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Boris Godunov (opera) - Wikipedia

Boris Godunov (opera)

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Boris Godunov

Feodor Chaliapin ritratto da A. J. Golovin
nel ruolo di Boris Godunov (1912)
Titolo originale: Борис Годунов
Lingua originale: Russo
Genere: Dramma epico
Musica: Modest Musorgskij
spartito online
Libretto: Modest Musorgskij
Libretti online:
versione russa (Latino)
versione russa (Cirillico)
versione italiana
versione tedesca
Fonti letterarie: Borís Godunóv di Aleksàndr Puškin, Storia dello Stato Russo di Nikolai Karamzin
Atti: quattro, con un prologo
Epoca di composizione: ottobre 186815 dicembre 1869 (prima versione orig.)
187123 giugno 1872 (seconda versione orig.)
Prima rappresentazione: 8 febbraio 1874 (seconda versione orig.)
Teatro: Teatro Mariinskij, San Pietroburgo
Prima rappresentazione italiana: 1930, Festival Lirico Areniano (versione di Rimski-Korsakov in italiano), 25 maggio 1940, Maggio Musicale Fiorentino (seconda versione orig.)
Teatro: Arena di Verona (1930), Teatro Comunale di Firenze (1940)
Versioni successive:
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Personaggi:
Autografo:
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« Sgorgate, sgorgate, lacrime amare,
piangi, piangi, anima ortodossa!
Presto arriverà il nemico e saranno le tenebre
tenebre oscure, impenetrabili.
Dolore, dolore sulla Russia!
Piangi, piangi, popolo russo, popolo affamato! »
(Canto finale dell'Innocente,
Atto IV, Scena 2
)

Boris Godunov (in russo Борис Годунов, Borís Godunóv) è un'opera lirica [1] di Modest Petrovič Musorgskij, su libretto proprio, basata sul dramma omonimo di Aleksàndr Sergeevič Puškin e sulla Storia dello Stato Russo di Nikolai Mikhailovič Karamzin. È la sola opera lirica completata da Musorgskij ed è considerata il suo capolavoro; oltre ad essere una pietra miliare della scuola russa ottocentesca, influenzerà in maniera non indifferente la musica europea di gran parte del Novecento. La musica è stata composta con quel particolare stile che riflette la profonda conoscenza del compositore verso la musica popolare del suo paese e che rifiuta volontariamente l'influenza delle scuole operistiche tedesca e italiana. Pushkin ha basato il suo dramma sul personaggio storico di Boris Godunov traendo larghe ispirazioni dall’Amleto di William Shakespeare. Una migliore comprensione dell’opera può essere facilitata dalla conoscenza degli eventi storici attorno al cosiddetto Periodo dei Torbidi, quel periodo di interregno dominato da un’anarchia assoluta seguente alla fine della Dinastia dei Rurik (1598) e precedente alla Dinastia dei Romanov (1613).

Nell’opera lirica, ambientata tra il 1598 e il 1605, Boris Godunov diventa Zar di tutte le Russie dopo l'uccisione, avvenuta in circostanze misteriose, dell’erede legittimo al trono, Dmitrij, e spodestando di fatto il successore legittimo, il figlio Fëdor II considerato mentalmente inabile per regnare. Nonostante gli sforzi per mantenere una condotta di regno più umana rispetto al predecessore – Ivan IV detto Ivan il Terribile – la Russia precipita presto nel caos e nella povertà. Un giovane monaco, Grigorij, dopo una fuga rocambolesca dal monastero si fa passare per il falso Dmitrij e riesce a sposare Marina Mniszech, una nobile polacca; dopo aver convinto il re di quel paese della legittimità del suo matrimonio, il falso Dmitrij organizza l'invasione della Russia da parte delle truppe polacche. Boris Godunov, assillato da sensi di colpa e in preda ad allucinazioni, precipita nella follia e muore.

Indice

[modifica] Nascita e diffusione dell'opera

Il capolavoro di Musorgskij esiste in due versioni autentiche: la versione originale del 1869 in sette scene non venne accettata al fine della sua messa in scena, e venne eseguita per la prima volta quasi cinquant'anni dopo la morte del compositore, il 16 febbraio 1928 a Leningrado. La seconda versione del 1872 in un prologo e quattro atti, profondamente revisionata dall'autore, venne messa in scena per la prima volta l'8 febbraio [2]1874 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Questa seconda versione include elementi nuovi che non si ritrovano nel dramma di Puškin e dà una rappresentazione in qualche modo differente dello zar Boris Godunov. Soltanto nel 1997 verranno rappresentate le due versioni originali nel Teatro dell'Opera di Kirov, con diversi cantanti a sostenere il ruolo di Boris.

Con la morte di Fëdor Dostoevskij, avvenuta nel 1881, Musorgskij compose di getto ed eseguirà una marcia funebre basata su temi musicali ripresi dall'opera stessa. Dopo la morte del compositore, il suo capolavoro operistico è stato eseguito diverse volte; venne composta una nuova partitura orchestrale da Nikolaj Rimskij-Korsakov, nel 1896, eseguita per la prima volta a Mosca nel 1898 e rivista nel 1908; questa versione, considerata più raffinata e convenzionalmente più efficace è stata anche quella più eseguita per diversi decenni e ancora rappresentata ai nostri giorni in Russia. In Occidente, tuttavia, le due orchestrazioni originali di Musorgskij vennero scoperte e apprezzate da critica e pubblico soltanto in tempi recenti, con le loro tonalità musicali più approssimative e scure, più aderenti ai connotati della storia raccontata. Le due versioni dell'opera sono state orchestrate anche da Dmitrij Šostakovič tra il 1939 e il 1940 e in questa veste vennero messe in scena per la prima volta nel 1959 a Leningrado. Inoltre, nella storia delle sue rappresentazioni, oltre alla lingua originale russa ha avuto molteplici versioni adattate nelle lingue principali – inglese, francese, tedesco e italiano – e in diverse altre.

In Italia ebbe una prima diffusione negli anni trenta con l'orchestrazione di Rimski-Korsakov e un adattamento italiano al testo originale manipolato piuttosto pesantemente. La prima rappresentazione venne tenuta nel 1930 al Festival Lirico dell’Arena di Verona, mentre la prima incisione discografica in italiano avvenne nel 1939. La prima rappresentazione della seconda versione originale avvenne il 25 maggio 1940 al Teatro Comunale di Firenze nel corso del Maggio Musicale Fiorentino, sotto la direzione di George Georgesco, la regìa di Guido Salvini e le coreografie di Aurel Milloss. In seguito la manifestazione musicale del capoluogo toscano allestirà altri sei volte l'opera di Musorgskij, l’ultima nel 2005. Tra i direttori d'orchestra, Claudio Abbado firmerà nel 1979 un allestimento al Teatro alla Scala di Milano, nonché una straordinaria messa in scena al Covent Garden nel 1983 con la regìa teatrale di Andrej Tarkovskij – ripresa nel 1991 – e una incisione discografica nel 1993. Della versione del 1908 di Rimski-Korsakov, Herbert von Karajan nel 1970 incise quella che è considerata da molti l'interpretazione più riuscita. Valeri Gergiev fu il primo direttore nel 1997 a incidere entrambe le versioni autoriali dell'opera. Grandi cantanti hanno poi ricoperto il ruolo principale di Boris nel corso degli anni: da ricordare su tutti Feodor Šaljapin, Boris Christoff, Nicolai Ghiaurov e, tra gli italiani, Ezio Pinza, Nicola Rossi-Lemeni e Ruggero Raimondi.

[modifica] Ruoli

Russo Italiano Descrizione Voce
Борис Годунов Boris Godunov Zar di Russia Basso o Baritono
Фёдор Fëdor II Il figlio di Boris Mezzosoprano
Ксения Ksenija La figlia di Boris Soprano
Мамка Ксении La nutrice Nutrice di Ksenija Mezzosoprano o Contralto
Князь Василий Шуйский Principe Vasilij Ivanovič Šujskij Un boiardo Tenore
Андрей Щелкалов Andrey Shchelkalov Il Segretario (Podyachy) della Duma Baritono
Пимен Pimen Il monaco cronachista Basso
Самозванец под именем Григория Grigoriy Otrepyev Il Pretendente al Trono Tenore
Марина Мнишек Marina Mniszech La figlia del Voivoda di Sandomir Mezzosoprano
Рангони Rangoni Il gesuita Basso
Варлаам Varlaam Il vagabondo ex monaco Basso
Мисаил Misail Il vagabondo ex monaco Tenore
Хозяйка корчмы (Шинкарка) L’ostessa L’ostessa della locanda Mezzosoprano
Юродивый Lo Yurodivïy L’Innocente Tenore
Никитич Nikitich Capo delle guardie Basso
Митюха Mityukha Un uomo del popolo Basso
Ближний боярин Un boiardo Un boiardo di corte Tenore
Хрущов Crushchov Un boiardo Tenore
Лавицкий Lavickij Un gesuita Basso
Черниковский Chernikovskij Un gesuita Basso
Uomini del popolo, guardie, vagabondi, pellegrini erranti e loro guide, popolo di Mosca, boiardi e loro figli, Strelizi, guardie del corpo, monaci, nobili polacchi e loro mogli, ragazze di Sandomir, monelli Coro, ruoli muti

[modifica] Trama dell’opera

Matvey Shishkov e Mikhail Bocharov disegnarono le scenografie usate nella prima rappresentazione teatrale del dramma di Pushkin nel 1870 e nella prima performance assoluta dell’opera di Musorgskij nel 1874. Qualcuno dei loro schizzi accompagna la trama di seguito esposta. Tra parentesi e in corsivo vengono indicate le arie, i cori e i motivi principali.


[modifica] Prologo, Scena 1

Disegno di Shishkov per la scena del Monastero di Novodevičij (1870)
Disegno di Shishkov per la scena del Monastero di Novodevičij (1870)

"Il Cortile del Monastero di Novodevičij, nei dintorni di Mosca (febbraio 1598)." Dopo una introduzione orchestrale ("Il motivo di Dmitrij") la tela apre su uno spiazzo nel cortile del luogo di meditazione, dove da diversi giorni si è ritirato il boiardo Boris Godunov designato a cingere la corona imperiale dopo la morte, senza eredi, dello zar Fedor I. Nikitich, il capo delle guardie, ordina al popolo, che sosta in permanenza sotto le mura del convento, a rinnovare le preghiere affinché Boris accetti il trono. La folla, pigra e immobile, canta un coro di supplica ("A chi ci abbandoni, padre nostro?"). Un gruppo di contadine entrano in crescente agitazione e inizia tra loro un diverbio, interrotto soltanto dall’apparizione della guardia con fare minaccioso. Le donne si rimettono in ginocchio a pregare e la folla rientra nella precedente immobilità. Andreij Shchelkalov, il Segretario della Duma, scende le ampie scale del convento e informa il popolo che Boris è intenzionato a rifiutare il trono della Russia ("Veri credenti! Il boiardo è irremovibile!"), e rinnova le preghiere per farlo desistere da tale proposito. Entra in scena una processione di pellegrini erranti con le loro guide che intonano un inno ("Gloria a Te, Creatore altissimo"), esortando il popolo ad annientare quello spirito di anarchia rappresentato dal drago che porta discordia nella Russia, distribuendo loro immagini sacre e amuleti ed entrando nel monastero per incontrare Boris. I presenti discutono quanto detto dai pellegrini. Molti rimangono piuttosto perplessi. Il capo delle guardie interrompe qualsiasi discussione ordinando al popolo di presentarsi il giorno seguente al Cremlino di Mosca. Il popolo si disperde.

[modifica] Prologo, Scena 2

Disegno di Bocharov per la scena della Piazza della Cattedrale del Cremlino (1874)
Disegno di Bocharov per la scena della Piazza della Cattedrale del Cremlino (1874)

"Piazza della Cattedrale del Cremlino di Mosca (1598)." Dopo il motivo orchestrale introduttivo, basato sulle campane che suonano a distesa suggerendo manovre politiche alla base dell’Incoronazione, dal sagrato della Cattedrale dell’Assunzione, il principe Šujskij esorta il popolo a glorificare il nuovo zar Boris. Quest’ultimo intona un canto di lode ("Come la gloria dello splendido sole nel cielo"), e una solenne processione di boiardi esce dalla Cattedrale. Il popolo ringrazia ancora. Boris appare sul sagrato della cattedrale. L’urlo di "Gloria!" registra un crescendo e quindi si spegne. Boris lascia il popolo con un penetrante monologo ("La mia anima si rattrista") dirigendosi verso gli appartamenti reali. Qui, egli prega l’Onnipotente sperando di guidare il suo popolo con regole buone e giuste. Egli invita il popolo a grandi festeggiamenti e quindi procede verso la Cattedrale dell’Arcangelo per visitare le tombe dei regnanti russi precedenti. Il popolo desidera una lunga vita per Boris ("Gloria! Gloria! Gloria!"). Un breve subbuglio presso la cattedrale. Le guardie, dopo una lotta molto serrata, riescono a mantenere l’ordine. Il popolo riesuma il grido di "Gloria!"

[modifica] Atto I, Scena 1

Il Monastero dei miracoli di Chudov, oggi Monastero dell’Assunzione, in una foto di fine Ottocento.
Il Monastero dei miracoli di Chudov, oggi Monastero dell’Assunzione, in una foto di fine Ottocento.

"Una cella del Monastero di Chudov, dentro il Cremlino di Mosca (1603)." Pimen, un monaco anziano, scrive una cronaca ("Ancora uno, l’ultimo racconto") della storia russa. Il giovane novizio Grigorij si sveglia da un’orribile e profetico sogno, e lo confessa a Pimen, nel quale egli saliva una ripida scala su un’alta torre, segnato a dito dal popolo moscovita, e cadeva a precipizio. Pimen lo avvisa di rendersi docile con la preghiera e il digiuno. Grigorij si lamenta di avere lasciato troppo presto gli affari mondani per diventare un monaco. Invidia a Pimen la sua vita precedente così ricca di avventure. Pimen aveva visto e approvato il comportamento di Ivan il Terribile e suo figlio Fedor, che esibiva grande devozione spirituale, entrando in contrasto con Boris, considerato un regicida. Alla richiesta di Grigorij, Pimen racconta nei dettagli la scena dell’uccisione di Dmitrij Ivanovich, al quale aveva assistito personalmente a Uglic. Dopo la scoperta di avere un’età praticamente simile all’erede trucidato, Grigorij concepisce immediatamente l’idea di farsi passare come pretendente al trono. Pimen ascolta i rintocchi per il Mattutino, e quando è in procinto di allontanarsi per pregare, Grigorij gli dichiara che Boris non potrà sfuggire alla giustizia degli uomini, né tantomeno a quella di Dio. Quindi fugge dalla cella del Monastero.

[modifica] Atto I, Scena 2

Disegno di Shishkov per la scena della taverna (1870)
Disegno di Shishkov per la scena della taverna (1870)

"Una taverna alla frontiera lituana (1603)." Dopo una breve introduzione orchestrale basata sui tre temi musicali predominanti della scena, l’ostessa entra e canta una filastrocca ("Avevo un anatroccolo grigio-azzurro"). Viene interrotta verso la fine da voci e risate. I vagabondi Varlaam e Misail, che chiedono offerte per le anime, e il loro compagno Grigorij, in abiti da contadino, arrivano ed entrano. Dopo ripetuti scambi di saluto, Varlaam dando di gomito al compagno richiede un po’ di vino. Quando l’ostessa rientra con una bottiglia, egli beve e intona una feroce canzone sulla comquista di Kazan da parte di Ivan il Terribile ("Questo accadde nella città di Kazan"). I due vagabondi monaci bevono a lungo e invitano il compagno a fare altrettanto. Grigorij, non avendone voglia, domanda all’ostessa del viaggio in direzione dei confini della Lituania. Un ufficiale di polizia entra in ricerca del monaco eretico fuggitivo (Grigorij) scappato del Monastero di Chudov dichiarando di voler diventare zar a Mosca. Durante il discorso di Varlaam i sospetti dell’ufficiale di polizia ricadono su di lui tanto da far dire di aver trovato colui che cercava. Egli non sa leggere l’ordinanza di arresto, così naturalmente Grigorij si offre volontario per leggerla. Lo fa a voce alta ma, guardando con cautela Varlaam, sostituisce abilmente la descrizione di Varlaam con la sua. L’ufficiale dà ordine di bloccare Varlaam, che protesta la sua innocenza e domanda di leggere lui stesso l’editto. Quando legge la vera descrizione del sospetto, che naturalmente è Grigorij, costui con destrezza brandisce un coltello e salta dalla finestra.

[modifica] Atto II, Scena 1

Gli appartamenti privati dello zar al Cremlino in un dipinto di Giacomo Quarenghi del 1797.
Gli appartamenti privati dello zar al Cremlino in un dipinto di Giacomo Quarenghi del 1797.

"Gli appartamenti privati dello zar al Cremlino di Mosca (1604)." Ksenija, la figlia adolescente di Boris, osserva in lacrime un ritratto del suo fidanzato che è morto, cantando una breve aria ("Dove sei, mio promesso sposo?"). La nutrice e suo fratello Fedor tentano di consolarla con qualche canzone ("La zanzara tagliava la legna" e "La canzone di questo e quello"). Boris entra all’improvviso in uno stato di agitazione, rivolge parole affettuose a Ksenija, e infine la congeda insieme alla nutrice. Si intrattiene quindi con Fedor, intento alla consultazione della carta dell’immenso impero sul quale un giorno dovrà regnare, si compiace e lo incoraggia a proseguire nei suoi studi, ed esterna le sue emozioni in un lungo e fine monologo ("Ho raggiunto il potere supremo"). Il suo stesso potere lo angoscia, e non riesce ad allontanare da sé il ricordo del delitto con il quale è riuscito a conquistare l’Impero. Neppure nelle gioie della famiglia trova conforto, e ora che una carestia terribile si è abbattuta sulla Russia il popolo lo ritiene colpevole di tutte le sventure che affliggono il paese. Il boiardo di corte gli annuncia l’arrivo del principe Vasilij Ivanovič Šujskij, confidente e consigliere scaltro e ambizioso, [3] che deve comunicare allo zar una notizia importante. Fedor ritorna e rivela che le grida improvvise di alcune donne si riferivano alla storia ("Il nostro pappagallo stava nel salotto") del loro pappagallo che, rifiutando di essere scacciato, le beccava tutte quante. Boris accarezza amorevolmente il figlio e dà avvisi minacciosi a Šujskij che entra giusto in quel momento, avvicinandosi allo zar con fare rispettoso. Un Pretendente è apparso in Lituania. Boris, arrabbiato, domanda la sua identità. Šujskij rivela che il Pretendente potrebbe attirare il favore della folla con il nome di Dmitrij, aggiungendo che la rivolta guadagna ogni giorno terreno. Scosso da questa rivelazione, Boris congeda Fedor. In preda al terrore, domanda a Šujskij la conferma della morte di Dmitrij: costui rievoca i particolari del delitto e la sua ispezione nella piazza dove fu ritrovato il cadavere del fanciullo ("A Uglic, nella cattedrale"). Ma rivela anche un miracolo accaduto sul viso del fanciullo. Boris, dopo aver lanciato un urlo, non regge al macabro racconto, e in preda a rimorsi di coscienza, si aggrappa a un braccio della poltrona e fa segno a Šujskij di andarsene. Un orologio inizia i suoi rintocchi e Boris cade in preda ad allucinazioni. Lo spettro del fantasma del defunto Dmitrij gli appare e attribuisce la responsabilità del delitto al popolo ("Via, via, bambino! Non io... la volontà del popolo!"). Crolla al suolo, supplicando Dio di avere pietà della sua anima.

[modifica] Atto III, Scena 1

Disegno di Shishkov per la scena della camera di Marina Mniszech (1870)
Disegno di Shishkov per la scena della camera di Marina Mniszech (1870)

"La camera di Marina nel Castello di Sandomir, Polonia (1604)." Le damigelle cantano una canzone delicata e sentimentale ("Sulla Vistola azzurra") per intrattenere la principessa Marina Mniszech mentre la cameriera Ruzia le pettina i capelli. Marina si sta preparando alla festa che avrà luogo quella sera stessa, ma a un certo punto, vinta dalla noia, dichiara di preferire canti eroici della cavalleria in battaglia. Lei congeda le damigelle e la cameriera. Rimasta sola, rammenta un invitato che le sta particolarmente a cuore e che è innamorato di lei ("Quanto penosa e fiacca"), un impostore proveniente da Mosca che si fa chiamare Dmitrij. La donna ambisce di legarsi a lui, incantata dalle avventure, dal potere, e la gloria. Il gesuita Rangoni entra e richiede a Marina il mantenimento di una promessa che dovrà eseguire una volta diventata zarina: di convertire gli eretici di Mosca (Chiesa Ortodossa) alla vera fede (Chiesa Cattolica Romana). Quando Marina risponde che non ha la forza di realizzare un progetto simile, Rangoni contrariato ribatte che se le fosse richiesto dovrà sacrificare tutto, compreso il suo onore, per obbedire ai dettami della chiesa. Marina esprime disprezzo per le sue insinuazioni ipocrite, lo maledice e gli intima di andarsene. Rangoni vede negli occhi di lei la scintilla delle fiamme infernali. Marina getta un grido e cade ai piedi del gesuita. Rangoni gli intima di sottomettersi e Marina si adegua per timore del castigo divino.

[modifica] Atto III, Scena 2

Disegno di Shishkov per la scena del giardino nel castello dei Mniszech (1870)
Disegno di Shishkov per la scena del giardino nel castello dei Mniszech (1870)

"Castello dei Mniszech a Sandomir. Un giardino con fontana. Una notte di luna (1604)." Dopo l’apertura con l’accompagnamento di violini e arpa di una versione del "Motivo di Dmitrij", il Pretendente attende Marina che gli ha dato un appuntamento a mezzanotte, nel giardino del castello del padre della donna. Rimane pensieroso e Rangoni, furtivamente, lo trova. Naturalmente, porta un nuovo messaggio di Marina. Lei lo ama e giungerà presto sul luogo. Il Pretendente promette di innalzare la sua amata sul trono degli zar facendone la sua moglie. Accusa Rangoni di aver mentito sull’amore di Marina. Rangoni, naturalmente, vorrebbe che il Pretendente lo considerasse come un padre, in modo di seguirlo in ogni passo e di proteggerlo. Il Pretendente gli dice di non separarsi da lui se prima non concede di vedere e di abbracciare Marina. Rangoni convince il Pretendente di nascondersi alla vista dei nobili polacchi i quali, uscendo dal castello, ballano una danza tradizionale, la Polonaise. Marina viene corteggiata, durante il ballo, tra le braccia di un vecchio signore. Gli ospiti sperano di conquistare presto il trono e l’impero moscovita, distruggere l’armata di Boris, e catturarlo. Loro ritornano nel castello. Il Pretendente entra di corsa, divincolandosi, Marina appare e non gli parla più come un’innamorata. Lei, naturalmente, vuole sapere soltanto quando diventerà il nuovo zar, dicendo di essere sedotta soltanto dal trono e dalla corona. Il Pretendente si getta ai suoi piedi, ma lei lo respinge, chiamandolo insolente e scagnozzo. Quando gli rinfaccia la vita passata, lui le dice di voler partire il giorno seguente alla testa della sua valorosa compagnia per arrivare a Mosca e, di lì, al trono. Quando diventerà zar avrà piacere di guardarla e ridere di lei, e ordinerà a tutti di fare altrettanto. Lei cambia il suo tono quando il Pretendente inizia a trattarla come una regina, insieme intonano un duetto ("Oh zarevich, io ti prego"), dove infine ammette il suo amore. Rangoni sguscia fuori dal nascondiglio, compiaciuto di aver visto i risultati della sua persuasione.

[modifica] Scena aggiunta

La piazza della Cattedrale del Cremlino in un dipinto di Giacomo Quarenghi del 1797.
La piazza della Cattedrale del Cremlino in un dipinto di Giacomo Quarenghi del 1797.

"La Piazza della Cattedrale di San Basilio a Mosca (1605)." [4] Una grande folla si accalca davanti alla Cattedrale dell’Intercessione di San Basilio sulla piazza del Cremlino. Diversi sono mendicanti, le guardie compaiono soltanto occasionalmente. Un gruppo di uomini entra, discutendo l’anatema che il diacono ha decretato sul Grishka (Grigorij) Otrepyev alla massa. Identificano Grishka come l’erede al trono. Con un eccitazione sempre più crescente cantano dell’avanzamento del suo esercito lungo la foresta di Kromi, della sua intenzione di riprendere il trono del padre, e della morte che ha giurato di dare all’intera stirpe dei Godunov. Uno Yuródivïy (Innocente) entra nella cattedrale seguito da alcuni monelli. Costui canta una canzone senza senso alla luna, ai bambini che piangono, infine rivolge la sua preghiera a Dio. I monelli lo perseguitano colpendo ripetutamente il suo cappello di metallo. L’Innocente ha un copeco, che i ragazzini gli sottraggono prontamente. Inizia a gemere pateticamente. Lo zar si presenta dentro la Cattedrale. I monelli richiedono un’ elemosina mentre in un potente coro ("Padre benefattore, da’ a noi il pane") il popolo affamato insiste per avere da mangiare. Mentre il coro si abbassa, le grida dell’Innocente vengono udite. Boris domanda il motivo del pianto. L’Innocente denuncia il furto del copeco e ordina a Boris l’uccisione dei ragazzini, così come è stato nel caso dello zarevich Dmitrij. Šujskij desidera gettare fuori l’Innocente, ma Boris preferisce richiedere preghiere per quell’uomo santo. Come Boris esce dalla cattedrale, l’Innocente dichiara che non pregherà per uno zar regicida, maledicendolo di fatto. Quindi, inizia a cantare il suo lamento ("Sgorgate, sgorgate, lacrime amare!") sulle sorti future della Russia.

[modifica] Atto IV, Scena 1

Disegno di Shishkov per la scena della sala Granovitaja (1870)
Disegno di Shishkov per la scena della sala Granovitaja (1870)

"La sala Granovitaja nel Cremlino di Mosca (1605)." Una sessione della Duma si sta svolgendo. L’assemblea dei boiardi ascolta le informazioni fornite da Andrej Scelkalov sulle richieste avanzate dal Pretendente che decidono sul loro destino. Dopo alcune discussioni, i boiardi acconsentono in un potente coro ("Allora, iniziamo a votare, boiardi"), che il Pretendente e i suoi simpatizzanti dovrebbero essere messi a morte. Šujskij, del quale diffidano, arriva alla sala con una storia interessante. Mentre lasciava l’appartamento privato dello zar in sua presenza, egli osservava Boris tentare di scacciare via il fantasma del defunto zarevic Dmitrij, esclamando: "Via da me, via da me, bambino!" I boiardi accusano Šujskij della diffusione di notizie inventate. Naturalmente, giusto in quel momento, Boris entra, echeggiando Šujskij: "Via da me, bambino!" I boiardi sono totalmente sconvolti. Dopo che Boris ha ripreso i sensi, Šujskij lo informa che un monaco anziano richiede di essere ascoltato. Pimen entra e racconta la storia ("Una volta, sul far della sera") di un cieco che ha sentito la voce dello zarevic in un sogno. Dmitrij gli ha insegnato la strada per arrivare a Uglic e pregare sulla sua tomba, per poter eseguire nel paradiso molti miracoli. L’uomo ha obbedito ai suoi insegnamenti e come premio ha riavuto la vista. Questa storia è il colpo finale per Boris. Nomina ancora suo figlio, dichiarando di essere vicino alla morte ("Addio, figlio mio, sto morendo"), e dà i suoi ultimi consigli. In una scena drammatica e commovente ("Le campane! Suonano a morto!"), Boris cessa di vivere.

[modifica] Atto IV, Scena 2

"Una foresta nei pressi di Kromij (1605)." Una musica tempestosa accompagna l’entrata di un nutrito gruppo di vagabondi che hanno catturato il boiardo Chrushkov. La folla si piega al suo cospetto in un omaggio irridente ("Non è un falco che vola sopra il cielo"). Uno Yuródivïy (Innocente) entra in scena, seguito da alcuni monelli. Costui canta una canzone senza senso alla luna, ai bambini che piangono, infine rivolge la sua preghiera a Dio. I monelli lo perseguitano colpendo ripetutamente il suo cappello di metallo. L’Innocente ha un copeco, che i ragazzini gli sottraggono prontamente. Inizia a gemere pateticamente. Varlaam e Misail ascoltano a debita distanza i canti sui crimini commessi da Boris e i suoi seguaci prima di entrare in scena. La folla sta tentando una congiura ("Un coraggio ardito sorge e si diffonde") tesa a denunciare Boris. Due gesuiti vengono sentiti a distanza cantare in latino, pregando il loro Dio che salvi Dmitrij. Entrano in scena e i vagabondi si preparano a compiere giustizia sommaria su di loro con l’impiccagione, e fanno appello alla Vergine Santa implorando aiuto. Una processione di araldi annuncia l’arrivo dell’esercito di Dmitrij. Varlaam e Misail, non riconoscendolo come il loro compagno che avevano seguito nell’osteria sino al suo ingresso in Lituania, lo glorificano ("Gloria allo zarevich!") insieme alla folla. Il Pretendente richiama e fa spostare da un lato tutti quelli perseguitati da Boris Godunov, libera il boiardo Chrushkov, e continua la sua marcia verso Mosca. Mentre la folla si allontana, l’Innocente è l’unico a rimanere cantando una canzone struggente ("Sgorgate, sgorgate, lacrime amare!") sull’arrivo del nemico, delle tenebre oscure e impenetrabili, e del dolore che è in procinto di abbattersi sulla Russia.

[modifica] Storia della composizione

Modest Mussorgsky nel 1870, poco dopo la fine della composizione della prima versione del Boris Godunov.
Modest Mussorgsky nel 1870, poco dopo la fine della composizione della prima versione del Boris Godunov.
« Ricordo che quando componevo il “Boris” vivevo in Boris. »
(Modest Musorsgkij in una lettera a Vladimir Stasov del 1872)

Nel settembre 1868 il quasi trentenne Musorgskij era ospite della sorella di Michail Glinka, Ljudmila Sestakova, la cui casa era il punto di ritrovo di una generazione giovane di intellettuali russi impegnati nella realizzazione di una cultura autentica nazionale. Musorgskij aveva da poco abbandonato le sue esibizioni al pianoforte in accompagnamento nelle più famose arie operistiche di Verdi ed era alla ricerca di un valido argomento sul quale concentrarsi a fondo, a differenza delle sue prime prove abbozzate come nel Salambò [5] e nel Matrimonio. L'idea di comporre un'opera lirica basata sul dramma Boris Godunov di Puskin [6] fu dello storico e letterato Vladimir Nikolskij, un'autorità in materia. La Sestakova già il giorno seguente procurò una copia del dramma inserendo tra le pagine stampate alcuni fogli bianchi. Il compositore ebbe la decisiva ispirazione e le altre partiture vennero abbandonate e mai più concluse. Dopo una lettura del dramma di Puskin, che consiste in 24 scene scritte prevalentemente nello stile del Blank verse e uno studio approfondito del decimo e undicesimo volume della monumentale Storia dello Stato Russo di Nikolai Karamzin, al quale il dramma di Puskin era dedicato, la stesura del libretto avvenne in pochissimo tempo. L'abbozzo musicale del primo atto era praticamente completo per la fine di novembre 1868 (la prima scena il 4 novembre, la seconda il 14 novembre); il 4 dicembre successivo venne terminata la scena di Pimen. Nel luglio 1869 tutta l'opera era già scritta, tra ottobre e dicembre 1869 venne definita la strumentazione. Fu un lavoro febbrile ma entusiasmante, svolto in appena 14 mesi, sostenuto dall'ammirazione degli amici di Musorgskij tra i quali c'era il critico musicale, archeologo, etnografo e direttore della Biblioteca di Pietroburgo Vladimir Stasov che fornirà ulteriori dati documentari al compositore.

[modifica] Prima versione originale (1869)

La Cattedrale di San Basilio a Mosca, dove Musorgskij ambientò la prima scena del quarto atto del Boris Godunov (1869). Nella seconda versione la scena venne eliminata.
La Cattedrale di San Basilio a Mosca, dove Musorgskij ambientò la prima scena del quarto atto del Boris Godunov (1869). Nella seconda versione la scena venne eliminata.

La prima versione del Boris Godunov non mostra ancora quell'idea drammatica che sarà pienamente sviluppata quattro anni più tardi, ma possiede una struttura narrativa concentrata e originale saldezza teatrale che pone al centro del racconto l'ascesa e la caduta di Boris e inquadra alla perfezione un discorso storico e umano combinato con elementi musicali e poetici dal segno nazionale.

L'organico orchestrale di questa prima versione [7] è composto da:

Questa versione, presentata alla direzione dei Teatri Imperiali nel 1870 era definita “Rappresentazione musicale in quattro parti e sette quadri”. Eccone la suddivisione:

Atto Scena Ambientazione
Il cortile del monastero di Novodevičij
A Mosca, la piazza della Cattedrale del Cremlino
II° Una cella del monastero dei miracoli a Chudov
II° Una taverna sulla frontiera lituana
III° L'interno del palazzo dello zar al Cremlino di Mosca
IV° La piazza della Cattedrale di San Basilio a Mosca
IV° La sala d'ingresso del Cremlino di Mosca, davanti alla Chiesa del Redentore
La Sala Granovitaja del Cremlino e la piazza della Cattedrale nel 2004. Nella prima versione la morte di Boris viene ambientata all’esterno, nella seconda versione viene spostata all’interno della sala.
La Sala Granovitaja del Cremlino e la piazza della Cattedrale nel 2004. Nella prima versione la morte di Boris viene ambientata all’esterno, nella seconda versione viene spostata all’interno della sala.

Nella prima versione la “rappresentazione musicale” era tutta puntata sulla figura e la vicenda umana di Boris Godunov, che si distacca rispetto al racconto tenendo sino all’ultimo la scena. Nel quadro iniziale il popolo rivolge a Boris l’invito a cingere la coronazione degli zar e a salire al trono. Nel secondo si festeggia l’Incoronazione di Boris, acclamato dal popolo presente. Nel terzo, in una cella, il monaco Pimen narra a Grigorij la storia dell’uccisione di Dmitrij, il legittimo erede al trono. Nel quarto Varlaam, Misail, Grigorij fuggiasco dal monastero e travestito, incontrano e si rifugiano dall’ostessa. Grigorij riesce a sfuggire alla cattura. Nel quinto Boris, tormentato dal rimorso e dal terrore di un castigo soprannaturale, viene informato dell’esistenza di un falso Dmitrij, e dai propositi aggressivi di costui. Nel sesto lo Yurodivyi, che rappresenta il portatore della verità popolare, si rivolge direttamente a Boris e all’interno di una cattedrale; qui è l’unico personaggio che osa sfidarlo a viso aperto, maledicendolo in una sorta di preveggenza. Nel settimo e ultimo quadro, non a caso, l’azione si colloca nel salone d’ingresso della sala Granovitaja davanti alla Chiesa del Redentore, attribuendo alla morte un significato più ampio: dolore privato, solenne cerimonia funebre, lutto nazionale e infine passaggi forzati e sanguinosi di potere.

Questa prima stesura venne eseguita in privato al pianoforte, fra amici e critici; uno di loro espresse già ammirazione per il primo quadro e la scena della taverna. Intanto la direzione del Teatro prendeva più tempo possibile in modo da superare il 15 agosto 1870, termine ultimo per l'inserimento dell'opera nel cartellone. La decisione venne presa soltanto il 10 febbraio 1871, ma Musorgskij la seppe soltanto una settimana dopo, il 17, quando gli venne restituita l’intera partitura. La commissione, con sei voti contrari e uno favorevole, rifiutò di prendere in considerazione una sua rappresentazione sulle scene, sia per la novità e originalità della musica che probabilmente sbalordirono i presenti, sia per la mancanza di una importante parte femminile e al ruolo da protagonista affidato a un basso anziché a un tenore, più altri rilievi di minore entità.

[modifica] Seconda versione originale (1872)

Il castello di Sandomir (oggi Sandomierz) in Polonia. Qui Musorgskij ambientò il terzo atto del Boris Godunov (1872).
Il castello di Sandomir (oggi Sandomierz) in Polonia. Qui Musorgskij ambientò il terzo atto del Boris Godunov (1872).

Musorgskij non si arrese e riprese subito il lavoro attingendo ad alcuni suoi appunti musicali e librettistici non utilizzati per scrivere nuove scene e ricomporne altre. Due mesi più tardi, il 10 aprile, annuncia la conclusione della prima scena dell’atto polacco e inizia l'abbozzo della figura del gesuita Rangoni; tra agosto e settembre 1871 revisionò la quinta scena, il 13 settembre finì di riscrivere la terza e il 14 dicembre 1871 terminò la seconda scena ambientata in Polonia. La nona e ultima scena era finita il 23 giugno 1872 e nell'autunno dello stesso anno presentata nuovamente alla Commissione dei Teatri Imperiali.

Questa seconda versione, denominata in un primo momento “Opera in quattro atti e un prologo” conserva sei dei sette quadri della precedente versione e ne aggiunge tre, oltre ad introdurre il personaggio femminile richiesto dalla commissione e del gesuita, che rinnovano la distribuzione degli equilibri narrativi e implicano una più articolata fisionomia del falso Dmitrij. Acquista più spicco inoltre la vicenda del Pretendente con la riscrittura del dialogo tra Suiskij e Boris del secondo atto mentre nella scena finale si dà maggiore spazio al popolo.

Va inoltre ricordato uno spartito per pianoforte pubblicato da Bessel nel 1874 che non si limitava ad essere una semplice riduzione pianistica della partitura ma era di fatto una terza stesura vera e propria, scritta per due e quattro mani, con altri tagli sostanziosi tra i quali l'episodio conclusivo del quadro iniziale con la ripresa del coro, il racconto di Pimen sulla fine tragica del piccolo Dmitrij, del primo intervento di Scelkalov, nonché molti brevi accorciamenti nel secondo atto. Nel 1909 venne data alle stampe la riduzione per pianoforte del prologo e dei quattro atti basata sull'orchestrazione di Rimskij-Korsakov [8] che è anche quella diffusa maggiormente ai giorni nostri.

Ecco la suddivisione degli atti e le scene raffrontata con la versione precedente:

Atto e Scena
versione 1872
Atto e Scena
versione 1869
Ambientazione
Prol., 1° I°, 1° Il cortile del monastero di Novodevičij
Prol., 2° I°, 2° A Mosca, la piazza della Cattedrale del Cremlino
I°, 1° II°, 1° Una cella del monastero dei miracoli a Chudov
I°, 2° II°, 2° Una taverna sul confine lituano
II°, 1° III°, 1° L'interno del palazzo dello zar al Cremlino di Mosca
III°, 1° non presente La camera di Marina Mnisek nel castello di Sandomir
III°, 2° non presente Il giardino del castello di Mniszek a Sandomir
IV°, 1° IV°, 2° La sala Granovitaja nel Cremlino di Mosca
IV°, 2° IV°, 1° Una radura nel bosco di Kromij
Il basso Ivan Melnikov (1832-1906) fu il primo a interpretare lo zar Boris (1874).
Il basso Ivan Melnikov (1832-1906) fu il primo a interpretare lo zar Boris (1874).

Rispetto alla prima versione, il primo quadro venne accorciato mentre il secondo rimase invariato. Nel terzo venne accorciata la parte di Pimen, riscritto il sogno di Grigorij e aggiunti due brevi episodi col coro dei monaci fuori scena. Nel quarto venne aggiunta la canzone iniziale dell'ostessa e reso più sbrigativo il finale. La quinta scena è quella che subisce più mutamenti: vengono riscritti quasi tutti i numeri condivisi e aggiunti una mezza dozzina di nuovi episodi musicali tra cui le due canzoni e il gioco dei battimani. Il terzo atto è il famoso “atto polacco”, assente dalla prima versione, una leggera concessione al melodrammatico e ai gusti del grande pubblico che non soddisfò pienamente Musorgskij. L’ottava scena ha piccoli tagli negli interventi di Šujskij, Pimen e dello stesso Boris.

Nella seconda versione d’autore l’impronta è più variegata e composita rispetto alla prima versione. Il taglio diverso impose la composizione di una partitura musicale insolita e spregiudicata, animata da un quadro di tensioni emotive non melodrammatiche (il terzo atto fa storia a se) saldate in una concezione drammatica che puntava a mantenere viva la figura umana di Boris ma accrescendo il dramma corale e popolare. Portava inoltre una dilatazione narrativa, comprendendo riflessioni di carattere storico, politico e collettivo. L’eliminazione della terribile e toccante scena della Cattedrale di San Basilio impose a Musorgskij un capovolgimento delle intenzioni puntando al racconto interpersonale (antitesi tra Zar e Pretendente, gli intrighi del gesuita Rangoni e della nobildonna Marina fino alla testimonianza del popolo). Ancora più decisivo risultò il cambio di struttura del quarto atto, con l’inversione d’ordine degli ultimi due quadri dell’opera suggerita da Nikolskij e con il conseguente spostamento del baricentro sentimentale e drammatico. La prima disposizione seguiva la cronologia documentata poiché l’insurrezione dei vagabondi avvenne qualche mese prima della morte di Boris. La figura dell’Innocente stavolta venne inserita nella foresta di Kromij, dove agisce un campionario del popolo russo che Musorgskij fa sfilare con delusione e amarezza.

Il tenore russo Fyodor P. Komissarshevskij (1832-1905) fu il primo a interpretare il ruolo del Pretendente (1873)
Il tenore russo Fyodor P. Komissarshevskij (1832-1905) fu il primo a interpretare il ruolo del Pretendente (1873)

In questa nuova ottica il popolo serve ai potenti e serve i potenti quando si illude di decidere liberamente e di appoggiarne uno, anche impostore, nella speranza di un futuro migliore. Senza cambiare musica e parole, l’Innocente non si rivolge più allo zar in tono di sfida, ma direttamente al popolo, al pubblico, alla storia. La preveggenza della prima versione si trasforma in profezia rimpiazzando la chiusura tradizionale delle opere occidentali con un finale aperto e non conclusivo. Nel quadro precedente, a differenza della prima versione ambientato nella Sala Granovitaja del Cremlino di Mosca, dove si riuniva la Duma, con l’ingresso diretto agli appartamenti dello zar, il potente in punto di morte chiede perdono. Musorgskij non dà nessuna risposta né tantomeno formula giudizi sulle molte domande rimaste in sospeso: chi era veramente lo zar, il padre affettuoso con i figli descritto nel secondo atto o quello disperato, tormentato da fantasmi e rimorsi del finale? Al compositore interessa soltanto mettere in evidenza la plateale e perenne esclusione del popolo – al quale manca ogni cosa, a partire dai beni primari – dalle decisioni importanti. I rappresentanti della Duma, che appartenevano alle classi agiate e benestanti – nobiltà, clero ortodosso, fino ai piccoli commercianti – eleggeranno molto presto il successore ma, con le frontiere molto labili, si piegheranno velocemente al nuovo Pretendente autoeleggente e usurpatore, dimostrando una pavidezza di facciata non inferiore a quella reale e autentica del popolo. Sono probabilmente queste le caratteristiche che spaventavano più di ogni altra cosa il Comitato del Teatro Imperiale al momento della decisione sulla rappresentazione, compiendo un percorso simile al dramma teatrale di Pushkin che soltanto una trentina di anni dopo la pubblicazione, non prima del 1866, passò a fatica l’esame della commissione censoria, e aspettando altri quattro anni prima della messa in scena nel 1870.

[modifica] Le prime rappresentazioni (1873–1882)

Il Teatro Mariinskij nel 1890. Fu qui che il 27 gennaio 1874 avvenne la prima messa in scena della seconda versione originale del Boris Godunov.
Il Teatro Mariinskij nel 1890. Fu qui che il 27 gennaio 1874 avvenne la prima messa in scena della seconda versione originale del Boris Godunov.
« Il successo fu enorme e completo: nessun altro compositore, a mia memoria, ha ottenuto ovazioni così larghe come qui al Mariinskij. »
« Il “Boris Godunov” fu un grande trionfo per Musorgskij. I vecchi tradizionalisti e gli ammiratori del melodramma volgare hanno sbuffato e si sono irritati. I pedanti del Conservatorio e i critici hanno urlato con la bava alla bocca (…) ma in compenso la nuova generazione esulta. »
(Vladimir Stasov, recensione della prima del Boris Godunov del 1874)

La seconda stesura ebbe immediata circolazione tra amici ed estimatori ancora prima di essere completata. La cerchia dei sostenitori del compositore si allargò e la partitura cominciò ad essere rappresentata in occasioni ufficiose. Alla Società della Musica russa il 5 febbraio 1872 venne presentata la scena dell'Incoronazione e il 3 aprile fu lo stesso fondatore del “Gruppo dei CinqueMilij Balakirev a dirigere la Polonaise del terzo atto. Intanto l'audizione dell'opera avvenne con ogni probabilità tra la fine di aprile e il 6 maggio. Venne un secondo rifiuto, ufficializzato con una nota pubblicata il 29 ottobre 1872. Già in quelle stesse settimane il Boris Godunov venne eseguito in presenza di un pubblico numeroso, tra cui cantanti e direttori d'orchestra di primissimo piano nel panorama russo dell'epoca.

Il mezzosoprano Yuliya Platonova fu la prima Marina Mniszek (1873).
Il mezzosoprano Yuliya Platonova fu la prima Marina Mniszek (1873).

Subito si decise di rappresentare sul palcoscenico tre scene dell'opera, malgrado la bocciatura. L'esecuzione ebbe luogo al Teatro Mariinskij il 5 febbraio 1873, esattamente un'anno dopo la presentazione della prima scena. Il programma comprendeva la scena della taverna e le due scene polacche del terzo atto; nonostante non prendesse in considerazione i due autentici poli dell'opera – Boris e il popolo russo – e la sua immissione in un programma che comprendeva anche il secondo atto del Lohengrin di Wagner e una scena del Der Freischutz di Weber, ottenne un esito trionfale. Il mezzosoprano Yuliya Platonova, valendosi della propria notorietà, costrinse il direttore dei Teatri Imperiali a mettere in cartellone il Boris Godunov, sembra minacciandolo addirittura di non cantare più in quel teatro, anche se la ricostruzione dell’episodio che venne data dalla cantante una dozzina di anni più tardi nelle sue memorie risulta essere alquanto romanzata. La partitura percorse una terza volta la via verso il Comitato, e per la terza volta venne respinta. Stavolta fu la diplomazia del direttore, Stepan Gedeorov, ad avere ragione delle resistenze interne.

Gennadi Kondratiev e Osip Petrov furono i primi Misail e Varlaam (1873).
Gennadi Kondratiev e Osip Petrov furono i primi Misail e Varlaam (1873).

Pochi giorni dopo la pubblicazione dello spartito ridotto per pianoforte, il 27 gennaio 1874 l'opera venne finalmente rappresentata. Agli interpreti già presenti nel 1873 si aggiunsero il grande Ivan Melnikov nella parte di Boris mentre Gennadi Kontratiev, oltre a riservarsi il ruolo del vagabondo Misail, curò il fastoso allestimento che riutilizzava le scenografie costruite quattro anni prima da Matvey Shishkov e Mikhail Bocharov per la prima rappresentazione della “tragedia romantica” di Pushkin. Il direttore era Eduard Napravnik, l’unico che quattro anni prima aveva votato a favore della rappresentazione della prima versione. L'opera ebbe un accoglienza entusiastica da parte del pubblico; già dopo la prima rappresentazione gli studenti iniziarono a intonarne parecchie sue parti lungo le strade a partire dal coro finale della foresta di Kromij, preoccupando non poco le autorità. Per timore che l'opera o parti di essa fossero usati come pericolose bandiere di contestazione, la partitura venne tagliata progressivamente dalla direzione del teatro fino a renderla irriconoscibile, a cominciare dalla rivoluzionaria scena finale della sommossa nella foresta di Kromi per poi proseguire con le scene del cortile del monastero di Novodevičij e quella della cella al monastero di Chudov. Dopo la prima rappresentazione la seconda versione venne messa in scena altre ventidue volte a San Pietroburgo [9] durante la vita del compositore, nonché altre cinque volte nel periodo immediatamente successivo alla morte (1881) prima di uscire definitivamente dal cartellone l’8 novembre 1882. Nel 1888 venne rappresentata per la prima volta a Mosca e fino al 1890 ebbe altre dieci repliche.

Eduard Napravnik (1839–1916) fu il primo direttore del Boris Godunov (1874).
Eduard Napravnik (1839–1916) fu il primo direttore del Boris Godunov (1874).

La tabella seguente elenca gli interpreti originali delle tre scene del 1873 e dell'opera integrale del 1874.

Ruolo 5 febbraio 1873 27 gennaio 1874 Voce
Boris Ivan Melnikov basso o baritono
Fyodor A. Krutikova mezzosoprano
Kseniya V. Raab soprano
La nutrice Schröder mezzosoprano o contralto
Shuiskij P. Vasiliyev tenore
Shchelkalov Sobolev baritono
Pimen V. Vasiliyev basso
Grigoriy Fyodor Komissarzhevsky Fyodor Komissarzhevsky tenore
Marina Yuliya Platonova Yuliya Platonova mezzosoprano
Rangoni Gennady Kondratyev Palechek basso
Varlaam Osip Petrov Osip Petrov basso
Misail P. Dyuzhikov tenore
L'ostessa Dariya Leonova Abarinova mezzosoprano
The Yurodivïy Bulakhov tenore
Nikitich Sariotti basso
Mityukha Lyadov basso
Un boiardo di corte Sobolev tenore
Khrushchov Matveyev tenore
Lavitsky Vasiliyev basso
Chernikovsky Sobolev basso

[modifica] Reazione della critica

Pëtr Il'ič Čajkovskij fu uno dei più severi nel giudicare l’opera di Musorgskij.
Pëtr Il'ič Čajkovskij fu uno dei più severi nel giudicare l’opera di Musorgskij.
« Io mando al diavolo con tutto il cuore la musica del Boris Godunov di Musorgskij. Essa è la più volgare e la più bassa parodia della musica. »

Considerato il componente più innovatore e bizzarro del “Gruppo dei Cinque”, Musorgskij venne preso di mira piuttosto frequentemente dai rivali compositori e dai critici conservatori e spesso deriso per il suo stile musicale considerato piuttosto impacciato e grezzo. Le critiche seguenti alla prima del Boris Godunov non furono benevole, anzi, per la maggior parte erano di aperta ostilità. Alcuni critici descrissero il lavoro come “rumoroso”, “caotico” e addirittura “cacofonico”. Anche quelli considerati suoi amici, Balakirev e Kjui, non riuscirono a comprendere appieno la portata enorme e il passo in avanti gigantesco che l’opera aveva compiuto nell’espressione musicale e drammatica, minimizzando la realizzazione del compositore.

Cezar' Kjui, in particolare, espresse il suo dissenso con una recensione piuttosto severa rispetto a quella precedente, nella quale si limitava a sottolineare il successo avuto presso il pubblico:

« Il signor Musorgskij è dotato di talento grande e originale, ma Boris Godunov è un lavoro acerbo: superbo in alcune parti, deboli in altre. I difetti principali sono nei recitativi disgiunti e nella disaggregazione delle idee musicali (…) Questi difetti non sono dovuti alla mancanza di ispirazione creativa. L’autentica difficoltà riguarda la sua immaturità, la sua incapacità di una severa autocritica, la sua autosoddisfazione e i suoi metodi affrettati di composizione. »
(Cezar' Antonovič Kjui, 1874)

Anche se alcuni avevano trovato alcune parti degne di ammirazione, molti criticarono il compositore per un libretto non costruito a dovere, denotando inoltre mancanza di coesione nelle scene, più adatte a una cronaca musicale shakesperiana che a un’opera lirica. Inoltre consideravano Musorgskij carente nella capacità di scrivere le parti strumentali dalla mancanza di un preludio ampio e arioso. Anche se oggi il Boris Godunov viene elogiato per la sua originalità, per la potenza drammatica dei cori, per i personaggi secondari con caratteri delineati acutamente e per la potente rappresentazione psicologica dello zar Boris, all’epoca ricevette una quantità infinita di critiche riguardo alle imperfezioni tecniche sulle armonie orchestrali deboli e difettose. Fu la percezione della povertà tecnica nella scrittura del Boris Godunov a convincere Rimski-Korsakov a modificare l’originale diversi anni dopo la morte di Musorgskij.

[modifica] Le due versioni di Rimskij-Korsakov (1896–1908)

Nikolaj Rimskij-Korsakov in un ritratto di Valentin Serov nel 1898, due anni dopo la sua composizione della prima versione orchestrale del Boris Godunov.
Nikolaj Rimskij-Korsakov in un ritratto di Valentin Serov nel 1898, due anni dopo la sua composizione della prima versione orchestrale del Boris Godunov.
« Adoro il Boris Godunov e allo stesso momento lo odio. Lo adoro per la sua originalità, potenza, fermezza, indipendenza e bellezza. Lo odio per le sue imperfezioni, le ruvidezze della sua armonia e le incoerenze della sua musica. »
« Anche se non sarei nelle condizioni per farlo, io modificherò il Boris. Ci sono assurdità nelle sue armonie e occasionalmente nelle melodie. »
(Nikolaj Rimskij-Korsakov)

Quindici anni dopo la morte di Musorgskij fu il suo grande amico Nikolaj Rimskij-Korsakov a rimettere mano alle sue partiture: completò la Khovanshina, ricostruì Night on Bald Mountain, e apportò alcune correzioni in diversi suoi brani cantati. Per finire, iniziò il lavoro sul Boris Godunov, nonostante avesse con quell’opera un rapporto assai contrastato. Iniziò con una revisione del terzo atto polacco, adattandolo a un’orchestra di dimensioni wagneriane, nel 1888. Nel 1892 ritoccò la scena dell’Incoronazione di Boris e completò quella revisione riassemblando le parti vocali della partitura adattata per pianoforte del 1874, che aveva già diversi tagli piuttosto significativi. Nel 1896 questa prima sua versione venne da lui stesso diretta in pubblico al Conservatorio di San Pietroburgo il 4 dicembre dello stesso anno, con il ruolo principale affidato a M. V. Lunacharsky. Una seconda rappresentazione avvenne il 7 dicembre 1898 al Teatro Solodovnikov di Mosca dove il personaggio di Boris venne interpretato per la prima volta da Feodor Chaliapin, considerato da molti il più grande interprete di sempre del ruolo di Boris Godunov.

Sergej Diaghilev nel ritratto di Valentin Serov del 1909. Il celebre coreografo allestirà al Teatro dell’Opera la prima parigina del Boris Godunov.
Sergej Diaghilev nel ritratto di Valentin Serov del 1909. Il celebre coreografo allestirà al Teatro dell’Opera la prima parigina del Boris Godunov.

Rimskij-Korsakov in ogni caso riuscì a mantenere il tema del libretto, la sua impetuosità narrativa drammatica e a tratti fosca, il tratteggio psicologico dei caratteri principali e di diversi personaggi secondari nonché un discorso di protesta sociale e politica non indifferente. Fu la parte musicale ad avere i maggiori cambiamenti: venne introdotto nella sezione dei legni il clarinetto basso mentre le campane giocarono un ruolo molto importante nella sua orchestrazione, portate scenograficamente dentro la scena sia suonate fuori dalla scena, insieme ad altre aggiunte (le trombe e il Tam tam spostato fuori scena) valide nella realizzazione di un suono più squillante, raffinato ed efficace.

L’organico strumentale orchestrale rimskiano, dunque, era così composto:

  • Archi: Violini, Viole, Violoncelli, Contrabbassi
  • Legni: 2 Flauti, 1 Flauto/Ottavino, 1 Oboe, 1 Oboe/Corno inglese, 2 Clarinetti, 1 Clarinetto/Clarinetto basso, 2 Fagotti
  • Ottoni: 4 Corni, 3 Trombe, 3 Tromboni, 1 Tuba
  • Percussioni: Timpani, Grancassa, Rullante, Tamburello, Piatti, Campane
  • Altri strumenti: Pianoforte, Arpa
  • Dentro e fuori la scena: 1 Tromba, Campane, Tam-tam

Nella seconda versione rimskiana del 1908, che sarà quella che si sentirà per molti anni a venire dalle rappresentazioni nel primo scorcio del Novecento, si ripristinano diversi tagli, si aggiunse una nuova partitura nella scena dell’Incoronazione [10] rimise al suo posto il finale del terzo atto e cambiò l’ordine delle due scene finali. Queste ulteriori revisioni alla storia vennero effettuate precedentemente alla sua totale riorchestrazione, apportando sostanziali modifiche alle dinamiche, alle armonie e nella melodia.

Rimskij-Korsakov venne aspramente criticato da alcuni per l'alterazione del Boris Godunov. Lo stesso fondatore del Gruppo dei Cinque, Balakirev, non è molto tenero con lui:

« Oltre alla riscrittura del Boris e alla correzione delle armonie (che era abbastanza giustificabile), egli ha introdotto in esso molte alterazioni arbitrarie, che sfigurano la musica. Inoltre ha rovinato l'opera cambiando l'ordine delle scene. »
L’interno del Metropolitan Opera di New York nel 1937. Qui Arturo Toscanini nel 1913 diresse la prima esecuzione statunitense del Boris Godunov nella versione di Rimski-Korsakov.
L’interno del Metropolitan Opera di New York nel 1937. Qui Arturo Toscanini nel 1913 diresse la prima esecuzione statunitense del Boris Godunov nella versione di Rimski-Korsakov.

La difesa fatta solitamente dai suoi sostenitori è quella che senza le sue modifiche, l'opera di Mussorgskij sarebbe stata dimenticata da qualsiasi repertorio e messa in scena dovuto alla difficoltà nell'apprezzamento del suo idioma grezzo ed intransigente. Di conseguenza, Rimskij-Korsakov è stato sempre giustificato nell'apporto dei miglioramenti per mantenere il lavoro vivo e per aumentare la consapevolezza del pubblico del genio melodico e drammatico di Mussorgskij, anche se, rispondendo alle critiche, a volte anche feroci, il revisore dichiarò:

« Arrangiando la nuova versione del “Boris Godunov” non avevo distrutto la sua forma originale, non avevo tolto per sempre la vecchia vernice con quella più fresca. Se tutti arrivano a dire, in conclusione, che l’originale è migliore, più degno della mia versione, allora sarà presto scartata e il Boris Godunov sarà messo in scena secondo la partitura originale. »

La prima rappresentazione della versione rimskiana del 1908 avvenne a Parigi nel Teatro dell’Opera il 19 maggio con Felix Blumenfeld alla direzione orchestrale, Sergej Diaghilev alle coreografie e ancora Feodor Chaliapin nel ruolo principale. Cinque anni dopo, il 19 marzo 1913 l’opera ebbe la prima statunitense al Metropolitan Opera di New York, diretta da Arturo Toscanini con Adamo Didur come Boris Godunov. Tre mesi più tardi arriva anche la prima londinese al Theatre Royal al Drury Lane con Pierre Monteux alla direzione. La versione rimskiana del Boris Godunov è rimasta quella effettuata abitualmente in Russia, anche dopo che la seconda versione originale del 1872 è stata riscoperta in Occidente.

Qualche anno dopo la morte di Rimskij-Korsakov (1908) avvenne una riscoperta della prima versione originale del 1869; il compositore Michail Ippolitov-Ivanov ritoccò l’orchestrazione nella scena della Cattedrale di San Basilio – espunta dalla seconda versione – e venne eseguita per la prima volta nel 1927. La prima rappresentazione assoluta della versione originale 1869 avvenne a Leningrado il 16 febbraio 1928 con Vladimir Dranishnikov alla direzione e Mark Reizen nel ruolo principale.

[modifica] Le due versioni di Šostakovič (1940–1959)

Dmitrij Šostakovič in una fotografia del 1942.
Dmitrij Šostakovič in una fotografia del 1942.

Le due versioni d’autore del Boris Godunov sono state riviste anche da Dmitrij Šostakovič nel biennio 1939-1940, e messe in scena per la prima volta il 4 novembre 1959 al Teatro Kirov sotto la direzione di Sergeij Yeltsin. Si è limitato in gran parte a una riorchestrazione dell'opera ed era più rispettoso dello stile melodico e armonico del compositore. Tuttavia, Šostakovič ha aumentato notevolmente i contributi degli strumenti in legno e in particolare degli ottoni, aggiungendo inoltre nelle percussioni, dentro e fuori la scena diversi altri strumenti. Fu considerato uno stacco significativo dalla pratica di Musorgskij, che esercitava sostanziali blocchi nella sua strumentazione, preferendo utilizzare le diverse qualità di questi strumenti per i suoi specifici scopi.

L’organico orchestrale era composto da:

  • Archi: Violini, Viole, Violoncelli, Contrabbassi
  • Legni: 2 Flauti, 1 Flauto/Ottavino, 2 Oboi, 1 Corno inglese, 2 Clarinetti, 1 Clarinetto/E-flat Clarinetto, 1 Clarinetto basso, 2 Fagotti
  • Ottoni: 4 Corni, 3 Trombe, 3 Tromboni, 1 Tuba
  • Percussioni: Timpani, Grancassa, Rullante, Tamburello, Piatti, Tam-tam, Triangolo, Campane, Glockenspiel, Xilofono
  • Altri strumenti: Pianoforte, Arpa, Celesta
  • Dentro e fuori la scena: 4 Trombe, 2 Piccoli Corni, 2 Corni, 2 Corni baritoni, 2 Flicorni, 2 Tube, Balalaika e Domra ad libitum

[modifica] La versione di Rathaus (1952)

Un’altra versione degna di nota del lavoro di Musorgskij fu quella di Karol Rathaus del 1952, approntata per un esecuzione al Metropolitan Opera di New York, lo stesso dove Toscanini diresse nel 1908 la prima esecuzione statunitense. Questa versione elimina il primo e l’ultimo quadro del secondo Boris (1872) iniziando con la scena dell’Incoronazione e terminando con la morte dello zar, sopprime le scene dell’osteria alla frontiera lituana e della foresta di Kromij, cancellando di conseguenza i personaggi di Varlaam, Misail e dell’ostessa, taglia alcuni interventi del coro e mantiene invece, seppur tagliate pesantemente, le due scene dell’atto polacco. Di contro recupera curiosamente nei sette quadri superstiti alcuni passi soppressi da Rimski-Korsakov. Altre versioni minori furono quelle di Emilis Melngallis (1874–1954) del 1924 e quella di Alexander Bakchi in uso ancora oggi al Teatro Mariinskij.

[modifica] Pubblicazioni dei manoscritti

Il basso Mark Reizen fu il primo interprete di Boris Godunov nella prima versione del 1869 a Leningrado il 16 febbraio 1928.
Il basso Mark Reizen fu il primo interprete di Boris Godunov nella prima versione del 1869 a Leningrado il 16 febbraio 1928.

La pubblicazione dei manoscritti iniziò nel 1928, sotto la cura di Pavel Lamm e Boris Asafev, con la partitura e spartito delle prime due versioni autoriali. Nel 1979 venne l’edizione critica curata da David Lloyd-Jones basata sulla combinazione delle nove scene della seconda versione del 1872 con in aggiunta la scena della Cattedrale di San Basilio dalla prima versione del 1869; questa edizione critica impiega quasi tutta la musica scritta da Musorgskij ed è attualmente la preferita nelle rappresentazioni teatrali e nelle registrazioni discografiche.

Riassumendo, oggi esistono una dozzina di versioni del Boris Godunov in lingua originale: tre stesure d’autore, più una decina tra rielaborazioni e strumentazioni di altri compositori, e le due edizioni critiche di musicologi, anche non mettendo nel conto le svariate edizioni tradotte, di volta in volta interpretate in maniera diversa, aggiustate, tagliate e parafrasate. I libretti e le versioni italiane fanno storia a parte.

  • A — prima versione dell’autore (1868–1869)
  • B — seconda versione dell’autore (1871–1872)
  • C — terza versione dell’autore per pianoforte (1874)
  • D — prima versione di Rimski-Korsakov basata sulla terza versione d’autore (1896)
  • E — seconda versione di Rimski-Korsakov basata sulla terza versione d’autore (1908)
  • F — come la precedente con l’aggiunta della scena della Cattedrale di San Basilio orchestrata da Ippolitov-Ivanov (1927)
  • G — orchestrazione della prima versione d’autore del 1869 di Šostakovič (1939-40)
  • H — orchestrazione della seconda versione d’autore del 1872 di Šostakovič (1939-40)
  • I — versione di Emilis Melngallis (1924)
  • J — versione di Alexander Bakchi
  • K — edizione critica di Pavel Lamm e Boris Asafev (1928)
  • L — edizione critica di David Lloyd-Jones (1979)

[modifica] La musica del Boris Godunov

Il Boris Godunov, a livello musicale, è un’opera basata essenzialmente sulla scala modale con diversi motivi conduttori e numeri musicali condivisi. La musica venne composta con quello stile russo che riflette una profonda conoscenza del compositore verso la musica popolare del suo paese, rifiutando volontariamente l'influenza delle scuole operistiche tedesche e italiane. Nello spartito si alternano senza soluzione di continuità recitativi, grandi ballate o semplici filastrocche popolari – esemplificate alla perfezione nelle scene dell'ostessa alla locanda nel primo atto e della nutrice di Ksenija nel secondo – monologhi di grande respiro sezionati in più episodi da cori monumentali e da arie e duetti quasi tradizionali.

L'esempio più celebre della musica tradizionale russa in quest'opera lo si ritrova nella scena dell'Incoronazione, nel secondo quadro del prologo. Questa melodia, sulla quale Rimski-Korsakov interverrà successivamente aggiungendoci i rintocchi a distesa delle campane, è la stessa che appare nel trio del terzo tempo del Quartetto op. 59 n. 2 "Rasumovsky" di Ludwig van Beethoven. Quest’ultimo la trasse dall’antologia "Raccolta di canti popolari russi" a cura di Ivan Pratsch. La stessa melodia sarà utilizzata dallo stesso Rimski-Korsakov nell’Ouverture su temi russi op. 28 e nell’opera "La fidanzata dello Zar".

La versione originale dell'orchestrazione di Musorgskij possiede un suono grezzo e approssimativo, a volte cupo, più aderente ai connotati della storia raccontata. L'apertura e la chiusura musicale dell'opera viene affidata al fagotto che intona lo stesso passaggio di note, una seconda minore discendente, per sottolineare con grande efficacia la morale dell'opera e inoltre per combinare l'inerzia iniziale del popolo, pronto a subire passivamente un passaggio di potere il più delle volte cruento, con la profezia finale dell'Innocente che Musorgskij, con un pessimismo di fondo sottolineato più volte dai critici, fa sua in pieno, presagendo forse involontariamente quello che di lì a poco accadrà alla Russia. [11] La versione di Rimski-Korsakov del 1908 invece ha un suono più raffinato e squillante, soprattutto nel terzo atto polacco, dove le persuasioni del gesuita Rangoni sono sviluppate melodicamente sul pentagramma da una discesa cromatica dei violini in veloci terzine che illustrano intenzioni e carattere del personaggio. La smania di potere della nobildonna e dell'avventuriero, invece, viene sottolineata con passaggi orchestrali frenetici e a volte selvaggi, leggermente mitigati nel mezzo della scena dalla famosa danza Polonaise.

[modifica] Tragedia romantica e dramma popolare

Aleksandr Pushkin ritratto da Vassily Tropinin nel 1827, tra la fine della stesura (1825) e la pubblicazione (1831) del suo dramma Boris Godunov.
Aleksandr Pushkin ritratto da Vassily Tropinin nel 1827, tra la fine della stesura (1825) e la pubblicazione (1831) del suo dramma Boris Godunov.
« È il popolo che voglio descrivere, lo vedo anche quando dormo, penso a lui quando mangio e quando bevo l'ho davanti agli occhi, nella sua interezza, grosso, grezzo e senza il minimo appello: e quale ricchezza spaventosa di possibilità e di immagini musicali esiste nel linguaggio popolare, quale inesauribile miniera rimane da scavare per portare alla luce ciò che è vero nella vita del popolo russo. Vi è solo da raccogliere e si può ballare di gioia quando si è un vero artista. »
(Modest Musorgskij in una lettera al pittore Ilya Efimovič Repin)

Ciò che accomunava Puskin e Musorgskij era l'amore per una radice antica, popolare e contadina della propria cultura, un'inclinazione che li distingueva dagli altri intellettuali russi che seguivano invece le tendenze artistiche occidentali. Soprattutto il ricordo dei racconti infantili della balia, comune a entrambi gli artisti, era un suggestivo richiamo a un mondo dove la fantasia si confondeva con la tradizione quotidiana.

Musorgskij ridusse a libretto le 24 scene del dramma di Pushkin tenendo aperto uno spazio sul quale intervenne Vladimir Stasov a fornire preziosi suggerimenti letterari e musicali. Il compositore iniziò col diminuire i personaggi presenti (dai 63 del dramma scesero bruscamente a 18 fino a diventare 20 nella seconda versione) e ad accorpare le scene rispettando una certa impostazione e nello stesso momento imponendo una traccia narrativa nuova mentre il testo manteneva una alternanza vivace di versi e poesia.

Nikolai Karamzin, l’autore della “Storia dello Stato Russo”. Musorgskij prese lo spunto storico nel 10° e 11° volume della sua opera.
Nikolai Karamzin, l’autore della “Storia dello Stato Russo”. Musorgskij prese lo spunto storico nel 10° e 11° volume della sua opera.

La prima stesura fu più conforme al dramma originale, la seconda tenne a freno l'estrosa e drammatica logica di Pushkin con numeri musicali più adatti all'opera lirica. Questo metodo di lavoro lo si ritroverà anche nel Wozzeck, il capolavoro operistico novecentesco di Alban Berg, a dimostrazione di quanto quest'opera abbia influenzato in qualche misura il Novecento musicale.

Mantenendo una fedeltà quasi assoluta a Pushkin, Mussorgskij in realtà realizzò un altro testo drammatico. Dal dramma originale prese intere scene senza sostanziali modifiche; a volte frasi di altre scene diventarono didascalie, le didascalie musica e brani di dialogo rafforzano il carattere dei personaggi. Il suono selvaggio della parte polacca venne desunto dalla tredicesima scena di Pushkin, il monologo di Boris dalla settima, il personaggio di Rangoni (non presente in Pushkin) derivò dall'immagine del cortigiano gesuita che Dimitrij cita nel soliloquio della quattordicesima scena. Musorgskij costruì un percorso giocato sui contrasti di atmosfere e sull'accostamento azzardato delle scene, senza in apparenza una trama narrativa unitaria, come nelle icone il senso della rappresentazione viene spezzato in piccole scene compiute di per sé.

Nel lavoro al libretto della seconda versione del 1871-72, il compositore parafrasa versi, aggiustandoli e alternandoli con modi di dire popolari o presi da altri testi. In questo quadro generale riportato sotto, è soltanto nella seconda versione, col montaggio sapiente di scene non consecutive (i gruppi 19-20 e 22-23) che Musorgskij celebra nel finale l’idea poetica e politica che il dramma di Pushkin consegna all’ultima didascalia, “Il popolo tace sempre”. Un finale amaro che rimanda all’inizio in una chiusura del cerchio o giostra che è sempre a vantaggio del potente di turno, destinato a durare poco tempo, e facilmente sostituibile. All’inizio dell’opera il popolo, in attesa del nuovo zar davanti al Convento, tace perché è pigro e indolente, risvegliato soltanto dagli incitamenti delle guardie alla preghiera. Alla fine il popolo tace perché è affamato e ha paura: presagisce ciò che soltanto l’Innocente scorge con chiarezza.

Ecco la suddivisione e raffronto delle scene del dramma di Pushkin (1831) con gli atti e le scene delle due versioni dell’opera lirica (1869 e 1872)

Scena
1831
Ambientazione Atto / Sc.
1869
Atto / Sc.
1872
Ambientazione
I Palazzo del Cremlino.
Il 20 febbraio dell’anno 1598.
I°, 1° Prol., 1° Il cortile del monastero di Novodevičij
II La Piazza Rossa I°, 1° Prol., 1° Il cortile del monastero di Novodevičij
III Il campo delle vergini I°, 1° Prol., 1° Il cortile del monastero di Novodevičij
IV Il Palazzo del Cremlino I°, 2° Prol., 2° A Mosca, la piazza del Cremlino
V Una cella del monastero dei miracoli II°, 1° I°, 1° Una cella del monastero dei miracoli
Vbis Una cella del monastero dei miracoli
VI Il Palazzo del Patriarca
VII Il palazzo degli zar III° II° Interno del palazzo dello zar a Mosca
VIII Taverna sulla frontiera lituana II°, 2° I°, 2° Una taverna sulla frontiera lituana
IX Mosca, casa di Šujskij
X Il palazzo degli zar III° II° Interno del palazzo dello zar a Mosca
XI Cracovia, casa di Viznevezkij
XII Sambor, castello del Voivoda Mniszech.
Appartamento di Marina
III°, 1° La camera di Marina Mniszech
nel castello di Sandomir
XIII Fila di sale illuminate. Musica III°, 2° Castello dei Mniszech a Sandomir. Un giardino
con fontana. È una notte di luna
XIV Notte. Giardino. Una fontana III°, 2° Castello dei Mniszech a Sandomir. Un giardino
con fontana. È una notte di luna
XV La frontiera lituana. L’anno 1604, il 16 ottobre.
XVI Il Consiglio dello zar IV°, 2° La sala d’ingresso nel Cremlino
davanti alla Chiesa del Redentore
IV°, 1° La sala Granovitaja nel Cremlino di Mosca
XVII Pianura presso Novgorod-Severskij.
1604, 21 dicembre. La battaglia
XVIII Piazza dinanzi alla Cattedrale di Mosca IV°, 1° Piazza antistante la Cattedrale di San Basilio
IV°, 2° Una radura nel bosco di Kromij (l’Innocente)
XIX Sevsk IV°, 2° Una radura nel bosco di Kromij
XX Una foresta
XXI Mosca. Il palazzo dello zar IV°, 2° La sala d’ingresso nel Cremlino
davanti alla Chiesa del Redentore
IV°, 1° La sala Granovitaja nel Cremlino di Mosca
XXII Una tenda nel quartier generale dell’esercito
XXIII Piazza con tribuna IV°, 2° Una radura nel bosco di Kromij
XXIV Il Cremlino. La casa di Boris IV°, 2° Una radura nel bosco di Kromij
(“Il popolo tace sempre”)

[modifica] Il Boris Godunov in Italia

L’ingresso del Teatro Comunale di Firenze. Qui il 25 maggio 1940 avvenne la prima rappresentazione italiana della seconda versione d’autore del Boris Godunov.
L’ingresso del Teatro Comunale di Firenze. Qui il 25 maggio 1940 avvenne la prima rappresentazione italiana della seconda versione d’autore del Boris Godunov.

In Italia il capolavoro di Musorgskij ebbe una prima diffusione negli anni trenta con l'orchestrazione di Rimski-Korsakov e un adattamento italiano al testo originale ricavato dalla prima edizione critica del 1928 manipolato piuttosto pesantemente. Il tentativo finale di ribellione popolare venne ovviamente addolcito quando non eliminato del tutto concludendo naturalmente la storia con la morte dello zar, la contrapposizione tra la sete di potere dell’ambiziosa Marina Mniszech e l’avventuriero Pretendente Grigorij (ribattezzato Gregorio o Pseudodemetrio) vengono ridotti a una banale storia d’amore fine a se stessa eliminando totalmente il personaggio del gesuita Rangoni, considerato troppo mellifluo, e infine non di rado tutti gli interpreti cantavano in italiano mentre Boris Godunov, considerato il “cattivo” di turno, cantava in lingua originale russa.

La prima rappresentazione venne tenuta nel 1930 al Festival Lirico dell’Arena di Verona, mentre la prima incisione discografica in italiano avvenne nel 1939. La prima rappresentazione della seconda versione originale avvenne il 25 maggio 1940 (due settimane prima dell’entrata in guerra dell’Italia) al Teatro Comunale di Firenze nel corso del Maggio Musicale Fiorentino, sotto la direzione di George Georgesco, la regìa di Guido Salvini e le coreografie di Aurel Milloss. In seguito la manifestazione musicale del capoluogo toscano allestirà altri sei volte l'opera di Musorgskij, tra le quali è da ricordare quella della stagione 1963-64 con la presenza del basso bulgaro Boris Christoff, altro grande interprete del ruolo principale. L’ultima rappresentazione a Firenze venne messa in scena nel 2005.

Claudio Abbado tra il 1979 e il 1983 svolse un ruolo fondamentale nella riscoperta, italiana e occidentale, dell’opera di Musorgskij.
Claudio Abbado tra il 1979 e il 1983 svolse un ruolo fondamentale nella riscoperta, italiana e occidentale, dell’opera di Musorgskij.

Fu Claudio Abbado a riportare in auge la versione d’autore firmando nella stagione 1979-80 un memorabile allestimento al Teatro alla Scala di Milano, ma ancora più importante fu la preziosa collaborazione con il prestigioso regista teatrale e cinematografico Andrej Tarkovskij per una straordinaria messa in scena al Covent Garden nel 1983 in quella che è considerata da molti la più bella, complessa e visionaria rappresentazione del lavoro mussorgskiano. Tale versione verrà poi ripresa da altri interpreti nel 1991, dopo la morte del regista russo mentre progettava una versione per il grande schermo, mentre Abbado si limiterà a riproporre l’opera in una incisione discografica del 1993 con i Berliner Philharmoniker.

Ecco le più importanti prime rappresentazioni del Boris Godunov:

Data Città Teatro Direzione Boris Versione
27 Gen 1874 San Pietroburgo Teatro Mariinskij Eduard Nápravník Ivan Melnikov Originale 1872
16 Dic 1888 Mosca Teatro Bolshoi Bogomir Korsov Originale 1872
04 Dic 1896 San Pietroburgo Conservatorio Nikolaj Rimskij-Korsakov M. V. Lunacharsky Rimsky-Korsakov 1896
07 Dic 1898 Mosca Teatro Solodovnikov Feodor Chaliapin Rimsky-Korsakov 1896
19 Mag 1908 Parigi Opéra de Paris Felix Blumenfeld Feodor Chaliapin Rimsky-Korsakov 1908
19 Mar 1913 New York Metropolitan Opera Arturo Toscanini Adamo Didur Rimsky-Korsakov 1908
24 Giu 1913 Londra Theatre Royal, Drury Lane Pierre Monteux Feodor Chaliapin Rimsky-Korsakov 1908
16 Feb 1928 Leningrado Vladimir Dranishnikov Mark Reizen Originale 1869
04 Nov 1959 Leningrado Teatro Kirov Sergeij Yeltsin Boris Shtokolov Shostakovich 1940

[modifica] Discografia

Per approfondire, vedi la voce Discografia del Boris Godunov.
Ettore Panizza fu il primo direttore d'orchestra a incidere nel 1939 una versione italiana del Boris Godunov con Ezio Pinza nel ruolo principale.
Ettore Panizza fu il primo direttore d'orchestra a incidere nel 1939 una versione italiana del Boris Godunov con Ezio Pinza nel ruolo principale.

Dal 1939 e fino a oggi sono state incise una quarantina di registrazioni su disco dell'opera "integrale". Le registrazioni classiche utilizzavano la versione del 1908 di Rimski-Korsakov mentre in tempi recenti è prevalsa la seconda versione d'autore del 1872. Tra quelle classiche la versione di Herbert von Karajan del 1970 è considerata da molti la migliore, in particolar modo nel terzo atto "polacco", il più convincente in assoluto nella discografia dell'opera. Per le altre versioni sono da notare quella ottima di Claudio Abbado nel 1993, le due storiche versioni con Boris Christoff del 1952 e del 1962 [12] e infine la prima registrazione filologica delle due versioni autoriali (1869 e 1872) realizzata da Valeri Gergiev nel 1997. La prima registrazione in lingua italiana dell'opera risale al 1939 con Ettore Panizza alla direzione orchestrale ed Ezio Pinza nella parte di Boris Godunov.

Tra le innumerevoli registrazioni antologiche, sono di importanza fondamentale le registrazioni di Fedor Chaliaplin e di Alexander Kipnis. Il primo è presente con tutti e tre i monologhi di Boris, pubblicati su numerose etichette nel corso degli anni e fissati su disco con un'ampiezza e profondità drammatica ed espressiva che non si riscontrerà più in nessun altro cantante del dopoguerra che ricoprirà il difficile ruolo. L'altro grande basso degli anni trenta, Alexander Kipnis ha al suo attivo una registrazione dell'opera "integrale", ma in realtà molto tagliata, a tutt'oggi di ardua reperibilità.

Per quanto riguarda invece la videografia, è considerata imperdibile una ripresa della versione di Alexander Bakchi nel Teatro dell'Opera di Kirov, che riutilizza una parte consistente delle scenografie visionarie ideate dal cineasta Andrej Tarkovskij nel 1983. Poche altre versioni sono state filmate, tutte di difficile reperibilità. Per Abbado, inoltre, oltre alle due registrazioni audio del Teatro alla Scala del 1978 e dei Berliner Philharmoniker del 1993 sembra esista una ripresa televisiva mai messa in commercio.

Si indicano qui soltanto quelle registrazioni considerate di fondamentale importanza.

Versione d'autore del 1869
  • Valeri Gergiev, Coro e Orchestra del Teatro dell'Opera di Kirov, Putilin (1997)
Versione d'autore del 1872
  • Semkov, Orchestra della Radio Polacca, Talvela (1976)
  • Fedoseyev, Orchestra Sinfonica della Radiotelevisione Sovietica, Vedernikov (1978-1983)
  • Kitayenko, Orchestra Sinfonica della Radio Danese, Haugland (1986)
  • Rostropovich, National Symphony Orchestra, Raimondi (1987)
  • Tchakarov, Sofia Festival Orchestra, Ghiaurov (1991)
  • Claudio Abbado, Berliner Philharmoniker, Kotscherga (1993)
  • Valeri Gergiev, Coro e Orchestra del Teatro dell'Opera di Kirov, Vaneyev (1997)
Versione di Rimski-Korsakov del 1908
  • Varie Orchestre e Direttori, Chaliapin (1911, 1922, 1923, 1928, 1931)
  • Golovanov, Orchestra del Teatro Bolshoi, Reizen (1948)
  • Golovanov, Orchestra del Teatro Bolshoi, Pirogov (1949)
  • Dobrowen, Orchestre National de la Radiodiffusion, Christoff (1952)
  • Cluytens, Orchestre de la Societe des Concerts du Conservatoire, Christoff (1962)
  • Melik-Pashayev, Orchestra del Teatro Bolshoi, Petrov (1962)
  • Melik-Pashayev, Orchestra del Teatro Bolshoi, London (1963)
  • Karajan, Vienna Philharmonic, Ghiaurov (1966)
  • Karajan, Vienna Philharmonic, Ghiaurov (1970)
  • Ermler, Orchestra del Teatro Bolshoi, Nesterenko (1985)

[modifica] Note

  1. ^ Nell’accezione originaria della seconda versione d'autore l’opera viene definita “Dramma musicale popolare”. La prima versione d'autore viene definita “Rappresentazione musicale”.
  2. ^ 27 gennaio secondo il Calendario giuliano.
  3. ^ Nella realtà le cose erano ben diverse: il principe era uno dei più fieri oppositori del regime instaurato da Boris Godunov.
  4. ^ A volte, tra il terzo e il quarto atto, viene inserita questa scena, originariamente piazzata nella prima versione del 1869 come prima scena del quarto atto. In questo caso, nella seconda scena del quarto atto, si taglia l’episodio del furto del copeco commesso dai ragazzini a danno dell’Innocente.
  5. ^ Dal Salambò Mussorgskij riprenderà alcune melodie non utilizzate trasferendole nel Boris Godunov.
  6. ^ Scritto nel 1825, pubblicato nel 1831 e portato sulle scene teatrali nel 1870.
  7. ^ Questi strumenti non subiranno variazioni nella seconda stesura dell'opera nel 1872.
  8. ^ Oggi di pubblico dominio; vedi la sezione “Collegamenti esterni” su “Spartiti”.
  9. ^ Numero basato secondo il saggio di Michel Calvocoressi. Altri studiosi sostengono che vennero date venticinque rappresentazioni
  10. ^ Taluni storici riportano la versione che fosse lo stesso Diaghilev a volere tali cambiamenti per poter inserire molte più messe in scena nella prima rappresentazione effettuata a Parigi.
  11. ^ Nel periodo della composizione (1868-1874) la Dinastia dei Romanov era ancora al comando del paese in quasi tre secoli di dominio incontrastato. Durerà un'altra quarantina di anni, fino alla Rivoluzione d'Ottobre del 1918.
  12. ^ Al 2007 queste tre versioni risultano essere le uniche ancora presenti nel catalogo.

[modifica] Bibliografia

In italiano
  • Richard Taruskin, Musorgskij contro Musorgskij: le versioni del Boris Godunov, Musica e Realtà nn. 26-29, 1988-1989 (saggio in quattro parti)
  • Michele Girardi, Boris Godunov, tra rivoluzione e pessimismo verdiano, in Studi Pucciniani 2, febbraio 2000 (pp. 69-89)
    Versione online del saggio in formato .pdf
  • AA.VV. (a cura di Giovanni Gavazzeni) Mussorgskij - Boris Godunov, Collana Monografie d'Opera, Edizioni Pendragon, 2007 (pp. 158) ISBN 88-8342-522-6
In inglese
  • Michel Dimitri Calvocoressi, G. Abraham, Master Musicians' Series, Londra, J.M.Dent & Sons Ltd, 1946
  • M. D. Calvocoressi, Modest Mussorgsky: His Life and Works, Londra, Rockliff 1956
In tedesco
  • Rolf Fath, Reclams Opernführer, Stoccarda 2002 - ISBN 3-15-010511-0
  • Clemens Wolthens, Oper und Operette, Vienna, Tosa 1967

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