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Rivolta di Varsavia - Wikipedia

Rivolta di Varsavia

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Rivolta di Varsavia
Parte Seconda guerra mondiale

Monumento eretto a Varsavia e dedicato agli eroi della rivolta
Data: 1 agosto - 2 ottobre 1944
Luogo: Varsavia, Polonia
Esito: vittoria tedesca
Schieramenti
Armia Krajowa Germania
Comandanti
Tadeusz Bór-Komorowski
Antoni Chruściel
Tadeusz Pełczyński
Erich von dem Bach
Rainer Stahel
Heinz Reinefarth
Bronislav Kaminski
Effettivi
50.000 uomini 25.000 uomini
Perdite
18.000 morti
12.000 feriti
15.000 prigionieri
250.000 civili uccisi
10.000 morti
7.000 dispersi
9.000 feriti
Gli insorti
Gli insorti

Con il nome di Rivolta di Varsavia si indica l'iniziativa insurrezionale dell'Esercito Nazionale Polacco che fra il primo agosto ed il 2 ottobre 1944 combatté contro le truppe tedesche di occupazione allo scopo di liberare la città di Varsavia prima che l'esercito sovietico, ormai alle porte, la attaccasse.

Indice

[modifica] L'invasione della Polonia

L’esercito tedesco invase la Polonia il 1° settembre 1939 e, grazie alla superiorità tecnica delle sue divisioni corazzate ed all'uso innovativo dell'aviazione, sconfisse rapidamente l'esercito polacco, che si arrese il 27 settembre. A differenza di quello che sarebbe accaduto in Francia nella primavera del 1940, la Polonia non capitolò: i principali leader politici fuggirono a Londra dove costituirono un governo provvisorio, determinato a continuare la guerra contro i tedeschi a fianco degli alleati francesi e britannici.

[modifica] La resistenza polacca

Molti dei soldati e degli ufficiali che sfuggirono alla cattura rimasero fedeli al governo in esilio per continuare la resistenza contro i nazisti. Una parte di essi fuggì dal paese e, dopo una lunga marcia, raggiunse la Palestina (all'epoca colonia britannica) dove fu raccolta ed inquadrata dai britannici. Fra costoro vi erano i piloti che si distinsero nella battaglia d'Inghilterra contro la Luftwaffe e i soldati che combatterono sul fronte occidentale europeo e sul fronte italiano.

Una seconda parte rimase in patria e costituì un esercito clandestino - denominato Esercito Nazionale Polacco - comandato dal generale Komorowski (detto "Bor") ed in continuo contatto con il governo in esilio. L'Esercito Nazionale rimase militarmente inoperoso a lungo poiché non disponeva di armamenti sufficienti ad affrontare le truppe tedesche e poiché temeva che la risposta degli occupanti si traducesse in una rappresaglia contro la popolazione civile.

Nel 1944, quando la sconfitta tedesca appariva ormai inevitabile e l'Armata Rossa sovietica, comandata dal generale Rokossovskij, era penetrata in territorio polacco, il governo in esilio ed i vertici militari sentirono la necessità di prendere l’iniziativa. Oltre a voler combattere l’occupante nazista essi desideravano dimostrare agli Alleati di essere in grado di lottare per liberare la loro patria prima che fosse occupata dai sovietici. Infatti, dopo la spartizione della Polonia - che Germania ed Unione Sovietica avevano concordato nel 1939 con un protocollo segreto allegato al patto di non aggressione noto con i nomi di Molotov e di Ribbentrop - i sovietici erano considerati degli invasori più che dei liberatori, ed era forte nei polacchi il desiderio di liberare perlomeno la propria capitale con le loro sole forze. Sull'Unione Sovietica e su Stalin pesava inoltre l'onta del massacro di Katyn, località dove i sovietici, nella primavera del 1940, avevano trucidato migliaia di polacchi, fra cui molti ufficiali dell'esercito, tentando di attribuirne la responsabilità ai tedeschi.

[modifica] L'inizio della rivolta

Alla fine di luglio del 1944 le armate di Rokossovskij erano giunte sulla riva destra della Vistola, che attraversava la periferia orientale della capitale e dai tetti della case di Varsavia era possibile vedere gli accampamenti dei sovietici; i tedeschi erano consapevoli dell’imminente avanzata nemica. L’idea di una insurrezione contro forze superiori era quindi legittimata dalla convinzione che, all’occorrenza, i sovietici sarebbero intervenuti in soccorso dei polacchi. La rivolta scattò alle ore 17 del primo agosto e colse di sorpresa la guarnigione tedesca. Tuttavia gli uomini di Komorowski disponevano solamente di armi leggere, di poche mitragliatrici e di alcuni cannoni controcarro; anche l’addestramento era, per forza di cose, approssimativo, e le prime offensive si risolsero in bagni di sangue privi di risultati apprezzabili. Ben presto Komorowski detto 'Bor', che disponeva di circa 45.000 uomini, fu costretto a ripiegare su tattiche di guerriglia urbana, mentre sul fronte tedesco il comando delle operazioni fu affidato al generale delle SS Erich von dem Bach ai cui ordini, oltre alla guarnigione di stanza, furono destinati alcuni reparti dell’esercito e delle Waffen-SS per un totale di circa 50.000 effettivi.

[modifica] Gli scontri e il rifiuto sovietico

Il conflitto trasformò Varsavia in un inferno che colpì duramente la popolazione civile, stretta fra i due fuochi, stremata dall’improvvisa scomparsa di generi alimentari ed oggetto della brutale repressione. Heinrich Himmler, superiore di von dem Bach in qualità di comandante supremo delle SS e responsabile della germanizzazione delle zone occupate dalle forze del Reich, diede ordine di uccidere senza distinzione di età, di sesso e di funzione; i militari tedeschi erano quindi autorizzati a sparare anche ai bambini, alle donne, al personale medico ed ai religiosi, nonché a bombardare e ad incendiare gli edifici senza curarsi di chi li occupava.

L’auspicato soccorso sovietico non vi fu e le rimostranze del governo polacco si infransero contro il Primo ministro britannico Winston Churchill. Questi cercò dapprima di convincere Stalin ad intervenire a fianco degli insorti e quindi, di fronte al disinteresse del Cremlino, organizzò dei soccorsi aerei per gli uomini di Boor. I voli partivano da Brindisi e, dopo una pericolosa e lunga trasvolata, gli aerei paracadutavano sulla capitale polacca armi, medicinali e viveri che, in buona parte, finivano in mano tedesca. Col passare del tempo la situazione bellica volse a favore delle truppe di von dem Bach, sebbene la tenacia degli insorti fosse tale da meritare perfino il riconoscimento di Radio Berlino.

[modifica] Fine della rivolta

La resa dell’Esercito Nazionale fu siglata il 2 ottobre 1944 da Komorowski e da von dem Bach. I tedeschi riconobbero agli insorti ed ai civili catturati lo status di prigionieri di guerra, tutelati quindi dalla convenzione di Ginevra, ma imposero la deportazione di quasi mezzo milione di persone in previsione dell’esecuzione di uno dei più insensati ordini di Adolf Hitler: la totale distruzione della città di Varsavia.

L’attuazione delle condizioni di resa fu surreale: i civili ed i militari polacchi sfilarono orgogliosamente per la città, consegnandosi ai militari tedeschi mentre a pochi chilometri di distanza, oltre la Vistola, stazionava inerte quello stesso esercito sovietico che altrove stava combattendo tenacemente contro la Wehrmacht.

Una volta sgomberata dalla popolazione, Varsavia fu distrutta, casa per casa, da corpi delle SS sottratti al combattimento per tale scopo, prima che l’Armata Rossa, solamente nel gennaio del 1945, penetrasse nella capitale abbandonata dai nazisti e ridotta in macerie. Il tragico epilogo della rivolta incrinò i rapporti fra gli alleati ed il governo polacco che il 3 ottobre 1944 rilasciò il seguente comunicato:

« Non abbiamo ricevuto alcun sostegno effettivo... Siamo stati trattati peggio degli alleati di Hitler in Romania, in Italia e in Finlandia. La nostra rivolta avviene in un momento in cui i nostri soldati all’estero stanno contribuendo alla liberazione di Francia, Belgio e Olanda. Ci riserviamo di non esprimere giudizi su questa tragedia, ma possa la giustizia di Dio pronunciare un verdetto sull’errore terribile col quale la nazione polacca si è scontrata e possa Egli punirne gli artefici. »

[modifica] Bibliografia

  • N. Davies, La Rivolta, Milano, Rizzoli, 2004.ù

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Altri progetti


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