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Pizia - Wikipedia

Pizia

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Egeo, mitico re di Atene, consulta la Pizia che siede su un tripode. Un'iscrizione sulla coppa identifica la Pizia come Temi. Tondo di una kylix attica a figure rosse, risalente al 440-430 a.C., dipinto dal pittore Kodros e conservato al Museo Antikensammlung (Berlin Mus. 2538) di Berlino. Si tratta dell'unica immagine di quest'epoca della Pizia.
Egeo, mitico re di Atene, consulta la Pizia che siede su un tripode. Un'iscrizione sulla coppa identifica la Pizia come Temi. Tondo di una kylix attica a figure rosse, risalente al 440-430 a.C., dipinto dal pittore Kodros e conservato al Museo Antikensammlung (Berlin Mus. 2538) di Berlino. Si tratta dell'unica immagine di quest'epoca della Pizia.

La Pizia o Pitia (dal greco antico Πυθία) nell'antica Grecia era la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli in nome di Apollo nel santuario di Delfi, situato presso l'omphalos, l'«ombelico del mondo».

La posizione venne ricoperta da donne scelte nella città di Delfi, senza limiti di età, per circa 2000 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 quando la pratica venne proibita dall’imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il cristianesimo religione di stato nel 380, aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani.

L'oracolo di Delfi è una delle istituzioni religiose della mondo classico meglio documentate, nonché probabilmente la più nota di questo tipo. Secondo Plutarco (Moralia 414b), nel periodo di maggior popolarità del santuario di Delfi, c'erano almeno tre donne che svolgevano contemporaneamente il ruolo di Pizia.
Tra gli scrittori che lo menzionano possiamo ricordare: Erodoto, Euripide, Sofocle, Platone, Aristotele, Pindaro, Senofonte, Diodoro Siculo, Strabone, Pausania, Plutarco, Tito Livio, Giustino, Ovidio e Lucano.

Indice

[modifica] Organizzazione dell'oracolo

Il suo ruolo di tramite divino conferiva alla Pizia un prestigio e una posizione sociale inusualmente elevati in una cultura maschilista come quella greca. Gli obblighi che le venivano richiesti erano la purezza rituale e la continenza.

I supplici che si presentavano a Delfi per consultare l'oracolo, spesso dopo un lungo viaggio, erano selezionati dai sacerdoti che valutavano l'effettiva necessità della loro richiesta.

Prima della consultazione era costume sacrificare una capra, il cui corpo sarebbe stato lavato con l'acqua della sorgente del santuario e dai cui organi, in particolare dal fegato, i sacerdoti, nel ruolo di aruspici, avrebbero divinato la buona riuscita o meno dell'incontro con la veggente.
Era inoltre consuetudine versare una generosa offerta in denaro al santuario, la cui entità condizionava anche la priorità di ammissione al cospetto della Pizia.

Finalmente soddisfatti tutti i requisiti, il supplice veniva condotto nell'adyton (Άδυτον), la camera inaccessibile del tempio, che, nel caso particolare di Delfi, consisteva in una cella sotterranea dove egli avrebbe potuto consultare la Pizia e ottenere l'agognato vaticinio.

[modifica] Origine dell'Oracolo

Ruderi nei pressi del tempio.
Ruderi nei pressi del tempio.

Il primo autore classico che narra dell'origine del santuario è Diodoro Siculo, scrittore del I secolo, il quale riferisce[1] che un pastore, tale Kouretas, si accorse un giorno che una delle sue capre - caduta in una cavità rocciosa - belava in modo strano.
Il capraro, entrato nella grotta, si sentì pervadere dalla presenza divina e da quell'istante iniziò ad ottenere visioni del passato e del futuro. Eccitato dalla scoperta, Kouretas avvertì gli abitanti del suo villaggio, molti dei quali si recarono più volte nella grotta fino a che uno di loro morì.
Da quel momento, l'accesso alla cavità fu permesso solo alle ragazze più giovani e successivamente, con la fondazione del santuario, regolato rigidamente da un gruppo dei sacerdoti.

Diodoro afferma che in un primo tempo il ruolo di Pizia era riservato alle vergini, ma dopo che Echecrate di Tessaglia rapì e violentò la veggente di cui si era invaghito, fu decretato per legge che nessuna vergine avrebbe più vaticinato e il ruolo venne riservato alle donne d'età matura che avrebbero continuato ad indossare le vesti da vergine in ricordo delle originarie sacerdotesse.

Come illustrato da Fontenrose ed altri mitografi, il termine Pizia deriva da Pito (Πῦθώ), il nome del santuario nel principale mito di fondazione che vede Apollo uccidere il serpente oracolare Pitone posto a guardia del santuario di Delfi, dedicato ad una divinità femminile[2], e costruire con la sua carcassa il nuovo oracolo a lui stesso intitolato.

Le fonti più antiche come gli inni omerici ad Apollo (ma anche alcune raffigurazioni artistiche), citano anche un serpente femminile (drakaina), Delfina (Δελφινης), custode dell'oracolo e dal cui nome sarebbe derivato il toponimo Delfi/Delfo. L'aspetto e gli attributi di questo serpente si confondono, forse volutamente, con quelli dell'Echidna[3] e Károly Kerényi lo interpreta[4] come la sovrapposizione del mitema del racconto apollineo su quello precedente.

« [La dragonessa nemica] si è trasformata in un serpente apollineo, e la Pizia, la sacerdotessa che vaticinava a Delfi, ne ha preso il nome. Molte raffigurazioni mostrano il serpente Pitone convivere pacificamente accanto ad Apollo, entrambi a guardia dell'omphalos »
(Kárl Kerényi, The Gods of the Greeks, op. cit., p. 136.)

La figura mitologica del serpente Pitone, si modella, quindi, su quella più arcaica di Delfina, riprendendone in parte alcuni attributi, in primis il ruolo di custode dell'oracolo che in alcune raffigurazione più antiche conserva assieme ad Apollo pur diventando successivamente l'avversario sconfitto e ucciso, e si sovrappone progressivamente anche a livello linguistico[5]. Il nome del tempio di Apollo conserva il legame col racconto mitologico più antico: per esempio, il tempio di Apollo ad Atene veniva chiamato[6] Δελφίνιoν (Delfinio) dall'epiteto Δελφίνιος (Delfinio) attribuito ad Apollo negli inni omerici; ma altresì, la figura preminente della nuova casta sacerdotale, è divenuta la Pizia con un chiaro riferimento al nuovo culto.

Pitone (il cui nome deriva dal verbo πύθειν col significato di far imputridire) è, nella versione più canonica, il nemico ctonio del dio del Sole e autori come Robert Graves leggono in questa contrapposizione il riferimento all'occupazione da parte dei greci di un santuario pre-ellenico esistente a Delfi. Il culto già esistente con la sua casta sacerdotale femminile sarebbe stato preservato, per evitare le rivolte della popolazione, ma si sarebbe adattato - spiega Graves - al nuovo contesto religioso. L'uccisione dell'eroe Pitone da parte di Apollo nel mito sarebbe diventata di conseguenza una sorta di rappresentazione simbolica finalizzata a sancire e a far accettare questo cambiamento.

Sostegno alla lettura del racconto mitologico come sovrapposizione/sostituzione del culto apollineo su uno più antico, è fornito anche dai reperti archeologici ritrovati presso il santuario di Delfi: le statuette votive di sesso femminile (create a immagine di una divinità analoga) vengono progressivamente sostituite tra l'XI e il IX secolo a.C. da analoghi simulacri esclusivamente maschili[7].

[modifica] Ipotesi scientifiche sull'oracolo

È stato spesso supposto che la Pizia emettesse i suoi vaticini in uno stato di alterazione mentale, allucinazione o trance, indotta aspirando i vapori che fuoriuscivano da una fessura nel suolo o masticando vegetali allucinogeni come l'alloro, e poi riferisse i vaticini in forma confusa al sacerdote che li interpretava per il supplice.

Si è suggerito che pure l'atmosfera suggestiva del luogo, la liturgia sacra con i vari rituali, le aspettative e l'entusiasmo degli stessi supplici, contribuissero a far raggiungere alla veggente lo stato di esaltazione mistica.

Sebbene le fonti classiche siano concordi nel fornire l'immagine di una donna che si esprime in modo intellegibile e direttamente al supplice[8], in merito all'ipotesi dei gas allucinogeni, già lo storico greco Plutarco, che aveva servito come sacerdote al tempio, affermava (Moralia 437c) che la Pizia - per ottenere le visioni - si rinchiudeva in un antro dove «dolci vapori» fuoriuscivano dalle rocce.

Ricerche anche di tipo geologico per verificare questa ipotesi sono state condotte più volte nel sito di Delfi, senza risultati significativi.
Nel 2001, tuttavia, un gruppo interdisciplinare di geologi della Wesleyan University di Middletown, Connecticut ha rilevato una particolare concentrazione di etilene nel substrato roccioso e nell'acqua della sorgente nelle vicinanze del tempio.

L'abbondante presenza di etilene (un gas odoroso che potrebbe ben adattarsi alla descrizione di Plutarco) sarebbe dovuta alla conformazione geologica locale. Lo strato roccioso su cui sorge il tempio è interessato, infatti, dal passaggio di due importanti sistemi di faglie (le linee di Kerna e Delfi) ed è costituito da calcari bituminosi con un alto tasso di idrocarburi. Poiché la zona è tettonicamente piuttosto attiva trovandosi in un'area di margine convergente, la roccia risulta particolarmente cataclasata e, a causa delle fratture, permeabile all’acqua ed ai gas intrappolati negli strati bituminosi.

Gli studi tossicologici sull'inalazione d'etilene dimostrano che questo idrocarburo - letale ad alti dosaggi - potrebbe provocare, se assunto a piccole dosi, euforia, sensazione di leggerezza e allucinazioni.
Sembra chiaro che la struttura del santuario di Delfi differisce da quella usuale dei templi greci presentando, come adyton accessibile solo alla veggente, una particolare soluzione consistente in una camera sotterranea che poteva essere effettivamente stata creata in corrispondenza di una preesistente cavità naturale.

[modifica] Note

  1. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica 16.26.1-4.
  2. ^ Gaia secondo Fontenrose, ma alcuni racconti più antichi su Delfi - prima dello stabilirsi del culto apollineo - lo definiscono come un luogo sacro alle titanidi Temi e Febe, e successivamente anche a Posidone. Il riferimento a Temi inoltre è attestato dall'unico kylix raffigurante la Pizia.
  3. ^ Gli inni omerici, infatti, oltre ad fornirne una descrizione simile, vedono Delfina congiunta al mostro Tifone proprio come Echidna.
  4. ^ Kárl Kerényi, The Gods of the Greeks, Thames & Hudson, London 1951 (1980) pp. 135-6 ISBN 0500270481.
  5. ^ Il santuario è noto sia come Delfo che Pito, anche se la prima dizione rimase quella prevalente.
  6. ^ Vedi: Andocide I.78 e Plutarco, Vita di Teseo (in Vite Parallele), 12.
  7. ^ Margherita Bottino, La divinazione nell'antichità classica [1] in Agorà VII, ottobre-dicembre 2001.
  8. ^ Fontenrose 1978, pp. 196-227; Maurizio 2001, pp. 38-54.

[modifica] Bibliografia

  • Walter Burket, La religione greca di epoca arcaica e classica, Jaca Book, 2003 ISBN 8816405856
  • Joseph Eddy Fontenrose, Python; a study of Delphic myth and its origins, 1959
  • Joseph Eddy Fontenrose, The Delphic Oracle: Its Responses and Operations, 1978.
  • Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano 1989 ISBN 8830409235
  • Lisa Maurizio, The Voice at the Centre of the World: The Pythia's Ambiguity and Authority pp. 46-50 in Andre Lardinois e Laura McClure, Making Silence Speak: Women's Voices in Greek Literature and Society, Princeton University Press 2001
  • Henry A. Spiller, John R. Hale, Jelle Z. de Boer. The Delphic Oracle: A Multidisciplinary Defense of the Gaseous Vent Theory. in Clinical Toxicology 40.2 (2002) pp. 189-196

[modifica] Voci correlate


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