Vittorio Amedeo II di Savoia
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Vittorio Amedeo II | ||
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Re di Sardegna | ||
Vittorio Amedeo II, quindicesimo ed ultimo Duca di Savoia, poi incoronato re di Sicilia e di Sardegna. | ||
Regno | 1675 - 1730 | |
Nome completo | Vittorio Amedeo II Francesco di Savoia | |
Titoli | duca di Savoia, marchese di Saluzzo | |
Nascita | 14 maggio 1666 | |
Torino | ||
Morte | 31 ottobre 1731 | |
Moncalieri | ||
Sepoltura | Basilica di Superga | |
Predecessore | Carlo Emanuele II | |
Successore | Carlo Emanuele III di Savoia | |
Consorte | Anna Maria d'Orléans | |
Casa reale | Savoia | |
Padre | Carlo Emanuele II | |
Madre | Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours |
Vittorio Amedeo II Francesco di Savoia detto la Volpe Savoiarda (Torino, 14 maggio 1666 – Moncalieri, 31 ottobre 1732) fu marchese di Saluzzo e marchese del Monferrato, Duca di Savoia, Principe di Piemonte e Conte d'Aosta, Moriana e Nizza dal 1675 al 1720. Fu anche Re di Sicilia dal 1713 al 1720, quando divenne Re di Sardegna. Il suo lungo governo trasformò radicalmente la politica piemontese, basata sulla sottomissione alle potenze straniere quali Francia o Spagna, rivendicando orgogliosamente l'indipendenza del piccolo stato dalle vicine nazioni (si pensi, ad esempio, all'episodio dell'assedio di Torino del 1706). Vittorio Amedeo II seppe progredire in questa sua politica riuscendo infine a farsi incoronare Re di Sicilia prima e Re di Sardegna poi.
Indice |
[modifica] Biografia
[modifica] Giovinezza
Figlio di Carlo Emanuele II di Savoia, Vittorio Amedeo II succedette al padre quando aveva appena nove anni. La reggenza venne affidata alla madre, Giovanna Battista di Savoia Nemours: donna ambiziosa ed energica, si faceva chiamare «Madama Reale». Era imparentata con la corona portoghese [1], e cercò di indurre il figlio ad un matrimonio lusitano: la prescelta era la figlia di Pietro II del Portogallo, Isabella Luisa di Braganza. Vittorio Amedeo, che allora aveva soltanto quattordici anni, venne facilmente indotto a sottoscrivere un matrimonio che, tra le varie clausole, prevedeva anche che il giovane Duca di Savoia vivesse fino ai sedici anni a Lisbona: prima di quell'età, gli sarebbe stato impedito il ritorno a Torino. L'atto venne rogato il 14 maggio 1679. Era una mossa politica astuta da parte della madre Giovanna Battista: quando il matrimonio fosse stato celebrato, Vittorio Amedeo sarebbe diventato a tutti gli effetti Re del Portogallo.
Ma il giovane principe non aveva intenzione di partire: quando il delegato lusitano, il Duca di Cadoval, arrivò a Torino, Vittorio Amedeo venne inspiegabilmente colto da un attacco di febbre. Impossibilitato alla partenza, Vittorio Amedeo rinunciò alle nozze. [2]Per i suoi cittadini piemontesi, che avevano visto con terrore la possibilità che il loro Duca diventasse Re di Portogallo, temendo che il Piemonte si trovasse nella stessa condizione della Lombardia nei confronti della Spagna, fu momento di gran festa.
È in questo momento (verso il 1680) che avvennero moti insurrezionali in mezzo Piemonte, e specialmente a Mondovì - le cosiddette Guerre del Sale.
[modifica] Le Guerre del Sale
Branca della Bresse Dinastia di Savoia |
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Le agitazioni erano dovute alle impopolari gabelle sul sale e alle imposte tributarie che tutte le città sabaude dovevano versare alla Corona dai tempi di Emanuele Filiberto di Savoia. Il clero ne era ovviamente esentato. Dai tempi del duca "Testa di Ferro" non era cambiato l'ammontare della cifra che ogni comune doveva versare annualmente e si erano generati grandi squilibri, aumentando il malcontento popolare. Un malcontento che esplose con violenza a Mondovì, dove i popolani si rifiutarono di pagare le imposte all'emissario sabaudo, Andrea Cantatore di Breo. Questi era un ex frate cappuccino che aveva abbandonato la tonaca e che odiava ora la religione ed i suoi ministri. I primi Monregalesi che egli visitò furono ovviamente i religiosi, cui sottrasse anche tesori. I religiosi cercarono di reagire e si organizzarono in compagnie per stanare il Cantatore, ma non riuscirono a rintracciarlo, anche perché si trovarono di fronte le masnade degli scagnozzi dell'esattore, armati di tutto punto, contro i quali i semplici frati non potevano sperare di avere la meglio. Intanto l'intera Mondovì era insorta. Da Torino venne richiamato il Cantatore e venne inviato don Gabriele di Savoia con l'esercito per piegare definitivamente i rivoltosi. All'inizio sembrò semplice sottomettere i poveri contadini, armati per lo più solo con i loro attrezzi da lavoro, ma i successi di don Gabriele erano apparenti: quando un paese veniva sottomesso, un altro insorgeva. A Montaldo, uno dei paesi più tenaci nella ribellione, i soldati regi persero più di duecento uomini contro la decina di contadini montaldesi che aveva attaccato per vari giorni, con azioni di guerriglia, l'esercito sabaudo. Gli stessi Montaldini occuparono poi la fortezza regia di Vico.
I moti raggiunsero così rapidamente dimensioni pericolose: c'era la possibilità che tutto il Piemonte insorgesse. Perciò, la Madama Reale dovette cedere alla volontà dei Monregalesi e si rappacificò con loro. I rappresentanti della città di Mondovì si recarono a Torino per stipulare i trattati e furono accolti cordialmente anche dal giovane duca Vittorio Amedeo, ancora costretto a letto da quella febbre che aveva impedito il matrimonio con la cugina portoghese.
[modifica] Ascesa al trono
Il giovane principe aveva intanto sposato a Versailles la nipote del re Luigi XIV di Francia, Anna Maria di Orléans. Adesso egli era fermamente intenzionato ad esercitare un potere effettivo. La Madama Reale aveva infatti fino ad allora continuato a tenere saldamente nelle sua mani le redini del comando anche dopo il raggiungimento della maggiore età di Vittorio Amedeo. Dietro pressione di gran parte della nobiltà, Vittorio Amedeo raggiunse Rivoli con una scorta armata, decretando che da quel momento avrebbe regnato direttamente egli stesso: era il 14 marzo 1684. La Madama Reale, informata della risoluzione del figlio e comprendendo di non poterglisi più opporre, gli scrisse una lettera assai affettuosa nella quale lo informava di volergli consegnare spontaneamente il potere che lei tanto gelosamente aveva mantenuto fino ad allora nelle sue mani. Terminava così, senza incidenti, la reggenza di Giovanna Battista.
[modifica] Persecuzioni dei Valdesi
Ancora una volta si assistette alle persecuzioni dei valdesi. Era un'espressa volontà di Luigi XIV, infatti, che la minoranza valdese fosse annientata. La Corona di Torino era ormai completamente asservita ai «consigli» che arrivavano, a guisa di ordini, da Parigi e Vittorio Amedeo dovette accettare la presenza in Piemonte di uno squadrone francese per cacciare i valdesi. Gli orgogliosi seguaci della dottrina di Pietro Valdo, infatti, si erano arroccati sui monti intorno a Torre Pellice ed avevano fatto della Val d'Angrogna la loro invincibile roccaforte. Ci furono episodi di ferocia, cui sopravvissero pochissimi eretici. Gli altri, o condannati sommariamente o incarcerati, erano tenuti in condizioni durissime e privati di ogni conforto spirituale (se si esclude l'intervento che ebbe il Valfré) e vennero liberati solo dopo una lunga prigionia per intercessione del governo svizzero, che accettò di accoglierli come profughi. Da ormai un secolo i valdesi avevano infatti aderito al movimento protestante, cercando per quanto possibile aiuti nel resto d'Europa per evitare di venire annientati. In Svizzera avevano trovato da anni una grande protezione, soprattutto perché considerati come i più antichi protestanti del continente ancora esistenti. Presi ad esempio da tutte le nuove ramificazioni del Cristianesimo, vennero così ospitati per anni tra le montagne elvetiche.
Questo episodio è significativo della sottomissione del Piemonte alle volontà della Corona francese.
[modifica] Vittorio Amedeo II si ribella alla Francia
Vittorio Amedeo comprese che se voleva garantire una qualche forma di rilevanza politica ed un potere effettivo al suo Ducato avrebbe dovuto sganciarsi dall'asfissiante influenza della Francia. Decise quindi di aderire alla Lega di Augusta che si era formata nel 1688 tra le principali potenze europee per contrastare la politica espansionistica di Luigi XIV. Recatosi a Venezia in incognito per poter discutere con i principi della Lega, venne però identificato dalla ramificata rete di spie francesi. Luigi XIV volle mettere in chiaro la situazione: Vittorio Amedeo avrebbe dovuto fornire alla Francia 3.000 fanti e 800 cavalieri per non essere dichiarato nemico della nazione francese.
Il Duca, preso alla sprovvista, dovette accettare, ma Luigi XIV volle imporre ancora una clausola: la cittadella di Torino avrebbe dovuto passare ai Francesi. Ciò avrebbe significato la rinuncia alla difesa della capitale ed alla stessa indipendenza del Piemonte. Vittorio Amedeo tentennò sul da farsi e Luigi XIV partì per il Piemonte. Messo alle strette, il Duca rispose agli ambasciatori del Re nemico:
« Le armate alleate accorrono in mio aiuto, ma ancora più che sulle loro forze io conto sul valore e sulla devozione del mio popolo. [3] » |
L'esercito francese, guidato dal generale Catinat, valicò le Alpi e si accampò nei pressi di Staffarda. Vittorio Amedeo decise di non attendere l'aiuto dell'imperatore Leopoldo I, ma di attaccare subito: nella Battaglia di Staffarda subì tuttavia una cocente disfatta. Catinat si impossessò di molte roccaforti tra cui Pinerolo e la situazione parve subito critica. La famiglia reale venne costretta a lasciare Torino ed a rifugiarsi a Vercelli. Vittorio Amedeo II rimase comunque comandante in Italia delle forze alleate nella Lega.
Dopo l'inutile Assedio di Cuneo del 1691 da parte dei Francesi, le due armate si trovarono impegnate nella battaglia della Marsaglia. Era il 1693: i Piemontesi vennero ancora sconfitti. Privo di un esercito, il Duca dovette firmare la pace con Luigi. Da quel momento tornava dalla parte della Corona borbonica.
[modifica] Guerra di successione spagnola
L'alleanza francese si faceva sempre più pressante. Sostituito nell'incarico di Supremo Generale al servizio di Luigi XIV in Italia, Vittorio Amedeo II decise di riallacciare i vecchi rapporti di alleanza con la Lega di Augusta. Luigi XIV ne fu informato dal suo servizio segreto. Era il 1703 quando venne dichiarato l'ingresso del Piemonte nella Lega di Augusta, con il Trattato di Torino. Il popolo sabaudo lo salutò con entusiasmo, ma le truppe francesi occuparono rapidamente Vercelli, Susa, Ivrea e Aosta. Torino stessa fu minacciata da vicino, ma nessuno tra i comandanti nemici giudicava fattibile un assedio alla capitale sabauda.
La battaglia di Cassano d'Adda si risolse con una vittoria del duca di Vendôme. Il principe Eugenio di Savoia, cugino del Duca, dopo quella disfatta decise di recarsi a Vienna per sollecitare l'arrivo dei rinforzi. Ma, dopo un'altra clamorosa vittoria di Luigi XIV sugli imperiali a Calcinate, si ritenne possibile assediare Torino. Era l'aprile 1706. A capo delle forze francesi era l'incapace conte Marchin.
[modifica] Assedio di Torino
Per approfondire, vedi la voce Assedio di Torino del 1706. |
Il dispiegamento di forze da parte dei Francesi era imponente. Dovevano superare le difese della cittadella, una fortezza considerata tra le più inaccessibili d'Europa, voluta da duca Emanuele Filiberto e fiore all'occhiello della difesa sabauda. L'assedio era strettissimo. Presto in città vennero a mancare i beni di prima necessità, ma il popolo resistette. Il bombardamento era incessante, tutti gli edifici più alti delle mura furono dimezzati: in questo quadro tremendo i Piemontesi vennero a trovarsi senza munizioni. Aiuti alimentari e bellici furono fatti pervenire alla città assediata tramite il fiume Po, ma i Francesi se ne accorsero ed intercettarono i rifornimenti. Aiuti umanitari vennero forniti anche da figure di spicco del clero, come il già citato Sebastiano Valfré. Vittorio Amedeo era rimasto il solo, della famiglia reale, ancora a Torino. La sua presenza infondeva coraggio alla cittadinanza.
La tecnica militare adottata dai Piemontesi consisteva nello scavare sotto la cittadella lunghi cunicoli, gallerie strette ed umide che, fatte arrivare sotto le file degli attaccanti, venivano riempite di esplosivo e fatte esplodere con gran danno avversario. I Francesi, però, resisi conto di quella tecnica intercettarono i cunicoli. Fu proprio in uno di questi che, nella notte del 29 agosto, penetrò un folto gruppo di granatieri francesi e fu solo l'eroico sacrificio di Pietro Micca che riuscì a fermarli.
Il 30 agosto, improvvisamente, venne annunciato l'arrivo del Principe Eugenio: si incontrò con Vittorio Amedeo presso Carmagnola, e da lì proseguirono in direzione della città assediata: il 2 settembre salirono sul colle di Superga. Vittorio Amedeo fece voto alla Madonna di erigerle una grande chiesa, in posizione dominante, sulla collina, ove in quel momento sorgeva solo un piccolo pilone, se avesse concesso la liberazione di Torino. [4] La mattina del 7 settembre la battaglia di Torino iniziò ad infuriare sotto le mura della cittadella. I Francesi furono annientati completamente. Come ringraziamento per la stupefacente vittoria, Vittorio Amedeo fece costruire la basilica di Superga, opera dell'architetto Filippo Juvarra.
[modifica] Vittorio Amedeo II re di Sicilia
Dopo la cocente disfatta francese presso Torino, Vittorio Amedeo II, spinto dall'Inghilterra, che gli aveva fatto balenare l'idea di un titolo regio in caso di vittoria, decise di marciare verso Tolone. Nella campagna, riconquistò le fortezze di Exilles, Fenestrelle e la città di Susa, cadute in mano francese anni prima. L'avanzata piemontese verso il cuore della Francia venne comunque prontamente bloccata. Dopo gli stravolgimenti della politica europea (evento molto importante fu il decesso di Giuseppe I, al quale subentrò Carlo VI, che già aveva concorso al titolo di Re di Spagna anni prima), le nazioni del continente decisero di risolvere la guerra attraverso un trattato di pace.
A Utrecht, in occasione dei trattati, la Casa Savoia ottenne grandi vantaggi. A Vittorio Amedeo II andavano: Alessandria, la Lomellina, il Monferrato, Pragelato, la Valsesia e i feudi delle Langhe. Inoltre, egli otteneva il titolo regio e l'intera Sicilia: il 10 giugno 1713, infatti, la Spagna firmò il documento di cessione dell'isola ai Savoia sotto la pressione dell'Inghilterra. Le condizioni imposte da Filippo V di Spagna per la cessione della Sicilia erano le seguenti:
- La Casa Savoia non avrebbe mai potuto vendere l'isola o scambiarla con un altro territorio.
- La Sicilia sarebbe stata mantenuta come feudo della Spagna: estinto il ramo maschile dei Savoia, essa sarebbe tornata alla corona di Madrid.
- Tutte le immunità in uso in Sicilia non sarebbero state abrogate.
In realtà, solo gli ultimi due punti furono accettati da Vittorio Amedeo II. All'ultimo momento, Filippo V fece aggiungere un ultimo punto, secondo cui:
- il Re di Spagna sarebbe stato in grado di disporre a suo piacimento dei beni confiscati ai sudditi siciliani rei di tradimento.
Vittorio Amedeo volle accondiscendere anche a questo punto, per evitare che una sua protesta potesse rinviare la stesura dei trattati. Il documento con cui si cedeva la Sicilia ai Savoia venne siglato il 13 luglio successivo. Gli araldi lo stesso giorno percorsero Torino annunciando l'acquisizione del titolo regio da parte di Vittorio Amedeo. Una folla esultante si accalcò davanti al palazzo ducale acclamando il Re, che uscì dal balcone brindando insieme alla folla.
Il 27 di quello stesso mese, Vittorio Amedeo II, in procinto di partire per la Sicilia, nominò suo figlio, principe del Piemonte, luogotenente degli Stati di terraferma ma il ragazzo non aveva che sedici anni e fu dunque assistito da un Consiglio di Reggenza. Il 3 ottobre il nuovo Re salpò da Nizza alla volta di Palermo, ove sbarcò circa venti giorni dopo. Il 24 dicembre, dopo una sontuosa cerimonia nella Cattedrale di Palermo, Vittorio Amedeo II e la moglie Anna Maria di Orléans ricevettero la corona regia.
Al parlamento siciliano egli così si espresse in una delle prime sedute:
« I nostri pensieri non sono rivolti ad altro che a cercare di avvantaggiare questo Regno per rimetterlo, secondo la Grazia di Dio, al progresso dei tempi, riportarlo al suo antico lustro e a quello stato cui dovrebbe aspirare per la fecondità del suolo, per la felicità del clima, per la qualità degli abitanti e per l'importanza della sua situazione.[5] » |
I buoni intenti del Re vennero messi in pratica nella lotta contro il brigantaggio, nello sviluppo della marina mercantile e nella riorganizzazione delle finanze e dell'esercito (per il quale venne preso a modello quello piemontese). La permanenza del Re in Sicilia durò fino al 7 settembre 1714.
[modifica] Unione della Sardegna al Piemonte
La pace di Utrecht, con tutto ciò che comportò, fu soltanto un evento transitorio nella storia piemontese. La Spagna, infatti, stava fortemente riarmandosi. Intimorite da tanta potenza, Francia, Olanda, Inghilterra e Austria strinsero via via legami difensivi tra di loro. Vittorio Amedeo II, quando ricevette la notizia della creazione di una possibile Quadruplice Alleanza, si sentì nuovamente in pericolo.
Era infatti in progetto, tra i sovrani alleati, di mettere a tacere le mire spagnole in Italia, ma tale progetto si scontrava contro le mire di Casa Savoia. L'Austria, in particolare, progettava di eliminare i Piemontesi dalla Sicilia. Vittorio Amedeo decise di agire con astuzia, inviando messi a Vienna ed a Londra per essere costantemente informato delle novità nella politica estera. Se i paesi alleati avessero davvero siglato un'alleanza, allora Vittorio Amedeo sarebbe stato seriamente nei guai, circondato da tutti i fronti.
Dopo aver in ogni modo cercato di allearsi all'Austria (anche ricorrendo ad una proposta di matrimonio), Vittorio Amedeo venne attaccato sul fronte siciliano dagli Spagnoli, che egli considerava alleati. La Sicilia venne invasa da 30.000 soldati stranieri e le poche fortezze piemontesi dovettero desistere dalla difesa.
Da Vienna arrivò la proposta di aderire alla ormai siglata Quadruplice Alleanza in cambio del titolo di Re di Sardegna. La distruzione dell'imponente flotta spagnola e la conseguente vittoria della Quadruplice Alleanza permisero a Vittorio Amedeo di mantenere un titolo regio. Con il trattato dell'Aia (20 febbraio 1720) l'erede di Casa Savoia otteneva l'isola di Sardegna con il titolo di Re di Sardegna, in cambio della Sicilia. La maggiore vicinanza della prima al Piemonte la rendeva meglio gestibile e controllabile della seconda, cosicché si può dire che il cambio si sia rivelato vantaggioso per Vittorio Amedeo.
[modifica] Politica interna
Vittorio Amedeo II riteneva che il sovrano dovesse essere il punto di riferimento essenziale per l'organizzazione istituzionale, conducendo così una politica antinobiliare, basandosi sulla frantumazione del feudo. Su proposta del ministro Platzaert dunque, il sovrano ordinò una ricompilazione delle vecchie leggi ed una loro riforma: le Costituzioni di Sua Maestà redatte nel 1723 e riviste nel 1729.
[modifica] Fine
Lentamente, con il passare degli anni, i trionfi politici e militari avevano infastidito e stancato il Re. Non presenziava quasi più alle feste e ai ricevimenti, anzι tendeva ad evitare la vita di corte. Amante della semplicità, l'unico lusso che si concedeva era l'elegantissima parrucca stile Luigi XIV.
Verso il 1728 la sua salute peggiorò e decise di abdicare in favore del figlio Carlo Emanuele III di Savoia, pur continuando a controllare la sua politica con consigli perentori e non allontanandosi dalla vita di corte. Concluse per il figlio un matrimonio di rilievo, con la principessa Anna Luigia Cristina, figlia dell'elettore Palatino, e dopo la di lei morte concluse un secondo matrimonio con un'altra principessa tedesca, Polissena Cristina d'Assia-Rotenburg. La ferrea mano del padre pressava non poco Carlo Emanuele III: tra le proibizioni impostegli, il divieto di andare a caccia ogni giorno e di convivere negli stessi appartamenti della moglie. L'abdicazione divenne effettiva solo nel 1730. Il Re si ritirò in Savoia.
Ma la parte di gentiluomo di provincia non si addiceva al carattere di Vittorio Amedeo II. Presto prese ancora a porre la sua pesante mano sul governo del figlio e, come il marchese d'Ormea ebbe a dire:
« Qui a Torino c'è il teatro, a Chambéry la mano che muove i burattini. » |
Era una situazione insostenibile per Carlo Emanuele, ma egli si rassegnava alla volontà paterna.
Sotto la spinta della seconda moglie, la Marchesa di Spigno, Vittorio Amedeo II tentò di riprendere la Corona. Il suo isolamento aveva inasprito il suo carattere e vedeva il suo stato nelle mani di un figlio incapace. Così egli si espresse in riguardo alla sua abdicazione:
« L'atto è nullo e difettivo nella forma come nella sostanza. Ed è una gran fortuna che sia così; qui è tutto disordine e sono stato costretto a tornare in Piemonte per rimediare a tanta rovina. » |
Dichiarato nullo il suo atto di abdicazione, dunque, minacciò anche di far intervenire gli imperiali nelle contese con il figlio. Carlo Emanuele si vide costretto ad usare la forza: con il consenso unanime dei ministri, Vittorio Amedeo II venne arrestato a Moncalieri e accompagnato a Rivoli. La sua residenza venne presidiata da un forte contingente di truppe: gli era impedito di rimanere da solo.
Re Vittorio Amedeo reagì sulle prime con violenza: si temette persino che il furore lo portasse alla pazzia. Tutte le sue proteste furono inutili. Ottenne, solo dopo umilianti suppliche, che la Marchesa di Spigno fosse accompagnata a Rivoli nella sua dimora (essa era stata rinchiusa nella fortezza di Ceva, ove era consuetudine segregare le donne di facili costumi).
Il 5 febbraio 1731 fu colpito da un attacco apoplettico e la sua salute peggiorò drasticamente. Chiese di poter cambiare residenza. Carlo Emanuele III gli concesse di rimanere a Moncalieri, ove fu trasportato nell'aprile 1732 su una lettiga scortata da numerosi soldati. Ivi, nella desolazione, si spense la sera del 31 ottobre 1732.
Lo storico Domenico Carutti riferisce gli ultimi momenti di vita del principe:
« ...il padre Perardi, uno dei religiosi che assistevano il monarca agonizzante, parlavagli di Dio, e lo invitava a perdonare: non sapendo se egli intendeva ancora le sue parole, dissegli: Sire, se voi m'udite, se perdonate per ottener perdono, baciate questo crocifisso". Vittorio baciò fervosamente l'immagine del Redentore. Alle nove e sette minuti di sera, spirò. » | |
(D. Carutti, Storia del Regno di Vittorio Amedeo II, cap. XXVIII)
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Il marchese del Borgo, allora gran ciambellano, firmò l'atto di morte in data 1 novembre: era il tramonto di un uomo che per quasi mezzo secolo aveva dominato la scena politica italiana. La salma di Vittorio Amedeo II venne tumulata nella Basilica di Superga, dove tutt'oggi riposa.
[modifica] Eredità
Vittorio Amedeo II seppe destreggiarsi con abilità nelle complesse vicende politiche dell'epoca. I suoi passaggi di bandiera così repentini, che fecero dire a Luigi XIV che
« i Savoia non terminano mai una guerra sotto la stessa bandiera con cui l'hanno iniziata, » |
furono il capolavoro politico del Re. Tra i contributi dati dal Re alla città di Torino, si ricordano la riformulazione dell'Università, la costruzione di nuovi monumenti e chiese, affidati agli architetti Bertola e Juvara. In quegli anni il capoluogo sabaudo si ingrandì diventando il maggiore centro del territorio alpino. Nonostante il massacrante assedio del 1706 e le guerre precedenti e successive avessero ridotto la già esigua popolazione piemontese, sotto il governo del primo Re di Casa Savoia il Piemonte seppe assurgere al rango di maggiore degli Stati italiani. Ciò, bisogna dire, anche grazie all'intervento e alle volontà di Stati stranieri come l'Inghilterra, che vedevano come evento assai favorevole la creazione di una potente e salda monarchia in Italia, meglio ancora se questa nazione fosse stata ai piedi delle Alpi, in modo da frenare qualsiasi altro tentativo espansionistico della Francia. I governatori inglesi videro in Vittorio Amedeo II il personaggio adatto a realizzare questo loro progetto. Non furono certo solo i britannici a stringere accordi commerciali e militari con il Savoia: oltre a Londra, anche Vienna, dove risiedeva il cugino Eugenio, era dalla parte dei Piemontesi. Iniziava quel lento processo di modernizzazione che avrebbe portato, un secolo e mezzo dopo, all'Unità d'Italia.
[modifica] Matrimoni e figli
Dal suo matrimonio con Anna d'Orleans nacquero:
- Marie Adelaide (1685 – 1712), andata sposa a Luigi, duca di Borgogna, figlio di Luigi, il Gran Delfino, e quindi nipote in linea diretta del Re Sole. Fu madre di Luigi XV, re di Francia
- Maria Luisa Gabriella (1688 – 1713), andata sposa a Filippo V, re di Spagna
- Vittorio Amedeo (1699 - 1715), Principe di Piemonte
- Carlo Emanuele, (1701 – 1773), futuro Duca di Savoia e Re di Sardegna con il nome di Carlo Emanuele III
Il 12 agosto 1722, dopo la morte di Anna d'Orléans sposò segretamente in seconde nozze Anna Canalis di Cumiana, contessa di Cumiana, poi creata Marchesa di Spigno. Il matrimonio fu annunciato pubblicamente il 3 settembre 1722. Da questo matrimonio Vittorio Amedeo II non ebbe figli.
Ebbe invece due figli illegittimi da Giovanna Battista d’Albert de Luynes :
- Maria Vittoria Francesca (10 febbraio 1690-Parigi, 8 giugno 1766), andata sposa a Vittorio Amedeo, 3° principe di Carignano
- Vittorio Francesco Filippo (10 dicembre 1694-20 marzo 1762), sposa nel 1760 Maria Lucrezia Franchi di Ponte Chianale, senza figli.
[modifica] Note
- ^ L'unica sorella di Maria Giovanna Battista, Maria Francesca di Savoia-Nemours, si era sposata con Alfonso VI del Portogallo, ma aveva annullato il primo matrimonio ritirandosi in monastero, prendendo a pretesto il costume corrotto di Alfonso, e aveva in seconde nozze maritato Pedro, futuro Pietro II del Portogallo, dalla quale unione era nata una figlia
- ^ Lo storico Carutti, così ricorda il male del principe ereditario:
« Un'improvvisa febbre terzana da cui Vittorio Amedeo fu assalito nel mentre che il duca di Cadoval giungeva a Torino, fu prezioso argomento di ritardo. Madama Reale assicurò l'inviato portoghese che il male era di niun conto, e che fra pochi giorni Vittorio Amedeo sarebbe in grado di mettersi in via; ma la febbre non cessava, anzi, secondo l'espressione di un buon cronista contemporaneo, parea che il principe la tirasse di tasca ogni qual volta gli si parlava di matrimonio e di Portogallo » - ^ Solaro di Moretta, Trattati e gesta di Vittorio Amedeo II; Domenico Carutti, Storia del regno di Vittorio Amedeo II
- ^ Tra le tante citazioni dell'episodio, basti Cesare Balbo, Della Storia d'Italia; Età settima, delle preponderanze straniere.
- ^ Domenico Carutti, Storia del regnno di Vittorio Amedeo II, cap. XIX
[modifica] Bibliografia
- D. Carutti, Il Primo Re di Casa Savoia: Vittorio Amedeo II, Torino, 1897
- D. Carutti, Storia del Regno di Vittorio Amedeo II, Torino, 1863
- R. Palmarocchi, Sardegna Sabauda: il regno di Vittorio Amedeo II, Cagliari, 1936
- G. Symcox, Vittorio Amedeo II. L'assolutismo sabaudo 1675 - 1730, Torino, 1989
- V.E. Stellardi, Il Regno di Vittorio Amedeo II in Sicilia, Torino, 1862-1866
- M. Viora, Storia delle leggi sui Valdesi di Vittorio Amedeo II, Bologna, 1930
[modifica] Voci correlate
- Luigi XIV di Francia
- Reggimento Rehbinder
- Carlo Emanuele II di Savoia
- Carlo Emanuele III di Savoia
- Assedio di Torino del 1706
- Pietro Micca
- Trattato di Torino (1696)
- Trattato di Torino (1703)
- Regno di Sicilia
- Regno di Sardegna
- Grissini
[modifica] Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Vittorio Amedeo II di Savoia
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Vittorio Amedeo II di Savoia
[modifica] Collegamenti esterni
- I Capi di Casa Savoia
- La battaglia di Torino
- Info su Vittorio Amedeo II
- La basilica di Superga
- La reggia di Venaria
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Predecessore: | Duca di Savoia | Successore: | |
Carlo Emanuele II | 1675 - 1720 |
diventa Re di Sardegna |
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Predecessore: | Re di Sardegna | Successore: | |
già Duca di Savoia | 1720 - 1730 |
Carlo Emanuele III |
Re di Sardegna | |
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