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Canone buddhista cinese - Wikipedia

Canone buddhista cinese

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Il Canone buddhista cinese (cinese大藏經 pinyin Da Zang Jing, giapponese: Daizōkyō) rappresenta la versione del Tripitaka buddhista in cinese in tutte le sue recensioni storiche diffuse e accettate in Cina, Giappone, Corea e Vietnam in epoche diverse. Da questo Canone derivano anche i Canoni buddhisti manciù e tangut.


Indice

[modifica] Origini e sviluppo

La versione più antica, di cui rimane solo il catalogo delle opere che conteneva, risale a Sang You, nel 515 ed era riprodotta su rotoli di carta o di seta. La prima edizione a stampa risale invece al 972 (dinastia Song Settentrionali) quando l'imperatore Tai Zu (conosciuto anche come Zhao Kuangyin regno: 960-976, sotto il nianhao Kai bo), decise di avviare l'incisione su blocchi di legno, presso la città di Chingdu (provincia dello Sichuan), l'intero Canone fino a quel momento raccolto. L'opera terminò nel 983, sotto il regno di Tai Zong (conosciuto anche come Zhao Kuangyi, regno: 976-997, sotto il nianhao Yong Xi), quando oltre 5 mila manoscritti che contenevano 1076 testi furono riprodotti su 130 mila blocchi di legno, l'insieme dei quali costituisce la versione del Canone cinese denominata Gaibao. Questa versione xilografica fu poi portata in Corea dove, nel 1030, fu completata l'opera di una edizione analoga su blocchi di legno (Canone coreano), edizione andata poi perduta a causa delle invasioni dei Mongoli nel XIII secolo. Dopo l'edizione Gaibao ne seguirono delle altre, sempre a blocchi, denominate in base al luogo di realizzazione, spesso dei monasteri:

  • Chongnin, XI sec., monastero di Dongchan a Fuzhou nella provincia del Fujian.
  • Pilu, XII sec., monastero di Kaiyuan a Fozhou nella provincia del Fujian.
  • Sixi, XII sec., monastero di Yunajiue a Huzhou nella provincia del Zhejiang.
  • Zifu, XIII sec., a Huzhou nella provincia dello Zhejiang.
  • Jisha, XIV sec., Pingjiangfu nella provincia del Jiangsu.
  • Puning, XIV sec., monastero di Puning a Hangzhou nella provincia del Zhejiang.
  • Hongwu, XIV sec., a Nanjing, fu distrutta nel 1408.
  • Yonglo, XV sec., a Nanjing, denominata Edizione Ming meridionale.
  • Yonglo, XV sec., a Beijing, denominata Edizione Ming settentrionale.
  • Wulin, XV sec., a Hangzhou nella provincia dello Zhejiang.
  • Wanli, XVI sec., una riproduzione della Yonglo di Nanjing.
  • Jiaxing, XVII sec., a Jiaxing nella provincia dello Zhejiang.
  • Qing, XVIII sec., edizione della Corte imperiale cinese.
  • Pinjia o Hardoon , 1914, a Shangai, basata sulla edizione giapponese di Shukatsu.

Anche in Giappone si realizzarono diverse edizioni complete del Canone cinese, prima su blocchi lignei e poi a stampa:

  • Tenkai XVII sec.
  • Tetsugen XVII sec.
  • Canone di Tokyo XIX sec.

L'ultima edizione, in 85 volumi di stile occidentale è divenuta lo standard di riferimento nei paesi di antica influenza cinese fu edita in Giappone (Tokyo,1924-1929) e contiene 2184 testi più 3136 supplementi (sebbene alcuni di questi riguardino solo gli sviluppi nipponici). Inaugurata durante l'era Taishō, è detta comunemente Canone dell'Era Taishō (大正新脩大蔵經 Taishō Shinshū Daizōkyō).

Molti studiosi si sono preoccupati di verificare l'attendibilità di queste traduzioni da una lingua, come il sanscrito che poneva «una complessa configurazione grammaticale di nomi in tre numeri e generi, verbi in tre persone e numeri [...] Questo era estremamente difficile per i Cinesi che dovevano rendere questi testi nella propria lingua, usando caratteri invece di un sillabario»[1] Il risultato, di questa opera millenaria «fu un'impresa formidabile» [2] Cosi che «ironicamente alcune di queste versioni cinesi dei testi sono forse più vicine nel loro contenuto al testo originario rispetto ai manoscritti sanscriti dell'India e del Nepal che si conservano risalenti a un periodo tardo della storia buddhista»[3]. Questo fu determinato dal fatto che i Cinesi erano attenti all'ermeneutica del testo che doveva riportare il cuore dell'insegnamento quindi lasciarono più traduzioni dello stesso testo per poter consentire di leggerne le differenti sfumature che potevano risultare illuminanti. Ciò a differenza dei testi, ad esempio, del Canone tibetano che invece «tenta di determinare un'unica traduzione definitiva, suggerendo una stridente diversità nella concezione della letteratura buddhista della sua traduzione.»[4]

È da tener presente che solo una minima parte di questo Canone è stata finora tradotta nelle lingue occidentali, anche il solo elenco completo delle opere non è ancora possibile reperirlo in queste lingue.

[modifica] Guida alla consultazione del Canone

L'edizione del Canone buddhista cinese, di riferimento per gli studiosi, è quella in 85 volumi di stile occidentale edita in Giappone (Tokyo,1924-1929) e contenente 2184 testi più 3136 supplementi inaugurata durante l'era Taishō, e detta comunemente Canone dell'Era Taishō (大正新脩大蔵經 Taishō Shinshū Daizōkyō).

L'acronimo di questa edizione è "T.D." oppure "T". Generalmente se ci si riferisce ad un testo nella sua interezza, si cita, dopo l'acronimo, il numero della sezione del Canone in cui esso è inserito. Così se ci vogliamo riferire al Móhē Zhǐguān (摩訶止觀, Grande trattato di calma e discernimento di Zhiyi) lo segnaliamo come "T.D. 1911" dove il numero 1911 indica il numero della sezione. Se invece vogliamo segnalare solo la parte di un testo, ad esempio la biografia di Huisi che si trova nel Xùgāosēngzhuàn (續高僧傳), il quale corrisponde al T.D. 2060, lo indichiamo come "50.562b-564a", dove 50 si riferisce al volume del Taishō Shinshū Daizōkyō, mentre il testo interessato parte dalla colonna "b" della pagina 562 fino alla colonna "a" della pagina 564. Ci sono ventinove linee in ogni colonna di ogni pagina del Taishō Shinshū Daizōkyō. Se la lettera indicante la colonna è seguita anche da un altro numero, ad esempio "50.562b3", questo numero, il "3", indica la riga.


[modifica] Struttura del Canone

  • 阿含經 (Ahanjing giapp. Agonkyō ) [vol. 01-02] 460 rotoli, sezione dal n. 1 al n. 151. Sono gli Agama di alcune scuole del Buddhismo dei Nikaya, (corrispondenti ai primi quattro Nikaya della letteratura canonica in Pāli, Canone pali).
    • Dīrghâgama (長阿含經, pinyin: Cháng āhán jīng, giapp. Jō agonkyō), 30 sutra, proveniente dalla scuola Dharmaguptaka, tradotto da Buddhayaśas e Zhu Fonian nel 412-13, corrisponde al Digha-nikāya del Canone pāli.
    • Mādhyamâgama (中阿含經 pinyin: Zhōng āhán jīng giapp. Chū agonkyō), 222 sutra, proveniente dalla scuola Sarvastivada, tradotto da Gautama Saṃghadeva nel 397, corrisponde al Majjhima-nikāya del Canone pāli.
    • Saṃyuktāgama (雜含經 pinyin: Záhán jīng, giapp. Zōgon agonkyō), 136 sutra, proveniente dalla scuola Mulasarvastivada, tradotto da Guṇabhadra, corrisponde al Samyutta-nikāya del Canone pāli.
    • Ekôttarâgama (增一阿含經, pinyin: Zēngyī āhán jīng, giapp. Zōichi agonkyō), 473 sutra, forse proveniente dalla scuola Mahasanghika, tradotto da Gautama Saṃghadeva nel 387, corrisponde all' Anguttara-nikāya del Canone pāli.
  • 本緣部 (Aboduona) [vol. 03-04] 184 rotoli, sezione dal n. 152 al n. 219 : Avadana, vite antecedenti del Buddha e degli Arhat di derivazione sarvastivada, simili ai Jataka del Canone pali ma con evidenti aggiunte mahayana. Contiene anche:
    • Buddhacarita (佛所行讚, pinyin: Fó suǒxíng zàn, giapp. Butsu shogyō san) di Asvaghosa, tradotto da Dharmakṣema.
    • Dharmapada (法句經, Fǎjù jīng, giapp. Hokku kyō) compilato da Dharmatrāta e tradotto da Vighna nel 224, successivamente tradotto anche da Zhu Jiangyan e da Zhi Qian nel 290-306, da Sanghabhadra e Zhu Fonian nel 399 e da Tianxizai nel 980.
    • Jātaka-sūtra (生經,pinyin: Shēng jīng, giapp. Shō kyō), tradotto Dharmaraksa. Tra i traduttori di questa sezione vi furono anche Prajna e Tanwuchan.
  • 般若部 (Banruo Poluomijing) [vol. 05-08] 206 rotoli, sezione dal n. 220 al n. 261: ciclo dei sutra Prajñaparamita. Contiene tra gli altri:
    • Astasahasrika prajnaparamitasutra (Sutra della saggezza trascendente in ottomila stanze, 大明度經,pinyin: Dàmíngdù jīng, giapp. Daimyōdo kyō), tradotto da Zhiqian nel 225.
    • Satasahasrika prajnaparamitasutra (Sutra della saggezza trascendente in centomila stanze, pinyin: Dabanruo puolomijing).
    • Pañcaviṃśati-sāhasrikā-prajñāramitā(Sutra della saggezza trascendente in venticinquemila stanze, 光讚般若波羅蜜經 pinyin: Guāngzàn bōrě bōluómì jīng, giapp. Kōsan hannya haramitsu kyō), tradotto da Dharmaraksa nel 286.
    • Astadasasahasrika prajnaparamitasutra (Sutra della Saggezza trascendente in diciottomila stanze, incluso nel Dabanruo puolomijing).
    • Dasasahasrika prajnaparamitasutra (Sutra della Saggezza trascendente in diecimila stanze, incluso nel Dabanruo puolomijing).
    • Vajracchedikā-prajñāpāramitā-sūtra(Sutra della perfezione della saggezza che recide come un diamante, o più brevemente Sutra del diamante che recide, (金剛般若波羅蜜經 pinyin: Jīngāng banruo boluómì jīng, giapp. Kongō hannyaharamitsu kyō) tradotto da Kumarajiva nel 403.
    • Mahā-prajñāpāramitā-hṛdaya-sūtra (Sutra del Cuore della perfezione della saggezza, 般若波羅蜜多心經 pinyin: Bōrě bōluómìduō xīnjīng, giapp. Hannya haramitta shingyō) tradotto da Kumarajiva e, successivamente, Xuanzang.
  • 華嚴部 (Huāyán jīng) [vol. 10] sezione dal n. 278 al n. 309: è il Buddhavataṃsakasūtra o Avataṃsakasūtra (Sutra della ghirlanda fiorita di Buddha, giapp. Kegon kyō). Questo sutra è in realtà una raccolta di scritti diversi il più lungo dei quali è il Gaṇḍavyūhasūtra (入法界品 pinyin: Rù fǎjiè pǐn, giapp. Nyū hokkai bon, Capitolo sull'ingresso dentro il Regno della Realtà) tradotto in modo definitivo da Prajna nel 798. La traduzione cinese completa più antica risale al 420 e fu compiuta da Buddhabhadra. Nel 699 fu tradotto anche da Śikṣānanda e da Yijing. È il sutra fondamentale della scuola cinese Huayan e di quella giapponese Kegon.
  • 寶積部 (Dàbǎojījīng giapp. Daihōshakukyō) [vol. 11] sezione dal n.310 al n. 373: è il Ratnakūṭasūtra (Sutra del cumulo di gioielli) tradotto tra il 706 e il 713 da Bodhiruci. Contiene tra gli altri anche:
    • Śrīmālādevīsiṃhanādasūtra (Sutra del ruggito del leone rivolto alla regina Srimala-devi, 勝鬘師子吼一乘大方便方廣經 o 勝鬘經 pinyin Shèngmánjīng, giapp. Shōmangyō) tradotto da Gunabhadra nel 436.
    • Amitayurdhyanasutra (Sutra della contemplazione della vita infinita, 觀無量壽經 pinyin: Guān wúliángshòu jīng, giapp. Kammuryōju kyō) tradotto da Kalyasas nel 402 ed è una delle fondamentali scritture delle scuola della Terra Pura ed è stata commentata, tra gli altri, da Shandao, Huiyuan e Zhiyi.
  • 涅槃部 (Niepanjing) [vol. 12] sezione n. 374 al n. 396: è il Mahāyāna Mahāparinirvāna-sūtra (Sutra mahayana del Grande passaggio al di là della sofferenza) che in Cina fu al centro di polemiche dottrinali che costarono l'esilio al collaboratore di Kumarajiva, Daosheng. Ne conserviamo 4 edizioni: quella di Buddhabhadra e Faxian del 417; quella di Dharmaksema del 421, che aggiunse alcuni capitoli riportati dal Kothan i quali indicavano che anche gli icchantika potevano aspirare all'illuminazione e che viene indicata come la versione settentrionale (大般涅槃經, pinyin Dàbānnièpánjīng, giapp. Dainehankyō); quella di Huiguan, Huiyuan e Xielingyun indicata come la versione meridionale (Nanben niepanjing); quella di Jnanabhadra e Huining realizzata durante la dinastia Tang (大般涅槃經後分 pinyin: Dàbānnièpánjīnghòufēn, giapp. Daihannehankyōgofun).
  • 大集部 (Dàjíjīng giapp. Daijikkyō) [vol. 13] sezione dal n. 397 al n. 424: è il Mahāsamnipatasūtra tradotto da Dharmakṣema nel VI sec. È il primo sutra che introduce elementi del Buddhismo Vajrayana ricco come è di mantra e dharani.
  • 經集部 (Jingji) [vol. 14-17] sezione dal n. 425 al n. 847. Si compone di 1120 rotoli consistenti in circa 400 sutra sia del Buddhismo dei Nikaya sia del Buddhismo Mahayana. Tra questi vi si trovano:
    • Suvarṇaprabhāsasūtra (Sutra della luce dorata dei re eccellenti,金光明經pinyin: Jinguangmingzuishengwanjing, giapp. Konkōmyō kyō), tradotto da Dharmakṣema nel 414-21 e dal monaco cinese Yijing nel 703.
    • Tathāgatagarbhasūtra (Sutra del Tathāgatagarbha; 大方等如來藏經 pinyin Dàfāngděngrúláizàngjīng giapp. Daihōdōnyoraizōkyō) la cui versione sanscrita è andata perduta e si pensa sia stata redatta all'inizio del III sec., fu tradotto in cinese da Buddhabhadra nel IV sec.
    • Saṃdhinirmocanasūtra (Sutra che rivela il pensiero o Sutra che rivela i misteri, 解深密經 pinyin: Jiěshēnmìjīng giapp. Gejinmikkyō) tradotto da Bodhiruci nel 514 e da Xuanzang nel 647 (ne esistono comunque altre due traduzioni parziali di: Guṇabhadra del 435-43 e di Paramartha del 557). È il sutra su cui si fonda la scuola cinese di derivazione Cittamatra, Faxiang e di quella giapponese Hosso.
    • Laṅkâvatārasūtra (Il Sutra della discesa a Lanka, 楞伽經 pinyin Lèngqiéjīng, giapp. Ryōgakyō), sutra di derivazione Cittamatra considerato molto importante nelle prime scuole del Buddhismo Chan. Non si sa quando sia stato redatto, ma la sua traduzione in cinese di Dharmakṣema (andata perduta) è del primo decennio del V sec. Ne esistono altre tre traduzioni: una, parziale di Gunabhadra altre due complete e rispettivamente di Bodhiruci e di Śikṣānanda.
    • Vimalakīrtinirdeśasūtra (L'insegnamento di Vimalakirti, 維摩結經 pinyin Wéimójiéjīng, giapp. Yuimaketsukyō) uno dei più importanti e profondi sutra Mahayana, fu tradotto nel 188 ma questa traduzione andò perduta. La seconda traduzione, del 265-316, la si deve a Dharmaraksa mentre la più famosa fu eseguita nel 406 da Kumarajiva. Anche Xuanzang lo tradusse nel 650.
    • Zuòchánsānmèijīng o chán jīng (坐禪三昧經 o 禪經, Sutra dell'assorbimento meditativo nella meditazione da seduti, giapp. Zazensanmeikyō o Zenkyō, sanscrito: Dhyāna-niṣṭhita-samādhi-dharma-paryāya-sūtra) il cui originale sanscrito è andato perduto. Fu tradotto da Kumarajiva ed è importantissimo per le scuole meditative cinesi Tiantai e Chan in quanto fu il primo sutra mahayana a trattare la meditazione in modo differente da quello del Buddhismo dei Nikaya. Contiene i primi accenni al metodo meditativo dello zhiguan approfondito da Zhiyi nel Móhē Zhǐguān (摩訶止觀, Grande trattato sulla concentrazione e discernimento, giapp. Maka Shikan) T.D. 1911.
    • Śūraṃgamasamādhisūtra (Sutra del raccoglimento dell'eroica marcia, 首楞嚴三昧經 pinyin: Shǒulèngyán sānmèi jīng, giapp. Shuryōgonsanmeikyō), figura anche nel Tanjur tibetano e fu tradotto intorno al 402 da Kumarajiva.
  • 密敎部 (Mijiaobu) [vol. 18-21] sezione dal n. 848 al n. 1420: contiene testi di diversa origine catalogati come Buddhismo esoterico o Mantrayana (密宗, pinyin: Mìzōng, in Giappone è più diffuso 密教 Mikkyō), tra questi molti Tantra (教王経 pinyin: Jiaowangjing) e sutra incentrati su dharani (咒 pinyin: zhòu, giapp. ju o anche 陀羅尼 pinyin:: tuóluóní, giapp. darani) e commentari rituali (儀軌, pinyin: yíguǐ, giapp. giki). Si tratta dei testi fondamentali delle scuole cinese Zhenyan e giapponesi Shingon e Tendai. Tra gli altri comprende :
    • Mahāvairocanāsūtra o Mahāvairocanābhisaṃbodhi-vikurvitādhiṣṭhāna-vaipulyasūtra (Il sutra di Mahavairocana, 大日經 cin. Dàrì jīng, giapp. Dainichikyō). Consta di 36 capitoli riportati in 7 rotoli. Questo sutra, fu raccolto nel VII sec. a Nalanda dal monaco cinese Wuxing che tuttavia lì morì nel 685 e.v. senza far ritorno in patria. Venne comunque recuperato dal governo imperiale cinese e trasportato a Chang'an e, nel 724, fu tradotto da Subhākarasiṃha e dal monaco di scuola Zhenyan, Yixing (684-727).
  • 律部 (Luzang) [vol. 22-24] 199 rotoli, sezione dal n. 1421 al n. 1506. Contiene 5 vinaya delle scuole del Buddhismo dei Nikaya.
    • Cāturvargīya-vinaya (Quadruplici regole della disciplina , 四分律 pinyin: Shìfēnlǜ, giapp. Shibunritsu) della scuola Dharmaguptaka, tradotto in cinese nel 408 da Buddhayasas e da Zhu Fonian contiene 250 regole per i monaci e 348 regole per le monache.
    • Daśa-bhāṇavāra-vinaya ( Dieci suddivisioni delle regole monastiche, 十誦律 pinyin Shísònglǜ, giapp. Jūjuritsu) della scuola Sarvâstivāda tradotto da Kumārajīva e Puṇyatara nel 404 (quest'ultimo morì prima della fine della traduzione che fu successivamente completata da Dharmaruci). Si compone di dieci libri ed è scomparso nella lingua originale sanscrita di cui però sono stati rinvenuti più frammenti.
    • Pañcavargika-vinaya (Quintuplici regole della disciplina, 五分律 pinyin Wǔfēnlǜ, giapp. Gobunritsu) della scuola Mahīśāsaka, tradotto nel 423 dal monaco di scuola Mahīśāsaka Buddhajiva su un testo portato in Cina dallo Sri Lanka dal monaco cinese Faxian. Rivisto e completato intorno alla metà del V sec. dai discepoli di Kumarajiva, Daosheng e Huiyuan.
    • Mahāsāṃghika-vinaya (Grande Canone delle Regole monastiche, 摩訶僧祇律 pinyin: Móhēsēngqílǜ, giapp. Makasōgiritsu) , della scuola Mahāsāṃghika portato in Cina all'inizio del V sec. da Faxian che lo aveva ottenuto a Pataliputra, e da lui tradotto nel 416 con l'aiuto di Buddhabhadra.
    • Mūla-sarvâstivāda-vinaya-vibhaṅga (Vinaya Mulasarvastivada, 根本說一切有部毘奈耶 pinyin: Gēnběnshuōyīqièyǒubù pínàiyé, giapp. Konpon setsuissaiubu binaya) portato in Cina e tradotto da Yijing nell'VIII sec.. Il vinaya Mūlasarvâstivāda conservato nel Canone tibetano è praticamente identico a quello conservato nel Canone cinese, fatto salvo, in quest'ultimo caso, di aggiunte di molti avadana.
    • In questa sezione, al n. 1484, è conservato anche il Brahmajalasutra (梵網經 pinyin: Fànwǎng jīng, giapp. Bonmō kyō, Il Sutra della rete di Brahma) testo fondamentale per l'ordinazione monastica mahayana. Esso dovrebbe essere stato tradotto da Kumarajiva nel 406, purtuttavia si sospetta che sia un apocrifo cinese. Non va confuso con un omonimo testo contenuto nel Digha-nikāya del Canone Pali. Contiene i 58 precetti del Bodhisattva di cui 10 considerati maggiori e 48 minori. E' alla base delle ordinazioni monastiche delle scuole giapponesi del Buddhismo Tendai e del Buddhismo Zen.
  • 釋經論部・(Youpotishe e Lun) [vol. 25-26], sezione dal n. 1505 al n. 1535: contiene gli Upadesa (cin. Youpotishe), commentari e sintesi dei vinaya e i sastra (cin. Lun) commentari mahayana alla sezione degli Ahanjing e dei Banruo Poluomijing. Tra gli altri contiene:
    • Saddharmapuṇḍarīka-sūtra-upadeśa (妙法蓮華經憂波提舍 pinyin: Miào fǎ liánhuā jīng yōupōtíshè, giapp. Myōhō renge kyō ubadaisha), Commentrario sul Sutra del Loto opera di Vasubandhu, tradotta da Bodhiruci e Danlin.
    • Daśabhūmika-vibhāṣā (Esposizioni delle dieci terre, 十住毘婆沙論 pinyin Shízhùpípóshālùn, giapp. Jūjū bibasha ron) opera attribuita a Nagarjuna e che consiste in un commentario del XV capitolo Huayanjing, fu tradotta da Kumarajiva nel 405.
    • Buddhabhūmisūtra-śāstra (Commento al sutra delle dieci terre del Buddha, 佛地經論 pinyin: Fódìjīnglùn, giapp. Butsujikyōron) composto da Bandhuprabha e tradotto da Xuanzang nel 650.
  • 毘曇部 (Āpídámó) [vol. 26-29], sezione dal n. 1536 al n. 1563: è la sezione degli Abhidharma e dei loro commentari.
    • Contiene l'intero Abhidharma sarvastivada (六足論 pinyin: Liùzúlùn, giapp. Rokusokuron) tradotto in più puntate prima da Sanghadeva e Gunabhadra e infine da Xuanzang. Esso, nel Canone cinese, è composto da:
      • Saṃgīti-paryāya attribuito a Śāriputra e tradotto da Xuanzang nel VII sec.
      • Dharma-skandha attribuito a Maudgalyāyana e tradotto da Xuanzang nel 650.
      • Prajñapti-śāstra attribuito a Maudgalyāyana e tradotto Dharmarakṣa.
      • Dhātukāya composto da Vasumitra e tradotto da Xuanzang nel 663.
      • Prakaraṇa-pāda composto da Vasumitra tradotto prima da Guṇabhadra e Bodhiyaśas tra il 435 e il 443 e poi da Xuanzang nel 659.
      • Vijñānakāya (Trattato sulla coscienza del corpo, 識身足論, pinyin: Shìshēnzú lùn, giapp. Shikishinsokuron) composto da Devaśarman e tradotto da Xuanzang nel 649.
        In questa sezione viene riportato anche:
    • Sariputrabhidharma (Abhidharma di Sariputra), trattato antichissimo che probabilmente rappresenta l'Abhidharma della scuola Dharmaguptaka, fu tradotto nel 415 da Dharmayasas e da Dharmagupta.
    • Abhidharma-mahāvibhāṣā-śāstra o Mahāvibhāṣā (Trattato sul Grande commentario dell'Abhidharma, 阿毘達磨大毘婆沙論 pinyin: Āpídámó dà pípóshā lùn, giapp. Abidatsuma dai bibasharon), opera collettiva del II. sec. e.v., supervisionata da Vasumitra che commenta la prima sezione dell' Abhidharma Sarvastivada, tradotto da Xuanzang nel 656.
    • Abhidharma-jñāna-prasthāna-śāstra o Jñānaprasthāna (Trattato sullo sprigionarsi della sapienza attraverso l'Abhidharma, 阿毘達磨發智論 pinyin: Āpídámó fāzhì lùn, giapp. Abidatsuma hotchi ron) composto da Kātyāyanīputra nel II sec. a.e.v. e tradotto da Xuanzang nel 657. E' il principale trattato Sarvastivada, contiene tutti gli elementi dottrinali di questa scuola del Buddhismo dei Nikaya indiano settentrionale
    • Abhidharmakosa (Tesoro dell'Abhidharma, 阿毘達磨倶舍論本頌 pinyin Āpídámójùshèlùn běnsòng, giapp. Abidatsumakusharon honshō), opera di commento al Mahāvibhāṣā. Celebre e fondamentale opera per la storia del Buddhismo (soprattutto Mahayana), composta da Vasubandhu nel V sec. Consiste in un commentario Sarvastivada dove compaiono tuttavia le prime critiche Sautrantika. Fu tradotto prima da Paramartha, poi da Xuanzang nel 653, ed è la base dottrinale della scuola giapponese Kusha.
    • Abhidharma-Nyāyānusāraśāstra (阿毘達磨順正理論, pinyin: Āpídámó shùnzhènglǐ lùn, giapp. Abidatsuma junshōri ron), opera sarvastivada di Saṃghabhadra, in risposta alle critiche Sautrantika dell'Abhidharmakosa del suo contemporaneo Vasubandhu, tradotta da Xuanzang nel 653.
  • 中觀部 (Zhongkuan) [vol. 30] sezione dal n. 1564 al n. 1578: è la sezione delle opere della scuola Madhyamika. Tra le altre opere contiene:
    • Madhyamakaśāstra anche Mūlamadhyamakakārikā (Le Stanze di mezzo, 中論 pinyin Zhōnglùn, giapp. Chūron) di Nagarjuna, opera centrale di tutta la scuola Madhyamika, tradotto da Kumarajiva nel 409 e conservato anche in sanscrito e tibetano. Questa opera, che si trova in apertura della sezione (al n.1564), possiede numerosi commentari ed è alla base di tutto il Buddhismo Mahayana. E' il primo dei tre trattati principali della scuola cinese dei Tre trattati (Sanlun) e di quella giapponese Sanron.
    • Dvādaśanikāya-śāstra (Trattato dei dodici aspetti, 十二門論 pinyin: Shíèr mén lùn, giapp. Jūnimon ron) di Nagarjuna, tradotto da Kumarajiva. E' il secondo E' il secondo dei tre trattati principali della scuola cinese dei Tre trattati (Sanlun) e di quella giapponese Sanron.
    • Śata-śāstra (百論 pinyin Bǎilùn, giapp. Hyakuron) di Āryadeva, il discepolo di Nagarjuna. Fu tradotto da Kumarajiva nel 404 e consiste in una critica dell' atman dal punto di vista della vacuità (sunyata). E' il terzo dei tre trattati principali della scuola cinese Sanlun e di quella giapponese Sanron.
    • Prajñāpradīpamūlamadhyamakavṛtti , o più semplicemete Prajnapradipa (般若燈論 pinyin Bōrědēnglùn, giapp. Hannya tōron), di Bhāvaviveka, tradotto da Prabhākaramitra nel 632. E' un commentario in versi del Madhyamakaśāstra centrato su una critica serrata del Buddhismo dei Nikaya ma a sua volta criticato dal punto di vista metodologico da Candrakirti.
  • 瑜伽部 (Yuqie) [vol. 31] sezione dal n. 1579 al n. 1627: è la sezione delle opere della scuola Cittamatra conosciuta anche come Vijnanavada o Yogacara. Questa letteratura si fonda essenzialmente sul Samdhinirmocanasutra che tuttavia è raccolto al n. 675 e 677 della sezione dei Jingji. Questa sezione contiene:
    • Yogâcārabhūmiśāstra (Trattato sulle terre dei praticanti dello yoga, 瑜伽師地論 pinyin: Yúqié shīdì lùn, giapp. Yugashijiron) in Cina è tradizionalmente attribuito a Maitreyanatha, monaco indiano vissuto nel IV. sec. Questo testo, che tratta in particolar modo del cammino yogico e delle otto coscienze studiate dalla scuola Cittamatra fu tradotto nel VII secolo da Xuanzang nel 646, il quale si era recato precedentemente in India allo scopo di riportarne una copia in Cina; è presente anche nel Canone tibetano.
    • Triṃśikāvijñaptikārikā (Trenta versi sulla dottrina della sola mente, 唯識三十頌 pinyin: Wéishì sānshí sòng giapp. Yuishiki sanjū shō) di Vasubandhu, tradotto da Xuanzang. E' alla base della scuola cinese Faxiang e della giapponese Hosso.
    • Vijñaptimātratāsiddhi-śāstra (Trattato sulla realizzazione del niente altro che conoscenza, 成唯識論 pinyin: Chéngwéishìlùn, giapp. Jōyuishikiron) di Dharmapāla, tradotto da Xuanzang. E' un commentario del Trimsika.
    • Vimśatikāśāstra (Venti versi sulla dottrina della sola mente, 二十唯識論 pinyin: Èrshí wéishì lùn, giapp. Nijūyuishikiron) anch'essa opera di Vasubandhu tradotta da Xuanzang e Paramârtha. E' un testo polemico a difesa delle dottrine della scuola Cittamatra.
  • 論集部 (Lùn) [vol. 32] sezione dal n. 1628 al n. 1692: è la sezione della raccolta dei commentari e dei trattati (sastra) contiene 194 testi, tra gli altri:
    • Śikṣā-samuccaya (大乘集菩薩學論 pinyin: Dàchéng jí púsà xuélùn, giapp. Daijō shū bosatsu gakuron) la tradizione cinese lo attribuisce a Dharmakīrti ma quella indiana a Sāntideva. Tradotto da Dharmarakṣa tra il 1058 e il 1072. Tratta delle paramita e del percorso del bodhisattva verso l'illuminazione.
    • Satyasiddhi-śāstra (成實論 pinyin: Chéngshí lùn, giapp. Jōjitsuron) di Harivarman tradotto da Kumarajiva. E' un testo sulla vacuità di provenienza Mahayana.
    • Nagasenabhiksusutra (pinyin: Naxianbiqiujing giapp. Nasenbiqukyo) che corrisponda alla prima parte del Milindhapanha inserito nel Canone pali. Questo testo tratta del dialogo tra un maestro Sarvastivada, Nagasena, e il re greco Menandro. Curioso è il fatto che nonostante il testo sia di derivazione Sarvastivada sia lo stesso inserito nel Canone pali di chiara composizione Vibhajyavada.

Con questa sezione termina la parte tradotta, parzialmente, del Canone cinese. Il seguito è quasi del tutto non tradotto in lingua occidentale.

Qui iniziano le opere Cinesi del Canone.

  • 經疏部 [vol. 33-39] 151 Testi: commenti di autori cinesi ai sutra.
  • 律疏部・論疏部 [vol. 40-44] 58 Testi: commenti di autori cinesi ai Vinaya e ai sastra.
  • 諸宗部1-3 [vol. 44-46] 167 Testi: letteratura esegetica delle scuole cinesi.
  • 諸宗部4-5 [vol. 47-48] 154 Testi: letteratura esgetica delle scuole cinesi.
  • 史傳部 [vol. 49-52] 44 Testi: documenti e storiografia.
  • 事彙部・外敎部・目錄部 [vol. 53-55] 25 Testi: enciclopedie, lessici fonetici e semantici. Testi di altre religioni (Samkya, Nestoriani, Daoisti, Manichei, etc.) relativi al Buddhismo. Cataloghi.

Qui iniziano le opere Giapponesi del Canone.

  • 續經疏部 [vol. 56-61] 0 Letteratura secondaria, copie, registrazioni, iconografia.
  • 續律疏部・續論疏部 [vol. 62-70]
  • 續諸宗部1-7 [vol. 70-76] 8
  • 續諸宗部8-10 [vol. 77-79] 5
  • 續諸宗部11-13 [vol. 80-82] 5
  • 續諸宗部14-15 [vol. 83-84] 75
  • 悉曇部 [vol. 84] 6. Testi: lingua sanscrita, scrittura
  • 古逸部・疑似部 [vol. 85] 24. Testi apocrifi. Qui sono raccolti anche diversi frammenti provenienti dalle Grotte di Mogao situate nei pressi di Dunhuang (provincia del Gansu).

[modifica] Note

  1. ^ Lewis R. Lancaster Buddhist Books and Texts: Translation in The Encyclopedia of Religion, Mc Millan, NY 1986
  2. ^ Lewis R. Lancaster ivi
  3. ^ Lewis R. Lancaster ivi
  4. ^ Natalie Gummer Buddhist Books and Texts: Translation in The Encyclopedia of Religion, Mc Millan, NY 2005


[modifica] Bibliografia

  • An Introduction to the Buddhist Canon - 139 Buddhists Scriptures, Bukkyo Dendo Kyokai, Tokyo, 1984

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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