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Amin al-Husayni - Wikipedia

Amin al-Husayni

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Muhammad Amīn al-Husaynī
Muhammad Amīn al-Husaynī

Muhammad Amin al-Husayni, o anche al-Husseini, arabo:ﻣﺤﻤﺪ أمين الحسيني, Muhammad Amīn al-Husaynī (1895 circa - 4 luglio 1974) fu un nazionalista arabo palestinese e un leader religioso musulmano. Noto per il suo anti-sionismo, al-Husaynī combatté contro l'instaurazione di uno Stato ebraico nel territorio mandatario britannico in Palestina. A tal fine, al-Husaynī non esitò a collaborare anche con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale e si spinse a facilitare il reclutamento di musulmani nelle formazioni delle Waffen-SS.

Indice

[modifica] Gioventù

Amīn al-Husaynī nacque a Gerusalemme nel 1895 (alcune fonti parlano del 1893). Studiò presso l'Università cairota di al-Azhar, dove fondò un'associazione anti-sionista e studiò Diritto Musulmano per circa un anno. Nel 1913, all'età di 18 anni, al-Husaynī fece un pellegrinaggio a La Mecca e ricevette così il consueto titolo onorifico di Ḥāğğī. Prima della prima guerra mondiale, al-Husaynī studiò nella Scuola di Amministrazione di Istanbul.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914, al-Husayni raggiunse l'esercito ottomano turco, e gli fu attribuito il brevetto di ufficiale di artiglieria, venendo assegnato alla 47a Brigata stazionata dentro e intorno alla città, a maggioranza greco-cristiana, di Smirne. Nel novembre 1916, al-Husayni lasciò l'esercito ottomano per congedo clinico di tre mesi e tornò a Gerusalemme, dove rimase per tutto il resto della durata della guerra. Dopo la conquista britannica della Palestina e della Siria nel 1918, egli s'impiegò in vari uffici dell'amministrazione militare britannica a Gerusalemme e a Damasco, incluso uno in cui egli era incaricato del reclutamento di soldati per l'esercito di Faysal, futuro sovrano del Regno dell'Iraq.

Nel 1919, al-Husayni raggiunse il Congresso Pan-Siriano convocato a Damasco, dove egli sostenne l'Emiro Faysal perché assumesse la corona della Siria. Quell'anno, al-Husayni aderì (e forse contribuì a fondare) la società segreta araba al-Nādī al-‘Arabī (Il circolo arabo) a Gerusalemme e scrisse articoli per il primo nuovo quotidiano creato in Palestina, Sūriyya al-Janūbiyya (Siria Meridionale). Il giornale fu pubblicato a Gerusalemme a partire dal settembre 1919 ad opera del giurista Muhammad Hasan al-Budayrī, e fu diretto da 'Arif al-'Arif, entrambi importanti membri dell' al-Nādi al-‘Arabī.

Fino alla fine del 1921, al-Husaynī focalizzò i suoi sforzi sul progetto del Panarabismo e della Grande Siria in particolare immaginando la Palestina come una provincia meridionale di uno Stato arabo con capitale Damasco. La Grande Siria prevedeva la creazione di un'entità che radunasse i territori oggi occupati da Siria, Libano, Giordania e Israele. La lotta per la Grande Siria si esaurì bruscamente dopo che la Gran Bretagna cedette nel luglio 1920 il controllo alla Francia su quelli che attualmente sono la Siria e il Libano, in accordo con gli Accordi Sykes-Picot. L'esercito francese entrò a Damasco a quel tempo, piegò la resistenza armata araba nella battaglia di Maysalūn e rovesciò re Faysal, mettendo così fine al progetto della Grande Siria.

Dopo di ciò, al-Husaynī dedicò i suoi sforzi, abbandonando il disegno del Panarabismo filo-siriano, a favore di un'ideologia specificamente palestinese, centrata su Gerusalemme, che prevedeva l'espulsione degli ebrei e degli stranieri dalla Palestina, restaurando così una sostanziale Dār al-Islām.

[modifica] Il nazionalismo palestinese prima delle II guerra mondiale

Durante l'annuale processione in onore del profeta Mosè (Nabī Mūsā) a Gerusalemme nell'aprile 1920, vari oratori denunciarono la Dichiarazione Balfour come un tradimento patito dagli arabi ad opera dei britannici. Fra essi figurava al-Husaynī, che esortò all'unità della Palestina con la Siria come se non avesse di già adottato l'ideale nazionalistico palestinese per il quale sarebbe diventato famoso pochi anni più tardi. La processione si trasformò in una violenta dimostrazione e nei disordini che seguirono 5 ebrei e 4 Arabi furono uccisi. Numerosi ebrei e arabi furono condannati a pene detentive per la loro partecipazione ai disordini e al-Husaynī ricevette una condanna a 10 anni di prigione in contumacia, visto che era già riparato a Damasco, passando per la Transgiordania.

Nel 1921, l'amministrazione militare britannica di Palestina fu sostituita da una civile, come Mandato della Lega delle Nazioni. Dopo la morte di suo fratello Kāmil, il Mufti e l'Alto Commissario britannico Herbert Samuel decisero di graziare Amīn al-Husaynī e di nominarlo Mufti di Gerusalemme: una posizione che era stata tenuta dal clan al-Husaynī per più di un secolo. (Al-Husaynī e un altro Arabo erano stati esclusi da una precedente amnistia generale per il fatto di essere fuggiti prima del verdetto).

Questo metodo di nomina era all'epoca coerente con la tradizione (alcuni affermano in modo inesatto che al-Husaynī s'era impadronito del potere). Per lunghi anni sotto la dominazione ottomana, i "chierici" musulmani nominarono tre di loro e il leader all'epoca al potere secolare, il Califfo, sceglieva fra i tre chi sarebbe diventato Muftī. Dopo che la Gran Bretagna s'impadronì del potere in Palestina, il capo secolare al potere fu l'Alto Commissario. Ciò condusse alla situazione del tutto eccezionale di un ebreo, Herbert Samuel, che scelse chi all'epoca sarebbe diventato Muftī. La sola differenza fu che in quell'occasione furono indicati cinque candidati e non tre.

Nel 1922, al-Husaynī fu eletto Presidente del neo-costituito Consiglio Supremo Islamico, che controllava i beni Waqf - beni attribuiti alle fondazioni pie, di per sé inalienabili - che producevano ogni anno decine di migliaia di sterline britanniche, i fondi destinati ad accudire gli orfani, che annualmente significavano circa 50.000 sterline, oltre a controllare le corti giudiziarie islamiche sciaraitiche in Palestina. Queste corti, fra gli altri doveri, avevano quello della nomina degli insegnanti e dei predicatori ( khatīb ) che pronunciavano, allora come oggi, l'allocuzione ( khutba ) del venerdì nelle moschee.

Al-Husaynī lanciò una campagna islamica internazionale per migliorare e restaurare la moschea nota come Cupola della Roccia a Gerusalemme. Infatti il panorama oggi della Spianata del Tempio fu direttamente modificato dall'opera di raccolta di fondi stimolata da al-Husaynī.

Il ruolo di al-Husaynī nel Massacro di Hebron del 1929 è stato focosamente discusso all'epoca. L'Agenzia Ebraica lo accusò di essere responsabile per aver incitato alla violenza, ma la commissione d'inchiesta di Sir Walter Shaw concluse che «non è stata stabilita alcuna connessione fra il Muftī e l'opera di chi, ben noto o che si pensa sia stato coinvolto nell'agitazione o nell'incitamento [alla violenza]. ... Dopo che i disordini esplosero, il Muftī cooperò col Governo nei suoi sforzi di restaurare la pace e di prevenire l'estensione dei disordini». Al-Husaynī funse anche da presidente del Congresso Islamico Mondiale, che egli stesso aveva fondato nel 1931.

I britannici inizialmente bilanciarono le nomine al Consiglio Supremo Islamico tra gli Husayni e i loro sostenitori (noti come majlisiyya, o "sostenitori del Consiglio") e i loro antagonisti, i Nashāshībī e i lor clan alleati (noti come mu'ārada, "l'opposizione") (Robinson, 1997, p. 6), rimpiazzando ad esempio Mūsā al-Husaynī, sindaco di Gerusalemme, con Rāghib al-Nashāshībī. Durante la maggior parte del periodo mandatario britannico in Palestina, litigi fra i due gruppi e le due famiglie minarono seriamente ogni sforzo unitario palestinese. Nel 1936 però, essi giunsero a una qualche unità allorché tutti i gruppi palestinesi si unirono per creare un organo esecutivo permanente noto come Alto Comitato Arabo (Arab High Committee) sotto la presidenza di al-Husaynī.

Il 19 aprile 1936, una ribellione araba scoppiò in Palestina. Subito la ribellione si allargò all'intero Paese, apertamente e ufficialmente condotta dal Muftī e dal suo Alto Comitato Arabo, fondato una settimana dopo che la ribellione s'era manifestata. Il Comitato, col Muftī che lo presiedeva, proclamò uno sciopero generale arabo e incitò al non pagamento delle tasse e all'abbattimento delle amministrazioni comunali. In aggiunta, il Comitato chiese la fine dell'immigrazione ebraica, il divieto di vendita delle terre agli ebrei e l'indipendenza nazionale. Colonie ebraiche, kibbutzim e quartieri urbani divennero bersagli per i cecchini arabi, per le loro bombe e le altre attività armate e terroristiche.

Nel luglio 1937, la polizia britannica fu inviata ad arrestare al-Husaynī per la parte da lui avuta nella ribellione araba, ma egli fu informato e scappò all'interno del Haram (la Spianata sacra delle moschee), dove i britannici pensavano fosse sconsigliabile arrestarlo. In settembre fu rimosso dalla presidenza del Consiglio Supremo Islamico e l'Alto Comitato Arabo fu dichiarato illegale. In ottobre egli fuggì in Libano e qui ricostituì il Comitato sotto la sua guida. Al-Husaynī conservò l'appoggio della maggioranza degli arabi palestinesi e usò il suo potere per punire i Nashāshībī. Rimase in Libano per due anni, ma le sue relazioni progressivamente deteriorate con la Francia e le autorità siriane lo portarono in Iraq nell'ottobre del 1939.

La ribellione finì in Palestina nel 1939, quando essa fu repressa dalle truppe britanniche. Essa forzò la Gran Bretagna a concedere sostanziali concessioni alle richieste arabe. I britannici abbandonarono l'idea di stabilire in Palestina uno Stato ebraico e, mentre l'immigrazione ebraica sarebbe proseguita per altri 5 anni (permettendo che giungessero 75.000 immigranti ebraici), l'immigrazione dipese da quel momento in poi dal consenso arabo. Al-Husaynī tuttavia avvertì che il problema dell'immigrazione sarebbe rimasto e ripudiò la nuova politica. Si veda anche Commissione Peel e Libro Bianco del 1939.

[modifica] Legami col nazismo e attività nel corso della seconda guerra mondiale

[modifica] Anteguerra

Immagine:Himmler to Mufti telegram 1943.png
Telegramma del 2 novembre 1943 di Himmler al Muftī: "Al Gran Muftī: Il movimento nazional-socialista della Grande Germania ha, fin dalla sua nascita, iscritto sulla sua bandiera la guerra contro il mondo ebraizzato. Ha seguito con particolare simpatia la lotta degli arabi amanti della libertà, specialmente in Palestina, contro le mene ebraiche. Nel riconoscimento di questo nemico e della comune lotta contro di lui si colloca la solida istituzione della naturale alleanza fra il Nazionalsocialismo della Grande Germania e i musulmani amanti della libertà nel mondo intero. In questo spirito le invio nell'anniversario dell'infame Dichiarazione Balfour i miei auguri cordiali e i voti per il felice successo della vostra lotta fino alla vittoria finale. Reichsfuehrer S.S. Heinrich Himmler"

Nel 1933, a poche settimane dall'ascesa al potere di Adolf Hitler in Germania, al-Husaynī inviò un telegramma a Berlino indirizzato al Console generale tedesco nel territorio palestinese sotto Mandato britannico, dicendo che egli era impaziente di diffondere la loro ideologia nel Vicino Oriente, specialmente in Palestina, ofrendo i suoi servigi. L'offerta di al-Husaynī fu inizialmente respinta perché non si volevano deteriorare in quella fase le relazioni anglo-tedesche alleandosi con un esponente anti-britannico. Un mese però più tardi, al-Husaynī incontrò in segreto il Console generale tedesco Karl Wolff vicino al Mar Morto ed espresse la sua approvazione nei confronti di un boicottaggio anti-ebraico in Germania e gli chiese di non inviare altri ebrei in Palestina. Più tardi in quello stesso anno, gli assistenti dele Muftī avvicinarono Wolff, chiedendo il suo aiuto per la creazione di un partito nazionalsocialista arabo in Palestina. Wolff e i suoi superiori disapprovarono ciò perché non volevano essere coinvolti nella sfera d'influenza britannica, perché i nazisti desideravano la prosecuzione dell'immigrazione ebraica in Palestina, e perché a quel tempo il partito nazista era stato limitato solo ai Tedeschi che parlavano "ariano".

Il 21 luglio 1937, al-Husaynī si recò in visita dal nuovo Console Generale tedesco in Palestina, Hans Döhle. A lui ripeté il suo antico sostegno alla Germania e gli disse che "intendeva conoscere quale appoggio il Terzo Reich era intenzionato a garantire al movimento arabo contro gli ebrei". Più tardi egli stesso inviò un agente e un suo personale rappresentante a Berlino per discutere con i capi nazisti.

Nel 1938 l'offerta di al-Husaynī fu accolta. Dall'agosto del 1938, al-Husaynī reicevette aiuto finanziario e assistenza militare nonché rifornimenti dal Partito nazista e dalle istituzioni del regime hitleriano (Judenreferat, "Unità Ebrei") e dall'Italia fascista. Da Berlino, al-Husaynī avrebbe svolto un ruolo significativo nella politica inter-araba. Nel solo 1938, sotto il suo comando, furono assassinati più di 800 ebrei[1].

Nel maggio 1940, il Foreign Office declinò una proposta formulata dal presidente del Vaad Leumi (Consiglio Nazionale Ebraico in Palestina) che voleva assumersi l'incarico di assassinare al-Husaynī, ma nel novembre di quell'anno Winston Churchill approvò il piano. Nel maggio del 1941, numerosi appartenenti dell' Irgun, fra cui il suo primo leader, David Raziel, vennero liberati dal carcere e fuggirono alla volta dell'Iraq per una missione segreta che, secondo le fonti britanniche, includeva un piano per "catturare o uccidere" il Muftī. La versione fornita dall'Irgun è che essa fu avvicinata dai britannici per un'azione di sabotaggio, alla quale fu aggiunto l'incarico di catturare il Muftī, come condizione per garantire il loro sostegno all'organizzazione. La missione fu abbandonata allorché Raziel fu ucciso da un aeroplano tedesco.[2]

[modifica] Nel Vicino Oriente

Nell'aprile del 1941 il cosiddetto "Quadrato d'oro" - espressione usata per indicare i bquattro generali dell'esercito iracheno più apertamente ostili alla Gran Bretagna e, per conseguenza, più favorevoli a un avvicinamento nei confronti dell'Asse italo-germanico[1] - guidato dal nazionalista Rashīd ˁĀlī al-Kaylānī (al-Ğīlānī), obbligò con un colpo di Stato in Iraq il Primo Ministro filo-britannico Nūrī Āl Saˁīd Pascià, a rassegnare le dimissioni. Nel maggio il Muftī dichiarò il jihād contro la Gran Bretagna. Quaranta giorni dopo le truppe britanniche riuscirono a occupare l'Iraq (di fatto scarsamente aiutato da Germania e Italia) e il Mufti fuggì in Germania, via Iran, Turchia e Italia, dopo aver incontrato in quest'ultimo Paese Benito Mussolini.

Al-Husaynī aiutò la causa dell'Asse in Vicino Oriente emettendo una fatwa per il jihād contro la Gran Bretagna nel maggio del 1941, anche se agli storici più accorti non sfugge la banale considerazione che, anche per al-Husaynī, era valido il principio secondo cui "il nemico del mio nemico è mio amico".

[modifica] Nell'Europa occupata dai nazisti

Al suo arrivo in Europa, al-Husaynī incontrò il ministro degli Esteri tedesco, Joachim von Ribbentrop il 20 novembre 1941 e fu ricevuto ufficialmente da Adolf Hitler il 28 novembre 1941 a Berlino. Il gran muftì stabilì il suo quartier generale nella capitale tedesca, dove visse fino alla fine della guerra.

Al-Husaynī chiese subito a Hitler una dichiarazione ufficiale di "riconoscimento e simpatia nei confronti delle lotte arabe per l'indipendenza e la liberazione" e nel contempo la distruzione di tutte le possibili forme di insediamento ebraico in Palestina. In precedenza, al-Husaynī sottopose al governo tedesco una bozza per ognuna di queste dichiarazioni, contenenti una clausola:

La Germania e l'Italia riconoscono il diritto dei Paesi arabi a risolvere la questione dell'elemento ebraico che esistono in Palestina e in altri Paesi arabi, come richiesto dagli interessi nazionali ed etnici (völkisch) degli Arabi, e che la questione ebraica sarà risolta in Germania e Italia.[3]

Hitler rifiutò di fare qualsiasi dichiarazione pubblica ma "fece la seguente dichiarazione, chiedendo al Muftī di serbarla all'interno del proprio cuore:

  1. Egli (il Führer) avrebbe intrapreso la lotta fin quando le ultime tracce dell'egemonia comunista ebraica europea non fossero state del tutto eliminate.
  2. Nel corso di tale lotta, l'esercito tedesco avrebbe - in un momento che non poteva essere ancora specificato, ma in ogni caso in un futuro chiaramente prevedibile - raggiunto l'uscita meridionale del Caucaso.
  3. Al momento in cui questo sfondamento fosse stato realizzato, il Führer avrebbe offerto al mondo arabo la sua personale assicurazione che l'ora della liberazione era scoccata. Dopo di che il solo obiettivo che sarebbe rimasto alla Germania da conseguire nella regione si sarebbe limitato al Vernichtung des...Judentums ['distruzione dell'elemento ebraico', espressione talora usata eufemisticamente al posto di 'annichilimento degli ebrei'] che viveva sotto protezione britannica nelle terre arabe". [4]

A partire dalla fine del 1941 il gran muftì fu tenuto costantemente informato dei progressi della "soluzione della questione ebraica europea".
Il Muftī stabilì stretti contatti con capi musulmani bosniaci e albanesi e trascorse il resto della guerra conducendo le seguenti attività:

  • Propaganda radio a favore della Germania nazista
  • Spionaggio e attività di fiancheggiamento nelle regioni islamiche d'Europa e del Vicino Oriente
  • Assistenza alla preparazione delle unità musulmane delle Waffen SS nei Balcani
  • Formazione di scuole e centri di addestramento per gli Imām e i mullah musulmani che avrebbero accompagnato le formazioni islamiche delle SS e delle unità della Wehrmacht.

[modifica] Reclutamento

A cominciare dal 1943, al-Husaynī fu coinvolto nell'organizzazione e nel reclutamento dei musulmani bosniaci in varie divisioni delle Waffen SS e di altre unità. La più numerosa fu la 13a divisione "Handschar" di 21.065 uomini (talora chiamata Hanjar: parola che in turco significa Scimitarra, mentre in arabo si dice Khanjar خنجر), che condusse operazioni contro i partigiani dei Balcani dal febbraio del 1944.

Al-Husaynī insistette a dire che "il più importante compito della Divisione deve essere quello di proteggere la patria e le famiglie [dei volontari bosniaci]; alla Divisione non deve essere consentito di lasciare la Bosnia", ma questa richiesta fu ignorata dai tedeschi (Archivi germanici, citati in in Lepre, p34).

[modifica] L'Olocausto

La conoscenza che ebbe il Muftī dell'Olocausto ebraico mentre viveva nella Germania nazista è stata dibattuta con lo stesso Muftī che negava ogni conoscenza in proposito prima della guerra. Testimoni presentati tuttavia al Processo di Norimberga accusarono il Muftī non solo di avere avuto consapevolezza dell'Olocausto ma anche di avere incoraggiato attivamente l'avvio dello sterminio degli ebrei europei. Il vice di Adolf Eichmann, Dieter Wisliceny testimoniò durante il processo per crimi di guerra del 1946 che ... «Il Muftī fu uno dei propugnatori dello sterminio sistematico del giudaismo europeo e fu un collaboratore e consigliere di Eichmann e di Himmler nella realizzazione di questo piano... Fu uno dei milgiori amici di Eichmann e lo incitò costantemente ad accelerare le misure dello sterminio. Ho sentito dirgli che, accompagnato da Eichmann, aveva visitato in in incognito le camere a gas di Auschwitz».

Quando la Croce Rossa si offrì di mediare con Adolf Eichmann in uno scambio di prigionieri di guerra che avrebbe comportato la liberazione di cittadini tedeschi per 5.000 bambini ebrei inviati in Polonia ai campi di concentramento di Theresienstadt, al-Husaynī intervenne di persona con Heinrich Himmler e lo scambio fu annullato, sebbene non ci fosse prova che quel suo intervento abbia impedito quella liberazione.

Tra le azioni di sabotaggio organizzate da al-Husaynī vi fu un attentato portato assaltando un impianto chimico che produceva per lo sforzo bellico nella seconda città più grande della Palestina, a maggioranza abitata da ebrei: Tel Aviv. Cinque paracadutisti furono inviati con un carico di tossina per inserirlo nel sistema idrico. La polizia catturò gli infiltrati in una caverna presso Gerico e, secondo il comandante del distretto di polizia di Gerico, Fāyiz Bey Idrīsī, «il laboratorio aveva determinato che ogni contenitore portava abbastanza veleno per uccidere 25.000 persone, e vi erano almeno 10 contenitori con loro». [2]

Recenti documenti nazisti scoperti nel ministero degli Esteri tedesco e nel Servizio degli Archivi Militari di Friburgo [3] da due studiosi, Klaus Michael Mallmann dell'Università di Stuttgart e Martin Cüppers dell'Università di Ludwigsburg, indicano che, nell'evento che portò alla sconfitta la Gran Bretagna in Egitto ad opera dell'Afrika Korps del Feldmaresciallo Erwin Rommel, i nazisti avevano progettato di inviare un'unità speciale, chiamata Einsatzkommando Ägypten per sterminare gli ebrei palestinesi e che essa cercava il sostegno arabo per evitare il sorgere di uno Stato ebraico. Nel loro libro i ricercatori concludevano che "il più importante collaboratore dei nazisti e un arabo del tutto anti-semita (nel senso di anti-ebraico) fu il Hājjī Amīn al-Husaynī, il Muftī di Gerusalemme".[4] Secondo una considerazione alquanto indimostrabile degli studiosi tedeschi, al-Husaynī fu il primo esempio di come arabi e nazisti fossero diventati amici a causa dell'odio per gli ebrei. Al-Husaynī ebbe incontri varie volte con Adolf Eichmann[5], il capo degli organizzatori di Adolf Hitler per l'Olocausto[5] [6],[7],[8],[9],[10].

[modifica] Attività post-belliche

Dopo la guerra, al-Husaynī si rifugiò in Svizzera, fu arrestato e messo agli arresti domiciliari in Francia, ma scappò e chiese asilo all'Egitto. Gruppi sionisti chiesero alla Gran Bretagna di incriminarlo come criminale di guerra. I britannici non acconsentirono, in parte perché consideravano le prove addotte come non conclusive, ma anche perché ogni loro mossa in tal senso avrebbe accresciuto i loro problemi in Egitto e Palestina, dove al-Husaynī era ancora popolare. La Yugoslavia chiese senza successo la sua estradizione.

Dall'Egitto, al-Husaynī fu fra i sostenitori della guerra del 1948 contro il nuovo Stato di Israele. Il monarca Giordania giordano ˁAbd Allāh, attribuì a qualcun altro la sua funzione di Gran Muftī della parte palestinese di Gerusalemme presa dalla Transgiordania nel corso della guerra e Hājjī Amīn al-Husaynī entrò in contatto coi cospiratori arabi che realizzarono l'assassinio di re ˁAbd Allāh nel 1951, quando egli viveva ancora in esilio in Egitto. Re Talāl di Giordania divenne re di Giordania dopo la morte del padre ˁAbd Allāh e rifiutò ad Amīn al-Husaynī il permesso di tornare a Gerusalemme. Dopo un anno re Talāl fu dichiarato incapace ma anche il nuovo sovrano, Re Husayn di Giordania, rifiutò di concedere ad al-Husaynī il permesso di entrare nella Città Santa.

Sebbene il Muftī sia stato coinvolto in alcuni negoziati ad alto livello fra leaders arabi prima e durante la Guerra arabo-israeliana del 1948 in un incontro che ebbe luogo a Damasco nel febbraio 1948 per organizzare i Comandi Operativi Palestinesi, i comandanti del suo Esercito del Jihād, Hasan Salama e ˁAbd al-Qādir al-Husaynī, furono assegnati al solo distretto di Lydda e di Gerusalemme rispettivamente. Questa decisione spianò la strada a uno scalzamento della posizione del Muftī all'interno degli Stati arabi. Il 9 febbraio, solo quattro giorni dopo l'incontro di Damasco, un colpo severo fu patito dal Muftī nel corso di una sessione della Lega Araba al Cairo [dove furono respinte le sue richieste per] la nomina di un palestinese nello Stato Maggiore della Lega, la formazione di un governo provvisorio palestinese, il trasferimento dell'autorità a Comitati Esecutivi locali nelle aree evacuate dai britannici, un finanziamento per l'amministrazione in Palestina e l'attribuzione di grandi somme al Supremo Esecutivo Arabo per i palestinesi che avevano sopportato danni di guerra.[6]

La Lega Araba bloccò il reclutamento di forze del Muftī,[7] che collassarono a seguito della morte del suo leader più carismatico, ˁAbd al-Qādir al-Husaynī, l'8 aprile.

In base a voci secondo cui re ˁAbd Allāh di Transgiordania aveva riaperto negoziati bilaterali con Israele che dapprima egli stesso aveva condotto in segreto con l' Agenzia Ebraica, la Lega Araba, guidata dall'Egitto, decise di insediare un governo di tutta la Palestina a Gaza l' 8 settembre sotto la nominale leadership del Muftī. Avi Shlaim scrisse:

La decisione di formare il governo di tutta la Palestina a Gaza e il debole tentativo di creare forze armate sotto il suo controllo, dette ai membri della Lega Araba i mezzi per sganciarsi dalla diretta responsabilità per la prosecuzione della guerra e per ritirare i suoi eserciti dalla Palestina mettendosi al riparo in qualche modo dalle proteste popolari. Qualunque fosse a lungo termine il futuro del governo arabo di Palestina, il suo immediato obiettivo, come concepito dai suoi sostenitori egiziani, fu quello di provvedere a creare un punto focale di opposizione ad ˁAbd Allāh e a servirsene come uno strumento per frustrare le sue ambizioni di federare regioni arabe con la Transgiordania.[8]

ˁAbd Allāh vide il tentativo di dar nuovo spazio all'Esercito del Jihād del Muftī come una sfida alla sua autorità e il 3 ottobre il suo ministro della Difesa ordinò a tutti i corpi armati che operavano nelle aree controllate dalla Legione Araba di disciogliersi. Glubb Pasha eseguì l'ordine senza esitazione e con efficienza.[9]

Durante la guerra del 1948, il Muftī fu anche accreditato della seguente frase "Io dichiaro il jihād, miei fratelli musulmani! Uccidete gli ebrei! Uccideteli tutti!" (Leonard J. Davis e M. Decter, Eds., Myths and facts: A Concise Record of the Arab-Israeli Conflict, Washington DC, Near East Report, 1982, p. 199).

Al-Husaynī morì a Beirut, Libano nel 1974. Chiese di essere sepolto a Gerusalemme ma il governo israeliano rifiutò di acconsentire.

[modifica] L'influenza del Muftī

  • Il rapporto del Comitato d'Inchiesta Anglo-Americano datato 20 aprile 1946 afferma: "il volo del Muftī, Hājjī Amīn al-Husaynī, in Italia e Germania, e il suo attivo sostegno all'Asse, non gli fece perdere seguito ed egli è oggi probabilmente il più popolare leader arabo in Palestina". (Appendix IV. Palestine: Historical Background. The Arabs and the War)
  • L'intervista di Yasser Arafat al giornale di lingua araba di Londra, al-Sharq al-Awsat, fu ristampata dall'importante quotidiano palestinese al-Quds (2 agosto 2002):
Intervistatore: Ho udito voci interne all'Autorità Nazionale Palestinese nelle ultimissime settimane che affermano che le riforme sono coordinate in base con i capricci statunitensi...
Arafat: Noi non siamo l'Afghanistan. Noi siamo un popolo potente. Sono stati forse in grado di rimpiazzare il nostro eroe Hājjī Amīn al-Husaynī?... Vi sono stati vari tentativi di eliminare il Hājjī Amīn, che essi consideravano un alleato dei nazisti. Ma anche così egli viveva al Cairo e partecipò alla guerra del 1948 war, ed io era uno all'interno di quelle truppe".
  • Secondo John Marlowe, "La figura dominante in Palestina durante gli anni del Mandato non fu un britannico né un ebreo, ma un arabo — Hājjī Amīn Muhammed Effendī al-Husaynī... Abile, ambizioso, senza paura, serio e incorruttible, egli era fatto con l'identica stoffa con cui sono fatti i dittatori".

[modifica] Note

  1. ^ Victor Farias, Salvador Allende, la fine di un mito, Edizioni Medusa, 2007, pag. 67.
  2. ^ Mattar, 1984.
  3. ^ Lewis (1984), p. 190.
  4. ^ official transcript, trans. Fleming
  5. ^ *Klaus-Michael Mallmann e Martin Cueppers, Germans, Jews, Genocide — The Holocaust as History and Present, Stoccarda, Stuttgart University.
  6. ^ Levenberg, 1993, p. 198.
  7. ^ Sayigh, 2000, p. 14.
  8. ^ Shlaim, 2001, p. 97.
  9. ^ Shlaim, 2001, p. 99.

[modifica] Bibliografia

  • Philip Mattar, The Mufti of Jerusalem, Columbia University Press, revised edition, 1988, ISBN 0-231-06463-2)
  • Yehuda Taggar, The Mufti of Jerusalem and Palestine Arab Politics, 1930-1937, Garland Pub, 1987, ISBN 0-8240-1933-4)
  • Taysir Jbara, Palestinian Leader, Hajj Amin Al-Husayni, Mufti of Jerusalem, Kingston Press Series, Leaders, Politics, and Social Change in the Islamic World, No 5, 1985, ISBN 0-940670-21-6
  • Daniel Carpi, The Mufti of Jerusalem: Amin el-Husseini, and his diplomatic activity during World War II, October 1941-July 1943, Studies in Zionism, Vol. VII (1983), pp. 101-131
  • P. Mattar, "Al-Husayni and Iraq's quest for independence, 1939-1941", in Arab Studies Quarterly 6,4 (1984), 267-281.
  • Rashid Khalidi, "The Formation of Palestinian Identity: The Critical Years, 1917-1923", in: Rethinking Nationalism in the Arab Middle East, ed. by James Jankowski and Israel Gershoni, New York, Columbia University Press, 1997, ISBN 0-231-10695-5)
  • Moshe Pearlman, Mufti of Jerusalem: The Story of Haj Amin el Husseini, V Gollancz, 1947
  • Pierre van Paassen, Days of our Years, Hillman-Curl, Inc., 1939, LC 39027058) pp. 363-373
  • Philip Rees, Biographical Dictionary of the Extreme Right Since 1890, Macmillan Library Reference, 1991, ISBN 0-13-089301-3)
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