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Agostino da Ippona - Wikipedia

Agostino da Ippona

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« Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposi in Te. »
(Confessioni, I, 1)
« [...] infatti, ciascuno è ciò che ama. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Che cosa devo dire? Che tu sarai Dio? Io non oso dirlo per conto mio. Ascoltiamo piuttosto le Scritture: Io ho detto: "voi siete dèi, e figli tutti dell'Altissimo" [1]. Se, dunque, volete essere dèi e figli dell'Altissimo, non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. [...] »
(Agostino d'Ippona, In epistolam Ioannis ad Parthos)
Agostino d'Ippona
Doctor Gratiae, affresco in Laterano
Doctor Gratiae, affresco in Laterano
Nascita Tagaste (Numidia), 13 novembre 354
Morte Ippona (Numidia), 28 agosto 430
Venerato da Chiesa cattolica
Beatificazione {{{beatificazione}}}
Canonizzazione
Santuario principale
Ricorrenza 28 agosto
Attributi
Patrono di vedi elenco
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Sant' Agostino d'Ippona (traduzione italiana del latino Aurelius[2] Augustinus Hipponensis; Tagaste13 novembre 354 – Ippona28 agosto 430) fu un filosofo, vescovo e teologo latino. Padre, Dottore e Santo della Chiesa Cattolica, è conosciuto semplicemente come Sant'Agostino, detto anche Doctor Gratiae (Dottore della Grazia).

La sua opera più celebre sono le Confessiones (Confessioni). A lui si rifà l'Ordine dei Canonici Regolari di Sant'Agostino, chiamato degli Agostiniani. Alcune Chiese scismatiche africane, fenomeni a metà tra le cosiddette Piccole Chiese ed il sincretismo (in particolare quelle fornite di successione apostolica), sorte nel corso del XIX e del XX secolo, si sono auto-definite Agostiniste, in considerazione della origine africana del Santo.

Per approfondire, vedi la voce Pensiero di sant'Agostino d'Ippona.

Indice

[modifica] Biografia

Agostino in un affresco del Botticelli
Agostino in un affresco del Botticelli

La vita di sant'Agostino ci è stata tramandata in documenti di incomparabile ricchezza; di nessun grande personaggio dei tempi antichi esistono informazioni comparabili a quelle contenute nelle Confessioni, che riferiscono la commovente storia della sua anima, nelle Ritrattazioni, che descrivono l'evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico Possidio, che narra l'apostolato del santo.

[modifica] Dalla nascita alla conversione (354-386)

Agostino, di etnia berbera[3], ma di cultura totalmente ellenistico-romana, nacque a Tagaste il 13 novembre 354. Tagaste, attualmente Souk-Ahras in Algeria, posta a circa 100 km a sud-ovest di Ippona, era, a quei tempi, una piccola città libera della Numidia proconsolare recentemente convertita dal Donatismo. Anche se molto rispettabile, la sua famiglia non era ricca, e suo padre, Patrizio, uno dei curiales (consiglieri municipali) della città, era un pagano. Comunque, le virtù che resero Monica l'ideale delle madri cristiane, alla lunga portarono il marito al battesimo e ad una morte nella Grazia divina (371).

[modifica] L'educazione familiare: infanzia e adolescenza

Agostino recepì dai suoi genitori due opposte visioni del mondo, da lui spesso vissute in conflitto tra loro. Sarà, tuttavia, la madre, venerata come santa dalla Chiesa cattolica, ad esercitare un grande ruolo nell'educazione e nella vita del figlio. Agostino ricevette, quindi, un'istruzione cristiana e fu iscritto fra i catecumeni. Una volta, quando era molto malato, chiese il battesimo, ma, essendo presto svanito ogni pericolo, decise di differire il momento della ricezione del sacramento, adeguandosi, così, ad una diffusa usanza di quel periodo. La sua associazione con "uomini di preghiera" lasciò tre grandi concetti profondamente incisi nella sua anima: l'esistenza di una Divina Provvidenza, l'esistenza di una vita futura con terribili punizioni e, soprattutto, Cristo il Salvatore.

« Fin dalla mia più tenera infanzia, io avevo succhiato col latte di mia madre il nome del mio Salvatore, Tuo Figlio; lo conservai nei recessi del mio cuore; e tutti coloro che si sono presentati a me senza quel Nome Divino, sebbene potesse essere elegante, ben scritto, ed anche pieno di verità, non mi portarono via. »
(Confessioni, I, IV)

Africano di nascita e, quindi, probabilmente, di madrelingua berbera, apprese e utilizzò il punico ed il latino, mentre ebbe difficoltà con il greco, l'altra grande lingua, insieme al latino, della cultura dell'epoca. Patrizio, orgoglioso del successo di suo figlio nelle scuole di Tagaste e Madaura, decise di mandarlo a Cartagine per prepararlo alla carriera forense. Ma, sfortunatamente, ci vollero molti mesi a raccogliere il denaro necessario, ed Agostino dovette passare il suo sedicesimo anno a Tagaste, in un ozio che fu fatale per la sua virtù e che scatenò una grande crisi intellettuale e morale. Egli stesso avrebbe in seguito narrato come, dominato da una profonda inquietudine, venisse risucchiato in un vortice di passioni, e provasse quasi attrazione per il peccato, come avvenne ad esempio in occasione del celebre furto delle pere, che Agostino organizzò insieme ad alcuni coetanei:

« Ma io, sciagurato, cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello se eri un furto; anzi, sei qualcosa per cui possa rivolgerti la parola? [4] Belli erano i frutti che rubammo... ma non quelli bramò la mia anima miserabile, poiché ne avevo in abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto»
(Confessioni, II, 6, 12)

[modifica] La crisi cartaginese

All'inizio della crisi pregava, ma senza il sincero desiderio di essere ascoltato e, quando giunse a Cartagine, verso la fine del 370, ogni cosa che gli capitava lo portava a deviare sempre di più dall'antico corso della sua vita: le molte seduzioni della grande città che era ancora per metà pagana, la licenziosità degli altri studenti, i teatri, l'ebbrezza del suo successo letterario ed uno smisurato desiderio di essere sempre il primo, anche nel peccato. In questa città, appassionandosi di filosofia, iniziò a studiare la maggior parte dei testi principali della cultura ellenistico-latina. Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verità, passò gli anni della sua gioventù nella ricerca insaziabile del senso della vita. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, però, Agostino fu costretto a confessare a Monica che aveva una relazione con una donna che gli aveva dato un figlio (372), Adeodato. Il santo visse con lei, in concubinato per quindici anni. Si separarono nel 386, quando ella lo lasciò a Milano per recarsi in Numidia con la promessa che sarebbe tornata.

Nella valutazione di questa crisi devono essere evitati i due estremi. Alcuni, come Theodor Mommsen, forse fuorviati dal tono di dolore delle Confessioni, la esagerarono. Altri come Loofs (Realencyklopädie III edizione, II, 268) rimproveravano a Mommsen questa conclusione o erano troppo clementi verso Agostino, quando affermavano che, a quei tempi, la Chiesa permetteva il concubinato. Le Confessioni provano da sole che Loofs non aveva ben compreso il 17° canone di Toledo. Comunque, può essere detto che, anche nella sua caduta, Agostino mantenne una certa dignità e che, fin dall'età di diciannove anni, ebbe un genuino desiderio di infrangere le catene: nel 373, la lettura dell'Hortensius di Marco Tullio Cicerone provocò un cambiamento di direzione della sua vita. Si imbevve dell'amore per la saggezza che Cicerone così eloquentemente encomiava e, da quel momento, Agostino considerò la retorica soltanto una professione, che esercitava in qualità di professore. Il suo cuore si era completamente volto alla filosofia.

[modifica] Approdo al manicheismo

In quello stesso anno, 373, la sua ansia per la ricerca dell'assoluto lo fece approdare al Manicheismo, di cui, insieme al suo amico Onorato, divenne uno dei massimi esponenti e divulgatori. Sembra strano che una così grande mente potesse dar credito alle idee sviluppate dal persiano Mani (215-276) ed approdate in Africa appena 50 anni prima. Agostino stesso narra che fu adescato dalle promesse di una filosofia libera dai vincoli della fede; dalle vanterie dei manichei che affermavano di aver scoperto delle contraddizioni nelle Sacre Scritture; e, soprattutto, dalla speranza di trovare nella loro dottrina una spiegazione scientifica della natura e dei suoi fenomeni più misteriosi. La mente indagatrice di Agostino era entusiasta per le scienze naturali ed i Manichei dichiaravano che la natura non aveva segreti per Fausto di Milevi, il loro dottore. Tuttavia, tale adesione non fu scevra da dubbi che lo attanagliavano: essendo torturato dal problema dell'origine del male, Agostino, nell'attesa di risolverlo, diede credito all'esistenza di un conflitto tra due principi. C'era, inoltre, un fascino molto potente nell'irresponsabilità morale che risultava da una dottrina che negava la libertà ed attribuiva la commissione di crimini ad un principio esterno. Una volta unitosi a questa setta, Agostino gli si dedicò con tutto l'ardore del suo carattere; ne lesse tutti i libri, adottò e difese tutte le sue idee. Il suo attivissimo proselitismo fece cadere nell'eresia anche i suoi amici Alipio e Romaniano, i suoi mecenati di Tagaste, gli amici di suo padre che stavano sostenendo le spese degli studi di Agostino. Fu durante questo periodo manicheo che le facoltà letterarie di Agostino giunsero al loro pieno sviluppo, quando era ancora un semplice studente di Cartagine.

[modifica] L'insegnamento

Al termine dei suoi studi sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum, ma preferì la carriera letteraria. Possidio narra che tornò a Tagaste per "insegnare la grammatica". Il giovane professore incantò i suoi alunni, uno dei quali, Alipio, appena più giovane del suo maestro, per non lasciarlo dopo averlo seguito nell'eresia, fu in seguito battezzato insieme a lui a Milano, per poi, probabilmente, diventare vescovo di Tagaste, la sua città natale. Ma Monica era profondamente dispiaciuta per l'eresia di Agostino e non l'avrebbe neanche ricevuto in casa o fatto sedere alla sua tavola, se non fosse stata consigliata da un vescovo che dichiarò che "il figlio di così tante lacrime e preghiere non poteva perire". Poco tempo dopo Agostino tornò a Cartagine, dove continuò ad insegnare retorica. I suoi talenti gli furono anche di maggiore vantaggio su questo palcoscenico più grande e, attraverso una infaticabile ricerca delle arti liberali il suo intelletto raggiunse la piena maturità. Qui vinse un torneo di poesia ed il Proconsole Vindiciano gli conferì pubblicamente la corona agonistica.

Fu in questo momento di ebbrezza letteraria, quando aveva appena completato il suo primo lavoro sull'estetica (ora perso) che Agostino cominciò a ripudiare il manicheismo. Anche quando era nel suo massimo entusiasmo, tuttavia, gli insegnamenti di Mani erano stati lontani dal calmare la sua inquietudine. Nonostante fosse stato accusato di essere diventato un prete della setta, non fu mai iniziato o enumerato fra gli "eletti", ma rimase un "uditore", il grado più basso nella gerarchia. Egli stesso fornì le ragioni del suo disincanto: prima di tutto l'inclinazione della filosofia manichea - "Distruggono tutto e non costruiscono nulla" -; poi la loro immoralità in contrasto con la loro apparente virtù; quindi la debolezza delle loro argomentazioni nella controversia con i cattolici, ai cui precetti basati sulle Scritture la loro unica replica era: "Le Sacre Scritture sono state falsificate." Ma la cosa peggiore è che tra loro non trovò la scienza (scienza intesa nel senso moderno della parola), quella conoscenza della natura e delle sue leggi che gli avevano promesso. Quando li interrogava sui movimenti delle stelle, nessuno di loro era in grado di rispondergli. "Attendi Fausto", gli dicevano, "lui ti spiegherà tutto". Finalmente, nel 383, Fausto di Mileve, il celebre vescovo manicheo, giunse a Cartagine. Agostino gli fece visita e lo interrogò, ma scoprì nelle sue risposte solo volgare retorica, assolutamente estranea a qualsiasi cultura scientifica. L'incantesimo si ruppe e, anche se Agostino non abbandonò immediatamente la setta, la sua mente iniziò a rifiutare le dottrine manichee. L'illusione era durata nove anni.

Sant'Ambrogio, arcivescovo di Milano
Sant'Ambrogio, arcivescovo di Milano

[modifica] L'incontro con sant'Ambrogio

Ma la crisi religiosa di questa grande anima si sarebbe risolta solamente in Italia grazie all'influenza di Ambrogio. Nel 383 stesso, Agostino, all'età di 29 anni, cedette all'irresistibile attrazione che l'Italia aveva per lui, ma a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere ad un sotterfugio ed imbarcarsi con la copertura della notte. Non appena giunto a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea, si ammalò gravemente. Quando guarì aprì una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse di istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano. Il praefectus urbi Simmaco lo aiutò ad ottenere il posto con l'intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Tuttavia, dopo aver fatto visita al vescovo Ambrogio, il fascino della gentilezza di quel santo lo portò a seguire regolarmente le sue predicazioni.

[modifica] La filosofia neoplatonica e il Cristianesimo

Tuttavia, prima di abbracciare la Fede, Agostino fu travagliato da ulteriori tre anni di dubbi, durante i quali la sua mente passò attraverso varie fasi. In un primo tempo si volse verso la filosofia degli Accademici, attratto dal loro scetticismo pessimistico, deluso com'era dal manicheismo e diffidando ormai di ogni forma di credenza religiosa. Lo tormentava più di tutti il problema del male: se Dio esiste ed è onnipotente, perché non riesce ad annientarlo?

« Tali pensieri volgevo nel mio petto infelice, gravato da preoccupazioni tormentosissime, perché temevo la morte e non avevo trovato la verità. Pure rimaneva ferma stabilmente nel mio cuore la fede cattolica nel Cristo tuo, Signore e Salvatore nostro [5], una fede ancora informe sotto molti aspetti, e fluttuante al di fuori della dottrina, eppure il mio animo non l'abbandonava. »
(Confessioni, VII,5)

Ma fu poi decisivo l'incontro con la filosofia neo-platonica, dalla quale rimase entusiasmato. Aveva a mala pena letto le opere di Platone e di Plotino, quando gli si accendeva nuovamente la speranza di trovare la verità. Ancora una volta cominciò a sognare che lui ed i suoi amici potessero condurre una vita dedicata alla sua ricerca, una vita priva di tutte le aspirazioni volgari come onori, ricchezza, o piacere, e con il celibato come regola (Confessioni, VI). Ma era solo un sogno; le sue passioni lo rendevano ancora schiavo.

Monica intanto, che aveva raggiunto suo figlio a Milano, lo convinse a fidanzarsi, ma la sua promessa sposa era troppo giovane, ed anche se Agostino salutò la madre di Adeodato, il suo posto fu presto preso da un'altra. Così dovette attraversare un ultimo periodo di lotta e di angoscia. Finalmente, attraverso la lettura delle Sacre Scritture, la luce penetrò nella sua mente. Presto ebbe la certezza che Gesù Cristo è l'unico mezzo per giungere alla verità ed alla salvezza. Un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Ambrogio, che raccontò ad Agostino la storia della conversione del celebre retore neo-platonico Vittorino (Confessioni, VIII, I II), preparò la strada per il grande colpo di grazia che, all'età di 33 anni, lo fece capitolare in un giardino di Milano, dove sentì la voce di una bimba che canterellava "tolle lege", ossia prendi e leggi, invito che egli riferì alla Bibbia, che, a quel punto, aprì a caso, cadendo su un passaggio di San Paolo (settembre 386). Alcuni giorni più tardi, Agostino, mentre era malato, sfruttando le vacanze autunnali si dimise dal suo lavoro di insegnante, andò con Monica, Adeodato, ed i suoi amici a Cassisiacum, residenza di campagna di Verecondo. Lì si dedicò alla ricerca della vera filosofia che, per lui, ormai era inseparabile dal Cristianesimo.

[modifica] Dalla conversione all'episcopato (386-396)

Agostino riceve il battesimo dalle mani di Sant'Ambrogio
Agostino riceve il battesimo dalle mani di Sant'Ambrogio

Agostino, gradualmente, conobbe la dottrina cristiana e, nella sua mente, iniziarono a fondersi la filosofia platonica ed i dogmi rivelati. La solitudine di Cassisiacum gli permise di realizzare un sogno a lungo inseguito: nei suoi libri Contra academicos, Agostino descrisse la serenità ideale di questa esistenza, animata solamente dalla passione per la verità. Inoltre completò l'istruzione dei suoi giovani amici, ora con letture in comune, ora con conferenze filosofiche alle quali, qualche volta, invitava anche Monica, ed i cui racconti, trascritti da un segretario, furono la base dei "Dialoghi". Licenzio, nelle sue "Lettere", avrebbe, in seguito, ricordato le mattine e sere di filosofia durante le quali, Agostino, era solito intraprendere disquisizioni che si elevavano molto al di sopra dei luoghi comuni. I temi favoriti di queste conferenze erano la verità, la certezza (Contra academicos), la vera felicità nella filosofia (De beata vita), l'ordine Provvidenziale del mondo e la sua perfezione matematica (De Musica), il problema del male (De ordine) ed infine Dio e l'anima (Soliloquia, De immortalitate animae).

Verso l'inizio della Quaresima del 387, Agostino si recò a Milano dove, con Adeodato ed Alipio, prese posto fra i competentes per essere battezzato da Ambrogio il giorno di Pasqua. La tradizione che vuole che in quell'occasione fu cantato il Te Deum alternativamente dal vescovo e dal neofita è infondata. Ciononostante, questa leggenda è certamente espressiva della gioia della Chiesa nel ricevere come suo figlio colui che doveva esserne il dottore più illustre. Fu a questo punto che Agostino, Alipio, ed Evodio decisero di ritirarsi nella solitudine dell'Africa. Agostino rimase a Milano fino all'autunno, continuando i suoi lavori: De immortalitate animae e De musica. Poi, mentre era in procinto di imbarcarsi ad Ostia, Monica rese l'anima a Dio. Agostino, allora, rimase per molti mesi a Roma occupandosi principalmente della confutazione del manicheismo. Tornò in Africa solo dopo la morte del tiranno Magno Massimo (agosto 388) e, dopo un breve soggiorno a Cartagine, ritornò a Tagaste. Subito dopo il suo arrivo, decise di iniziare a seguire il suo ideale di vita perfetta, dedicata a quel Dio che era giunto finalmente ad amare in età adulta:

« Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace. »
(Confessioni X, 27.36)

Cominciò vendendo tutti i suoi beni e dando gli incassi ai poveri. Poi lui ed i suoi amici si ritirarono nel suo appezzamento di terreno, che già era stato alienato, per condurre una vita comune in povertà, in preghiera, e nello studio della letteratura sacra. Il libro De diversis quaestionibus octoginta tribus è il frutto delle riunioni tenute durante questo ritiro, nel quale scrisse anche il De Genesi contra Manichæos, il De Magistro ed il De Vera Religione.

Agostino non pensava di diventare sacerdote e, per paura dell'episcopato, scappava anche dalle città nelle quali era necessaria un'elezione. Un giorno, essendo stato chiamato ad Ippona da un amico la cui la salvezza dell'anima era in pericolo, stava pregando in una chiesa quando un gruppo di persone improvvisamente lo circondarono, lo consolarono ed implorarono Valerio, il vescovo, di elevarlo al sacerdozio. Nonostante i suoi timori, Agostino fu ordinato nel 391. Il novello sacerdote considerò la sua ordinazione come una ragione in più per riprendere la vita religiosa a Tagaste e Valerio approvò così entusiasticamente che gli mise a disposizione delle proprietà della chiesa, autorizzandolo a fondare un monastero. Il suo ministero sacerdotale durato cinque anni fu incredibilmente fruttifero: Valerio lo autorizzò a predicare nonostante l'uso africano che riservava quel ministero ai soli vescovi; combatté l'eresia, specialmente quella manichea ed il suo successo fu prodigioso. Fortunato, uno dei loro grandi dottori, che Agostino aveva sfidato in pubblico, fu così umiliato dalla sconfitta che fuggì da Ippona. Egli abolì anche l'uso di tenere banchetti nelle cappelle dei martiri. L'8 ottobre 393, prese parte al Concilio Plenario d'Africa presieduto da Aurelio, vescovo di Cartagine, dove, dietro richiesta dei vescovi, fu obbligato a comporre una dissertazione che, nella sua forma completa, in seguito, divenne il trattato De fide et symbolo.

[modifica] Vescovo di Ippona (395-430)

Indebolito dall'età ormai avanzata, Valerio, vescovo di Ippona, ottenne da Aurelio, Primate d'Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualità di coadiutore. Pertanto, Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva 42 anni, ed avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34. Il nuovo vescovo comprese bene come combinare l'esercizio dei suoi doveri pastorali con l'austerità della vita religiosa e, sebbene avesse lasciato il suo monastero, la sua residenza episcopale divenne un monastero dove visse una vita di comunità con il suo clero, che osservava una religiosa povertà. La casa episcopale di Ippona divenne un vero vivaio per i nuovi fondatori di monasteri che presto si diffusero in tutta l'Africa e per i vescovi che occupavano le sedi vicine. Possidio (Vita Sancti Augustini, XXII) elencò dieci amici e discepoli del santo che furono elevati all'episcopato. In questo modo Agostino si guadagnò il titolo di patriarca dei religiosi e rinnovatore della vita ecclesiastica in Africa.

Ma fu soprattutto un difensore della verità ed un pastore di anime. Le sue attività dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare quanto la Chiesa stessa, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi, i suoi sermoni che trasudavano uno spirito di carità che vinceva tutti i cuori; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell'epoca; lasciò la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecipò, per esempio quelli di Cartagine del 398, 401, 407, 419 e di Mileve del 416 e 418; infine, lottò infaticabilmente contro tutte le eresie. Riferire di tutte queste lotte sarebbe un lavoro senza fine, pertanto, è opportuno dar conto solamente delle controversie principali:

  • la controversia manichea ed il Problema del Male;
  • la controversia donatista e la Teoria della Chiesa;
  • la controversia pelagiana ed il Dottore della Grazia;
  • la controversia ariana e gli ultimi anni.

[modifica] La controversia manichea ed il Problema del Male

Dopo che Agostino divenne vescovo, lo zelo che, fin dai tempi del suo battesimo, manifestava nel portare i suoi ex correligionari all'interno della vera Chiesa, assunse una forma più paterna senza però perdere il suo antico ardore. Fra gli eventi più memorabili che avvennero durante questa controversia è da ricordare la grande vittoria del 404 su Felice, un "eletto" manicheo e grande dottore della setta. Questi stava predicando la sua eresia ad Ippona, ed Agostino lo invitò ad una disputa pubblica, al termine della quale Felice si dichiarò vinto, abbracciò la Fede e, insieme ad Agostino, sottoscrisse gli atti della disputa. Nelle sue opere Agostino confutò successivamente: Mani (397), Fausto di Mileve (400), Secondino (405) e (intorno al 415) i Priscillianisti, di cui gli aveva parlato Paolo Orosio. Queste opere contengono le opinioni del santo sul problema del male, opinioni basate sull'ottimismo derivante dall'idea che ogni opera di Dio è buona e che l'unica fonte del male è la libertà delle creature (De Civitate Dei, XIX, c. XIII, n. 2). Agostino difese il libero arbitrio, anche nell'uomo, con tale ardore che i suoi lavori contro i Manichei sono una inesauribile fonte di argomentazioni per questo problema, che è ancora attuale.

Sant'Agostino opera una prima distinzione fra il male fisico del corpo e il male morale dell'anima, legato al peccato. In questo modo supera una convinzione diffusa nel periodo precedente, che concepiva la malattia e il dolore come una conseguenza e una sorta di punizione divina delle azioni umane. Agostino esclude questa possibilità poiché Dio è Amore, ed un eventuale espiazione dei peccati si colloca in una vita ultraterrena. Dolore, fame, malattia e peccato hanno però la stessa origine metafisica, ontologica, sono mancanza di essere, nell'anima e nel corpo, così come teorizzava la filosofia classica. Il male non è concepibile da parte di Dio, mentre lo è da parte dell'uomo, che può attuarlo poiché è creato libero, "a immagine e somiglianza di Dio", come afferma la Genesi. In questo senso l'uomo può fare il male, mentre Dio no. Ciò non significa che l'uomo è più libero, o che la divinità cristiana non è onnipotente, ma che l'uomo, può errando, commettere atti che lo rendono imperfetto e infelice. Non commettere il male non è un limite, ma un segno di perfezione.

Agostino, come Socrate, sostiene l'intellettualismo etico, ossia che il male si manifesta per ignoranza, ed esclude di nuovo il male dalla natura divina perché questa è onnisciente. In altre parole, Dio non può fare il male per un motivo ontologico perché il male è mancanza di essere, mentre Lui è Essenza, che non ha nulla fuori di Sé, e per uno gnoseologico-etico, per il quale chi ha la conoscenza ed è veramente libero non commette atti legati all'ignoranza del proprio bene, e che negano la propria libertà. L'uomo è libero al punto di negare la propria libertà innata, compiendo il male; la fonte dell'essere e della conoscenza sono la Medesima, e da entrambe deriva l'esclusione di una deviazione etica in un essere perfetto.

[modifica] La controversia donatista e la Teoria della Chiesa

Lo scisma donatista fu l'ultimo episodio delle controversie montaniste e novazianiste che agitavano la Chiesa dal II secolo. Mentre l'oriente stava investigando sotto vari aspetti il problema Divino e Cristologico della Parola, l'occidente, indubbiamente a causa della sua vocazione più pratica, si poneva il problema morale del peccato in tutte le sue forme. Il problema principale era la santità della Chiesa; il peccatore avrebbe potuto essere perdonato e rimanere al suo interno? In Africa la questione riguardava in particolar modo la santità della gerarchia. I vescovi di Numidia che, nel 312, avevano rifiutato di accettare come valida la consacrazione di Ceciliano alla sede di Cartagine da parte di un traditore, avevano dato il via ad uno scisma che aveva posto queste gravi questioni:

  • I poteri gerarchici dipendono dalla dignità morale del presbitero?
  • Come può l'indegnità dei suoi ministri essere compatibile con la santità della Chiesa?

Essendo stato identificato con un movimento politico, forse con un movimento nazionale contro la dominazione romana, al tempo dell'arrivo di Agostino ad Ippona, lo scisma aveva raggiunto proporzioni immense. Comunque, al suo interno è facile scoprire una tendenza di vendetta antisociale che gli imperatori dovevano combattere con leggi severe. La setta nota come "Soldati di Cristo", e chiamata dai cattolici Circumcelliones (briganti, vagabondi), associata agli scismatici, in quanto a fanatica distruttività non aveva nulla da invidiare alle sette che sarebbero sorte nel Medioevo, fatto che non deve essere perso di vista se la severa legislazione degli imperatori deve essere propriamente valutata.

La storia delle lotte di Agostino con i Donatisti è anche quella del suo cambio di opinione sull'utilizzo di misure rigide contro gli eretici. Anche la Chiesa d'Africa, dei cui concili era stato l'anima, lo seguì in questo cambio. Agostino, inizialmente, tentò di ritrovare l'unità attraverso conferenze e controversie amichevoli. Nei concili africani ispirò varie misure conciliatrici, spedì ambasciatori presso i Donatisti per invitarli a rientrare nella Chiesa o, almeno, esortarli ad inviare deputati ad una conferenza (403). I donatisti accolsero questi inviti dapprima col silenzio, poi con insulti ed infine con tale violenza che: Possidio, vescovo di Calamet, l'amico di Agostino sfuggì alla morte per puro caso; il vescovo di Bagaïa fu lasciato ricoperto di orribili ferite; la vita del vescovo di Ippona subì vari attentati (Epistola LXXXVIII, a Gennaro vescovo donatista). Questa violenza dei Circumcelliones richiese una dura repressione ed Agostino, apprendendo delle molte conversioni che ne seguirono, da allora approvò l'impiego di leggi rigide. In ogni caso, il santo non volle mai che l'eresia fosse punibile con la morte: Vos rogamus ne occidatis (Epistola c, al Proconsole Donato). Nonostante ciò, i vescovi erano ancora favorevoli ad una conferenza con gli scismatici e, nel 410, un editto promulgato da Flavio Onorio pose fine al rifiuto dei donatisti. Nel giugno 411, alla presenza di 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti, fu organizzata a Cartagine una solenne conferenza. I portavoce dei donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine ed Emerito di Cesarea; gli oratori cattolici, Aurelio di Cartagine ed Agostino d'Ippona. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona provò l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, può, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione. A nome dell'imperatore il Proconsole Marcellino sanzionò la vittoria dei cattolici su tutti i punti in discussione.

[modifica] La controversia pelagiana ed il Dottore della Grazia

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica molto più importante che non solo catturò l'incessante attenzione di Agostino fino alla sua morte, ma doveva diventare un problema eterno per gli individui e per la Chiesa. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo la presa di Roma da parte di Alarico, era diventato il principale centro di diffusione del movimento pelagiano; già nel 412, un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale. Grazie all'attivismo di Agostino, la condanna di questi innovatori, che erano riusciti ad ingannare persino un sinodo tenuto a Diospolis, in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine ed a Mileve e confermata da Papa Innocenzo I (417). Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma, ma papa Zosimo, che, in un primo momento, era stato ingannato dagli stratagemmi di Celestio, dopo essere stato illuminato da Agostino, nel 418, pronunciò una solenne condanna contro questi eretici. Da allora, la disputa venne proseguita per iscritto contro Giuliano di Eclano che aveva assunto la leadership del partito ed attaccava violentemente Agostino.

Verso il 426 nacque il movimento dei semipelagiani, i cui primi membri furono i monaci di Hadrumetum, in Africa, seguiti da quelli di Marsiglia guidati da Giovanni Cassiano, il celebre abate di San Vittore. Essi cercarono di mediare tra Agostino e Pelagio sostenendo che la grazia dovesse essere concessa solo a coloro che la meritano e negata agli altri. Informato delle loro opinioni da Prospero d'Aquitania, il santo scrisse il De Prædestinatione Sanctorum, nel quale spiegava che qualsiasi desiderio di salvezza era dovuto alla Grazia di Dio che, perciò, controllava completamente la nostra predestinazione.

[modifica] La controversia ariana e gli ultimi anni

Nel 426, il vescovo di Ippona, all'età di 72 anni, desiderando risparmiare alla sua città il tumulto di un'elezione episcopale dopo la sua morte, spinse sia il clero che il popolo ad acclamare, come suo ausiliare e successore il diacono Eraclio. È probabile che Agostino avrebbe goduto di un po' di pace se l'Africa non fosse stata sconvolta dalla rivolta del comes Bonifacio (427). I goti, inviati dall'imperatrice Galla Placidia per contrastare Bonifacio ed i Vandali che aveva chiamato in suo aiuto, erano tutti ariani. Al seguito delle truppe imperiali, entrò ad Ippona Massimino, un vescovo ariano. Il santo, allora, dovette difendere la fede in una conferenza pubblica (428) e con vari scritti. Essendo profondamente addolorato per la devastazione dell'Africa, lavorò per una riconciliazione tra il comes Bonifacio e l'imperatrice. La pace fu ristabilita, ma non con Genserico, il re vandalo. Bonifacio, battuto, cercò rifugio ad Ippona, dove molti vescovi si erano già rifugiati per cercare protezione in questa città ben fortificata che avrebbe sofferto gli orrori di un assedio lungo ben 18 mesi. Cercando di controllare la sua angoscia, Agostino continuò a confutare Giuliano di Eclano, ma, all'inizio dell'assedio, fu colpito da quella che capì essere una malattia fatale e, dopo tre mesi di ammirabile pazienza e fervente preghiera, morì. Era il 28 agosto 430 ed aveva 76 anni.

Il suo corpo fu trasferito nell'attuale cattedrale di Vigevano dove venne eretta una tomba in suo onore. Attualmente, le sue spoglie sono custodite nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro, presso Pavia.

[modifica] Le opere

Sant'Agostino in un dipinto di Simone Martini
Sant'Agostino in un dipinto di Simone Martini
Per approfondire, vedi la voce Pensiero di sant'Agostino d'Ippona.

Sant'Agostino fu uno dei geni più prolifici che l'umanità abbia mai conosciuto. Non viene ammirato solo per il numero delle sue opere, che comprendono scritti autobiografici, filosofici, apologetici, dogmatici, polemici, morali, esegetici, raccolte di lettere, di sermoni e di opere in poesia (scritte in metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte delle persone incolte), ma anche per la varietà dei soggetti che coprono l'intero scibile umano. La forma nella quale proponeva la sua opera esercita ancora oggi un'attrazione molto potente sul lettore. Bardenhewer ne lodava la straordinaria varietà di espressione ed il dono di descrivere gli avvenimenti interiori, di dipingere i vari stati dell'anima e gli avvenimenti del mondo spirituale. In generale, il suo stile è nobile e casto; ma, diceva lo stesso autore, "nei suoi sermoni e negli altri scritti destinati al popolo, intenzionalmente, il tono scendeva ad un livello popolare." Un'analisi particolareggiata delle sue opere, in questa sede, sarebbe impossibile. Pertanto, verranno indicate soltanto le sue opere principali e la data, spesso approssimativa, della loro composizione.

[modifica] Autobiografia e corrispondenza

  • Le Confessiones o Confessioni (circa 400), sono la storia del suo cuore. Il nocciolo del pensiero agostiniano presente nelle Confessioni sta nel concetto che l'uomo è incapace di orientarsi da solo: esclusivamente con l'illuminazione di Dio, a cui deve obbedire in ogni circostanza, l'uomo riuscirà a trovare l'orientamento nella sua vita. La parola "confessioni" viene intesa in senso biblico (confiteri), non come ammissione di colpa o racconto, ma come preghiera di un'anima che ammira l'azione di Dio nel proprio interno. Di tutti i lavori del Santo, nessuno è stato più universalmente letto ed ammirato. Non esiste nell'intera letteratura alcun libro che gli somigli per la penetrante analisi delle più complesse impressioni dell'anima, per il sentimento comunicativo, o per la profondità delle opinioni filosofiche,.
  • Le Retractationes o Ritrattazioni (verso la fine della sua vita, 426-428), sono la storia della sua mente. Sono una revisione, un riesame dei propri lavori, che il Santo ripercorre in ordine cronologico, spiegando l'occasione della loro genesi e l'idea dominante di ognuno. Rappresentano una guida di inestimabile valore per comprendere l'evoluzione del pensiero di Agostino.
  • Le Epistolae o Lettere, che nella raccolta benedettina ammontano a 270 (53 dei corrispondenti di Agostino), sono un tesoro di immenso valore per la conoscenza della sua vita, della sua influenza e della sua dottrina.

[modifica] Scritti filosofici

Queste opere, in gran parte composte nella villa di Cassisiacum, dalla conversione al battesimo (388-387), continuano l'autobiografia del santo iniziando il lettore alle ricerche ed alle esitazioni platoniche della sua mente. Sono saggi letterari, la cui semplicità rappresenta il culmine dell'arte e dell'eleganza. In nessun'altra opera lo stile di Agostino è così castigato e la sua lingua così pura. La loro forma dialogica dimostra che erano di ispirazione platonica e ciceroniana. le principali sono:

  • Contra Academicos o "Contro gli Accademici", l'opera filosofica più importante;
  • De Beatâ Vitâ o "La Vita Beata";
  • De Ordine o "L'Ordine";
  • Soliloquia o "Soliloqui", in due libri;
  • De Immortalitate animæ o "L'immortalità dell'Anima";
  • De Magistro o "Il Maestro", un dialogo tra Agostino e suo figlio Adeodato;
  • De Musica o "La Musica", in sei libri.

[modifica] Scritti apologetici

Le sue opere apologetiche rendono Agostino il grande teorico della Fede, e delle sue relazioni con la ragione. «Lui è il primo dei Padri» - affermava Adolf von Harnack (Dogmengeschichte, III 97) - «che sentì il bisogno di costringere la sua fede a ragionare».

  • De civitate Dei contra Paganos o "La Città di Dio contro i Pagani", in 22 libri, fu iniziato nel 413 e terminato nel 426; esso rappresentava la risposta di Agostino ai pagani che attribuivano la caduta di Roma (410) all'abolizione del paganesimo. Considerando il problema della Divina Provvidenza applicato all'Impero Romano, egli allargò l'orizzonte e, in un lampo di genio creò la filosofia della storia, abbracciando con uno sguardo i destini del mondo raggruppati intorno alla religione cristiana. La Città di Dio è considerata il più importante lavoro del vescovo di Ippona. Le altre opere sono di interesse prettamente teologico, ma questa, come le Confessioni, appartiene alla letteratura universale e si rivolge ad ogni anima. Mentre le Confessioni sono teologia vissuta nell'anima e rappresentano la storia dell'azione di Dio sugli individui, La Città di Dio è teologia incastonata nella storia dell'umanità e spiega l'azione di Dio nel mondo; l'opera costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civiltà pagana, oltre a fornire riflessioni sulla "grandezza e l'immortalità dell'anima". In essa Agostino cerca di dimostrare che la decadenza della cosiddetta città degli uomini (contrapposta a quella di Dio e da lui identificata proprio con l'impero romano d'occidente) non poteva essere imputata in alcun modo alla religione cristiana, essendo il frutto di un processo storico teleologicamente preordinato da Dio.
Per approfondire, vedi la voce La visione escatologica della storia nel pensiero di Agostino.
  • De Vera Religione o "La Vera Religione" è un piccolo capolavoro composto a Tagaste tra il 389 ed il 391;
  • De Utilitate Credendi o "L'Utilità di Credere", del 391;
  • De fide rerum quæ non videntur o "La Fede nelle cose che non si vedono", del 400;
  • Lettera 120 a Consenzio.

[modifica] Controversie con gli eretici

[modifica] Contro i manichei
  • De Moribus Ecclesiæ Catholicæ et de Moribus Manichæorum o " I costumi della Chiesa e i costumi dei Manichei", scritto a Roma nel 368;
  • "De Duabus Animabus contra Manichæos" o "Le Due Anime contro i Manichei", scritto prima del 392;
  • Acta seu disputatio contra Fortunatum Manichæum o "Atti della disputa contro il Manicheo Fortunato", del 392;
  • Contra Felicem Manichæum o "Contro il Manicheo Felice", del 404
  • De Libero Arbitrio o "Il Libero Arbitrio", un'opera molto importante per la trattazione dell'origine del male;
  • Contra Adimantum Manichæi discipulum o "Contro Adimanto, discepolo Manicheo";
  • Contra epistolam Manichæi quam vocant Fundamenti o "Contro la lettera di Mani che chiamano della Fondazione";
  • Contra Faustum Manichæum o "Contro il Manicheo Fausto";
  • Contra Secundinum Manichæum o "Contro il Manicheo Secondino";
  • De Genesi contra Manichæos o "La Genesi contro i Manichei";
  • De natura boni contra Manichæos o "La natura del bene contro i Manichei";

[modifica] Contro i donatisti
  • Psalmus contra partem Donati o "Un Salmo contro una parte di Donato", scritto intorno al 395, è semplicemente un canto ritmato per uso popolare, il più antico esempio del genere;
  • Contra epistolam Parmeniani o "Contro la lettera di Parmeniano", scritto nel 400;
  • De baptismo contra Donatistas o "Il battesimo contro i Donatisti", scritto intorno al 400, una delle opere più importanti scritte durante questa controversia;
  • Contra litteras Petiliani o "Contro le lettere di Petiliano";
  • Contra Cresconium grammaticum Donatistam o "Contro il grammatico donatista Cresconio";
  • Breviculus collationis cum Donatistas o "Sommario della conferenza coi Donatisti";
  • Contra Gaudentium Donatistarum episcopum o "Contro Gaudenzio vescovo dei Donatisti";
  • De gestis cum Emerito Donatistarum episcopo o "Gli atti del confronto con Emerito vescovo dei Donatisti";
  • Epistola ad Catholicos contra Donatistas o "Lettera ai Cattolici contro i Donatisti";
  • Post collationem ad Donatistas o "Ai Donatisti dopo la conferenza".
  • De unico baptismo contra Petilianum o "Il battesimo unico contro Petiliano";
  • Un buon numero di epistolæ sull'argomento.

[modifica] Contro i pelagiani
  • De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvolorum o "Il castigo e il perdono dei peccati e il battesimo dei piccoli", scritto nel 412, tratta del merito e del perdono;
  • De Spiritu et litterâ o "Lo Spirito e la lettera", scritto nel 412;
  • De perfectione iustitiæ hominis o "La perfezione della giustizia dell'uomo", scritto nel 415 ed importante per la comprensione del pensiero pelagiano;
  • De gestis Pelagii o "Le gesta di Pelagio", scritto nel 417, narra la storia del Concilio di Diospolis, di cui riproduce gli atti;
  • De Gratiâ Christi et de peccato originale contra Pelagium o "La Grazia di Cristo ed il peccato originale contro Pelagio", scritto nel 418;
  • De nuptiis et concupiscentiâ o "Le nozze e la concupiscenza", scritto nel 419;
  • Contra duas epistolas Pelagianorum o "Contro due lettere dei Pelagiani";
  • De natura et Gratiâ contra Pelagium o "La natura e la Grazia contro Pelagio";
  • Contra Iulianum haeresis Pelagianae o "Contro Giuliano dell'eresia Pelagiana", ultimo della serie, interrotta dalla morte del santo.

[modifica] Contro i semipelagiani
  • De correptione et Gratiâ o "La correzione e la Grazia", scritto nel 427;
  • De prædestinatione Sanctorum o "La predestinazione dei Santi", scritto nel 428;
  • De dono perseverantiæ o "Il dono della perseveranza", scritto nel 429.

[modifica] Contro gli ariani
  • Contra sermonem Arianorum o "Contro il sermone degli Ariani", del 418;
  • Collatio cum Maximino Arianorum episcopo o "Conferenza con Massimino vescovo degli Ariani";
  • Contra Maximinum hæreticum episcopum Arianorum o "Contro Massimino vescovo eretico degli Ariani".

[modifica] Altre eresie
  • De hæresibus o "Le eresie";
  • Contra Priscillanistas et Origenistas o "Contro i Priscillanisti e gli Origenisti".

[modifica] Scritti esegetici

I più notevoli dei suoi lavori biblici illustrano o una teoria dell'esegesi (generalmente approvata) che si diletta nel trovare interpretazioni mistiche ed allegoriche, o lo stile della predicazione che si fonda su quei punti di vista. La sua produzione strettamente esegetica è ben lontana, tuttavia, dall'eguagliare il valore scientifico di quella di San Girolamo: la sua conoscenza delle lingue bibliche era insufficiente. Comprendeva il greco con qualche difficoltà e, per quanto riguarda l'ebraico, tutto ciò che si può desumere dagli studi di Schanz e Rottmanner è che aveva familiarità con il punico, una lingua simile all'ebraico. Inoltre, le due grandi qualità del suo genio, la prodigiosa sottigliezza e l'ardente sensibilità, lo portarono a destreggiarsi tra interpretazioni che a volte erano più ingegnose che realistiche. Tra le sue opere ricordiamo:

  • De Doctrinâ Christiana o "La dottrina cristiana", iniziato nel 397 e terminato nel 426, fu il primo vero trattato esegetico della storia, poiché San Girolamo scrisse piuttosto come controversialista; esso si occupa della predicazione, dell'interpretazione della Bibbia e dei rapporti fra retorica classica e retorica cristiana.
  • De Genesi ad litteram o "La Genesi alla lettera", composto tra il 401 ed il 415;
  • Enarrationes in Psalmos o "Commenti ai Salmi", un capolavoro di eloquenza popolare;
  • De Sermone Domini in Monte o "Il discorso del Signore sulla montagna", scritto durante il suo ministero sacerdotale;
  • De Consensu Evangelistarum o "Il consenso degli Evangelisti", scritto nel 400;
  • In Evangelium Ioannis o "Nel Vangelo di Giovanni", scritto nel 416 e, generalmente, considerato una delle opere migliori di Agostino;
  • Expositio Epistolæ ad Galatos o "Esposizione della Lettera ai Galati";
  • Annotationes in Iob o "Annotazioni in Giobbe";
  • De Genesi ad litteram imperfectus o "La Genesi alla lettera incompiuta";
  • Epistolæ ad Romanos inchoata expositio o "Inizio dell'esposizione della Lettera ai Romani";
  • Expositio quarundam propositionum ex Epistola ad Romanos o "Esposizione di alcune frasi dalla Lettera ai Romani";
  • In Epistolam Ioannis ad Parthos o "Nella Lettera di Giovanni ai Parti";
  • Locutiones in Heptateuchum o "Locuzioni nell'Ettateuco".

[modifica] De Doctrina cristiana

Da quando Agostino fu ordinato sacerdote cominciò seriamente ad interessarsi all'esegesi delle Sacre Scritture. Questa opera, redatta in quattro libri, raccoglie la sua esperienza di commentatore biblico:

  • Libri I-II-III trattano della comprensione dei contenuti (res) e delle parole (signa)
  • Libro IV discorre della corretta esposizione dei contenuti (proferre)

Il commentatore dei testi sacri, in questo caso della Bibbia, deve ponderare bene le proprie ipotesi e obbligatoriamente confrontarle con i "germina caritas" cristiani che sono presenti in ogni parte della Sacra Scrittura: questi valori portanti sono l'amore per Dio e l'amore per il prossimo. Inoltre il lettore deve prestare molta attenzione alla comprensione delle parole che possono essere sconosciute, spiegabili attraverso il confronto con le lingue greco-ebraiche, oppure ambigue, e possono essere veramente comprese ricorrendo al testo originale o in alternativa consultando altre traduzioni a disposizione.
Agostino dimostra qui uno spirito filologico di sensibilità molto elevata, elabora concetti di scientificità basilari per l'approccio alla comprensione di un testo. Per quanto riguarda il "proferre" l'autore ammette, a differenza di altri autori cristiani, l'uso della retorica classica purché miri alla creazione di una nuova retorica cristiana, che per essere tale deve essere esercitata da uomini meritevoli e integerrimi, ricordando il pensiero di Catone (un buon cittadino è un ottimo oratore).
All'interno del componimento si trovano molte riflessioni interessanti, come la differenza tra: "frui" (godere) e "uti" (usare), all'interno del pensiero che vede l'uomo bearsi di ogni cosa che provoca diletto ed usa tutto ciò che è necessario per raggiungere tale piacere. Nel sistema del godimento creato da Agostino Dio, naturalmente, occupa il posto massimo dunque l'uomo per raggiungere tale letizia deve impiegare i mezzi che possiede, ossia l'anima e il corpo. L'altra riflessione che emerge è di carattere linguistico-culturale e consiste nella differenza tra "res" (la cosa in sè) e "signum" (ciò che rimanda ad altro).La parola è sicuramente un segno, afferma Agostino, per tanto la teoria platonica di un linguaggio naturale viene sostituita da quella di un linguaggio convenzionale, ossia frutto di un accordo comune tra gli uomini. Il filosofo chiude l'opera esprimendo la sua idea di nuova retorica cristiana: un'opera non deve essere giudicata attraverso canoni prefissati (cioè quelli della retorica classica) ma, più propriamente in base a ciò che realmente contiene.

[modifica] Opere dogmatiche e morali

  • De Trinitate o "La Trinità", in 15 libri, scritto dal 400 al 416, è l'opera più complessa e profonda di Agostino. Gli ultimi libri sulle analogie che il mistero della Trinità ha con la nostra anima sono molto discussi;
Per approfondire, vedi la voce Il problema trinitario nel pensiero di Agostino.
  • Enchiridion de fide, spe et charitate o "Manuale sulla fede, sulla speranza e sull'amore", scritto nel 421 su richiesta di un pio romano, Laurenzio, è una sintesi della teologia di Agostino, ridotta alle tre virtù teologiche. Padre Faure ne ha elaborato un dotto commentario, mentre Harnack un'analisi particolareggiata (Storia dei dogmi, III, 205 221);
  • De diversis quæstionibus ad Simplicianum o "Diverse domande a Simpliciano", scritto nel 397;
  • Quæstiones Evangeliorum o "Domande sui Vangeli";
  • Quæstiones in Heptateuchum o "Domande sull'Ettateuco";
  • Quæstiones septemdecim in Evangelium secundum Matthaeum o "Diciassette domande sul Vangelo secondo Matteo";
  • De diversis quæstionibus octoginta tribus o "Ottantatre diverse questioni";
  • De octo Dulcitii quæstionibus o "Le otto domande di Dulcizio";
  • De octo quæstionibus ex Veteri Testamento o "Otto domande sull'Antico Testamento";
  • De bono coniugali o "Il bene del matrimonio";
  • De bono viduitatis o "Il bene della vedovanza";
  • De coniugiis adulterinis o "Le unioni adulterine";
  • De continentia o "La continenza";
  • De cura pro mortuis gerenda o "La cura che dev'essere riservata ai morti";
  • De mendacio o "La menzogna";
  • De patientia o "La pazienza";
  • De quantitate animæ o "La grandezza dell'anima";
  • De utilitate ieiunii o "L'utilità del digiuno";
  • De sancta verginitate o "La santa verginità".

[modifica] Pastorali e predicazioni

Oltre alle omelie sulle Scritture, i Benedettini hanno raccolto 363 sermoni di provata autenticità; la loro brevità suggerisce che sono stenografici, spesso revisionati da Agostino stesso. Se il Dottore che era in lui predominava sull'oratore, aveva meno colore, meno opulenza, meno attualità e meno fascino Orientale di San Giovanni Crisostomo, ma, d'altra parte, dimostrava una logica più nervosa, paragoni più arditi, maggiore elevazione e maggiore profondità di pensiero e, a volte, nei suoi scoppi d'emozione e nelle sue cadute nella forma dialogica, raggiungeva il potere irresistibile dell'oratore greco. Tra queste opere ricordiamo:

  • De catechizandis rudibus o "I novelli catechizzandi", scritto nel 4oo, in cui viene spiegata la teoria della predicazione e dell'istruzione religiosa delle persone;
  • De disciplina christiana o "La disciplina cristiana", in 4 libri;
  • Sermo ad Cæsariensis Ecclesiæ plebem o "Discorso al popolo della Chiesa di Cesarea";
  • Sermones o "Sermoni", caratterizzati dalla chiarezza d'esposizione e dall'efficacia della nuova retorica teorizzata nel De doctrina christiana.

[modifica] Altre opere

  • Adversus Judaeos o "Contro i Giudei", in questa opera Agostino attaccava gli ebrei, accusati di avversare la nuova fede cristiana; le disgrazie patite dagli ebrei attraverso la diaspora e le loro sciagure rappresentavano quindi, per Agostino, la testimonianza della «validità della religione cristiana e dunque la giustezza della nuova interpretazione delle Sacre Scritture». Agostino avanzava verso i Giudei l'accusa gravissima di aver crocifisso ed ucciso Cristo: «... i Giudei lo tengono prigioniero, i Giudei lo insultano, i Giudei lo legano, lo incoronano di spine, lo disonorano con gli sputi, lo flagellano, lo coprono di ingiurie, lo appendono alla Croce, lo trapassano con una lancia, alla fine lo seppelliscono». In quest'opera, Agostino, tracciava anche una netta divisione tra cristiani ed ebrei: una cesura dettata dall'esigenza dello Spirito con riferimento alla comune discendenza da Abramo. Per gli ebrei era un'origine carnale, non originata dalla Fede, così come per i cristiani, in Dio: «È la stirpe dei giudei che trae origine dalla sua carne, - scrive Agostino - non la stirpe dei cristiani: noi discendiamo da altre genti e tuttavia imitando la sua virtù, siamo divenuti figli di Abramo. [...] Noi siamo dunque fatti discendenti di Abramo per grazia di Dio. Dio non fece suoi eredi i discendenti carnali di Abramo. Anzi questi li ha diseredati per adottare quegli altri».
  • Contra adversarium Legis et Prophetarum o "Contro l'avversario della Legge e dei Profeti";
  • Contra mendacium o "Contro la menzogna";
  • De agone Christiano" o "Il combattimento cristiano";
  • De anima et eius origine contra Vincentium Victorem o "L'anima e la sua origine contro Vincenzo Vittore";
  • De divinatione demonum o "La divinazione dei demoni";
  • De excidio urbis Romæ o "La rovina della città di Roma";
  • De fide et operibus o "La fede e le opere";
  • De fide et symbolo o "La fede e il simbolo";
  • De Gratia et libero arbitrio o "La Grazia ed il libero arbitrio";
  • De opera monachorum o "L'opera dei monaci";
  • De Scriptura Sacra speculum o "Specchio della Sacra Scrittura";
  • De symbolo ad Catechumenos o "Il simbolo ai Catecumeni";
  • Regula ad servos Dei o "Regola ai servi di Dio".

[modifica] Patronati

Sant'Agostino è santo patrono delle seguenti città:

  • Agosta (RM)
  • Piombino
  • Tarbes (Francia)
  • Sant'Agostino (FR)
  • Termini Imerese (PA)
  • Carpineto Romano
  • Campoascolano (RM)

E' santo compatrono di Pavia (a partire dal 16 settembre 2007, dal decreto stipulato il 28 agosto 2007)

[modifica] Note

  1. ^ Citazione tratta dal Salmo 81, ripresa da Gesù nel Vangelo di Giovanni (10,34).
  2. ^ Il nome "Aurelio" gli fu dato, per errore, nel Medioevo.
  3. ^ (a) Henri-Irénée Marrou, Crise de notre temps et réflexion chrétienne de 1930 à 1975, Beauchesne, 1978, p.177 (b) Étienne Gilson, Le philosophe et la théologie (1960), Vrin, 2005, p.175 (c) Encyclopedia Americana, Scholastic Library Publishing, 2005, v.3, p.569 (d) Guy Bedouelle, L'Histoire de l'Eglise, Rouergues, 2004, p.34 (e) Norman Cantor, The Civilization of the Middle Ages, Harper Perennial, 1994, p.74 (f) François Mauriac, Bloc-notes, 1952-1957, Flammarion, 1958, p. 320 (g) Claude Lepelley, Saint Augustin et le rayonnement de sa pensée dans Histoire du Christianisme, Seuil, 2007. p.122 (h) Grand Larousse encyclopédique, Librairie Larousse, 1960, t.1, p.144
  4. ^ Emerge qui velatamente il pensiero di Agostino sulla natura del male, concepito come un semplice non-essere: il furto, opera malvagia, è privo di consistenza. «Qualcosa» erano le pere, ma non da esse egli era attratto, bensì dal desiderio di rubare fine a se stesso.
  5. ^ Citazione della seconda epistola di San Pietro, II, 20.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Filmografia

  • Roberto Rossellini, Agostino di Ippona, Italia 1972, con Dary Berkany e Virginio Gazzolo.

[modifica] Discografia

  • Marco Bargagna, Agostino d'Ippona, Italia 2001, Oratorio per Soli, Coro e Orchestra. Testi tratti dagli scritti di Agostino, dalla Vita di Agostino di Possidio e dai libri liturgici. Gli interpreti sono Maria Billeri, Soprano - Giancarlo Ceccarini, Baritono - Salvatore Ciulla, Voce recitante - Direttore Stefano Barandoni con il Coro Polifonico San Nicola di Pisa e l'Orchestra San Nicola di Pisa - (C.S.N. 0003)2CD - Registrazione Digitale DDD.

[modifica] Voci correlate

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