Galleria degli Uffizi
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Coordinate: La Galleria degli Uffizi è un museo italiano, sito nel Piazzale degli Uffizi a Firenze.
Galleria degli Uffizi | ||
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Tipologia | Arte | |
Il cortile degli Uffizi, veduta da Palazzo Vecchio |
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Indirizzo | Piazzale degli Uffizi, 50122 Firenze, Italia | |
Orari | Da martedì a domenica, ore 8,15-18,50 Chiusura: tutti i lunedì, Capodanno, 1° maggio, Natale |
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Biglietti | Intero: € 6,50 Ridotto: € 3,25 (info) |
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Telefono | +39 055 2388651 | |
Sito | Polomuseale.firenze.it/uffizi | |
Mezzi | 10 min. a piedi dalla stazione |
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L'edificio ospita una superba raccolta di opere d'arte, comprendente tra l'altro la maggiore collezione di dipinti del Botticelli, divisa in varie sale allestite per scuole e stili in ordine cronologico.
[modifica] La storia
[modifica] Cosimo I e Vasari
Con l'insediamento del duca Cosimo I de' Medici nell'antica sede comunale di Palazzo Vecchio, iniziò la riqualificazione in senso monarchico dell'area cittadina. Nel 1560 il duca volle riunire le 13 più importanti magistrature fiorentine, dette uffici, in precedenza poste in varie sedi, in un unico edificio posto sotto il suo diretto controllo, in modo da affiancare al vecchio Palazzo della Signoria una nuova sede governativa, consona al ruolo di potenza rivestito da Firenze dopo la conquista di Siena. Fu scelto come luogo una striscia di terra, innestata tra il lato sud di piazza della Signoria e il lungarno.
Il progetto, affidato a Giorgio Vasari, prevedeva un edificio a forma di U, costituito da un braccio lungo a levante, che doveva incorporare anche l'antica chiesa romanica di San Pier Scheraggio, da un tratto breve affacciato sul fiume Arno e da un braccio corto a ponente, inglobando la Zecca Vecchia. In questo secondo lato dal 1866 ebbero sede le Regie Poste (adattamento di Mariano Falcini), e oggi, dopo un restauro del 1988, vi si tengono alcune esposizioni di materiale proveniente soprattutto dai depositi.
I tre corpi di fabbrica presentano lo stesso modulo: a pianterreno un loggiato architravato con volta a botte, delimitato da pilastri con nicchie, finestre architravate al primo piano, infine l'ultimo piano destinato all'uso privato del duca.
La costruzione iniziata nel 1560, realizzata in pietra serena della valle della Mènsola e adottando secondo il Vasari l'ordine dorico "più sicuro e più fermo degl'altri, [...] sempre piaciuto molto al signor duca Cosimo" nel 1565 presentava già completati i cosiddetti Uffizi Lunghi e il tratto che si affacciava sull'Arno. In questa sezione Vasari aprì una grande arcata a serliana sormontata da una loggia, aperta sia sul piazzale antistante che sull'Arno, come vero e proprio fondale teatrale, ispirato alle coeve realizzazioni scenografiche. L'arcata ospita la statua di Cosimo I, realizzata dal Giambologna nel 1585, tra le statue del Rigore e l'Equità di Vincenzo Danti, realizzate nel 1566. Nelle nicchie dei pilastri del loggiato fu progettato di inserire una serie di statue di fiorentini famosi; la realizzazione si iniziò a partire dal 1835.
Per il matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d'Austria, nel 1565, il duca decise di realizzare una via di comunicazione soprelevata e segreta tra Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti, la nuova residenza della famiglia Medici e collegata direttamente alla cerchia bastionata di Firenze. Il Vasari in soli sei mesi costruì il cosiddetto Corridoio Vasariano, che, da Palazzo Vecchio, superata via della Ninna con un ponte coperto, percorre parte della galleria, superando l'Arno presso il Ponte Vecchio, sbuca nel quartiere d'Oltrarno, arrivando nel giardino di Boboli e da qua in Palazzo Pitti; da lì venne in seguito predisposto un collegamento per raggiungere in sicurezza il Forte Belvedere.
[modifica] Francesco I e Buontalenti
Nel 1574 con il duca Francesco I de' Medici la direzione dei lavori venne affidata a Bernardo Buontalenti, che completò la fabbrica, insieme a Alfonso Parigi il vecchio, nel 1580.
Tra il 1579 e il 1581 le volte della Galleria furono affrescate con motivi a "grottesca" da Antonio Tempesta e successivamente da Alessandro Allori, con cui collaborarono Ludovico Buti, Giovanmaria Butteri, Giovanni Bizzelli e Alessandro Pieroni.
Nel 1581 Francesco I decise di utilizzare la loggia all'ultimo piano degli Uffizi per realizzare una Galleria destinata ad accogliere la sua collezione di dipinti sia quattrocenteschi che contemporanei, di cammei, medaglie, pietre dure, statue antiche e moderne, di oreficerie, bronzetti, armature, miniature, strumenti scientifici e rarità naturalistiche, ma anche ritratti della famiglia Medici e di uomini illustri.
Per allestire la collezione, a partire da quell'anno stesso, il Buontalenti costruì nel braccio lungo degli Uffizi, la Tribuna, ispirata alla Torre dei Venti di Atene, descritta da Vitruvio nel primo libro dell'Architettura, nucleo centrale della Galleria medicea.
L'ambiente a pianta ottagonale con cupola incrostata di conchiglie e madreperla e percorsa da costoloni dorati e lanterna su cui era una rosa dei venti, collegata all'esterno da una banderuola. La Tribuna presenta nelle pareti di rosso scarlatto, dato dalla tappezzerie di velluto, su cui sono appesi i quadri e mensole per oggetti e statue; lo zoccolo, oggi perduto, venne dipinto da Jacopo Ligozzi con uccelli, pesci e altre meraviglie naturalistiche; al centro stava un tempietto-scrigno, ovvero un mobile ottagonale che custodiva i pezzi più piccoli e pregiati della collezione; il pavimento venne realizzato a intarsi marmorei.
La sistemazione degli oggetti della collezione di Francesco I nella Tribuna probabilmente seguiva criteri puramente espositivi e non reconditi significati allegorici: il significato era infatti affidato all'insieme, ovvero la gloria dei Medici, che grazie alla volontà divina, aveva raggiunto il potere terreno, simboleggiato dai magnifici oggetti rari e preziosi posseduti.
Nel corso del tempo la Tribuna ha subito numerose trasformazioni. Nell'Ottocento l'ordinamento originario venne smembrato e gli oggetti divisi secondo il genere e la categoria di appartenenza, facendo nascere i primi nuclei di vari musei fioprentini odierni, come il Museo degli Argenti, il Museo di Mineralogia e Litologia, quello Archeologico, ecc.
Nel 1583 Francesco I fece trasformare la terrazza, sopra la Loggia dei Lanzi, in un giardino pensile, ora scomparso, dove la corte si riuniva ad ascoltare esibizioni musicali ed altri intrattenimenti.
Sempre al Buontalenti spetta la realizzazione del teatro mediceo: un vano circondato da gradinate con nel mezzo il palco dei principi. Nel corso dei secoli il teatro è stato suddiviso in due piani: nel primo ora ha sede il Gabinetto Disegni e Stampe, nel secondo alcune sale della Galleria. Del teatro vero e proprio resta solamente il Vestibolo, dove a sinistra è quello che un tempo era il portale d'ingresso al teatro, oggi ingresso del Gabinetto Disegni e Stampe e di fronte le tre porte del Ricetto, su quella centrale, con le ante lignee intagliate con stemmi medicei, è il busto di Francesco I.
[modifica] I Medici
Nel 1587 col duca Ferdinando I de' Medici la collezione venne arricchita con la cosiddetta "Serie Gioviana", una raccolta di ritratti di uomini illustri iniziata dal vescovo di Como Paolo Giovio, che oggi si trova esposta in alto tra le travature delle gallerie delle statue.
Per volontà ducale venne realizzata la sala detta "delle carte geografiche" dove alle pareti sono gli affreschi di Ludovico Buti con appunto le carte del "dominio vecchio fiorentino", "dello Stato di Siena" e "dell'Isola d'Elba" e nel soffitto furono posizionate alcune tele di soggetto mitologico realizzate da Jacopo Zucchi. Al centro della stanza era un mappamondo e una sfera armillare (oggi al Museo di Storia della Scienza); inoltre venne realizzato lo "Stanzino delle matematiche" destinato a raccogliere strumenti scientifici, con una volta decorata dalla figura della Matematica e alle pareti, tra le altre, Scene con le invenzioni di Archimede.
Per iniziativa di Ferdinando I agli Uffizi furono trasferiti i laboratori granducali e nel 1588 l'Opificio delle Pietre Dure, una manifattura di Stato, dedita alla realizzazione di oggetti preziosi; nell'ala di ponente della galleria vennero sistemati i laboratori di orafi, gioiellieri, miniatori, giardinieri, artefici di porcellane, scultori e pittori e per consentire l'accesso venne realizzata lo scalone detto del Buontalenti.
Sempre nella Galleria sette sale vennero destinate ad accogliere la collezione di armi e armature, venne allestita una sala con le pietre preziose intagliate, portata in dote da Cristina di Lorena. A quell'epoca risale la ripintura di alcuni soffitti affrescati da Ludovico Buti nel 1588.
Nel 1591 la Galleria divenne visitabile su richiesta.
Col la morte di Ferdinando I nel 1609 la Galleria rimase inalterata per molto tempo.
Tra il 1658 e il 1679, al tempo di Ferdinando II de' Medici, venne affrescato il corridoio di ponente con pitture, di Cosimo Ulivelli, Angelo Gori e Giacomo Chiavistelli, distrutte nel 1762 e sostituite da nuove decorazioni di Giuseppe del Moro, Giuliano Traballesi e Giuseppe Terreni. La moglie di Ferdinando, Vittoria della Rovere, essendo l'ultima discendente dei duchi di Urbino, portò a Firenze la cospicua eredità d'Urbino: uno straordinario nucleo di opere di Tiziano, Piero della Francesca, Raffaello, Federico Barocci e altri. Altre opere di scuola veneta giunsero invece tramite il Cardinale Leopoldo de' Medici, fratello del granduca, che iniziò anche le collezioni di disegni, miniature e autoritratti.
Tra il 1696 e il 1699 sotto Cosimo III de' Medici, vennero decorate le volte del braccio che si affaccia sull'Arno da Giuseppe Nasini e Giuseppe Tonelli, e poco dopo la Galleria venne ampliata nel braccio di ponente dove furono aperti diversi ambienti allestiti con autoritratti, porcellane, medaglie, disegni e bronzetti. Nella Fonderia, ovvero la farmacia, venne allestito il museo delle curiosità naturali, tra cui prendevano posto mummie, animali imbalsamati, uova di struzzo e corni di rinoceronte. Per quanto riguarda le raccolte, Cosimo III acquistò numerosi quadri fiamminghi (molti i Rubens) e alcune preziose statue romane, come la celebre Venere Medici, un originale greco fra le più importanti sculture della galleria.
[modifica] I Lorena
Estinta la dinastia medicea nel 1737, con la morte di Gian Gastone, la sorella di quest'ultimo, Anna Maria Ludovica, con la Convenzione dello stesso anno, cedette le raccolte medicee alla dinastia dei Lorena, a patto che le opere restassero a Firenze inalienabili: fu l'atto, puntualmente rispettato dai Lorena, che permise la conservazione delle straordinarie collezioni fino ad oggi, senza che esse si disperdessero o prendessero la via dell'estero, come successe alle collezioni di Mantova o di Urbino.
Tra il 1748 e il 1765 venne realizzato un vasto rilevamento grafico, coordinato da Benedetto Vincenzo De Greyss. Nel 1762 un incendio distrusse una parte del corridoio est, subito ricostruita e ridecorata.
Pietro Leopoldo di Lorena, aprendo la Galleria al pubblico nel 1769 e provvedendo alla costruzione di un nuovo ingresso, su progetto di Zanobi del Rosso, promosse una radicale trasformazione della Galleria, affidandone la direzione a Giuseppe Pelli Bencivenni e la riorganizzazione, che fu realizzata negli anni 1780-82, a Luigi Lanzi, che seguì criteri razionalistici e pedagogici propri dell'Illuminismo, con "un suo proprio genere di cose o al più di due" in ogni sala. Nella Galleria venne rimossa l'armeria, venduta la collezione di maioliche e spostati nel museo de la Specola, gli strumenti scientifici; separando in questo modo la scienza dall'arte e concentrando negli Uffizi la pittura, di cui iniziò un riordinamento per scuole, la scultura antica e le arti minori.
Nel 1779 venne realizzata da Gaspare Maria Paoletti la Sala della Niobe, dove vennero allestite un complesso di sculture antiche raffigurante Niobe e i suoi figli, proveniente dalla Villa Medici a Roma.
[modifica] Otto e Novecento
Tra il 1842 e il 1856, vennero realizzate le 28 statue in marmo, nelle nicchie dei pilastri all'esterno della Galleria, con gli uomini illustri della Toscana dal Medioevo all'Ottocento. Tra le più pregiate della serie ci sono la statua di Giotto di Giovanni Duprè, a sinistra sul terzo pilastro, il Machiavelli di Lorenzo Bartolini, all'undicesimo, e la statua di Sant'Antonino del Duprè, a destra nel quarto pilastro.
All'epoca di Firenze Capitale (1865-1871) nel Teatro Mediceo si riunì il Senato italiano.
Nella seconda metà del secolo XIX, gli Uffizi si avviarono a diventare soprattutto una raccolta di quadri, vennero rimosse alcune statue rinascimentali e trasferite al Museo del Bargello e alcune statue etrusche che furono trasferite nel Museo Archeologico. Nel 1889 il teatro Mediceo venne diviso in due piano e smantellato.
Nel 1900 venne acquistata la quadreria dell'arcispedale di Santa Maria Nuova, tra cui il Trittico Portinari proveniente dalla chiesa di Sant'Egidio, e da inizio Novecento si potenziarono, con acquisti e trasferimenti da varie chiese e istitutio religiosi, aree come il Trecento e il primo Quattrocento, estranee al nucleo storico del museo.
Separando il teatro mediceo in due piani e ricavandone sei sale, vennero ristrutturate le prime nel 1956 su progetto di Giovanni Michelucci, Carlo Scarpa, Ignazio Gardella.
Nel 1969 venne acquistata la Collezione Contini Bonacossi e nel 1989 vennero recuperate da Rodolfo Siviero le opere sottratte dai nazisti nella seconda guerra mondiale.
Il 27 maggio 1993, a seguito di un attentato mafioso che ha provocato la morte di cinque persone e danneggiato alcuni ambienti della Gallerie e del Corridoio Vasariano, molti pezzi della collezione vennero sistemati nei depositi e gradualmente, con i restauri e la messa in sicurezza dell'ala ovest, sono tornati nell'allestimento museale.
Nel 1998 il concorso internazionale per la nuova uscita degli Uffizi è stato vinto da Arata Isozaki, ma il progetto, molto criticato, è stato definitivamente accantonato nel 2005. Un altro progetto a lungo termine è stata la realizzazione dei Grandi Uffizi, raddoppiando la superficie espositiva grazie allo spostamento dell'Archivio di Stato dal primo piano, attingendo opere dai depositi (che sono situati all'ultimo piano) e ampliando così sezioni un po' penalizzate dagli spazi, come quella relativa al Seicento: oggi il primo piano conserva le opere del Seicento (come la sala di Caravaggio e dei caravaggeschi) ed è sede delle esposizioni temporanee più prestigiose.
[modifica] Architettura
Il palazzo degli Uffizi è composta da due corpi di fabbrica longitudinali principali, collegati verso sud da un lato più breve del tutto analogo, dando origine così ad un complesso a "U", che abbraccia un piazzale e sfonda prospettivamente verso piazza della Signoria, con una perfetta inquadratura di Palazzo Vecchio e della sua torre.
Al pian terreno corre un porticato per tutta la lunghezza dei lati ovest e sud, e per il lato est fino a via Lambertesca; sopraelevato di alcuni gradini, è sorretto da colonne doriche e pilastri con le nicche per statue; lungo il piazzale i passaggi sono coperti da architravi, mentre il passaggio coperto è chiuso da lunghe volte a botte, decorate da cornici rettangolari a rilievo, che sono collegate tra loro da fasce disegnanti un motivo geometrico spezzato.
Ai piani suoperiori si ripete un modulo di tre riquadri, tre finestre con balconcini e timpani ripsettivamente triangolare, circolare e di nuovo triangolare (primo piano) e tre aperture sulla loggetta superiore (oggi la galleria del secondo piano), divise da due colonnine. I piani sono divisi da maestose cornici marcapiano. Gli elementi architettonici sono sottolieati dall'uso della pietra serena (in particolare di quella estratta dalla valle della Mensola), che risalta sull'intonaco bianco, secondo lo stile più tipicamente fiorentino iniziato da Brunelleschi.
Il lato breve è caratterizzato da un grande arco componente una serliana che inquadra scenograficamente l'affaccio sull'Arno. Al primo piano le grandi finestre hanno un scoronamento ad arco e davanti a quella centrale, la più ampia, corrispondente internamente al Verone, si trovano tre statue: Cosimo I in piedi di Giambologna (1585), affiancato dalle personificazioni sdraiate dell' Equità e del Rigore, entrambe di Vincenzo Danti (1566).
Molto originale è il portale costruita da Bernardo Buontalenti su via Lambertesca: lo coronò da timpano spezzato, ma per maggiiore originalità invertì le due metà, ottenendo una sorta di timpano "ad ali", che ricorda gli spunti animalistici e organici della sua architettura.
[modifica] Il sistema museale fiorentino
Le raccolte degli Uffizi coprono l'arte figurativa fino alla metà del Settecento circa, con una sovrapposizione a partire dal periodo del tardo Quattrocento con le opere conservate nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, dove sono però sistemate secondo il criterio della quadreria. Agli Uffizi si trovano anche le migliori sculture classiche di Firenze, mentre il resto dell'arte antica si trova al Museo archeologico nazionale di Firenze.
La scultura rinascimentale e manierista si trova al Museo Nazionale del Bargello. Dal periodo neoclassico alla prima metà del Novecento l'arte a Firenze è documentata alla Galleria d'arte moderna, sempre a Palazzo Pitti, mentre il Novecento è documentato da alcuni musei comunali, come il Museo Marino Marini o la collezione di Alberto della Ragione. Per trovare una importante raccolta di arte contemporanea nelle vicinanze, ci si deve spostare a Prato al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci.
[modifica] Sale
[modifica] Vestibolo d'entrata
L'ambiente, costituito da tre vestiboli venne ricavato alla fine del Settecento col completamento dello scalone monumentale, il nuovo accesso alla Galleria, per volontà del granduca Pietro Leopoldo. Nel primo vestibolo sono busti in marmo e porfido dei Medici da Francesco I a Gian Gastone; comunicante con questo è il rettangolare vestibolo, decorato nella volta da Giovanni da San Giovanni con Capricci mitologici, allestito con are, busti antichi e moderni; nel Vestibolo ellittico: statue romane, sarcofagi e rilievi antichi. La porta che immette nella Galleria, con ai lati sono due Cani molossi, copie romane del I secolo d.C., è sormontata dal busto di Pietro Leopoldo.
- Stefano Ricci - Busto di Pietro Leopoldo di Lorena
- Officina romana - Sarcofago: Apollo e le Muse, II secolo d.C.
- Ottavio Giovannozzi - Busto di Lorenzo il Magnifico, 1825
- Giambologna - Busto di Cosimo I de' Medici, 1563 circa
- Domenico Poggini - Busto di Francesco I de' Medici, 1564 circa
- Attribuito a Tommaso Fedeli - Busto di Ferdinando I de' Medici, primi decenni del secolo XVII
- Tommaso Fedeli - Busto di Cosimo II de' Medici, 1624
- Giovan Battista Foggini - Busto di Maria Maddalena d'Austria, 1684 circa
- Raffaello Curradi - Busto di Ferdinando II de' Medici, ante 1638
- Giovan Battista Foggini - Busto di Vittoria della Rovere, dopo il 1680
- Scuola toscana del secolo XVII - Busto del cardinale Leopoldo de' Medici, metà del secolo XVIII
- Antonio Montauti - Busto di Gian Gastone de' Medici, 1724 circa
- Officina romana - Sarcofago con il Trionfo di Dioniso e Ariadne, II secolo d.C.
- Stefano Ricci - Busto di Ferdinando III di Lorena
- Officina romana - Sarcofago con la caduta di Fetonte e giochi circensi, II secolo d.C.
- Officina romana - Statua loricata con testa di Traiano, II secolo d.C.
- Officina romana - Statua togata con testa ritratto, II secolo d.C.
- Officina romana - Cane molosso
- Officina romana - Cane molosso
- Officina romana - Statua di Apollo in riposo
- Officina romana - Sarcofago con il mito di Fedra ed Ippolito, II-III secolo d.C.
- Officina romana - Pilastri con panoplie, II secolo d.C.
- Officina romana - Testa di Augusto su statua togata, I secolo d.C.
[modifica] Corridoio est
I tre corridoi che corrispondono ai tre corpi del palazzo, corrono lungo tutto il lato interno e su di essi si aprono le sale, anche se grazie alle porte di intercomunicazione interna, non è necessario attraversarli per il percorso principale della galleria. I corridoi sono decorati nei soffitti e le ampie vetrate rivelano il loro primitivo aspetto di loggia aperta coperta.
Oggi i corridoi ospitano la collezione di statuaria antica, iniziata da Lorenzo il Magnifico, che conservava le opere nel Giardino di San Marco vicino al Palazzo Medici per farle copiare dai giovani artisti. La raccolta fu ampliata da Cosimo I dopo il suo primo viaggio a Roma del 1560 quando scelse di destinare le statue per abbellire Palazzo Pitti e i ritratti e i busti per Palazzo Vecchio. Infine venne accresciuta ancora all'epoca di Pietro Leopoldo di Lorena, quando si portarono a Firenze le opere di Villa Medici, raccolte in gran parte dal futuro granduca Ferdinando I, all'epoca cardinale.
È curioso notare che tali opere, oggi spesso distrattamente scansate dai visitatori, fino al primo Ottocento erano motivo di interesse principale della visita alla galleria. Secondo alcune fonti fu un saggio di John Ruskin a ridestare l'interesse per la pittura rinascimentale del museo, fino ad allora bistrattata.
Le sculture sono di grande valore e risalgono soprattutto all'epoca romana, con numerose copie di originali greci, secondo la consuetudine dell'epoca. A volte le statue incomplete o spezzate vennero restaurate e integrate dai grandi scultori del Rinascimento. La disposizione delle sculture oggi ricalca il più possibile quella di fine del Settecento, quando permettevano il confronto tra maestri antichi e moderni, un tema allora molto caro, e quindi la funzione delle statue è tutt'ora essenziale e fortemente caratterizzante dell'origine e della funzione storica della galleria.
Il primo, lungo corridoio è quello est, riccamente decorato nel soffitto da grottesche risalenti al 1581, mentre corre al limite del soffitto, una lunga serie di ritratti, la serie Gioviana, intervallata da dipinti di dimensione più grande degli esponenti prinipali della famiglia Medici, la seire Aulica iniziata da Francesco I de' Medici, con i ritratti da Giovanni di Bicci a Gian Gastone.
Ai ritratti pittorici fanno da contraltare la serie dei busti romani, ordinati cronologicamente a fine del Settecento in maniera di coprire tutta la storia imperiale.
Fra le opere di statuaria più importanti si segnalano un Ercole e Centauro, da un originale tardoellenistico, integrato nella figura dell'eroe da Giovan Battista Caccini nel 1589; un Re Barbaro, composto nel 1712 a partire dal solo busto antico; Pan e Dafni, da un originale di Eliodoro di Rodi dell'inizio del I secolo a.C; il Satiro danzante o Bacco fanciulllo, da un originale ellenistico, restaurato nel Cinquecento.
Tra i sarcofagi antichi spiccano quelli col Ratto di Proserpina e col Ratto delle Leucippidi. Più avanti si incontrano una statua di Proserpina, da un originale greco del IV secolo a.C., il sarcofago delle Fatiche di Ercole, la copia antica dell'Apollo con l'oca di Skopas (IV secolo a.C.), e il sarcifago con la Caccia al cinghiale Calidonio.
Ai lati dell'ingresso della Tribuna si trovano un Ercole, da un originale di Lisippo, e un busto di Adriano appartenuto a Lorenzo il Magnifico.
Nell'ultima parte del corridoio si incontrano il piccolo sarcofago del Tiaso Marino, destinato secondo l'iscrizione a una bambina, le due Veneri, da originali del IV secolo a.C. e un Apollo ellenistico, che si trovava all'ingresso di Villa Medici e invitava, col braccio destro di restauro, ad accedere alla casa, come se fosse il regno del dio stesso.
[modifica] Sala 1 Archeologica
La sala venne creata nel 1921, in questa sono allestite opere per lo più provenienti da Roma, tra queste tre statue romane copie del Doriforo di Policleto, opera greca del I secolo a.C.: una in bronzo, una in marmo e quella che è considerata la copia più fedele, il Torso del Doriforo in basalto verde, mai integrata per la durezza difficile da scolpire del materiale. Interessante è anche un Busto di Cicerone in onice, della metà del I secolo d.C. Il Torso Gaddi è forse un originale greco del I secolo a.C..
Tra i rilievi si segnalano quello di una Biga (V-IV secolo a.C.) e il fregio dell'Atena Nike (restaurato nel Settecento da Bartolomeo Cavaceppi).
Appartengono al filone "plebeo" dell'arte romana i due rilievi con Scene di bottega, del I secolo d.C. I rilievi dell'Ara Pacis sono calchi: i Medici possedevano alcune lastre originali che nel 1937 tornarono a Roma per ricomporre il monumento. Di epoca pure augustea sono i frammenti di parasta a girali, mentre ai lati si trovano due rilievi di amorini, uno con gli attributi di Giove (il fulmine) e uno con quelli di Marte (la corazza): facevano parte di una serie molto famosa nel medioevo, alla quale Donatello si ispirò per la cantoria di Santa Maria del Fiore.
Provengono da un fregio adrianeo del II secolo d.C. il Tempio di Vesta e la Scena di sacrificio. Il sarcofago con le Fatiche di Ercole è caratterizzata da un più accentuato contrasto luminoso, tramite la lavorazionbe a trapano; le diverse età di Ercole raffigurate alludono ai periodi della vita.
La sala è chiusa da decenni.
- Officina romana - Torso raffigurante un centauro con le mani legate dietro la schiena, del II secolo a.C.
- Kleomenes - Ara cilindrica con sacrificio di Ifigenia, I secolo a.C.
- Officina romana - Torso del Doriforo, I secolo d.C.
- Officina romana - Ara funeraria di Claudius Fortunatus, I secolo d.C.
- Calco in gesso dell'Ara Pacis Augustae con raffigurazione della Tellus
- Officina romana - Rilievo di Putti con corazza, 44 d.C.
- Officina romana - Parasta, 30-50 d.C.
- Officina romana - Rilievo di Putto con il fulmine, 44 d.C.
- Officina romana - Ritratto di Vestale, 120-130 d.C.
- Officina romana - Ritratto di Cicerone, metà del I secolo d.C.
- Officina romana - Rilievo con la raffigurazione di una bottega di stoffe, 50 d.C
- Officina romana - Rilievo con scena di sacrificio, prima metà del II secolo d.C.
- Officina romana - Rilievo con la raffigurazione di una bottega di cuscini, 50 d.C
- Officina romana - Gruppo raffigurante Ermafrodito e Pan, II secolo d.C.
- Officina romana - Ara funeraria di Hateria Superba
- Officina romana - Rilievo con viandante, II secolo d.C.
- Officina romana - Torso con pelle di satiro, I secolo d.C.
- Officina romana - Ara funeraria del liberto Marco Ulpio Verna, prima metà del II secolo d.C.
- Officina romana - Ritratto di atleta c.d. Alcibiade, I secolo d.C.
- Officina romana - Fronte di sarcofago con raffigurazione di tiaso marino, 200-250 d.C.
- Officina neoattica - Rilievo con Nikai che conducono un toro al sacrificio, I secolo a.C.
- Officina neoattica - Rilievo con tiaso delle menadi, I secolo a.C.
- Officina romana - Rilievo con parte di una biga, 400 a.C.
- Officina romana - Rilievo con il tempio di Vesta sul Palatino, fine I-inizi II secolo d.C.
- Calco in gesso dell'Ara Pacis Augustae con processione sacra
- Officina romana - Parte di clipeo con testa di Ammone a rilievo, II secolo d.C.
- Calco in gesso dell'Ara pacis Augustae con processione sacra e Augusto in abiti sacerdotali
- Officina romana - Rilievo pseudoantico con Enea che sacrifica
- Officina neoattica - Rilievo con figure femminili danzanti, I secolo a.C.
- Officina romana - Fronte di sarcofago con fatiche d'Eracle, II secolo d.C.
- Officina romana - Fronte di sarcofago con tiaso marino, 150-200 d.C.
- Officina romana - Erma di Crisippo, II secolo d.C.
- Officina romana - Ritratto di uomo illustre c.d. Arato, I secolo a.C.
- Officina romana - Erma di filosofo c.d. Carneade, II secolo d.C.
[modifica] Sala 2 del Duecento e di Giotto
Questa sala venne ricavata sul finire dell'Ottocento dall'antico teatro mediceo. L'allestimento venne completato nel 1956 dagli architetti Michelucci, Scarpa e Gardella, che coprirono la sala con un soffitto a capriate, imitando le chiese medievali.
La sala espone opere databili tra la prima metà del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo, entrate agli Uffizi a partire dalla fine del Settecento, con la riscoperta dei pittori detti "primitivi".
Tra le tavole, che illustrano gli inizi della pittura toscana, sono due Crocifissi: uno col Cristo trionfante, di iconografia ancora bizantina, l'altro, il N. 434, con l'iconografia del Cristo sofferente, una nuovo tipo, che diventerà vincente, da ricollegare soprattutto alla coeva predicazione francescana. Importanti esempi della scuola pittorica duecentesca sono anche un dossale di Meliore e un dittico di scuola di Bonaventura Berlinghieri.
L'allestimento, inoltre, mette a confronto le tre grandi pale cuspidate di Cimabue, Duccio di Buoninsegna e Giotto, dipinte a pochi anni di distanza e con lo stesso soggetto: la Madonna in trono o "maestà".
In quella del 1280 realizzata da Cimabue è un primo tentativo di emancipazione dagli stilemi bizantini, dove prevale la ricerca di maggior volume e rilievo plastico, con un'inedita dolcezza di sfumato; di fronte è la pala di Duccio, detta la Madonna Rucellai del 1285 costruita con una struttura ritmica e con figure aggraziate, maggiormente influenzata dalla coeva esperienza pittorica del gotico francese; infine, al centro della sala, la Maestà di Giotto, chiamata anche Maestà di Ognissanti (1310 circa) di impianto monumentale e costruita molto più plasticamente accentuando il chiaroscuro e la volumetria dei corpi. Di Giotto è anche il polittico di Badia del 1301.
- Scuola fiorentina della metà del XIII secolo - Madonna Pisa
- Maestro della Croce n. 434 - Crocifisso con otto storie della Passione
- Maestro della Maddalena - San Luca
- Duccio di Buoninsegna - Madonna Rucellai, 1285
- Giotto - Polittico di Badia, 1301
- Giotto - Madonna di Ognissanti (Maestà), 1310 circa
- Cimabue - Madonna di Santa Trinita, 1280
- Scuola toscana della fine del XII secolo-inizi del XIII secolo - Crocifisso con storie della Passione
- Meliore - Cristo benedicente fra la Vergine e i santi Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo
- Attribuito a Bonaventura Berlinghieri - Crocifissione, Madonna col Bambino e santi
- Maestro del San Francesco Bardi - Le stimmate di san Francesco
- Maestro del Bigallo - Madonna col Bambino in trono e due angeli 1230 circa
- Pittore toscano - Madonna col Bambino in trono e Annunciazione 1210 - 1215 circa
[modifica] Sala 3 del Trecento senese
Nella sala, ricavata alla fine dell'Ottocento e ristrutturata negli anni Cinquanta del Novecento, è allestita una selezione di opere senesi del Trecento, in questa si fronteggiano l'Annunciazione di Simone Martini e Lippo Memmi (1333) e la Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti, entrambe provenienti dal duomo di Siena.
L'Annunciazione è costruita con uno stile lineare, elegante e raffinato tipico della coeva cultura cortese che sfociò nel gotico internazionale; ambientata in un'atmosfera irreale, quasi di astratta misticità, con quale concessione al vero (il fiore, l'ombra del libro, la ritrosia della Vergine), presenta tutte le raffinatezze lineari e cromatiche della scuola gotica senese (si guardi per esempio alla resa del tessuto nella veste angelica)
La Presentazione al tempio di Ambrogio invece la profonda resa prospettica e l'attenzione alla resa degli affetti delle figure, elementi tipici della poetica giottesca, già ripresa da sua fratello Pietro, viene da Ambrogio conciliate con il gusto per il colore e la grazia della tradizione senese. Queste due pale d'altare sono tra i più antichi esempi conosciuti di soggetti da altare con episodi evangelici, anziché con un'icona da venerare, poiché nella cattedrale senese era già presente una grandiosa immagine mariana, protettrice della città, nella grande pala della Maestà di Siena di Duccio di Buoninsegna, sull'altare maggiore.
Dei fratelli Lorenzetti sono anche esposte altre opere: le Storie di San Nicola (1330 circa), la Madonna con i Santi Nicola e Procolo (1332) di Ambrogio e la Madonna in gloria e la Pala della Beata Umiltà, entrambe del 1340, di Pietro. Nella pala della Beata Umiliana sono raffigurati numerosi interessanti episodi di vita quotidiana nel medioevo.
Di Simone dei Crocifissi, pittore bolognese che si rifà ad un gotico più vivace e popolaresco rispetto al gotico aulico senese, è la tavola con la Natività.
- Pietro Lorenzetti - Madonna col Bambino
- Ambrogio Lorenzetti - Polittico di San Procolo
- Andrea Vanni - Madonna col Bambino
- Simone Martini e Lippo Memmi - Annunciazione con i santi Ansano e Massima
- Pietro Lorenzetti - Polittico della Beata Umiltà
- Simone dei Crocifissi - Natività
- Niccolò di Buonaccorso - Presentazione della Vergine al tempio
- Ambrogio Lorenzetti - Storie di San Nicola
- Ambrogio Lorenzetti - Presentazione al tempio
[modifica] Sala 4 del Trecento fiorentino
La sala è dedicata alla pittura fiorentina del Trecento, scuola influenzata dall'opera preponderante di Giotto e della sua bottega. Vi si trovano sia polittici, spesso incompleti e privi delle elaborate cornici ligneee originali, sia dipinti più piccoli, usati per la devozione domestica.
Del cosiddetto Maestro della Santa Cecilia, un anonimo collaboratore di Giotto, è la tavola con Santa Cecilia e episodi della sua vita, dove delle scenografiche architetture fanno da sfondo alle figure, come negli affreschi della Basilica superiore di Assisi.
I primi giotteschi sono rappresentati da Pacino di Buonaguida, Jacopo del Casentino e Bernardo Daddi. Di Taddeo Gaddi, attivo nella bottega giottesca per ventiquattro anni, è la Madonna col Bambino e sante. Sempre di ispirazione giottesca è il trittico con San Matteo e storie della sua vita di Andrea Orcagna. In queste opere si nota una certa stagnazione dei temi e delle tecniche usate, sempre fedeli al maestro, con progressi minimi nonostante il trascorrere di circa mezzo secolo.
Da Giotto si allontana solo il cosiddetto Giottino, qui rappresentato con la Pietà di San Remigio, accentuando l'espressionismo delle figure e utilizzando un colore cromaticamente variato.
Di Giovanni da Milano, un artista lombardo attivo a Firenze, appartiene il frammentario Polittico di Ognissanti, dove la preziosità dei dettagli annuncia il gotico internazionale.
- Giovanni da Milano - Polittico di Ognissanti
- Andrea Orcagna - San Matteo e storie della sua vita
- Bernardo Daddi - Polittico di San Pancrazio
- Giottino - Pietà di San Remigio
- Taddeo Gaddi - Madonna col Bambino e sante
- Nardo di Cione - Cristo crocifisso con i dolenti e santi
- Bernardo Daddi - Madonna col Bambino e santi
- Bernardo Daddi - Madonna col Bambino e angeli
- Jacopo del Casentino - Madonna col Bambino
- Pacino di Buonaguida - Crocifissione, Madonna e santi
- Maestro della Santa Cecilia - Santa Cecilia e episodi della sua vita
[modifica] Sala 5-6 del Gotico internazionale
La sala del cosiddetto gotico internazionale, ristrutturata negli anni cinquanta, è dominata dall'Adorazione dei Magi (1423) di Gentile da Fabriano, eseguita per il mercante fiorentino Palla Strozzi, e dalla monumentale Incoronazione della Vergine (1414) di Lorenzo Monaco, opera di grande eleganza dipinta per la chiesa di Santa Maria degli Angeli; dello stesso autore è anche un'Adorazione dei Magi (1422) dai colori forti e brillanti, da confrontare con la tavola di Gentile da Fabriano, nella quale si fondono elementi più profani e naturalistici, segno dell'epoca cortese. Lorenzo Monaco enfatizza la lunghezza delle figure, la sinuosità delle figure con cappelli dalle fogge originali e usa colori freddi e cangianti, molto raffinati.
Attribuita al Beato Angelico è la Tebaide, una tavola sulla vita eremitica. La Madonna dell'Umiltà, attribuita a Masolino è un'opera di grande dolcezza e perizia tecnica.
Oltre agli esponenti fiorentini e a Gentile sono qui collocate opere di altre provenineze, che documentano l'uniformità del linguaggio pittorico cortese a acavllo fra Tre e Quattrocento, come una tavola del senese Giovanni di Paolo, una del veneziano Jacopo Bellini e una del fiorentino trapiantato in Spagna Gherardo Starnina.
Chiudono la sala i Quattro Santi provenienti dal Polittico Quaratesi, sempre di Gentile da Fabriano, che nella loro isolata monumentalità rivelano l'influenza del nascente rinascimento fiorentino (in particolare di Masaccio) sul grande pittore marchigiano, che accantona la complessa composizione e i preziosismi materici del suo stile più conosciuto.
- Lorenzo Monaco - Adorazione dei Magi
- Giovanni di Paolo - Madonna col Bambino e santi
- Agnolo Gaddi - Crocifissione
- Jacopo Bellini - Madonna col Bambino
- Gentile da Fabriano - Adorazione dei Magi
- Gentile da Fabriano - Scomparti del Polittico Quaratesi con Santi
- Lorenzo Monaco - Incoronazione della Vergine
- Gherardo Starnina - Madonna dell'Umiltà
- Beato Angelico (attribuzione) - Tebaide
- Masolino da Panicale - Madonna dell'Umiltà
[modifica] Sala 7 del primo Rinascimento
Questa sala dedicata ai primi artisti rinascimentali è piena di capolavori, a partire dal capostipite del rinnovamento in pittura, Masaccio, a cominciare dalla prima opera nella quale si intravedono i segni della rottura, la Madonna con bambino e Sant'Anna (Sant'Anna Metterza) del 1424 realizzata con il suo maestro di bottega Masolino da Panicale. Di Masaccio è la Vergine, dipinta con una solenne corporatura così austera e realistica da non potersi più definire "gotica". Questo rinnovamento fu espressione della cultura dell'Umanesimo, con la riscoperta dell'antico (si pensi alla classica monumentalità di Masaccio) e della ricerca di uno spazio prospetticamente definito.
Paolo Uccello fu forse il primo pittore ad essere "ossessionato" dalla prospettiva e ciò è chiaro nella grande tavola della Battaglia di San Romano, parte di un trittico dipinto su incarico di Cosimo il Vecchio che decorava la camera di Lorenzo il Magnifico nel Palazzo Medici, oggi diviso tra la National Gallery di Londra, il Louvre di Parigi e gli Uffizi, appunto. In questa raffigurazione apparentemente caotica della battaglia, tutto è razionalizzato e inquadrato dalla prospettiva che guida il pittore nella disposizione razionale di tutti gli elementi, dai cavalli ai soldati, alle lance degli stessi, che cadute in terra formano figure geometriche.
Beato Angelico fu uno dei primi artisti a recepire la nuova sensibilità, come testimonia l'Incoronazione della Vergine del 1435 circa, che, seppur ancora circondata dallo sfondo oro tipicamente medievale, trasmette una sensazione di prospettiva ragionata nel dispiegarsi dei cori degli angeli.
Importante opera di Domenico Veneziano è la Madonna con bambino e santi (Pala di Santa Lucia de' Magnoli), del 1445 circa, una sacra concertazione che si svolge in un ambiente dalla prospettiva realistica, con una luce naturale, mattiniera e cristallina, che dà corpo alle figure, tipica dell'autore. Si tratta anche di uno dei primi esempi di nuovo formato rettangolare per le pale d'altare, privo del fondo oro.
Dopo il riordino degli anni '90 i Ritratti dei Duchi d'Urbino di Piero della Francesca sono stati spostati nella sala successiva.
- Paolo Uccello - Battaglia di San Romano
- Paolo Uccello - Santa Monaca
- Masaccio - Madonna col Bambino (fronte), stemma del cardinale Antonio Casini (retro)
- Masolino e Masaccio - Madonna col Bambino, sant'Anna e angeli
- Domenico Veneziano - Pala di Santa Lucia de' Magnoli
- Beato Angelico - Madonna col Bambino
- Beato Angelico - Incoronazione della Vergine
[modifica] Sala 8 dei Lippi
Filippo Lippi viene considerato tra i grandi padri del Rinascimento fiorentino, secondo a Masaccio, ma anticipatore di Sandro Botticelli. In questa sala si può notare l'evoluzione del suo stile verso soluzioni sempre di maggior raffinatezza, come l'Incoronazione della Vergine (1441-1447), che dimostra la conoscenza di Masaccio (Lippi era stato infatti monaco nella chiesa del Carmine dove si trova la Cappella Brancacci), soprattutto nel solida e corposa figura della Madonna, oppure le due Adorazioni del bambino, influenzate dai traguardi della scultura contemporanea di Donatello e Luca della Robbia, per arrivare al capolavoro assoluto della Madonna con bambino e angeli (La Lippina, 1465 circa), di commovente dolcezza e con un uso sottile e elegante del colore, maturato forse anche attraverso lo studio di opere fiamminghe.
Sono qui presenti anche opere più tarde del figlio di Filippo, Filippino Lippi, con la Pala degli Otto (1486) e l'Adorazione dei Magi (1496).
Molto famosi sono i Ritratti dei duchi d'Urbino di Piero della Francesca del 1465 circa, esemplare via di mezzo fra il realismo (soprattutto dei dettagli, come i gioielli, le acconciature, le rughe della pelle) e l'idealizzazione delle effigi dei duchi, con una grande attenzione anche ai paesaggi e alla prospettiva. L'uomo viene esaltato nella sua dignità e diventa soggetto pittorico. Sul retro delle due piccole tavole i duchi sono raffigurati ciascuno sul cocchio di rappresentanza.
Anche i delicati traguardi nell'uso del colore di Alessio Baldovinetti sono qui testimoniati da alcune sue opere (Annunciazione e Madonna con il bambino).
- Alesso Baldovinetti - Annunciazione
- Alesso Baldovinetti - Madonna col Bambino
- Filippino Lippi - Adorazione dei Magi
- Filippino Lippi - Madonna col Bambino e santi o Madonna degli Otto
- Filippino Lippi - Adorazione del Bambino con San Giovannino
- Filippino Lippi - San Girolamo
- Filippino Lippi - Adorazione del Bambino
- Filippo Lippi - Madonna col Bambino e angeli (la Lippina)
- Filippo Lippi - Pala del Noviziato
- Francesco Pesellino - Predella della Pala del Noviziato
- Filippo Lippi - Adorazione del Bambino con santi
- Filippo Lippi - Incoronazione della Vergine
- Filippo Lippi - Adorazione del Bambino con i santi Gerolamo, Maddalena e Ilarione
- Filippo Lippi - Predella della Pala Barbadori
- Filippo Lippi - Annunciazione, san Giovanni Battista, sant'Antonio Abate
- Piero della Francesca - Ritratti di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza (fronte), Trionfi di Federico da Montefeltro e di Battista Sforza (retro)
[modifica] Sala 9 dei Pollaiolo
La sala è dedicata ai fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo, attivi nella seconda metà del Quattrocento e interpreti di una pittura dal forte risalto lineare, attenta anche alle novità provenienti dal mondo fiammingo (resa naturale della luce, attensione ai dettagli, ecc.).
Antonio del Pollaiolo è rappresentato da alcune delle sue opere più famose, incentrate sul movimento delle figure, come nel piccolo ma poderoso dipinto a due facce delle Fatiche di Ercole, oppure dai ritratti (Ritratto muliebre).
La Pala con i Santi Giacomo, Vincenzo ed Eustachio è un lavoro di collaborazione tra i due fratelli.
Piero è rappresentato anche delle sei grandi taviole delle Virtù realizzate per il Tribunale della Mercanzia: la settima (Fortezza, 1470), è la prima opera documentata del giovanissimo Sandro Botticelli.
- Piero del Pollaiolo - Ritratto di Galeazzo Maria Sforza
- Piero e Antonio del Pollaiolo - Pala del Cardinale del Portogallo
- Filippino Lippi (?) - Ritratto di giovane col berretto rosso
- Antonio del Pollaiolo - Ritratto muliebre
- Antonio del Pollaiolo - Ercole e Anteo
- Antonio del Pollaiolo - Ercole e l'Idra
- Jacopo del Sellaio - Convito di Assuero
- Sandro Botticelli - Fortezza
- Piero del Pollaiolo - Temperanza
- Piero del Pollaiolo - Prudenza
- Piero del Pollaiolo - Giustizia
- Piero del Pollaiolo - Fede
- Piero del Pollaiolo - Carità
- Piero del Pollaiolo - Speranza
- Biagio d'Antonio - Giustizia, 1470 circa
[modifica] Sala 10-14 del Botticelli
La sala più grande e più famosa del museo contiene la migliore collezione al mondo di opere di Sandro Botticelli, compreso il suo capolavoro, la Primavera e la celeberrima La nascita di Venere, due opere emblematiche della sofisticata cultura neoplatonica sviluppatasi a Firenze nella seconda metà del Quattrocento. Queste opere furono realizzate negli anni ottanta del Quattrocento e sono le prime opere di grandi dimensioni a soggetto profano del Rinascimento italiano. Furono dipinte per Lorenzo de' Medici, ma non Lorenzo il Magnifico, ma un suo cugino che viveva nella Villa di Careggi, con il quale fra l'altro non scorreva buon sangue.
In questa sala si può comunque ripercorrere tutta l'evoluzione pittorica del maestro, dalla Madonna col Bambino e la Madonna del roseto, opere più giovanili legate ancora allo stile di Filippo Lippi, al Ritratto d'uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio (1475), dove già si assiste ad una maturazione dello stile legata probabilmente allo studio del realismo di opere fiamminghe, alle opere mitologiche, come la commovente Pallade e il Centauro, allegoria degli istinti umani divisi tra ragione e impulsività, ma guidati dalla sapienza divina.
Con l'avvicinarsi del XVI secolo l'ondata reazionaria ultra-religiosa di Girolamo Savonarola iniziò a farsi sempre più pressante nella società fiorentina e questo si manifesta più o meno gradualmente in tutti gli artisti dell'epoca. Anche Botticelli , dopo un'opera fastosa come la Madonna del Magnificat inizia ad adottare uno stile più severo (Madonna della Melograna, Pala di San Barnaba), con qualche esperimento arcaicista come l'Incoronazione della Vergine dove il maestro torna allo sfondo oro in una scena pare ispirata dalla lettura di Dante. Il periodo più cupo della predicazione savonaroliana porta una definitiva ventata di misticismo pessimista nella sua pittura: La Calunnia (1495) simboleggia il fallimento dello spirito ottimistico umanista, con la constatazione della bassezza umana e la relegazione della verità.
Ma questa sala contiene anche altri numerosi capolavori: particolarmente azzeccata è la collocazione del Trittico Portinari, opera fiamminga di Hugo van der Goes del 1475] circa portata da una banchiere della ditta Medici a Bruges nel 1483, che con la sua estraneità formale verso le opere circostanti ben rende l'effetto di fulgida meteora che questa opera ebbe nei circoli artistici fiorentini di fine del Quattrocento. A un esame più accurato si iniziano a cogliere però le affinità con le opere realizzate successivamente, la maggior cura dei dettagli, la migliore resa luministica dovuta alla pittura ad olio che i pittori fiorentini cercarono di imitare, arrivando anche a copiare alcuni elementi dell'opera fiamminga, come gli omaggi chiari di Domenico Ghirlandaio nella sua analoga Adorazione dei Magi.
Un'altra opera fiamminga è la Deposizione nel sepolcro di Rogier van Weyden (1450 circa), con la composizione ripresa da una quadro di Beato Angelico, che testimonia i reciproci scambi tra maestri fiamminghi e fiorentini.
- Sandro Botticelli - Sant'Agostino nello studio
- Sandro Botticelli - Madonna del roseto
- Sandro Botticelli - Madonna del Magnificat
- Sandro Botticelli - La nascita di Venere
- Sandro Botticelli - Pallade che doma il centauro
- Sandro Botticelli - Ritorno di Giuditta dal campo nemico
- Sandro Botticelli - Scoperta del cadavere di Oloferne
- Sandro Botticelli - Madonna col Bambino
- Sandro Botticelli - Madonna della melagrana
- Sandro Botticelli - La Calunnia
- Sandro Botticelli - La Primavera
- Sandro Botticelli - Adorazione dei Magi
- Sandro Botticelli - Ritratto d'uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio
- Sandro Botticelli - Pala di Sant'Ambrogio
- Domenico Ghirlandaio - Adorazione dei Magi
- Hugo van der Goes - Trittico Portinari
- Rogier van der Weyden - Deposizione nel sepolcro
- Domenico Ghirlandaio - Madonna col Bambino
- Domenico Ghirlandaio e Bartolomeo di Giovanni - Pietà e storie di santi (predella)
- Domenico Ghirlandaio - Madonna col Bambino e santi
- Sandro Botticelli - Annunciazione di Cestello
- Sandro Botticelli - Incoronazione della Vergine
- Sandro Botticelli - Predella dell'Incoronazione della Vergine
- Sandro Botticelli - Pala di San Barnaba
- Sandro Botticelli - Predella della Pala di San Barnaba
[modifica] Sala 15 di Leonardo
La sala documenta gli esordi artistici di Leonardo da Vinci, a partire dalla prima opera documentata, il Battesimo di Cristo del 1475, opera del suo maestro Verrocchio nella quale il giovane Leonardo dipinse la testa dell'angelo di sinistra, il paesaggio e forse il modellato del corpo di Cristo. Il Vasari racconta che Verrocchio sentendosi superato dall'allievo, abbandonò la pittura dedicandosi soltanto alla scultura.
Un'altra opera giovanile è l'Annunciazione, dipinta dal maestro ventenne, dove già sono visibili le qualità dello sfumato leonardesco e la sua attenzione alle vibrazioni atmosferiche (si pensi all'angelo appena atterrato), ma con qualche errore prospettico, come il libro sul quale la Vergine posa un braccio, che al suolo poggia su un basamento ben più avanzato rispetto alle gambe della Madonna.
L'Adorazione dei Magi invece è un'opera incompiuta nella quale è lampante il senso innovatore del genio di Vinci, con una composizione originalissima incentrata sulla Madonna e il Bambino in un rutilante scenario di numerose figure in movimento, fra le quali non compaiono però il tradizionale San Giuseppe o la capannuccia.
Altre opere nella sala il Cristo nell'orto e la Pietà, opere mature di Pietro Perugino, il Crocifisso con la Maddalena di Luca Signorelli, l'Incarnazione (1505) di Piero di Cosimo o l'Adorazione dei Pastori di Lorenzo di Credi.
- Luca Signorelli - Trinità, Madonna col Bambino, santi e arcangeli
- Pietro Perugino - Orazione nell'orto
- Pietro Perugino - Crocifissione
- Pietro Perugino - Pietà
- Leonardo da Vinci - Annunciazione
- Leonardo da Vinci - Adorazione dei Magi
- Andrea del Verrocchio e Leonardo da Vinci - Battesimo di Cristo
- Pietro Perugino - Madonna col Bambino in trono e santi
- Lorenzo di Credi - Adorazione dei pastori
- Piero di Cosimo - Incarnazione
- Luca Signorelli - Crocifissione con Santa Maria Maddalena
[modifica] Sala 16 delle carte geografiche
Originariamente si trattava di una loggia, che venne chiusa per desiderio di Ferdinando I de' Medici, che la fece affrescare con le carte geografiche da Ludovico Buti, che si basò sulle carte di Stefano Bonsignori. Le carte geografiche affrescate illustrano i domini medicei, lo Stato di Siena e l'Isola d'Elba.
In questa piccola sala fu ospitata la collezione di strumenti scientifici. Vi si trovavano un mappamondo e una sfera armillare, oggi al Museo di storia della scienza, mentre nel soffitto si trovavano alcune tele di Jacopo Zucchi, già a Villa Medici di Roma.
Vi sono esposti alcuni manufatti di arte romana del II e III secolo dC..
- Ludovico Buti e Stefano Bonsignori - Raffigurazioni ad affresco della Toscana su rilievi cartografici, fine del secolo XVI
- Officina romana - Sarcofago con il ratto di Persefone, II secolo d.C.
- Cannocchiale di Galileo Galilei (copia)
- Officina romana - Sarcofago con caccia calidonica, II secolo d.C.
- Officina romana - Dioniso fanciullo, II secolo d.C.
- Officina romana - Ara funeraria di Marco Ulpio Terpno, II secolo d.C.
- Officina romana - Sarcofago con Tiaso marino, II secolo d.C.
- Officina romana - Sarcofago con le fatiche di Ercole, II secolo d.C.
- Bernardo Buontalenti - Tavolo ottagonale in marmo
- Jacopo Zucchi - Soffitto con scene mitologiche, secolo XVI
[modifica] Sala 17 dell'Ermafrodito
Questa piccola sala, con accesso dalla Tribuna, era un tempo lo Stanzino delle Matematiche, creato per Ferdinando I de' Medici. Il soffitto venne infatti decorato con un'allegoria della Matematica e episodi che celebrano la cultura scientifica antica. Oggi espone la collezione di bronzetti moderni e alcune opere scultorie antiche, fra le quali spiccano due sculture romane fra le più note del museo: l'Ermafrodito e il gruppo di Amore e Psiche, entrambe copie di originali ellenistici.
- Perin del Vaga - Attraversamento del Mar Rosso
- Scultore fiorentino del secolo XVI - Minerva
- Scultore fiorentino del secolo XVI - Venere pudica
- Scultore fiorentino del secolo XVI - Allegoria dell'Estate
- Scultore fiorentino del secolo XVI - Ebe
- Scultore fiorentino del secolo XVI - Abbondanza
- Willem van Tetrode - Venere pudica
- Willem van Tetrode - Busto di imperatore loricato
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Nerone
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Claudio
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Vespasiano
- Leone Leoni - Figura femminile nuda
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Tito
- Willem van Tetrode - Ercole
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Vitellio
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Augusto
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Galba
- Willem van Tetrode - Busto di Giulio Cesare
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Ottone
- Willem van Tetrode - Busto dell'imperatore Tiberio
- Willem van Tetrode - Apollo
- Willem van Tetrode - Diana
- Willem van Tetrode - Ercole Farnese
- Willem van Tetrode - Busto imperiale
- Scultore toscano seconda metà del secolo XVII - Apollo Liceo
- Scultore fiorentino fine secolo XVII - inizi secolo XVIII - Mercurio
- Jacopo Ligozzi - Tavolo di fiori
- Scultore toscano del secolo XIX - Antinoo
- Scultore toscano del secolo XIX - Mercurio
- Officina romana - Ermafrodito dormiente
- Officina romana - Fauno nudo ridente con tigre
- Officina romana - Busto di Iside, seconda metà I secolo d.C.
- Officina romana - Elemento di trapezoforo: ermetta di Sileno
- Officina romana - Frammento di rilievo
- Officina romana - Torsetto di satiro danzante
- Officina romana - Protome silenica, prima metà del III secolo d.C.
- Officina romana - Frammento di sarcofago con testina muliebre
- Officina romana - Frammento di statuetta di Afrodite, II secolo d.C.
- Officina romana - Torsetto di Dioniso
- Officina romana - Frammento di sarcofago con testa virile, prima metà del IV secolo d.C.
- Officina romana - Busto con frammento di testa, seconda metà del III secolo d.C.
- Officina romana - Testina con copricapo a klapht
- Officina romana - Elemento di trapezoforo: ermetta di Herakles, metà II secolo .d.C.
- Officina romana - Elemento di trapezoforo: testa di Hermes, metà II secolo d.C.
- Officina romana - Dito pollice di piede sinistro di statua colossale
- Officina romana - Altare a "liber pater", I secolo d.C.
[modifica] La Tribuna
La Tribuna è una saletta ottagonale che rappresenta la parte più antica della galleria. Fu commissionata da Francesco I de' Medici nel 1534 per sistemarvi le collezioni archeologiche e in seguito vi furono collocati tutti i pezzi più preziosi e amati delle collezioni medicee. Divenuta molto popolare ai tempi del Grand tour, si dice fu un'ispirazione per le Wunderkammer di numerosi nobili europei.
La Tribuna, le sue decorazioni e gli oggetti che conteneva alludevano ai quattro elementi (Aria, Terra, Acqua, Fuoco): per esempio la rosa dei venti nella lanterna evocava l'aria, mentre le conchiglie incastonate nella cupola l'Acqua; il fuoco era simboleggiato dal rosso delle pareti e la terra dai preziosi marmi sul pavimento. Tutta quetsa simbologia era poi arricchita da statue e pitture che sviluppavano il tema degli Elementi e delle loro combinazioni.
Oggi è l'unica sala nella quale si può comprendere lo spirito originario degli Uffizi, cioè di luogo di meraviglia dove si potessero confrontare direttamente le opere degli antichi, rappresentate dalla scultura, e quelle dei moderni, con le pitture. Attorno al pregevole tavolo intarsiato in pietre dure (del 1633-1649) sono poste in circolo alcune delle più famosa sculture antiche dei Medici, come il Fauno Danzante (replica romana di un originale del III secolo a.C.), i Lottatori (copia di epoca imperiale), l'Arrotino (che affilava il coltello nel gruppo di Marsia), lo Scita, (copia di una statua della scuola di Pergamo che faceva parte di un gruppo con Marsia), l'Apollino e soprattutto la celebre Afrodite Medici, un originale greco del I secolo a.C. acquistato a Roma nel Cinquecento, che copia l' Afrodite Cnidia di Prassitele, tra i capolavori assoluti della statuaria classica.
Le pitture sono tutte del periodo dopo il 1530, in particolare risalgono al filone della maestosa pittura di corte fortemente promossa da Cosimo I e da sua moglie Eleonora da Toledo. Di quest'ultima è il celebre Ritratto della Duchessa Eleonora col figlio Giovanni di Agnolo Bronzino, autore anche dei ritratti di Bartolomeo Panciatichi e di sua moglie Lucrezia, dei Pricipini medicei e del dipinto del Giovane con liuto. Altri ritratti sono opere del Vasari (Lorenzo il Magnifico), di Jacopo Pontormo (Ritratto di Cosimo il Vecchio), mentre fra i dipinti di soggetto diverso spiccano il Putto musicante di Rosso Fiorentino e la Fanciulla con petrarchino (con il Canzoniere) di Andrea del Sarto.
Il monumentale stipo in pietre dure conteneva la collezione di inestimabili pietre preziose, cammei antichi e pietre dure lavorate, una delle collezioni più amate dai Medici, i quali spesso facevano incidere le proprie iniziali sui pezzi più pregiati: oggi sono esposte in diverse sedi, al Museo degli Argenti, al Museo archeologico nazionale fiorentino e al Museo di Mineralogia e Litologia.
- Guasparri Papini e Alessandro Allori - Sovrapporta con stemma Medici-Lorena
- Alessandro Allori - Ritratto di Bianca Cappello
- Agnolo Bronzino - Annunciazione
- Giorgio Vasari - Ritratto di Lorenzo il Magnifico
- Daniele da Volterra - Strage degli Innocenti
- Jacopo Pontormo - Ritratto di Cosimo il Vecchio
- Carletto Caliari - Creazione di Eva
- Jacopo Pontormo - Madonna col Bambino e San Giovannino
- Jacopo Pontormo - Adamo ed Eva
- Guasparri Papini e Alessandro Allori - Sovrapporta con stemma
- Agnolo Bronzino - Ritratto di fanciulla con libro
- Ridolfo del Ghirlandaio - Ritratto di giovane
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Lucrezia Panciatichi
- Francesco Salviati - Carità
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Bartolomeo Panciatichi
- Carletto Caliari - Il Peccato Originale
- Francesco Salviati - Cristo portacroce
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Maria de' Medici
- Botteghe granducali - Stipo in pietre dure
- Officina romana - Coppia di puttini seduti dormienti
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Francesco I
- Jacopo Pontormo - Leda
- Francesco di Cristofano Giudicis, detto il Franciabigio - Madonna del Pozzo
- Raffaello - San Giovanni Battista
- Giulio Romano - Madonna col Bambino
- Carletto Caliari - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Don Giovanni de' Medici
- Rosso Fiorentino - Putto che suona
- Guasparri Papini e Alessandro Allori - Sovrapporta con stemma
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Bia de' Medici
- Giorgio Vasari - Il profeta Eliseo
- Agnolo Bronzino - Ritratto di giovane con liuto
- Agnolo Bronzino - Eleonora di Toledo col figlio Giovanni
- Andrea del Sarto - Ritratto di ignota
- Carletto Caliari - La famiglia di Adamo
- Agnolo Bronzino - Ritratto di Cosimo I
- Giorgio Vasari - Allegoria della Concezione
- Jacopo Antelli detto il Monicca e Jacopo Ligozzi - Tavolo ottagonale a commesso
- Officina romana, da un originale del II secolo a.C - Satiro col kroupèzion
- Officina romana, da un originale della metà del III secolo a.C. - Lottatori, I secolo d.C.
- Cleomene figlio di Apollodoro - Venere dei Medici, I secolo a.C.
- Officina greca - Scita, I secolo a.C.
- Officina romana - Apollino, I secolo a.C.
[modifica] Sala 19 del Perugino e di Signorelli
Questa piccola sala faceva parte dell'Armeria. La volta originale andò distrutta e venne ridipinta nel 1665 con le Allegorie di Firenze e della Toscana, trionfi, battaglie e stemmi medicei da Agnolo Gori.
La sala è dedicata alle opere di piccolo formato di artisti a cavallo tra Quattro e Cinquecento di varie scuole da scuole dell'Italia settentrionale e centrale.
Luca Signorelli fu un pittore nativo di Cortona celebre per la profondità dell'uso del colore e per il senso di tensione e movimento delle sue opere, che furono il modello più immediato per la pittura di Michelangelo. La sua Sacra famiglia per esempio ispirerà il grande artista del Cinquecento nel Tondo Doni. Sempre di Signorelli è la pregevole Madonna con bambino del 1490 circa.
La sala è dedicata anche alle opere di Pietro Perugino, uno dei primi maestri della scuola umbra, che ebbe a bottega anche Raffaello Sanzio. Del Perugino sono esposte soprattutto opere legate alla sua attività di ritrattista, come la serie dei Monaci di profilo (1500), il Ritratto di Francesco Mariadelle Opere (1494) o il Ritratto di giovane.
Vicini allo stile pittorico di questi due maestri, troviamo opere di Lorenzo Credi, come l'Annunciazione, e di Piero di Cosimo, celebre per il tono magico e fantasioso delle sue opere a soggetto mitologico, qui rappresentato dal Perseo che libera Andromeda.
- Marco Palmezzano - Crocifissione
- Lorenzo da San Severino - Pietà
- Lorenzo di Credi - Annunciazione
- Lorenzo di Credi - Venere
- Piero di Cosimo - Perseo libera Andromeda
- Luca Signorelli - Sacra Famiglia
- Luca Signorelli - Allegoria della Fecondità e dell'Abbondanza
- Pietro Perugino - Ritratto di Francesco Maria delle Opere
- Luca Signorelli - Madonna col Bambino
- Pietro Perugino - Ritratto di don Biagio Milanesi
- Pietro Perugino - Ritratto di Baldassarre Vallombrosano
- Pietro Perugino - Ritratto di giovinetto
- Lorenzo Costa - San Sebastiano
- Girolamo Genga - Martirio di San Sebastiano
- Francesco Raibolini, detto il Francia - Ritratto di Evangelista Scappi
[modifica] Sala 20 di Dürer
Nella sala 20 sono esposte importanti opere di scuola tedesca che testimoniano l'influenza e la diffusione dell'arte fiorentina verso anche altre scuole più lontane, nel periodo tra il Quattro e il Cinquecento. Il soffitto presenta una decorazione ad affresco con grottesche originali del Cinquecento, mentre le vedute di Firenze vennero aggiunte in seguito nel Settecento; curiosa è la veduta della basilica di Santa Croce senza la facciata ottocentesca.
Il nucleo relativo a Albrecht Dürer è il più significativo, e mostra sia la capacità tipicamente nordica di infondere grande realismo alle opere (come nel Ritratto del padre del 1490), sia i debiti verso al pittura italiana nell'uso della prospettiva e della colorazione simbolica (come nell'Adorazione dei Magi del 1504 o nei Santi Filippo e Giacomo del 1516). Compelatano l'esposizione esempi di opere di Lukas Cranach, Hans Maler zu Schwatz, Hans Brueghel dei Velluti e altri.
- Lukas Cranach - Madonna col Bambino e san Giovannino
- Scuola tedesca del secolo XVI - Crocifissione
- Lukas Cranach - Autoritratto
- Lukas Cranach - Ritratto di Lutero e della moglie Caterina Bore
- Scuola di Lukas Cranach - Ritratto femminile
- Hans Maler zu Schwaz - Ritratto di Ferdinando di Castiglia, Arciduca d'Austria
- Hans Burgkmair - Ritratto virile
- Lukas Cranach - San Giorgio
- Bottega di Lukas Cranach - Ritratti di Giovanni I e Federico III di Sassonia
- Lukas Cranach - Ritratti di Lutero e Melantone
- Joos van Cleve - Ritratto di ignoto
- Scuola tedesca del secolo XVI (?) - Libro aperto
- Albrecht Dürer - Madonna col Bambino
- Albrecht Dürer - Ritratto del padre
- Albrecht Dürer - Adorazione dei Magi
- Hans Baldung Grien (?) (copia da Dürer) - Adamo
- Hans Baldung Grien (?) (copia da Dürer) - Eva
- Albrecht Dürer - San Filippo apostolo
- Hans Von Kulmbach - Storie di San Pietro e di San Paolo
- Albrecht Dürer - San Giacomo apostolo
- Hans Brueghel dei Velluti - Il grande Calvario
- Lukas Cranach - Adamo
- Lukas Cranach - Eva
[modifica] Sala 21 del Giambellino e di Giorgione
In questa sala, destinata nel 1588 circa da Ferdinando I de' Medici ad accogliere l'Armeria, e con affrescate nella volta da Ludovico Buti battaglie e grottesche (interessanti le figure di "indiani" e animali del Nuovo Mondo), sono allestite opere dei maestri del primo Rinascimento veneto, illustrando lo sviluppo della scuola veneziana, da Bartolomeo Vivarini, qui presente con un San Ludovico di Tolosa a Giovanni Bellini di cui sono presenti sia il Compianto, un modello utilizzato nella bottega belliniana, e l'enigmatica Allegoria sacra, che nel tema risponde al nuovo gusto umanistico ermetico ed elitario, fino a Giorgione qui presente con tre opere molto problematiche: al maestro possono essere riferiti certamente i due paesaggi sullo sfondo del Giudizio di Salomone e della Prova del fuoco di Mosè, per il Ritratto di guerriero con scudiero detto Il Gattamelata invece l'attribuzione è discussa, comunque il dipinto ricrea un'opera perduta del pittore antico Apelle.
Altri pittori rappresentati nella sala sono gli emiliani Cosmè Tura e Lorenzo Costa, oltre a Cima da Conegliano e Vittore Carpaccio.
- Giorgione - Giudizio di Salomone
- Attribuito a Giorgione, - Guerriero con scudiero, detto Il Gattamelata
- Giorgione - La Prova del fuoco di Mosè
- Giovanni Bellini - Compianto di Cristo
- Giovanni Bellini - Allegoria sacra
- Cosmè Tura - San Domenico
- Giovanni Bellini - Ritratto di gentiluomo
- Cima da Conegliano - Madonna col Bambino
- Attribuito a Vittore Carpaccio - Profeta
- Attribuito a Vittore Carpaccio - Sibilla
- Bartolomeo Vivarini - San Ludovico di Tolosa
- Lorenzo Costa - Giovanni II Bentivoglio
- Vittore Carpaccio - Alabardieri e anziani
[modifica] Sala 22 dei fiamminghi e tedeschi del Rinascimento
Anche in questa sala presenta il soffitto decorato da Ludovico Buti (1588), con vivaci scene di battaglie.
Vi sono esposti esempi in piccolo formato di pittura nordica e fiamminga, con Albrecht Altdorfer (Storie di San Floriano 1530 circa), Hans Holbein il Giovane (Ritratto di Sir Richard Southwell, 1536, e Autoritratto) e Hans Memling, che fu influenzato dai pittori italiani (per esempio nelle tavole della Mater Dolosa o della Madonna in trono. Il Ritratto di Benedetto Portinari e il San Benedetto, sono parti di un polittico smembrato, pure opera di Memling, che testimoniano la sua spinta innovativa sul soggetto del ritratto collocato all'aperto. Furono commissionati dalla setssa famiglia fiorentina del Trittco Portinari, visto nella sala di Botticelli.
Non a caso qui si trovano anche opere del pittore italiano più "fiammingo", tanto che a volte le sue opere furono scambiate in passato per quelle di maestri delle Fiandre, Antonello da Messina, che per primo applicò la pittura a olio in Italia, avendo modo di collaborare direttamente con maestri d'oltralpe come Petrus Christus: alcuni documenti proverebbero indirettamente questa collaborazione, che comunque non è ancora accettata da tutti gli storici dell'arte, anche se il debito stilistico fra i due pittori è senz'altro spiccato.
- Maestro di Hoogstraeten - Madonna in trono con le sante Caterina d'Alessandria e Barbara
- Gerard David - Adorazione dei Magi
- Maestro della Virgo inter Virgines - Crocifissione
- Antonello da Messina - San Giovanni Evangelista
- Antonello da Messina - Madonna col Bambino e angeli
- Bernaert van Orley - Ritratto di ignoto e di sua moglie
- Joos van Cleve - Ritratto di ignoto e di sua moglie
- Hans Holbein il Giovane - Ritratto di Sir Richard Southwell
- Hans Holbein il Giovane - Autoritratto
- Albrecht Altdorfer - Martirio di San Floriano
- Albrecht Altdorfer - Congedo di San Floriano
- Scuola di Hans Holbein - Ritratto di Tommaso Moro (?)
- Hans Memling - Madonna col Bambino e angeli (Madonna in trono)
- Hans Memling - Ritratto d'uomo con paesaggio
- Hans Memling - Ritratto di ignoto
- Hans Memling - Ritratto di ignoto
- Hans Memling - San Benedetto
- Hans Memling - Ritratto di Benedetto di Tommaso Portinari
- Maestro dei Ritratti Baroncelli - Ritratto di Pierantonio Baroncelli e di sua moglie Maria Bonciani
- Georg Pencz - Ritratto di giovane
- Luca di Leida - Cristo coronato di spine
[modifica] Sala 23 di Mantegna e di Correggio
Anche questa sala faceva parte dell'armeria, come ricorda il soffitto affrescato da Ludovico Buti con officine per la produzione di armi, polvere da sparo e modelli di fortezze (1588).
Le opere in questa sala sono di pittori rnascimentali dell'Italia settentrionale, attrivi tra il Quattro e il Cinquecento.
Andrea Mantegna fu pittore di corte a Mantova dal 1460, sotto il patrocinio dei Gonzaga, ed è considerato unanimamente il fondatore dell'arte rinascimentale lombarda, e profondo influenzatore di tutta la pittura dell'Italia settentrionale di quel periodo. In questa sala sono esposte diverse sue opere che permettono di valutare il suo percorso artistico, come la Madonna dell cave, il Ritratto di Carlo di Cosimo de' Medici e il trittico proveniente dal Palazzo Ducale di Mantova con l'Ascensione, l'Adorazione dei Magi e la Circoncisione (1460-1470 circa), eseguite per i Gonzaga e riunite come trittico solo nell'Ottocento.
A Mantegna si ispirò per esempio Vincenzo Foppa, come nella Madonna con bambino e un angelo (1480 circa), mentre all'altro grande protagonista del Rinascimento lombardo, Leonardo da Vinci, si ispirarono le tele qui esposte di Boltraffio (il Narciso), Bernardo Luini (Erodiade) e il senese Sodoma (Cristo tra gli sgherri). Proprio a Leonardo era attribuita anche la Leda e il Cigno, oggi ritenuta più probabilmente una copia da un originale perduto di Leonardo o l'opera di un allievo.
Totalmente diversa è invece la pittura del Correggio, che ha in comune con il Mantegna solo il fatto di essere stato il più importante rappresentante di una scuola pittorica, quella emiliana del primo Cinquecento. Furono da lui dipinte la Madonna col Bambino tra angeli musicanti (opera della giovinezza), la Vergine in adorazione (1530 circa) e il Riposo dalla fuga in Egitto con San Francesco (1517 circa), che testimonia la grande originalità compositiva stupefacentemente anticipatrice, con oltre un secolo di distacco, della pittura barocca.
- Correggio - Adorazione del Bambino
- Correggio - Riposo in Egitto
- Correggio - Madonna in gloria
- Pittore leonardesco - Leda e il Cigno
- Bernardino Luini - Il carnefice presenta ad Erodiade la testa del Battista
- Boccaccio Boccaccino - Zingarella
- Giovanni Antonio Boltraffio - Narciso alla fonte
- Sodoma - Cristo fra gli sgherri
- Alessandro Araldi - Barbara Pallavicino
- Vincenzo Foppa - Madonna col Bambino e un angelo
- Andrea Mantegna - Madonna delle Cave
- Andrea Mantegna - Trittico con Adorazione dei Magi, Circoncisione, Ascensione
- Andrea Mantegna - Ritratto del cardinale Carlo de' Medici
- Giampietrino - Santa Caterina d'Alessandria
- Giovanni Ambrogio de' Predis - Ritratto virile
- Bernardino de' Conti - Ritratto virile
- Giovanni Francesco de' Maineri - Cristo portacroce
[modifica] Sala 24 Gabinetto delle miniature
Questa sala a pianta ellissoidale, visibile solo affacciandosi dall'esterno, ospita la collezione di circa circa quattrocento miniature dei Medici, di varie epoche e scuole e raffiguranti soprattutto ritratti; per la fragilità dei supporti, non possono essere esposti alla luce quotidianamente e gli esemplari scelti vengono fatti ruotare periodicamente.
La sala venne decorata all'epoca di Ferdinando I, che qui aveva fatto collocare la collezione di pietre e cammei portata in dote dalla moglie Cristina di Lorena. Nel tempo ha ospitato varie collezioni (bronzetti, oreficerie, oggetti messicani, gioielli, gemme...) che oggi si trovano altrove, soprattutto al Museo degli argenti. L'aspetto odierno è il risultato degli interventi settecenteschi di Zanobi del Rosso, che su incarico del Granduca Pietro Leopoldo ricavò la forma ovale e ricreò la decorazione.
[modifica] Corridoio sull'Arno
Questo ambiente, spettacolore per le vedute sul Ponte Vecchio, sull'Arno e sulle colline a sud di Firenze, ospita da secoli le opere migliori della statuaria antica, per via della spettacolarità dell'ambientazione e per la massima luminosità (infatti affaccia a sud). Gli affreschi dei soffitti sono a tema religioso, eseguiti tra il 1696 e il 1699 da Giuseppe Nasini e Giuseppe Tonelli, per iniziativa del "cattolicisimo" granduca Cosimo III, a parte le prime due campate che sono cinquecentesche: una con un finto pergolato e una con le grottesche.
Tra le statue esposte si trovano un Amore e Psiche, copia romana di un originale ellenistico, e il cosiddetto Alessandro morente, una testa ellenistica derivata da un originale di Pergamo, modello spesso citato di espressione patetica. Agli incroci coi corridoi principali si trovano due statue del tipo Olympia, derivate dalla Venere seduta di Fidia, una del IV secolo e una del I secolo con la testa rifatta in epoca moderna.
Sul lato verso l'Arno sono posti un altare dei Lari, di epoca augustea, un sarcofago con la Caduta di Fetonte e, sul retro, le Corse nel Circo Massimo (II secolo), la Fanciulla seduta pronta alla danza (II secolo a.C., facente parte di un gruppo col Satiro danzante del quale esiste una copia davanti all'ingresso della Tribuna) e un Marte in marmo nero (da un originale del V-IV secolo a.C.).
Sul lato opposto si trovano un frammento di Lupa in porfido, copia da un originale del V secolo a.C., l'ara cilindrica con il Sacrificio di Ifigenia (I secolo d.C.; Agamennone è la figura velata, a significare il suo dolore come inventato dal pittore greco Timante) e un Dioniso e satiro, col solo busto antico, mentre il resto venne aggiunto da Giovan Battista Caccini nel tardo Cinquecento.
[modifica] Corridoio ovest
Nel corridoio ovest, usato come galleria a partire dalla seconda metà del XVII secolo dopo aver ospitato le le officine artigiane, continua la serie di statue classiche di provenienza soprattutto romana, in larga parte acquistate al tempo di Cosimo III sul mercato antiquario romano. Fra le opere più interessanti le due statue a tutto tondo di Marsia (bianco e rosso), poste una di fronte all'altra e copie romane di un originale tardo ellenistico: quello rosso appartenne a Cosimo il Vecchio e la testa venne integrata, secondo Vasari, da Donatello. Più avanti si trova un copia del Discobolo di Mirone, col braccio destro restaurato come se si coprisse il volto (a lungo venne per questo aggregata al gruppo di Niobe). Il Mercurio è un pregevole nudo derivato da Prassitele restaurato nel Cinquecento. A sinistra del vestibolo d'uscita si trova un busto di Caracalla, con l'espressione energica che ispirò i ritratti di Cosimo I de' Medici. Alla parete opposta si trovano una Musa del IV secolo a.C. di Atticiano di Afrodisia e un Apollo con la cetra, busto antcio elaborato dal Caccini. La Venere celeste è un altro busto antico integrato nel Seicento da Alessandro Algardi: per questo quando vennero ritrovate le braccia originali non vennero reintegrate. La Nereide sull'Ippocampo deriva da un originale ellenistico. Notevole è il realismo ritrattistico del Busto di Fanciullo, detto anche del Nerone bambino.
In fondo al corridoio si trova il Laocoonte copiato da Baccio Bandinelli per Cosimo I de' Medici su richiesta del cardinale Giulio de' Medici, con integrazioni del Bandinelli stesso desunte dal racconto virgiliano. Si tratta dell'unica statua interamente moderna dei corridoi, che permette il confronto, un tempo così caro ai Medici, tra maestri moderni e antichi.
La decorazione del soffitto avvenne tra il 1658 e il 1679 su iniziativa di Ferdinando II de' Medici, con soggetti legatia uomini illustri firoentini, quali esempi di virtù, e le personificazioni delle città del Granducato di Toscana. I pittori che parteciparono all'opera furono Cosimo Ulivelli, Angelo Gori, Giacomo Chiavistelli e altri. Quando le ultime dodici campate andarono perdute in un incendio nel 1762, gli affreschi vennero reintegrati da Giuseppe del Moro, Giuliano Traballesi e Giuseppe Terreni.
[modifica] Sala 25 di Michelangelo e dei fiorentini
Questa sala, la prima dell'ala ovest, è dedicata al Cinquecento fiorentino. L'opera esposta che attira subito l'attenzione è il magnifico Tondo Doni di Michelangelo Buonarroti, una Sacra famiglia altamente innovativa, sia per la composizione che per l'uso dei colori, che oltre a rappresentare uno dei rarissimi dipinti su tavola del maestro è anche l'archetipo di tutto il manierismo, l'opera con la quale si confrontò tutta la genereazione seguente di pittori. Dipinta verso il 1504, è un'opera non convenzionale per la posa, con il bambino in braccio a San Giuseppe piuttosto che alla Madonna, voltata di spalle. I soggetti in primo piano creano una strutture triangolare sul cui sfondo si staglia la fascia orizzontale dei putti nudi, forse un riferimento al mondo pagano escluso dalla salvezza. I colori usati sono sorprendentemente accesi e la cornice è originale forse disegnata da Michelangelo stesso con le graziose teste intagliate che guardano il dipinto,
Un'inquietante Salomè (1515) del pittore spagnolo Alonso Berruguete, attivo a Firenze nel primo Cinquecento, si trova pure nella sala, così come opere coeve di Fra Bartolomeo (come l'Apparizione della Vergine a San Bernardo del 1504-1507) e di Mariotto Albertinelli (come la Visitazione del 1503) che risultano ancora più tradizionali dal confronto con le innovazioni di Michelangelo, opere ispirate agli insegnamenti religiosi di Girolamo Savonarola.
Tra la sala 24 e la sala 35 si trova l'accesso per il Corridoio Vasariano.
- Fra' Bartolomeo - Porzia
- Fra' Bartolomeo - Apparazione della Vergine a san Bernardo
- Attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio - La monaca
- Alonso Berruguete - Madonna col Bambino
- Alonso Berruguete - Salomè
- Michelangelo Buonarroti - Sacra Famiglia, Tondo Doni
- Attribuito a Ridolfo del Ghirlandaio - Coperta di ritratto
- Francesco Granacci - Giuseppe condotto in carcere
- Francesco Granacci - Giuseppe presenta il padre e i fratelli al Faraone
- Mariotto Albertinelli - Visitazione della Madonna a santa Elisabetta
- Mariotto Albertinelli - Storie dell'infanzia di Cristo (predella)
- Fra' Bartolomeo - Tabernacolo del Pugliese
[modifica] Sala 26 di Raffaello e di Andrea del Sarto
Le prime opere di Raffaello Sanzio sono quasi contemporanee al Tondo Doni di Michelangelo, ma denotano un'impostazione ancora legata al passato, alle opere di Pietro Perugino, anche se la qualità pittorica aveva già superato il maestro. In questa fase l'artista aveva sviluppato un'arte estremamente dolce e pacata, sia nel controllo della resa pittorica, sia nella scelta delle pose dei soggetti, con risultati di estrema armonia e bellezza. Sono qui custoditi i Ritratti dei duchi di Urbino Elisabetta Gonzaga e Guidobaldo da Montefeltro nonché quello del loro nipote ed erede Guidobaldo da Montefeltro; la famosa Madonna del cardellino, armonica sintesi di diverse esperienze pittoriche (Perugino, Leonardo da Vinci, Fra Bartolomeo...) è datata al soggiorno fiorentino del pittore, tra il 1505 e il 1506. Il periodo successivo dell'arte di Raffello, il cosiddetto periodo romano, quando divenne pittore principale della corte vaticana, è caratterizzato da una maggiore monumentalità e un pieno possesso della tecnica del colore, qui ben rappresentato dal sommo Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi.
Un altro capolavoro è rappresentato dalla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto (1517) esemplare del periodo centrale della sua produzione pittorica, dinamico e con una piena padronanza del colore, influenzato dai coevi risultati pittorici di Michelangelo, mentre il San Jacopo (1528) è tipico dello stile più maturo, l'ultimo periodo dell'artista, dove ormai aveva sviluppato un proprio linguaggio di forte carica monumentale, quasi scultorea, con figure più isolate sullo sfondo e marcate in tutta la loro solennità.
- Andrea del Sarto - San Jacopo con due fanciulli
- Andrea del Sarto - Madonna delle arpie
- Raffaello - Ritratto di Guidobaldo da Montefeltro
- Raffaello - Ritratto di Elisabetta Gonzaga
- Raffaello - Ritratto di giovane col pomo
- Raffaello - Autoritratto
- Raffaello - Madonna del cardellino
- Raffaello - Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi
- Raffaello - Ritratto del papa Giulio II
- Raffaello, attribuzione - Ritratto virile detto ritratto di Perugino
- Francesco di Cristofano Giudicis, detto il Franciabigio - Ritratto virile
- Andrea del Sarto - Dossale dei quattro santi: Michele, Giovanni Battista, Bernardo degli Uberti
- Andrea del Sarto - Dama col cestello di fusi
- Domenico Ubaldini, detto Puligo - Ritratto di Pietro Carnesecchi
[modifica] Sala 27 del Pontormo e del Rosso Fiorentino
L'arte fiorentina della prima metà del Cinquecento sviluppò varie correnti; oltre al classicismo di Andrea del Sarto, ebbe un ruolo rilevante il cosiddetto manierismo, caratterizzato da un linguaggio più innovativo e per certi versi di vera e propria rottura con la tradizione: si svilupparono rappresentazioni di figure innaturali (nei colori, nelle pose, nell'anatomia) ma dotate di grande eleganza e di una forte carica evocativa, quasi "magica".
Jacopo Pontormo ne fu il caposcuiola, sebbene non amato dai contemporanei, che trasse ispirazione anche dalla coeva pittura tedesca, desunta dalle incisioni di Albrecht Dürer; è presente con la Cena in Emmaus del 1525, un Sant'Antonio Abate, la Natività di San Giovanni (desco da parto) e il Ritratto di Maria Salviati.
Rosso Fiorentino fu un altro importante esponente dell'epoca, caratterizzato però da una forza pittorica dirompente e per certi versi irriverente, quasi blasfema; sua è la Madonna col bambino e santi (1518) e il Mosè che difende le figlie di Jetro (1523 circa), opere tipiche del suo stile voluttuoso e di rottura con gli schemi tradizionali.
Corredano la sala anche degli interessanti lavori di artisti dell'epoca, come Agnolo Bronzino, allievo del Pontormo, con il Compianto sul Cristo morto e la Sacra famiglia Panciatichi, opere raffinate e preziose, frutto della più alta committenza aristocratica fiorentina. Francesco Salviati prese le mosse dalla pitture sinuosa del Pontormo e la arricchi di esperienze fatte a Roma, come l'incontro con l'emiliano Parmigianino. Artista minore, ma interessante per cultura figurativa dell'epoca, è il Bachiacca, caratterizzato da uno stile minuzioso, quasi fiammingo.
- Agnolo Bronzino - Pigmalione e Galatea
- Bachiacca - Cristo davanti a Caifa
- Bachiacca - Storie di sant'Acacio
- Bachiacca - Deposizione dalla Croce
- Francesco Salviati de' Rossi - Adorazione dei pastori
- Rosso Fiorentino - Ritratto di giovanetta
- Attribuito a Pierfrancesco di Jacopo Foschi - Ritratto virile
- Attribuito a Pierfrancesco di Jacopo Foschi - Ritratto del musico Francesco dell'Ajolle
- Giorgio di Giovanni - Fuga di Clelia e delle vergini romane
- Jacopo Pontormo - Ritratto di Maria Salviati
- Beccafumi - Sacra Famiglia con San Giovannino
- Rosso Fiorentino - Mosè difende le figlie di Jetro
- Rosso Fiorentino - Ritratto di giovane in nero
- Attribuito a Rosso Fiorentino - Madonna in trono con i santi Giovanni Battista, Antonio Abate, Stefano e Girolamo
- Jacopo Pontormo - Sant'Antonio Abate
- Perin del Vaga - Tarquinio il Superbo fonda il tempio di Giove in Campidoglio
- Beccafumi - Autoritratto
- Agnolo Bronzino - Compianto sul Cristo morto
- Jacopo Pontormo - Cena in Emmaus
- Bronzino - Sacra Famiglia Panciatichi
- Jacopo Pontormo - I diecimila martiri
- Perin del Vaga - Giustizia di Seleuco
- Jacopo Pontormo - Natività di San Giovanni
[modifica] Sala 28 di Tiziano e di Sebastiano del Piombo
La sala 28 è dedicata alla pittura veneta dei primi decvenni del Cinquecento.
Il caposcuola Tiziano è rappresentato da un'ampia antologia di ritratti, da quello del Cavaliere di Malta (1510 circa), a quelli dei duchi di Urbino Francesco Maria della Rovere e Eleonora Gonzaga, fino al Ritratto di Ludovico Beccardelli del 1552.
Opera celeberrima è la Venere d'Urbino, di raffinata sensualità evidenziata dalla piena plasticità del colore che dà corpo al volume corporeo della dea. Sempre a tema mitologico sono i dipinti della Flora e della Venere con cupido (1550 circa).
Completano la sala anche alcune notevoli opere di Palma il vecchio, come la Sacra Famiglia con san Giovannino e la Maddalena, del 1515 circa. Il suadente stile di Sebastiano del Piombo è illustrato dalla Morte di Adone e da un Ritratto di donna.
- Jacopo Palma il Vecchio - Sacra Famiglia con san Giovannino e la Maddalena
- Jacopo Palma il Vecchio - Resurrezione di Lazzaro
- Jacopo Palma il Vecchio - Giuditta
- Tiziano - Cristo risorto
- Tiziano - Ritratto del vescovo Ludovico Beccadelli
- Tiziano - Ritratto di un cavaliere di Malta
- Tiziano - Madonna delle rose
- Tiziano - Flora
- Tiziano - L'uomo malato
- Tiziano - Ritratto del papa Sisto IV
- Tiziano - Ritratto di Francesco Maria della Rovere
- Tiziano - Venere di Urbino
- Tiziano - Ritratto di Eleonora Gonzaga della Rovere
- Tiziano - Santa Margherita
- Sebastiano del Piombo - Morte di Adone
- Sebastiano del Piombo - Ritratto di donna
[modifica] Sala 29 del Dosso e del Parmigianino e gabinetto degli emiliani
Questa sala e il successivo Gabinetto ospitano artisti cinquecenteschi dell'Emilia Romagna (soprattutto delle aree di Parma e di Ferrara) e dell'Italia centrale. La sala 29 ospita i pittori emiliani della prima metà del Cinquecento.
Spicca qui una delle opere più famose della galleria, la Madonna dal collo lungo di Parmigianino, capolavoro e summa delle ricerche antinaturalistiche e visrtosistiche del manierismo. Uno straordinario gioco di linee si gioca tra il corpo della Vergine, il Bambino (in posa da "Deposizione", che quindi preannuncia la sua morte) e i personaggi sulla sinistra, compresa l'anfora sospesa perfettamente ovael. L'enigmatico sfondo non fa capire se la scena si svolga all'interno o all'esterno, un'ambiguità complessa e sicuramente voluta, anche se la sinuosa bellezza della Vergine non fa spesso accorgere che si tratta di un'opera rimasta incompiuta nella parte destra, con uno sfondo approssimativo nel quale erano previste altre figure (esiste infatti il piede in un personaggio interrotto)
Sempre del Parmigianino è la Madonna col bambino e santi (Madonna di San Zaccaria, 1530), caratterizzata dalla stessa grazia formale e da un paesaggio con monumenti antichi.
Altre opere significative sono quelle di Luca Cambiaso (Madonna col bambino 1570) o dell'eccentrico Dosso Dossi, pittore di corte presso gli Este di Ferrara (Apparizione della Vergine ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista o la grottesca scena della Stregoneria o Allegoria di Ercole del 1535 circa).
- Dosso Dossi - Apparizione della Vergine ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista
- Dosso Dossi - Riposo durante la fuga in Egitto
- Amico Aspertini - Adorazione dei pastori
- Scuola emiliana del secolo XVI - Ritratto di fanciullo
- Parmigianino - Madonna di San Zaccaria
- Parmigianino - Madonna dal collo lungo
- Parmigianino - Ritratto virile
- Dosso Dossi - Ritratto di guerriero
- Amico friulano del Dosso - Figura allegorica
- Amico friulano del Dosso - Ritratto virile
- Amico friulano del Dosso - Ritratto di donna
- Dosso Dossi - Allegoria di Ercole o Stregoneria
[modifica] Sala 30 Gabinetto degli Emiliani del Cinquecento
Questa sala, come la precedente, è dedicata ad artisti emiliani del Cinquecento, rappresentati da opere di piccolo formato.
I due artisti qui rappresentati sono Ludovico Mazzolino, con opere quali la Madonna col Bambino e santi del 1522-23 o la Strage degli innocenti, e Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, autore di tre tele esposte: l'Adorazione dei pastori, l'Annunciazione e un San Girolamo.
- Benvenuto Tisi, detto il Garofalo - Adorazione dei pastori
- Benvenuto Tisi, detto il Garofalo - Annunciazione
- Benvenuto Tisi, detto il Garofalo - San Girolamo
- Ludovico Mazzolino - Adorazione dei pastori
- Ludovico Mazzolino - Madonna col Bambino e santi
- Ludovico Mazzolino - Circoncisione
- Ludovico Mazzolino - Strage degli innocenti
[modifica] Sala 31 del Veronese
In questa sala furono collocate le opere dell'importante maestro veneto Veronese, attivo nella seconda metà del Cinquecento
Esemplare del suo stile è la Sacra Famiglia con Santi, caratterizzata sia dall'intimità della scena, che dalla ricchezza cromatica tipicamente veneta (si noti ad esempio la veste della santa Barbara).
L'Annunciazione è una grande tela, formato che ha reso famoso l'artista e che fu molto richiesto a Venezia dove era impossibile coprire le pareti di affreschi a causa dell'umidità. In questa opera lo spazio si dilata fino all'ultimo orizzonte, come nei grandi cicli della maturità del pittore.
- Paolo Veronese - Martirio di Santa Giustina
- Paolo Veronese - Sacra Famiglia con Santa Barbara e San Giovannino
- Paolo Veronese - Annunciazione
- Paolo Veronese - La Madonna in trono tra santi e donatori
- Paolo Veronese - Sant'Agata incoronata dagli angeli
- Paolo Veronese - Ester condotta da Assuero
- Andrea Vicentino - Visitazione
- Scuola veneta del XVI secolo - Ritratto virile
- Domenico Brusasorci - Betsabea al bagno
[modifica] Sala 32 del Bassano e del Tintoretto
Le sale dalla 32 alla 35 sono state dedicate al Cinquecento Veneto. in particolare in questa sala sono stati scelti due autori ben rappresentativi di questa scuola, Jacopo Bassano, presente con opere come i Due cani, di soggetto quotidiano, e il Tintoretto.
Del grande maestro veneto del secondo Cinquecento spicca la Leda e il cigno, soggetto mitologico di grande sensualità, e lacuni importanti ritratti, dal tono auilico dell Ritratto di ammiraglio veneziano, alle opere più intime e dotate di spessore psicologico come il Ritratto di Jacopo Sansovino.
Sono presenti anche alcuni ritratti di Paris Bordon, di notevole enfasi.
- Battista Franco - Salita al Calvario
- Bottega di Jacopo Bassano - Giuda e Tamar
- Bottega di Jacopo Bassano - Chira alla ricerca di Tamar
- Paris Bordon - Ritratto di cavaliere
- Jacopo Bassano - Due cani
- Gian Paolo Pace - Ritratto di Giovanni dalle Bande Nere
- Paris Bordon - Ritratto di uomo con pelliccia
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Cristo al pozzo della Samaritana
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Leda e il cigno
- Scuola veneta della fine del XVI secolo - Ritratto di un artista
- Leandro Bassano e familiari - Concerto
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Ritratto di ammiraglio veneziano
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso Terrestre
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Ritratto di Jacopo Sansovino
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Ritratto virile
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Ritratto di uomo dai capelli rossi
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - Ritratto di gentiluomo
- Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - La Samaritana al pozzo
[modifica] Sala 33 Corridoio del Cinquecento
Questo stretto corridoio è stato allestito, dopo il riordino degli anni '90, con varie opere di piccolo formato di varie scuole, italiane ed estere, in larga parte risalenti alla seconda metà del Cinquecento. Tra gli artisti di scuola spagnola spicca il dipinto dei Santi Giovanni Evangelista e Francesco di El Greco; francese è il dipinto delle Due donne al bagno della scuola di Fontainebleau; Susanna e i vecchioni è un'opera del fiammingo Frans Floris.
Tra i maestri toscani sono rappresentati Alessandro Allori, Agnolo Bronzino, Giorgio Vasari e Jacopo Zucchi: tutti loro parteciparono al più grande progetto dell'epoca a Firenze, la ridecorazione di Palazzo Vecchio voluta da Cosimo I e da Francesco I de' Medici, culminata nel capolavori dello Studiolo.
L'ultima parte del corridoio ospita opere dove è possibile vedere i mutamenti voluti dalla Controriforma, che dettò nuove regole per la committenza e quindi per l'arte in generale: pittori come Jacopo Ligozzi, l'Empoli, Andrea Boscoli e Santi di Tito furono i capiscuola toscani che dovettero semplificare i propri soggetti per avere una comunicazione dei temi sacri più diretta e meno filosofica, scevra delle implicazioni letterarie, simboliche ed erudite tipiche dei due secoli precedenti.
- Joachim Beuckelaer - Pilato mostra Gesù al popolo
- Giorgio Vasari - Adorazione dei pastori
- Agnolo Bronzino - Cristo deposto
- Giorgio Vasari - Artemisia piange Mausolo
- Giorgio Vasari - La fucina di Vulcano
- Agnolo Bronzino - Allegoria della Felicità
- Alessandro Allori - Ercole coronato dalle Muse
- Alessandro Allori - Venere e Amore
- Francesco Morandini, detto il Poppi - Le tre Grazie
- Jacopo Zucchi - Riposo durante la fuga in Egitto
- Jacopo Zucchi - Età del ferro
- Jacopo Zucchi - Età dell'argento
- Jacopo Zucchi - Età dell'oro
- Jacopo Chimenti, detto Empoli (pittore)l'Empoli - Ebbrezza di Noè
- Jacopo Chimenti, detto l'Empoli - Sacrificio di Isacco
- Alessandro Allori - San Pietro cammina sulle acque
- Alessandro Allori, attribuzione - Ritratto di Ludovico Capponi (?)
- Alessandro Allori - Sacrificio di Isacco
- Alessandro Allori - Ritratto di Bianca Cappello
- Artista vicino a Jacopo Ligozzi - La Fortuna
- Maso da San Friano - La caduta di Icaro
- Pittore fiorentino seconda metà del secolo XVI - Ulisse nell'isola di Circe
- Andrea Boscoli - Piramo e Tisbe
- Andrea Boscoli - San Sebastiano
- Jacopo Ligozzi - Il sacrificio di Isacco
- Mirabello Cavalori (?) - Madonna col Bambino e santi
- Cigoli - Fuga in Egitto
- Santi di Tito - Madonna col Bambino e santi
- El Greco - I Santi Giovanni Evangelista e Francesco
- Luis de Morales - Cristo portacroce
- Sanchez Coelho - Ritratto di Elisabetta di Valois
- Frans Floris - Susanna e i vecchioni
- Pittore francese (?) del secolo XVI - Uomo in armatura
- Francois Clouet - Ritratto di Francesco I di Francia
- Pittore francese del secolo XVI - Ritratto di Cristina di Lorena
- Scuola di Fontainebleau - Due donne al bagno
- Luca Cambiaso - Madonna col Bambino
- Ventura Mazza (?) (copia da Barocci) - Annunciazione
- Attribuito a Domenico Campagnola - Ritratto virile
- Scarsellino - Il giudizio di Paride
- Federico Barocci - Ritratto di fanciulla
- Federico Barocci - Autoritratto
- Orazio Samacchini - Susanna al bagno
- Orazio Samacchini - Castità di Giuseppe
- Nicolò dell'Abate - Ritratto di giovane
- Denijs Calvaert - Assunzione di Maria
- Lavinia Fontana - Apparizione di Gesù alla Maddalena
- Herri Met de, detto il Civetta - Miniere di rame
[modifica] Sala 34 dei Lombardi del Cinquecento
La sala ospita opere di numerosi maestri attivi in tutto l'arco del XVIs ecolo. Tra questi spiccano Lorenzo Lotto, anello di congiunzione tra la cultura veneta e lombarda (Ritratto di giovinetto, Susanna e i vecchioni, Sacra Famiglia e Santi
La Trasfigurazione del bresciano Giovan Girolamo Savoldo è dominata dai mirabbili effetti di luce, mentre il Ritratto di ignoto con libro o il Ritratto del Cavaliere Pietro Secco Suardo sono alcuni degli esempi di opere del grande pittore bergamasco Giovanni Battista Moroni.
Legata ai valori della Controriforma è la grande pala d'altare della Madonna col Bambino tra le sante Margherita e Maddalena, di Gerolamo Figino.
- Bernardino Licinio - Nuda
- Sebastiano Florigerio - Ritratto di Raffaello Grassi
- Bernardino Campi (?) - Ritratto virile
- Giovan Battista Moroni - Ritratto del poeta Giovanni Antonio Pantera
- Giovan Battista Moroni - Ritratto del cavaliere Pietro Secco Suardo
- Giovan Battista Moroni - Ritratto di un dotto
- Pittore dell'Italia settentrionale del secolo XVI - Ritratto virile, detto Teofilo Folengo
- Lorenzo Lotto - Sacra Famiglia con i Santi Girolamo, Gioacchino e Anna
- Giovanni Girolamo Savoldo - Trasfigurazione
- Lorenzo Lotto - Susanna e i vecchioni
- Lorenzo Lotto - Ritratto di giovinetto
- Paolo Pino - Ritratto di gentiluomo
- Sofonisba Anguissola (?) - Ritratto di ignoto
- Girolamo Figino - Madonna col Bambino e le sante Margherita e Maddalena
- Giulio Campi - Ritratto di suonatore
- Giulio Campi (?) - Ritratto di Galeazzo Campi
- Camillo Boccaccino (?) - Testa di vecchio
[modifica] Sala 35 del Barocci e della Controriforma toscana
Questa sala è dedicata a Federico Barocci, caposcuola dei pittori "riformati" toscani, con numerosi esempi dei principali esponenti dell'epoca.
Opere chiave sono le grandi pale d'altare, impostate secondo un linguaggio più eloquente e facilmente comprensibile rispetto ai maestri precedenti. Si trova qui esposta la Madonna del Popolo, esempio di messaggio immediatamente comprendibile ai fedeli, che è vicina ad altre opere di artisti quali Santi di Tito, Alessandro Allori, Bernardino Poccetti, oltre i successivi Cigoli, Empoli, Ludovico Buti e Passignano.
- Santi di Tito - Bene scripsisti de me, Thoma
- Ludovico Buti - Assunzione della Vergine
- Alessandro Allori - Cristo morto pianto da Maria e dagli angeli
- Domenico Cresti detto il Passignano - San Luca che dipinge Maria
- Federico Barocci - Madonna della gatta
- Federico Barocci - Madonna del Popolo
- Ludovico Cardi detto il Cigoli - San Francesco riceve le stigmate
- Gregorio Pagani - Cristo nella casa di Marta e Maria
- Bernardino Poccetti - Apparizione della Madonna col Bambino ai Santi Nicola di Bari e Bruno
- Jacopo Chimenti detto l'Empoli - Martirio di Santa Barbara
- Ludovico Cardi detto il Cigoli - Deposizione
[modifica] Vestibolo d'uscita e sala 41 (deposito)
Tra la sala 36 e la 41 si trova il vestibolo d'uscita, un tempo accesso del museo nel quale erano sistemate altre piccole sale, al primo piano, le altre sale dalla 27 alla 40, che oggi sono usate per le esposizioni temporanee e, in parte, la collezione del Seicento. Vi sono esposti oggi alcuni reperti antichi come un Torso di satiro e un Cinghiale, opere antiche attribuite ad originali di Lisippo.
Altre opere famose, ma in attesa di una collocazione più adeguata, sono l'enorme Testa di gigante morente, oppure il celebre Spinario, cioè il fanciullo seduto che si cava una spina da un piede, forse la prima opera antica ad essere omaggiata da un artista occidentale moderno, cioè dal Brunelleschi che la inserì nella sua formella per il concorso per la porta del Battistero, poi chiamata Del Paradiso, che però fu vinto da Lorenzo Ghiberti. Il modello della statua dovrebbe risalire al periodo ellenistico, mentre la testa non è originale.
Si trova qui anche la cosiddetta Fanciulla seduta pronta alla danza e un'ara con il Sacrificio di Ifigenia.
Nela sala successiva (41) si trovavano le opere di Rubens, ma nel riallestimento è stata chiusa e adibita a deposito, mentre le grandi tele del maestro fiammingo sono state in parte collocate temporaneamente agli Appartamenti monumentali di Palazzo Pitti.
- Officina romana - Testa di gigante morente
- Officina romana - Spinario
- Officina romana - Fanciulla seduta pronta alla danza
- Officina romana - Ara del Sacrificio di Ifigenia
- [incompleto]
[modifica] Sala 42 della Niobe
Questa grandiosa sala, con stucchi dorati e una solenne architettura neoclassica, venne realizzata dall'architetto Gaspare Maria Paoletti a fine del Settecento per ospitare le numerose statue del Gruppo dei Niobìdi, una serie di statue romane copia di originali ellenistici portate in quegli anni a Firenze.
Il mito di Niobe è dei suoi figli è legato all'amore materno, che portò la sventurata donna a vantarsi tanto della sua prole (sette maschi e sette femmine) da paragonarsi a Latona, madre di Apollo e Artemide, suscitando così l'ira degli dei che si vendicarono uccidendoli uno ad uno. Le sculture vennero alla luce a Roma nel 1583 e fecero parte del corredo decorativo di Villa Medici (acquistate dal cardinale Ferdinando), dalla quale furono trasferite a Firenze nel 1781, dove vennero esposte direttamente in questa sala. Una delle sculture del gruppo si trova curiosamente a Villa Corsini a Castello, dove esiste un piccolo museo archeologico della Soprintendenza. Fra le altre sculture nella sala è da segnalare il grande cratere neoattico del I secolo.
Delle enormi tele alle pareti due sono di Rubens e una di Giusto Sustermans.
- Officina romana - Niobide che sale su una roccia, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Statua di Psiche, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide che sale su una roccia, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Statua di musa "Anchyrrohe", replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide maggiore, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Pedagogo, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Figlia di Niobe corrente, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Statua del "Narkissos", replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Sarcofago: Vita di un generale romano, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Statua di musa restaurata come Niobide, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Statua di ninfa o musa "Trophos" dei Niobidi, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Gruppo di Niobe e della figlia minore, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Figlia di Niobe corrente, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide minore, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide che sale su una roccia, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide caduto sul ginocchio sinistro, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide caduto sul ginocchio sinistro, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Officina romana - Niobide morente, replica di età romana da un originale di età tardo ellenistica
- Pieter Paul Rubens - Enrico IV alla battaglia di Ivry
- Pieter Paul Rubens - Ingresso trionfale di Enrico IV a Parigi
- Giusto Sustermans - Il giuramento del Senato fiorentino a Ferdinando II de' Medici
[modifica] Sala 43 del Seicento italiano ed europeo
La sala 43, già dedicata a Caravaggio, è oggi allestita con opere del Seicento italiano ed europeo, in larga parte collezionate dai Medici nel corso del secolo: la maggior parte dei dipinti seicenteschi si trova oggi esposta nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti e qui si trova solo una selezione rappresentativa.
La sala conserva opere di pittori di scuola emiliana (Annibale Carracci, Domenichino, Guercino), fiorentina (Sigismondo Coccapani), genovese (Bernardo Strozzi) ecc.
- Sigismondo Coccapani - Suonatore di flauto
- Annibale Carracci - Autoritratto di profilo
- Annibale Carracci - Venere, satiro e amorini
- Mattia Preti - Vanitas
- Guercino - Sibilla Samia
- Domenichino - Ritratto del Cardinale Agucchi
- Domenico Feti - Ecce Homo
- Bernardo Strozzi - Tributo della moneta
- Giusto Suttermans - Due contadine e un negro
[modifica] Sala 44 di Rembrandt e dei Fiamminghi del Seicento
Questa sala è dedicata alla pittura olandese del Seicento, appassionatamente collezionata dai Medici soprattutto all'epoca di Cosimo III, che visitò i Paesi Bassi, e suo figlio il gran principe Ferdinando. Il maestro più importante di questa scuola pittorica fu senz'altro Rembrandt, del quale sono esposti due dei numerosi autoritratti realizzati nel corso della sua lunga carriera artistica, uno del 1634, l'altro eseguito attorno al 1660. Magistrale è la sua ricerca della psicologia, come si nota anche nella tela del Ritratto di vecchio.
Altri artisti rappresentanti di questa scuola sono Jan Bruegel il Vecchio (Paesaggio con guado 1067), Hercules Seghers (Paesaggio montuoso), Jacob van Ruysdael (Paesaggi, 1660-1670), Rachel Ruysch (Frutta, 1711) e Jan Steen (Colazione), che testimonaiano i vari generi di questa scuola: dalla veduta al paesaggio, dalla scena galante alla scena di genere, dagli interni domestici alla natura morta.
- Frans van Mieris il vecchio - Due vecchi a tavola
- Gerrit Berckheyde - Autoritratto
- Gabriel Metsu - Dama che accorda il liuto
- Hendrick Pot - L'avaro
- Abraham Mignon - Natura morta
- Pieter Codde - Riunione conviviale
- Gerrit Dou - Venditrice di frittelle
- Jan van der Heyden - La piazza del palazzo di città ad Amsterdam
- Adriaen van der Werff - Adorazione dei pastori
- Pieter Codde - Riunione musicale
- Gerrit Berckheyde - Il Groote Markt di Haarlem
- Rembrandt van Rijn - Autoritratto giovanile
- Rembrandt van Rijn - Ritratto di vecchio, detto Il rabbino
- Rembrandt van Rijn - Autoritratto da vecchio
- Herman van Swanevelt - Paesaggio con figure
- Michiel Janz van Miereveldt - Ritratto di gentiluomo
- Michiel Janz van Miereveldt - Ritratto di gentildonna
- Jacob van Ruisdael - Paesaggio con pastori e contadini
- Hercules Pietersz Seghers - Paesaggio montuoso
[modifica] Sala 45 del Settecento italiano ed europeo
Questa è l'ultima sala del percorso della galleria al secondo piano e conclude cronologicamente la galleria. Contiene infatti significativi esempi di pittura del Settecento, italiana ed estera.
Tra gli italiani vanno segnalati innanzitutto le opere dei celeberrimi pittori veneti come Giambattista Tiepolo (Storie di Rinaldo) o Canaletto (presente con quattro Vedute), con quelle di Francesco Guardi e Rosalba Carriera.
Altre importanti opere sono del toscano Giuseppe Maria Crespi (Famiglia del pittore 1708) e del lombardo Alessandro Magnasco (Refezione di zingari).
Per quanto riguarda gli stranieri, le opere esposte non sono molte, ma ciascuna è rappresentativa delle scuole pittoriche pricipali ovvero quelle: francese (Jean Baptiste Siméon Chardin, Jean Marc Nattier, Jean Etienne Liotard) e spagnola (Francisco Goya, Ritratto della contessa di Chinchòn).
L'ambiente attiguo è quello del bar, dal quale si accede alla terrazza sopra la Loggia dei Lanzi, ottimo punto di osservazione per Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e la Cupola del Brunelleschi. La piccola fontana della terrazza contiene una copia del Nano Morgante a cavallo di una lumaca, di Giambologna, oggi al Bargello ma originariamente creata per questo sito.
- Jean Baptiste Siméon Chardin - Fanciulla col volano
- Jean Baptiste Siméon Chardin - Fanciullo col castello di carte
- Jean Marc Nattier - Maria Zeffirina di Francia
- Jean Etienne Liotard - Maria Adelaide di Francia vestita alla turca
- Francisco Goya - Ritratto della contessa di Chinchòn
- Francisco Goya - Ritratto di Maria Teresa di Vallabriga a cavallo
- Giuseppe Maria Crespi - La pulce
- Giuseppe Maria Crespi - Ritratto del pittore Giovanni Sorbi (?)
- Giuseppe Maria Crespi - Amore e Psiche
- Alessandro Magnasco - Refezione di zingari
- Giovanni Paolo Pannini - La piscina di Betsaida
- Alessandro Longhi - Ritratto di gentildonna
- Pietro Longhi - La confessione
- Canaletto - Capriccio lagunare con una tomba
- Canaletto - Capriccio lagunare con casa e campanile
- Canaletto - Veduta del Palazzo Ducale di Venezia
- Canaletto - Veduta del Canal Grande
- Francesco Guardi - Capriccio con ponti su un canale
- Francesco Guardi - Capriccio con arco e pontile
- Alessandro Longhi - Ritratto di magistrato
- Giambattista Tiepolo - Rinaldo si specchia nello scudo di Ubaldo
- Giambattista Tiepolo - Rinaldo abbandona Armida
- Rosalba Carriera - Ritratto di Felicita Sartori (?)
[modifica] Verone sull'Arno
Le sale successive si trovano al piano inferiore, al primo. Dopo lo spazio nell'ala est dedicato alle esposizione temporanee (che si deve attraversare comunque anche se non ve ne è alcuna in corso) si giunge al Verone sull'Arno, con le grandi finestre che danno sul fiume e sul piazzale degli Uffizi. Qui si trovano tre sculture monumentali.
Il Vaso Medici (al centro), grande cratere neoattico tra i tesori arrivati al museo da Villa Medici, risale alla seconda metà del I secolo a.C. ed è straordinario per dimensioni e per qualità . Vi è raffigurata nella base una scena a bassorilievo con gli eroi Achei che consultano l'oracolo di Delfi prima della partenza per la guerra di Troia.
Il Marte Gradivo è di Bartolomeo Ammannati, con il Dio rappresentato come nell'atto di incitare un esercito standone a capo, mentre sul lato opposto si trova il Sileno con Bacco fanciullo di Jacopo del Duca, copia di una statua romana oggi al Louvre, da un originale bronzeo del IV secolo, forse di Lisippo: anche queste due statue erano a villa Medici e decoravano la loggia che dà sul giardino.
- Bartolomeo Ammannati - Marte gradivo
- Officina neoattica - Vaso Medici
- Jacopo del Duca - Sileno e Bacco fanciullo
[modifica] Sala del Caravaggio
Le opere di Caravaggio a Firenze non sono molte, ma rappresentano bene la fase giovanile del maestro, densa di celebri capolavori fin dalle prime produzioni artistiche. Solo con il riallestimento in seguito al 1993 questa opere hanno trovato collocazione stabile in questa sala.
Spicca il Bacco, così disincantatamente realistico, e la Testa di Medusa, in realtà uno scudo ligneo per occasioni di rappresentanza, come i tornei. L'espressione di terrore di Medusa impressiona per la cruda violenza della rappresentazione. Opera più tipica dello stile maturo è il Sacrificio di Isacco, dove la violenza del gesto è miracolosamente sospesa.
Le altre opere della sala permettono un confronto immediato con opere di temi simili di seguaci del Caravaggio: Artemisia Gentileschi con la Giuditta decapita Oloferne (una delle poche donne artiste ad avere un posto importante nella storia dell'arte) e Battistello Caracciolo con la Salomè con la testa del Battista.
- Pittore caravaggesco del secolo XVII - Doppio ritratto
- Artemisia Gentileschi - Giuditta decapita Oloferne
- Caravaggio - Sacrificio di Isacco
- Battistello Caracciolo - Salomè con la testa del Battista
- Caravaggio - Bacco
- Caravaggio - Medusa
- Artemisia Gentileschi - Santa Caterina d'Alessandria
[modifica] Sala di Bartolomeo Manfredi
Bartolomeo Manfredi du uno dei pittori più prossimi a Caravaggio. È qui presente con quattro opere. Una quinta, Concerto, venne distrutta dall'attentato di via dei Georgofili del 1993: al suo posto è stata collocata una copia antica.
- Pittore caravaggesco XVIII secolo - Concerto musicale (copia da Bartolomeo Manfredi)
- Bartolomeo Manfredi - Tributo a Cesare
- Bartolomeo Manfredi - Cristo deriso
- Bartolomeo Manfredi - Disputa con i dottori
- Bartolomeo Manfredi - Carità romana
[modifica] Sala di Gherardo delle Notti
L'olandese Gerard van Honthorst, italianizzato in Gherardo delle Notti, soggioornò a lungo in Italia e venne molto apprezzato da Cosimo III de' Medici. Il soprannome italianizzato viene dalla sua ceklta di dipingere quasi esclusivamente scene notturne rischiarate dal lume di candela, ispirandosi a Caravaggio ed a Georges de La Tour.
L'Adorazione dei pastori, dello stesso artista, venne gravemente danneggiata dall'attentato del 1993, ed oggi i suoi resti sono tenuti nei depositi.
- Gherardo delle Notti - Adorazione del Bambino
- Gherardo delle Notti - Cena con suonatore di liuto
- Gherardo delle Notti - Cena con sponsali
- Gherardo delle Notti - La buona ventura
[modifica] Sala dei Caravaggeschi
La sala dei Caravaggeschi ospita opere di altri maestri ispirati da Caravaggio. Sono rappresentate quattro aree geografiche:
- Siena con Francesco Rustici;
- Roma con Spadarino;
- La Francia con Nicolas Regnier;
- L'Olanda con Matthias Stomer.
È qui collocata anche la tela di un maestro anonimo di eccellente qualità.
- Matthias Stomer - Annunciazione
- Francesco Rustici - Morte di Lucrezia
- Nicolas Regnier - Scena di gioco con indovina
- Pittore caravaggesco - Liberazione di San Pietro dal carcere
- Spadarino - Convito degli dei
[modifica] Sala di Guido Reni
L'ultima sala della galleria è dedicata a Guido Reni, caposcuola bolognese del Seicento. In futuro è previsto un ulteriore ampliamento con l'apertura di altre sale a questo piano, ma non è stato stabilito un preciso programma.
Guido Reni fu un maestro del gusto classicistico seicentesco, anche se l'opera del David con la testa di Golia si ricollega per lo sfondo scuro ai caravaggeschi delle sale precedenti.
Più astrattamente idealizzato è l'Estasi di sant'Andrea Corsini, entrato in Galleria nel 2000, dalla luminosità sovrannaturale.
- Guido Reni - David con la testa di Golia
- Guido Reni - Madonna col Bambino e le Sante Lucia e Maddalena (Madonna della neve)
- Guido Reni - Estasi di Sant'Andrea Corsini
[modifica] Gabinetto dei disegni e delle stampe
Al secondo piano della Galleria, presso i locali ricavati dall'ex Teatro Mediceo, ha sede la raccolta grafiche, iniziata intorno alla metà del XVII secolo dal cardinale Leopoldo de' Medici e trasferita agli Uffizi nel 1700 circa. Dell'antico teatro resta oggi solo il prospetto all'altezza dello scalone, con un busto di Franceso I de' Medici di Giambologna (1586) sulla porta centrale; ai lati si trovano un Venere, copia romana di un originale del V secolo a.C., e una statua femminile ellenistica.
La raccolta di disegni e stampe, tra le maggiori al mondo, comprende circa 120.000 esemplari, datati dalla fine del Trecento al XX secolo secolo, fra i quali spiccano esempi di tutti i più grandi maestri toscani, da Leonardo a Michelangelo a molti altri, che permettono spesso di stabilire il percorso cretivo di un'opera, attraverso i disegni preparatori, oppure a volte testimoniano, attraverso le copie antiche, opere ormai irrimediabilmente perdute, come gli affreschi della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci e della Battaglia di Càscina di Michelangelo, che un tempo dovevano decorare il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, ma che non furono completati e dei quali si perse sia le pitture sperimentali sulla parete, nel caso di Leonardo, sia il cartone preparatorio, nel caso di Michelangelo.
Vasari stesso collezionò i fogli e consacrò il disegno come "padre" delle arti e prerogativa dell'arte fiorentina. Nella piccola sala davanti allo scalone o nel vestibolo dui accesso al Gabinetto si tengono periodicamente mostre temporanee, che espongono a rotazione materiale delle collezioni o le nuove acquisizioni.
[modifica] Collezione Contini Bonacossi
Nel braccio destro del loggiato, con l'entrata da via Lambertesca, è sistemata la straordinaria collezione raccolta nei primi del Novecento dai coniugi Contini Bonacossi e donata agli Uffizi negli anni '90, venendo così a rappresentare il più importante accrescimento del museo relativo al secolo scorso. Della collezione fanno parte mobilio, maioliche antiche, terrecotte robbiane, e soprattutto una notevolissima serie di opere di scultura e pittura toscana, fra le quali spiccano una Maestà con San Francesco e San Domenico di Cimabue, la Madonna della Neve del Sassetta (1432 circa), la Madonna Pazzi di Andrea del Castagno (1445 circa), il San Girolamo di Giovanni Bellini (1479 circa), il marmo di Gian Lorenzo Bernini del Martirio di San Lorenzo (1616 circa), La Madonna con otto santi del Bramantino (1520-1530) oppure il Torero di Francisco Goya (1800 circa).
[modifica] Ex-Chiesa di San Pier Scheraggio
Della chiesa che sorgeva accanto a Palazzo Vecchio restano solo alcune arcate visibili da via della Ninna, e una navata che fa parte degli Uffizi, adiacente alla biglietteria usata nella seconda metà del Novecento.
La sala di San Pier Scheraggio viene usata per conferenze, per esposizioni temporanee o per esporre opere che non trovano spazio nel percorso espositivo per via della loro singolarità.
Attualmente ospita una collezione di arazzi medicei, ma in passato ha ospitato temporaneamente anche gli affreschi staccati della serie degli Uomini famosi di Andrea del Castagno, provenienti dalla Villa Carducci-Apndolfini a Legnaia, con l'affresco di Botticelli dell'Annunciazione del 1481, staccato dalla parete della loggia dell'ospedale di San Martino alla Scala a Firenze, oppure, in un altro periodo, la grande tela della Battaglia di Ponte dell'Ammiraglio di Guttuso e Gli archeologi di Giorgio de Chirico.
[modifica] Sala delle Reali Poste
Questa sala al piano terreno nell'ala destra è usata dall'associazione Amici degli Uffizi che organizza periodicamente delle esibizioni temporanee a ingresso gratuito su svariati temi, con opere prese dai depositi, come quella riguardani i temi dell'erotismo nell'artem quella sulle opere provenineti dall'arcispedale di Santa Maria Nuova o quella sugli autoritratti.
[modifica] Esposizione temporanee tenute agli Uffizi
- 6 aprile - 31 agosto 2004 I giardini delle Regine (La cultura preraffaellita a Firenze nell'Ottocento)
- 18 settembre 2004 - 9 gennaio 2005, Moi! Autoritratti del XX secolo
- 27 marzo 2006 - 7 gennaio 2007, Leonardo da Vinci, nella mente del genio
- 18 giugno 2007 - 13 aprile 2008, La pittura napoletana del Seicento nelle gallerie fiorentine
- 10 giugno 2008 - 2 novembre 2008, L'eredità di Giotto. L'arte a Firenze tra il 1340 e il 1375
[modifica] Altre immagini
[modifica] Statue nel portico
03. Andrea Orcagna |
04. Nicola Pisano |
||
05. Giotto |
06. Donatello |
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09. Michelangelo |
10. Dante Alighieri |
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15. Amerigo Vespucci |
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18. Pier Capponi |
20. Galileo Galilei |
||
22. Francesco Redi |
23. Paolo Mascagni |
24. Andrea Cesalpino |
|
26. Accursio |
27. Guido Aretino |
[modifica] Bibliografia
- G.A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi. Le sculture, Roma, 1958-61, 2 volumi.
- L. Berti (a cura di), Gli Uffizi. Catalogo generale, Firenze, 1980.
- Gli Uffizi. Quattro secoli di una Galleria, atti del convegno internazionale di studi tenuto a Firenze tra il 20 e il 24 settembre 1982; a cura di P. Barocchi e G. Ragionieri; Firenze, 1983, 2 volumi.
- C. Caneva, A. Cecchi, A. Natali, Gli Uffizi. Guida alle collezioni e catalogo completo dei dipinti, Firenze, 1986.
- M. Gregori, Uffizi e Pitti. I dipinti delle gallerie fiorentine, Udine, Magnus, 1994.
[modifica] Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Galleria degli Uffizi
[modifica] Collegamenti esterni
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