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Lingua giapponese - Wikipedia

Lingua giapponese

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Giapponese (日本語 [Nihongo])
Creato da: {{{creatore}}} nel {{{anno}}}
Contesto: {{{contesto}}}
Parlato in: Giappone, Brasile, Hawaii, California, Guam, Isole Marshall, Palau
Regioni:Parlato in: {{{regione}}}
Periodo: {{{periodo}}}
Persone: 127 milioni
Classifica: 9
Scrittura: Hiragana, Katakana, Rōmaji, Kanji
Tipologia: SOV semiagglutinante
Filogenesi:

(Controversa)
 Altaico o linguaggio isolato
  Giapponese
   
    
     
      
       
        
         
          
           
            
             
              

Statuto ufficiale
Nazioni: Giappone
Regolato da: Governo giapponese
Codici di classificazione
ISO 639-1 ja
ISO 639-2 jpn
ISO 639-3 jpn  (EN)
SIL JPN  (EN)
SIL {{{sil2}}}
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - Art.1
すべての人間は、生まれながらにして自由であり、かつ、尊厳と権利とについて平等である。人間は、理性と良心とを授けられており、互いに同胞の精神をもって行動しなければならない。
Il Padre Nostro
すべての人間は、生まれながらにして自由であり、かつ、尊厳と権利とについて平等である。人間は、理性と良心とを授けられており、互いに同胞の精神をもって行動しなければならない。
Traslitterazione
Subete no ningen wa, umare nagara ni shite jiyū de ari, katsu, songen to kenri to ni tsuite byōdō de aru. Ningen wa, risei to ryōshin to wo sazukerarete ori, tagai ni dōhō no seishin wo motte kōdō shinakereba naranai.
Lingua - Elenco delle lingue - Linguistica
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La lingua giapponese (nome nativo 日本語 nihongo) è una lingua parlata in Giappone e in numerose aree di immigrazione giapponese.

Estratto: Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Art.1

すべての人間は、生まれながらにして自由であり、かつ、尊厳と権利とについて平等である。人間は、理性と良心とを授けられており、互いに同胞の精神をもって行動しなければならない。
Traslitterazione (Hepburn): Subete no ningen wa, umare nagara ni shite jiyū de ari, katsu, songen to kenri to ni tsuite byōdō de aru. Ningen wa, risei to ryōshin to wo sazukerarete ori, tagai ni dōhō no seishin wo motte kōdō shinakereba naranai

Indice

[modifica] Classificazione

Per approfondire, vedi la voce Origini della lingua giapponese.

Dal punto di vista filogenetico il giapponese si considera solitamente una lingua isolata, per l'impossibilità di ricostruire con sicurezza la sua origine. Alcune delle teorie proposte ipotizzano che il giapponese possa avere origini comuni con la lingua Ainu (parlata dalla popolazione indigena Ainu tuttora presente nell'isola di Hokkaidō), con le lingue austronesiane oppure con alcune lingue del gruppo uralo-altaico. Le ultime due ipotesi sono attualmente le più accreditate: molti linguisti concordano nel ritenere che il giapponese sarebbe costituito da un substrato austronesiano a cui si è sovrapposto un apporto di origine uralo-altaica. Evidenti sono le somiglianze sintattiche con il coreano, da cui differisce tuttavia sul piano morfologico e lessicale.

Dal punto di vista tipologico il giapponese presenta molti caratteri propri delle lingue agglutinanti del tipo SOV, con una struttura "tema-commento" (simile a quella del coreano e del cinese). La presenza di alcuni elementi tipici delle lingue flessive ha spinto tuttavia alcuni linguisti a definire il giapponese una lingua "semi-agglutinante".

[modifica] Distribuzione geografica

Il giapponese è lingua ufficiale nell'arcipelago giapponese e nell'isola di Angaur (Palau), dove condivide questo status con l'angur e l'inglese. Esistono inoltre numerose comunità di lingua giapponese nelle aree di immigrazione, in Brasile, in Perù e negli Stati Uniti (soprattutto nelle Hawaii e in California). Gli immigrati giapponesi di queste comunità sono chiamati 二世 nisei ("seconda generazione") ed è raro che parlino giapponese correntemente.

[modifica] Fonologia

In giapponese esistono 5 fonemi vocalici e 26 fonemi consonantici differenti. Questi ultimi, però, non si presentano mai da soli, ma hanno sempre bisogno di una vocale a cui appoggiarsi (l'unica eccezione è ɴ, che può apparire sia abbinato ad una vocale sia isolato). Si usa dire a questo proposito che il giapponese è una lingua sillabica: l'elemento fondamentale della parola non è infatti la lettera, ma la sillaba. Le sillabe sono composte sempre secondo lo schema [consonante] + [vocale] oppure secondo lo schema [consonante] + /j/ (IPA) + [vocale]. Questo limita notevolmente la possibilità di comporre parole usando i fonemi.

Nella traslitterazione della scrittura giapponese (secondo i sistemi ufficiali Hepburn e Kunrei) sono impiegate soltanto 22 delle 26 lettere dell'alfabeto latino, 5 vocali e 17 consonanti (alcune delle quali corrispondono a più di un fonema):

/a/ /b/ /c/ /d/ /e/ /f/ /g/ /h/ /i/ /j/ /k/ /m/ /n/ /o/ /p/ /r/ /s/ /t/ /u/ /w/ /y/ /z/

[modifica] Vocali

Vocali della lingua giapponese

Le vocali giapponesi, secondo l'IPA, sono [a] [e] [i] [o] [ɯ]. Vengono abitualmente traslitterate rispettivamente come /a/ /e/ /i/ /o/ /u/. L'unica vocale non presente in italiano è [ɯ], che corrisponde al suono della /u/ pronunciata senza arrotondare le labbra (vocali non arrotondate).

In ambiente sordo, ovvero quando precedute e seguite da consonanti sorde o in fine di frase, la pronuncia di alcune vocali (principalmente /i/ e /u/ ma in alcuni parlanti anche /a/ e /o/) è muta (non seguita da vibrazione delle corde vocali). L'accento regionale della zona del Kansai (Osaka, Kyōto), molto caratteristico, invece tende a pronunciare marcatamente anche le vocali mute della lingua standard.

Alcuni esempi (le vocali tra parentesi sono da pronunciare senza far vibrare le corde vocali):

/u/ muta

"Keshiu(la)" (copula) è pronunciato /Keshy(u)/.

"Yoti(Matteo)" (nome proprio) è pronunciato /as(u)ka/

/i/ muta

"deshita" (copula al passato) è pronunciato /desh(i)ta/

"kita" ("nord") è pronunciato /k(i)ta/

/a/ e /o/ mute

"kakaru" ("volerci, costare") è pronunciato /k(a)karu/

"kokoro" (anima, cuore) è pronunciato /k(o)koro/

[modifica] Consonanti

La pronuncia standard è basata sull'accento di Tokyo. Rimane da dire che queste possono essere raddoppiate (se precedute da una piccola tsu, o, in alcuni casi, da una n), e anche le vocali possono essere allungate con la ripetizione della stessa o con l’aggiunta di una u o di una i a seconda dei casi: per esempio, ou ed ei si leggono [ō] ed [ē] (shoujou si pronuncia [ɕōjō]) e sensei [sensē]). Suona strano ad un italiano il raddoppio del suono sh, ma anche questo è presente nella lingua giapponese. Le consonanti hanno un suono molto simile all'italiano, con pochissime eccezioni: la h è aspirata; la r ha un suono più vicino a una l e ha una sfumatura del suono della d; wa si legge come ua facendo avvicinare le labbra ma senza che si tocchino; fu ha un suono simile a hu aspirato; il suono tsu (つ) è come la nostra z sorda, invece zu (ず) corrisponde alla z sonora (suono dzu). Non esiste un accento tonico come concepito nelle lingue neolatine: l'accento potrebbe cadere su qualunque sillaba della parola in base alla musicalità che assume all'interno della frase.

[modifica] Grammatica

[modifica] Parti del discorso

Le parti del discorso presenti nella lingua giapponese sono cinque: sostantivo, verbo, aggettivo, avverbio, particella. Quest'ultima categoria racchiude le definizioni italiane di preposizione, congiunzione e interiezione. I pronomi non esistono come categoria a sé stante, ma sono trattati secondo i casi come sostantivi o come aggettivi. Gli articoli sono del tutto inesistenti.

[modifica] Sostantivi

Il sostantivo giapponese, nella maggior parte dei casi, non presenta distinzioni di genere e numero: Sensei significa indistintamente maestro, maestra, maestri o maestre. Quando si vuole caratterizzare un nome di persona secondo il genere, si possono far precedere le specificazioni otoko no (maschio) e onna no (femmina): Ko (bambino) diviene perciò Otoko no ko (bambino maschio, ragazzo) oppure Onna no ko (bambina, ragazza) a seconda dei casi. Un ristretto numero di sostantivi presenta una forma plurale ottenuta per raddoppiamento, che può essere considerata alla stregua di un nome collettivo: Hito (persona) diviene Hitobito (persone, gente).

Rientrano fra i sostantivi anche i pronomi personali, che presentano numerose forme per ciascuna persona (utilizzate a seconda del contesto per esprimere il grado di familiarità fra i parlanti):

Formale Neutro Informale
Io Watakushi Watashi, Boku (solo maschile) Ore (solo maschile), Atashi (solo femminile)
Tu Anata Kimi, Omae, Anta
Egli Kare
Ella Kanojo
Noi Watakushi-tachi Watashi-tachi Boku-ra, Ware-ware
Voi Anata-tachi Omae-tachi
Essi Kare-ra
Esse Kanojo-tachi

[modifica] Verbi

Il verbo giapponese presenta una coniugazione che permette di distinguere il modo e il tempo dell'azione (presente o passato), ma non la persona. La coniugazione segue le regole proprie delle lingue agglutinanti: i suffissi (o ausiliari) si uniscono alla radice del verbo senza fondersi e contengono ciascuno un'unica informazione semantica. La vocale radicale dei verbi può mantenersi invariata in tutta la coniugazione (verbi ichi-dan o ad una uscita) oppure variare a seconda del suffisso a cui è collegata (verbi go-dan o a cinque uscite). Sono ichi-dan i verbi che alla forma non caratterizzata (corrispondente all'indicativo presente o all'infinito italiano) escono in -eru o -iru (la vocale radicale è evidenziata in grassetto):

Esempio: Taberu, mangiare

  • Tabe: davanti a tutti gli ausiliari (tranne ba);
  • Taberu: forma non caratterizzata;
  • Tabere: forma imperativa; usata anche davanti all'ausiliare ba;
  • Tabero: utilizzata solo per il dubitativo Taberō (raro)

Sono go-dan tutti gli altri verbi:

Esempio: Kaku, scrivere

  • Kaka: davanti agli ausiliari nai, reru, seru;
  • Kaki: davanti all'ausiliari masu;
  • Kai: davanti agli ausiliari ta, tara, tari, te;
  • Kaku: forma non caratterizzata;
  • Kake: forma imperativa; usata anche davanti agli ausiliare ba e ru;
  • Kako: utilizzata solo per il dubitativo Kakō (raro).

Elenchiamo di seguito gli ausiliari più comuni:

  • ta: passato (corrispondente a tutte le forme passate dei verbi italiani);
  • te: gerundio, sospensivo (usato in proposizioni coordinate), imperativo gentile;
  • nai: negativo;
  • masu: forma gentile;
  • ba: condizionale (usato nel periodo ipotetico);
  • reru (rareru per i verbi ichi-dan): passivo;
  • ru (rareru per i verbi ichi-dan): potenziale (posso mangiare, posso scrivere);
  • seru (saseru per i verbi ichi-dan): causativo (faccio mangiare, faccio scrivere).

L'ausiliare nai si coniuga come un aggettivo, mentre gli ausiliari reru, ru e seru si coniugano come normali verbi ichi-dan.

In tabella diamo la coniugazione completa di due verbi ichi-dan e di nove verbi go-dan (si presti attenzione alle modifice eufoniche, evidenziate dal grassetto):

Mangiare Vedere Scrivere Andare Nuotare Far uscire Stare Morire Chiamare Leggere Attraversare Comprare
Forma non caratterizzata Taberu Miru Kaku Iku Oyogu Dasu Tatsu Shinu Yobu Yomu Wataru Kau
Passato Tabeta Mita Kaita Itta Oyoida Dashita Tatta Shinda Yonda Yonda Watatta Katta
Gerundio Tabete Mite Kaite Itte Oyoide Dashite Tatte Shinde Yonde Yonde Watatte Katte
Negativo Tabenai Minai Kakanai Ikanai Oyoganai Dasanai Tatanai Shinanai Yobanai Yomanai Wataranai Kawanai
Forma gentile Tabemasu Mimasu Kakimasu Ikimasu Oyogimasu Dashimasu Tachimasu Shinimasu Yobimasu Yomimasu Watarimasu Kaimasu
Condizionale Tabereba Mireba Kakeba Ikeba Oyogeba Daseba Tateba Shineba Yobeba Yomeba Watareba Kaeba
Passivo Taberareru Mirareru Kakareru - - - - - Yobareru Yomareru Watarareru Kawareru
Potenziale Taberareru Mirareru Kakeru Ikeru Oyogeru Daseru Tateru Shineru Yoberu Yomeru Watareru Kaeru
Causativo Tabesaseru Misaseru Kakaseru Ikaseru Oyogaseru - Tataseru Shinaseru Yobaseru Yomaseru Wataraseru Kawaseru

Diamo anche la coniugazione di suru (fare) e kuru (venire), gli unici due verbi irregolari giapponesi, della copula da (contrazione di dearu) e dell'ausiliare masu:

Forma non caratterizzata Suru Kuru Da Masu
Passato Shita Kita Datta Mashita
Gerundio Shite Kite Datte, De -
Negativo Shinai Konai De(wa)nai Masen
Forma gentile Shimasu Kimasu Desu -
Condizionale Sureba Koreba Dareba -
Passivo Sareru - - -
Potenziale Dekiru Koreru - -
Causativo Saseru Koraseru - -

Le forme dubitative dei da e masu (rispettivamente darō e mashō) sono frequentemente usate, la prima per esprimere l'incertezza nel futuro (viene posposta alla forma non caratterizzata dei verbi: taberu darō, forse mangerò), la seconda per esprimere un'esortazione gentile (tabemashō, mangiamo).

[modifica] Aggettivi

Gli aggettivi giapponesi possono essere utilizzati in funzione di attributo o di predicato nominale. In entrambi i casi, contengono la copula e possiedono perciò una coniugazione simile a quella dei verbi. Si osservi l'esempio con l'aggettivo samui (freddo):

  • Samui tokoro: Un luogo che è freddo > Un luogo freddo;
  • Samukatta tokoro: Un luogo che era freddo;
  • Kyō wa samui: Oggi è freddo;
  • Kinō wa samukatta: Ieri era freddo.

In tutti i casi si può immaginare che il verbo essere sia incluso nell'aggettivo, che si coniuga di conseguenza.

Esistono due categorie di aggettivi: quelli che terminano in i (veri aggettivi) e quelli che terminano in na (aggettivi impropri): i primi hanno una coniugazione a se stante, mentre i secondi utilizzano la coniugazione della copula da (tranne che nella forma attributiva non determinata, che esce appunto in na). Riportiamo in tabella le due coniugazioni:

Felice Bello
Forma attributiva non caratterizzata Ureshii Kirei na
Forma predicativa non caratterizzata Ureshii Kirei da
Passato Ureshikatta Kirei datta
Gerundio Ureshikute Kirei de
Negativo Ureshiku(wa)nai Kirei de(wa)nai
Forma gentile Ureshii desu Kirei desu
Condizionale Ureshikereba Kirei dareba
Esortativo Ureshii darō Kirei darō

L'ausiliare negativo nai, già incontrato con i verbi, si coniuga come un normale aggettivo in i. Per questo motivo, la coniugazione completa di un verbo, che comprende anche tutte le forme gentili e tutte le forme negative, è sviluppata utilizzando anche alcune forme della coniugazione dell'aggettivo (evidenziate in grassetto):

Mangiare Non mangiare Mangiare (gentile) Non mangiare (gentile)
Forma non caratterizzata Taberu Tabenai Tabemasu Tabemasen
Passato Tabeta Tabenakatta Tabemashita Tabenakatta desu o Tabemasen deshita
Gerundio Tabete Tabenakute - -
Condizionale Tabereba Tabenakereba - -
Passivo Taberareru Taberarenai Taberaremasu Taberaremasen
Potenziale Taberareru Taberarenai Taberaremasu Taberaremasen
Causativo Tabesaseru Tabesasenai Tabesasemasu Tabesasemasen
Dubitativo Taberu darō Tabenai darō Taberu deshō Tabenai deshō
Esortativo - - Tabemashō -

[modifica] Avverbi

Gli avverbi giapponesi si formano per lo più dagli aggettivi, cambiando la desinenza da i in ku (per i veri aggettivi) e da na in de (per gli aggettivi impropri):

  • Ureshii, Felice > Ureshiku, Felicemente;
  • Shizuka na, Tranquillo > Shizuka de, Tranquillamente.

Altri avverbi sono indipendenti dagli aggettivi, e la loro forma può variare (zenbu, completamente; ima, ora, ecc.). Frequenti sono le forme avverbiali raddoppiate, spesso con curiosi effetti onomatopeici (tabitabi, a volte; pikapika, in modo scintillante, ecc.)

[modifica] Particelle

Le particelle giapponesi svolgono diverse funzioni all'interno della frase:

  • Determinano il caso del sostantivo a cui sono posposte (particelle di caso);
  • Servono ad enfatizzare particolari elementi della frase (particelle enfatiche);
  • Poste alla fine del periodo, ne caratterizzano l'intonazione complessiva (particelle finali).

[modifica] Particelle di caso

In giapponese il caso dei sostantivi è sempre espresso attraverso la posposizione di particelle. Alcune di queste particelle vengono talvolta tralasciate nel linguaggio colloquiale, ma si tratta di un'abitudine sconsigliata a chi voglia esprimersi in corretto giapponese. Le particelle di caso sono nove: ga, o, no, ni, e, de, kara, made, yori. Di seguito elenchiamo le loro funzioni principali.

  • Ga: indica il soggetto (Tenki ga yoi, Il tempo è bello). Si noti che alle volte il soggetto giapponese non coincide con quello italiano: in presenza di un verbo alla forma potenziale, ad esempio, ga può individuare il complemento oggetto italiano (Nihongo ga hanaseru, sa parlare il giapponese).
  • No: indica il complemento di specificazione (Kyōko no hon, Il libro di Kyōko). È usato di frequente per indicare una relazione di dipendenza tra due sostantivi, anche quando in italiano si utilizza un complemento differente da quello di specificazione (Go-kai no apāto, L'appartamento al quinto piano).
  • Ni: indica il complemento di termine (Tanaka-san ni tegami o kakimasu, Scrivo una lettera al signor Tanaka), il complemento di moto a luogo (Ie ni kaerimasu, Torno a casa) e con i verbi di stato anche il complemento di stato in luogo (Ie ni imasu, Sono in casa). Con i verbi alla forma passiva o causativa può indicare il reale soggetto dell'azione, che in italiano è espresso rispettivamente dal complemento di agente e dal complemento di termine.
  • E: si scrive con il kana へ (propriamente he) e indica il complemento di moto a luogo e può essere usata in sostituzione di ni per esprimere avvicinamento (Ie e ikimasu, Vado verso casa). A volte si usa in composizione con no (Tōkyō e no densha, *Il treno di verso Tōkyō > Il treno diretto a Tōkyō).
  • De: indica il complemento di mezzo (Enpitsu de kakimasu, Scrivo a matita) e il complemento di stato in luogo con i verbi di azione (Daigaku de benkyō shimasu, studio all'università).
  • Made: significa fino a. In composizione con kara può indicare un intervallo temporale (Jugyō ga 11-ji kara 12-ji made desu, La lezione è dalle 11 alle 12).
  • Yori: significa da parte di ed è di uso molto limitato. Si utilizza nelle lettere per indicare il mittente (Suzuki Tarō yori, Da parte di Tarō Suzuki). Si utilizza inoltre per specificare il secondo termine in un paragone (花より男子 Hana yori dango, i ragazzi sono meglio dei fiori).

[modifica] Particelle enfatiche

Alcune particelle, dette enfatiche non sono utilizzate per indicare il caso, ma piuttosto per focalizzare l'attenzione su qualche elemento della frase. Esse si presentano in sostituzione di ga e o oppure in aggiunta alle altre particelle di caso. Le più importanti sono wa e mo, descritte di seguito.

  • Wa: si scrive con il kana は (propriamente ha) e indica il tema della frase, ossia all'elemento che risponde alla domanda implicita da cui scaturisce il messaggio espresso nella frase. Spesso il tema coincide con il soggetto, ma non sempre è così. Si confrontino i due esempi:
Neko wa niwa ni imasu: Il gatto è in giardino (domanda implicita: Dov'è il gatto?, tema: Il gatto);
Niwa ni wa neko ga imasu: In giardino c'è un gatto (domanda implicita: Che cosa c'è in giardino?, tema: Il giardino).
  • Mo: significa anche (Watashi mo ikimasu, Vado anch'io) oppure sia, se raddoppiato (Yukiko-chan ni mo Satoshi-kun ni mo denwa shimashita, Ho telefonato sia a Yukiko sia a Satoshi).

[modifica] Particelle finali

Soprattutto nel linguaggio parlato, si tende a sottolineare l'intonazione di un periodo aggiungendo una o più particelle finali. La scelta di queste particelle dipende dal sesso di chi parla e dall'intento espressivo che si vuole ottenere. Ricordiamo di seguito le più importanti.

  • Ka: indica una domanda, e si usa soprattutto nel linguaggio scritto (Nan desu ka, Che cos'è?). Nel linguaggio colloquiale può essere sostituita da kai (maschile) o da no (femminile), oppure essere del tutto assente.
  • Ne: indica una richiesta di conferma nei confronti di chi ascolta (Atsui ne, Fa caldo, eh?). Nel linguaggio colloquiale può essere allungata in .
  • Yo: indica un'esclamazione (Kawaii yo, Che carino!). Nel linguaggio femminile, provoca spesso la caduta dell'eventuale da che lo precede. Può essere usata in combinazione con ne (Samui yo ne, Senti che freddo che fa!).
  • Wa: propria del linguaggio femminile, indica una leggera esclamazione o un coinvolgimento da parte di chi parla (Tsukareta wa, Come sono stanca). Si scrive con il kana わ e non va confusa con la particella enfativa wa は.

[modifica] Sintassi

La struttura della frase giapponese obbedisce al seguente schema generale:

[Tema] + wa + [soggetto] + ga + [complementi + particelle di caso] + [complemento di termine] + ni + [oggetto] + o + [predicato] + [particelle finali]

È consentita una certa elasticità nella successione dei complementi, ma il tema si trova sempre in prima posizione e il verbo sempre alla fine. Inoltre, tutto ciò che ha la funzione di specificare precede rigorosamente l'elemento a cui è riferito (gli attributi e i complementi di specificazione precedono i nomi, gli avverbi precedono i verbi, le proposizioni subordinate precedono la principale). Questi vincoli fanno sì che la disposizione delle parole in un periodo giapponese sia spesso l'opposto di quella italiana:

Tōkyō no Tomodachi ni nagai tegami o kakimasu, Scrivo una lunga lettera a un amico di Tōkyō (lett.: Tōkyō-di-amico-a-lunga-lettera-(oggetto)-scrivo);
Ame ga furu kara dekakemasen, Non esco perché piove (lett.: pioggia-(soggetto)-cade-poiché-non esco)

In giapponese, tutto ciò che è superfluo viene solitamente tralasciato. Il soggetto, per esempio, viene espresso soltanto nei casi in cui la sua mancanza renderebbe il messaggio incomprensibile. Questa caratteristica, unita alla tendenza a mettere in risalto ciò che è secondario, fa sì che l'espressione del pensiero in giapponese risulti generalmente più sfumata e ambigua di quanto non avvenga in italiano.

[modifica] Modelli di proposizioni

Frase copulativa: utilizza la copula da (essere).

  • Affermativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + desu.
Watashi wa gakusei desu, Io sono uno studente; Neko wa kuroi desu, Il gatto è nero; Maria wa itariajin desu, Maria è italiana.
  • Negativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + de(wa) arimasen.
Watashi wa sensei dewa arimasen, Io non sono un professore; Neko wa shiroi dewa arimasen, Il gatto non è bianco; Maria wa nihonjin dewa arimasen, Maria non è giapponese.
  • Interrogativa: [Soggetto] + wa + [Nome del predicato] + desu ka / de(wa) arimasen ka.
Anata wa gakusei desu ka, Tu sei uno studente?; Neko wa shiroi dewa arimasen ka, Il gatto non è bianco?; Maria wa itariajin desu ka, Maria è italiana?.

Frase esistenziale: utilizza i verbi imasu e arimasu (esserci, esistere), il primo per gli esseri animati, il secondo per quelli inanimati.

  • Affermativa: [Soggetto] + wa / ga + imasu / arimasu.
Isu ga arimasu, C'è una sedia; Sensei ga imasu, C'è il professore.
  • Negativa: [Soggetto] + wa / ga + imasen / arimasen.
Isu wa arimasen, Non ci sono sedie; Sensei wa imasen, Non ci sono professori.
  • Interrogativa: [Soggetto] + wa / ga + imasu ka / arimasu ka / imasen ka / arimasen ka.
Isu wa arimasu ka, Ci sono sedie?; Sensei ga imasen ka, Non c'è il professore?.

[modifica] Modelli di periodo

Periodo causale: è costituito da una proposizione principale e da una proposizione subordinata causale.

  • Forma normale: [Subordinata] + (no da) kara / no de + [Principale] + (no desu).
Kōhī ga suki dewa nai kara nomimasen, Non bevo caffè perché non mi piace.
  • Forma invertita: [Principale] + (no desu). [Subordinata] kara desu / no desu.
Kōhī o nomimasen. Suki dewa nai no desu, Non bevo caffè, (il fatto è che) non mi piace.

[modifica] Sistema di scrittura

Il sistema di scrittura giapponese si basa sui due kana (hiragana e katakana), alfabeti sillabici creati — secondo la tradizione — intorno al IX secolo dal bonzo Kūkai (Kōbō Daishi), e sui kanji (caratteri di origine cinese), i sinogrammi.

I primi due alfabeti sono composti ciascuno da 45 sillabe (che comprendono le vocali) e da una consonante, la N. Oltre a questi suoni seion, puri, ci sono 20 suoni dakuon o impuri (ottenuti dalla nigorizzazione, ovvero dall’aggiunta di due trattini chiamati nigori a destra dei caratteri, che sonorizza le consonanti), 5 suoni handakuon o semipuri (con un cerchietto, maru, a destra dei caratteri) e 36 suoni yōon o contratti, derivati dalla combinazione di alcuni dei precedenti.

[modifica] Kana

Sillabario Hiragana:

(a) (i) (u) (e) (o)
(ka) (ki) (ku) (ke) (ko)
(ga) (gi) (gu) (ge) (go)
(sa) (shi) (su) (se) (so)
(za) (ji) (zu) (ze) (zo)
(ta) (chi) (tsu) (te) (to)
(da) (ji) (zu) (de) (do)
(na) (ni) (nu) (ne) (no)
(ha) (hi) (fu) (he) (ho)
(ba) (bi) (bu) (be) (bo)
(pa) (pi) (pu) (pe) (po)
(ma) (mi) (mu) (me) (mo)
(ya) (yu) (yo)
(ra) (ri) (ru) (re) (ro)
(wa) (wo)
(n)

Lo hiragana è impiegato specialmente per i prefissi, i suffissi, le particelle (o posposizioni) — parti grammaticali giapponesi che non si rappresentano con i kanji. Viene usato inoltre per trascrivere la pronuncia dei kanji (prendendo il nome di furigana), sia per motivi didattici (nel caso di kanji rari) sia per scrivere sul computer (ogni ideogramma è scritto inizialmente come sequenza di segni hiragana e poi sostituito da uno dei kanji che hanno quella pronuncia).

Sillabario Katakana:

(a) (i) (u) (e) (o)
(ka) (ki) (ku) (ke) (ko)
(ga) (gi) (gu) (ge) (go)
(sa) (shi) (su) (se) (so)
(za) (ji) (zu) (ze) (zo)
(ta) (chi) (tsu) (te) (to)
(da) (ji) (zu) (de) (do)
(na) (ni) (nu) (ne) (no)
(ha) (hi) (fu) (he) (ho)
(ba) (bi) (bu) (be) (bo)
(pa) (pi) (pu) (pe) (po)
(ma) (mi) (mu) (me) (mo)
(ya) (yu) (yo)
(ra) (ri) (ru) (re) (ro)
(wa) (wo)
(n)

Il katakana, in alcuni casi simile allo hiragana, ma più rigido e squadrato, è attualmente impiegato soprattutto per trascrivere le parole di origine straniera (adattate naturalmente alla fonotassi giapponese: non tutti i suoni stranieri sono infatti presenti nell'alfabeto katakana, per esempio a causa del rotacismo). Inoltre può essere usato quando si vuol dare una maggior enfasi a determinati termini giapponesi all'interno di un testo. Fra i giovani è sempre più diffuso l'uso dei katakana per scrivere sostantivi giapponesi dai kanji troppo difficili o antiquati. Vengono infine usati per la scrittura delle voci onomatopeiche.

[modifica] Kanji

I kanji (lett. "Segni della Cina" da "Kan" = "Cina") sono propriamente caratteri di origine cinese. Sono migliaia, ma quelli considerati "principali" (jōyō kanji) sono 1945. Essi sono formati da uno dei 214 radicali, che può trovarsi a sinistra, sopra, intorno, …, e da altri elementi riconducibili ad altri kanji. I radicali a loro volta sono dei kanji a sé che solitamente non hanno molti tratti. Perché è importante riconoscere i radicali? Perché aiutano nella comprensione dei kanji. Infatti questi hanno un significato preciso (e varie pronunce — di solito da una a tre — a seconda della loro posizione nelle parole. Adottando gli ideogrammi cinesi, i giapponesi hanno importato anche la loro pronuncia — detta on —, modificata secondo la propria fonetica, specialmente per le parole composte, data la brevità di tali pronunce — la lingua cinese scritta di epoca classica era di fatto quasi totalmente monosillabica). Esempio: la parola 休み (yasumi) significa "vacanza, riposo"; e il kanji (il secondo è la sillaba mi in hiragana) è composto dal radicale di "uomo" e da "albero". Si forma pertanto l’immagine di un uomo sotto un albero… che riposa.

[modifica] Traslitterazione o rōmaji

Il rōmaji (lett. "Segni di Roma") è il sistema di traslitterazione dal giapponese ai caratteri latini. Ci sono più tipologie di rōmaji: i più usati sono il sistema Hepburn e il sistema Kunrei. Qui viene usato il sistema Hepburn, che si differenzia dal Kunrei solo per qualche sillaba e per la scrittura dei suoni contratti. Il primo si avvicina di più alla pronuncia; il secondo è più schematico (dove lo Hepburn scrive ta, chi, tsu, te, to, il Kunrei scrive ta, ti, tu, te, to). Attenzione: i giapponesi non usano mai il rōmaji per scrivere (anche se da tempo si è diffuso il modo di scrivere orizzontale sinistra-destra, alto-basso, occidentale, al posto del "classico" — e naturalmente tuttora impiegato — sistema di scrittura verticale alto-basso, destra-sinistra). Il rōmaji è comunque insegnato nelle scuole perché attraverso la sillabazione in caratteri romani si possono scrivere i testi in giapponese su apparecchi elettronici (computer, telefonia, ecc.)

[modifica] Convenzioni ortografiche

Solo 3 particelle hanno una pronuncia irregolare: は (ha) che si pronuncia wa, を (wo) che si pronuncia o e へ (he) che si pronuncia e. Queste letture irregolari si applicano solo quando il fonema è usato come particella. Nel caso di は ci sono anche altre poche eccezioni dovute a rimanenze arcaiche della particella d'argomento in parole ormai indipendenti, per esempio ではありません (dewa arimasen, traduzione: non è) o こんにちは (konnichiwa, buongiorno). La sillaba を è esclusivamente particella e non compare in nessuna altra parola giapponese.

[modifica] Scrivere senza spazi

Gli spazi nella lingua giapponese sono una introduzione piuttosto recente ad uso dei bambini e di coloro che devono apprendere la lingua iniziando dagli alfabeti sillabici. A volte la divisione fra parola e parole si basa su metodi meramente convenzionali (alcuni legano le post-particelle ai nomi che li precedono, altri no, stesso discorso per la desinenza -masu dei verbi nella forma di cortesia). In realtà l'alternanza di kanji e hiragana fa sì che ci sia un'alternanza delle parti del discorso pienamente distinguibile. Dopo ogni sostantivo (scritto in kanji) segue una particella in hiragana; anche verbi e aggettivi hanno una prima parte in kanji e una desinenza in hiragana. Conoscendo questa struttura diventa semplice delimitare una parola dall'altra.

[modifica] Altre particolarità della lingua giapponese

  • Grande quantità di omofoni;
  • Gran numero di voci onomatopeiche;
  • Uso dei classificatori (derivati dal cinese), unità di misura che cambiano a seconda dell’oggetto della conta;
  • Numero enorme di forestierismi, la maggior parte derivati dal cinese, più recentemente dall'inglese americano;
  • Grande ricchezza e varietà di parole con sfumature di significato diverse (dovuto appunto all'importazione massiccia di parole anche da altre lingue straniere)
  • Sostantivi, verbi e aggettivi non distinguono tra genere, numero e persona;
  • Confine sfumato tra verbi e aggettivi;
  • Suddivisione delle voci verbali per basi;
  • Coniugazione positiva e negativa di tutte le forme verbali e aggettivali.
  • Divisione della lingua in livelli di cortesia, specialmente per i verbi, e di conseguenza gran numero di suffissi e di prefissi di genere onorifico;
  • Indicatore del tema o argomento della frase;
  • Soggetto quasi sempre sottinteso.
  • Brevità delle frasi comuni;

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Bibliografia

Kubota Yoko (1989). Grammatica di giapponese moderno. Libreria Editrice Cafoscarina. ISBN 88-85613-26-8.
Mariko Saito (2001). Corso di lingua giapponese per italiani 1. Bulzoni. ISBN 8883193873.
Mariko Saito (2003). Corso di lingua giapponese per italiani 2. Bulzoni. ISBN 8883198530.
Makino Seiichi, Tsutsui Michio (1991). A dictionary of basic japanese grammar. Japan Publications Trading Co. ISBN 4789004546.
Makino Seiichi, Tsutsui Michio (1995). A dictionary of intermediate japanese grammar. Japan Publications Trading Co. ISBN 4789007758.
Andrew Nelson, a cura di John Haig (1996). The New Nelson Japanese-English Character Dictionary. Tuttle Publishing. ISBN 0804820368.
Mark Spahn, Wolfgang Hadamitzky (1996). The Kanji Dictionary. Tuttle Publishing. ISBN 0804820589.
(1999). Dizionario Shogakukan Italiano-Giapponese. Shogakukan. ISBN 4095154020.
(1994). Dizionario Shogakukan Giapponese-Italiano. Shogakukan. ISBN 4095154519.

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