna di Tindari
La laguna di Tindari
Si raggiunge da Messina e da Palermo, percorrendo la panoramica statale 113 lungo la costa tirrenica. L'uscita autostradale più vicina è quella di Falcone. Dal bivio di Tindari (chiamato Locanda) sulla statale 113, una strada di circa 1 km di lunghezza porta sul promontorio, al centro del golfo di Patti (230 m s.l.m.) e agli scavi archeologici. Lungo il percorso della strada di accesso si vedono gli avanzi delle mura cittadine.

[modifica] Scavi archeologici

I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per il scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti.

I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo.

L'impianto urbanistico, risalente probabilmente all'epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est - nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un'ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m.

Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell'altura, e all'altra estremità sfocia nell'agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l'acropoli.

Il decumano superiore dei due rimessi in luce dagli scavi doveva essere la strada principale; a monte di esso – appoggiato alla collina – era il teatro; all’altra estremità - attraverso un propileo monumentale – esso sboccava nell’agorà porticata, oltre la quale – nella zona più elevata (oggi occupata dal Santuario) doveva trovarsi l’acropoli.

[modifica] Le mura di cinta

Le mura cittadine, i cui resti attualmente visibili sono dovuti ad una ricostruzione del III secolo a.C. che ripercorre una cinta precedente, probabilmente coeva alla fondazione, venne completata sul lato verso il mare e rimaneggiata in epoca tardo imperiale e bizantina.

Un tratto delle mura di cinta
Un tratto delle mura di cinta

La cinta si sviluppava per una lunghezza di circa 3 km ed era della tipologia "a doppia cortina, con due muri paralleli (circa 0,70 m di spessore) in opera quadrata di arenaria con disposizione isodoma, separati da uno spazio, in origine riempito con terra o sassi (2,10 m di spessore), raggiungendo un'altezza di 6,85 m. A distante diseguali si innalzavano torri quadrate: una di queste (spazio interno di 6,5 x 5,15 m e con muri larghi 0,43 m e lunghi 0,87 m) conserva un tratto della scala che portava alla sommità delle mura.

La porta principale, sul lato sud-occidentale, era fiancheggiata da due torri e protetta da un antiporta a tenaglia di forma semicircolare, con l'area interna lastricata con ciottoli. Altri piccoli passaggi si aprivano a fianco delle torri della porta maggiore e venivano utilizzate per le sortite dei difensori.

[modifica] Il teatro

Per approfondire, vedi la voce Teatro greco di Tindari.

Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'anfiteatro.

Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939. L'orchestra venne trasformata in un'arena, circondando la cavea con un muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori

Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro.

[modifica] Isolato romano

Nell’area urbana è stata scavata, tra il 1949 ed il 1964, un isolato completo (insula IV), delimitato dai tratti dei due decumani scavati e da due strade secondarie. A causa della pendenza del terreno, i diversi edifici che la compongono erano costruiti su terrazze a diversi livelli.

Sul decumano inferiore si aprivano sei tabernae, o ambienti per il commercio, tre delle quali erano dotate di retrobottega. Su queste poggiava un ampia domus (casa B) con peristilio a dodici colonne in pietra con capitelli dorici. Il tablinio, o salone (lunghezza 8 m e larghezza 4,60 m). Al livello più alto una seconda domus, "casa C", con peristilio simile alla precedente, presenta l'accesso al tablinio inquadrato da colonne con capitelli corinzi italici in terracotta e basi realizzate con mattoni di forma rotonda.

Le due case vennero costruite nel I secolo a.C., su precedenti fasi abitative e furono soggette a restauri e rimaneggiamenti: in particolare nella parte superiore si impiantarono delle piccole terme e gli originali pavimenti scutulati (scutulata con inserimento di piccole lastre di marmi colorati) o in signino con inserimento di tessere di mosaico bianche, o ancora con mosaici policromi, si sostituirono mosaici in bianco e nero con figure.

[modifica] Basilica

La cosiddetta "Basilica", in passato identificata anche con un ginnasio, è un propileo di accesso all'agorà, situato nel punto in cui vi entra il decumano massimo, la via principale della città. Si tratta di un edificio a due piani, datato al IV secolo costruito in opera quadrata di arenaria che presenta un ampio passaggio centrale con volta a botte ripartito da nove arcate. Ai lati altri archi scavalcano degli accessi secondari.

[modifica] Il Santuario della Madonna Nera

La madonna nera di Tindari
La madonna nera di Tindari
Le origini della statua della Madonna Nera sono legate ad una leggenda, secondo la quale la scultura, trasportata per mare, impedì alla nave di ripartire dopo che si era rifugiata nella baia di Tindari per sfuggire alla tempesta.

I marinai, depositarono a terra via via il carico, pensando che fosse questo ad impedire il trasporto, e solo quando vi portarono anche la statua, la nave poté riprendere il mare.

La statua venne quindi portata sul colle soprastante, dentro una piccola chiesa che dovette in seguito essere più volte ampliata per accogliere i pellegrini, attratti dalla fama miracolosa del simulacro.

Il santuario si trova all'estremità orientale del promontorio, a strapiombo sul mare, in corrispondenza dell'antica acropoli, dove una piccola chiesa era stata costruita sui resti della città abbandonata.

La statua della Madonna Nera, scolpita in legno di cedro, vi venne collocata in epoca imprecisata, forse giunta qui dall'Oriente in seguito al fenomeno dell'iconoclastia, nell'VIII-IX secolo.

La chiesa, distrutta nel 1544 dai pirati algerini, venne ricostruita tra il 1552 e il 1598 e il santuario venne ampliato con la costruzione di una nuova chiesa più grande nel 1979.

La festa del santuario si svolge ogni anno il 7 settembre.

Il santuario di Tindari
Il santuario di Tindari

[modifica] Le leggende di Marinello

Alla base del promontorio si trova una zona sabbiosa con una serie di piccoli specchi d'acqua, la cui conformazione si modifica in seguito ai movimenti della sabbia, spinta dalle mareggiate. La spiaggia è conosciuta con il nome di Marinello o "il mare secco" e vi sono legate diverse leggende.

Secondo una di esse la spiaggia si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del santuario, ritrovata poi sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare. La madre della bambina, una pellegrina giunta da lontano, in seguito al miracolo, si sarebbe ricreduta sulla vera natura miracolosa della scultura, della quale aveva dubitato a causa dell'incarnato scuro della Vergine.

Un'altra leggenda narra della morte, avvenuta proprio su questa spiaggia di papa Eusebio, il 17 agosto del 310, pochi mesi dopo la sua elezione, avvenuta il 18 aprile, che sarebbe stato esiliato in Sicilia da Massenzio.

Sopra la spiaggia, sul costone, si apre inoltre una grotta, che secondo una leggenda locale era abitata da una maga, che si dedicava ad attrarre i naviganti con il suo canto per poi divorarli. Quando qualcuno degli adescati rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso dell'antro, la maga sfogava la rabbia affondando le dita nella parete: a questo sarebbero dovuti i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia.

[modifica] Curiosità

Dà il titolo ad un romanzo giallo di Andrea Camilleri della serie di Montalbano, La gita a Tindari. Inoltre, già Salvatore Quasimodo scrisse la poesia Vento a Tindari. Nelle "Verrine", M.T. Cicerone si sofferma a lungo su Tindari e sulle spoliazioni subite dalla città durante la magistratura di Verre.

[modifica] Bibliografia

  • Giordano Rosario, Tindari, città di Maria, 1993
  • Marcello Mollica, Tindari: dalla città greca al culto della Madonna nera, Messina 2000


[modifica] Collegamenti esterni


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