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Salvatore Riina - Wikipedia

Salvatore Riina

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Salvatore (Totò) Riina (Corleone16 novembre 1930) è un criminale italiano, componente dei vertici di Cosa Nostra, detenuto dal 1993. Veniva chiamato anche Zù Totò oppure Totò u Curtu, per via della sua bassa statura (158 cm).

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] Gli inizi della carriera criminale

Nel 1943 Riina perse il padre Giovanni ed il fratello Francesco di 7 anni mentre insieme a lui ed al fratello Gaetano stavano cercando di togliere la polvere da sparo da una bomba americana inesplosa rinvenuta tra le terre che curavano per rivenderla insieme al metallo. Gaetano rimase ferito e Totò rimase illeso [1]. Dopo la morte del padre, essendo il maggiore dei figli maschi, a 13 anni divenne il capo famiglia. In questi anni conobbe il criminale Luciano Liggio che gli insegnò a rubare i covoni di grano e a chiedere il pizzo ai contadini.

Già diciannovenne dovette scontare una pena di 6 anni inflittagli per aver ucciso in una rissa, durante una partita di bocce, il suo coetaneo Domenico Di Matteo che lo accusava di avergli ucciso tutto il bestiame.

Venne scarcerato il 13 settembre 1956 a causa delle poche accuse contro di lui e ritornò nel suo vecchio paese Corleone per assumere un ruolo di rilievo al servizio di Luciano Liggio. In questo periodo conobbe e cominciò a frequentare Antonietta Bagarella, sorella di Calogero e Leoluca Bagarella, che molto presto diverrà sua fidanzata. Insieme a quest'ultimo si cominciò ad occupare della macellazione clandestina del bestiame rubato al feudo Piano di Scala. Accanto a loro c'era Bernardo Provenzano detto Binnu. In quel periodo, il clan di Liggio si scontrò con quello di Michele Navarra per il predominio nel paese. Tra gli uomini di Liggio c'era anche suo zio Giacomo Riina. Navarra fu assassinato a colpi di mitra dai sicari di Liggio (2 agosto 1958) che assunse la guida del clan corleonese. Riina, insieme agli amici d'infanzia Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, iniziò a sterminare coloro che erano stati fedeli a Navarra (i cosiddetti "navarriani"). Intorno alla prima metà degli anni '60, lui, Luciano Liggio e Bernardo Provenzano diedero inizio alla scalata criminale al potere di Palermo, dove contavano dell'appoggio dell'allora assessore Vito Ciancimino, pure lui di Corleone. Grazie a lui fecero un patto con Salvatore La Barbera per il controllo del mercato della carne e il traffico di sigarette. Liggio lasciò Riina e Provenzano a gestire gli affari a Palermo e si nascose a Corleone. Ma La Barbera venne ucciso dal boss Michele Cavataio e scoppiò la "prima guerra di mafia". I più grandi capi mafiosi fuggirono dal capoluogo palermitano e così fece Riina. Ma fu arrestato nel 1963, si stava dando alla fuga: una notte, mentre si trovava in una stazione di servizio a Palermo, una pattuglia dei Carabinieri gli chiese di favorire la patente ed il libretto. Riina, che aveva una carta d'identità falsa (in cui il suo nome risultava essere "Giovanni Grande" da Caltanissetta) ed una pistola non regolarmente dichiarata, tentò di scappare ma venne braccato facilmente dalle forze dell'ordine.

Tuttavia, dopo aver scontato alcuni anni di prigione (dove conobbe Gaspare Mutolo), fu assolto nei due processi a suo carico (per forti minacce che ricevettero i giudici), svoltisi a Catanzaro e a Bari (1968). Venne in realtà assegnato al soggiorno obbligato nel Nord Italia ma si diede alla latitanza.

[modifica] L'ascesa ai vertici di Cosa nostra

Salvatore Riina fu tra gli esecutori della Strage di Viale Lazio, dove morirono Calogero Bagarella e il boss Michele Cavataio, obiettivo da eliminare (1969). A Palermo si fece nemici il boss Giuseppe Di Cristina, Giuseppe Calderone, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo che volevano impedire l'ascesa dei Corleonesi chiamati da loro "viddani" cioè contadini. Fu invece appoggiato dai capi mafiosi Michele Greco e Pippo Calò. Agli inizi degli anni '70, grazie a Tano Badalamenti (il boss di Cinisi) e a Tommaso Buscetta, entrò a far parte della Commissione regionale mafiosa. In questo periodo Riina prese il posto di Liggio, arrestato nel 1974, come "boss dei boss" e sotto il suo comando il clan, detto "dei corleonesi", accrebbe notevolmente il suo potere finanziario grazie al traffico di droga e alla sistematica prevalsa nelle gare d'appalto a Palermo.

Il 16 aprile 1974 sposa Antonietta Bagarella.
Ninetta Bagarella, nata nel 1944, era di 14 anni più giovane del marito: è stato comunque un matrimonio d'amore. Dal matrimonio erano nati quattro figli: Concetta (7-12-1974), Giovanni (21-2-1976), Giuseppe (3-5-1977) e Lucia (11-4-1980).
Al suo servizio troviamo tre dei più feroci killer: Pino Greco detto Scarpuzzedda, esecutore di vari ed efferati delitti, Mario Prestifilippo e Leoluca Bagarella, cognato dello stesso Riina. Siccome Di Cristina e Calderone lo stavano ostacolando, li fece assassinare barbaramente. Fece uccidere Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo (che poco tempo prima avevano tentato di ucciderlo). Queste due uccisioni scatenarono una sanguinosa seconda guerra di mafia nei primi anni '80. Durante questa "guerra" fece uccidere i parenti del boss Tommaso Buscetta (che si salvò fuggendo in Brasile). In seguito Buscetta verrà estradato in Italia e comincerà a collaborare con il giudice Giovanni Falcone. Sconfitte le famiglie dei Bontate, degli Inzerillo, dei Buscetta e dei Badalamenti, estese il suo potere su tutta Cosa Nostra e realizzò in questo periodo un'aggressiva campagna contro lo Stato, ordinando gli omicidi di tutti coloro che lo ostacolavano.

Le persone che Riina fece uccidere furono:

Il potente politico della DC Salvo Lima e l'esattore della famiglia di Salemi Ignazio Salvo avrebbero promesso a Riina che la sentenza del Maxiprocesso (che lo condannava all'ergastolo in contumacia) sarebbe stata modificata grazie alle loro conoscenze negli ambienti della politica e della magistratura romana. Ciò, tuttavia, non avvenne e il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermò gli ergastoli e sancì la validità delle dichiarazioni del pentito Buscetta. Riina reagì facendo uccidere prima Lima e pochi mesi dopo Ignazio Salvo (massacrato il 17 settembre 1992).

[modifica] L'arresto

Il 15 gennaio del 1993 fu catturato dal Crimor (squadra speciale dei ROS guidata dal Capitano Ultimo) sulle indicazioni del neopentito Baldassare Di Maggio. Riina venne arrestato al primo incrocio davanti alla sua villa in via Bernini, a Palermo, nella quale trascorse 25 anni di latitanza.

Fino al luglio del 1997 Riina è stato rinchiuso nel supercarcere dell'Asinara, in Sardegna. In seguito è stato trasferito al carcere di Marino del Tronto ad Ascoli dove, per circa tre anni, era sottoposto al carcere duro previsto per chi commette reati di mafia, ma il 12 marzo del 2001 gli venne revocato l'isolamento, consentendogli di fatto la possibilità di vedere altre persone nell'ora di libertà.

Attualmente si trova al carcere di Opera di Milano. Sono ancora in corso diversi processi per gli altri crimini commessi, con altri ergastoli pendenti a suo carico.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Filmografia

[modifica] Voci correlate


Predecessore:
Luciano Liggio
Capo dei Corleonesi
Salvatore Riina
1974 - 1993
Successore:
Bernardo Provenzano
Predecessore:
Gaetano Badalamenti
Commissione di Cosa Nostra
Michele Greco, Salvatore Riina, Stefano Bontade
1978 - 1981
Successore:
Seconda guerra di mafia
Predecessore:
Seconda guerra di mafia
Capo dei capi di Cosa Nostra
Salvatore Riina
fine anni '80 - 1993
Successore:
Bernardo Provenzano

[modifica] Note

  1. ^ Dato tratto da pag 158 del libro Raccolto rosso: la mafia, l'Italia e poi venne giù tutto; Di Enrico Deaglio; Feltrinelli Editore IT; 1993.
  2. ^ http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2007/05_Maggio/03/il_capo_dei_capi.shtml

[modifica] Collegamenti esterni

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