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Buddhismo Chan - Wikipedia

Buddhismo Chan

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Scuole

Mahāyāna

MadhyamikaCittamatra
•Sanlun • Faxiang
Tiantai • Huayan
ChanJingtu
• Sanron • Hosso
• Kegon • Tendai
ZenJodo
Nichiren

Chan (? pinyin Chán) (cinese classico 禪, lettura giapponese zen). È il tentativo di imitare il suono della parola sanscrita dhyāna con un ideogramma. In questo caso l'ideogramma funziona da fonema e non da epistema, ovvero è un segno latore di suono mentre il suo significato in cinese (letteralmente: "altare spianato'" o, anche: "abdicare") non ha alcuna importanza. Tuttavia, fanno notare alcuni autori, sebbene 禅 sia stato scelto per ragioni fonetiche per imitare il suono prodotto dalla parola dhyāna e non per il suo significato, il segno 禅 è composto, a sinistra, da 示, letto shi, e a destra da 単, letto dan, il primo significa “indicare, puntare a, mostrare”, il secondo vuol dire “solo, unico, semplice, singolo”, perciò intendendo assieme il senso delle parti, potremmo dire che 禅 contenga il significato complessivo di “mirare al massimo di semplicità” o “puntare all’uno”. Attualmente in giapponese 禅 ha solo il significato di “[buddismo] zen”. 禅, Chán, o più propriamente Chánjia (禅家), "scuole/famiglie/case del Chan", dal nono secolo è il nome cinese di un insieme di lignaggi che compongono una scuola buddhista dalle origini leggendarie che si fanno risalire all'altrettanto leggendario Bodhidharma, -monaco indiano, o persiano, seguace della corrente del Buddhismo Mahāyāna, giunto in Cina attorno al VI secolo-. Il nome Chánjia (禅家) fu adottato per la prima volta -pare- dall'eclettico monaco e studioso cinese Zongmi (宗密) (780-841)[1]. Attualmente con Chán si intende una corrente religiosa buddhista sviluppatasi in Cina, grazie ad una profonda inculturazione in ambiente daoista, a partire dalla dinastia Tang, fiorita sotto i Song, introdotta in altri paesi di influenza cinese. Molto nota è l'interpretazione giapponese di questa scuola, che prende il nome di Zen. Con quest'ultimo termine molti autori si riferiscono all'intera tradizione di questa scuola, comprese le sue radici cinesi. Mentre l'ideogramma 禅, chán, venne utilizzato in tutto il buddhismo cinese per trascrivere il suono del termine sanscrito dhyana con cui si designa il frutto meditativo, come traduzione cinese di dhyāna fu usata la coppia 靜慮 (jìng-lǜ in mandarino traslitterato secondo il metodo pinyin e jōryo secondo la lettura giapponese).[2]

Indice

[modifica] Le origini

È piuttosto difficile ricostruire le origini storiche del Buddhismo Chan. Il lavoro storiografico risente di alcuni ritardi dovuti alle traduzioni e alla comparazione di testi e cronache riportati nel Canone cinese e non solo. Al momento la quasi totalità degli storici ritiene che i racconti tradizionali siano piuttosto esagerati se non addirittura inventati. Ciò non toglie che l'alone di mistero che avvolge questa scuola e la figura del suo leggendario fondatore Bodhidharma ne accresca l'interesse e la peculiarità. Le fonti su cui si poggiano i racconti tradizionali sono piuttosto tarde, risalgono al Jindechuandenglu redatto da Daoyuan nel 1004. Quindi è indubbio che trascorrano almeno cinquecento anni tra le fonti e i fatti da esse narrati. Purtuttavia vi sono fonti autonome da quelle della scuola Chan che accennano alla figura di Bodhidharma e del suo discepolo Huike, si tratta dello Xugaosengzhuan opera di Daoxuan, fondatore della scuola Luzong vissuto nel VII sec. Fatto di rilievo questo se consideriamo che lo Xugaosengzhuan, che include circa 500 biografie a partire dalla dinastia Liang al 645, è la continuazione del Gaosengzhuan (Biografia di eminenti monaci) redatto da Huijiao. Altre note sono riportate nel Lengqieshiziji (Registrazioni dei maestri del Lankavatarasutra) compilato da Jingjue nell'VIII sec. e dal Zhuanfabaoji dello stesso periodo che accennano alla separazione tra la scuola settentrionale (Chan Beizong) di Shenxiu e quella meridionale (Chan Nanzong) di Huineng. Di fatto l'emergenza storica di questa scuola avviene con la figura del VI patriarca, Huineng, in quanto antichi manoscritti della stessa scoperti nelle Grotte di Mogao avrebbero, per numerosi studiosi, definitamente invalidato la ricostruzione dei suoi lignaggi così come riportata nel Baolin zhuan (Cronache [del monastero] di Baolin, testo risalente agli inizi del IX sec. probabilmente redatto da un discepolo di Mazu Daoyi). Se Huineng è considerato un personaggio esistito storicamente e fondatore di un monastero Chan, altrettanta storicità viene assegnata a Daoxin quarto patriarca di questa scuola, e al suo successore Hongren. Dei precedenti tre patriarchi in Cina, Bodhidharma, Huike e Sengcan non abbiamo che cenni spesso tardi e contraddittori. Eppure sembra chiaro che questa scuola non può essere emersa dal nulla. Le ipotesi attualmente da verificare sono diverse. Di certo la prima figura autenticamente Chan di cui si ha contezza storica è il quarto patriarca, Daoxin (580-651), un monaco di scuola Tiantai del monastero Donglin (situato ai piedi del Monte Lu, cin. Lushan) allievo di Zhikai a sua volta allievo diretto di Zhiyi. Nelle Grotte di Mogao è stato ritrovato un suo manoscritto il Rudao anxin yao fangbian famen dove egli afferma: «Sta' seduto in meditazione con sforzo zelante! Lo star seduti in meditazione è il fondamento... Chiudi la porta e sta' seduto! Non leggere Sutra, non parlare con gli uomini. Se tu pratichi così e ti sforzi per molto tempo, allora il frutto è dolce, come per la scimmia che prende il gheriglio dal guscio. Di costoro ne esistono poche» . È evidente la rottura di Daoxin con gli insegnamenti di Zhiyi, propugnatore della pratica meditativa dello zhiguan, il quale pochi decenni prima avvertiva: «Coloro che studiano [solo] il dhyana sanno soltano contemplare la penetrazione del principio; la loro mente si fonda con tutto ciò che incontrano, ma non ha l'intelligenza dei nomi e dei segni specifici e non conosce una sola frase delle scritture» [3]. Da qui prende piede l'ipotesi che il diciottenne monaco tiantai Daoxin abbia effettivamente incontrato sul Monte Lu, come narra la tradizione, uno chanshi (maestro di chan-dhyana itinerante, figura religiosa in quell'epoca piuttosto diffusa), di nome Sengcan, che lo ha iniziato alla esclusiva pratica meditativa dello zuochan (giapp. zazen) e al solo studio del Lankavatarasutra (cin. Lenqiejing), sutra di derivazione cittamatra non particolarmente considerato dalla scuola Tiantai che prediligeva l'approccio madhyamika. Se a ciò aggiungiamo il fatto che nella scuola Tiantai era d'obbligo un corso di studio e pratica che abbracciava praticamente tutte le dottrine conosciute, potremmo spiegare perché, come sostenuto recentemente dagli studiosi statunitensi Richard H. Robinson e Williard L. Johnson [4]: «nel VII sec. molti monaci Tiantai passarono alle nuove scuole Chan in via di sviluppo». E così fu anche per Daoxin che si trasferì sul Monte Shuangfeng (nella provincia dello Jiangxi) fondandovi l'omonimo monastero e dove morirà nel 651 lasciando il lignaggio a Hongren ma la trasmissione anche a Niutou Farong che svilupperà una corrente Chan parallela, conosciuta come Niutouchan che si estinguerà, in Cina, alla fine dell'VIII sec ma che verrà trasmessa in Giappone da Saicho come scuola Gozu.

[modifica] Il lignaggio Chan

Dal Baolin zhuan: Buddha Shakyamuni 1. Mahakasyapa 2. Ananda 3. Sanavasa 4. Upagupta 5. Dhrtaka 6. Miccaka 7. Vasumitra 8. Buddhanandin 9. Buddhamitra 10. Parsva 11. Punyayasas 12. Asvaghosa 13. Kapimala 14. Nagarjuna 15. Kanadeva 16. Rahulata 17. Sanghanandin 18. Gayasata 19. Kumarata 20. Jayata 21. Vasubandhu 22. Manorhita 23. Haklenayasas 24. Simha bhiksu 25. Basiasita 26. Punyamitra 27. Prajñatara 28. Bodhidharma

I patriarchi in Cina secondo la tradizione del Chan meridionale (Chan Nanzong): 1. Bodhidharma 2. Huike 3. Sengcan 4. Daoxin 5. Hongren 6. Huineng

[modifica] Note

  1. ^ Un'altra versione sull'origine del termine Chanjia la troviamo nel Dizionario del Buddhismo, curato da Philippe Cornu, dove si afferma che la scuola Chan: «Secondo fonti tardive d’epoca Song, sarebbe stata definita così da Nanquan Puyuan, VIII sec.» Cfr. Cornu p.111.
  2. ^ Cfr. Zengaku daijiten (Komazawa U.), 591d, e Iwanami Bukkyō jiten, 447. Un'altra traduzione è 定, dìng in pinyin, (letta e tei in giapp.) da cui la coppia 禪定 usata per tradurre sia dhyāna sia samadhi.
  3. ^ Un lavoro di Paul L. Swanson sul confronto tra la pratica del chan e quella dello zhiguan
  4. ^ in: The Buddhist Religion - A Historical Introduction, Wadsworth Publishing Company, USA, 1997

[modifica] Collegamenti esterni


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