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Antico Egitto - Wikipedia

Antico Egitto

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Con il termine Antico Egitto si intende la civiltà sviluppatasi in quella sottile striscia di terra fertile che si distende lungo le rive del Nilo proveniente dal Sudan fino allo sbocco nel Mediterraneo, e riconosciuta come entità statale a partire dal 3300 a.C. fino al 31 a.C., quando ci fu la conquista romana.

Le tracce di insediamenti lungo il Nilo sono molto antiche e si calcola che l'agricoltura (in particolare la coltivazione di grano e orzo) abbia fatto la sua comparsa in quelle regioni intorno al 6000 a.C.[1] Proprio la presenza del fiume, che rende possibile la vita in una regione peraltro desertica, è il motore primo del precoce nascere della civiltà urbana e del suo persistere quasi immutata, ai nostri occhi, per quasi tremila anni. Le acque del Nilo, con le loro piene annuali, non portano sola fertilità ma anche distruzione se non vengono costantemente controllate, imbrigliate, incanalate, conservate per i periodi di siccità; ed è proprio da questo stato di cose che nasce la necessità di uno stato organizzato, uno stato che garantisca la manutenzione di quelle strutture da cui dipende la sopravvivenza di tutti.

La necessità di avere una struttura statale per la gestione delle opere (dighe e canali) collegate con le acque del Nilo, ha portato alla formazione di uno dei primi stati della storia, nel 3300 a.C. Infatti questa esigenza fece sì che le tribù nilotiche impararono a vivere prima sotto l'autorità di capi locali (fase della formazione dei distretti o nomos). I vari nomos si scontrarono e si allearono tra loro, nell'arco di circa un millennio, fino a formare due regni, l'Alto Egitto al sud (costituito dalla parte meridionale della valle del Nilo) ed il Basso Egitto al nord (costituito principalmente dal delta del fiume), che vennero unificati nel 3000 a.C. in un solo impero da Menes (da identificarsi probabilmente con il sovrano egizio Narmer), re dell'Alto Egitto, che inaugurò le 30 dinastie dell'antico Egitto. Tra i monumenti più famosi dell'Antico Egitto vi sono sicuramente le piramidi, tombe di sovrani dalla III alla XII dinastia.

Le piramidi più famose si trovano presso Giza, vicino alla città moderna del Cairo. La loro imponenza testimonia la potenza dello stato e l'importanza delle credenze religiose sull'oltretomba. La grande piramide, la tomba del sovrano Khufu (conosciuto anche come Cheope), è l'unico monumento sopravvissuto delle sette meraviglie del mondo antico. L'antico Egitto raggiunse l'apice della sua potenza ed estensione territoriale nel periodo chiamato Nuovo Regno (1567 a.C.-1085 a.C.), quando i confini dell'impero andavano dalla Libia all'Etiopia al Medio Oriente. L'antico Egitto conobbe anche momenti di debolezza e di polverizzazione del potere come avvenne nei tre Periodi Intermedi, nel secondo dei quali l'Egitto cadde sotto il controllo dei dominatori detti Hyksos.

Indice

[modifica] Storia

[modifica] Cronologia

La storia egiziana è suddivisa in differenti periodi. Le date degli eventi sono ancora oggetto di studio. Molte di esse sono state ricavate interpolando dati storici, archeologici e astronomici. Sin dall'antichità furono stilati diversi cataloghi delle dinastie che si susseguirono in Egitto.

[modifica] Periodo predinastico

Per approfondire, vedi la voce Periodo predinastico dell'Egitto.

Con Periodo predinastico dell'Egitto si intende la fase precedente alla formazione dello stato unitario egiziano. La fase comincia indefinitamente nella preistoria e arriva fino al 3100 a.C., il paese è suddiviso nei due regni del Basso Egitto e Alto Egitto.

Le prime comunità agricole si stabiliscono presto nel Delta del Nilo e nell'oasi di Fayum, subendo nel Basso Egitto un'eccezionale sviluppo, che porta, dalla metà del quinto millennio, alla nascita delle prime città. Secondo alcuni studiosi, lo sviluppo delle attività legate all'agricoltura ha permesso un'enorme crescita demografica; secondo altri, invece, è la crescente pressione demografica a portare a un sviluppo dell'agricoltura. Aumenta anche la ricerca delle risorse minerarie del Medio e dell'Alto Egitto, soprattutto oro, da parte di coloni che adorano già Osiride e Horo, provocando al contempo un conflitto con le popolazioni meridionali che adorano Seth.

Gli adoratori di Horo e quelli di Seth si scontrano dunque e sono i primi a vincere. Si forma così un primo nucleo di regno, con capitale la città di Ieraconpoli. L'Egitto è ora diviso in Alto e Basso Egitto, due regni distinti e separati.

[modifica] Periodo Arcaico (I - II dinastia)

Per approfondire, vedi la voce Periodo arcaico dell'Egitto.

Con Periodo Arcaico o Periodo Thinita (dal nome della città di Thinis forse mutuato sul culto della dea Tanit, probabile città natale dei primi sovrani) si intende l'arco di tempo coperto dalle prime due dinastie egizie.

[modifica] Narmer

L'Alto Egitto aveva come capitale la città di Nekhen, chiamata Ieraconpoli. Il re di questo territorio adorava la dea avvoltoio Nekhbet e veniva raffigurato con un'alta corona bianca. Il Basso Egitto aveva come capitale Buto; il sovrano adorava la dea cobra Uto e cingeva una corona rossa, caratteristica di una dea del delta, Neith. Secondo le antiche leggende l'Alto Egitto, guidato dal dio Horo, sottomise il Basso Egitto, unificando tutto il territorio. Il sovrano del regno del Sud assunse da allora nella sua persona i simboli di entrambi i poteri e cinse la doppia corona.

Il faraone Narmer in solenne processione
Il faraone Narmer in solenne processione

La tradizione attribuiva il merito dell'unificazione dei due regni a Menes, identificato col faraone Narmer. Studi recenti, tuttavia, associano Menes al suo successore, Aha, re della I dinastia. Narmer e Scorpione, altro re del quale sappiamo molto poco, appartengono a quella che gli studiosi hanno battezzato "dinastia 0", che avrebbe regnato tra il 3200 e il 3065 a.C. Il nome di Narmer fu il primo ad apparire in un serej, uno dei simboli più antichi della regalità. L'unificazione fu ottenuta con una sola battaglia, così come sembra mostrare la cosiddetta "tavolozza di Narmer". Il processo fu lento e comportò prima l'unificazione culturale, e solo più tardi quella politica. L'unificazione dei due regni fu il prodotto di numerose battaglie, come dimostrano le diverse tavolozze del Periodo predinastico che sono giunte fino a noi. I nemici non erano solo gli abitanti del Delta, ma si combatteva anche contro le tribù beduine o i Nubiani, riconoscibili dalle diverse acconciature e dalla barba.

Una volta conseguita la vittoria, l'Egitto stabilì la propria capitale a Menfi, una città nuova, che sarebbe stata fondata dal successore di Narmer. Il nuovo Stato adottò simboli dei due regni, unì le due corone e fece del serpente e dell'avvoltoio le due divinità protettrici del faraone. Narmer fu sepolto nell'Alto Egitto, nella necropoli reale di Abido. La sua tomba, con una camera doppia, una per il defunto e l'altra adibita a magazzino, è una delle più antiche della necropoli.

In questo periodo storico compaiono le tombe a mastaba, ossia coperte da una struttura a forma di gradone che sovrasta la camera funeraria.
Scarse sono le notizie sugli avvenimenti storici del periodo; alcune iscrizioni lasciate in occasione di spedizioni militari sono la prova dell'interesse per la regione del Sinai. Con maggior sicurezza abbiamo notizie sui traffici commerciali con Byblos, grazie al ritrovamento in questa città di resti di stoviglie con iscrizioni geroglifiche. Già in epoca arcaica l'Egitto importa da Byblos i tronchi di cedro usati nelle costruzioni essendo esso privo di alberi con un legno adatto ad essere ridotto in tavole.

Dal punto di vista archeologico di questo periodo ci rimangono soprattutto sepolture, quasi sempre saccheggiate, e frammenti di statue, stele e false porte provenienti da cappelle funerarie. Per quanto riguarda invece le strutture civili (abitazioni, palazzi) non rimane praticamente nulla soprattutto per deperibilità dei materiali utilizzati (mattoni di fango, legno, canne).

[modifica] Antico Regno (III - VI dinastia)

Per approfondire, vedi la voce Antico Regno dell'Egitto.

Fin dalle prime dinastie il re si afferma quale dio in terra, con la precisa funzione di conservare maat "l'ordine", il sistema, anche cosmico, che da lui dipende. Da qui deriva il regime faraonico, autocratico per diritto divino, che accentra ogni funzione dello stato sul re e che, sia pure con alternative e variazioni, si mantenne tale sino alla fine della civiltà egiziana. L'affermazione del dogma faraonico ha la sua massima espressione nell'Antico Regno e precisamente nella IV dinastia, quando possiamo prendere a simbolo della straordinaria autorità regale e dell'accentrato interesse sociale sul faraone in questo periodo le piramidi, cioè i monumenti funerari dei faraoni di quella dinastia: Cheope, Khefren e Micerino.

[modifica] Cheope

Piccola statuetta del faraone Cheope
Piccola statuetta del faraone Cheope

Cheope, nato da Snefru e da Eteferi, figlia dell'ultimo faraone della III dinastia, fu il secondo faraone della IV dinastia e il grande artefice dell'unificazione territoriale e di un periodo di notevole prosperità per l'Egitto. Le notizie sulla sua vita e sul suo regno sono contraddittorie: infatti, secondo la tradizione, tramandataci dalla storiografia greca antica, Cheope fu un faraone crudele e spietato; i testi a lui contemporanei, invece, ce lo descrivono come un riformatore, capace di accrescere il potere reale.

Durante il suo regno, Cheope avviò all'interno del Paese numerose riforme, destinate ad accrescere il suo potere. Affrontò innanzitutto il riordino dell'amministrazione dello Stato ponendovi a capo il visir che in questo modo assunse un ruolo di primissimo piano, ben al di sopra di tutti gli altri funzionari statali e molto vicino alla famiglia reale: il faraone ottenne così, come primo risultato, quello di aumentare il controllo su tutti i funzionari. In ambito religioso, limitò i privilegi dei sacerdoti e dei templi, scegliendo, inoltre, i sommi sacerdoti delle principali divinità tra i membri della sua famiglia. Per quanto riguarda la sua vita privata, Cheope si sposò tre volte e da queste unioni nacquero tre figlie e sei figli, quattro dei quali gli successero al trono. In politica estera, il suo regno fu caratterizzato dalla convivenza pacifica con i popolo vicini; le uniche spedizioni al di fuori dei confini del Regno, verso il Sinai e la Nubia, furono effettuate con il scopo di approvvigionarsi di minerali.

Per preparare il suo passaggio nell'oltretomba, diede l'avvio alla costruzione di una monumentale opera, che finì per oscurare tutte le altre: nacquero così la Grande Piramide e il complesso funerario che la circona, destinato ad accogliere parenti e funzionari.

[modifica] Le piramidi

Il fatto più noto relativo a questo periodo è la costruzione delle piramidi, imponenti monumenti funebri dei sovrani di questo periodo storico.
La piramide fu, molto probabilmente un evoluzione della mastaba, infatti quella che è considerata la più antica tra esse, la piramide a gradoni di Djoser non è altro che una serie di mastabe sovrapposte.
A questa prima piramide ne seguirono altre, alcune abbandonate prima del termine della costruzione (probabilmente a causa della prematura morte del sovrano).
Un esempio degno di nota è la piramide romboidale del faraone Snefru: a metà della sua edificazione, i costruttori preoccupati a causa del possibile cedimento della struttura (fatto già accaduto) decisero di modificarne l'angolo riducendolo. Il risultato è una strana piramide, la cui cima è improvvisamente inclinata.
Le piramidi più famose sono le tre di cui non venne mai persa la memoria a causa delle loro dimensioni, queste sono i monumenti funebri di Khufu, il Cheope sopra citato, Khefren (a cui si deve anche la Sfinge) e Micerino. La piramide di Khufu, detta anche grande piramide venne considerata già dagli antichi una tra le sette meraviglie del mondo.

La sfinge di Giza, sullo sfondo la piramide di Cheope
La sfinge di Giza, sullo sfondo la piramide di Cheope

Ormai tramontata la teoria, dovuta più che altro ai racconti di Erodoto, dell'utilizzo di migliaia di schiavi catturati in battaglia, per la costruzione delle piramidi è ormai accettato, abbastanza da tutti gli studiosi, che queste costruzioni siano state erette da operai specializzati, che vivevano nei pressi, aiutati durante la stagione dell'inondazione (periodo dell'anno in cui il Nilo allagava i campi rendendo impossibili i lavori agricoli) da contadini che, si dice, provenissero da tutto l'Egitto.

Nel 1988 lo scienziato francese Joseph Davidovits ha proposto una controversa ma innovativa ipotesi sulla costruzione delle piramidi basata sull'idea che gli antichi egizi fossero in grado di sintetizzare dei geopolimeri utilizzando calcare, calcio, natron e argilla gettati all'interno di casserature costruite man mano sulla piramide. La teoria, la cui validità ancora oggi è oggetto di dibattito, ha il pregio di spiegare aspetti lasciati irrisolti da altre teorie precedenti (ad esempio come fosse possibile ottenere in cava blocchi dal peso di svariate tonnellate e perfettamente combacianti quando messi in opera, o come fosse possibile nutrire la manodopera, che secondo Davidovits sarebbe stata di 1500 unità anziché numeri molto più grandi secondo le precedenti teorie).
Complessivamente si contano più di cento piramidi, tra grandi e piccole, sebbene solo una piccola parte sia tuttora in discrete condizioni.
Nelle sepolture risalenti a questo periodo sono stati rinvenuti i primi esempi di tecnica di imbalsamazione.

[modifica] I faraoni, figli di Ra

Secondo un racconto popolare conservatoci nel cosiddetto "papiro Westcar", i primi tre re della V dinastia sarebbero stati figli della moglie di un sacerdote di Ra, il dio solare di Eliopoli, e dello stesso dio Ra: seppure coi colori della novella popolare, il testo è interessante e altri elementi documentari confermano che realmente l'avvento della V dinastia segna un cambiamento, una crisi anche religiosa che si presenta con lo spostare l'importanza sul dio di Eliopoli e con l'edificazione di templi "solari" dei quali l'elemento principale è un obelisco su una piattaforma.

Un ulteriore mutamento dinastico portò il faraone Teti sul trono, iniziando così la VI dinastia, ultima dell'Antico Regno.

[modifica] Rapporti con i popoli vicini

In questo periodo grandi spedizioni commerciali e militari sono inviate in Nubia e in Libia, mentre i rapporti con l'Asia sono assai limitati, eccetto quelli con Byblos, e non hanno comunque scopi imperialistici ma si limitano a scambi commerciali. Dal commercio esterno arrivava in Egitto dalla Nubia l'oro, con avorio e altri prodotti esotici, dal Sinai rame in grande quantità, mentre le spedizioni commerciali in Fenicia procuravano legname, specialmente legno di cedro.

[modifica] Primo periodo intermedio (dinastie VII, VIII, IX, X)

Per approfondire, vedi la voce Primo periodo intermedio dell'Egitto.

Con il desiderio d'indipendenza della nobiltà si ha il decentramento, la provincializzazione che caratterizzano i momenti di crisi del potere faraonico. Alla fine della VI dinastia, col lunghissimo regno di Pepi II, termina l'Antico Regno: allora in Alto Egitto sorge una potente nobiltà provinciale, le terre che erano state unicamente proprietà regale vengono frazionate, sempre più larghi privilegi sono consessi ai templi e ai sacerdoti mentre le risorse della cassa regia si esauriscono. Si arriva così al periodo turbolento, uno dei più oscuri della storia egiziana, che è il Primo periodo Intermedio, scarso di testimonianze contemporanee e che giunge fino alla X dinastia.

[modifica] Un periodo di disagio

In quest'epoca tutto il paese è in disordine: un testo letterario del periodo, le Lamentazioni di Ippuwer, danno un quadro fosco delle condizioni del paese in questo momento, in cui nomadi beduini si sono infiltrati nel Delta, e dovunque in Egitto sono lotte fraterne, rivolgimenti sociali, depredazioni, miseria:

"I ricchi sono in lutto, i poveri sono pieni di gioia; ogni città dice: Scacciamo i potenti che sono fra noi!". Grandi e piccoli dicono: "Vorrei essere morto!" e i piccoli bimbi dicono: "Non mi avessero mai messo al mondo". Davvero il deserto è nel paese, i nomi sono distrutti; gli stranieri sono venuti in Egitto da fuori. Si mangia erba e ci si abbevera d'acqua e non si trovano nè grano nè erbaggi da uccelli: si prendono i rifiuti dalla bocca dei porci e non si dice: "Questo è meglio per te che per me", a causa della fame. Ecco, i possessori di vesti preziose sono in cenci, ma chi non tesseva per sé ha ora lini fini. Ecco, chi non si costruiva un battello, ora possiede navi: il proprietario guarda, ma non sono più sue. Ecco, i poveri del paese son diventati ricchi, chi possedeva è ora uno che non ha nulla".

Di questi disordini Ippuwer individua la causa principale nella debolezza del faraone, che rimprovera per la sua noncuranza, giudica il sovrano non all'altezza della sua funzione, questo mostra quanto sia scaduto il concetto di re-dio che era stato alla base del periodo precedente.

Alla fine del primo periodo intermedio, essendo le province tornate alla condizione di piccoli stati indipendenti, si formano dinastie di principi locali, con diritto ereditario al potere, che datano i monumenti coi loro anni, reclutano truppe, e non esitano ad assumere titoli e prerogative reali. La fine di questo periodo è particolarmente felice per la società, nella quale torna sovrana la giustizia, il maat, tanto a lungo elogiato dai monarchi dell'Antico Regno.

[modifica] Medio Regno (dinastie XI, XII)

Per approfondire, vedi la voce Medio Regno dell'Egitto.

Verso il 2040 a.C. finisce il primo Periodo Intermedio: il principe Mentuhetep riesce a riunire l'Egitto sotto il proprio potere e diventa fondatore dell'XI dinastia: nessun dubbio che lui e i suoi successori abbiano dovuto penare per riorganizzare l'Egitto, ostacolati dalle tendenze indipendentistiche radicatesi nei nomarchi provinciali, ma alla fine riescono a controllare l'intero paese e a ottenere un concentramento del potere politico a Tebe, la nuova capitale. Nella riconquistata unità nazionale, l'Egitto è in grado di riprendere il controllo in Libia e in Nubia, sfrutta di nuovo le sue risorse minerarie e riallaccia il commercio con la Siria. L'ultimo sovrano della XI dinastia è soppiantato dal suo visir, Amenemhat, che con il nome di Amenemhat I inizia la XII dinastia, con cui si apre il Medio Regno.

La nuova dinastia s'impone ai sudditi, priva com'è di legittimi diritti al trono non può appoggiarsi infatti su diritti divini, con argomenti umani, utilizzando abilmente una propaganda capillare condotta anche attraverso testi letterari. L'avvento del fondatore della dinastia è presentato, in un testo letterario, ispirato alla stessa volontà regale, la cosiddetta "Profezia di Neferty", come il compiersi di una profezia, emessa nell'Antico Regno, che prometteva il risollevamento dell'Egitto dal disordine. La capitale viene spostata da Menfi alla nuova città di Ity Tawy (Dominatrice delle Due Terre) appositamente fondata nella regione del Fayum anche se il centro del potere si trova nel sud a Tebe.

[modifica] Sesostri I

Scultura raffigurante il faraone Sesostri I
Scultura raffigurante il faraone Sesostri I

Il regno di Sesostri I come unico sovrano inizia in modo cruento, con l'uccisione di suo padre Amenemhat I, ma dal momento che il defunto faraone ha governato insieme al figlio per dieci anni, la successione non crea problemi. Durante il regno del padre, Sesostri si è occupato delle questioni militari. Amenemhat viene assassinato infatti proprio mentre lui era nel deserto libico al comando di una spedizione contro le tribù nomadi. Ricevuta la notizia, Sesostri si dirige rapidamente verso la capitale dell'Egitto e si fa incoronare nel 1962 a.C. controllando così la situazione. Secondo una leggenda lo stesso Amenemhat, sotto forma di spettro, consiglia al figlio di non fidarsi troppo delle persone che lo circondano.

Il nuovo re governa insieme al figlio Amenemhat II. Prima di morire fa costruire una piramide, a el-Lisht, in cui viene sepolto. Il regno di Sesostri si caratterizza per la politica interna volta a potenziare al massimo la regione di el-Faiyum, continuando in questo modo la linea politica tracciata dal padre. Economicamente il faraone continua lo sfruttamento delle cave di marmo e garantisce il controllo delle miniere d'oro nella zona meridionale. A Nord il faraone guida spedizioni contro le tribù nomadi e mantiene contatti commerciali col porto di Ugarit. La maggior parte degli edifici costruiti da Sesostri non è arrivata ai nostri giorni. Grazie alla sua politica e a quelli dei suoi successori, l'Egitto conosce così un grande periodo di tranquillità economica e politica.

[modifica] Secondo Periodo Intermedio (dinastie XIII, XIV, XV, XVI, XVII)

Per approfondire, vedi la voce Secondo Periodo Intermedio dell'Egitto.

Il secondo periodo intermedio comprende le dinastie XIII, XIV, XV, XVI e XVII. Da un punto di vista cronologico questa fase della storia egizia copre il periodo dal 1790 a.C. al 1530 a.C.

[modifica] L'invasione degli Hyksos

Il Medio Regno è per l'Egitto antico uno dei migliori periodi della sua storia, sotto l'aspetto politico, economico ed amministrativo; ma subito dopo la morte di Amenemhat III si verifica un declino della prosperità e del prestigio del paese. Durante questo nuovo periodo di decadenza, il Secondo Periodo Intermedio, un'apparenza di potere centrale continuò nella XIII e XIV dinastia, ma sempre più indebolito e limitato alla regione meridionale dell'Egitto.

Infatti, dopo un lungo periodo d'infiltrazione, lenta ma costante, il Delta e anche l'antica capitale dell'Egitto, Menfi, finisce con il cadere nelle mani degli Hyksos, una commistione di differenti genti asiatiche, semiti in prevalenza, ma la cui classe dirigente era probabilmente formata da elementi khurriti, che stabilirono la loro capitale nel Delta Orientale, ad Avaris, l'attuale Tell el-Daba, dove scavi recenti hanno portato novità storiche e archeologiche, come gli stretti rapporti con la Creta minonicana.

Questi dominatori di cultura inferiore, assimilarono la civiltà egiziana e, probabilmente impiegando largamente funzionari egiziani, amministrarono il paese con metodi non oppressivi e non dovettero essere malvisti dai loro sudditi, nonostante i foschi colori con cui la contropropaganda tebana descrive quel periodo. L'Egitto deve agli invasori almeno la conoscenza dei cavalli e dei carri da guerra, fino ad allora ignoti in Egitto.

Sotto gli ultimi re hyksos, Kamose, un sovrano di Tebe della XVII dinastia, decise di attaccare gli stranieri: è il primo segno storicamente certo di un tentativo di cacciare dal Delta gli invasori. Della sua “guerra di liberazione” Kamose ha lasciato testi ufficiali epigrafici. L'espulsione degli Hyksos avvenne però in maniera lente e graduale, con un lento indebolirsi del potere degli Hyksos [2]. Gli invasori furono scacciati in maniera definitiva solo con Ahmose, fratello e successore di Kamose. Ahmose riuscì infatti a superare il delta e a giungere fino in Palestina dove, dopo un assedio di tre anni, conquistò la città fortificata di Sharuhen, spazzando via gli Hyksos.[3]. In questo modo iniziò la XVIII dinastia con la quale si apre il Nuovo Regno.

[modifica] Nuovo Regno (dinastie XVIII, XIX e XX)

Per approfondire, vedi la voce Nuovo Regno dell'Egitto.

Comprende le dinastie XVIII, XIX e XX. e copre gli anni dal 1530 a.C. al 1080 a.C.

L'Egitto ora è di nuovo riunito ed unificato: ha mostrato di saper combattere ed è pronto a un nuovo periodo di splendore. La Nubia viene ripresa, un nuovo senso di politica e di conquista spinge i sovrani della XVIII dinastia alla conquista militare della Siria e della Palestina, specialmente con Thutmose I, primo sovrano imperialista.

[modifica] Hatshepsut

Statuetta raffigurante Hatshepsut
Statuetta raffigurante Hatshepsut

Dopo la morte di Thutmose I, gli succede al trono il figlio Thutmose II. Alla sua prematura scomparsa sale al trono la moglie di quest'ultimo, Hatshepsut che comincia il suo regno nel 1490, al fianco del nipote Thutmose III, ancora bambino, figlio del defunto faraone e di una concubina. Per sette anni la regina si è adattata a un ruolo politico secondario. Ma l'appoggio dei sacerdoti di Amon, del visir e degli architetti reali permette ad Hatshepsut di proclamarsi faraone, relegando Thutmose III ad altre attività di minore importanza.

Riconosciuta come re, si fa rappresentare in aspetto maschile e adotta il protocollo faraonico, pur modificandolo leggermente. Hatshepsut avvia una vasta attività di costruzione a Tebe, dove spicca il suo tempio funerario a Deir el-Bahari. Per legittimare il suo potere si serve inoltre dei sacerdoti di Amon che, in cambio di una loro maggiore influenza, creano per lei il mito della teogamia. Il dio Amon, possedendo il corpo del faraone Thutmose I, si sarebbe unito alla regina e questa avrebbe concepito Hatshepsut. Con tale spiegazione si attribuisce dunque alla sovrana un'origine divina e quindi il diritto a governare come faraone.

Sotto il suo mandato si compiono dunque spedizioni commerciali verso il sud, alla ricerca di materiali esotici come legno profumato o oro, e organizzate anche campagne militari che permettono di controllare la terza cateratta e di arrivare fino alla sesta. Tali spedizioni sono guidate da Thutmose III, che, nonostante il presunto odio verso la zia “usurpatrice”, non si solleverà mai contro di lei. Durante il regno di Hatshepsut si completano parte dei templi di Ermant e Karnak, si realizzano lavori di costruzione a Buhen e a Beni Hasan, dove la regina ha fatto erigere lo Speos Artemidos.

[modifica] Piena espansione

L'Egitto, con il regno di Thutmose III ha raggiunto la sua massima espansione: l'impero comprende ora la Nubia e giunge in Asia fino all'Eufrate. L'impero era ben controllato, con funzionari egiziani e presidi militari; i rapporti con i sovrani asiatici di Babilonia, di Mitanni, di Cipro erano fitti e cordiali.

Per il regno di Amenhotep III e per quello di Amenhotep IV siamo particolarmente bene informati grazie all'archivio della corrispondenza ufficiale con quei sovrani: le tavolette d'argilla coi testi accadici ritrovate a Tell el-Amarna.

L'Egitto divenne il paese più ricco del mondo antico; ma l'oro che arrivava in Egitto, dalla Nubia e dall'Asia, in massima parte andava ad arricchire le casse dei templi; Amon di Tebe, al quale i sovrani consacravano gran parte del bottino, vede il suo sacerdozio divenire sempre più potente e il sovrano dipendere da quello.

[modifica] Akhenaton

L'urto tra il potere del faraone e quello del clero di Amon porta a una crisi violenta e aperta nel regno di Amenhotep IV: i sacerdoti sono cacciati, i templi chiusi e particolarmente Amon e il suo clero sono perseguitati, mentre anche Tebe non è più la capitale. Amenhotep IV fonda una nuova città, Akhetaton dov'è signore il dio della nuova religione Aton, il disco solare;

Il faraone Akhenaton
Il faraone Akhenaton

il sovrano, che assume ora il nome di Akhenaton forma nuovi quadri amministrativi, sostituendo ai vecchi funzionari gente nuova, che non aveva una formazione amministrativa, ma che deve la sua posizione al fatto di aver abbracciato la nuova fede e di aver appoggiato il re nella sua riforma. Il dio di Akhenaton, di cui il sovrano è profeta, sacerdote e apostolo, poteva avere, in quanto culto puro dell'astro del sole, elementi di cosmopolitismo, come mostra bene un passo dell'Inno ad Aton probabilmente composto dallo stesso faraone:

Come son numerose le tue opere, ciò ch'hai creato e ciò ch'è nascosto, tu, dio un unico che non ha eguale! Hai creato da solo la terra secondo il tuo desiderio, gli uomini, il bestiame e tutti gli animali selvaggi, tutto ciò che esiste sulla terra e cammina coi suoi piedi, tutto ciò ch'è nell'aria e vola con le sue ali, i paesi stranieri di Siria e di Nubia e la terra d'Egitto

La fine dello scisma atoniano e la rivincita degli dei ignorati o perseguitati, soprattutto Amon, si prepara già negli ultimi anni di Akhenaton: alla crisi contribuì anche la situazione in cui era venuta a trovarsi la potenza egiziana in Asia. La corrispondenza dei sovrani asiatici con Akhenaton mostra che continuavano, almeno nei primi anni del suo regno, rapporti diplomatici amichevoli. Invece un quadro tutto diverso è presentato dalla corrispondenza tra il faraone e i capi e principi siriani, fra i quali si manifesta un certo disagio e una crescente insofferenza per l'autorità egiziana in Siria: alla base c'è sicuramente la mano del re hittita, la nuova potenza minacciosa in Asia, che controlla i movimenti dei ribelli, li coordina e, all'occasione, si appropria le loro conquiste.

La Siria è ora divisa in due partiti: quelli che restavano fedeli all'Egitto come principi degli stati siriani costieri, Byblos, principalmente, e Damasco, e quelli che speravano vantaggi dal cambiamento, fiduciosi nell'appoggio degli hittiti, come i principi della zona interna. Akhenaton, benché i principi a lui fedeli abbiano chiesto aiuto diverse volte, non ha mai risposto alle loro preghiere.

Alla sua morte, l'Egitto è pronto a tornare alla condizione che aveva preceduto il tentativo di riforma religiosa monoteista detta “amarniana”.

[modifica] Tutankhamon

Dopo la morte del “faraone eretico”, la cui storia viene cancellata da tutti i monumenti, così come il culto del suo dio, sale al trono suo figlio, il giovanissimo Tutankhaton, ribattezzato in seguito Tutankhamon.

Il piccolo monarca proclama presto il ripristino delle feste e del culto degli dei precedenti al regno del padre e torna a riconciliarsi con il clero. La capitale viene riportata a Tebe, Akhetaton, la capitale del dio Aton, viene depredata e abbandonata per sempre. Tutankhamon regna per circa dieci anni e muore all'età di diciotto anni, ultimo sovrano della XVIII dinastia.

Ay, suo consigliere fidato, ne sposa la vedova, Ankhesenamon, e gli succede nel regno per quattro anni, dopodiché, per volontà del trono del clero, sale al trono Horemheb, primo faraone a non vantare alcuna discendenza regale, era stato infatti generale sotto il regno di Akhenaton e Tutankhamon.

[modifica] Horemheb

La definitiva sistemazione dell'Egitto spetta comunque a Horemheb il quale viene scelto come re dall'oracolo di Amon (in realtà dal suo clero), come narra egli stesso in una iscrizione.

Ancora generale, dopo la morte di Akhenaton, aveva mostrato la sua energia riuscendo a conservare la Palestina all'Egitto con una spedizione fortunata; divenuto faraone, si preoccupa di sanare la deplorevole condizione del paese emettendo un decreto ch'è uno dei più importanti documenti legislativi lasciati da sovrani egiziani.

Le misure adottate da Horemheb sono in parte legislative (riorganizza i tribunali, reprime gli abusi e le estorsioni ai danni dei contadini, le requisizioni abusive di schiavi ai privati) e in parte amministrative.

[modifica] Ramessidi

Dopo Horemheb, morto senza eredi, si ha un netto cambiamento: i sovrani della XIX dinastia, di cui il fondatore è Ramesse I, gran visir del precedente faraone, non sono di origine tebana, bensì del delta orientale. Ciò spiega anche perché Seth, il dio locale, sia la divinità protettrice dei membri di questo casato.

La politica religiosa dei primi tre sovrani della XIX dinastia, è di favorire altre divinità: Ra di Eliopoli e Ptah di Menfi in modo particolare, sì da evitare l'accaparramento del potere da parte del sacerdozio tebano senza tuttavia entrare in conflitto con esso, anzi ufficialmente mostrandosi devoti del dio di Tebe. Sotto il loro comando, l'Egitto conosce un periodo di grande splendore, culturale ed economico.

[modifica] Ramesse II

Ramesse II sul trono
Ramesse II sul trono

Dopo due anni di regno Ramesse I muore e al suo posto sale al trono il figlio, Seti I, già correggente. Questi regna sull'Egitto per circa diciotto anni. Il suo è un periodo di equilibrio assoluto. Suo figlio e successore è Ramesse II, uno dei più grandi faraoni nella storia d'Egitto.

Ramesse dimostra ben presto di essere un ottimo comandante, nei primi anni di regno affronta e sconfigge infatti un gruppo di predoni del mare, denominati Shardana, in seguito inglobati nella sua guardia personale.

La sua impresa più memorabile, e senza dubbio la meglio documentata nella storia dell'Antico Egitto, è però la Battaglia di Kadesh, combattuta nei pressi del fiume Oronte, nella quale il faraone affronta l'impero ittita, sotto la guida di Muwatalli II. Benché nessuno dei due contendenti vinca la battaglia, Ramesse farà larghissima propaganda all'episodio presentando la battaglia di Kadesh come una grande vittoria. Il sentimento del pericolo, comune all'impero hittita e all'Egitto nel suo predominio sulla Siria, dell'affermazione della potenza assira in Asia è certamente alla base del trattato di pace tra Ramesse II e Hattusili, fratello e successore di Muwatalli. Il testo dell'alleanza difensiva tra le due potenze era redatto in egiziano e in cuneiforme. A suggello della nuova situazione tra i due paesi si ha il matrimonio tra la figlia del sovrano hittita e Ramesse II.

Il faraone non è ricordato solo come grande guerriero ma anche come un instancabile costruttore. Parecchie opere dell'Antico Egitto appartengono a lui o da lui sono state modificate. Si possono ricordare i due templi di Abu Simbel, uno dedicato a sé stesso, l'altro alla moglie Nefertari divinizzata, il Ramesseum, la città di Pi-Ramses, sua nuova capitale. Il suo è uno dei regni più lunghi, Ramesse morì infatti a circa 91 anni, dopo sessanta anni di governo. Padre di numerosi figli, riesce a far salire sul trono solo il tredicesimo, Merenptah, non perché i precedenti non siano meritevoli di tale titolo ma perché semplicemente non erano sopravissuti a lui.

[modifica] Merenptah e i popoli del mare

Il figlio e successore di Ramesse II, Merenptah, deve far fronte a una situazione molto grave, che tocca direttamente l'Egitto, e non più soltanto il suo prestigio nelle zone esterne del dominio egiziano: il pericolo è alla frontiera occidentale dell'Egitto ed è costituito dai Libici che fanno pressione per entrare in Egitto e che portano con sé anche truppe appartenenti ai “popoli del mare”, quelle genti, cioè, della grande ondata indoeuropea che comincia a calare nel Mediterraneo.

Della sua vittoria sui Libici e sui loro alleati, Merenptah dà un ampio resoconto in una iscrizione a Karnak e in una stele, nota come “stele di Israele” perché Israele vi figura menzionata nell'inno che conclude questo testo ufficiale:

I re sono abbattuti e dicono: “Pace”, nessuno alza la testa dei Nove Archi: la Libia è devastata, gli Hittiti pacificati, Caanan è distrutta con ogni male, Ascalon conquistata, Gezer è presa, Yenoam annientata, Israele è desolata e non esiste il suo seme. La Palestina è divenuta una vedova a causa dell'Egitto, tutti i paese sono uniti, tutti pacificati”.

[modifica] Ramesse III e la crisi del Nuovo Regno

Durante il regno di Ramesse III (che può considerarsi l'ultimo grande sovrano del Nuovo Regno), il Delta egiziano fu di nuovo in pericolo per gli attacchi ripetuti dei Libici, ancora alleati con elementi dei "popoli del mare" e per l'attacco nel Delta Orientale, per terra e per mare questa volta, di orde di "popoli del mare", ma Ramesse III riuscì a proteggere il confine egiziano. Lunghi testi e scene scolpite sulle pareti del suo tempio funerario a Medineth Habu commemorano gli episodi delle imprese belliche del sovrano e le sue vittore.

Ramesse III riesce a conservare la Palestina, ma dopo di lui l'Egitto non ha più la forza di mantenere la sua supremazia in Asia. La crisi appare infatti evidente verso la fine del suo regno: l'Egitto soffre di una gravissima situazione economica che porta all'inflazione; tra gli operai della necropoli tebana si verificano veri e propri scioperi di protesta per le paghe che non sono date e ancora durante il regno di Ramesse IX è attestato un altro grave sciopero nello stesso ambiente; bande di ladroni depredano le ricche tombe dei faraone nella Valle dei Re.

La progressiva debolezza del potere centrale, i disagi economici, la scomparsa di un vero e proprio impero egiziano, tutto porta alla rovina dell'Egitto, che conosce disordini e carestie finché alla fine della XX dinastia l'unità del regno delle Due Terre si sfascia, quando un debole faraone regna nel Delta, con capitale a Tanis, mentre in Alto Egitto domina Herihor, il quale ha riunito nelle sue mani la funzione di visir dell'Alto Egitto e quella di sommo sacerdote di Amon a Tebe.

[modifica] Terzo Periodo Intermedio ( dinastie XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV)

Per approfondire, vedi la voce Terzo periodo intermedio dell'Egitto.

Dopo Herihor, l'Egitto entra in una fase decisa di decadenza. La Nubia si stacca dal regno, e a Napata, la città eletta capitale, saliranno al trono sovrani di cultura in qualche modo egiziana che si considereranno eredi dei faraoni. La Libia e la Siria sono ormai sottratte all'influenza egiziana. Anche l'Alto Egitto si separa praticamente dal resto del paese, e si costituisce come stato autonomo dominato dai sacerdoti di Amon.

Guerrieri assiri
Guerrieri assiri

Verso il 959 a.C., dall'ambiente delle colonie militari libiche che negli ultimi tempi sono state accettate in Egitto, sale sul trono del faraone una dinastia libica, la XXII; Tebe e l'Alto Egitto restano in mano al sacerdozio ammoniano. Uno dei sovrani libici, Sesonchis, tenta di riprendere la politica asiatica, ma ben presto il paese ricade nell'inerzia e nella disorganizzazione.

L'unità dell'Egitto viene ricostituita intorno al 730 a.C. da sovrani del lontano regno di Kush: appoggiandosi al sacerdozio tebano, Piankhi prima, poi suo fratello Shabaka conquistano l'Egitto, sottomettendo i principi locali che, specialmente nel Delta, erano fortemente indipendenti e bellicosi. La nuova dinastia, la XXV, dà quindi all'Egitto, con l'unità, un nuovo impulso: estremamente pii, i sovrani di Kush restaurano templi ed edificano dal nuovo, e la devozione ad Amon, loro dio, è al centro della loro pietà. La pietà religiosa, venata di un certo arcaismo di tipo ortodosso, porta i sovrani etiopici a prendersi cura dei templi e dei culti antichi.

La vera debolezza della XXV dinastia sta nel fatto che la capitale del regno era lontanissima da Kush, dove, dopo la conquista, i sovrani sono ritornati, lasciano libertà di manovre indipendentistiche ai principi locali delle città egiziane. Ma la dissoluzione dell'unità egiziana viene dall'esterno: gli Assiri, la nuova grande potenza assoluta in Asia, penetrano in Egitto e saccheggiando e distruggendo arrivano a Tebe: Assurbanipal riduce l'Egitto a una sorta di protettorato assiro che designa come capi locali i principi egiziani del Delta educati a Ninive.

[modifica] Epoca bassa

Per approfondire, vedi la voce Periodo tardo dell'Egitto.

Quando l'Assiria conosce però la crisi, l'Egitto, sotto una nuova dinastia, la XXVI, ha di nuovo un periodo d'unità: Psammetico, principe di Sais e vassallo dell'Assiria, si allea con la Libia e caccia gli Assiri dall'Egitto. La dinastia saitica (di origine libica) regna per più di un secolo restituendo al paese un ultimo periodo di rinascita: il potere è accentrato, Tebe sotto controllo da quando Psammetico I fa adottare come "Divina Adoratrice" la propria figlia, i contatti commerciali ed economici con la Grecia portano all'Egitto vantaggi commerciali ed economici poiché, commerciano adesso con i Greci, gli egiziani sono affrancati nel Mediterraneo dalla necessità di mediazione dei fenici.

È piuttosto una politica africana quella che l'Egitto conduce adesso militarmente, in Nubia, a Cirene, e i tentativi di intervento militare in Siria e in Palestina si risolvono in sconfitte. I sovrani saitici assumono largamente mercenari greci, benché questa preferenza sia causa di difficoltà interne per la rivalità tra egiziani e Greci: ma i Greci sono adesso gli alleati dell'Egitto contro la nuova potenza asiatica che minaccia l'equilibrio del Mediterraneo: la Persia.

[modifica] La conquista persiana

Stele raffigurante il re Dario I con alcuni servitori
Stele raffigurante il re Dario I con alcuni servitori

L'ultimo faraone della XXVI dinastia, Psammetico III, è sconfitto e catturato dal re persiano Cambise, figlio di Ciro, nella battaglia di Pelusio. L'Egitto, con Cipro e la Fenicia, entra a far parte dell'impero achemenide, sesta delle venti divisioni amministrative, o satrapie. La XXVII dinastia comprende Cambise, morto nel 522 in Siria sulla via del ritorno in Persia e, in successione, Dario I, Serse, Artaserse I, Dario II e Artaserse II, che viene riconosciuto in Egitto come faraone almeno fino al 402.

Per intensificare i rapporti della Persia con la satrapia d'Egitto Dario I realizza il raccordo con il Mar Rosso dell'antico canale nilotico che sboccava nel Lago Timsah, l'odierno Ismailia per poi attraversare i Laghi Amari e che in quattro giorni di navigazione permetteva di andare da Bubasti fino al Mar Rosso. Lungo il canale Dario I fa erigere la sua stele celebrativa, di dimensioni colossali con testi geroglifici, cuneiformi ma anche bilingui. Nello stesso spirito si realizza anche la grande statua di Dario I in abito persiano, coperta d'iscrizioni geroglifiche e cuneiformi, scoperta nel 1972 a Susa, eseguita in Egitto e trasferita in Persia probabilmente da Serse.

L'Egitto recupera la sua indipendenza in seguito alla guerra condotta da Amirteo di Sais, primo e unico rappresentante della XXVIII dinastia. La guerra è proseguita da Nepherite di Mende, fondatore della XXIX dinastia. L'ultimo faraone dello stato egiziano indipendente è Nectanebo II, della XXX dinastia, al quale si deve una notevole attività edilizia nel Delta. Nectanebo organizza il proprio culto, in vita, sotto le sembianze del dio falco Horo. La sua opposizione ai rinnovati attacchi persiani sono però inutili e, nel 343, vinto da Artaserse III, è costretto a fuggire in Nubia.

La seconda dominazione persiana dura appena dieci anni; dopo la battaglia di Isso nella quale viene sconfitto Dario III, l'Egitto è costretto ad essere inserito nell'impero di Alessandro Magno.

[modifica] Arte

Per approfondire, vedi la voce Arte egizia.

[modifica] La costruzione delle piramidi

Per approfondire, vedi la voce Piramide di Cheope.

Le tombe che i faraoni delle prime due dinastie avevano utilizzato come sepolcri furono sostituite da un nuovo edificio durante il regno del faraone Zoser: la piramide. La costruzione di questa prima opera derivò dalla sovrapposizione di mastabe, tombe generalmente a forma di piramide tronca, di grandezza decrescente via via che aumentava l'altezza. La figura "a gradoni" simboleggiava la scala attraverso la quale il faraone saliva al cielo. A essa ne seguirono altre e, durante la IV dinastia, apparve la prima piramide perfetta.

La prima fase della costruzione consisteva nello scegliere il luogo adatto all'ubicazione; poi si disegnavano le piante e si decideva la quantità di materiale e di personale necessaria. Allora venivano convocati i sacerdoti, per determinare i punti cardinali che avrebbero orientato le facce delle piramidi, delimitare le basi e procedere alla cerimonia del livellamento del terreno. Il faraone doveva eseguire il rituale dell'inizio della costruzione e la cerimonia dell'allungamento della corda, che consisteva nel verificare l'orientamento, nel piantare un piolo in ciascun angolo, nell'iniziare lo scavo di una piccola parte della fossa, nel modellare un mattone e nel porre la prima pietra. Cominciava così la costruzione vera e propria. La durata dei lavori dipendeva dalla grandezza del complesso funerario, che doveva essere pronto al momento della morte del faraone.

Dopo aver inaugurato ufficialmente la costruzione si iniziava il primo gradino della piramide. Il lavoro veniva svolto da squadre di operai che ricevevano un salario dallo Stato. Una volta stabiliti i gruppi di lavoro, si procedeva all'estrazione dalle cave della pietra necessaria per innalzare la piramide. Il metodo di estrazione dipendeva dalla durezza. Le rocce molto dure venivano sottoposte a un brusco cambiamento di temperatura. Perciò, prima veniva riscaldata la superficie e poi veniva rapidamente raffreddata, incrinando la massa e permettendo di tagliare la pietra con semplici strumenti dello stesso materiale, o di legno oppure di rame. Un altro metodo consisteva nell'abbassare il terreno, tracciando una rete di piccole trincee fino a raggiungere la profondità adatta all'estrazione.

Dopo averli separati, i blocchi della parete della cava venivano deposti sul piano per poi essere trainati ai piedi della piramide. Per evitare che rimanessero incagliati, si spargeva a terra del fango, che permetteva un migliore scorrimento delle slitte. Intanto, altre squadre di operai provvedevano a sollevare i blocchi di pietra, completando così i diversi piani. Come gli Egizi riuscirono a sollevare pietre tanto grandi e pesanti è una questione ancora aperta. Molto probabilmente, come testimoniano i resti trovati nel tempio di Setibtawy, utilizzarono un articolato sistema di rampe, permettendo alle squadre di lavorare senza ostacolarsi. Gli spazi che restavano tra i vari piani venivano riempiti con materiali vari e il tutto veniva ricoperto con pietra calcarea bianca, concludendo così la lavorazione e permettendo al sovrano di riposare nella propria, gigantesca, sepoltura.

[modifica] La Valle dei Re

Per approfondire, vedi la voce Valle dei Re.

I faraoni del Nuovo Regno scelsero come luogo del loro eterno riposo una valle collocata all'estremità occidentale di Tebe. Fu Jean-Francois Champollion, nel XIX secolo, a dare per la prima volta a questa valle, conosciuta fino ad allora come la Grande Prateria, il nome di Valle dei Re. La scelta di questo luogo non fu casuale: qui l'occidente indicava infatti, secondo le credenze religiose dell'epoca, il regno dei morti. Questa caratteristica funeraria era esaltata dalla presenza di una montagna a forma di piramide che dominava la valle e richiamava alla mente le tombe dei faraoni dell'Antico Regno.

La Valle dei Re è un letto prosciugato di un fiume, scavato tra le montagne tebane, il cui corso si biforca in due diramazioni: quella secondaria, occidentale, o Valle delle Scimmie, in cui sono state rinvenute quattro tombe, tra cui quella di Ay e Amenhotep III, e quella principale, che appunto forma la Valle dei Re, nella quale sono state scoperte più di 58 tombe. Questa valle appartata garantiva ai re un riposo tranquillo, assicurato inoltre dalla vigilanza di un corpo speciale di polizia e dalla protezione della dea cobra Meretseger che vegliava sulla sicurezza della necropoli.

Il primo faraone che utilizzò questa valle per costruirvi il proprio sepolcro fu Amenhotep I. Durante il suo regno il concetto di complesso funerario cambiò radicalmente la tomba fu infatti separata dal tempio, costruito vicino alla sponda del fiume o in un'altra valle. Anche la struttura degli ipogei subì delle modifiche nel corso dei secoli. Le piante delle costruzioni funerarie seguivano in genere due modelli: quello della XVIII dinastia, a forma di angolo retto, e quello della XX dinastia, di tipo rettilineo. In entrambi i casi, il sarcofago veniva posto nella sala più profonda e le pareti erano riccamente decorate

[modifica] La Valle delle Regine

Per approfondire, vedi la voce Valle delle Regine.
Affresco nella tomba di Nefertari
Affresco nella tomba di Nefertari

La Valle delle Regine sorge nelle vicinanze della Valle dei Re, fra le rocce che sovrastano la piana occidentale di Tebe. In arabo si chiama Biban el-Harim, "porte dell'harem". Nella valle sono state individuate un'ottantina di tombe, molte mai portate a termine, altre molto rovinate, tutte più o meno delle due ultime dinastie del Regno nuovo, XIX e XX. In essa riposavano, oltre a regine e concubine, anche alcuni importanti funzionari quali ad esempio il già citato Imhotep, Amon-her-khepshef, primogenito di Ramesse II e molti dei suoi figli.

La tomba che però più di ogni altra spicca per bellezza è quella appartenuta a una delle più famose regine dell'Antico Egitto, Nefertari, la Grande Sposa Reale di Ramesse II. Questa vasta tomba scoperta nel 1904 dall' egittologo Ernesto Schiaparelli, è collocata nel versante settentrionale della Valle delle Regine e presenta una pianta molto articolata. E infatti diversa rispetto a quella delle tombe di tutte le altre regine (solitamente più semplici e dotate di un'unica camera funeraria) e si ispira piuttosto alle sepolture faraoniche della vicina Valle dei Re. Nelle pareti della seconda scala discendente, la decorazione è anche a rilievo. Al termine del ciclo pittorico, Nefertari si tramuta in Osiride, con il conseguente, auspicato raggiungimento dell'immortalità e della pace eterna.

[modifica] I Grandi Templi

Il tempio in Egitto era la "casa di dio"; come in una dimora umana, vi era una parte aperta anche agli estranei, una destinata agli intimi e infine la parte più segreta, dove solo il signore della casa aveva diritto di stare, così lo schema classico di un tempio egiziano, comprendeva un cortile, pubblico, con porticati a colonne, dove poteva accedere anche la folla dei fedeli, mediante un portale monumentale inquadrato da due piloni, aperto nel muro di cinta che proteggeva il tempio; poi, la sala ipostila, dove avevano accesso il clero e gli alti dignitari: qui la luce era scarsa, il soffitto era sostenuto da altissime colonne; dalla semioscurità della sala ipostila si passava all'oscurità assoluta del santuario, la parte più intima e misteriosa, dove, nel suo naos sigillato, abitava il dio, nell'aspetto di una statua preziosa, e dove solo il faraone e i sacerdoti potevano entrare, quando venivano eseguite sulla statua divina le cerimonie del culto giornaliero. Solo in eccezionali ricorrenze e feste la statua del dio lasciava il suo oscuro ricetto, per essere portata in processione, sulla barca sacra (nella quale vi era sistemata una cappella).

I templi in miglior stato di conservazione si trovano oggi maggiormente nella zona di Tebe, la "città" per eccellenza. Qui si trova il sito di Karnak, complesso architettonico estremamente complicato: nella cinta dei grandi templi era il gran santuario di Amon, la cui grandiosa sala ipostila fu iniziata da Seti I e continuata da Ramesse II, il tempio di Ptah, quello di Khonsu, anch'esso di età ramesside; numerosi blocchi sono rimasti del templo del sole, dedicato ad Aton, edificato dal faraone Akhenaton prima di abbandonare Tebe; a Karnak vi è anche il "Padiglione delle Feste" di Thutmose III, ritenuto uno dei monumenti più originali dell'architettura templare.

Il tempio maggiore di Abu Simbel
Il tempio maggiore di Abu Simbel

A Luxor, nel santuario eretto da Amenhotep III, si ammira una fra le più belle sale ipostile dei templi egiziani. A Menfi, capitale dell'Antico Regno, non è rimasto purtroppo nulla se non povere rovine di templi, come il santuario di Ptah. Ad Abido, nella zona meridionale dell'Egitto, è conservato in ottimo stato il magnifico tempio di Osiride, costruito da Seti I e terminato dal figlio di questi, Ramesse II; il tempio ha due sale ipostile e un santuario settuplo.

Menzione a parte meritano i due magnifici templi di Abu Simbel, ad opera dell'instancabile Ramesse II, uno dedicato a Ra e al faraone divinizzato, uno dedicato ad Hathor e alla regina Nefertari, adattati magnificamente alla topografia del luogo, un terreno montuoso, e alla natura del materiale scavato, la roccia.

Quattro grandi statue sedute del sovrano, alte quasi 21 metri, a gruppi di due, dominano la facciata del primo tempio, il maggiore. Sull'entrata del tempio venne posta una statua di Ra mentre afferra gli altri simboli che compongono uno dei nomi del faraone: una figura di Maat e uno scettro. Il tempio presenta una sala ipostila, dalla quale si accede alla camera che precede il santuario, e un numero elevato di sale secondarie laterali.

La facciata orientale del tempio dedicato ad Hator e Nefertari consta invece di sei statue alte circa 10 metri. Quattro di queste rappresentano il faraone e due la sposa Nefertari, cui spettò l'inusuale onore di essere raffigurata della stessa grandezza del re. Scolpite all'interno di nicchie, le sculture hanno la gamba sinistra in avanti; ai lati di ciascuna sono rappresentati principi e principesse. La decorazione interna di entrambi i templi ricorda episodi della celebre battaglia di Kadesh, combattuta da Ramesse II contro gli ittiti.

[modifica] Scultura

[modifica] Società

[modifica] Il faraone

Il faraone è il sovrano potente e incontrastato, apice della piramide sociale che regge l'Egitto. Più dio che uomo, incarnazione di Horo, figlio di Osiride, colui che sconfisse il male, rappresentato da Seth, il faraone nasce con l'avvento di Narmer e l'unificazione delle Due Terre sotto un unico scettro.

La corona blu "Khepresh"
La corona blu "Khepresh"

La parola faraone, desunta dalla Bibbia, è però anacronistica per gran parte della storia egiziana. Il termine originario pr-c3 (pronuncia per-'ao) significa "grande casa" e indicava la residenza reale e venne usato per indicare il monarca a partire da Thutmosis III. Per quanto riguarda i nomi personali sono indicati da una titolatura con cinque nomi, che spesso comprendono lunghi epiteti riferiti ad un programma o ad una realizzazione del re, ad esempio: "Colui che tiene unite le Due Terre".

I sovrani dell'Egitto unito portano la cosiddetta "Pa-sekhemty", unione della corona "Deshret", la rossa, simbolo del Basso Egitto, e della bianca, "Hedjet", simbolo dell'Alto Egitto, poiché signori delle Due Terre Unite. Nel Nuovo Regno e principalmente durante l'epoca del faraone Ramesse II, grande guerriero, il faraone era solito portare il cosiddetto "Khepresh", la corona di guerra, un casco blu con piccole decorazioni circolari. Queste corone erano tutte accomunate dall'"Ureo", la dea cobra, protettrice dei faraoni.

Il faraone, come possiamo vedere sia nelle pitture murali che nei sarcofagi, regge due scettri: il pastorale, "Hekat", simbolo del sovrano "pastore del gregge", e dunque guida, e il "Nekhekh", simbolo di potere e fonte di timore per nemici e ribelli. Durante le cerimonie ufficiale si soleva reggere anche il "Was", lo scettro degli dei, un lungo bastone la cui parte superiore aveva la forma di animale mitico.

[modifica] La casta sacerdotale

La casta sacerdotale aveva un ruolo importante nella gestione del potere, affiancando i Faraoni e minacciandone a volte la supremazia, basti ricordare lo scontro fra Akhenaton e il clero di Amon.

Il sacerdote aveva il compito di officiare i numerosi e complicati riti imposti dagli dei. Potevano inoltre avere l'accesso alla parte più interna del tempio, quella in cui era conservata la statua del dio, dopo preventive pratiche purificatorie.

La circoncisione, la rasatura del corpo, l'astensione da cibi come le verdure a foglia verde o i pesci di mare, il divieto periodico di rapporti sessuali (ai sacerdoti era consentito sposarsi) costituivano la regola.

[modifica] L'esercito

Durante l'Antico Regno non vi fu necessità di un esercito permanente. Quando vi era bisogno di affrontare un'incursione beduina o la necessità di un bottino, si organizzava una leva; venivano dunque reclutati giovani che, una volta terminata la guerra, tornavano al loro lavoro abituale. Molto più comune era però il reclutamento di mercenari, in particolare Libici e Nubiani. Questi ultimi erano molto apprezzati come arcieri. L'esercito assunse un ruolo importante a partire dal Medio Regno, giungendo al proprie apice nel Nuovo Regno, periodo di grandi spedizioni militari.

L'esercito egizio era perfettamente organizzato, e alla guida delle truppe stava sempre il faraone, sul quale ricadeva il comando assoluto. Malgrado questa concentrazione di potere, egli, come avveniva col suo potere religioso, elevava le sue funzioni ai generali. Vi sono però molti faraoni, primo fra tutti Ramesse II, che accompagnavano le truppe in battaglia e spesso combattevano al loro fianco. Le truppe erano composte da corpi di arcieri, di fanteria e di cavalleria, o per meglio dire "carreria", quest'ultima riservata principalmente agli aristocratici.

Spessissimo nelle armate egiziane la truppa sui carri era la più numerosa. Erano carri leggeri, differenti (per esempio) da quelli ittiti, e veloci. Erano spesso usati come truppa di sfondamento negli eserciti egiziani. Sul carro c'era un arciere ma soprattutto un soldato armato di una lunga lancia da guerra. Su i carri egiziani si può dire che costituivano la "cavalleria leggera" dell'armata, appunto perché erano veloci e versatili. Gli egizi avevano conosciuto il carro da guerra dal popolo invasore Hyskos.

[modifica] Funzionari di stato

Statua di scriba
Statua di scriba

Per amministrare l'Egitto il faraone ricorreva all'aiuto di suoi rappresentanti, con un ampio sistema di funzionari, dei quali il più elevato era il "visir". Fino alla XVIII dinastia vi fu un solo visir per tutto l'Egitto, ma nel regno di Thutmose III la funzione si sdoppiò e vi fu un visir del sud che risiedeva a Tebe e un visir del nord che aveva la sua sede a Eliopoli. Al visir facevano capo tutte le branche amministrative dell'Egitto ed era inoltre quel che oggi chiameremo ministro della guerra, ministro degli interni, capo della polizia egiziana, ministro dell'agricoltura e ministro di grazia e giustizia. Vi erano comunque molti altri tipi di funzionari come ad esempio i "grandi maggiordomi", dediti ad amministrare le terre di proprietà del faraone, comandanti militari, architetti reali, come ad esempio il famoso Imhotep che venne divinizzato dopo la morte e, tra i funzionari meno conosciuti, i sementi

L'Egitto riusciva inoltre a conservare la propria economia grazie all'aiuto di funzionari, trascrittori di tutte le derrate alimentari, delle importazioni e delle esportazioni, del numero di capi di bestiame, di vino o altri prodotti che entravano nei magazzini: erano gli scribi. Chiunque poteva diventare scriba, sebbene generalmente fosse un mestiere che veniva tramandato da padre in figlio. Durante l'Antico Regno era lo scriba a insegnare personalmente al proprio figlio; tuttavia, a partire dal Medio Regno, in alcune città comparvero le prime scuole degli scribi dette "case della vita". I bambini vi entravano all'età di quattro anni e il loro apprendistato finiva verso i dodici. Iniziavano copiando frammenti di calce o ceramica, o di legno ricoperto di gesso, dato che il papiro era un materiale molto costoso. Oltre a saper scrivere dovevano anche conoscere le leggi e avere nozioni di aritmetica per calcolare le imposte. Questa casta era talmente importante da avere una propria divinità tutelatrice: il dio Thot. Questi, rappresentato sia come babbuino che come ibis, era ritenuto inventore della scrittura e del calendario, scriba supremo, presenziava personalmente alla cerimonia del giudizio dell'anima, trascrivendo le dichiarazioni come in un qualsiasi processo.

[modifica] Il popolo

La massa della popolazione era formata principalmente da contadini che lavoravano per i privati, o domini regi o i templi, con un contratto di lavoro, registrato in un ufficio statale, che definiva esattamente le prestazioni cui i lavoratori si impegnavano e alle quali i datori di lavoro dovevano attenersi, a rischio di essere citati ai tribunali locali; c'erano inoltre gli affittuari, che prendevano a lavorare, con un contratto scritto, una certa terra pagando un tanto.

C'erano poi gli operai dello stato, addetti alle cave e alle miniere. C'era anche la classe artigiana, essenzialmente urbana, formata da gente libera: falegnami, lavandai, fornai, vasai, muratori. C'erano i commercianti e, soprattutto nelle città del Delta, c'erano i marinai, che esercitavano il commercio marittimo verso Creta, Cipro, il Libano, esportando e importando.

C'era anche un'altra classe, la più bassa, formata da persone che appartenevano al re o ai templi, o ai privati: uomini addetti soprattutto al lavoro dei campi e donne addette specialmente alle case.

[modifica] Agricoltura

Il contadino egizio dedicava gran parte della giornata a curare i campi e a difenderli dalla siccità e dalle calamità. Arava e seminava il terreno in autunno, quando non era ancora impregnato d'acqua, in modo da poter utilizzare al meglio i primitivi strumenti di cui disponeva. Il successivo compito era quello di curare l'irrigazione dei vari appezzamenti, dal momento che l'abbondanza del raccolto dipendeva dall'acqua che vi arrivava; doveva quindi sorvegliare che le dighe e i canali portassero regolarmente acqua ai campi. Nei luoghi dove non era possibile far arrivare l'acqua con i canali, utilizzava altri sistemi di trasporto, come le cisterne.

Le coltivazioni più importanti erano quelle del lino e dei cereali, dalle quali si ricavavano due raccolti: il principale avveniva alla fine dell'inverno e l'altro, meno abbondante, in estate. Una volta cresciute le spighe, era necessario mieterle. Il lavoro del contadino era controllato dagli scribi, che curavano di riscuotere le tasse a seconda del rendimento ottenuto e di punire chi non rispettava le prescrizioni. Il grano era custodito in silos e nei magazzini i quali dipendevano, per la maggior parte, dallo Stato e dai templi. I granai dovevano essere pieni per far fronte ai periodi di cattivo raccolto e per approvvigionare l'esercito e i funzionari

[modifica] Allevamento

Scena di allevamento bovino, Museo del Cairo
Scena di allevamento bovino, Museo del Cairo

In una società agricola come quella egizia, l'allevamento del bestiame era un'attività economica di primaria importanza. La pratica dell'allevamento in Egitto risale al Neolitico. La decorazione delle tombe dell'Antico Regno, in cui sono raffigurate scene di quest'attività, permette di conoscerne i particolari.

L'allevamento più diffuso era quello di bovini. Alle specie caratteristiche dell'Egitto come il bue dalle corna lunghe, col tempo se ne aggiunsero altre, originarie del Medio Oriente e di diverse zone del Nord Africa. I pastori assistevano le vacche al momento del parto. Poi, dopo aver scelto gli esemplari migliori tra i vitelli appena nati, li portavano alle fattorie, dove si procedeva all'ingrasso del bestiame, che diventava carne per il palazzo reale e per i templi.

Le grandi mandrie erano nelle mani di importanti proprietari, che avevano ai loro ordini fattori e supervisori, che controllavano il lavoro dei pastori, dei foraggieri e degli altri aiutanti. Anche i contadini disponevano di bestiame, che li aiutava nei lavori dei campi, e dal quale ricavavano inoltre latte, carne e pelli.

Sebbene l'allevamento dei bovini fosse il più diffuso, tale attività era praticata anche con altre specie, come asini, capre, pecore, diversi tipi di uccelli e i maiali, che venivano però mangiati solo dal popolo. A queste specie si aggiunsero più tardi il cavallo, il cammello e i gallinacei. Poiché procuravano forza lavoro, cibo o pelli, tutti questi animali avevano un valore economico. Gli Egizi allevarono e addomesticarono altri animali, tra cui ruminanti selvatici della famiglia delle antilopi o delle capre selvatiche, e alcuni carnivori.

Molti furono semplicemente animali da compagnia, che potevano dimostrare il rango sociale del loro padrone, quali ibis, gazzelle o persino leoni, come quello appartenuto al faraone Ramesse II. Altri furono usati nella caccia, come nel caso delle iene.

[modifica] Caccia

Nell'antico Egitto, un paese in cui l'amministrazione del faraone controllava tutte le diverse attività legate all'economia, ci si dedicava con passione a un'attività che, oltre a procurare cibo, era anche un divertimento: la caccia.

Lungo le rive limacciose del Nilo, crescevano giardini rigogliosi e fitti di vegetazione abitati da una grande varietà di animali. Questa ricchezza era completata dalle specie che vivevano nel deserto e sulle montagne. Da tempi remoti gli abitanti della valle del Nilo sfruttavano queste risorse faunistiche.

Nel Paleolitico, i gruppi di cacciatori nomadi andavano in cerca delle mandire. Durante il Neolitico e il periodo predinastico, la caccia divenne una fonte importante di cibo, che integrava e completava la produzione agricola e l'allevamento del bestiame. Dai reperti di queste epoche, soprattutto figurine, si deduce che le specie più catturate erano, tra le altre, leoni, leopardi, ippopotami e che le armi più usate erano lance, arpioni e boomerang. La tecnica di caccia rimase riflessa soltanto tardivamente nei rilievi delle tavolozze predinastiche.

Nell'epoca faraonica, la caccia, oltre a essere una fonte ausiliaria di cibo, si trasformò in uno sport per il piacere delle classi abbienti. Faraoni e nobili, che si fecero rappresentare nelle loro tombe nell'atto di cacciare, dimostravano attraverso questa pratica la loro forza, il loro valore e la loro abilità. Grazie alle pitture funerarie è stato possibile venire a conoscenze delle avventure di caccia di alcuni dei faraoni più potenti. Così, si è scoperto che Amenhotep III aveva catturato 200 leoni in 10 anni e che Seti I aveva affrontato, armato solo di una lancia, un leone ferocissimo.

Come sport, la caccia era un'attività individuale, anche se il signore si faceva accompagnare da servitori che lo aiutavano a trasportare sia le armi, costituite da un palo curvo o da arco e frecce, sia gli animali catturati. Come risorsa economica, la caccia si praticava in gruppo, utilizzando trappole con rete e buche scavate dal terreno per catturare gli animali. Una parte delle prede veniva consumata, dopo aver sacrificato sul momento gli animali; il resto veniva destinato all'ingrasso, trasformandosi così in una sicura riserva di cibo.

Tramite le rappresentazioni delle tombe si può oggi conoscere quali animali erano maggiormente temuti dai cacciatori. Molto diffusa era nell'antico Egitto la caccia all'ippopotamo, specie molto numerosa nei pressi del Nilo, capace di atterrare la più robusta delle barche. Le squadre di cacciatori dovevano dunque mantenersi ad una certa distanza perché, se l'animale rimaneva soltanto ferito, poteva attaccarli e ucciderli con facilità. La tecnica di caccia si basava sul lancio di un'arpione, costituito da un'asta di legno alla cui estremità veniva posto un gancio metallico che, attraverso una corda che veniva tirata per raggiungere la preda.

Nel deserto invece la tecnica di cacciava cambiò col corso del tempo. Inizialmente veniva realizzata a piedi ma in seguito, ai tempi di Thutmose IV, si cominciò a usare un carro tirato da cavalli, dal quale il signore armato di arco, scagliava le frecce all'esemplare scelto. Stesso mezzo veniva invece utilizzato per la cattura del toro selvatico che si effettuava con il sistema del laccio, lanciato dal faraone o dal nobile ai piedi sul carro. A volte, per accorciare i tempi della caccia, si feriva il toro per fiaccarne la resistenza fisica. Una volta indebolito, l'animale era trasportato in un luogo recintato, dove veniva ingrassato.

[modifica] La casa egizia

[modifica] Commercio e monete

L'economia dell'Antico Egitto si basava essenzialmente sull'agricoltura, mentre il commercio era relegato in secondo piano. Gli scambi con l'estero erano di stretta competenza dello Stato, il commercio interno, invece, era affidato ai venditori ambulanti e agli stessi produttori che, dai luoghi di origine, trasportavano le loro merci nei villaggi e nelle città.

Al mercato le eccedenze agrarie, tanto quelle prodotte nelle terre di proprietà dei templi, quanto quelle dei singoli coltivatori, venivano scambiate con i manufatti degli artigiani liberi. Il baratto era alla base della compravendita: così, per esempio, l'orafo poteva ottenere la frutta o il pane o qualunque altro prodotto di cui avesse bisogno offrendo in cambio gli oggetti da lui realizzati, come vasi di metallo o monili. Il mercato era dunque il luogo in cui si concentrava la vita della città. Costituiva il punto d'incontro di venditori e comrpatori, sotto gli occhi vigili di ufficiali, preposti al mantenimento dell'ordine, e funzionari statali, il cui ruolo era quello di controllare che il valore degli scambi fosse adeguato alla qualità dei prodotti.

Il baratto non era tuttavia, l'unica forma di scambio praticata, e già durante l'Antico Regno fu affiancato da un primo sistema monetario, che non prevedeva una vera e propria moneta ufficiale, ma tanti diversi pezzi metallici (d'oro, argento o rame) con nomi e valori diversi, a seconda della quantità di metallo utilizzato per coniarli. I valori equivalenti erano stabiliti ponendo come base lingotti o una moneta di calcolo, chiamata shat, di 7,5 grammi d'oro, peraltro poco utilizzata dal popolo. Una volta stabilito il valore di un prodotto in shat, lo si poteva pagare direttamente con oro o, più frequentemente, con altri prodotti stimati in shat.

A partire dalla XVIII dinastia, lo shat fu sostituito dal deben (91 grammi di metallo), equivalente a due shat circa. La coesistenza delle due forme di scambio (moneta e baratto) si mantenne fino al periodo persiano, quando il re Dario I fece coniare le prime monete d'oro.

[modifica] I pasti e le bevande

[modifica] L'abbigliamento

[modifica] Il trucco

La malachite verde del Sinai fu usata per il trucco fino alla metà dell'Antico Regno; poi fu sostituita dalla galena nera, oggi chiamata kohl, di cui esistevano giacimenti vicino ad Assuan e sulle coste del Mar Rosso. Questi pigmenti venivano mescolati in acqua fino a formare un impasto.

Le donne si dipingevano le unghie, le palme delle mani e anche i capelli con un pigmento ocra-rossiccio estratto dalle foglie di ligustro. Il trucco sulle labbra e sulle guance non era molto diffuso, ma truccarsi gli occhi era invece un'attività comune a tutte le donne egizie, che si scurivano le sopracciglia, le palpebre e le ciglia con l'aiuto di bastoncini o cucchiaini.

Il trucco degli occhi aveva anche una funzione curativa. Il colore si applicava con bastoncini dagli angoli esterni delle sopracciglia verso i lobi delle orecchie. Come ombretto si utilizzava la polvere nera estratta dalla galena. Questa sostanza proteggeva gli occhi dalla luce e dagli insetti.

Nei ritratti dei defunti si applicava del colore sulle guance, affinché i morti somigliassero di più ai vivi. Dai documenti risulta che gli specchi esistevano già dall'Antico Regno: si trattava di specchi di metallo, finemente lucidati, di forma rotonda che presentavano graziose decorazioni, specialmente sui manici, anche se alcuni recavano incisioni sulla superficie piatta.

[modifica] Cultura

[modifica] Letteratura

[modifica] Matematica

Il buon funzionamento dell'economia nell'Antico Egitto si basava su una matematica sviluppata in maniera empirica. La scoperta di diversi papiri su questo tema ci consente di sapere che gli antichi egizi erano in grado di compiere le quattro operazioni aritmetiche fondamentali: sommare, sottrarre, moltiplicare, dividere. Le loro conoscenze tuttavia non si limitavano a questo: comprendevano anche calcoli matematici più complessi, come le equazioni ad un'incognita.

La matematica veniva utilizzata in diversi aspetti della vita quotidiana. Nel campo amministrativo, la geometria serviva per tracciare i confini delle differenti regioni nelle quali si divideva il Paese: permetteva inoltre di ristabilire le linee di demarcazione dei campi coltivati quando venivano cancellate annualmente dalle piene del Nilo. L'aritmetica aiutava a stimare le risorse disponibile e a calcolare le imposte che la popolazione doveva versare. In questa maniera, lo Stato poteva far fronte alle variazioni di livello del Nilo e distribuire gli alimenti ai suoi sudditi quando le piene, o perché eccessive o perché insufficienti, erano causa di cattivi raccolti.

Altri campi di applicazione della geometria erano le costruzioni, le opere artistiche e la cartografia. Gli architetti sapevano come calcolare l'area del quadrato, del rettangolo, del triangolo e del cerchio, così come il volume delle diverse figure geometriche, in particolar modo delle piramidi. Gli scultori e i pittori conoscevano le proporzioni del corpo umano e le riproducevano servendosi di un reticolato.

Il gomito era l'unità fondamentale di misura e corrispondeva allo spazio compreso tra il gomito di una persona e l'estremità del suo dito medio. Durante la III dinastia, il gomito fu sostituito dal gomito reale, che misurava all'incirca 52,3 cm. Il gomito aveva varie suddivisioni, come il palmo, equivalente alla settima parte del gomito. Esistevano anche dei multipli del gomito, quali il nebiu (un gomito e mezzo), l' het (100 gomiti) e l' iteru (20.000 gomiti, all'incirca 10,5 km).

[modifica] Medicina

I numerosi papiri che ci sono pervenuti e lo studio sistematico delle mummie, con le moderne tecnologie mediche, consentono di fare un quadro preciso sulle patologie degli Egizi e le relative terapie.

L'esame delle mummie ha rivelato malattie quali arteriosclerosi, carie, artrite, vaiolo e tumore ma anche dalle raffigurazioni è possibile dedurre alcune patologie, come per esempio:

  • nello studio della figura del faraone Akhenaton si evidenziano arti allungati, cranio dolicocèfalo (cioè allungato nella parte posteriore), viso allungato, fianchi larghi e adiposi, sintomi riconducibili alla sindrome genetica di Marfan escludendo così la prima ipotesi di Sindrome di Fröhlich (Hera - n.97 - Una sindrome per Akhenaton);
  • anche le figlie di Akhenaton avevano crani deformati e mentre in un primo momento si era ipotizzato che fosse una convenzione artistica, oggi è più accreditata la teoria della malattia genetica ereditaria (Hera- n.97 - Una sindrome per Akhenaton);
  • il sacerdote Rensi, nella stele, è raffigurato con una malformazione chiamata piede equino ed ha l'arto inferiore atrofizzato, tanto che doveva usare il bastone per camminare;
  • la regina Ity di Punt, raffigurata in un rilievo del tempio di Hatshepsut, doveva soffrire di lipodistrofia o steatosi , poiché era obesa e con i fianchi deformati.
papiro medico di Smith
papiro medico di Smith


Le malattie più comuni erano:

papiro medico di Ebers
papiro medico di Ebers

La sabbia del deserto, se inalata, causava malattie respiratorie e se masticata, insieme con gli alimenti, usurava i denti causando parecchie dolorose patologie. Anche gli occhi, tra sabbia e acqua del Nilo , andavano soggetti a congiuntiviti e il tracoma era molto diffuso, viste le numerose raffigurazioni di individui ciechi.

I medici egizi visitavano il malato accuratamente ed una volta fatta la diagnosi prescrivevano la terapia contro il dolore, come ci dice il testo del "Papiro Edwin Smith".

La maggior parte dei testi è scritta in ieratico, come il "Papiro Chester Beatty"; altri in demotico ed alcuni sono scritti su ostraca. Molte medicine sono state identificate ed erano costituite per la maggior parte da vegetali quali sicomoro, ginepro, incenso, uva, alloro, e cocomero. Anche il salice, tkheret in egizio, secondo il "Papiro Ebers" era usato come analgesico mentre del loto veniva usato sia il fiore che la radice ed era somministrato come sonnifero. I frutti della palma servivano per curare le coliti, allora molto frequenti; con l'orzo, si faceva la birra che serviva come eccipiente, o diluente, e con il grano veniva fatta la diagnosi di gravidanza. Gli Egizi usavano anche elementi animali quali la carne per le ferite, il fegato e la bile per lenire il dolore agli occhi. Di quest'ultima è stata attestata l'efficacia anche di recente. Il latte, sia di mucca,sia di asina che di donna, era integrato come eccipiente e il principio attivo più usato era di sicuro il miele che per le sue tante proprietà serviva per le patologie respiratorie, ulcere e ustioni, come recita il "Papiro medico di Berlino".

Tra i minerali, usati in medicina, troviamo il natron, chiamato neteri cioè il puro, il sale comune e la malachite che curava le infezioni agli occhi ed era usata sia come farmaco che come cosmetico nella profilassi.

strumentario medico e chirurgico
strumentario medico e chirurgico

Sempre dal "Papiro Ebers" apprendiamo che, come droga, si usava l'oppio, chiamato shepen e importato da Cipro, sia per il dolore che per il pianto dei bambini. In alcune raffigurazioni della tomba di Sennedyem, è stata riconosciuta la mandragola, in egizio rermet, usata come sonnifero e per le punture d'insetto. Esisteva anche la cannabis, shenshenet, che veniva somministrata, in particolare per via orale e per inalazione, ma anche per via rettale e vaginale, mentre l'elleboro era usato come vero e proprio anestetico, ma in maniera empirica e con dosaggi errati tanto che spesso il malato passava direttamente dalla narcosi alla morte.

Tra le terapie vi erano anche i massaggi, come rappresentato nella mastaba di Khnumhotep, che venivano usati per vene varicose e per lenire numerose patologie il cui sintomo principale era il dolore. Era conosciuta la tecnica delle inalazioni che erano composte da mirra, resine, datteri e altri ingredienti. Ma per i morsi velenosi dei serpenti, gli Egizi, non avevano altra cura se non quella di affidarsi alle dee Iside e Mertseger recitando le litanie magiche.

L'antico popolo della Valle del Nilo ci ha lasciato più di mille ricette ma di sicuro qualcuna è solo molto fantasiosa come quella che, per combattere l'incanutimento consigliava l'uso di un topo bollito nell'olio. Olio di palma, ovviamente, perché l'ulivo arriverà molto più tardi, con la dinastia tolemaica.

Nel tempio di Kom Ombo, nell'Alto Egitto, vicino ad Assuan, sono raffigurati, sulla parte nord del recinto esterno, strumenti medici e chirurgici quali bendaggi, seghe, forbici, bisturi, forcipi e contenitori vari per medicamenti. Ma recentemente si è ipotizzato che fossero solo attrezzi rituali per cerimonie religiose. Accanto allo strumentario, vi sono alcune ricette mediche con tanto di componenti e dosi. Ma la chirurgia, non si sviluppò come la medicina. forse per scarse conoscenze fisiologiche e per carenza di guerre. A conferma di ciò, sia il "Papiro Ebers" che il "Papiro Smith", detto anche "Libro delle ferite", citano solo dati clinici, pur molto precisi, ma non descrivono interventi chirurgici. Incredibilmente, vista la pratica religiosa di imbalsamare i morti, vi era scarsa conoscenza dell'anatomia e della chirurgia specialistica. Gli Egizi, infatti, intervenivano chirurgicamente solo in piccole patologie, come foruncoli o ascessi, o direttamente con l'amputazione di arti. Inoltre, pur avendo un'apparente rigorosità, tutte le pratiche mediche dovevano essere accompagnate da specifiche formule apotropaiche.

Gli Egizi avevano, comunque, capito l'importanza dell'igiene. Durante il giorno, si lavavano spesso le mani, e facevano la doccia giornaliera, con acqua versata dalle brocche, che erano anche parte integrante del corredo funerario. Non usavano mai acqua stagnante perché poteva contenere ogni genere di larve. Curavano l'igiene di bocca e denti che veniva effettuata con bicarbonato. Anche unghie e capelli erano lavati quotidianamente e poiché non esisteva il sapone venivano usati oli profumati e complessi unguenti che rendendo la pelle integra, e quindi non screpolata, impedivano l'introduzione, nell'organismo, di germi e batteri. Oltre alle brocche per la doccia, vi erano anche le vaschette per pediluvi. raffigurate anche, come geroglifico vero e proprio, nella tomba di Rahotep.
Vi era l'usanza di togliere i sandali per entrare nei templi che nasceva dall'esigenza di non introdurre impurità dall'esterno. Questa regola valeva anche per il sovrano e nella Tavolozza di Narmer, un uomo porta in una mano i sandali del re e nell'altra una piccola brocca con acqua. Aveva il titolo di "Sandalaio".


In Egizio il medico era detto sunu; il primo e più famoso fu di sicuro Imhotep e anche i sacerdoti potevano occuparsi di medicina come Sabni, che godeva del titolo di "Medico capo e scriba della parola del dio". Troviamo anche Hesire, il primo medico dentista con il titolo di "Capo dei dentisti e dei medici" nonché scriba, come scritto nella sua tomba a Saqqara.

E quando Ippocrate passeggiava con i suoi adepti nell'isola di Coo, disquisendo sui mali dell'umanità, altro non faceva che trasmettere il sapere degli Egizi che, con i loro papiri, hanno tramandato i primi fondamenti della medicina e chirurgia.

[modifica] Astronomia

Le conoscenze astronomiche egizie non possono essere dedotte da papiri ma solo da raffigurazioni che ritroviamo in varie fonti. Queste fonti possono essere suddivise in: coperchi di sarcofagi dell'Antico regno (sui quali compaiono i decani, stelle singole o costellazioni, accompagnati da geroglifici di difficile decifrazione), coperchi di sarcofagi del Medio Regno (sui quali fanno la loro prima apparizione gli orologi stellari diagonali, vere e proprie effemeridi delle stelle), orologi stellari (diversi dai precedenti in quanto erano indicati le culminazioni superiori delle stelle), orologi stellari perfezionati (nella XX dinastia), due papiri risalenti circa al 144 d.C. (il primo per quanto riguarda i decani e l'altro per quanto riguarda le fasi lunari), studi sull'orientazione delle piramidi e sviluppo degli strumenti (come ad esempio la clessidra ad acqua, il merkhet e gli orologi solari), zodiaci egizio-babilonesi (scolpiti sui soffiti dei templi a partire dal 300 a.C.)

Affresco raffigurante alcune costellazioni fra cui è riconoscibile il Leone e il Cigno (l'uomo con le braccia alzate)
Affresco raffigurante alcune costellazioni fra cui è riconoscibile il Leone e il Cigno (l'uomo con le braccia alzate)

Diversi anche gli strumenti astronomici utilizzati dagli egizi in campo astronomico, primo fra tutti il merkhet, formato da una foglia di palma avente un intaglio sulla sommità ed una squadra col filo a piombo. Questo strumento veniva usato per determinare l'asse del tempio o delle piramidi, per osservare il transito al meridiano delle stelle ed anche per misurare i campi.

Per conoscere le ore della notte due o più osservatori stavano seduti ad una giusta distanza l'uno di fronte all'altro, secondo l'asse Nord-Sud, tenendo lo strumento nelle mani. La nervatura della palma serviva come mirino con il quale si traguardavano le stelle che culminavano attraverso il filo a piombo della squadra e riferendosi alla sagoma dell'osservatore che volgeva le spalle a sud; un aiutante leggeva l'ora secondo la posizione che la stella aveva sulla tavola stellare. Questo oggetto, secondo alcune fonti, risale addirittura al 2.600 a.C. Molto probabilmente grazie a questo strumento era possibile nella costruzione delle piramidi raggiungere un grado di precisione di allineamento con i punti cardinali altissimo.

Gli egizi inoltre per misurare il tempo durante il giorno avevano orologi solari o quadranti d'altezza che servivano per indicare l'ora attraverso la variazione della lunghezza dell'ombra e dovevano essere rivolti sempre con lo gnomone verso il Sole ed i modelli più sofisticati erano dotati di un filo a piombo per migliorare la qualità dell'osservazione controllando che lo strumento fosse in piano.

Altri strumenti di misurazione temporale erano le clessidre, simili alle clepsidae (clessidre a sabbia) greche. Il loro funzionamento era semplice: veniva riempito fino all'orlo al tramonto del Sole e quando questa era scesa alla prima tacca secondo la scala mensile iniziava la seconda ora. Le pareti interne contenevano quindi 12 scale mensili. Questo sembrerebbe un ottimo strumento ma in realtà si basava sul concetto sbagliato secondo il quale l'abbassamento del livello dell'acqua doveva essere regolare portando così ad errori nella misurazione.

Gli egizi possedevano anche un proprio calendario, denominato religioso, che, sotto l'influenza di quelli lunari della Mesopotamia, divideva l'anno in tre periodi di quattro mesi, e questi in tre decadi, dominate ciascuna da una costellazione diversa: in tutto 360 giorni. Per avvicinarsi alla durata reale dell'anno (segnata dalle inondazioni del Nilo) si aggiungevano cinque giorni alla fine del quarto mese, chiamati epagomenos. Il mito dell'origine di questi cinque giorni mette in contatto calendario e religione. Thot, che li vinse alla Luna giocando a dama, li regalò alla sua amante Nut, sposa di Ra, che era stata condannata a non poter procreare in nessun giorno dell'anno, come punizione per le sue infedeltà.

L'anno sacro era più corto di quasi sei ore rispetto a quello reale, che segnava il regime delle inondazioni del Nilo, per cui si produceva un disaccordo crescente: le stagioni, come i giorni festivi, andavano regredendo a poco a poco (un mese ogni 120 anni) fino a percorrere tutti i mesi dell'anno. Anche se tale disaccordo nel calendario vigente dell'antico Egitto poteva essere corretto aggiungendo un giorno ogni quattro anni, i sacerdoti si ostinarono a mantenerlo fino al 26 a.C., quando dovettero cambiarlo per ordine di Roma.

A causa della scarsità di ritrovamenti archeologici a puro carattere astronomico non è facile nemmeno dare un volto preciso alle costellazioni egizie, paragonabili a quelle che conosciamo noi, ed anche le identificazioni possono dare adito a discussioni; resta comunque una uranografia molto semplice e legata ai moltissimi dei e riti religiosi praticati durante le loro festività. Le pochissime informazioni che abbiamo sono quelle ricavabili dagli orologi stellari riprodotti sui sarcofagi delle mummie e dai soffitti dei templi (soprattutto quello di Hathor a Dendera).

I primi esemplari di orologi stellari risalgono al 2.000 a.C. circa e vi sono raffigurate principalmente tre costellazioni: Orione (Osiride), l'Orsa Maggiore (la zampa del Toro) e il Drago (un ippopotamo con un coccodrillo sulla schiena) nonché la stella Sirio (raffigurata nelle vesti della dea Sothis). La costellazione di Orione veniva chiamata l'anima di Osiride. La rappresentazione classica greca vede nel cielo il combattimento del cacciatore Orione con il Toro mentre per gli antichi egizi questa scena cambia totalmente, Osiride infatti governava due regni: quello del cielo e quello dell'Oltretomba e nelle bende che avvolgevano le mummie indossa la bianca corona d'Egitto che è appunto la costellazione che noi chiamiamo Toro. Sotto la costellazione d'Orione abbiamo la costellazione del trono di Osiride o secondo altre tradizioni la Corona Rossa.

La più importante rappresentazione delle costellazioni egizie resta il soffitto del tempio di Hathor a Dendera con il suo zodiaco circolare e risale a pochi decenni a.C. (una possibile datazione fa risalire l'inizio dei lavori al 54 a.C. ed il suo termine al 21 a.C.) e mostra chiaramente l'influenza della cultura assiro-babilonese attraverso i greci; infatti in esso sono disposte le 12 costellazioni zodiacali,che hanno molto probabilmente una nascita sulle rive del Tigri e dell'Eufrate circondate dalle costellazioni egizie e risulta essere la mappa più completa di tutto il cielo antico.

Fin dalle primissime dinastie erano conosciuti,come in tutte le altre tradizioni antiche grazie al movimento rispetto alle stelle fisse, cinque pianeti ma venivano indicati in un ordine differente: Giove, Saturno, Marte, Mercurio e Venere.

Giove era una delle rappresentazioni di Horus, rappresentato con una divinità con la testa di falcone in piedi su una barca e con una stella sulla testa e veniva chiamato "stella risplendente" o "servitore del sud". Saturno era ancora una volta un aspetto di Horus e veniva chiamato la "stella orientale che attraversa il cielo" o "Horus il toro"; un'altra rappresentazione era quella del Dio Ptah. Marte era Horus "il Rosso" o "Horus all'orizzonte". Mercurio era Seth nel crepuscolo serale ed un altro dio non ben identificato nel cielo mattutino e veniva chiamato "il servitore del nord". Venere è fonte di diverse interpretazioni: Uati come stella serale e Tiu-Nutiri come stella che preannuncia il mattino ma anche Hathor e Bastet rispettivamente dea dell'amore spirituale e dell'amore fisico.

[modifica] Religione

Per approfondire, vedi la voce Religione egizia.

[modifica] Pantheon

Il dio Amon
Il dio Amon

La religione dell'antico Egitto mostra un'estrema complessità di credenze e una moltitudine di divinità, in un politeismo spesso confuso e contraddittorio. Questa complessità si spiega con le molte generazioni che hanno fatto, per secoli, aggiunte alle primitive credenze. Ciò che appare contraddittorio nelle concezioni teologiche e religiose si spiega con la singolare mentalità egiziana che non rifuggiva dal contraddittorio e con la tendenza al sincretismo che assimilava divinità diverse e spesso tra loro lontanissime.

Caratterizzata inoltre dalla persistenza di un carattere locale delle divinità (eredità dell'epoca preistorica dell'Egitto non unificato) la religione egiziana comprende divinità varie di carattere e di aspetto sicché il pantheon è numerosissimo e tutt'altro che uniforme: Horo, dio falco, signore del cielo, e, con carattere più spiccatamente solare; Ra, il dio di Eliopoli chiamato Atum al tramonto e Khepri al mattino; Ptah, il dio di Menfi, protettore degli artigiani; Thot, signore di Ermopoli, che assume l'aspetto di ibis o di babbuino, patrono degli scribi e delle scienze; Osiride, dio della vegetazione nel suo ciclo alternante di vita e morte, divenuto signore dell'aldilà come dio morto e resuscitato; Min, signore di Copto; Hathor, dea del cielo e originariamente, Mehetueret vacca celeste, in seguito dea dell'amore; Iside, sposa e sorella di Osiride, madre di Horo; Sekhmet, la dea leonessa, signora della battaglia; Bastet, la dea gatto, dea della gioia.

Alcune divinità invece hanno maggiore importanza in determinati periodi storici (si ricordi dunque Amon, di origini sconosciute, divenuto una delle maggiori divinità nel nuovo regno), per divenire in seguito entità minori, altre divinità vengono invece create di sana pianta e in seguito cancellate dalla storia egiziana (basti ricordare il dio di Akhenaton). Alcuni dei vengono invece estrapolati da culture orientali, in particolare quando l'Egitto ha rapporti e scambi personali con l'Asia minore, e fra di essi bisogna ricordare Baal, Astarte e Anat.

[modifica] Cosmogonia

Riguardo alle teorie sulle origini dell'universo esistono versioni differenti, a seconda della località in cui sono nate e delle necessità del clero locale. La prima, nativa di Eliopoli, narra come Atum-Ra, in seguito a masturbazione ed espettorazione, abbia generato una coppia primordiale, Shu (l'aria ) e Tefnet (l'umidità). Costoro generarono successivamente Geb (la terra) e Nut (il cielo) che, decisi ad unirsi, vennero divisi dal padre Shu che, di conseguenza, riuscì a mantenere l'ordine cosmico ed a cancellare il Caos.

Un'altra versione della cosmogonia ha origine in Ermopoli dove all'origine esistevano otto entità, quattro maschili e quattro femminili, quali Nun e Nunet (il caos delle acque primieve), Kuk e Keket (l'oscurità), Huh e Huhet ( l'illimitatezza), Amon e Amonet (l'aria e il vento), che generarono, tutti insieme, dalla collina primordiale, un uovo dal quale sarebbe poi uscito il Sole dando così inizio alla creazione.

La terza teoria è desunta invece da frammenti provenienti da Menfi, la città il cui patrono era Ptah, il demiurgo. Costui creò il mondo attraverso la voce e il cuore. In seguito diede vita agli uomini che volle guidare come un gregge guidato da un pastore, creandoli tutti uguali. Essi però, in seguito all'avvento del male, decisero di creare gerarchie e di divenire l'uno diverso dall'altro. Da quel momento in poi Ptah e gli altri dei sarebbero rimasti nel cielo a osservare l'avvicendamento degli eventi umani fino alla fine dei tempi.

L'ultima, detta cosmogonia tebana, aveva come unico dio creatore Amon, era la sintesi delle tre precedenti teorie e divenne la più popolare a partire dalla XI dinastia.

[modifica] Vita dopo la morte

Secondo gli egizi il corpo era costituito da diverse parti: il bai o anima, il ka o forza vitale, l'aj o forza divina ispiratrice di vita. Per ottenere la vita dopo la morte, il ka aveva però bisogno del corpo del defunto che doveva dunque rimanere intatto, e ciò era possibile solo grazie alla tecnica della mummificazione.

Mummia conservata al Louvre
Mummia conservata al Louvre

Il tipo di mummificazione variava secondo la classe sociale alla quale apparteneva il defunto. Vi erano sacerdoti addetti a queste pratiche, conoscitori dell'anatomia umana, dovevano essere cauti nell'estrazione degli organi del defunto poiché avrebbero potuto danneggiarli e quindi cancellare la vita ultraterrena del defunto. Durante il processo di mummificazione, i sacerdoti collocavano una serie di amuleti in mezzo alle bende, sulle quali erano scritte formule destinate ad assicurare la sopravvivenza del defunto nell'aldilà.

Una volta preparato, il cadavere veniva deposto nel sarcofago, quindi si formava il corteo che lo avrebbe condotto alla tomba. Il sacerdote funerario era in testa, seguito da alcuni che portavano gli oggetti appartenuti al defunto che gli avrebbero garantito una confortevole vita ultraterrena. Il sarcofago era trainato da una slitta, mentre una seconda slitta trasportava i vasi canopi.

Quando la processione arrivava alla tomba, il sacerdote eseguiva il rito dell'apertura della bocca, per mezzo del quale, secondo la tradizione, la mummia avrebbe ripreso vita. Tutto il corredo funebre, insieme al sarcofago e alle offerte, era depositato nella tomba, che in seguito veniva sigillata affinché nessuno potesse turbare l'eterno riposo del defunto.

Dunque questi iniziava un lungo viaggio attraverso il mondo dell'oltretomba. Il defunto veniva condotto da Anubi, il dio dei morti, nella cosiddetta Sala delle Due Verità. A un estremità c'era Osiride, seduto su un trono e accompagnato da altre divinità e 42 giudici. Al centro della sala era posta la bilancia, le cui assi erano misurate attentamente da Thot, dio degli scribi, sulla quale veniva pesato il cuore del defunto. Davanti alla divinità e ai giudici, il defunto doveva pronunciare la confessione negativa: la sua dichiarazione di innocenza. Dopodiché, se il piatto sul quale giaceva il cuore si sarebbe inclinato più di quello sul quale giaceva la piuma, simbolo della giustizia, questi sarebbe stato divorato da Amit, un mostro metà ippopotamo e metà leonessa. In caso contrario il defunto sarebbe potuto entrare nel regno di Osiride e raggiungere così i campi di Iaru, una sorta di paradiso, dove gli ushabti, ometti di legno costruiti appositamente, avrebbero lavorato per soddisfare le sue necessità.

Prima di raggiungere però la gradita metà l'anima del defunto doveva compiere un lungo viaggio. Sulla barca del dio Ra, si doveva oltrepassare un lago infuocato, sorvegliato da quattro babbuini, affrontare coccodrilli, serpenti e il perfido Apofi, gigantesco mostro condannato in eterno a minacciare l'affondamento della barca di Ra. Unico aiuto per il defunto erano gli amuleti e le formule posti dai sacerdoti durante la mummificazione.

[modifica] Note

  1. ^ Peter N. Stearns. The Encyclopedia of World History. , 2001.
  2. ^ Joyce Tyldesley, L'età dell'oro dell'antico Egitto, Newton & Compton editori, 2003, pag 21
  3. ^ Joyce Tyldesley, L'età dell'oro dell'antico Egitto, Newton & Compton editori, 2003, pag. 21

[modifica] Bibliografia

  • Cyril Aldred. Gli Egiziani, tre millenni di civiltà. Newton Compton, Roma, 1966 (I edizione originale Londra, 1961) - ISBN 88-8183-281-X
  • Fererico Arborio Mella. L'Egitto dei faraoni. Mursia, Milano, 1976 - ISBN 88-425-3328-9
  • Barrocas, Claudio - L'antico Egitto - Newton Compton, Roma, 1978
  • Cimmino, Franco - Dizionario delle dinastie faraoniche - Bompiani, Milano, 2003 - ISBN 88-452-5531-X
  • Clauss, Manfred - Antico Egitto - Newton & Compton
  • Desplancques, Sophie - L'antico Egitto - Newton Compton Editori, Roma 2006 (I edizione originale 2005) - ISBN 88-541-0512-0
  • Alan Gardiner. La civiltà Egizia. Einaudi, Torino, 1971 (I edizione originale, Oxford 1961) - ISBN 88-06-13913-4
  • Crombette, Fernand. Livre des noms des Rois d'Égypte ; 14 tomes - (t. I à V disponibles en fac- similé du manuscrit, réf. 2.01 à 2.05) Ceshe asbl, Tournai - diverses années.
  • Crombette, Fernand. Chronologie de l'Égypte pharaonique ; Ceshe asbl, Tournai, réf. 2.17 - 1998ISBN 2-9600093-7-1
  • Crombette, Fernand. Véridique Histoire de l'Égypte antique ; 3 tomes ; Ceshe asbl, Tournai, réf. 2.18 à 2.20 - 1997ISBN 2-9600093-2-0
  • Aldred, Cyril - Akhenaton, il faraone del sole - Newton Compton, Roma, 1979 (I edizione originale, Londra 1968)
  • Philip Vanderberg. Ramsete il grande.SugarCo, Milano 1980
  • C.W. Ceram - Civiltà al sole - Mondadori, Milano, 1958/1969
  • C.W. Ceram - Civiltà sepolte -
  • Fagan, Brian - Alla scoperta dell'antico Egitto - Newton Compton, Roma, 1996 (I edizione originale 1975) - ISBN 88-8183-286-0
  • James, T.H.G. - L'archeologia dell'Egitto antico - Newton Compton, Roma, 1996 (I edizione originale 1972) - ISBN 88-8183-283-6
  • AAVV - La Description de l'Egypte publièe par les ordres de Napoleon Bonaparte - Taschen
  • AAVV - La descrizione dell'Egitto pubblicata per ordine di Napoleone Bonaparte - Biblioteque del l'imagine
  • AAVV - L'antico Egitto di Napoleone - Mondadori
  • AAVV - Egitto la terra dei faraoni - Konemann
  • Bresciani, Edda - Sulle rive del Nilo - Laterza
  • Cimmino, Franco - Vita quotidiana degli egizi - Rusconi
  • Grimal, Nicholas - Storia dell'Antico Egitto - Laterza
  • Jacq, Christian - L'Egitto dei grandi faraoni - Mondadori
  • Roccati, Alessandro - Egittologia - Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS)
  • Silverman, David - Antico Egitto - Mondadori
  • El Mahdy, Christine - Il costruttore della Grande Piramide - Corbaccio
  • Cimmino, Franco - Sesostris, storia del Medio Regno egiziano - Rusconi
  • Carter, Howard - Tutankhamen - Garzanti
  • Cavillier, Giacomo - Il faraone guerriero, i sovrani del nuovo regno alla conquista dell'Asia - Tirrenia Stampatori
  • Cimmino, Franco - Hasepsowe e Tuthmosis III - Rusconi
  • Cimmino, Franco - Akhenaton e Nefertiti, storia dell'eresia amarniana - Bompiani
  • Cimmino, Franco - Tutankhamon - Rusconi
  • Cimmino, Franco - Ramesses II il Grande - Rusconi
  • El Mahdy, Christine - Tutankhamon - Sperling & Kupfer
  • Hoving, Thomas - Tutankhamon - Mondadori
  • Lalouette, Claire - L'impero dei Ramses - Newton & Compton
  • Leospo, Enrichetta; Tosi, Mario - Il potere del re, il predominio del dio: Amenhotep III e Akhenaton - Ananke
  • Jacq, Christian - La grande sposa Nefertiti - Mondadori
  • James, Henry; De Luca, Antonio - Tutankhamon - White Star
  • James, Henry - Ramesse II - White Star
  • Kitchen, Kenneth - Il faraone trionfante, Ramses II ed il suo tempo - Laterza
  • Moschetti, Elio - Horemhab, talento, fortuna e saggezza di un re - Ananke
  • Noblecourt, Christiane Desroches - La regina misteriosa: storia di Hatshepsut - Sperling & Kupfer
  • Noblecourt, Christiane Desroches - Tutankhamon - Silvana Editrice
  • Noblecourt, Christiane Desroches - Ramsete il figlio del sole - Sperling & Kupfer
  • Tyldesley, Joyce - L'età dell'oro dell'Antico Egitto - Newton & Compton
  • Vandenberg, Philipp - Nefertiti - Sugar
  • Vandenberg, Philipp - Tutankhamon, il faraone dimenticato - Sugar
  • Altair4 Multimedia, "Égypte Antique",CD-ROM, Reunion des Musées Nationaux,2004

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