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Retorica - Wikipedia

Retorica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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La retorica (dal greco rhetoriké téchne, arte del dire) è la teorizzazione dell'oratoria, è l'arte di saper parlare bene e di strutturare nella forma più convincente e persuasiva un discorso, esaltando i propri punti di vista e disprezzando quelli altrui.

La retorica ebbe origine nel mondo ellenico attorno al V secolo a.C., nell'ambito della Sofistica, grazie alla lungimiranza di Trasimaco di Calcedonia e Gorgia da Lentini. Con essi l'arte di persuadere era da intendersi soprattutto come una forma di suggestione, totalmente avulsa da ogni esigenza di giungere a una conoscenza o un convincimento basati su argomenti razionali e sulla produzione di prove e argomenti a favore. La persuasività doveva essere un'abilità che riusciva a muovere il convincimento di chiunque, in qualsiasi direzione, a prescindere dall'argomento trattato (si veda, ad esempio, l'Encomio di Elena). Durante il II secolo a.C., periodo ellenistico, si svilupparono due stili diversi di retorica:

  • La corrente asiana

Dalla corrente asiana derivò la famosa corrente dell'asianesimo, cioè che è nata in Asia Minore, nel III secolo a.C. Era uno stile retorico ridondante, barocco ed ampolloso, con un uso frequente di frasi spezzate, di metafore e di parole inventate e di ricerca del ritmo. Ebbe una grandissima diffusione ed aveva lo scopo di persuasione ed il caposcuola di questa corrente fu Egesia di Magnesia. Si affermò anche a Roma nel I secolo a.C.

  • La corrente attica

Dalla corrente deriva un altro famoso stile retorico, l'atticismo, cioè che è nato in Attica, Grecia. Era uno stile retorico cronistico, con una scrittura scarna e, usando un termine moderno, telegrafica. Il massimo rappresentante di questo stile retorico fu il famoso oratore, Lisia. Si affermò a Roma nel I secolo a.C, come la sua corrente rivale. Questi due stili erano totalmente opposti. Nell'educazione dei ragazzi, la paideia, c'era un'infarinatura di retorica. Quest'arte del parlare, assieme all' oratoria, si sviluppano grazie alla libertà di parola ed espressione, la parresia.

Nel IV secolo, Platone oppose, alla concezione sofistica, una propria visione della retorica, alla quale attribuiva una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti. La pratica della retorica veniva così ricondotta nell'alveo della stessa filosofia, con la quale finiva per identificarsi, svuotata della propria autonomia. Cambiavano di conseguenza gli interlocutori, non più né il popolo né i giudici, e i luoghi, non più assemblee né giudizi.

Aristotele distolse l'attenzione dalla considerazione della retorica quale arte di persuadere, incentrando l'analisi sullo studio dei mezzi di persuasione, strumenti indipendenti dall'oggetto dell'argomentare. La retorica riacquista così una funzione propria, autonoma dalla filosofia e in stretta relazione con la dialettica della quale è da considerare la controparte. In seguito divenne l'arte dello scrivere corretto e dell'eloquio fluente. Durante il governo di Pericle si arrivò a dare a tutti la possibilità di esprimersi in pubblico, ad Atene. La retorica e l'oratoria si sviluppano nel corso della storia e rimangono vive, però meno affermati risultano gli oratori. I Romani, con la conquista dell'Oriente e della Grecia a seguito della battaglia di Pidna, avvenuta nel 168a.C, acquistano la cultura greca.

Roma ha conquistato la Grecia, ma la Grecia ha conquistato Roma

A Roma, la retorica fu materia molto studiata e molto praticata, sia nelle sue applicazioni forensi che in quelle politiche: ne è un chiaro esempio Cicerone, con le sue famose Verrine, orazioni scritte da Cicerone contro il propretore della Sicilia, Verre, ma non può certo tralasciarsi il ruolo essenziale che ebbe, dopo di lui, Quintiliano, che con la sua Institutio Oratoriae, elaborò una vera e propria silloge della retorica classica così come si era sviluppata fino alla sua epoca.
Con il passaggio dalla Repubblica all'Impero, la retorica perse la sua funzione politica, e progressivamente perse d'importanza, pur rimanendo materia di studio (ma gli argomenti delle suasorie e controversie su cui gli allievi si esercitavano erano perlopiù staccate dalla realtà).

Sant'Agostino la voleva al servizio della predicazione, mentre fu riscoperta come disciplina autonoma nell'umanesimo. Durante il rinascimento, il valore della retorica divenne funzionale alla creazione di una nuova forma espressiva linguistica più atta alla mutata sensibilità culturale. Nel XVII secolo, la retorica e la poesia corrisposero alla tecnica verbale artificiosa, ricca di metafore e trovate d'ingegno.

Dal romanticismo in poi, la sua importanza si è progressivamente ridotta.

La retorica è oggi tornata al centro di una serie molto vasta e corposa di approfondimenti, soprattutto nelle vesti di teoria dell'argomentazione, grazie ai lavori di Theodor Viehweg, autore di Topik und Jurisprudenz del 1953 e di Chaim Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca con il loro Traité de l'argumentation. La nouvelle rhétorique del 1958.

[modifica] La struttura dell'orazione latina

L'oratore doveva essere in grado di:

  • docere et probare, ovvero informare e convincere.
  • delectare, catturare l'attenzione con un discorso vivace e non noioso
  • movere, commuovere il pubblico per far sì che aderisca alla tesi dell'oratore.


La preparazione dell'orazione avviene in cinque fasi, che sono:

  • inventio, ricercare le idee per svolgere la tesi prefissata, rifacendosi a tòpoi codificati.
  • dispositio,organizzare argomenti ed ornamenti nel discorso.
  • elocutio, l'espressione stilistica delle idee, con la scelta di un lessico appropriato e di artifici retorici (In questo punto divergono asiani e atticisti)
  • memoria, come memorizzare il discorso e ricordare le posizioni avversarie per controbatterle.
  • actio: declamazione del discorso modulando la voce e ricorrendo alla gestualità.


La struttura del discorso presenta uno schema, che può essere seguito rigorosamente nell'ordine proposto o meno. L'orazione prevede quattro fasi:

  • exordium, tentativo di accattivarsi l'uditorio "delectando" e "movendo" con ornamenti.
  • narratio, esposizione dei fatti, per "docere" l'uditorio, in ordine cronologico o con una introduzione ad effetto in medias res.
  • argumentatio, dimostrazione delle prove a sostegno della tesi (confirmatio) e confutazione degli argomenti avversari (refutatio)
  • peroratio, la conclusione del discorso, muovendo al massimo gli affetti dell'uditorio e sviluppando pathos.

[modifica] Fonti

  • Nicola Abbagnano, Dizionario di Filosofia, Torino, Utet, 1983
  • L'Enciclopedia, la Biblioteca di Repubblica, volume n.2.
  • Angelo Diotti, Sergio Dossi, Franco Signoracci, Millennium. Letteratura, antologia, autori latini. Percorsi. 1 Dalle origini alla fine della repubblica, SEI, (ISBN 88-05-02867-3)

[modifica] Voci correlate

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