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Socrate - Wikipedia

Socrate

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

bussola Nota disambigua – Se stai cercando altri personaggi di nome Socrate, vedi Socrate (disambigua).
« Sancte Socrates, ora pro nobis (Santo Socrate, prega per noi) »
« La morte di Socrate e la crocifissione di Cristo fanno parte dei grandi tratti caratteristici dell'umanità. »
« Socrate ha richiamato la filosofia dal cielo alla terra »
(Cicerone, Tusculanae disputationes , V, 4, 10)

Testa di Socrate, scultura di epoca romana conservata al Museo del Louvre

Socrate (in lingua greca Σωκράτης, Sōkrátēs; 469 a.C. – 399 a.C.) è stato un filosofo greco.

È stato uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale. Il contributo più importante che egli ha dato alla storia del pensiero filosofico consiste nel suo metodo d'indagine: il dialogo che utilizzava lo strumento critico dell'elenchos (confutazione) applicandolo prevalentemente all'esame in comune (extazein) di concetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale e della filosofia in generale.

Indice

[modifica] Le fonti sulla vita

È ben noto il fatto che Socrate non abbia lasciato alcuno scritto. Ricaviamo il suo pensiero dalle opere dei discepoli, tra cui spicca soprattutto Platone che fu per lungo tempo uno di essi e che condivise, negli scritti giovanili, il pensiero del maestro, a tal punto che risulta difficile distinguere il pensiero socratico da quello platonico, che acquisì poi una maggiore originalità solo nella maturità e nella vecchiaia. [1]

Un'altra fonte della vita e del pensiero di Socrate è rappresentata dallo storico Senofonte a cui però non interessa il pensiero socratico, ma soprattutto l'esposizione di aneddoti della vita militare del suo amico Socrate.

Socrate nella cesta. Stampa del XVI secolo
Socrate nella cesta. Stampa del XVI secolo

Un'altra testimonianza la troviamo ne Le nuvole, commedia di Aristofane dove Socrate viene rappresentato come veniva visto da alcuni ad Atene e cioè come un pedante seccatore perso nelle sue discussioni astratte e campate in aria. Aristofane infatti mostra Socrate dentro una cesta che cala dalle nuvole mentre è tutto intento a delle ricerche strambe e ridicole, come calcolare quanto è lungo il salto della pulce, o quale sia l'origine del ronzio delle zanzare. Aristofane vuole evidentemente fare una caricatura di queste ricerche naturalistiche che egli impropriamente attribuisce a Socrate, e anche avvertire che chi si dedica allo studio della natura in genere è un ateo, che rigetta la religione tradizionale, nella sua commedia ridicolmente sostituita dal culto delle Nuvole.

Testimone del pensiero socratico è Aristotele che però risulta poco attendibile poiché egli tende a esporre il pensiero dei filosofi precedenti interpretandolo secondo il suo personale punto di vista, operando distorsioni e fraintendimenti sui concetti originali. Aristotele infatti, presenta la dottrina socratica come incentrata, in un primo tentativo fallito, nell'individuare la definizione del concetto. A questo, secondo Aristotele, mirava la ricerca che si esprimeva nel continuo interrogare (ti estì) che Socrate effettuava nel dialogo: la definizione precisa della cosa di cui si stava parlando. In particolare Aristotele attribuiva a Socrate la scoperta del metodo della definizione e induzione, che considerava l'essenza del metodo scientifico. Stranamente però, Aristotele affermava pure che tale metodo non fosse adatto all'etica. Socrate invece avrebbe erroneamente applicato questo suo metodo all'esame dei concetti morali fondamentali del tempo, come ad esempio le virtù di pietà, saggezza, temperanza, coraggio, e di giustizia. [2]

Probabilmente Socrate frequentò il gruppo degli amici di Pericle e conobbe le dottrine dei filosofi naturalisti Ionici di cui apprezzava in particolare Anassimandro, fattogli conoscere da Archelao. Nel 454 a.C. essendo presenti ad Atene Parmenide e Zenone di Elea, Socrate ebbe modo di conoscere la dottrina sofistica come pure fu in rapporti con i sofisti Protagora, Gorgia e Prodico.

Si sa che fu molto interessato al pensiero di Anassagora ma se ne allontanò per la teoria del Nous (Mente) che metteva ordine nel caos primigenio degli infiniti semi. Secondo alcuni interpreti Socrate pensava che questo principio ordinatore dovesse essere identificato con il sommo principio del Bene, un principio morale alla base dell'universo, ma quando invece si accorse che per Anassagora il Nous doveva invece rappresentare un principio fisico, una forza materiale, ne fu deluso e abbandonò la sua dottrina.

[modifica] Vita

Socrate e Santippeincisione di Otto Van Veen, XVII secolo.
Socrate e Santippe
incisione di Otto Van Veen, XVII secolo.

Il periodo storico in cui visse Socrate è caratterizzato da due date fondamentali: il 469 a.C., l'anno in cui nacque, segna la definitiva vittoria dei Greci su i Persiani con la vittoria nella battaglia dell'Eurimedonte. La vita di Socrate si svolge dunque nel periodo della maggiore potenza ateniese ma anche del suo declino. All'età dell'oro di Pericle seguirà infatti nell'anno della morte di Socrate, il 399 a.C., la crisi dell'imperialismo ateniese: con la sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso inizia il dominio spartano sulla Grecia.

Il padre di Socrate fu Sofronisco, uno scultore e sua madre Fenarete, una levatrice. Probabilmente Socrate era di famiglia benestante, di origini aristocratiche: nei dialoghi platonici non risulta che egli esercitasse un qualsiasi lavoro e del resto sappiamo che egli combatté come oplita nella battaglia di Potidea, e in quelle di Delio e di Anfipoli. L'oplita era un fante dotato di un'armatura pesante il cui costo potevano permettersi solo i più facoltosi. È riportato nel dialogo del Simposio di Platone che Socrate fu decorato per il suo coraggio in guerra. In un caso, si racconta, rimase al fianco di Alcibiade ferito, salvandogli probabilmente la vita. Durante queste campagne di guerra dimostrò di essere straordinariamente resistente, marciando in inverno senza scarpe né mantello.

Busto di Socrate conservato nei Musei Vaticani.
Busto di Socrate conservato nei Musei Vaticani.

Sull'aspetto fisico di Socrate, Platone ce lo descrive come un uomo avanti negli anni e piuttosto brutto ma aggiunge anche che egli era come quelle teche apribili, installate di solito ai quadrivi, raffiguranti spesso un satiro che custodivano all'interno la statuetta di un dio. Questo pare quindi fosse l'aspetto di Socrate, fisicamente simile a un satiro, e tuttavia sorprendentemente buono nell'animo, per chi si soffermava a discutere con lui.

Socrate fu sposato con Santippe, che gli diede tre figli (ma secondo Aristotele e Plutarco due di questi li avrebbe avuti da una concubina di nome Mirto). Santippe ebbe fama di donna insopportabile e bisbetica. Socrate stesso attestò che avendo imparato a vivere con lei era divenuto ormai capace di adattarsi a qualsiasi altro essere umano, esattamente come un domatore che avesse imparato a domare cavalli selvaggi, si sarebbe trovato a suo agio con tutti. Egli d'altra parte era talmente preso dalle proprie ricerche filosofiche al punto da trascurare ogni altro aspetto pratico della vita, tra cui anche l'affetto della moglie, finendo per condurre un'esistenza quasi vagabonda. Socrate viene anche rappresentato come un assiduo partecipante a simposi, intento a bere e a discutere. Fu un bevitore leggendario, soprattutto per la capacità di tollerare bene l'alcool al punto che quando il resto della compagnia era ormai completamente ubriaca egli era l'unico a sembrare sobrio.

[modifica] L'Atene di Socrate

L'Acropoli con il Partenone raffigurazione del nazionalismo greco al tempo di Pericle
L'Acropoli con il Partenone raffigurazione del nazionalismo greco al tempo di Pericle

Socrate, visse dunque durante un periodo di transizione, dall'apice del potere di Atene fino alla sua sconfitta per mano di Sparta e alla sua coalizione nella guerra del Peloponneso. Dopo la sconfitta s'insediò ad Atene un regime oligarchico e filospartano guidato da Crizia, un nobile sofista negatore della religione. Dopo appena un anno il governo dei "Trenta tiranni" decadde e s'instaurò un governo democratico conservatore formato da esiliati politici, guidato da Trasibulo che giudicava Socrate un nemico politico per i rapporti che egli aveva avuto con Alcibiade, suo scapestrato discepolo e presunto amante, accusato di avere tradito Atene per Sparta. Il nuovo regime democratico [3] voleva riportare la città allo splendore dell'età di Pericle instaurando un clima di pacificazione generale: infatti non perseguitò, com'era abitudine, i nemici del partito avverso ma concesse un'amnistia. Si voleva tornare a creare in Atene una compattezza e solidarietà sociale riproponendo ai cittadini gli antichi ideali e i principi morali che avevano fatto grande Atene. Ma nella città si diffondeva l'insegnamento, seguito con entusiasmo da molti, specie giovani, dei sofisti i quali invece esercitavano una critica corrosiva di ogni principio e verità che si volesse dare per costituita dalla religione o dalla tradizione.

[modifica] La dottrina socratica

Per approfondire, vedi la voce Pensiero di Socrate (interpretazioni).

Molti studiosi di storia della filosofia [4]concordano nell'attribuire a Socrate la nascita di quel peculiare modo di pensare che ha consentito l'origine e lo sviluppo della riflessione astratta e razionale, che sarà il fulcro portante di tutta la filosofia greca successiva. Il primo a sviluppare questa interpretazione della dottrina socratica fu Aristotele che attribuì a Socrate la scoperta del metodo della definizione e induzione, che egli considerava uno, ma non l'unico, degli assi portanti del metodo scientifico.

[modifica] Sapere di non sapere

Paradossale fondamento del pensiero socratico è l'ignoranza, elevato a movente fondamentale del desiderio di conoscere. La figura del filosofo secondo Socrate è completamente opposta a quella del saccente, ovvero del sofista. Le fonti storiche che ci sono pervenute descrivono Socrate come un personaggio animato da una grande sete di verità e di sapere, che però sembravano continuamente sfuggirgli. Egli diceva di essersi convinto così di non sapere, e di essere completamente ignorante.

Nell'Apologia di Socrate ci viene descritto come egli abbia preso coscienza di ciò a partire da un singolare episodio. Un suo amico, Cherofonte, aveva chiesto alla Pizia, la sacerdotessa dell'oracolo di Apollo a Delfi, chi fosse l'uomo più sapiente e questa aveva risposto che era Socrate. Egli sapeva di non essere il più sapiente e quindi volle dimostrare come l'oracolo si fosse sbagliato andando a dialogare con quelli che avevano fama di essere molto sapienti, in particolare i politici.

Ma alla fine del confronto, racconta Socrate, questi, messi di fronte alle proprie contraddizioni (l' aporia socratica) e inadeguatezze, provarono stupore e smarrimento, apparendo per quello che erano: dei presuntuosi ignoranti che non sapevano di essere tali. Allora capii, dice Socrate, che veramente io ero il più sapiente perché ero l'unico a sapere di non sapere, a sapere di essere ignorante. In seguito quegli uomini, che erano coloro che governavano la città, messi di fronte alla loro pochezza presero ad odiare Socrate.

«Ecco perché ancora oggi io vo d'intorno investigando e ricercando...se ci sia alcuno...che io possa ritenere sapiente; e poiché sembrami che non ci sia nessuno, io vengo così in aiuto al dio dimostrando che sapiente non esiste nessuno» (da Platone, Apologia di Socrate a cura di M.Valgimigli, in Opere pag.45)

Egli quindi "investigando e ricercando", conferma l'oracolo del dio, mostrando così l'insufficienza della classe politica dirigente. Da qui le accuse dei suoi avversari: egli avrebbe suscitato la contestazione giovanile insegnando con l'uso critico della ragione a rifiutare tutto ciò che si vuole imporre per la forza della tradizione o per una valenza religiosa. Socrate in realtà (sempre secondo la testimonianza di Platone) non intendeva affatto contestare la religione tradizionale, né corrompere i giovani incitandoli alla sovversione.

[modifica] Il Daimon (Δαίμων) socratico

Socrate non era ateo, ma anzi affermava di credere in una particolare divinità, figlia delle divinità tradizionali, che egli chiamava dàimon. Questo termine (Δαίμων), che noi impropriamente traduciamo con demone, in realtà va inteso in modo diverso. Il daimon per i greci era un essere divino inferiore agli dei ma superiore agli uomini (una sorta di spirito, un demone benevolo). Socrate si diceva tormentato da questa voce interiore che si faceva sentire non tanto per indicargli come pensare e agire, ma piuttosto per dissuaderlo dal compiere una certa azione. Socrate stesso dice di esser continuamente spinto da questa entità a discutere, confrontarsi, e ricercare la verità morale.(Kant paragonava questo principio all'imperativo categorico, alla coscienza morale dell'uomo.)

[modifica] Conosci te stesso

Il motto "ΓΝΩΘΙ ΑΥΤΟN" (Gnòthi Sautòn, «Conosci te stesso»), risalente alla tradizione religiosa di Delfi, voleva significare, nella sua laconica brevità, la caratteristica dell'antica sapienza greca: quella dei sette sapienti. Il significato originario, dedotto da alcune formule a noi pervenute (Nulla di troppo, Ottima è la misura, Non desiderare l'impossibile), era quello di voler ammonire a conoscere i propri limiti, «conosci chi sei e non presumere di essere di più»; era dunque una esortazione a non cadere negli eccessi a non offendere la divinità pretendendo di essere come il dio (cfr.G.Calogero, op.cit. in bibliografia). Del resto tutta la tradizione antica mostra come l'ideale del saggio, colui che possiede la sophrosyne (la saggezza), sia quello della moderazione.

[modifica] La maieutica

Per approfondire, vedi la voce Metodo socratico.

Il termine maieutica viene dal greco maieutiké (sottinteso: téchne). Letteralmente, sta per "l'arte della levatrice" (o "dell'ostetrica"), ma l'espressione designa il metodo socratico così come è esposto da Platone nel Teeteto. L'arte dialettica, cioè, viene paragonata da Socrate a quella della levatrice, il mestiere di sua madre: come quest'ultima, il filosofo di Atene intendeva "tirar fuori" all'allievo pensieri assolutamente personali, al contrario di quanti volevano imporre le proprie vedute agli altri con la retorica e l'arte della parola come facevano i sofisti. Parte integrante di questo metodo è il ricorso a battute brevi (brachilogia) in opposizione ai lunghi discorsi (macrologia) del metodo retorico dei sofisti.

[modifica] Differenze con i sofisti

Socrate, a differenza dei sofisti, mirava a convincere l'interlocutore non ricorrendo ad argomenti retorici e suggestivi, ma sulla base di argomenti razionali. Socrate si presenta così come una persona anticonformista, che in opposizione alle convinzioni della folla rifugge il consenso e l'omologazione: garanzia di verità è per lui non la condivisione irriflessa, ma la ragione che porta alla reciproca persuasione.

Si è detto inoltre come egli non lasciò niente di scritto della sua filosofia perché pensava che la parola scritta fosse come il bronzo che percosso dà sempre lo stesso suono. Lo scritto non risponde alle domande e alle obiezioni dell'interlocutore ma interrogato dà sempre la stessa risposta Per questo i dialoghi socratici appaiono spesso "inconcludenti", nel senso non che girano a vuoto, ma piuttosto che non chiudono la discussione, perché la conclusione rimane sempre aperta, pronta ad essere rimessa nuovamente in discussione. [5]

Per approfondire, vedi la voce Comunicazione filosofica.

Come è stato evidenziato tuttavia, la filosofia stessa di Socrate segna il passaggio da un tipo di cultura orale, basata sulla tradizione mimetico-poetica, ad una mentalità di tipo concettuale-dialettico, preludio di un'alfabetizzazione maggiormente diffusa. Socrate è ancora l'ultimo rappresentante della cultura orale, ma in lui già si avvertirebbe l'esigenza di un sapere astratto e definito, da esprimere in forma scritta, esigenza che sarà fatta propria da Platone che d'altra parte conserverà nello scritto filosofico la forma dialogica che svanirà nelle opere della vecchiaia dove il dialogo sarà semplicemente quello dell'anima con se stessa. Lo stesso Platone d'altronde affermava che la sua filosofia va ricercata altrove rispetto ai suoi scritti.

Il fatto che Socrate preferisse il discorso orale a quello scritto è il motivo per cui egli era stato confuso con i sofisti. Secondo Platone è questa una delle colpe di Socrate: lui che era vero sapiente si dichiarava ignorante e i sofisti, veri ignoranti, facevano professione di sapienza. In questo modo il maestro contribuiva a confondere il vero ruolo della filosofia ed egli stesso al processo, pur avendo rifiutato l'aiuto di un celebre "avvocato" sofista, per l'abitudine di dialogare con chiunque in strada e nei più diversi luoghi, era stato ritenuto dagli ateniesi un sofista.

Per approfondire, vedi la voce Dialettica eristica.

[modifica] Critica della paideia

È pur vero che Socrate come i sofisti metteva in discussione un certo modo di intendere l'ideale educativo della paideia, ma con intenti del tutto opposti: i sofisti con lo scopo di dissolverlo, Socrate invece con lo scopo di tutelarlo.

La paideia esaltava lo spirito di cittadinanza e di appartenenza costituendolo come elemento fondamentale alla base dell'ordinamento politico-giuridico delle città greche. L'identità dell'individuo era pressoché inglobata da quell'insieme di norme e valori che costituivano l'identità del popolo stesso: per questo più che un procedimento educativo o di socializzazione potrebbe essere definito come processo di uniformazione all'ethos politico.

La dottrina dei sofisti si poneva contro questa omologazione della paideia, da essi giudicata "conservatrice" e prevaricatrice; essi miravano perciò a contestarne la verità, tramite l'arte della retorica e a far apparire vero ciò che a loro conveniva, prevalendo con la parola sull'altro e ad annullare qualsiasi valore di verità e giustizia sostituendovi il proprio egoistico interesse. Socrate invece voleva piuttosto verificare e smascherare se sotto quell'ideale educativo non vi fosse quello di addormentare le coscienze critiche a scopi di potere personale.

Per approfondire, vedi la voce Relativismo etico sofistico.

[modifica] Brachilogia ed ironia

Per approfondire, vedi le voci Brachilogia e Ironia socratica.

D'altra parte è vero che anche lui esaltava la parola, ma, al contrario dei sofisti che usavano il monologo e che praticamente parlavano da soli, il suo discorrere era un dià logos, una parola che attraversava i due interlocutori . Mentre i sofisti infatti miravano ad abbindolare l'interlocutore usando il macròs logos , il grande e lungo discorso che non dava spazio alle obiezioni , Socrate invece dialogava con brevi domande e risposte - la cosiddetta brachilogia (letteralmente breve dialogare) socratica - proprio per dare la possibilità di intervenire e obiettare ad un interlocutore che egli rispettava per le sue opinioni.

Un'altra caratteristica del dialogo socratico, che lo distingueva dal discorso torrentizio dei sofisti, era il continuo domandare di Socrate su quello che stava affermando l'interlocutore; sembrava quasi che egli andasse alla ricerca di una precisa definizione dell'oggetto del dialogo. Ti estì. che cos'è quello di cui tu parli?

È questa l' ironia di Socrate che, per non demotivare l'interlocutore e per fare in modo che egli senza imposizioni si convinca, finge di non sapere quale sarà la conclusione del dialogo. Chi dialoga con Socrate tenterà varie volte di dare una risposta precisa ma alla fine si arrenderà e sarà costretto a confessare la sua ignoranza. Proprio questo sin da principio sapeva e voleva Socrate: la sua non era fastidiosa pedanteria[6] ma dimostrare come la presunta sapienza dell'interlocutore fosse ipocrita.

[modifica] Le accuse politiche

Il continuo dialogare di Socrate nelle strade e piazze della città attorniato da giovani affascinati dalla sua dottrina e da importanti personaggi, lo fa scambiare da molti per un sofista che, a differenza di questi molto più accorti, attacca imprudentemente e direttamente i politici dialogando con loro e dimostrando come la vantata loro sapienza non esista. Socrate viene quindi ritenuto un pericoloso nemico politico che contesta quei valori di cui i capi del governo credono di avere il sicuro possesso e che vogliono imporre ai cittadini.

Per questo Socrate che aveva attraversato indenne i regimi politici precedenti, che era rimasto sempre ad Atene e che non aveva mai accettato incarichi politici, adesso sarà protagonista di un evento scandaloso: il suo processo e la successiva condanna a morte.

Due esponenti di rilievo del regime democratico, Anito e Licone servendosi di un prestanome, Meleto, un giovane ambizioso, fallito letterato, accusano Socrate e lo portano in tribunale per due pesanti accuse:

  • che egli corrompe i giovani insegnando dottrine che mirano al disordine sociale;
  • che egli non crede negli dei della città e quindi contesta che le leggi siano di natura sacra.

Egli stesso però dice apertamente che, poiché crede nel daimon, crede di conseguenza anche negli Dei: il daimon infatti è una creatura minore figlia delle divinità tradizionali. L'accusa di "empietà" o "ateismo" era evidentemente un pretesto giuridico per un processo politico, poiché l'ateismo era sì ufficialmente riprovato e condannato ma tollerato e ignorato se affermato privatamente. Poiché la religione e la cittadinanza erano ritenute un tutt'uno, accusando Socrate di empietà lo si incolpava di avere cospirato contro le istituzioni e l'ordine pubblico. D'altra parte Socrate eluderà facilmente l'accusa di empietà sostenendo che se è vero che egli crede in un daimon, creatura figlia degli dei, non è possibile che egli non creda anche nei suoi genitori.

Crizia offrirà a Socrate di difenderlo, ma egli rifiutò probabilmente perché non voleva confondersi con i sofisti e preferì difendersi da solo. Descritto da Platone nella celebre Apologia di Socrate, il processo evidenzia due elementi:

  • che da chi non lo conosce, Socrate è stato confuso con i sofisti considerati corruttori morali dei giovani e
  • che egli è odiato dai politici.

Riguardo l'accusa di corrompere i giovani essa va spiegata col fatto che Socrate era stato maestro di Crizia e di Alcibiade, due personaggi che nell'Atene della restaurazione democratica, godevano di pessima fama. Crizia era stato il capo dei Trenta Tiranni e Alcibiade, per sfuggire al processo che gli era stato intentato, aveva tradito Atene ed era passato a Sparta, combattendo contro la propria patria. Sono questi rapporti di educatore che ha avuto con questi due personaggi che stanno sotto all'accusa di corrompere i giovani.

Oggi la critica più attenta ha dimostrato che il processo e la morte di Socrate non fu un avvenimento incomprensibile rivolto contro un uomo apparentemente trascurabile non pericoloso per il regime democratico che voleva ricostruire un'unità politica e spirituale all'interno della città. Uno studioso inglese scrive infatti che fu principalmente «la diffidenza suscitata dai rapporti di Socrate con i "traditori" che spinse i capi della restaurata democrazia a sottoporlo a processo nel 400-399. Alcibiade e Crizia erano morti entrambi, ma i democratici non si sentivano aI sicuro finché l'uomo che s'immaginava avesse ispirato i loro tradimenti esercitava ancora influenza sulla vita pubblica»(E. Taylor, Socrate , Londra, 1951, trad. it. Firenze 1952.)

[modifica] Il processo

« E' giunto ormai il tempo di andare, o giudici, io per morire, voi per continuare a vivere. Chi di noi vada verso una sorte migliore, è oscuro a tutti, tranne che al Dio. »
Morte di Socrate, tela di Jacques-Louis David
Morte di Socrate, tela di Jacques-Louis David

Il processo si tenne nel 399 a.C. innanzi a una giuria di 501 cittadini di Atene, e – com'era da aspettarsi per una figura come quella di Socrate - fu atipico: egli si difese contestando le basi del processo, anziché lanciarsi in una lunga e pregevole difesa o portando in tribunale la sua famiglia per impietosire i giudici, come di solito si faceva. Fu riconosciuto colpevole per uno stretto margine di voti - appena trenta. Dopodiché, come previsto dalle leggi dell'Agorà, sia Socrate che Meleto dovettero proporre una pena per i reati di cui l'imputato era stato accusato. Socrate sfidò i giudici proponendo loro di essere mantenuto a spese della collettività nel Pritaneo, poiché riteneva che anche a lui dovesse essere riconosciuto l'onore dei benefattori della città, avendo insegnato ai giovani la scienza del bene e del male. Poi consentì di farsi multare - seppur di una somma ridicola (una mina d'argento dapprima, cioè tutto quello che gli possedeva, trenta mine poi, sotto pressione dei suoi seguaci, che si fecero garanti per lui). Meleto chiese invece la morte.

Furono messe ai voti le proposte, e con verdetto quasi unanime (140 voti a favore contro 360, secondo Diogene Laerzio II,42) gli ateniesi accolsero la proposta di Meleto, più per l'impossibilità di punire Socrate multandolo di una somma così ridicola che per effettiva volontà di condannarlo a morte: era pratica diffusa auto esiliarsi dalla città pur di sfuggire al giudizio, ed era probabilmente su questo che contavano gli stessi accusatori. Socrate dunque intenzionalmente irritò i giudici, che non erano in realtà mal disposti verso di lui. Ma perché lo fece? Socrate in effetti aveva già deciso di non andare in esilio, in quanto anche fuori di Atene avrebbe persistito nella sua attività: dialogare con i giovani e mettere in discussione tutto quello che si vuol far credere verità certa. «Perciò, - sostenne Socrate, - mi ritroverò a rivivere la stessa situazione che mi ha portato alla condanna: qualcuno dei parenti dei miei giovani discepoli si irriterà della mia ricerca della verità e mi accuserà». Del resto egli non temeva la morte, che nessuno sa se sia o no un male, ma la preferiva all'esilio, questo sì un male sicuro.

[modifica] Accettazione della condanna

Come racconta Platone nel dialogo del Critone, Socrate, pur sapendo di essere stato condannato ingiustamente, una volta in carcere rifiutò le proposte di fuga dei suoi discepoli, che avevano organizzato la sua evasione corrompendo i carcerieri. Si pone a questo punto uno dei temi più dibattuti della questione socratica: il rapporto tra Socrate e le leggi: perché Socrate accetta la ingiusta condanna?

Per approfondire, vedi la voce Pensiero di Socrate (interpretazioni).

Socrate non sfuggirà alla sua condanna poiché «è meglio subire ingiustizia piuttosto che farla», egli accetterà la morte che d'altra parte non è un male perché o è un sonno senza sogni, oppure darà la possibilità di visitare un mondo migliore dove, dice Socrate, s'incontreranno interlocutori migliori con cui dialogare. Quindi egli continuerà persino nel mondo dell'aldilà a professare quel principio a cui si è attenuto in tutta la sua vita: il dialogo.

[modifica] Discepoli

Fra i discepoli più importanti il posto d'onore spetta sicuramente a Platone cui spetterà poi passare il testimone ad Aristotele per formare così un trio composto dalle menti più importanti per la storia occidentale. Anche se non rinomato come Platone non deve essere trascurato nemmeno Antistene che, anch'egli allievo di Socrate, fondò la corrente dei cinici il cui allievo Diogene di Sinope al cospetto del potente Alessandro Magno che gli diceva Chiedimi ciò che vuoi, ma che gli faceva ombra, rispose Lasciami il mio sole. L'importanza di Socrate nella storia della filosofia è talmente evidente che senza andare nei dettagli è sufficiente citare il suo discepolo meno famoso Antistene, che rimase colpito dalla parsimonia e moderazione del maestro, e per questo divenne fondatore della corrente dei cinici da cui nacque, grazie a Zenone di Cizio la corrente degli Stoici tra i cui Marco Aurelio, Cicerone e Seneca. Anche Aristippo, allievo di Socrate, sviluppò il concetto filosofico di piacere che ripreso e sviluppato ulteriormente da Epicuro portò alla corrente degli Epicurei.

[modifica] Fonti storiche

Gabriele Giannantoni nell'opera monumentale Socratis et Socraticorum Reliquiae (1991)[7] ha cercato di compilare ogni minima notizia e fonte sulla figura storica di Socrate, incluso materiale attribuito a Eschines Socratico, Antistene e vari altri suoi contemporanei che lo avrebbero conosciuto.

Il professor Giovanni Reale in varie opere ha offerto un'interpretazione di Socrate basata sul raffronto tra la filosofia greca prima e dopo Socrate: da tale confronto risulta così evidente, l'importanza attribuita da Socrate all'anima umana, l'attenzione rivolta ora alla dimensione interiore della persona, mentre prima era rivolta esclusivamente allo studio della natura e a stabilire i principi primi del cosmo (arché).

Poiché Socrate non lasciò alcuna testimonianza scritta vi fu chi dubitò della sua effettiva esistenza; è stata posta una "questione socratica" che, non riferita solo alle notizie della sua vita ma anche e soprattutto al suo pensiero, ricorda, per certi versi, la cosiddetta "questione omerica". È possibile avere maggiori informazioni a riguardo leggendo "Introduzione a Socrate" di F. Adorno. La tesi del carattere fantastico della figura socratica fu sostenuta da Olof Gigon nel 1947.[8] È doveroso precisare che al giorno d'oggi nessuno più dubita dell'esistenza storica di Socrate.

Le fonti maggiori sul Socrate storico che rimangono sono:

  • I Dialoghi di Platone (Apologia di Socrate, Simposio)
  • Gli scritti di Senofonte, soprattutto i Memorabilia, l' Apologia di Socrate, il Simposio e l' Economico.
  • Le commedie Le Nuvole, Gli Uccelli e Le Rane di Aristofane

[modifica] Note

  1. ^ Secondo Vlastos i dialoghi platonici sono comunque una fonte attendibile, perché tendono a riflettere l'immagine del vero Socrate. Giovanni Reale poi spiega in Socrate (v. bibliografia) i motivi per cui l'Apologia di Socrate sia da considerare un testo fedele e attendibile.
  2. ^ Da qui deriva l'interpretazione di Nietzsche che concepisce Socrate in senso aristotelico come l'iniziatore dello spirito apollineo, del pensiero logico-razionale.
  3. ^ Vale qui avvertire di non confondere la democrazia greca antica con quella moderna. Il regime democratico non voleva dire il "governo del popolo" ma semplicemente espressione di quel partito che si opponeva a quello aristocratico. Si potevano quindi trovare rappresentanti della classe nobiliare come di quella borghese indifferentemente nell'uno o nell'altro dei due partiti.
  4. ^ U. Nicola, G. Reale, E. Riva, E. Severino, G. Vlastos, P. Hadot ed altri.
  5. ^ Il motivo per cui Socrate non scrisse nulla si può anche vedere accennato nel Fedro platonico, nelle parole che il re egiziano Thamus rivolge a Theuth, inventore della scrittura: «Tu offri ai discenti l'apparenza, non la verità della sapienza; perché quand'essi, mercé tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza»
  6. ^ Socrate stesso nel processo si definisce scherzosamente così: «Sono stato come un tafano, un insetto che punge un animale sonnacchioso», ma aggiunge: «Io sono stato l'insetto che vi ha tenuto svegli, se me ne vado, voi vi addormenterete e finirete nell'ottusità»
  7. ^ G. Giannantoni, Socratis et Socraticorum reliquiae. Collegit, disposuit, apparatibus notisque instruxit G.G. (Collana Elenchos, XVIII). Napoli, Bibliopolis, 1990-1991. 4 vol., 521, 652, 301, 609 p.
  8. ^ Vedi Sokrates. Sein Bild in Dichtung und Geschichte 1947.

[modifica] Bibliografia essenziale

  • Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, 12 voll., Verona 2006.
  • Gabriele Giannantoni, Dialogo socratico e nascita della dialettica nella filosofia di Platone, edizione postuma a cura di B. Centrone, Bibliopolis, 2005
  • Giovanni Reale, Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, Rizzoli, Milano, 2000
  • Giovanni Reale, Socrate, Rizzoli, Milano, 2001
  • G. Vlastos, Studi socratici, Vita e Pensiero, Milano 2003
  • G. Vlastos, Socrate il filosofo dell'ironia complessa, La Nuova Italia, Firenze 1998
  • Francesco Adorno, Introduzione a Socrate, Laterza, Bari, 1999
  • Antonio Gargano, I sofisti, Socrate, Platone, La Città del Sole, 1996
  • Ubaldo Esposito, Il processo a Socrate, Chegai, 2002
  • Antonio Ruffino, Socrate: l'uomo e i tempi, Liguori, Napoli, 1972
  • Guido Calogero, Erasmo, Socrate e il Nuovo Testamento, Accademia Naz. dei Lincei, 1972
  • Cioffi ed altri, I filosofi e le idee (Vol.I), Milano 2006.ISBN 9788842445906
  • E. Taylor, Socrate, Londra, 1951, trad. it. Firenze 1952
  • Michel Foucault, Discorso e verità nella Grecia Antica, Donzelli, Roma 1996

[modifica] Bibliografia d'approfondimento

  • M. Adelaide Raschini, Interpretazioni socratiche, Marsilio, 2000
  • Carlo Michelstaedter, Il prediletto punto d'appoggio della dialettica socratica e altri scritti, Mimesis, 2000
  • Günter Figal, Socrate, Il Mulino, Bologna, 2000
  • Paolo Impara, Socrate e Platone a confronto, Seam, 2000
  • Jean-Joël Duhot, Socrate o il risveglio della coscienza, Borla, 2000
  • Francesca Alesse, La stoa e la tradizione socratica, Bibliopolis, 2000
  • Pierre Hadot, Elogio di Socrate, Il Nuovo Melangolo, 1999
  • Filippo Bartolone, Socrate. L'origine dell'intellettualismo dalla crisi della libertà, Vita e Pensiero, 1999
  • Guardini Romano, La morte di Socrate. Interpretazione dei dialoghi platonici Eutifrone, Apologia, Critone e Fedone, Morcelliana, 1998
  • De Crescenzo Luciano, Socrate, Mondatori, Milano, 1998
  • Mario Montuori, Socrate. Fisiologia di un mito, Vita e Pensiero, 1998
  • Francesco Sarri, Socrate e la nascita del concetto occidentale di anima, Vita e Pensiero, 1997
  • Antonio Gargano, I sofisti, Socrate, Platone, La Città del Sole, 1996
  • Jean Brun, Socrate, Xenia, 1995
  • John Burnet, Interpretazione di Socrate, Vita e Pensiero, 1994
  • Eugenio Garin, A scuola con Socrate. Una ricerca di Nicola Siciliani de Cumis, La Nuova Italia, 1993
  • Francesco Calvo, Cercare l'uomo. Socrate, Platone, Aristotele, Marietti, Genova, 1990

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

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