Le Costituzioni di Sua Maestà
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Le costituzioni di Sua Maestà furono emanate da Vittorio Amedeo II di Savoia.
L'opera (in 6 libri) rappresenta il primo esempio di consolidazione giuridica[citazione necessaria]: riorganizzazione e razionalizzazione delle fonti preesistenti.
Vittorio Amedeo II riteneva che il sovrano dovesse essere il punto di riferimento essenziale per l'organizzazione istituzionale, conducendo così una politica antinobiliare, basandosi sulla frantumazione del feudo. Su proposta del ministro Platzaert dunque, il sovrano ordinò una ricompilazione delle vecchie leggi ed una loro riforma. Le idee erano volte ad una semplificazione del diritto ed una facile reperibilità della norma, imponendo il modo precettivo ed apodittico, togliendo ciò che era superfluo, in funzione dell'astrattezza e generalità della norma.
Si denota anche l'adesione all'idea di proporzionalità della pena: la gravità della pena doveva essere commisurata alla gravità del reato, limitando al massimo il potere arbitrario del giudice ("che in ogni parte si tolga quanto più possibile l'arbitrio ai giudici, tanto nella materia civile che criminale").
La prima redazione risale al 1723, la seconda è del 1729 con il titolo "Le costituzioni di S.M., il Re di Sardegna".
Nelle costituzioni è presente una gerarchia delle fonti: dapprima vengano applicate le "nostre costituzioni", successivamente " gli statuti locali approvati da noi", in defectu "le decisioni dei nostri magistrati", infine il testo della legge comune, ma con il divieto di citazione dottrinale: gli avvocati e i giudici devono astenersi dal dichiarare e citare espressamente quelli che sono stati i riferimenti alla dottrina giuridica precedente. La gerarchia e il divieto d'interpretazione vengono considerati come mezzo di difesa dello statuto. L'unico che può dare interpretazione della norma è il sovrano, neanche i supremi magistrati. Queste costituzioni erodono il diritto comune, specie per quanto concerne il diritto privato. La giurisprudenza dei tribunali piemontesi ha come punto di riferimento finale i tribunali regi. Nel 1770 Carlo Emanuele III riprese questo testo, ma ormai era considerato "vecchio" in seguito alle idee circolanti dell'illuminismo giuridico.