Dario Argento
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Dario Argento (Roma, 7 settembre 1940) è uno sceneggiatore, regista e produttore cinematografico italiano.
Uno degli autori italiani più noti ed apprezzati all'estero (soprattutto in Francia, Giappone e Stati Uniti), meno in Italia, dove viene costantemente snobbato dalla critica "ufficiale", è conosciuto come maestro del brivido, avendo dedicato al cinema thrilling la sua produzione registica, che, infatti, annovera quasi esclusivamente film gialli e horror. Dotato di un stile personale inconfondibile e di un metodo di lavoro più unico che raro, fin dall'esordio Argento trasfonde nelle sue opere le sue ossessioni, cinefile e personali, concentrandosi sui meccanismi della suspense e della paura e sulla rappresentazione della morte, secondo un linguaggio molto simile a quello di Alfred Hitchcock e, per certi versi, dei fautori della Nouvelle Vague. Almeno inizialmente predilige un approccio realistico, nel quale la presenza della morte è percepibile ed incombe sempre come un evento pronto ad irrompere e sconvolgere la vita da un momento all'altro. Il terrore viene indotto attraverso un'atmosfera carica, inquietante ed incerta. Queste scelte iniziali verranno in seguito sconvolte completamente dal regista, allestendo pellicole nelle quali viene esplorato tutto il campionario del soprannaturale, demoni, streghe, fantasmi. Progressivamente, infatti, Argento sacrificherà la "tecnica", mettendola in secondo piano pur senza rinunciarvici del tutto, per dedicarsi quasi esclusivamente alla rappresentazione del macabro, dell'efferatezza, del particolare raccapricciante, che se da un lato trova schiere di fan tra il pubblico giovane, dall'altro lo allontana ulteriormente da quella parte di pubblico che aveva apprezzato i suoi primi lavori.
Indice |
[modifica] Biografia
[modifica] Gioventù e primi passi di un "cinefilo"
Dario Argento nasce già nell'ambiente cinematografico; il padre, perugino, Salvatore Argento era un funzionario dell'Unitalia poi divenuto produttore cinematografico, la madre, la brasiliana Elda Luxardo, una fotografa di moda. Come lui stesso ricorda, da bambino si tratteneva spesso presso lo studio della madre, rimanendo fortemente influenzato dalle figure femminili, dalla cura per il dettaglio, dal gusto per l’illuminazione, dalle lunghe sedute per il trucco, tutte componenti che caratterizzeranno il suo cinema.
Il padre è stato il produttore di tutti i suoi primi film, a partire da L'uccello dalle piume di cristallo fino a Tenebre.
Dotato di un carattere introverso e difficile, ma anche di una forte personalità, Dario, dopo essersi iscritto al liceo classico, lo abbandona al secondo anno, prendendo così la decisione di trasferirsi a Parigi, dove risiede per circa un anno vivendo di espedienti. Rientrato in Italia, nel 1957 inizia a collaborare con l'Araldo dello Spettacolo, occupandosi di teatro, cinema e musica, il che consente ad Argento di “nutrirsi” sopratutto di cinema.
È in questo periodo che il futuro regista matura le proprie passioni cinefile, rappresentate dal cinema espressionista, dalla Nouvelle Vague, dai film noir, horror, gialli, polizieschi, dagli spaghetti-western, da Hitchcock, Antonioni, Fellini, ma anche dal cinema dei "telefoni bianchi" e da quello sovietico. Forte di questo "background", Argento riesce a farsi assumere a Paese Sera, noto quotidiano romano, come critico cinematografico, dimostrandosi, agli inizi degli anni sessanta, un "precursore" delle imminenti "ribellioni": con le sue recensioni si schiera nettamente a favore del cinema di genere, in particolare western, thriller, horror, fantascienza, in aperta rottura con la critica ufficiale, tendendo quasi sempre ad esprimere un' opinione controcorrente. Inizia così ad acquisire la consapevolezza delle proprie capacità con la penna, intraprendendo la strada di soggettista e sceneggiatore.
Tra il 1967 e il 1969 collabora alla stesura dei copioni di diversi B-movie, quali Cimitero senza croci, La stagione dei sensi, Comandamenti per un gangster, La rivoluzione sessuale, Probabilità zero, Oggi a me... domani a te!, Commandos, Un esercito di cinque uomini, La legione dei dannati, ma anche di episodi "alti", ovverosia Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi, mentre assieme a Bernardo Bertolucci scrive il soggetto di C'era una volta il West di Sergio Leone.
[modifica] L'esordio alla regia e i primi gialli
Nel 1969 Argento crea insieme al padre una società di produzione, la S.E.D.A. Spettacoli, con la quale avvia, quasi casualmente, il suo primo progetto cinematografico da regista. Debutta infatti dietro la macchina da presa nello stesso anno con il giallo L'uccello dalle piume di cristallo, scritto da solo basandosi sul romanzo La statua che urla di Fredric Brown. Il film, uscito nel febbraio 1970, nonostante una tiepida accoglienza iniziale, si trasforma in un grande successo, incassando poco più di un miliardo di vecchie lire. Nell'opera d'esordio Argento riprende il discorso iniziato da Mario Bava nel seminale Sei donne per l'assassino e lo plasma secondo la propria personale visione del giallo, riversando in questo genere le sue idee e la sua particolare concezione di cinema maturate durante l'attività di critico e l'apprendistato di sceneggiatore. Nondimeno, dalla pellicola traspare anche la lezione del western all'italiana, del quale il giovane regista tende ad estremizzare alcune intuizioni. Il risultato di tutto ciò fu una pellicola fortemente innovativa all'interno del "cinema di genere" - e non solo di questo - del periodo, contraddistinta da un linguaggio nervoso e pulsante oltre che da una inusitata carica di violenza.
Definito, non a caso, dal critico cinematografico Roberto Pugliese come un "sasso nello stagno" del cinema italiano dell'epoca, L'uccello dalle piume di cristallo contiene già diversi elementi che verranno dal regista ripresi, sviluppati e, a volte, dilatati nelle opere successive e che contribuiranno a delineare il suo stile personale, più unico che raro nel panorama del cinema thrilling internazionale. In effetti, fin da questo film sono abbastanza evidenti le peculiarità del cinema argentiano, o, quantomeno, quali siano gli "interessi" maggiori del cineasta romano, il cui modus operandi è, per certi versi, paragonabile a quello di Sergio Leone (forse il vero maestro di Argento), e che nel loro complesso possono essere così elencati: le tecniche di ripresa (lo stacco dal piano lungo al primo piano, l'uso di soggettive, primissimi piani su oggetti e occhi), l'ossessione per certi dettagli, l'importanza data a fotografia (tonalità di certi colori, luci, inquadrature, carrelli) e colonna sonora (quasi sempre allucinante) e rumori (amplificati), il ricorso al montaggio alternato, con cui si anticipa, con fotogrammi quasi subliminali, la sequenza successiva, la scarnità dei dialoghi, la frammentazione delle location in città diverse e la conseguente indeterminatezza geografica dell'azione, la dissolvenza audio di una scena qualche istante prima della dissolvenza video, in modo tale da dare allo spettatore la sensazione di non poter ascoltare bene i dialoghi, la falsa o errata percezione sensoriale (il "particolare" visto ma sfuggito) del protagonista di turno, di chiara derivazione antonioniana, e che ritornerà spesso nei lavori di Argento, il senso di avulsione dalla realtà che circonda i protagonisti, la presenza di sketch comici in stile hitchcockiano, il whodunit, l'incapacità e/o inutilità della polizia, l'interesse per le psicopatologie ed, infine, la descrizione ai limiti del morboso delle performance dell'assassino, rappresentato quasi sempre in impermeabile, cappello e guanti di pelle.
In definitiva, con l'opera d'esordio Dario Argento codifica le regole del cd. giallo all'italiana (o spaghetti-thriller), già sperimentato da Bava con la suddetta pellicola, svolgendo lo stesso ruolo che Leone aveva svolto nel 1964 con Per un pugno di dollari nel campo dello spaghetti-western: dal 1970 al 1973 fioriranno numerose pellicole ispirate al thriller argentiano, alcune originali, altre mediocri prodotti d'imitazione.
Visto il grande successo commerciale del primo film, Argento prosegue sulla strada del giallo, con Il gatto a nove code, uscito nel febbraio 1971, opera che lo conferma come un regista in grado di suscitare l'interesse del pubblico, ma non della critica ufficiale, interessata solo al cinema "impegnato" o comunque "d'autore". In questo secondo film, meno "cinefilo" de L'uccello dalle piume di cristallo, il trentenne Argento conferma di saperci fare con la macchina da presa, la suspence, la direzione degli attori, affinando ulteriormente il suo stile e mettendo a segno alcune notevoli intuizioni tecniche e visive (la ripresa al rallenty del primo omicidio, la lunga sequenza del cimitero e quella del latte, il montaggio alternato).
Nel dicembre dello stesso anno esce anche Quattro mosche di velluto grigio, che conferma come Argento sia in pieno fermento creativo, alla costante ricerca di un nuovo e personale linguaggio cinematografico adatto al thriller, sperimentando e sviluppando tecniche innovative per suscitare tensione emotiva nel pubblico, come è qui dimostrato dall'impiego di una macchina da presa proveniente da una università della Germania Orientale, la Pentazet, per riprendere la sequenza del proiettile che esce dalla pistola, girata a 18000 fotogrammi/secondo, e, sopratutto, per l'incidente finale a 36000 fot./sec. Ma la pellicola in questione viene ricordata sopratutto per la sequenza "onirica" della decapitazione, ogni volta condotta un passo più avanti, secondo uno schema che ricorda molto il flashback di C'era una volta il West, oltreché per l'abilità del regista di descrivere la vita familiare del protagonista come se si svolgesse in una dimensione completamente avulsa dalla realtà oggettiva, ovverosia come fosse un incubo (ad es., le riprese in esterni della via dove abita Roberto Tobias ed, in particolare, tutta la scena in cui Nina viene scortata dalla polizia sotto gli occhi smarriti di Roberto). D'altronde, anche in questo film Argento non rinuncia a momenti esilaranti, più presenti qui che in altre pellicole dello stesso regista (i personaggi interpretati da Jean Pierre Marielle, Oreste Lionello, Bud Spencer, Gildo Di Marco e Corrado Olmi e, su tutti, la sequenza all'expo di arte funeraria), nè mancano le citazioni cinefile (il protagonista abita in via Fritz Lang).
Queste prime tre opere vengono definite Trilogia degli animali o "Trilogia zoologica".[citazione necessaria]
Guadagnatosi in soli due anni la fama di Hitchcock italiano, Argento accetta la proposta della RAI di produrre, curare e presentare una serie TV di quattro film, della durata di circa un'ora ciascuno, intitolata La porta sul buio e trasmessa nel settembre 1973 sulla prima rete. Il regista dirige, con lo pseudonimo di Sirio Bernadotte, l'episodio Il tram, ricavato da una sequenza eliminata dalla sceneggiatura originale de L'uccello dalle piume di cristallo, mentre collabora a soggetto e sceneggiatura di Testimone oculare, firmato da Roberto Pariante ma in realtà girato dallo stesso Argento. Gli altri due episodi, Il vicino di casa e La bambola, sono diretti rispettivamente da Luigi Cozzi e Mario Foglietti. Invero, il "tocco argentiano" è ben visibile in diversi punti anche di questi due episodi (nel primo, il ricorso al montaggio alternato; nel secondo, tutta la soggettiva iniziale con cinepresa a spalla e il pianosequenza sulla strada), essendo quindi molto probabile che il cineasta romano sia intervenuto personalmente in fase di riprese dei due episodi. L'episodio di Argento in particolare rispecchia pienamente le idee già sviluppate nei primi tre lungometraggi (inquadrature ricercate, uso di soggettive, ossessione per il dettaglio, il "particolare" rivelatore, il whodunit), con le uniche differenze che il giallo presenta un marcato umorismo di fondo (ancora Corrado Olmi, il mitomane, la descrizione di alcuni sospettati) e viene risolto da un poliziotto, il tutto scandito dalla martellante colonna sonora jazz di Giorgio Gaslini.
La porta sul buio rappresentò qualcosa di nuovo nel panorama televisivo dell'epoca, sollevando anche alcune polemiche nonostante né Argento né i suoi colleghi avessero calcato la mano sulle efferatezze.
[modifica] Una parentesi "storica"
Nel 1973 Argento si vede costretto, per esigenze produttive, a dirigere quello che rimane l’unico episodio “fuori tema” della sua filmografia, ossia Le cinque giornate, appartenente al filone “ottocentesco popolare” in voga in quel periodo e ambientato durante i giorni dell'insurrezione della cittadinanza milanese contro gli austriaci (18-23 marzo 1848). Un progetto inizialmente concepito pensando a Nanni Loy alla regia e ad Ugo Tognazzi come interprete principale, che però declinarono.
Argento, affiancato in sede di sceneggiatura da Nanni Balestrini, ne approfitta per costruire un film di critica sociale e politica, dove i protagonisti delle "cinque giornate" sono messi alla berlina, mentre viene messo in risalto il carattere borghese e illusoriamente popolare della rivolta. D'altronde, pur affrontando un nuovo genere, il regista non rinuncia al suo stile, emergendo questo fin dalla prima sequenza dove, inquadrato un cannone in primo piano, si odono i rumori della rivolta fuori campo per poi, subito dopo, avventurarci in un piano sequenza nelle galere che si conclude sul primo piano di Cainazzo. Abbondano poi numerose citazioni ed omaggi al cinema muto (da Ejzenštejn a Chaplin passando per Laurel & Hardy). Una pellicola caratterizzata da una scanzonata comicità, che alterna momenti decisamente "vuoti" a scene esilaranti, ma che non manca di momenti duri e cruenti (su tutte, la sequenza della cavalleria che spara sulla folla col bambino che piange in primo piano).
Il risultato è un prodotto particolarissimo, diverso anni luce da altre coeve pellicole di argomento storico, risultando l’approccio di Argento al periodo risorgimentale sicuramente originale e controcorrente. Fu forse per questo che il film non fu molto apprezzato all’epoca, venendo tacciato di qualunquismo.
[modifica] Il ritorno al thriller e il debutto nell'horror
Nel momento in cui lo spaghetti-thriller era un filone ormai esaurito, Argento realizza nel 1975 quello che viene considerato il suo film più maturo, Profondo rosso, e che segna il suo ritorno al thriller, riuscendo nella difficile impresa di fondere tutti gli aspetti della sua ricerca e del suo studio svolti sul linguaggio cinematografico nelle opere precedenti, non solo tramite innovative scelte visive e una sceneggiatura solida (cui collabora Bernardino Zapponi), ma anche con un'impostazione originale. Con questo film il regista porta ai massimi livelli la sua tecnica (uno score musicale tra il jazz e il rock progressivo, cromatismi e uso delle luci, decòr e scenografie, tutti perfettamente funzionali alla storia), traducendo compiutamente in quasi due ore di pellicola le sue idee sui meccanismi della suspence e del mistero.
Profondo rosso costituisce il punto d'arrivo di un percorso fatto di continue sperimentazioni volte a manipolare il giallo classico e a contaminarlo ulteriormente con l'inserimento di concetti e situazioni estranei al repertorio del thriller classico (basti pensare all'allucinante prologo, a tutta la sequenza iniziale durante il congresso di parapsicologia con la sensitiva Helga che "sente qualcosa", alla Villa del Bambino Urlante o al pupazzo meccanico che preannuncia l'assassinio del Professor Giordani); ma sopratutto, si assiste ad un'estremizzazione delle sequenze di terrore e ad un'esasperazione nell'esecuzione degli omicidi. Sotto quest'ultimo punto di vista la pellicola è anche lo spartiacque nella filmografia argentiana, in quanto a partire da questo film il cineasta romano, pur non rinunciando alla "tecnica", sembra interessato sempre più all'estetica dell'omicidio e all'effetto raccapricciante. Ciò sarà confermato sopratutto nei lavori del decennio successivo.
Non è un caso quindi che nel 1977 Argento debutti nell'horror con Suspiria, sorta di fiaba moderna e considerato il suo capolavoro, ambientando la storia a Friburgo, nella Foresta Nera, e col quale il regista manifesta il suo amore per l'espressionismo). A farle da padrone sono, infatti, oltre alle scioccanti uccisioni dei soliti predestinati, le scenografie, lo sfavillante Technicolor di Luciano Tovoli (ottenuto rielaborando i colori di una vecchia partita di pellicola Kodak acquistata in Cina), le ancora una volta allucinanti musiche, ma anche il reparto suoni e rumori (sospiri e sussurri), questo a conferma che la vena cinefila e creativa del regista non si è ancora assopita.
Con Suspiria può dirsi conclusa la prima fase artistica della carriera di Dario Argento, quella degli anni settanta, caratterizzata da un modo di fare cinema alla vecchia maniera, artigianale. Il decennio successivo vedrà, infatti, un Argento disperdere gradualmente la già consolidata vena autoriale, diviso tra il voler metter in immagini le proprie ossessioni e il voler soddisfare quella parte del suo pubblico sempre più affamato di scene splatter e truculente.
[modifica] Gli anni ottanta
Negli anni ottanta Argento alterna horror a thriller, iniziando con Inferno (1980), sorta di sequel di Suspiria. Le tematiche che in Suspiria erano state per la prima volta affrontate, sono ora amplificate ed estremizzate. Molti i riferimenti al film precedente: analoghe scenografie e luci, con colori accesi ed innaturali (prevalentemente blu, rosso e viola), quasi un omaggio a Mario Bava, il quale collabora al film nella costruzione di alcuni modellini. Ancora una volta elemento fondamentale è la musica (su tutto, il massacro della Giorgi e Lavia sulle note del "Và pensiero" di Verdi). Ma, pur volendo dare un senso di continuità ai due film, Inferno non riesce ad essere all'altezza del primo, difettando quel senso di autoriale sperimentazione che si respirava in Suspiria, rappresentando il definitivo abbandono dei modi di mettere in scena del primo Argento.
Nel 1982 il regista torna al thriller giallo con Tenebre, nel quale rimette in scena i temi a lui prediletti: traumi psichici, feticismo, deviazioni sessuali, follia, il tutto secondo il classico whodunit. Ricordato soprattutto per l'eccessiva violenza dei numerosi omicidi, Tenebre si segnala anche per le nuove tecniche di ripresa (l'utilizzo della Louma nel notevole piano sequenza dell'edificio ove vivono le due lesbiche).
Poi dirige l'horror Phenomena (1985) e Opera (1987).
Nel 1993 è la volta di Trauma, interpretato dalla figlia Asia Argento, protagonista anche dei successivi La sindrome di Stendhal (1996) e Il fantasma dell'opera (1998).
Le due opere Non ho sonno (2001) e Il Cartaio (2004) lo vedono di nuovo tornare ai canoni classici del thriller giallo, mentre La terza madre (2007), in cui è tornato a lavorare con la figlia Asia, lo vede tornare ai canoni del genere fantastico.
[modifica] Vita privata
- Il 19 giugno 1985 Argento viene arrestato insieme alla compagna Daria Nicolodi per il possesso di 23 grammi di hashish: trascorreranno due notti nel carcere di Regina Coeli. Verranno poi assolti in quanto si trattava di consumo personale e non di spaccio.
- Recentemente Argento ha ricevuto il premio Set Torino Piemonte, assegnatogli dalla Film commission di Torino, che ha finanziato numerose sue pellicole, tra le quali l'ultima, La terza madre. Anche la figlia Asia ha ricevuto l'onorificenza dall'azienda torinese.
- La figlia secondogenita Asia, attrice e regista a sua volta, ha esordito recitando fin da piccola nei film del padre. La primogenita invece, Fiore Argento, non ha raggiunto la popolarità della sorella, ma ha recitato in Phenomena (una delle pellicole più apprezzate del padre) e ne Il cartaio.
- Dario Argento è cugino del generale Rolando Mosca Moschini: infatti la nonna paterna di Argento, Laudomia Mosca Moschini, era la sorella del nonno paterno del generale.
[modifica] Note
[modifica] Filmografia
[modifica] Regista
- L'uccello dalle piume di cristallo (1970)
- Il gatto a nove code (1971)
- Quattro mosche di velluto grigio (1971)
- La porta sul buio (1973) - (serie TV di quattro film)
- Il tram
- Testimone oculare
- Le cinque giornate (1973)
- Profondo rosso (1975)
- Suspiria (1977)
- Inferno (1980)
- Tenebre (1982)
- Phenomena (1985)
- Opera (1987)
- Due occhi diabolici (1990)
- Trauma (1993)
- La sindrome di Stendhal (1996)
- Il fantasma dell'opera (1998)
- Non ho sonno (2001)
- Il cartaio (2004)
- Ti piace Hitchcock? (2005)
- Masters of Horror (2005-2006) - (serie TV)
- La terza madre (2007)
- Giallo (2008)
[modifica] Sceneggiatore
- Cimitero senza croci (1968)
- La stagione dei sensi (1968)
- La rivoluzione sessuale (1968)
- Probabilità zero (1968)
- Oggi a me... domani a te! (1968)
- Les héros ne meurent jamais (1968)
- Commandos (1968)
- Comandamenti per un gangster (1968)
- Un esercito di cinque uomini (1969)
- La legione dei dannati (1969)
- Metti una sera a cena (1969)
- L'uccello dalle piume di cristallo (1970)
- Il gatto a nove code (1971)
- Quattro mosche di velluto grigio (1971)
- La porta sul buio (1973) - (serie TV di quattro film)
- Il tram
- Testimone oculare
- Le cinque giornate (1973)
- Profondo rosso (1975)
- Suspiria (1977)
- Zombi (1978)
- Inferno (1980)
- Tenebre (1982)
- Phenomena (1985)
- Demoni (1985)
- Demoni 2 - L'incubo ritorna (1986)
- Opera (1987)
- La chiesa (1988)
- Due occhi diabolici (1990)
- La setta (1990)
- Trauma (1993)
- La sindrome di Stendhal (1995)
- M.D.C. - Maschera di cera (1997)
- Il fantasma dell'opera (1998)
- Non ho sonno (2001)
- Il cartaio (2003)
- Ti piace Hitchcock? (2005)
- La terza madre (2007)
[modifica] Attore
- Scusi, lei è favorevole o contrario? (1967)
- Il mondo dell'orrore di Dario Argento (1985)
- Fear in the dark (1991)
- Amore all'ultimo morso (1992)
- Il cielo è sempre più blu (1995)
[modifica] Compositore
[modifica] Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Dario Argento
[modifica] Collegamenti esterni
- Sito ufficiale
- Scheda su Dario Argento dell'Internet Movie Database
- GiovanBattista Brambilla, Due passi nel delirio. L'omosessualità nel cinema di Federico Fellini e Dario Argento.
- Dario Argento Project
- Dario Argento: Profondo Thriller
I film di Dario Argento |
---|
Anni '70 L'uccello dalle piume di cristallo | Il gatto a nove code | Quattro mosche di velluto grigio |