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Unità militari terrestri - Wikipedia

Unità militari terrestri

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« A giudizio di Marshall, è quindi di importanza vitale che un esercito favorisca il più stretto contatto, l'amicizia tra i suoi soldati, cercando di creare gruppi legati appunto da amicizia, imperniati, se possibile, su qualcuno identificabile come un combattente "naturale", dal momento che ad impedire che nessuno si sbandi o diserti è la "mutua conoscenza": "Quando un soldato é… conosciuto dagli uomini che gli stanno attorno, ha… buoni motivi di temere di poter perdere l'unica cosa che con ogni probabilità apprezza più della vita stessa, vale a dire la sua reputazione di uomo tra altri uomini". »

Le unità militari sono le unità operative o amministrative in cui viene strutturata una forza armata. La branca dell'arte militare che studia l'organizzazione delle unità militari è l'organica. Qualsiasi forza armata deve operare in modo tale che non venga perso il controllo sulle azioni dei componenti, quindi, considerando che spesso deve intervenire su aree più vaste di quelle raggiungibili in tempi utili per modificare il corso di un'azione, la forza armata viene suddivisa in un certo numero di unità che possono agire sotto un controllo più diretto di quello che sarebbe possibile ottenere con un unico controllo centrale. Le unità militari, indipendentemente dalla forza armata, hanno una propria struttura gerarchica, che funge pure da raccordo tra le unità maggiori e le unità minori. Naturalmente le capacità operative delle unità militari diminuiscono man mano che viene ridotta la loro dimensione.

Per approfondire

L'organica è la disciplina, parte dell'arte militare, che studia gli aspetti organizzativi delle forze armate. Può essere considerata la capostipite delle discipline organizzative; da essa la scienza dell'organizzazione aziendale ha mutuato molti dei suoi principi.
Le forze armate sono il complesso di persone e mezzi di cui dispone il governo (normalmente solo quello centrale) per implementare con l'uso della forza la sua politica estera e interna.
Dalle forze armate in senso stretto si distinguono le forze di polizia, che operano esclusivamente all'interno [2] dello stato per tutelare l'ordine pubblico e la pubblica sicurezza; tuttavia possono considerarsi organizzazioni militari, in senso lato, anche quelle che costituiscono le forze di polizia quando i loro appartenenti hanno uno status assimilabile a quello dei militari e sono organizzate sul modello delle forze armate.

Leggi la voce

Indice

[modifica] Origine delle unità militari

Le origini delle unità militari si perdono agli inizi della storia, tanto che, nel mondo occidentale, già nell'Iliade i guerrieri sono raggruppati per nazione di provenienza. Le unità militari in questo senso sono più gruppi di soldati che combattono insieme che unità organiche che si differenziano per il relativo impiego. Si può concludere che, anche se le unità militari non esistevano al tempo della spedizione contro Troia, certamente esistevano all'epoca di Omero.

In Egitto certamente l'esercito era già organizzato in grandi unità complesse nel XIII secolo a.C. (battaglia di Kadesh), ed il fatto stesso che le "divisioni" potessero operare in modo indipendente (il crollo della divisione Ra non coinvolse il resto dell'esercito) mostra come fosse un'organizzazione già collaudata sul campo.

Nelle strutture militari orientali la divisione degli eserciti in unità minori è già riportata da Sun Zi (VI secolo a.C.), quindi può essere ritenuta una pratica già in uso negli stati cinesi dell'epoca. Mentre con Sun Pin, vissuto nel secolo successivo, vengono riportate differenziazioni delle unità per quanto riguarda il loro impiego.

[modifica] Unità militari in epoca classica

[modifica] Il mondo greco

Ricostruzione della falange oplitica greca. In realtà l'equipaggiamento dei soldati non era uniforme, tranne che a Sparta, dato che ognuno doveva procurarsi da solo le armi e decorarle.
Ricostruzione della falange oplitica greca. In realtà l'equipaggiamento dei soldati non era uniforme, tranne che a Sparta, dato che ognuno doveva procurarsi da solo le armi e decorarle.

La prima unità organizzata di cui si ha notizia in occidente in epoca classica è la falange oplitica delle città-stato della Grecia. Questa unità era ulteriormente divisa in unità minori, a Sparta in enomotía (23 opliti) con quattro enomotíae che formavano un lóchos[3] (disposto su 8 linee). Successivamente, ai tempi di Senofonte, i lóchoi furono portati a 144 uomini, con quattro lóchoi che formavano una mora, con 6 morae che costituivano tutto l'esercito spartano (quindi di circa 3600 opliti). È proprio con la nascita della falange oplitica che nasce il concetto di unità militare (táxis) in cui ogni componente ha una funzione collegata a quella del soldato che ha accanto (eutaxía). A fianco della falange oplitica compaiono unità di cavalleria e di fanteria leggera (peltastai) solo successivamente alla Guerra del Peloponneso.

A parte alcune eccezioni (battaglia di Leuttra), lo scontro tra falangi era una semplice spinta fra le prime linee, in cui le linee posteriori non avevano un'arma offensiva in grado di nuocere al nemico (la picca dell'oplita era lunga circa 2 m). La falange macedone dotò i componenti di una lancia molto più lunga, in modo che anche le linee dopo le prime due o tre fossero in grado di impegnare il nemico. La nuova picca (sarissa), ora lunga circa 6 m, non poteva essere tenuta con una mano sola, quindi fu necessario ridurre il peso sia dello scudo sia della protezione generale del soldato, e la falange oplitica divenne il syntagma della falange macedone. La táxis, unità base di fanteria, su dodici linee di guerrieri, era una perfetta macchina in difensiva, capace di rompere ogni attacco frontale, ma, in offensiva, era lenta ed estremamente vulnerabile sui fianchi, quindi, a fianco delle táxis, dovevano essere schierate unità di fanteria leggera (hypaspistài) o di cavalleria (hetàiroi) per aggirare il fianco del nemico e spingerlo sulle picche della fanteria pesante. La táxis a sua volta era divisa in unità minori, con valore "amministrativo" più che tattico: (decarchia, lóchos, pentacosiarchia)[4]. In questo modo la falange diventava la prima unità pluriarma a comparire negli eserciti occidentali, con un rapporto fra fanteria e cavalleria di circa 2:1 all'epoca di Alessandro Magno. Queste caratteristiche resero la falange macedone l'unità militare più avanzata dell'epoca, praticamente invincibile nella pianure dell'Asia Minore. Nei regni dei diadochi la falange organicamente ebbe un'ulteriore evoluzione, con l'inserimento di unità di cavalleria leggera ed anche di elefanti, tuttavia l'impiego tattico non fu più così brillante come alle origini, riducendosi progressivamente ad uno scontro frontale fra taxis, con un aumento continuo del rapporto fra fanteria e cavalleria.

[modifica] Roma

Per approfondire, vedi la voce Legione romana.
Ricostruzione della avanzata in formazione dei soldati romani armati di scutum e gladium dopo il lancio dei pilum
Ricostruzione della avanzata in formazione dei soldati romani armati di scutum e gladium dopo il lancio dei pilum
Struttura della legione imperiale (fine I secolo a.C)
Struttura della legione imperiale (fine I secolo a.C)

Mentre nel Mediterraneo orientale le unità militari si evolvevano secondo questi canoni, in Italia l'evoluzione avveniva sotto l'impulso di Roma che, nelle guerre sannitiche, aveva apprezzato la facilità con cui i sanniti riuscivano ad organizzarsi in terreno impervio, grazie alla loro capacità di far operare indipendentemente unità di dimensioni ridotte (famoso è l'episodio delle Forche Caudine, in cui i romani furono pesantemente sconfitti dai sanniti, proprio grazie alla maggiore flessibilità delle unità di questi ultimi). La necessità di operare con formazioni meno serrate di quelle con cui operava la falange costrinse i romani anche a modificare l'organizzazione dell'esercito, quindi una legione (circa 4000 uomini all'epoca delle guerre puniche) era divisa su quattro linee, di cui le prime tre non erano più armate di picca, ma di un giavellotto (pilum) da utilizzare nella prima fase del combattimento, per poi continuare la mischia con la spada (gladium), solo la quarta linea (i triarii, circa 1200 uomini) restava armata di picca, con un utilizzo tattico come riserva d'urto (per rompere definitivamente il fronte del nemico) o come copertura in caso di ritirata della legione. In conclusione nella legione della prima età repubblicana meno di un terzo dei soldati era armato di picca, mentre la massa era armata o solo di spada e giavellotti leggeri (velites) o di spada e pilum (hastati e principes). Il fatto rivoluzionario in tutto questo era che ogni scaglione della fanteria pesante era a sua volta diviso in dieci manipoli, che, disponendosi a quinconce, permettevano il sostegno reciproco, facendo avanzare e retrocedere hastati e principes a seconda della necessità. La legione, in quanto grande unità pluriarma, aveva anche contingenti di cavalleria (alae) e contingenti specializzati di alleati (socii).

In realtà la legione ebbe un'evoluzione continua, passando dallo schema descritto sopra (usato dalle guerre sannitiche fino alla battaglia di Canne) ad uno schema concepito da Scipione Africano in cui, pur essendo conservato lo stesso organico, le tre linee (hastati, principes, triarii) operavano come "brigate indipendenti", permettendo azioni sul fianco nemico da parte di principes e triarii, mentre il fronte era bloccato dagli hastati. Furono queste innovazioni tattiche che permisero alla legione di risalire la china della seconda guerra punica ed arrivare alla vittoria finale contro Cartagine. Sul piano dell'armamento queste modifiche tattico-organiche portarono all'abbandono della picca anche da parte dei triarii, che ora non avevano più funzioni per il combattimento in ordine chiuso. Nello stesso periodo fu introdotta un'ulteriore modifica organica nella legione, cioè un'unità intermedia fra manipolo e legione, che raggruppava tre manipoli dei tre diversi ordini (hastati, principes e triari), detta coorte. Inizialmente la coorte utilizzò i triarii (ancora armati di picca) in prima linea, in modo da opporre uno schieramento compatto e fornito di armi lunghe alle spade ed all'impeto dei guerrieri Celtiberi e Lusitani in Iberia, guerrieri che avevano messo più volte in difficoltà le forze regolari romane.

Nella prima età imperiale la legione si arricchì di armi neurobalistiche, mentre tese ad aumentare la componente di cavalleria (sempre abbastanza ridotta in epoca repubblicana), diventando così una vera e propria unità indipendente, in grado di condurre anche assedi senza la necessità di supporti esterni. Con il tardo impero la legione in occidente venne suddivisa in vexillationes, destinate a coprire solo postazioni locali, ed alla fine dell'impero praticamente era equiparabile alle unità barbariche con cui doveva combattere. In oriente l'evoluzione della legione portò ad aumentare continuamente le componenti di cavalleria, più in termini di peso nell'impiego tattico che in termini di peso numerico.

[modifica] Unità militari in epoca medioevale

[modifica] Alto medioevo e Sacro romano impero

Nel corso degli ultimi secoli dell'Impero romano in occidente la legione lentamente si dissolse, per essere sostituita dalle istituzioni militari dei barbari.[5] Questa evoluzione fu dovuta al progressivo inserimento di personale barbarico (particolarmente Vandali, Goti e Franchi) nei ranghi della legione. Questo inserimento di personale non omogeneo entro una struttura che era centrata sulla fanteria pesante ebbe l'effetto di trasformarla in base all'armamento ed all'addestramento delle nuove reclute (che, ad un certo punto, arrivarono ad essere l'80% degli effettivi). Mentre l'armamento base del legionario romano era il gladium (lungo circa 50 cm) e lo scutum (che copriva praticamente tutto il corpo) l'armamento dei barbari appiedati era su spada lunga (100 cm) e scudo rotondo, dato che lo scudo romano sarebbe stato di ingombro eccessivo se si doveva maneggiare un'arma delle dimensioni della spada. Questo comportava uno schieramento diverso della fanteria, che doveva avere i ranghi più larghi per poter usare l'arma, ma per questo motivo era maggiormente soggetta agli attacchi della cavalleria pesante, armata di lancia[6]. A questo punto, avendo la fanteria pesante perso il suo ruolo centrale nella battaglia, il ruolo di "arma decisiva" venne progressivamente assunto da parte della cavalleria, che era principalmente cavalleria pesante, armata di lancia. Con lo sviluppo della cavalleria e la perdita di importanza della fanteria pesante assunse maggiore rilevanza la fanteria leggera, meno protetta della fanteria pesante, ma fornita di armi da getto (archi e giavellotti). Sulle istituzioni militari barbariche mancano fonti scritte, quindi non è facile capire quanto delle modifiche nella legione furono evoluzioni di tendenze già presenti e quanto fu invece importato dalle istituzioni presenti nelle forze armate dei barbari.

Con Carlo Magno i gradi militari e nobiliari furono equiparati, in quanto i nobili dovevano fornire all'esercito imperiale un numero di uomini dipendente dall'estensione dei loro possedimenti (feudi), uomini di cui restavano formalmente capi, creando quindi un sistema di unità militari strettamente legato alla figura del capo ed alla contiguità geografica fra gli appartenenti all'unità stessa. A fianco dei comandi militari veri e propri (inizialmente appannaggio dei nobili) si crearono incarichi militari particolari, da cui spesso derivano i nomi dei gradi militari usati ancora oggi. In un'epoca in cui la forza militare risiedeva essenzialmente nella cavalleria il comes stabuli (conestabile) o conte destinato alla gestione delle scuderie aveva un incarico di responsabilità elevatissima per tutto l'esercito, sotto al conestabile stava il marskalk (maresciallo), cioè il maniscalco. L'evoluzione del feudalesimo, che, ancor prima della fine del IX secolo, rese ereditario (e quindi non più soggetto a revoca) il titolo nobiliare, permise ai nobili di avere eserciti propri, non più soggetti al controllo dell'imperatore. Attorno alla fine del millennio comparve il nemico che avrebbe cancellato la cavalleria dal campo di battaglia: l'arma da getto, la reazione dei cavalieri fu la creazione di una nuova unità tattica, la lancia, basata sul cavaliere, supportato da un certo numero (quattro o cinque) di fanti e di arcieri. Con il tempo le lance furono organizzate in compagnie, che, al tempo di Carlo VII di Francia (1453) contavano ognuna 100 cavalieri ed altrettante lance. Considerando che praticamente ogni signore organizzava l'esercito secondo le sue esigenze, in questo periodo le formazioni militari erano estremamente variabili, quindi non è possibile indicare una via di evoluzione unitaria.

[modifica] Impero romano d'Oriente

Diversamente si evolsero i costumi militari nell'Impero orientale, dove le unità militari ebbero un'evoluzione progressiva dalla legione, che, tuttavia, perse completamente le sue caratteristiche tattiche, diventando molto più simile alla falange macedone. Infatti l'arma più rilevante dal punto di vista tattico era la cavalleria pesante (cataphracti), mentre la fanteria forniva (quando ci riusciva) il perno di manovra per le azioni della cavalleria, supportata anche da cavalleria leggera di arcieri. L'unità base era la banda o il numerus, formata da circa 350 uomini, cinque bandae formavano una turma (di solito comandata da un duca), infine due turmae formavano un thema, comandato dal generale e ritenuto capace di operare senza bisogno di appoggio. Ogni thema si basava sul proprio distretto militare (thema), mentre le zone critiche, in cui sorgevano le fortezze più importanti, erano indicate come clissurae e poste sotto il comando di un clissurarca.

[modifica] Arabi

Un cenno a parte meritano le unità militari arabe, che nel VII secolo, dilagarono in tutto il Mediterraneo partendo da quello che oggi è il Vicino Oriente. Le unità arabe in Siria (che, all'epoca comprendeva l'attuale Siria, il Libano, la Giordania e Israele/Palestina) si organizzarono, a somiglianza delle unità bizantine, su 4 iniziali distretti militari (jund): Homs, Damasco, Giordano e Palestina), a cui poi si aggiunse quello di Qinnasrin. Diverso fu lo sviluppo nella Penisola Iberica, dove i musulmani, per più di 500 anni, si scontrarono con i cristiani in quella che in spagnolo fu indicata come la "Reconquista". Uno scontro di quella durata, naturalmente, ebbe un notevole influsso sulle istituzioni militari di entrambi i partecipanti, le unità arabe, sotto il califfato omayyade, erano organizzate in tre e successivamente due kùwar (simili ai jund), protetti da una linea di fortificazioni (thugùr), con capoluogo a Saragozza e a Medinaceli. I reparti combattenti erano composti sia da truppe mercenarie (haslam), sia regolari, che potevano essere volontari pagati (muttawi'a) o combattenti per il gihàd (mugahidìn o ahl al-ribàt), non pagati, ma partecipanti alla divisione del bottino. L'organizzazione era su gruppi di circa 5000 uomini di origine etnica omogenea (raya), a loro volta divisi in reggimenti (′àlam) di 1000 uomini, comandati da un qà'id, che, a loro volta si suddividevano in unità minori (liwà di 200 uomini, band di 40 uomini ed infine ′uqda di 8 uomini). L'organizzazione in battaglia era simile a quella dell'esercito partico, in cui un perno di manovra di fanti armati di picca e scudo permetteva agli arcieri di agire con il tiro indiretto contro le fanterie nemiche ed alla cavalleria di operare lo sfondamento finale del dispositivo nemico.

[modifica] Mongoli

Mentre questa era la situazione in Europa, in Mongolia veniva creata l'unica unità organica totalmente di cavalleria che avesse sia la capacità di impegnare il nemico con l'urto sia di impegnarlo con il tiro, questa unità era l′ordu (letteralmente "esercito", da cui la parola italiana "orda"). L'esercito mongolo era organizzato su base decimale, dieci cavalieri formavano un plotone, dieci plotoni formavano uno squadrone, dieci squadroni un reggimento e dieci reggimenti (quindi 10.000 uomini) formavano un ordu. L′ordu era composto per circa il 40% di cavalleria pesante, che quindi impegnava il nemico con la lancia e con l'urto. Il resto dell'unità era di cavalleria leggera, armata di arco (del tipo composito sviluppato in Asia, quindi utilizzabile stando a cavallo) e di giavellotti. Ogni uomo aveva due cavalli, in modo da poter proseguire l'azione anche dopo che il primo cavallo era stato ucciso o non era più in grado di proseguire l'azione. La disciplina dell′ordu era severissima, ogni uomo doveva obbedire immediatamente e totalmente agli ordini ricevuti. Lo schieramento dell'ordu (e delle unità minori) era su 5 linee, con le prime due formate da cavalleria pesante, all'approssimarsi del nemico la cavalleria leggera attraversava le linee della cavalleria pesante e lo impegnava a distanza col tiro, mentre la cavalleria pesante successivamente caricava a fondo sul nemico già disorganizzato. Il problema dell'ordu era la logistica, dato che il movimento di un ordu imponeva il vettovagliamento per circa 20.000 cavalli (un cavallo mangia molto più di un uomo), quindi era un'unità che poteva sostenersi solo depredando pesantemente il territorio su cui si trovava.

[modifica] Unità militari in epoca rinascimentale

[modifica] Mercenari

Attorno al 1300 nascono le prime milizie mercenarie, che, essendo forze armate permanenti, devono basarsi su una disciplina ed un'organizzazione molto più spinta di quella delle milizie feudali, ed anche delle milizie nazionali che nascono nello stesso periodo. Mentre i mercenari svizzeri sono organizzati in insegne (di alcune centinaia di uomini), i Lanzichenecchi presentano una struttura più complessa, l'unità base è il reggimento (Regiment) al cui comando si trova un colonnello (Obrist o Feldoberst), cui sono sottoposti capitano (Haputmann), luogotenente (Leutenant), addetto alla logistica (Quartiermeister) e capo della polizia interna (Profoss). Fra la truppa e i sottufficiali si distinguono alfiere (Fänrich o Fahnenträger), tamburo (Trommelschläger), piffero (Pfeifer), maresciallo (Feldweibel), sergente (Gemeinweibel), furiere (Fourier) e caporale (Rottmeister). Come si vede è con queste truppe mercenarie che comincia la distinzione fra ufficiali, sottufficiali e truppa. Il reggimento era composto da 10-16 compagnie (Fahnlein) ciascuna di 400 uomini, divise a loro volta in plotoni (Rotten) di 10 uomini o sei uomini armati di spada a due mani (Doppelsölden). I Lanzichenecchi erano ripartiti, oltre che sul piano dell'organica, anche per specializzazione d'impiego: picchieri, colubrinieri, alabardieri ed i già citati Doppelsölden.

Il dispiegamento tattico tanto dei picchieri svizzeri quanto dei lanzichenecchi era su quadrati 6000-8000 uomini, disposti generalmente a scalare su linee di tre quadrati, cui il quadrato avanzato doveva fare da perno di manovra bloccando frontalmente il nemico, mentre i due quadrati arretrati (generalmente più piccoli) dovevano cercare l'avvolgimento su uno dei fianchi.

[modifica] Spagna

Picchieri e moschettieri in una ricostruzione contemporanea della battaglia di Naseby (1645)
Picchieri e moschettieri in una ricostruzione contemporanea della battaglia di Naseby (1645)

Fra la fine del Medio Evo e l'inizio del Rinascimento la potenza della Spagna si diffuse in tutta Europa, l'organizzazione militare di questa nazione si era strutturata in modo estremamente efficace nel corso della riconquista della Spagna dai Mori e nelle guerre che avevano visto combattere fra loro i principi cristiani. L'unità base dell'esercito spagnolo era il tercio, composto da 3000 uomini, fra picchieri e moschettieri, i tercios formarono il nerbo delle forze imperiali, e, fino alla Battaglia di Breitenfeld, furono considerati quasi imbattibili. Gli organici ridotti del tercio (che, appunto, inquadrava circa un terzo degli uomini di un quadrato svizzero o tedesco) derivano dal fatto che, con lo sviluppo delle armi da fuoco, una massa compatta come quella dei quadrati del primo rinascimento presentava un bersaglio estremamente pagante anche per le ridotte capacità delle armi da getto dell'epoca. Il problema del tercio, che fu sentito fra gli studiosi militari fino agli ultimi anni del XVII secolo era quello di determinare la proporzione fra picchieri e moschettieri, dato che le caratteristiche delle due specialità si integravano, ma non erano sostituibili. Questo portò ad una progressiva riduzione dei picchieri nei confronti dei moschettieri, tanto che nella seconda metà del XVII secolo i picchieri erano ridotti ad un terzo dei moschettieri[7]. La soluzione definitiva al problema fu trovata nella seconda metà del XVII secolo con l'introduzione fra le armi della baionetta, che permetteva ai moschettieri di operare tatticamente come picchieri, naturalmente la baionetta da sola non avrebbe modificato i campi di battaglia come ha fatto, se, insieme non ci fosse stato un sensibile progresso anche dell'arma da fuoco, che diminuì di peso e aumentò la cadenza di tiro. L'ultima nazione a mettere in campo unità di picchieri fu la Svezia a Poltava (1709). Comunque, ancora nel 1792, nell'Assemblea nazionale francese veniva proposta la creazione di unità di picchieri[8].

[modifica] Mamelucchi

In età mamelucca (1250-1517) la guida dello Stato era affidata al Sultano, comandante di tutte le formazioni militari composte da Mamelucchi e di quelle della halqa, formate da soldati non-mamelucchi.
Gli ufficiali dei suoi reggimenti si distinguevano in "Amīr di 10" (uomini)", in "Amīr di 40", in "Amīr mi’a muqaddam alf", ossia "Comandanti di 100 (cavalieri mamelucchi) e di 1000 (soldati non mamelucchi).
Un punto di grave debolezza, che li mise in condizione di essere infine sconfitti dagli Ottomani nel 1516-17, fu tuttavia la loro decisa avversione per le armi da fuoco e le artiglierie, da essi giudicate strumenti "vili" di combattimento, perché evitavano il confronto diretto col nemico.

Le unità mamelucche, che prendevano il nome dal loro comandante-padrone (ad es. Zāhiriyya, da al-Malik al-Zāhir; Ashrafiyya, da al-Malik al-Ashraf) erano di cavalleria (furūsiyya), erano in pratica guidate da quello che era nei fatti il vice-Sultano, vale l'atābeg al-‘asākir, cioè "atābeg (tutore o reggente) dei soldati".

Nel periodo cosiddetto "circasso" la terza carica sultanale divenne quella di dawādār kabīr, cui era assegnata la percezione delle imposte del Sultanato (quindi una sorta di ministro delle Finanze) ma anche quella della formazione dei reparti militari non-mamelucchi (halqa ) e la gestione del barīd (quindi una sorta di ministro delle Comunicazioni e capo del controspionaggio).

Di rilievo militare nel medesimo periodo fu la carica di amīr silāh (lett. "Comandante delle armi") che in periodo cosiddetto "turco" era invece un semplice funzionario di palazzo addetto alla persona del Sultano.

[modifica] Impero Ottomano

Fra il Rinascimento e l'epoca moderna si affermò in Europa la potenza turca ottomana, che, partita dalla Penisola anatolica, espanse il suo controllo sulla regione dei Balcani fino all'Ungheria ed all'Ucraina, arrivando nel 1689 ad assediare Vienna. L'esercito turco fino al alla fine del XVIII secolo era basato su coscrizione regionale, con corpi speciali che svolgevano compiti particolari. Particolarmente apprezzato era l' ocaq (lett. "famiglia") dei giannizzeri, guardia personale del sultano addestrata fin dall'età pre-adolescenziale al "mestiere delle armi" e dotata della migliore artiglieria dell'epoca. Questi erano organizzati sulla base dell' orta, unità di forza variabile da qualche centinaio a qualche migliaio di uomini; da notare come il termine, leggermente mutato in orda, sia tuttora nel linguaggio comune con significato spregiativo. Dopo la conquista di Costantinopoli (1453), con l'inizio dell'espansione in Europa, l'esercito turco, per restando su base feudale nei suoi reparti di cavalleria (akinci), migliorò il suo già ottimo armamento grazie a un addestramento particolarmente curato, superando in molti casi per qualità quello degli altri eserciti europei, seguitando a lungo a contare sul suo dominio nel settore dell'artiglieria.

[modifica] Evoluzione tattico-organica della cavalleria

Nel corso di questo periodo le unità di cavalleria ebbero un'evoluzione parallela a quella della fanteria, sia in termini di armamento sia in termini di organica. Alla fine del Medio Evo le unità di cavalleria erano organizzate in lance, su cavalieri armati appunto di lancia e e con una protezione estesa a tutto il corpo. Data l'arma offensiva principale (lancia) i cavalieri dovevano impegnare il nemico a forte velocità, tuttavia anche i cavalli più robusti, con il carico del cavaliere e dell'armatura, riuscivano a tenere la velocità massima solo su tratti piuttosto brevi (un centinaio di metri), quindi i cavalieri restavano soggetti per tempi relativamente lunghi la tiro delle nascenti armi da fuoco. inoltre il singolo cavaliere aveva bisogno di tutto il suo seguito per montare e smontare da cavallo, cosa che diminuiva notevolmente il suo valore tattico. Quindi lo sviluppo delle cavallerie si orientò a ridurre la protezione del cavaliere e, con la nascita dell'accensione a ruota, ad armare anche i cavalieri con armi da fuoco. In questo ambito nacquero i retiri e la tattica del caracollo. Questa tattica presupponeva che i cavalieri, avanzando al trotto, si portassero a distanza di tiro dal nemico e scaricassero su di esso le proprie pistole. Una volta effettuato ciò, la prima riga eseguiva una conversione per lasciare libero il campo di tiro alla riga successiva e, rimettendosi in coda, aveva il tempo di ricaricare le proprie armi. Le conseguenze organiche di questa tattica furono che la cavalleria fu organizzata in grosse unità, su una profondità che arrivava anche a 34 righe. [9] Questa tattica fu completamente sovvertita da Gustavo Adolfo, re di Svezia, che, organizzando il suo esercito su criteri più moderni, ridusse la protezione della sua cavalleria ad un semplice pettorale e la addestrò ad operare avanzando sul nemico al galoppo ed impegnandolo con la sciabola invece che con armi da fuoco (carica). A questo punto non sussisteva più la necessità di usare la cavalleria in masse come quelle richieste per il caracollo e, alla fine del XVII secolo, si passò all'utilizzo della cavalleria in squadroni di circa 150 uomini su tre righe . Le specialità della cavalleria a quell'epoca erano le corazze o mezze corazze, armate di sciabola e pistola e destinate a caricare il nemico (fanteria e cavalleria) con compiti risolutivi della battaglia, i dragoni, armati di archibugio o moschetto, destinati a fungere come fanteria montata per azioni rapide su punti critici del nemico ed infine i cavalli leggeri, destinati all'esplorazione ed allo sfruttamento del successo dopo la battaglia. In genere i cavalleggeri avevano denominazioni diverse a seconda dei paesi di origine, fra i più valutati erano gli hussard (lancieri alati) polacchi. La percentuale di cavalleria negli eserciti europei tende a diminuire fino alla riforma di Gustavo Adolfo, per aumentare successivamente fino ad arrivare a circa due terzi della forza totale alla fine della guerra dei trent'anni. [10]

[modifica] Unità militari in epoca moderna e napoleonica

Per approfondire, vedi la voce Guerra con la polvere da sparo#La transizione dall'archibugio al moschetto in 150 anni di storia.

Dopo la comparsa della baionetta i grandi quadrati di picchieri che avevano caratterizzato lo schieramento degli eserciti nel corso delle guerre rinascimentali scomparvero, dato che ora l'aumentata potenza di fuoco dei fucili (a innesco e cartuccia) nei confronti dei moschetti (a ruota) permetteva azioni distruttive a maggiore distanza e con una cadenza di tiro superiore. Prima nelle file dell'esercito inglese e successivamente in quelle dell'esercito prussiano si arrivò alla standardizzazione del tiro su tre file e, verso la fine del XVIII secolo, addirittura su due file, quindi i quadrati cedettero il posto a schieramenti lineari che guadagnarono in fronte quanto avevano perso in profondità. Le unità di impiego furono i reggimenti (circa 1200 uomini), su due battaglioni, ciascuno di circa 600 uomini, calcolando lo spazio circa un metro per un uomo un battaglione (su tre linee) copriva quindi un fronte di circa 200 m. La cavalleria era su squadroni (120-150 uomini) ed un numero variabile di squadroni (3-5 per la cavalleria pesante, ma fino a 10 per la cavalleria leggera) formava un reggimento. A livello superiore l'esercito (che, all'epoca, era composto da un numero abbastanza limitato di effettivi), per motivi di comando e controllo, era diviso grossolanamente in tre forze: in marcia un'avanguardia, un centro ed una retroguardia, organizzati con tre comandi diversi (ma tutti dipendenti dal generale comandante l'esercito, che solitamente era anche il comandante del centro), queste forze, quando l'esercito si spiegava per il combattimento, formavano il centro, l'ala destra e l'ala sinistra dello schieramento. Comunque nel corso del XVIII secolo tutti e tre questi reparti operavano in modo congiunto, tenendosi fra loro ad una distanza minima, tale da poter intervenire immediatamente in aiuto del reparto minacciato.

Ricostruzione (funzionante) di cannone da 2 lb di epoca napoleonica
Ricostruzione (funzionante) di cannone da 2 lb di epoca napoleonica

Nel XVIII secolo avvenne un evento rivoluzionario per l'artiglieria, in quanto il generale francese Gribeauval, basandosi sulle esperienze della guerra dei sette anni, che aveva seguito come osservatore, trasformò radicalmente l'artiglieria, standardizzando i calibri ed alleggerendo notevolmente gli affusti. La riforma di Gribeauval si estese, dalla Francia da cui era partita, in tutta Europa e praticamente dettò le linee di sviluppo dell'artiglieria fino alla guerra di Crimea. Oltre alla standardizzazione dei calibri si deve a lui la suddivisione dell'artiglieria nelle classi da fortezza, da costa, da assedio e da campagna. Mentre le prime due classi erano sostanzialmente fisse, le altre erano incavalcate su affusti ruotati. Per quanto riguarda l'artiglieria da campagna (che era quella che doveva seguire l'esercito in manovra) furono stabiliti quattro calibri (4, 8 e 12 libbre) per i cannoni e due calibri (6 e 8 libbre) per gli obici. Con questa riforma l'artiglieria da campagna fu anche organizzata in batterie di 8 pezzi, destinate ad operare come singola unità sul campo di battaglia e ad ogni divisione di fanteria (4 reggimenti) fu assegnata una batteria di artiglieria, creando così il primo abbozzo di grande unità pluriarma, già proposta nel 1761 dal maresciallo de Broglie.

Dopo i primi convulsi anni della Rivoluzione francese Carnot organizzò l'esercito su 198 demi-brigade (equivalenti ai reggimenti) di linea e 15 demi-brigade leggere, conservando una riserva di 213 battaglioni di fanteria di seconda linea. La demi brigade di fanteria era organizzata su due battaglioni, secondo il principio dell'amalgama, un battaglione proveniva da uno dei reggimenti preesistenti alla rivoluzione, mentre l'altro battaglione proveniva dalla Guardia nazionale. Per soddisfare la nuova necessità di effettivi veniva instaurata per la prima volta in epoca moderna la leva (23 agosto 1793), che interessava tutti i celibi di età compresa fra 18 e 25 anni. Mentre per l'artiglieria fu conservato il sistema organico di Gribeauval, con l'unica modifica di aumentare il numero di batterie a cavallo, la cavalleria fu organizzata anche essa in demi-brigade di 4 squadroni. A livello superiore l'esercito continuò ad essere organizzato in divisioni, a loro volta inquadrate in armate (ben 13 nel 1795), la modifica più rilevante fu la creazione di uno stato maggiore divisionale (ogni generale di divisione aveva a sua disposizione 5 adjutants-général e 4 assistenti).

La maggiore innovazione organica apportata da Napoleone fu la creazione del corpo d'armata. Con Napoleone il comando di tutte le forze armate francesi fu concentrato nell'imperatore, ma, restando le necessità operative che non permettevano la presenza di Napoleone stesso su punti diversi di fronti che talvolta si estendevano per centinaia di chilometri, fu necessario dividere l'armata in corpi di dimensioni ridotte. A questo punto, però, ci fu la vera rivoluzione nell'arte della guerra, in quanto i corpi d'armata non furono semplicemente delle deleghe di comando per permettere il controllo dell'imperatore sui livelli inferiori di organizzazione, ma furono utilizzati come piccole armate autonome, che operavano a circa un giorno di marcia uno dall'altro, quindi, una volta attaccati, potevano resistere per il tempo necessario agli altri corpi di convergere sul campo di battaglia, per intrappolare il nemico in una situazione in cui il corpo attaccato formava il perno della manovra dei corpi marcianti. Analogo fu l'impiego delle divisioni nei confronti dei corpi, per cui una divisione, potendo resistere per un certo tempo (almeno un'ora secondo Napoleone[11]) permetteva al resto del corpo di evoluire per impegnare il nemico indipendentemente dall'esito del combattimento divisionale. I corpi d'armata napoleonici erano comandanti da un maresciallo, ed erano composti volutamente da un numero di divisioni variabile, in dipendenza principalmente dalla situazione contingente, ma anche per poter tenere il nemico nell'incertezza sulle forze francesi effettivamente presenti.

[modifica] Organizzazione della Grande Armèe

Organizzazione della Grande Armèe nella campagna del 1805
Organizzazione della Grande Armèe nella campagna del 1805

Quando fu organizzata, la Grande Armata (Grande Armée) era basata su un organico ben preciso, la composizione era su 7 corpi d'armata, in cui erano presenti tutte e tre le armi, con un numero variabile (generalmente fra due e quattro) di divisioni di fanteria, una divisione o brigata di cavalleria leggera e 6 batterie di artiglieria. Oltre a questi corpi era presente il corpo di riserva di cavalleria su 2 divisioni di corazzieri, 5 divisioni di dragoni (di cui una piedi), 1 divisione di cavalleria leggera e 4 batterie di artiglieria a cavallo. A queste unità si devono aggiungere le unità della Guardia, che ebbero un organico estremamente variabile fra il 1805 (12000 uomini) ed il 1814 (112500 uomini).

[modifica] Fanteria

Organizzata in battaglioni come unità tattica di base e di impiego (a loro volta suddivisi in 8 compagnie)

  • 2 o 3 battaglioni formavano un reggimento
  • 2 o 3 reggimenti formavano una brigata
  • 2 o 3 brigate con una batteria di accompagnamento (4, 6 o 8 libbre) formavano una divisione
Quindi la divisione era l'unità monoarma più elevata, se non si considera la presenza della batteria di artiglieria nelle divisioni di fanteria.

[modifica] Cavalleria

  • La cavalleria pesante (corazzieri e carabinieri) era organizzata in reggimenti su 4 squadroni, ognuno di 2 compagnie
  • I dragoni erano organizzati in reggimenti su 5 squadroni
  • La cavalleria leggera era organizzata in reggimenti su un numero di squadroni variabile da 4 a 8

La cavalleria pesante ed i dragoni erano organizzati in divisioni, mentre la cavalleria leggera poteva essere assegnata a corpi d'armata con fanteria come arma di base anche a livello brigata.

[modifica] Artiglieria

  • L'artiglieria a piedi era organizzata su reggimenti ognuno su 27 compagnie, ogni batteria[12], che era anche l'unità di impiego, era su 6 cannoni e 2 obici
  • L'artiglieria a cavallo[13] era organizzata in reggimenti, ognuno su 6 o 7 compagnie.

[modifica] Unità militari contemporanee

Dopo l'epoca napoleonica il sistema dei corpi d'armata fu accolto anche nelle altre nazioni europee, mentre la divisione continuò ad essere praticamente un'unità monoarma (anche se fornita di artiglieria propria) fino alla prima guerra mondiale. Nel corso della prima guerra mondiale l'unità di impiego, dato il fronte ristretto e congestionato su cui operavano le truppe, fu il reggimento, mentre la divisione ebbe compiti praticamente solo amministrativi e l'impiego a livello di grande tattica avvenne nei corpi d'armata. Dopo il 1916 l'esercito tedesco, sviluppando le nuove tattiche di fanteria, baste sull'iniziativa dei comandanti a livello inferiore, rivalutò l'importanza tattica del battaglione, che non fu più solo una divisione amministrativa del reggimento, ma divenne l'unità minima per l'impiego tattico, negli altri eserciti coinvolti in guerra invece questa rivoluzione tattica non fu sviluppata fino a dopo la guerra, quando fu possibile studiare gli scritti teorici dello stato maggiore tedesco. Nel corso della guerra l'arma che ebbe la massima evoluzione organica fu l'artiglieria, che fu suddivisa in artiglieria di divisione, artiglieria di corpo d'armata ed artiglieria di armata, in base alla maggiore unità a cui era sottoposta. Questa suddivisione in base all'organico si rifletteva anche sui calibri, in quanto l'artiglieria di divisione (in prossimità della prima linea) doveva essere sufficientemente mobile per sfuggire al tiro di controbatteria nemico e riprendere una nuova posizione in tempi relativamente brevi, quindi non poteva avere un calibro eccessivo. In base a considerazioni simili i calibri dell'artiglieria di corpo d'armata erano maggiori ed i pezzi dell'artiglieria d'armata avevano calibri tali che spesso erano richiesti serventi in numero molto elevato solo per caricare il pezzo.

[modifica] La guerra corazzata

Per approfondire, vedi la voce Guerra corazzata.

Dopo la prima guerra mondiale lo sviluppo dei mezzi corazzati spinse allo studio di nuovi tipi di divisione, in cui operassero congiuntamente aliquote delle varie armi, così, a fianco delle divisioni di fanteria, furono create divisioni di cavalleria in cui erano previsti battaglioni o compagnie di unità corazzate o blindate e, nella seconda metà degli anni '30, divisioni corazzate, in cui operavano congiuntamente reggimenti corazzati e di fanteria. In Italia nel 1939, con la riforma Pariani fu tentato l'esperimento della divisione binaria, cioè di una divisione in cui fossero presenti solo due reggimenti di fanteria invece dei tre inquadrati generalmente. Questa riforma, che avrebbe dovuto portare ad unità combattenti più flessibili (ovviamente a spesa di un maggior rapporto fra personale amministrativo e personale combattente) nella realtà italiana condusse ad unità troppo deboli in attacco, soprattutto per la cronica mancanza di artiglierie moderne del Regio Esercito e per la mancata motorizzazione totale delle divisioni, che pure era prevista. La maggiore conseguenza della riforma Pariani fu che, all'inizio della seconda guerra mondiale, non tutte le divisioni erano ancora state organizzate sul nuovo ordinamento, quindi parte delle divisioni era di un tipo e parte di un altro. Durante il conflitto si ebbe inoltre una convergenza tra carro armato e artiglieria, con la creazione dell'artiglieria semovente, formata da scafi di carro armato con un pezzo di artiglieria di grosso calibro posto direttamente sullo scafo; di questi vennero formate delle unità organiche che tuttora fanno parte delle unità corazzate e meccanizzate.

[modifica] Evoluzione dell'organica nel secondo dopoguerra

Nel corso della seconda guerra mondiale la diluizione delle truppe nell'area del combattimento portò ad una situazione che non era confrontabile con quella del precedente conflitto mondiale, in cui le truppe erano ammassate su fronti molto ristretti, quindi anche l'organica fu costretta ad adeguarsi a questa nuova realtà del campo di battaglia. L'unità di impiego delle unità combattenti divenne il battaglione, coordinato a livello divisione per un'operazione di grande tattica. Il corpo d'armata divenne un'unità praticamente amministrativa, mentre, dato il gran numero di truppe impiegate sui vari teatri di guerra, fu creata una grande unità superiore all'armata, cioè il gruppo di armate. Nel corso della guerra apparve sempre più spesso chiaro che la divisione non era più adatta ai compiti richiesti dalla guerra mobile, quindi nel 1941 l'esercito tedesco riorganizzò le sue divisioni corazzate (Panzerdivision), trasformandole in divisioni binarie, su un reggimento corazzato ed un reggimento di fanteria meccanizzata, tuttavia anche questa riduzione organica non fu sufficiente, e, nella seconda metà della guerra, i comandanti di divisione ricorsero sempre più spesso ai gruppi di combattimento (Kampfgruppe), unità pluriarma create ad hoc per operazioni particolari della consistenza approssimativa di una brigata. Nell'esercito statunitense invece le divisioni, sempre ternarie, quando necessario venivano divise in Combat Command, analoghi ai Kampfgruppe tedeschi, ma su base strettamente organica, comprendendo un reggimento della divisione più uno dei gruppi dell'artiglieria divisionale.

Dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo della guerra fredda, le divisioni restarono sostanzialmente ternarie, con due reggimenti di fanteria ed un reggimento corazzato (divisione di fanteria) o due reggimenti corazzati ed un reggimento di fanteria meccanizzata (divisione corazzata) in ambito NATO. Comunque la struttura organica divisionale era tale che fosse possibile operare per combat command sostenendo carri armati e fanterie con gruppi dell'artiglieria divisionale. Con la fine della guerra fredda gli eserciti hanno ridotto il numero di effettivi e, nella maggior parte degli stati, è stato abolito il servizio di leva. Le divisioni, con il loro numero estremamente elevato di soldati raggruppati sotto un singolo comando (la divisione NATO aveva un numero di effettivi prossimo a 12000), non rappresentano più la soluzione ottimale per comando e controllo delle unità sul campo. Inoltre l'impiego tipico dei militari (almeno nelle nazioni NATO ed ex Patto di Varsavia) è quello in operazioni di peace keeping, quindi basato su numero di effettivi ridotto e con necessità di una struttura di controllo quanto più flessibile possibile. Per questi motivi si sta tendendo ad eliminare le divisioni nell'organica, sostituendole con brigate, cioè unità su un unico reggimento e con i relativi servizi ed armi di accompagnamento. Nell'Esercito Italiano si è operato in modo leggermente diverso, ristrutturando (ma non sempre) i reggimenti su un unico battaglione (invece che su tre) più una compagnia comando e servizi che dovrebbe espletare la parte logistica ed amministrativa; le brigate sono poi state organizzate su almeno tre reggimenti di fanteria o cavalleria corazzata e su reggimenti delle armi di appoggio (vedi organigramma della Brigata Corazzata Ariete).

[modifica] US Marine Corps e Reggimento San Marco

Il corpo dei Marines degli Stati Uniti (USMC) impiega unità complesse (brigate e divisioni) che hanno una aviazione d'attacco organica, come lo sono artiglieria e blindati. Inoltre una MEU (Marine Expeditionary Unit) è una unità integrata a livello di reggimento che ingloba:

  • un battaglione di fanteria,
  • un gruppo aereo,
  • un battaglione logistico da combattimento.

Una struttura simile si trova nel Reggimento San Marco della Marina Militare Italiana.

[modifica] Adeguamento dell'organica alle esigenze di impiego "fuori teatro" per missioni internazionali

Poiché gli impegni internazionali tendono a creare unità complesse multinazionali, l'Esercito Italiano recentemente ha ricreato la struttura a livello di divisione, intesa come comando senza forze proiettabile, quindi una struttura con stato maggiore e comunicazioni che va integrata di volta in volta con le unità necessarie alla missione da assolvere. Ovviamente, alcune di queste unità possono essere di altri paesi, come ad esempio avviene nella KFOR in Bosnia Erzegovina per fare solo un esempio; spesso queste unità sono composte da paesi che hanno in comune la dottrina militare e l'appartenenza ad una alleanza, tipicamente la NATO, ma anche a livello UEO, come la Forza da sbarco Silf (spanish-italian landing force) italo-spagnola [14] o la Divisione franco-tedesca esistenti da tempo.

[modifica] Note

  1. ^ Il volto della battaglia, ISBN 8851522480, pagg. 74-75
  2. ^ Questa affermazione riveste al giorno d'oggi un valore meramente programmatico, poiché non è particolarmente raro l'impiego di personale di "polizia" (Polizia di stato, Guardia di finanza, ecc.) anche in missioni all'estero, nell'ambito di attività di cooperazione internazionale a vario titolo, per esempio (ma non solo) per concorrere alla "rifondazione" di forze di polizia nei paesi in via di sviluppo.
  3. ^ Può essere interessante notare che il significato originale di lóchos è «imboscata, agguato» (vedi Lorenzo Rocci - Dizionario Greco Italiano - Società Editrice Dante Alighieri, 36° edizione, 1991)
  4. ^ Questa suddivisione in unità minori della falange è riportata da Carlo Arrigo Pedretti, Gli ipaspisti di Alessandro, su Panoplia N° 17-18, gennaio-giugno 1994, pag. 45-47 a pag. 48, tuttavia non c'è concordanza fra gli autori su questo argomento, infatti Dave Arneson, art. cit. pag 12 riporta la divisione in chiliarchia, syntàgma, tàxis, e tetrarchìa (suddivisione che Pedretti nell'articolo citato sopra, attribuisce ai soli hypaspìsti), mentre Piero Pastoretto, La battaglia del fiume Granico, Panoplia N° 25, aprile 1996 pag. 4-9 a pag. 8 riporta la suddivisione della falange in tàxis, syntàgma, lòchos e dekades
  5. ^ Per descrivere la situazione verso il II secolo d. C., ci serviremo delle parole del romanista, Pasquale Voci, concise e chiare:

    «L'ordinamento dell'esercito tiene conto dell'esperienza dell'età precedente. Si distinguono: la guardia imperiale (scholae palatinae), che sta al posto del corpo dei pretoriani sciolto da Costantino; le milizie di frontiera (limitanei, ripenses); l'esercito di campagna, pronto a spostarsi secondo le necessità (comitatenses, cioè eserciti al seguito degli imperatori, finché furono loro a comandarli). I soldati vengono reclutati o tra i coloni o tra i Germani (in minor misura tra altri popoli). Per l'arruolamento dei coloni vige un sistema di leva obbligatoria. Nei riguardi dei Germani, i sistemi sono diversi. Talvolta intere popolazioni si stabilivano in territorio romano col permesso imperiale: divenivano alleati con l'obbligo di combattere per l'impero (così i Goti). Poi c'erano quelli che si arruolavano individualmente; e infine c'erano i prigionieri di guerra, che venivano impiegati come coloni o come soldati. Si trattava di milizie apprezzate, e del resto insostituibili: molti germani divennero capi militari e tennero nelle loro mani le sorti dell'impero.»

    (Piccolo manuale di diritto romano, I — Parte generale — Cedam, Milano, 1979, pag. 83)
  6. ^ Vegezio è chiaramente consapevole di questo problema quando specifica che le reclute devono essere addestrate per colpire di punta e non di taglio (Vegezio, op. cit., Libro I, Cap XII, Non caesim, sed punctim ferire docendos tirones), in modo che la fanteria, coperta con lo scutum, possa difendersi mantenendo i ranghi serrati. Ciò che appare chiaro anche a Vegezio, tuttavia, è che operare in ordine chiuso e ranghi serrati richiede un addestramento ed una coesione morale dell'unità che le reclute barbare non potevano avere acquisito interiormente come i cives romani.
  7. ^ P. Pieri. op. cit. pag. 74
  8. ^ P. Pieri. op. cit., pag. 134 nota 2
  9. ^ P. Pieri. op. cit. pag. 72
  10. ^ P. Pieri, op. cit., pag. 74
  11. ^ Da una lettera di Napoleone a Eugenio di Beauharnais del 7 giugno 1809, citata da D. Chandler op. cit. pag. 222
  12. ^ Nella Grande Armèe gli artiglieri erano organizzati in compagnie come la fanteria, mentre i pezzi (cannoni e obici) erano organizzati in batterie.
  13. ^ La differenza fra artiglieria a piedi ed artiglieria a cavallo non era nel traino dei pezzi, che era sempre traino animale, tranne i poco usati cannoni da 2 libbre, ma nel fatto che i serventi nell'artiglieria a piedi seguivano il traino appunto a piedi, mentre nell'artiglieria a cavallo avevano cavalcature proprie, permettendo così uno spostamento sensibilmente più veloce sul campo di battaglia.
  14. ^ Ultime notizie sulle attività della SILF. URL consultato il 25 maggio 2008.

[modifica] Bibliografia

  • Dave Arneson. "Men at arms Tactical combat 1200 BC - 1500 AD", in Strategy & Tactics, Cambria (CA-USA) n. 137, settembre 1990, pag. 10-18 e 47-52.
  • Giovanni Brizzi. Il guerriero, l'oplita, il legionario Gli eserciti nel mondo classico. Edizioni Il Mulino (Bologna). 2002. ISBN 88-15-8907-1.
  • David Chandler. The campaigns of Napoleon, tradotto da Maurizio Pagliano et al. come Le campagne di Napoleone. 2 volumi. Seconda edizione, Milano, BUR Rizzoli edizioni, 1998. ISBN 88-17-11576-2.
  • Andrea Frediani. Le grandi battaglie dell'antica Grecia. Roma, Newton & Compton, 2005.
  • Claudio Lo Jacono. "L'organizzazione militare arabo-andalusa", in Panoplia N° 11 (Lug-Sett. 1992) - Roma
  • Edward N. Luttwark. The grand strategy of the Roman Empire, tradotto da Pierangela Diadori come La grande strategia dell'Impero Romano, Milano, Rizzoli Edizioni, 1986. ISBN 88-17-16575-1.
  • Piero Pieri. Guerra e politica negli scrittori italiani. Riccardo Ricciardi editore, 1955. Ripubblicata da Arnoldo Mondadori febbraio, 1975.
  • Nicola Pignato. "Fu veramente un errore la divisione binaria?", in Storia Militare, Settembre 1997, n. 48, pag. 28-35. Parma, Albertelli Edizioni Speciali.
  • Giovanni Santi-Mazzini. Le armate e le potenze europee da Carlo Magno al 1914, 2 volumi, seconda edizione. Milano, Mondadori Electa, 2006.
  • Giovanni Santi-Mazzini. La macchina da guerra dal Medioevo al 1914, 2 volumi, seconda edizione. Milano, Mondadori Electa, 2006.
  • Flavio Renato Vegezio, Ad Valentinianum Augustum institutorum rei militaris, tradotto da Antonio Angelini come L'arte militare di Flavio Renato Vegezio, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, Roma, 1984

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

(EN)


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